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Visualizza Versione Completa : I Comunisti Nazionalitari e il prossimo sciopero generale



Catilina
30-03-02, 17:09
La situazione in Italia è complessa e pericolosa. C'è una spinta di massa verso la radicalizzazione del conflitto (come hanno dimostrato lo sciopero del 15 febbraio scorso e la manifestazione del 23 marzo), ma c' è una egemonia confederale su una linea concertativa in continuità con il passato, per ripristinare il potere goduto durante gli anni del centrosinistra e riprendere ad amministrare flessibilità e privatizzazioni.
I settori della borghesia che fanno capo a Berlusconi e D'Amato, con la loro tattica da "assaltatori" hanno molto contribuito a questo esito. Non hanno infatti ottenuto l' obiettivo che si prefiggevano, ossia isolare la Cgil e togliere al centrosinistra ogni possibilità di rivincita elettorale. Al contrario hanno raggiunto il risultato opposto, non solo ricompattando i sindacati confederali, ma anche consegnando alla Cgil l' egemonia sul movimento di opposizione al governo.
L'aspetto paradossale della vicenda è che, per riconquistare tale egemonia, la Cgil- se si guardano con attenzione gli avvenimenti, non ha dovuto cambiare neanche di una virgola l' impostazione degli ultimi anni, né sulla concertazione, né sull' elogio della flessibilità, né sulla guerra.
Così dopo aver dato un contributo decisivo a smantellare ogni garanzia per la quasi totalità del lavoro dipendente neo-assunto e aver contribuito ad introdurre quelle pratiche di privatizzazione (dalla scuola alla sanità) e precarizzazione (dal pacchetto Treu allo stesso Libro Bianco impostato durante il governo precedente) oggetto di culto da parte dei Governi Prodi, D'Alema e Amato, la Cgil, gli altri sindacati concertativi e buona parte del centrosinistra si sono fatti rapidamente il look di fermi sostenitori dei diritti dei salariati! E ciò perché, soprattutto dopo l' assassinio di Biagi, lo sporco tentativo operato dal governo di criminalizzare prima i Cobas, poi la Cgil stessa ha rappresentato un formidabile autogol del centrodestra, offrendo a quest' ultima un surplus di consensi.
Benché, quindi, sia in atto un duro scontro tra i due settori della borghesia che fanno capo a Polo e Ulivo, deve essere chiaro che lo sbocco finale, per i confederali, è quello di riprendere a trattare sulle modalità di estensione della precarietà/flessibilità accompagnata da "ammortizzatori" gestiti dai sindacati stessi, nonché sul gigantesco business dei fondi pensione e della nuova riforma pensionistica. Verso questa ipotesi di compromesso spinge anche una parte del padronato (Fiat in testa), consapevole dei vantaggi della concertazione e della complicità che i sindacati "compatibili" garantiscono in Europa a tutti i governi.
Il 16 aprile, quindi, allo sciopero generale- nella data indicata da Cgil, Cisl, Uil- i Comunisti Nazionalitari dovrebbero esserci, a mio parere, perché l' unità dei lavoratori e delle lavoratrici in questa delicata fase è un valore assoluto e imprescindibile. Dovrebbero però aderire alle iniziative che quello stesso giorno prenderà il sindacalismo di base su un programma radicalmente anticoncertativo.
Saluti comunisti e nazionalitari

Piero Strozzi
30-03-02, 17:21
Concordo con questa posizione e indico una serie di punti qualificanti per una piattaforma realmente alternativa:
1) ritiro delle quattro deleghe governative su
- cancellazione dell' art. 18 e Libro Bianco di Maroni;
- controriforma della scuola,
- smantellamento del sistema pensionistico e furto delle liquidazioni,
- controriforma fiscale,
2) abrogazione del "pacchetto Treu" che con la sua normativa ha diffuso il lavoro interinale, precario, flessibile;
3) estensione dell' art. 18 a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici;
4) salari equiparati ai punti alti dei paesi europei per tutti i lavoratori dipendenti;
5) ripristino di un meccanismo di scala mobile che tuteli i salari dall' inflazione,
6) difesa e potenziamento di scuola, sanità e di tutti gli altri servizi pubblici;
7) cancellazione della controriforma della scuola della Moratti, della parità scolastica, dell' intero progetto della scuola-azienda;
8) no alle politiche belliciste.
Che ve ne pare?
Saluti comunisti e nazionalitari

5° Reggimento
31-03-02, 11:28
La sconcertante vicenda dell' art. 18 può essere compresa soltanto se la si inquadra all'interno del duro scontro in atto ormai da mesi all' interno del capitalismo italiano.
Che il fronte padronale italiano sia spaccato è infatti un dato evidente, vivo è il ricordo delle dimissioni di Ruggiero, il caso scotta ancora a Torino . Si tratta di una frattura profonda tra le varie componenti di Confindustria. Da un lato D'Amato con la sua imprenditoria meridionale, parte della piccola impresa e la nuova leva dei padroni, quelli più aggressivi. Dall' altro la famiglia Agnelli, i gruppi Marzotto e Benetton, Romiti.
Il dissidio, mai veramente ricomposto, si va accentuando di settimana in settimana, tanto che mercoledì scorso, mentre il "Sole 24 ore" alzava i toni del conflitto ("Riforma Biagi subito") per ribadire che l'asse D'Amato-Berlusconi è d'acciaio, il direttore della "Stampa" di Agnelli lanciava il messaggio "Presidente si calmi" e gli faceva eco Romiti con il suo "Corriere della Sera", che invitava l' esecutivo a "rasserenare il clima" e a frenare gli "inaccettabili attacchi al sindacato".
Insomma è una guerra tra poteri forti per l' egemonia. D'Amato e i padroni che egli rappresenta sono convinti che la Fiat sia finita, sul fronte politico e industriale. Per questo il presidente di Confindustria alza sistematicamente i toni dello scontro, accentuando il suo disprezzo per i sindacati in quanto tali e accusandoli in qualche modo di collusione con le Brigate Rosse. Tuttavia gli Agnelli non ci stanno e non sembrano ancora essersi dati per vinti. Anche perché adesso più che mai, dopo aver ufficializzato il suo indebitamento, la Fiat ha bisogno dei sindacati per avviare la "ristrutturazione". Il dato interessante è che man mano che il tempo passa le posizioni delle "colombe" e dei "mediatori" si rafforzano, come dimostra il fatto che le ultime riunioni di Confindustria sono quasi disertate dai padroni.