Ichthys
28-03-02, 16:48
La preghiera nelle religioni alienanti in genere è un pensiero più o meno codificato e/o ritualizzato con cui il devoto si rivolge ad una divinità dal carattere marcatamente antropomorfo per assicurarsene il favore.
Questo carattere della preghiera, che ne ha fatto il pilastro su cui si reggevano tutte le religioni politeistiche antiche, è passato pressoché inalterato ad una delle principali comunità cristiane, la cosiddetta Setta degli Apostolici, che più tardi si attribuirà il nome di Chiesa Cattolica e più tardi ancora si dividerà in Cattolica propriamente detta e Ortodossa... secondo me per futili motivi.
La Grande Chiesa ha ereditato il proprio modo di intendere la preghiera dall’Ebraismo ortodosso, che, proprio come gli antichi culti pagani contemporanei, credeva in un Dio fortemente volitivo che premia e castiga e che bisogna in qualche modo ingraziarsi con la preghiera e con un modo di agire conforme alla sua volontà.
Il problema nasce quando si confronta il Dio di cui parla Gesù, un Dio di Assoluta Bontà, che alberga nel cuore di ogni essere umano, che non deve essere temuto come un padrone severo che abita nei cieli perché è una parte costitutiva della nostra natura, con il Dio dell’Ebraismo ortodosso, un Dio che uccide, chiede sacrifici (anche umani) e che, spinto dall’ira, è capace di distruggere intere città come Sodoma e Gomorra.
E’ evidente che il Dio di cui parla Gesù è un Dio diverso da quello di cui parlano certi libri dell’Antico Testamento. Si noti il linguaggio che Gesù utilizza per parlare di Dio e del suo Regno:
"Ciò detto , il Beato li salutò tutti e disse: “La pace sia con voi! Abbiate la mia pace! State all’erta che nessuno vi inganni con le parole: “Vedete qui” o “Vedete là”. Il figlio dell’uomo è infatti dentro di voi. Seguitelo! Chi lo cerca lo trova." (Vangelo di Maria, 8, 10)
Il Dio di cui parla Gesù è Adonai, cioè Aton, il Dio solare della Vita, la Luce, il Padre della Grandezza di cui ebbe vaga intuizione il Faraone Akhenaton, e poi Mosè e - ancora parecchi secoli dopo - i profeti, non Yhwh.
La dialettica tra la concezione di un Dio immanente alla natura dell’essere umano e del cosmo (Adonai) e una concezione di Dio di tipo più tradizionale è sopravvissuta per secoli all’interno del mondo ebraico, pur mutando in misura notevole i propri tratti caratteristici: l’Adonai di cui parlano i profeti e Gesù ha sviluppato soprattutto gli aspetti esoterici dell’antico culto solare di Aton-Adonai.
Marcione e altri intuirono a ragione che il Dio di cui parlava Gesù non era lo stesso Dio di cui parlavano la teologia ufficiale ebraica e la teologia politica cattolica.
Simone (Mago): “Ti dimostrerò con le parole del tuo Maestro che persino lui ha parlato di un Dio sconosciuto a tutti. Se infatti anche Adamo ha conosciuto il Dio che l’ha creato, l’ha conosciuto Enoch che da lui ha ricevuto l’ordine di costruire l’arca; se Abramo e Isacco e Giacobbe e Mosè nonché tutti i patriarchi e tutto il popolo e tutte le nazioni pagane hanno avuto conoscenza del creatore del mondo e lo riconoscono Dio, il vostro Gesù, invece, che è apparso in tempi molto posteriori ai padri dice: “Nessuno conosce il Figlio all’infuori del Padre, né il Padre all’infuori del Figlio e coloro ai quali il figlio ha voluto rivelarlo”. Ebbene, non sta ad indicare, questo, che anche il vostro Gesù ha ammesso che esiste un altro Dio per tutti incomprensibile e sconosciuto? (Clemente, Recognitione, II, 47)
Queste due concezioni di Dio e dell’uomo comportano un diverso atteggiamento nei confronti della preghiera. Per Gesù è solo la conoscenza interiore – non la preghiera – che può mettere in contatto l’uomo con l’Assoluto, cioè con Dio:
Gli dissero: “Vieni, oggi preghiamo, e digiuniamo!”. Gesù disse: “che peccato ho dunque commesso, o in che cosa sono stato vinto? Ma quando lo sposo uscirà dalla stanza nuziale, allora digiuneranno e pregheranno” (Vangelo di Tomaso, loghion n. 104).
Da questo loghion risulta evidente che allo gnostico “incombono i doveri della preghiera e del digiuno” “solo se esce dalla sfera spirituale, cioè dalla stanza nuziale” (Luigi Moraldi). In sostanza, solo quando l’uomo non riesce ad entrare in comunione con Dio seguendo la via della conoscenza interiore, gli unici strumenti che restano a sua disposizione sono la preghiera e il digiuno.
In conclusione, la teologia gnostica ritiene che la preghiera ha una certo grado di positività perché crea una tensione a livello individuale e collettivo verso Dio, ma per il suo carattere di pensiero codificato, frutto spesso di una elaborazione collettiva o sociale, a volte mantiene una forte carica alienante che impedisce all’essere umano di trasformarla in uno strumento di liberazione interiore e di comunicazione con l’Assoluto.
Questo carattere della preghiera, che ne ha fatto il pilastro su cui si reggevano tutte le religioni politeistiche antiche, è passato pressoché inalterato ad una delle principali comunità cristiane, la cosiddetta Setta degli Apostolici, che più tardi si attribuirà il nome di Chiesa Cattolica e più tardi ancora si dividerà in Cattolica propriamente detta e Ortodossa... secondo me per futili motivi.
La Grande Chiesa ha ereditato il proprio modo di intendere la preghiera dall’Ebraismo ortodosso, che, proprio come gli antichi culti pagani contemporanei, credeva in un Dio fortemente volitivo che premia e castiga e che bisogna in qualche modo ingraziarsi con la preghiera e con un modo di agire conforme alla sua volontà.
Il problema nasce quando si confronta il Dio di cui parla Gesù, un Dio di Assoluta Bontà, che alberga nel cuore di ogni essere umano, che non deve essere temuto come un padrone severo che abita nei cieli perché è una parte costitutiva della nostra natura, con il Dio dell’Ebraismo ortodosso, un Dio che uccide, chiede sacrifici (anche umani) e che, spinto dall’ira, è capace di distruggere intere città come Sodoma e Gomorra.
E’ evidente che il Dio di cui parla Gesù è un Dio diverso da quello di cui parlano certi libri dell’Antico Testamento. Si noti il linguaggio che Gesù utilizza per parlare di Dio e del suo Regno:
"Ciò detto , il Beato li salutò tutti e disse: “La pace sia con voi! Abbiate la mia pace! State all’erta che nessuno vi inganni con le parole: “Vedete qui” o “Vedete là”. Il figlio dell’uomo è infatti dentro di voi. Seguitelo! Chi lo cerca lo trova." (Vangelo di Maria, 8, 10)
Il Dio di cui parla Gesù è Adonai, cioè Aton, il Dio solare della Vita, la Luce, il Padre della Grandezza di cui ebbe vaga intuizione il Faraone Akhenaton, e poi Mosè e - ancora parecchi secoli dopo - i profeti, non Yhwh.
La dialettica tra la concezione di un Dio immanente alla natura dell’essere umano e del cosmo (Adonai) e una concezione di Dio di tipo più tradizionale è sopravvissuta per secoli all’interno del mondo ebraico, pur mutando in misura notevole i propri tratti caratteristici: l’Adonai di cui parlano i profeti e Gesù ha sviluppato soprattutto gli aspetti esoterici dell’antico culto solare di Aton-Adonai.
Marcione e altri intuirono a ragione che il Dio di cui parlava Gesù non era lo stesso Dio di cui parlavano la teologia ufficiale ebraica e la teologia politica cattolica.
Simone (Mago): “Ti dimostrerò con le parole del tuo Maestro che persino lui ha parlato di un Dio sconosciuto a tutti. Se infatti anche Adamo ha conosciuto il Dio che l’ha creato, l’ha conosciuto Enoch che da lui ha ricevuto l’ordine di costruire l’arca; se Abramo e Isacco e Giacobbe e Mosè nonché tutti i patriarchi e tutto il popolo e tutte le nazioni pagane hanno avuto conoscenza del creatore del mondo e lo riconoscono Dio, il vostro Gesù, invece, che è apparso in tempi molto posteriori ai padri dice: “Nessuno conosce il Figlio all’infuori del Padre, né il Padre all’infuori del Figlio e coloro ai quali il figlio ha voluto rivelarlo”. Ebbene, non sta ad indicare, questo, che anche il vostro Gesù ha ammesso che esiste un altro Dio per tutti incomprensibile e sconosciuto? (Clemente, Recognitione, II, 47)
Queste due concezioni di Dio e dell’uomo comportano un diverso atteggiamento nei confronti della preghiera. Per Gesù è solo la conoscenza interiore – non la preghiera – che può mettere in contatto l’uomo con l’Assoluto, cioè con Dio:
Gli dissero: “Vieni, oggi preghiamo, e digiuniamo!”. Gesù disse: “che peccato ho dunque commesso, o in che cosa sono stato vinto? Ma quando lo sposo uscirà dalla stanza nuziale, allora digiuneranno e pregheranno” (Vangelo di Tomaso, loghion n. 104).
Da questo loghion risulta evidente che allo gnostico “incombono i doveri della preghiera e del digiuno” “solo se esce dalla sfera spirituale, cioè dalla stanza nuziale” (Luigi Moraldi). In sostanza, solo quando l’uomo non riesce ad entrare in comunione con Dio seguendo la via della conoscenza interiore, gli unici strumenti che restano a sua disposizione sono la preghiera e il digiuno.
In conclusione, la teologia gnostica ritiene che la preghiera ha una certo grado di positività perché crea una tensione a livello individuale e collettivo verso Dio, ma per il suo carattere di pensiero codificato, frutto spesso di una elaborazione collettiva o sociale, a volte mantiene una forte carica alienante che impedisce all’essere umano di trasformarla in uno strumento di liberazione interiore e di comunicazione con l’Assoluto.