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Visualizza Versione Completa : Palestina: la macchina fotografica, l'immagine e la scena



tziku
30-03-02, 02:08
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LA MACCHINA FOTOGRAFICA, L'IMMAGINE E LA SCENA

di Mahmud Darwish, poeta della resistenza palestinese

Forse hanno bisogno di maggiore buio, per versare piu' sangue. Dopo ogni "cerimonia di assassinio" usano fasciarsi la testa un po' di fronte alla tempesta, poi ritornano al motto "poiche' altri ci hanno ucciso, abbiamo il diritto di uccidere". Versano la tempesta in una tazza d'acqua fredda. "Nessuna vittima ha il diritto di essere chiamata vittima se non e' una vittima ebrea. Nessun giustiziere, nella storia dell'uomo, e' mai stato in grado di far piangere coloro che lo vedono se non e' un giustiziere ebreo; perche' il giustiziere ebreo non e' altro che una vittima delle circostanze che lo hanno trasformato in un "giustiziere allo stato puro".

Quando la rivolta palestinese, nel suo semplice modo umano, stava liberando l'immagine palestinese dalla tradizionale distorsione stratificata, stava al tempo stesso liberando la coscienza occidentale dall'avida estorsione e la rendeva testimone della SCENA attraverso cio' che vedeva e sentiva.

LA MACCHINA FOTOGRAFICA ERA IL TESTIMONE, IL TESTIMONE NEUTRALE.

Questa MACCHINA FOTOGRAFICA fu essa stessa - qualche tempo fa - l'arma israeliana nella battaglia della compravendita delle lacrime israeliane alla coscienza umana insieme alle arance di Jaffa e agli avocado di al-Karmil. In ogni incidenza di violenza, i bambini e le donne israeliani erano le vittime-gia'- pronte, perche' di solito, i soldati israeliani "muoiono tranquillamente". Le pallottole arabe - essi dicono - uccidono solo i civili. I soldati israeliani incontrano il "martirio" solo in incidenti automobilistici. Quelli vivi sono cosi' umani nell'intento di violare la "santita' " della sicurezza. Alcuni si ammutinano contro le disumane istruzioni dei loro leaders. Alcuni si suicidano dal dolore per aver fatto altri martiri. Alcuni firmano petizioni che chiedono al loro Primo Ministro di mettere fine al sogno della "Terra Totale Israeliana". Le fitte del rimorso del soldato israeliano raggiungono un limite che fa seriamente pensare agli osservatori arabi che possa esserci il rischio di una guerra civile nella societa' israeliana.

E LA MACCHINA FOTOGRAFICA E' IL TESTIMONE.

Essa ha preso una parte del deserto arabo e l'ha trasformata in un paradiso (click qui). I bulldozers smuovono la sabbia, le paludi e le mosche - sulle note di Mozart - e le trasformano in giardini e laghi. Essa dice che gli scritti degli esploratori europei sulla fiorente Palestina sono falsi. La storia umana potrebbe partire da zero se la macchina fotografica lo volesse.
La Macchina Fotografica misura la differenza di civilizzazione tra la casa di un kibbutz, in cui si crescono anatre ed arance, e una scatoletta di un campo profughi. Nella prima casa c'e' una giovane ragazza che suona il piano, un papa' che legge "Il mercante di Venezia" ed una mamma che sistema fiori alla maniera giapponese. Nella seconda casa c'e' una bimba che gioca con i rifiuti, un papa' che racconta favole ed una mamma che pela cipolle e lava panni nello stesso secchio d'acqua.

Non e' dovere della MACCHINA FOTOGRAFICA spiegare qualcosa in piu' a parte le differenze tra le due immagini. Ad essa non importa sapere che quelli che vivono nel campo sono i proprietari della terra su cui e' costruito il kibbutz. Ad essa non importa sapere che questo vive sulle rovine di quello dopo averlo sradicato e condannato all'oblio. La MACCHINA FOTOGRAFICA non cerca ne' le origini ne' le radici. La MACCHINA FOTOGRAFICA non sa cosa c'e' sotto quel luogo. Ne' sa cosa c'e' sotto la rosa. L'IMMAGINE e' la prova inconfutabile.

Gli israeliani si rilassano con la loro IMMAGINE in un'industria video in cui eccellono fino a dimenticare che sono loro ad aver scelto la SCENA, gli eroi, l'illuminazione e le lenti. La MACCHINA FOTOGRAFICA e' stata trasformata da comodita' a dottrina, da una comodita' in vendita all'IMMAGINE del popolo.

Nella loro estasi verso la loro IMMAGINE di se' stessi, si muovono dal presente, forgiato da loro, al passato per ricostruirlo secondo le stesse sequenze:
"Dall'eternita', Dio non ha voluto alcun altro popolo che noi, in questa terra. Noi siamo l'immagine di Dio".

Non e' accaduto nulla che potesse distorcere la stabilita' o la chiarezza di quell'IMMAGINE. Nabukhatnasser non e' stato altro che un incidente terroristico in cui si sono imbattuti. Non e' accaduto nulla all'immagine del tempo che e' identica all'immagine degli attuali israeliani. L'operazione di staffetta tra l'ultimo re di Giudea e Ben Gurion e' stata condotta in una tranquilla atmosfera protocollare:

"Per l'eternita' resteremo qui. Gli altri non risorgeranno. Abbiamo sempre ragione e per sempre. Un ebreo mai pecchera' ".

E cosi', l'IMMAGINE si evolve nella sua natura inversa - da fonte e strumento di narrazione dei fatti - a professione che e' dominazione del tempo fissato e che lo domina per essere in grado di controllare il modo in cui funziona la storia, quella storia che e' sempre "disoccupata" fino a che non contenga in essa l'IMMAGINE israeliana. Non c'e' storia al di fuori di cio' che gli ebrei considerano debba essere il dovere della storia. In questo modo, l'IMMAGINE ebraica di se' stesso diviene l'immagine storica della storia. Gli israeliani si sono assicurati l'eternita' attraverso un'immagine che hanno fatto loro, per loro e di loro, e degli altri, che hanno l'unico ruolo di soccombere alle ombre imposte dall'IMMAGINE.

ESSI DORMIVANO COME NON AVEVANO MAI DORMITO.

Quando la pietra palestinese riusci' a graffiare lo specchio, gli israeliani non capirono la fragilita' del materiale con cui avevano costruito la loro immagine, ma si adirarono contro la MACCHINA FOTOGRAFICA e si rivolsero ad essa in un modo insolito per le loro lingue. Invece di chiedere: "Ma noi siamo cosi'?", urlarono: "La MACCHINA FOTOGRAFICA puo' essere anch'essa anti-semita?".

L'intensita' dell'autoinganno fa in modo che una persona che guardi la sua foto impieghi molto tempo per capire che quell'IMMAGINE non e' la sua vera IMMAGINE. E' l'immagine di un sognatore in uno specchio. L'immagine di un fantasioso che e' stato trasportato attraverso la sua fantasia da uno status quo a qualcosa che esisteva migliaia di anni fa. L'IMMAGINE di una persona che esce da una caverna di favole ed entra in una storia che non conosce.

Questa e' la situazione dell' israeliano assediato da migliaia di bambini palestinesi. Essi sono nati senza il suo permesso e senza che egli lo sapesse. "Da dove sono venuti fuori?", "Non era questa la terra senza popolo?". Egli comincia a farsi queste domande ed altre che richiedono agli israeliani di guardare dentro la loro IMMAGINE. Ma essi non sono pronti af affrontare lo shock, perche' sono andati troppo oltre nello sviluppo della loro industria dell'immaginazione.

Da vittima che elabora la sua identita' umana da quest'immaginazione, fino ad essere coinvolti in un ruolo inverso ed in un'identita' inversa, l'israeliano realizza che il conflitto non e' limitato alla terra (il diritto divino o il diritto dello status quo), ma il conflitto e' adesso tra la sua IMMAGINE vera e quella immaginaria, quell' IMMAGINE che egli ha costruito con uno strumento non piu' monopolizzato da lui. Non puo' piu' giustificare tutto quello che fa. Quella che era la sua arma, ora e' l'arma che un altro usa contro di lui. Cio' che utilizzava per dipingere la sua bellezza e perfezione, ora dipinge la sua crudelta'. Non e' piu' una vittima, ma un giustiziere. La MACCHINA FOTOGRAFICA usata per ritrarre solo lui, ora ritrae anche altri. Quindi gli altri esistono. Perche' l'israeliano dovrebbe maledire la MACCHINA FOTOGRAFICA che e' stato lo strumento indulgente della sua cospirazione contro se' stesso, l'occidente, lo status quo e la storia? L'unica sua risposta: "Nessuno ha il diritto di profanare i crimini degli ebrei perche' essi sono giustificati. E' auto-difesa".

Ma cio' non basta, perche' il FOTOGRAFO americano ci tiene di piu' al campionato della stampa che all'IMMAGINE che un ebreo ha di se' stesso. Questa e' una delle IMMAGINI: i soldati israeliani fracassano le teste, le facce e le braccia dei palestinesi per ordine del ministro della "difesa". Eseguono gli ordini con divertimento ed indignazione, con milioni di persone che osservano la scena.

"Un ebreo si comporta cosi'?", si chiedono gli ebrei in tutto il mondo. Si', degli ebrei fanno ed hanno fatto cio', perche' per essi "la sicurezza di Israele e' piu' importante della sua bella IMMAGINE". Questo e' cio' che disse il generale Rabin.

Ma Henry Kissinger - uno dei "venditori" degli specchi - e' piu' sensibile e si preoccupa piu' dell' IMMAGINE di Israele che degli israeliani stessi. Cosi' li ha avvisati di chiudere il "SET" e la "SCENA" alla MACCHINA FOTOGRAFICA: "Fracassateli senza fare fotografie". Kissinger, il Premio Nobel, la star delle MACCHINE FOTOGRAFICHE, avvisa gli israeliani di distruggere la MACCHINA FOTOGRAFICA quando scopre che la MACCHINA FOTOGRAFICA ritrae il palestinese come combattente per la liberta'. Non e' questo il ruolo della MACCHINA FOTOGRAFICA. Non e' il suo campo d'azione. Invece di avvisare se' stesso e gli israeliani di ritirarsi da una situazione che non puo' fornire altre IMMAGINI, egli prospetta l'espulsione della MACCHINA FOTOGRAFICA dal "SET".

Da consigliere per la Sicurezza Nazionale USA a consigliere dell' "Amministrazione dei Crimini israeliani", Kissinger cerca di provvedere alla tortuosita' delle sue personali COMPLESSITA' e di far evolvere gli elementi conflittuali della sua natura non equilibrata suggerendo agli israeliani di uccidere al buio. In una giungla incapace di digerire lo status quo.

L' esclusione della MACCHINA FOTOGRAFICA dall'arena dei crimini israeliani da' maggiori prove per condannare gli israeliani. Non solo perche' da' la tentazione, agli osservatori, di fare paragoni tra Israele ed il Sudafrica, ma anche perche' cancella dall'IMMAGINE israeliana quella dimensione usata per vantarsi dell'unica creatura democratica del Medioriente.

Nel dibattito democratico sulla democrazia, tra quegli israeliani che chiedono il ritiro da parte dei territori occupati per preservare "il Carattere Ebraico dello Stato" e quelli che insistono nel continuare l'occupazione e nell'espellere tutti gli abitanti palestinesi anche in questo caso per preservare il "Carattere Ebraico dello Stato", in questo dibattito, Razzismo e' il solo termine giusto per una tale democrazia che riserva tutto cio' ai Goyim. Questo significa che l'esistenza, la mera esistenza, degli arabi nella loro terra - che e' ora occupata dal ghetto della democrazia - e' una minaccia per una democrazia che ha svelato la sua vera natura. click qui.

La MACCHINA FOTOGRAFICA e' stata eliminata dalla SCENA. Gli israeliani possono riassembrare i frammenti dello specchio rotto? E possono mostrare nuovamente all'occidente la loro IMMAGINE "ideale" di se' stessi, come erano soliti fare?

Questa domanda e' rivolta all'occidente. La sua coscienza si rilassera' ancora dopo che la nebbia ha densamente avvolto la SCENA del crimine? Dira' l'occidente: Non vedo nulla. Non sento nulla, e si rivolgera' alla TV per vedere l'olocausto? Sicche' la "vittima" israeliana sara' per sempre la "vittima" di quest'epoca, e questa "vittima" avra' per sempre il diritto di commettere ogni crimine, pubblico o segreto, contro i palestinesi?

La coscienza occidentale dovrebbe chiedere piu' di prima: Cosa sta accadendo laggiu'?? Cosa sta accadendo laggiu'?? Perche' eliminare la MACCHINA FOTOGRAFICA dalla SCENA non significa affatto eliminare il crimine. Stendere un velo di tenebre sul sangue non cancellera' mai il grido di quel sangue.

Quanti crimini sono stati commessi di fronte alla MACCHINA FOTOGRAFICA?

Quanti altri crimini sono ancora commessi in assenza della MACCHINA FOTOGRAFICA?

Ma nascondere l'IMMAGINE non nasconde lo status quo?

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indipendčntzia