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Shaytan (POL)
29-03-02, 23:16
«Ormai lavoro come una macchinetta»
Parla un'infermiera di Medicina: sì, ho paura di scambiare le pillole
SANITÀ NELLA BUFERA

di Roberta Bassan

TRENTO. «È da un anno e mezzo che lavoro come una macchinetta. Quando faccio il turno di mattina arrivo a casa alle tre del pomeriggio, sono stanca morta, dormo fino alle 6. Nel tempo libero? Dormo e faccio le pulizie di casa. Sono stressata: in quel reparto non c'è più umanità». Lassù, al sesto piano dell'ospedale Santa Chiara (seconda divisione di medicina) un gruppo di infermieri ha denunciato: «Non ce la facciamo più e abbiamo paura di sbagliare». Parla una di loro, che chiede l'anonimato.
Perchè è così stressata?
«È tutta una corsa, mi sento come una macchinetta che non si ferma mai, che fa le cose automaticamente. Suona il campanello, ti chiama il paziente, il medico, terapie, bidè, spugnature, cambio pannoloni, mandano su i degenti dal pronto soccorso. Tutti pretendono subito, in fretta».
Andiamo con ordine. Ci racconti cosa succede nel turno più caotico.
«È quello della mattina: comincio alle sette, il collega della notte mi dà le consegne e comincio le attività. Fino alle 9.30 prelievi, flebi, stick per la glicemia, distribuzione di pastiglie. Nel frattempo i medici cominciano a visitare i pazienti, ma non ce la faccio quasi mai a seguirlo perchè c'è gente da medicare e da muovere. In questo momento in reparto ci sono 17 pazienti che non si possono muovere dal letto: bisogna girarli, dare loro da mangiare, lavarli».
Quanti siete?
«Nel turno del mattino tre infermieri e due Ota, più la caposala che però ha compiti diversi dai nostri. In pianta organica siamo 12, più un part-time. Ma tre colleghi non fanno le notti, una è in gravidanza e lavora solo la mattina. Però non può girare i pazienti e fare certe terapie: e allora chi è in turno con lei deve correre ancora di più».
Quanti posti letto?
«Trenta ufficialmente. Più altri sette che dovrebbero essere di emergenza, di jolly. Quelli che dovevano togliere. E che in pratica sono quasi sempre pieni. Risultato: una media di 35 pazienti al giorno, con punte di 37. Ogni infermiere ne ha quasi 12 a testa. Sa cosa le dico? Che dopo un turno di lavoro mi rendo conto che non li ho neppure visti in faccia tutti».
E l'umanità? Il rapporto infermiere-paziente?
«In queste condizioni purtroppo va a farsi friggere. A volte rispondo male ai parenti: ma tutti pretendono subito. Non ce la faccio a far fronte a tutto. Sono stanca».
Perchè non si prende un po' di riposo?
«Bella domanda. Mi chiama la caposala la mattina per il pomeriggio e mi fa rientrare. Ho 31 giorni di ferie del 2001 ancora arretrate, 149 ore di straordinario. Questo mese ho fatto due conti: 49 ore in più del previsto, saltando pure quattro giorni di riposo. Di regola noi dovremo lavorare 4 giorni e farne due consecutivi di riposo: in marzo ne ho fatto solo uno».
E cosa fa quando è a casa?
«Cosa vuole che faccia: dormo per recuperare la stanchezza e pulisco la casa. Con un giorno solo non riesci a fare nulla».
Nella lettera che avete mandato all'Azienda denunciate: corriamo il rischio di fare errori durante il lavoro. Le è mai successo?
«Per fortuna no. Ma con questi ritmi può capitare. Devi stare attenta: basta una svista e scambi la pillola».
Ha mai pensato di lasciar perdere, di chiedere un trasferimento?
«Sì. Lo scorso novembre, dopo aver ricevuto l'ennesimo ordine di rientro ho telefonato in direzione, al servizio infermieristico, e ho detto: io mi licenzio. Sa cosa mi hanno risposto?».
Che cosa?
«La scelta finale spetta a lei. Non una parola di sostegno, non un incoraggiamento. È questo che ti fa male: all'Azienda di te non gliene frega niente. Due colleghe in gennaio si sono licenziate. Io no: sono qui da dieci anni e amo il mio lavoro».
E la busta paga, la soddisfa?
«Sì. Guadagno 1250 euro al mese, esclusi gli straordinari. È un buon stipendio. Ma, mi creda, non ho neppure il tempo di spenderlo».


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Shaytan (POL)
29-03-02, 23:26
Dalrì: ultimato entro l'estate lo "snellimento" del Santa Chiara


TRENTO. «Posso capire che quando si arriva all'esasperazione le situazioni vengano drammatizzate, ma posso tranquillamente affermare che non c'è alcun pericolo al Santa Chiara, di nessun genere». E' perentorio il direttore di dipartimento, Paolo Dalrì, nel cercare di smorzare i toni della polemica dopo la durissima lettera inviata da un gruppo di infermieri di Medicina 2ª all'indirizzo dei vertici dell'ospedale Santa Chiara e dell'azienda sanitaria. «Decliniamo qualsiasi responsabilità per eventi e situazioni che possano procurare ai pazienti danni di qualsiasi genere», avevano scritto. Uno sfogo fortissimo, un vero e proprio grido di dolore per una situazione di personale ormai insopportabile, con ferie saltate da due anni e con turni di lavoro massacranti. «Conosciamo benissimo questi problemi, ma abbiamo già apportato i primi correttivi in attesa di dare pieno avvio all'intero progetto di ristrutturazione organizzativa», chiarisce Dalrì. La prima mossa che è stata presa è quella di una riduzione dei posti letto, a cui è stata affiancata la creazione di sole tre squadre di infermieri anziché quattro. «Questo consentirà da subito di rispettare la turnistica dei quattro giorni di lavoro e dei due di riposo, e soprattutto porterà ad assicurare le ferie estive». Dalrì è molto chiaro nel riconoscere l'impossibilità di una revisione della pianta organica: «E' una questione molto delicata e che compete al direttore generale e non a me. Comunque non è facile spostare il personale per dirottarlo sul Santa Chiara e sui reparti più "pesanti". Si immagina cosa potrebbe succedere se mi mettessi a spostare un infermiere da Cles o da Tione a Trento?». La ricetta, per così dire, prevede invece una riorganizzazione di sistema «che parta da un assunto ben preciso: portare al Santa Chiara soltanto quei pazienti bisognevoli di cure e strutture di altissimo livello tecnologico». Per arrivare a questo traguardo, l'azienda sanitaria ha già attivato i progetti di "osservazione breve", di convenzioni con ospedali accreditati (Villa Bianca e San Camillo), dell'aumento dei posti letto all'ospedale San Giovanni di Mezzolombardo (da 15 a 42). «Si tratta di progetti molto impegnativi e che sono già partiti: entro la fine dell'estate si dovrebbe arrivare a regime e la situazione complessiva dovrebbe migliorare», assicura Dalrì.


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