PDA

Visualizza Versione Completa : Terrorismo rosso



Pieffebi
01-04-02, 20:12
TERRORISMO E COMUNISMO.
Le obiezioni classiche del marxismo rivoluzionario "ortodosso" alle posizioni del terrorismo "individuale", ma che possono in qualche modo estendersi ad ogni "terrorismo" di sinistra, non sono certamente di carattere morale o "umanitario". L'aspetto principale riguarda essenzialmente la relazione fra azione terroristica e coscienza di classe.
In "Che fare?" (1902) Lenin critica il terrorismo sotto il profilo di quella che oggi si chiamerebbe "propaganda armata", rilevando come l'educazione del proletariato alla coscienza socialista e il suo trascinamento alla lotta abbia ben altri argomenti.
Lenin nella sostanza rileva che se la classe operaia non è trascinata alla lotta dalle proprie condizioni di sfruttamento e dalle ingiustizie che subisce non si vede il perchè dovrebbe farlo a seguito dell'assassinio politico perpetrato da una qualche mano "rivoluzionaria".
La concezione leniniana dello sviluppo della coscienza politica di classe distingue fondamentalmente fra coscienza tradeunionistica (sindacale), ancora sostanzialmente soggetta all'ideologia borghese (in quanto ideologia della classe dominante), e la coscienza socialista.
Mentre la prima si impone spontaneamente alla classe durante le lotte economiche e sindacali, la seconda deve essere portata "dall'esterno", ossia dall'attività politica del partito rivoluzionario, dalla sua capacità di operare come avanguardia cosciente del movimento operaio.
La lotta armata presuppone la coscienza politica di classe e può positivamente attuarsi soltanto come lotta per il potere, ossia come rivoluzione, avendo già la maggioranza della classe dietro di sè.
E la classe non la si conquista di certo con la lotta armata, ma con la pratica saldatura delle lotte sociali del popolo lavoratore e sfruttato con la dottrina socialista mediante la strategia e la tattica rivoluzionarie.
Per questo il terrorismo è da Lenin assimilato alla piccola borghesia e al suo inferocimento.
Il leninismo difende e afferma un altro terrorismo, quello esercitato dalla dittatura rivoluzionaria per spezzare la resistenza del "nemico" di classe: il Terrore rosso.
Altro elemento critico verso il terrorismo è fondato su motivazioni "pragmatche" che attengono all'effetto del terrorismo sulla politica dello Stato borghese e dal prevedibile restringimento degli spazi di agibilità politica per il movimento operaio e il suo partito rivoluzionario. Ma in quanto pragmatiche dette motivazioni non sono "dogmi" e possono variare al variare delle situazioni, per cui non si deve affatto escludere, da questo punto di vista, l'opportunità di ricorrere ad azioni armate, magari per finanziare il partito...
I movimenti che, richiamandosi al leninismo, hanno scelto il terrorismo e la lotta armata, in contrasto con alcune indicazioni del "maestro" lo hanno fatto in ragione di un'analisi dell'evoluzione della lotta politica durante l'era dell'imperialismo che si può definire parente con le analisi del Bucharin del 1916/17, contro cui pur polemizzò Lenin.
Si tratta non solo di una valutazione del ruolo della "democrazia imperialistica" e del restringimento dell'attività politica legale per i rivoluzionari nella fase delle "guerre e rivoluzioni" in cui l'alternativa che si pone è solo quella "fra dittatura e terrore rosso e dittatura e terrore bianco", ma anche di una diversa fase della storia del movimento operaio, corrotto dal riformismo espressione degli "agenti borghesi" e delle "aristocrazie operaie" che per "un piatto di lenticchie" vendono la loro primogenitura rivoluzionaria integrandosi nel sistema. Il riformismo diventato dapprima da ala destra del proletariato ad ala sinistra della borghesia è ora sempre più un'arma formidabile della borgheisa imperialistica per inebetire la classe operaia e per promuovere l'adeguamento continuo dei rapporti sociali e della produzione agli interessi complessivi dell'imperialismo.
La lotta armata diventa dunque, nel delirio "marxista-leninista" riformato dei comunisti combattent,i uno strumento della guerra di classe per ostacolare i processi di strutturazione del "potere borghese" (che sempre più impone una macelleria sociale al servizio dell'imperialismo con l'appoggio delle burocrazie riformiste, che anzi sono il principale sostegno del capitalismo in quanto ne assicurano la "copertura a sinistra" e il consenso di ampi strati popolari) ma anche un momento della guerra di classe in cui l'avanguardia rivoluzionaria si presenta come tale indicando alla classe apertamente i suoi nemici e stimolando uno scontro sociale sempre più radicale in cui gli spazi per il compromesso e il riformismo vengono irrimediabilmente bruciati. La prevedibile reazione borghese erode gli spazi di "democrazia formale" rappresentativa, mediante la quale la dittatura del capitale si esprime, e mostra al proletariato la reale natura dei rapporti sociali capitalistici e delle istituzioni dello Stato borghese. In questo quadro l'avangiuardia comunista può adempiere al compito di portare alla classe operaia la coscienza rivoluzionaria, divenendo stato maggiore dell'esercito proletario nella guerra mortale contro il capitalismo imperialistico.
La democrazia falsa e fascistizzata dell'era dell'imperialismo non solo non è il terreno dello scontro fra il proletariato e la borghesia, non solo non può essere gradualmente spinta in avanti nei suoi contenuti sociali ("democrazia progressiva") come pensava il PCI togliattiano, ma diventa il nemico principale della classe operaia nella misura in cui non permette alla stessa di avere immediata coscienza della natura reale della dittatura capitalistica. La lotta armata è dunque anche un rimedio contro il "cretinismo parlamentare" e contro ogni superstizione democraticista, ed un modo per riprendere la Resistenza partigiana, tradita per l'essere stata fermata alla fase della lotta antifascista, senza essere spinta verso la rivoluzione comunista, e per non essere stata neppure in grado di costruire quella "democrazia progressiva" prevista da Togliatti, vista l'espulsione delle sinistre dal potere nel 1947 e il successivo allineamento dello Stato democratico italiano alle politiche imperialistiche occidentale, in posizione di sostanziale sudditanza verso gli Stati Uniti.
Il comunista combattente è dunque, in questa visione delirante del terrorismo rosso,....il nuovo partigiano...l'erede politico e morale dello slancio rivoluzionario della "resistenza rossa", e il faro autocritico della coscienza comunista capace di riprendere il processo laddove fu interrotto, indicando ai lavoratori gli obiettivi concreti del processo di liberazione dal fascismo e dal capitalismo, che sono ormai indissolubilmente un tutt'uno nell'imperialismo.
La folle coerenza di questa visione è del tutto indifferente all'umanità dei soggetti in campo, tanto dei propri "combattenti" quanto dei "nemici di classe" individuati come obiettivi da eliminari. Ciascuno non è più un essere umano vivente con la propria dignità insopprimibile, ma un simbolo o un esponente o una sinapsi dei rapporti e delle razioni sociali, interpretate in modo freddamente astratto e analizzate secondo schemi dogmaticamente impermeabili ad ogni diversa visione, come ad ogni critica morale, umana e umanistica.
La politica rivoluzionaria terroristica non è più POLITICA, non si occupa della vita reale degli uomini concreti se non come manifestazione delle strutture economiche sociali individuate dalla dottrina marxista-leninista. Al più si occupa delle masse e delle classi, mai degli individui che sono insignificanti parti del tutto. Dunque... che cosa vale una vita umana?

Cordiali saluti.

Pieffebi
01-04-02, 20:13
torniamo ad affrontare il problema della struttura ideologica del comunismo combattente, generalmente inteso, e provando a capire il perchè il medesimo tenda molto spesso ad individuare i suoi bersagli (in senso purtroppo...letterale) preferibilmente fra uomini del campo riformista, sia di centrodestra che di centrosinistra, anzi...spesso dell'area politica e/o culturale della sinistra democratica .
Come abbiamo visto sopra... la matrice ideologica del comunismo combattente si nutre di "analisi" politiche fortemente condizionate dalla visione classista, ove i comportamenti politici dei soggetti in campo sono analizzati in relazione a quelli che vengono ritenuti gli interessi concreti delle classi e frazioni di classe e del "sistema" del capitalismo imperialistico inteso nel suo complesso, con le sue esigenze di riproduzione e continuo adeguamento.
In questa visione astratta e "materialistica" dei rapporti sociali il riformismo è il primo nemico del proletariato e dei suoi interessi storici, sia perchè rappresenta al meglio i tentativi della "borghesia imperialistica" di ristrutturare continuamente le forze produttive al fine di adeguarle alle crescenti esigenza di competitività economica, promuovendo altresì l'adeguamento dei rapporti sociali agli obiettivi della classe dominante, sia perchè rappresenta la formazione ideologica che più facilmente riesce a "inebetire" la coscienza di classe delle masse lavoratrici.
Il riformismo in quanto "agente borghese" penetra nella "classe operaia", disarmandola ideologicamente, e questo è ritenuto tanto più nocivo e pericoloso per la causa della "emancipazione dei lavoratori" quanto più le forze riformiste si collocano alla testa del movimento operaio organizzato "ufficiale".
Fin qui si potrebbe dire che il "comunismo combattente" non propone ne' promuove nulla di nuovo rispetto al comunismo moderno delle origini (leniniano), sorto dalla "spinta propulsiva" della rivoluzione bolscevica.
Nella prima fase della direzione staliniana del Komintern fu promossa, come è noto, la teoria del "socialfascismo" secondo la quale, nella sostanza, le forze socialiste e socialdemocratiche avevano oggettivamente un ruolo "controrivoluzionario" paragonabile a quello di Hitler e Mussolini.
La fazione bordighiana della sinistra comunista italiana, che ebbe un ruolo egemonico nella formazione del PCd'I nel 1921, sostenne sempre una posizione di durissima e settaria contrapposizione non solo verso il riformismo ma anche verso ogni "cedimento" ideologico rispetto alla purezza rivoluzionaria del marxismo.
Nessuno tuttavia aveva mai pensato che la lotta contro il riformismo si potesse combattere attraverso amazzamenti terroristici di suoi esponenti.
Questo non appartiene affatto alla tradizione rivoluzionaria, neppura delle formazioni più settarie del comunismo storico.
Ma questo ci riporta al fatto che i comunisti combattenti ritengono volontaristicamente di incidere nei processi storici attraverso le loro azioni di "guerra di classe", tanto "destrutturando" il campo avversario quando stimolando la "coscienza di classe" ovvero...favorendo situazioni per le quali si rendano sempre meno sostenibili i "pregiudizi opportunistici" dei "traditori" del movimento operaio.
Al tempo stesso sembrano voler imporre una sorta di "giustizialismo" rivoluzionario secondo il quale l'esecuzione di un personaggio che opera per favorire, ad esempio, la "ristrutturazione imperialistica del mercato del lavoro", erodendo persino le conquiste storiche del precedente riformismo, debba essere punito con la violenza più barbara. Questo non soltanto per scoraggiare altri dall'intraprendere la medesima strada ("colpiscine uno per educarne cento"), ma per indicare alle "avanguardie" più coscienze del proletariato la via della guerra di classe come via anche di immediato riscatto, anche attraverso azioni esemplari di "giustizia proletaria".
Questi ultimi elementi rappresentano senza dubbio un punto di discontinuità con l'impostazione classica dell'estremismo rivoluzionario, e un salto di qualità verso il delirio criminale e omicida.

Saluti liberali.

Pieffebi
01-04-02, 20:14
Tra i nemici principali del comunismo più estremistico, fin dalla fine degli anni 70 fu individuata la direzione politica del Partito Comunista Italiano. La critica al "revisionismo del PCI" ha, nell'estrema sinistra marxista, diverse fonti:
a) la sinistra comunista antistalinista di matrice bordighista, che considera fin dagli anni trenta il PCI un partito oggettivamente "antirivoluzionario", legato all'URSS di Stalin in cui era in corso una feroce controrivoluzione;
b) la sinistra comunista trotzkysta per la quale il PCI era, sempre almeno dagli anni trenta, un "partito operaio burocraticamente degenerato" e stalinista, così come l'URSS era uno "Stato operaio burocraticamente degenerato";
c) i gruppi marxisti-leninisti anti-togliattiani che durante la Resistenza Armata avevano duramente criticato la politica "Ciellenista" del PCI e la sua rinuncia a trasformare da subito la lotta antifascista in lotta per il comunismo;
d) i gruppi marxisti-leninisti che non accettarono il krhushovismo e l'abbandono formale dello stalinismo da parte dell'URSS e del PCI, ritenendo questo come un tradimento "revisionistico"
e) i gruppi marxisti-leninisti-maoisti che saldandosi con l'ideologia neo-stalinista di quelli precedenti faranno riferimento alla CINA di Mao come alla nuova guida rivoluzionaria internazionale del comunismo, laddove l'URSS era ormai ritenuta una potenza "socialimperialista";
f) i gruppi operaisti e radicali che criticavano l'abitudine inveterata della dirigenza del PCI alla politica riformatrice e legalitaria, pensando che il lavoro nelle istituzioni e la formazione delle burocrazie d'apparato, tanto nel partito che nel sindacato, avessero snaturato e "imborghesito" il partito nominalmente comunista, la cui natura sociale prevalente era del resto sempre meno operaia e sempre più "inquinata" dai ceti medi e dalla loro ideologia opportunista e gradualista;
g) i gruppi spontaneisti che riterranno superata la vecchia politica di partito facendo appello alla spontaneità rivoluzionaria delle masse, e alle forme politiche dalle stesse generate che devono sostituire le organizzazioni sclerotizzate tradizionali.

Non tutti i dirigenti del PCI erano messi sullo stesso piano, nei confronti della sinistra ingraiana e di quella vetero-leninista secchiana ci saranno tentativi di dialogo.....e la rottura degli igraiani dissidenti de "il Manifesto" con il partito poteva in un primo momento alimentare le speranze di una ricomposizione delle forze rivoluzionarie. Speranze ben presto deluse.


Il comunismo combattente ha radicalizzato la critica al PCI comune all'estrema sinistra extraparlamentare, in tutte le sue tendenze, inserendo la variante dell'intervento nel processo determinato dalle sue strategie politiche.

Quando dopo il GOlpe Cileno Enrico Berlinguer lancerà la strategia del compromesso storico, inziando il processo di revisione "euro-comunista" dell'ideologia del partito, pur nella continuità dell'impianto togliattiano profondo, l'ultrasinistra risponderà che la lezione del Cile non additava la necessità di una unità interclassista delle "forze popolari", bensì l'inevitabilità della via armata e rivoluzionaria al socialismo.

La linea di Berlinguer era perciò considerata un'accelerazione del processo di trasformazione del Partito Comunista Italiano in un partito apertamente socialdemocratico, riformista e occidentalizzato. Tanto più che erano crescenti le critiche provenienti dalla dirigenza berlingueriana del PCI verso l'Unione Sovietica e i paesi del blocco socialista, Cina maoista compresa.

Con la crisi petrolifera e il successivo avvio dei giganteschi processi di ristrutturazione del capitalismo internazionale, e di quello italiano innanzi tutto, il PCI e il sindacato collaterale inaugurarono una politica riformatrice "della moderazione", della "responsabilità" e "dell'austerità", in cui si tendeva a dimostrare concretamente l'indispendabilità della partecipazione delle organizzazioni del movimento operaio alla gestione della crisi e quindi, necessariamente, al governo del paese.

Non solo, dopo un iniziale indecisione, sempre più apertamente la linea politica del PCI fu portata da Berlinguer al rifiuto dell'estremismo e, ancor più, del terrorismo criminale di sinistra.
L'emergenza della crisi economica e quella del terrorismo indussero il PCI a proporre una nuova "ciellenista" politica di unità nazionale, che sfociò nell'ingresso progressivo del partito nell'area di governo, fino al governo delle astensioni e fino all'appoggio esterno al gabinetto Andreotti.

Il comunismo combattente non poteva non ritenere questo processo come il principale nemico ed ostacolo per la "guerra di classe" e per la prospettiva rivoluzionaria dell'abbattimento dello Stato Imperialistico delle Multinazionali.

Un partito nato rivoluzionario che diventava "complice" dei processi di ristrutturazione del capitalismo, un partito e un sindacato che offrivano al padronato "moderazione salariale", aumento dei ritmi e della produttività...in cambio di "sedie" nelle amministrazioni, e in prospettiva.....nel governo, era ormai sicuramente da considerarsi, una formazione politica di "traditori" di classe, comunista a parole e borghese e controrivoluzionaria nei fatti.

Fermare questo processo divenne dunque uno degli obiettivi stategici principali per le formazioni comuniste combattenti.

Cordiali saluti.

Pieffebi
01-04-02, 20:15
Terrorismo ed ideologia rivoluzionaria
La concezione marxista-leninista dello Stato individua questo ultimo come il prodotto dell'antagonismo insanabile delle classi, come organizzazione della classe socialmente ed economicamente dominante che per mezzo suo si propone anche come classe POLITICMENTE dominante, ed infine, in regime capitalistico, come "comitato d'affari" della borghesia e come "capitalista collettivo ideale".
Questa dottrina rivoluzionaria sullo Stato giunge alla conclusione che "il proletariato non può ne' infrangere ne' modificare il sistema dei rapporti capitalistici di produzione, da cui deriva il suo sfruttamento, senza l'abbattimento violento del potere borgehse" (tesi n° 3 del Programma del Partito Comunista Italiano, livorno 1921), e che "tra la società capitalistica e quella comunista vige il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra, la cui forma politica può essere soltanto la dittatura rivoluzionaria del proletariato" (Marx).
Anche la forma rappresentativa e democratica dello Stato, fondata sulle "libertà borghesi" e sul "suffragio universale" non sfugge a questa concezione. Per Lenin la "repubblica democratica è il migliore involucro politico possibile per il capitalismo" (Stato e Rivoluzione) e "un paradiso per i ricchi e una trappola ed un inganno per i poveri e gli sfruttati" (Il rinnegato Kautsky), e per Gramsci "ogni Stato è una Dittatura", per cui la democrazia borghese è una forma "della dittatura del capitale".
Per non dire del Bordiga per il quale non è neppure lecita la tattica leniniana dell'utilizzo rivoluzionario della tribuna parlamentare borghese nell'ambito della "combinazione del lavoro legale e quello illegale", secondo gli insegnamenti della maggioranza dell'Internazionale Comunista diretta dai bolscevichi.
Il terrorismo comunista tuttavia, pur partendo da questi presupposti giunge a analisi e concezioni strategiche e tattiche non solo "più esasperate", non solo "più violente", non solo senz'altro criminali, ma protese a una diversa visione della funzione dello Stato nel processo moderno di riproduzione dei rapporti sociali capitalistici nell'epoca dell'Imperialismo.
Nella sostanza per il terrorismo la natura di classe della democrazia borghese, nell'epoca dell'imperialismo, si è addirittura accentuata, e non esistono possibilità di utilizzarne gli spazi politici per politiche rivoluzionarie tese a spostare a vantaggio della classe proletaria gli equilibri, in attesa del colpo di mano finale dell'insurrezione rivoluzionaria nell'epoca della "crisi finale" del capitalismo.
La democrazia imperialista è un demone che manifesta capacità di concentrazione della violenza e della repressione tanto più pericolose per la classe operaia tanto più sono mascherate da parvenze di libertà politica e di legalità.
La legalità dello Stato borghese è infatti una "legalità di classe" che si rivolge sempre e comunqe a protezione dello sfruttamento e dell'imperialismo e contro le lotte di classe proletarie e contro le forze rivoluzionarie.
Contro lo Stato democratico borghese sono pertanto leciti gli strumenti di lotta armata che altrimenti si ritenevano giustificate, da parte non solo dei marxisti, contro le tirannidi fasciste.
Il deliro terrorista non distingue quindi tra potere democratico e dittatura fascista. La democrazia imperialista è una democrazia repressiva, violenta e "fascistizzata", in cui le fazioni in lotta sono tutte espressioni degli interessi borghesi, e rappresentano soltanto diverse frazioni sociali della classe dominante e diversi interessi particolari comunque subordinati a quello generale del capitalismo imperialistico.
Dei riformisti e dei "comunisti ufficiali" abbiamo già parlato, e abbiamo visto che per i terroristi ultracomunista sono soltanto "agenti borghesi" nel movimento operaio e traditori di classe. Dunque non vi è motivo per no ritenerli dei bersagli, anzi, in certe circostanze sono i bersagli privilegiati.
Per certi versi il terrorismo preferisce i governi della destra autoritaria, in quanto attraverso questi la classe operaia può più facilmente rendersi conto del fatto che lo Stato democratico "è un nemico da abbattere".
La concezione criminale della lotta armata del comunismo combattente giunge, come visto, a colpire individui inermi in quanto rappresentanti e simboli del "potere di classe" della borghesia imperialistica.
Contro il terrorismo non ci possono essere distinzioni di schieramento fra destra, centro e sinistra, anche perchè il terrorismo azzera da parte sua queste differenze ed è pronto a colpire spietatamente chiunque, con lo scopo ultimo di abbattere lo Stato democratico per distruggere il capitalismo e darci la schiavitù comunista.

Saluti liberali.

Pieffebi
01-04-02, 20:16
In che senso il terrorismo rosso interviene o pretende di intervenire nei processi e nei cicli delle lotte di classe? In che modo i flussi e riflussi dei conflitti sociali e i "climi" che i medesimi generano favoriscono o inibiscono la lotta armata terroristica?
E, infine, in che modo un clima sociale particolarmente teso e la diffusione di posizioni massimalistiche ed estremistiche in strati crescenti della popolazione possono favorire il reclutamento di nuove generazioni di terroristi o di .....forze collegate con il terrorismo?
Non è facile rispondere a queste domande, anche perchè le risposte credo che debbano variare a seconda delle varie fasi storiche.
In altre parole il 2002 non è il 1969, non esistono più le condizioni economio-sociali e politiche di quegli anni, e la stessa composizione sociale dell'Italia e dell'occidente è profondamente mutata, così come sono cambiate le fabbriche.
Cercherò di affrontare comunque questi temi, per quanto sinteticamente, nei prossimi giorni, servendomi dell'analisi delle ideologie e dei processi sociali per poter abbozzare alcune seppur provvisorie e problematiche risposte.

Cordiali saluti

Pieffebi
01-04-02, 20:18
Come ho già detto in un precente post vi è una divergenza di fondo fra concezione marxista-leninista classica del partito e del suo ruolo nel portare al movimento operaio la coscienza politica "socialista" nel corso delle lotte sociali, e quella del comunismo combattente. Il partito combattente è sempre più un esercito, un'organizzazione militare e sempre meno un organismo politico che interviene nella politica quotidiana.
La strategia della "guerra di classe" promossa dai vari fautori della lotta armata, siano essi "militarsti" o "movimentisti" deve tuttavia tenere conto del "contesto" e della fase delle lotte di classe e di quello che oggi si usa chiamare..."il clima sociale".
Il presupposto della scelta della lotta armata è però quello secondo il quale,ormai, non esistono altri concreti terreni di lotta, per il proletariato, che quelli connessi con l'esercizio della violenza di classe, di cui la lotta armata è il necessario punto d'approdo. Per il comunismo combattente il moderno imperialismo è caratterizzato dall'estrema violenza dei rapporti sociali e dalla brutalità della borghesia, che si dimostra in tutti i suoi effetti nei paesi del terzo e quarto mondo, mentre è appena mascherata, nelle metropoli imperialistiche dalla finzione della democrazia formale borghese, e dalla corruzione sistematica degli strati superiori della classe sfruttata e della sua rappresentanza ufficiale, politica e sindacale.
L'azione terroristica è reputata pertanto quale l'unica espressione genuina della straegia rivoluzionia e dell'attività progandistica del partito armato.
Colpire "il cuore dello Stato" non significa soltanto eliminare coloro che garantiscono alle istituzioni il migliore funzionamento e la capacità di adattamento alle esigenze della classe dominante , significa anche indicare nemici, obiettivi e rendere possibile l'epifania della realtà concreta dello sfruttamento capitalistico e del depredamento imperialistico. La lotta armata produce, secondo il deliro ideologico dei terroristi, una crescita della coscienza di classe, e surroga in questo in modo imponente le normali e quotidiane lotte politiche e sindacali del movimebto operaio, altrimenti condannate al piccolo cabotaggio e al riformismo, ossia al costante e progressivo cedimento nei confronti del Capitale.
Tutto questo non significa che le contraddizioni del capitalismo non producano spontaneamente lotte sociali dure. Queste però vengono contenute e deviate dal riformismo, e nella fase "putrescente" e tarda dell'imperialismo, nell'epoca della globalizzazione, sono necessariamente lotte "difensive" e "conservative" nei confronti dell'offensiva della classe dominante che, giorno per giorno, erode le concessioni che fu costretta a fare in precedenti fasi della storia del conflitto internazionale fra capitale e lavoro.
Dunque per il comunismo combattente, anche nell'immediato, l'espressione normale di una lotta di classe proficua contro il capitalismo imperialistico e il suo Stato risulta essere senza alternative possibili.....la lotta armata.
Quando i terroristi parlano di avanzata o riflusso delle lotte rivoluzionarie, di necessità di organizzare l'offensiva o la "ritirata strategica", si riferiscono perciò non solo e non tanto ai conflitti sociali reali che si verificano nella politica concreta e nelle "relazioni industriali" fra le parti sociali, ma appunto alle fasi di organizzazione ed attuazione della lotta armata.
Nella visione allucinata dei comunisti combattenti la lotta di classe è dunque ormai sostanzialmente GUERRA di classe, scontro militare, che inizia ad attuarsi con azioni dimostrative e con l'eliminazione di obiettivi che per il ruolo che ricoprono possano rappresentare dei "gangli vitali" dell'organizzazione nemica.
Il fatto che vengano uccisi uomini non famosissimi, che ricoprono ruoli defilati (rispetto alla grande opinione pubblica) ma comunque importantissimi non deve ingannare.
Il comunismo combattente indica gli obiettivi con l'azione armata, e del resto colpisce quegli obiettivi la cui eliminazione può essere in grado di contribuire a disarticolare la politica della borghesia imperialistica, offrendo alla classe operaia, inoltre, la dimostrazione concreta della natura "reazionaria" e "imperialistica" del riformismo, che è sempre più incondizionatamente un'arma della borghesia rapace.
L'analisi brigatista sulla fase "neo-corporativa" della politica "controrivoluzionaria" delle classi dominanti, vuole vedere nel sindacato non solo un organismo che tende naturalmente ad essere "reazionario" (già Lenin, come è noto ai conoscitori del marxismo, la pensava così), ma che nelle politiche di concertazione (e di "pompieraggio" verso le lotte spontanee dei lavoratori e le loro istanze profonde), diventa di fatto - seppur in modo extra/istituzionale - parte integrante di quello "Stato Imperialista delle Multinazionali" che è compito dei combattenti comunisti "colpire al cuore".
Quegli uomini che per le loro funzioni svolgono il ruolo di "intermediazione" e "proposta" nel dialogo neo-corporativo fra le "parti sociali" e le istituzioni borghesi sono, in questa fase della "guerra di classe" condotta dai criminali brigatisti, obiettivi particolarmente importanti, soprattutto se rivelano intelligenza e capacità propositiva per le vie da intrapredere, da parte del governo e della classe dominante, per adeguare le istituzione e i quadri normativi alle esigenze della competitività capitalistica e dello sfruttamento imperialistico.


....continua....


Cordiali saluti.

Pieffebi
01-04-02, 20:19
....continuazione...

Da tutto ciò si potrbbe ricavare la falsa convinzione che nel loro delirio "rivoluzionario" i terroristi non abbiano rapporti e/o non cerchino di averne con i movimenti sociali e le loro dinamiche, che non cerchino collegamenti con le formazioni e i militanti che in detti movimenti assumono spontaneamente le posizioni più estreme e politicamente più "mature" dal punto di vista eversivo.
Non significa neppure che il comunismo combattente rinunci ad infiltrare le organizzazioni "nemiche", sia a fini asserviti agli obiettivii "militari" che, laddove dette organizzazioni abbiano una buona presenza nel proletariato, allo scopo di un sotterraneo lavoro politico di "propaganda rivoluzionaria" e di reclutamento in strutture politiche parallele ai nuclei combattenti, in una sorta di stazioni di transito in grado di fornire il necessario supporto logistico ai combattenti e di formare politicamente le nuove leve di terroristi.
E' in questa area che la correlazione fra radicalizzazione del conflitto sociale e crescita della simpatia verso le posizioni terroristiche diventa probabile e può determinare l'espansione e il radicamento del comunismo combattente a dispetto dei tentativi di..."isolarlo".
La barriera fra il radicalismo massimalistico delle frage più estreme delle formazioni tradizionali della sinistra e del movimento operaio sindacale è non solo ideologica ma anche morale. Tuttavia una concezione della realtà del capitalismo imperiastico tesa alla sua demonizzazione, secondo schemi vetero-marxisti, contornati da denunce moraleggianti portate ad individuare un pretesa natura intrinsecamente violenta e criminale della società borghese in quanto tale, permette, accanto alle analisi della natura dello Stato e dei suoi apparati, al comunismo combattente di penetrare la suddetta barriera.
La mitologia dell'esisteza di un "doppio Stato" permanente, autore e ispiratore di ogni nefandezza, e la rappresentazione delle forze dell'ordine come apparati intrinsecamente "reazionari" ....costituisce uno dei possibili canali di comunicazione fra massimalismo, estremismo e terreno di cultura del terrorismo.
Per converso nel campo delle forze terroristiche, o decisamente fiancheggiatrici del terrorismo rosso, la varietà delle tattiche messe in campo è più ampia di quanto non si possa sospettare. Il gruppo di "Iniziativa Comunista", ad esempio, se sono vere le ipotesi della magistratura, combina in modo interessante, per dirla con Lenin...il "lavoro illegale" della lotta armata, con quello "legale" della presentazione di liste locali alle elezioni degli "organi rappresentativi borghesi".
La comunanza della maggior parte del patrimonio ideologico e della maggior parte delle analisi sui rapporti economico-sociali esistenti e sulla loro evoluzione, non implica automaticamente una complicità politica fra estremismo radicale di sinistra e terrorismo rosso.
E' però da rilevare quello che in tempi e modi diversi hanno detto tanto l'ulivista Massimo Cacciari, quanto l'ex fiancheggiatore del terrorismo e teorico della viiolenza proletaria Oreste Scalzone: se si è davvero convinti che in Italia sta risorgedo il regime fascista ad opera di un governo di squadristi e di farabutti, bisogna essere conseguenti, impugnare le armi e....salire in montagna. Chi sostiene seriamente una simile premessa o "analisi" catastrofica, e ce ne sono non pochi, anche fra i cosiddetti intellettuali, è stato definito cretino da Cacciari in un'intervista tv del febbraio 2002.
Da parte sua Oreste Scalzone ha detto, dopo l'omicidio Biagi, che per trarre le conseguenze ineludibili di certe rappresentazioni della politica italiana....bisogna "avere le palle" e non solo la lingua.
Insomma, per essere dei catttivi maestri, a certi propagatori di odio.. non manca tanto il furore ideologico quanto la consequenzialità del proprio pensiero e fra il proprio dire e il proprio fare.
La tesi della fascistizzazione strisciante dello Stato democratico era infatti ben conosciuta nella vecchia ultrasinistra violenta di trenta anni fa.

continua....

Pieffebi
01-04-02, 20:20
La penetrazione del comunismo combattente nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, negli atenei, era riuscita benino alle formazioni terroristiche di trenta anni fa. Intendiamoci, non sono mai riuscite a raccogliere consensi apprezzabili, ma una minoranza, non inconsistente, di "militanti" operai e studenti... hanno a diversi livelli espresso consenso, o addirittura collaborazione, se non direttamente con i gruppi armati, almeno con le loro "strutture di massa" fiancheggiatrici.
La lotta armata inoltre non era e non è l'unica forma di "violenza di classe" teorizzata dalle formazioni del comunismo combattente.
L'intimidazione e la violenza verso i "capetti", i "capi reparto", i "quadri", in quanto "strumento della disciplina capitalistica" nei luoghi di lavoro fu largamente praticata. Pestaggi, minacce, piccoli attentati contro la proprietà di questi "servi del capitale" erano all'ordine del giorno in molti grandi complessi industriali nella prima metà degli anni settanta. E anche il sabotaggio della produzione, il neo-luddismo, fu teorizzato, predicato e praticato dalla "sinistra di classe" più vicina alle formazioni del comunismo combattente.
"Autonomia Operaia Organizzata" teorizzava appunto questo tipo di "lotta di classe", che implicava necessariamente l'utilizzo della violenza, vista "l'intrinseca crescente violenza presente nei rapporti di produzione capitalistici". Non mancavano anche soluzioni più "pacifiche". Qualcuno teorizzò che se tutti i lavoratori del mondo industrializzato capitalistico, per un mese di fila anzichè andare a lavorare fossero andati....a spiaggia, l'imperialismo capitalistico sarebbe....caduto sa solo!
Infatti l'assenteismo cronico fu teorizzato da "intellettuali" neo-marxisti dell'area dell'autonomia operaia, quale idoneo strumento della lotta contro il capitale, accanto alle forme di violenza sopra descritte.
Violenza e illegalità (ricordiamoci che "la legalità è borghese") erano dunque mezzi leciti per condurre la guerra ai padroni e allao Stato Imperialistico delle Multinazionali. L'assassinio politico e gli attentati terroristici, inclusi gli espropri di autofinanziamento, facevano parte del più alto livello dello "scontro di classe".
Oggi in gran parte la situazione del mondo di lavoro è cambiata, profondamente cambiate sono le fabbriche, tuttavia non è da escludersi affatto che simili fenomeni, seppur "aggiornati" ai nostri tempi possano tentare di riprodursi.
Sicuramente il fronte "di lotta" oggi si sposta di più sul fronte "internazionale" della "guerra di classe alla globalizzazione neo-liberale" e alla "ristrutturazione produttiva del capitalismo imperialistico" con la "erosione dei diritti e dei livelli di vita conquistati dalla classe operaia delle metropoli imperialistiche".

continua...

05-04-02, 08:29
ti scrivi e ti rispondi da solo.che gioco è, ex trozkysta ora liberal-conservatore?

potremmo mettere la pena di morte per i comunisti.cosa ne pensi?

Fecia di Cossato
05-04-02, 12:43
originally posted by...Cicciolino:

...potremmo mettere la pena di morte per i comunisti...cosa ne pensi?...

Caro il mio Cicciolino
devi sapere che il nostro moderatore, sua signoria Pierfrancesco, è un poco in difficoltà quando deve fornire una risposta che non si trova nell'enciclopedia di marxismo-leninismo che consultava da giovane, e quindi mi proverò a rispondere io al tuo interessante quesito.

Se devo essere sincero non penso sia nè utile nè indispensabile introdurre la pena di morte da noi, sia pure applicata ai soli comunisti. Del resto il signore qui sotto rappresentato ha saputo risolvere assai bene il problema dei comunisti nel suo Paese senza dover introdurre la pena di morte, della quale i Cileni, animati da forti e radicati sentimenti cattolici, molto probabilmente non avrebbero compreso la necessità.

http://utenti.lycos.it/luposabatini/pino3

cordiali saluti!...

--------------

http://utenti.lycos.it/Submarine/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

05-04-02, 14:08
Originally posted by Fecia di Cossato
originally posted by...Cicciolino:

...potremmo mettere la pena di morte per i comunisti...cosa ne pensi?...

Caro il mio Cicciolino
devi sapere che il nostro moderatore, sua signoria Pierfrancesco, è un poco in difficoltà quando deve fornire una risposta che non si trova nell'enciclopedia di marxismo-leninismo che consultava da giovane, e quindi mi proverò a rispondere io al tuo interessante quesito.

Se devo essere sincero non penso sia nè utile nè indispensabile introdurre la pena di morte da noi, sia pure applicata ai soli comunisti. Del resto il signore qui sotto rappresentato ha saputo risolvere assai bene il problema dei comunisti nel suo Paese senza dover introdurre la pena di morte, della quale i Cileni, animati da forti e radicati sentimenti cattolici, molto probabilmente non avrebbero compreso la necessità.

http://utenti.lycos.it/luposabatini/pino3

cordiali saluti!...

--------------

http://utenti.lycos.it/Submarine/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato
complimenti vivissimi.
non trovavi la fotografia di Hitler e hai messo quella di Pinochet, o è semplicemente un tuo mito?

Pieffebi
06-04-02, 17:59
Originally posted by Pieffebi
La penetrazione del comunismo combattente nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, negli atenei, era riuscita benino alle formazioni terroristiche di trenta anni fa. Intendiamoci, non sono mai riuscite a raccogliere consensi apprezzabili, ma una minoranza, non inconsistente, di "militanti" operai e studenti... hanno a diversi livelli espresso consenso, o addirittura collaborazione, se non direttamente con i gruppi armati, almeno con le loro "strutture di massa" fiancheggiatrici.
La lotta armata inoltre non era e non è l'unica forma di "violenza di classe" teorizzata dalle formazioni del comunismo combattente.
L'intimidazione e la violenza verso i "capetti", i "capi reparto", i "quadri", in quanto "strumento della disciplina capitalistica" nei luoghi di lavoro fu largamente praticata. Pestaggi, minacce, piccoli attentati contro la proprietà di questi "servi del capitale" erano all'ordine del giorno in molti grandi complessi industriali nella prima metà degli anni settanta. E anche il sabotaggio della produzione, il neo-luddismo, fu teorizzato, predicato e praticato dalla "sinistra di classe" più vicina alle formazioni del comunismo combattente.
"Autonomia Operaia Organizzata" teorizzava appunto questo tipo di "lotta di classe", che implicava necessariamente l'utilizzo della violenza, vista "l'intrinseca crescente violenza presente nei rapporti di produzione capitalistici". Non mancavano anche soluzioni più "pacifiche". Qualcuno teorizzò che se tutti i lavoratori del mondo industrializzato capitalistico, per un mese di fila anzichè andare a lavorare fossero andati....a spiaggia, l'imperialismo capitalistico sarebbe....caduto sa solo!
Infatti l'assenteismo cronico fu teorizzato da "intellettuali" neo-marxisti dell'area dell'autonomia operaia, quale idoneo strumento della lotta contro il capitale, accanto alle forme di violenza sopra descritte.
Violenza e illegalità (ricordiamoci che "la legalità è borghese") erano dunque mezzi leciti per condurre la guerra ai padroni e allao Stato Imperialistico delle Multinazionali. L'assassinio politico e gli attentati terroristici, inclusi gli espropri di autofinanziamento, facevano parte del più alto livello dello "scontro di classe".
Oggi in gran parte la situazione del mondo di lavoro è cambiata, profondamente cambiate sono le fabbriche, tuttavia non è da escludersi affatto che simili fenomeni, seppur "aggiornati" ai nostri tempi possano tentare di riprodursi.
Sicuramente il fronte "di lotta" oggi si sposta di più sul fronte "internazionale" della "guerra di classe alla globalizzazione neo-liberale" e alla "ristrutturazione produttiva del capitalismo imperialistico" con la "erosione dei diritti e dei livelli di vita conquistati dalla classe operaia delle metropoli imperialistiche".

continua...

archiviati i simpatici intermezzi ....

....continuazione....

Già l'idea di "Stato Imperialista delle Multinazionali", il famoso S.I.M teorizzato dal comunismo combattente di trenta anni fa, implica un'interpretazione del capitalismo moderno che, partendo dai presupposti teorici di Lenin e del "marxismo della terza internazionale", approda all'idea della subordinazione completa dello Stato agli interessi imperialistici globali ( con la formazione di una sorta di imperialismo unitario, che travalica gli stati-nazione subordinandoli ed erodendone progressivamrnte le funzioni diverse da quelle strettamente connesse alla perpetuazione del dominio di classe borghese).
Il processo di internazionalizzazione del capitale, conosciuto già dal "Manifesto del Partito Comunista" di Marx ed Engels, e studiato da Lenin per l'era dell'imperialismo moderno, è al centro dell'attenzione dei critici "rivoluzionari" della società borghese. Lo è oggi più di quanto non lo fosse trenta anni fa.
Sotto il nome di "globalizzazione neo-liberale", soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino e il dissolvimento del "campo socialista", la mondializzazione capitalistica ha raggiunto ritmi e livelli impressionanti, trasformando rapidamente molti aspetti della vita quotidiana di milioni, anzi miliardi di individui, sotto la spinta di un rivoluzionamento costante dei mezzi di produzione, di una modernizzazione impressionante.
Un processo di questa portata non può non produrre nuove questioni e nuovi problemi alla politica, mettendo in discussione equilibri sociali ed internazionali, ed erodendo poteri e funzioni alle vecchie istituzioni, ai vecchi apparati, alle vecchie "sovrastrutture" .
La "legge" dell'ineguale sviluppo capitalistico, di leniniana memoria, riproduce senz'altro continuamente diseguaglianze fortissime fra paesi e aree del mondo, ma in una corrente di generale progresso di tutti gli indicatori economici e sociali, garantendo, certo in modo tragicamente insufficiente per tantissimi, troppi esseri umani incolpevoli, quanto nessun altro sistema economico sociale è mai stato in grado di garantire ad un numero così elevato di donne e di uomini.
La tragedia della globalizzazione "liberista" sta in realtà nella sua insufficienza..
Eppure le mitologie anticapitalistiche, facendosi forza dell'evidenza di tanti drammi concreti, e di tante innegabili tragedie, sovvertono le ragioni profonde delle medesime, fondandosi sull'apperenza fallace di analisi ideologiche piene spesso di sterile moralismo.
Incuranti del fallimento inesorabile di tutte le costruzioni economico-sociali socialistiche, collettivistiche, comuniste o comunque avverse al libero mercato e alla sua "anarchia", attribuscono ogni male al mostro capitalistico.
Anche il comunismo combattente, ovviamente, demonizza il capitalismo moderno ( definito senz'altro imperialismo), secondo gli schemi classici del marxismo-leninismo.
Quando sul finire degli anni 60 le ideologie dell'estremismo rivoluzionario si diffusero fra studenti, operai, intellettuali e intellettualodi, la situazione internazionale vedeva "i popoli oppressi" ingaggiare epiche guerre di liberazione contro "l'imperialismo", ad iniziare dal "mitico" Vietnam (e dalla regione indocinese in genere). La guerriglia e le guerre "di liberazione" dei "popoli oppressi", rappresentavano esempi concreti di lotta armata.
I miti di Guevara, di Ho cimin, di Mao ne erano l'incarnazione concreta.
Per il comunismo combattente l'imperialismo, sfidato in periferia dalle guerre di liberazione, doveva essere colpito contestualmente dalla lotta armata proletaria nel cuore dell'occidente, delle metropoli capitalisiche. L'Italia rappresentava per molti versi "l'anello più debole della catena imperialistica", ed era anche una patria importante del marxismo in occidente e di una tradizione del movimento operaio ricca di spirito internazionalista e di esperienze di lotta "esaltanti", come la resistenza ( di cui si esaltavano i contenuti "di classe").
La "sudditanza" dell'imperialismo italiano a quello nordamericano, contro la quale la sinistra ufficiale del PCI e del PSI nenniano e frontista avava ingaggiato battaglie politiche furibonde, poneva la guerra di classe dei comunisti combattenti in una certa sintonia con quella dei movimenti dei paesi del terzo mondo.
In qualche modo l'Italia, di cui non si poteva negare la maturità imperialistica secondo gli schemi leninisti, era assimilabile, per certe volgarizzazioni del marxismo-leninismo, ad un paese semi-coloniale.
Dunque la lotta armata per il comunismo risultò apparire anche, sotto certi aspetti, direttamente come una lotta contro gli Stati Uniti, l'Alleanza Atlantica e per l'indipendenza nazionale.
La guerra contro l'imperialismo, portata nel cuore delle metropoli, come lotta armata contro lo Stato Imperialistico delle Multinazionali, poteva essere, per le frange movimentiste del comunismo combattente, complementare alla parola d'ordine guevarista:
" creare tre, quattro, cento Vietnam".
L'imperialismo, assediato dalle lotte di liberazione nazionale egemonizzate dai partiti marxisti-leninisti, poteva essere colpito al cuore, dall'interno, dalla guerra di classe condotta dalle formazioni comuniste armate.
In questo contesto la lotta armata è tutt'altro che una risposta folle allo "stragismo fascista" ed alla cosiddetta "strategia della tensione", non solo perchè viene teorizzata prima che questi ultimi fenomeni si manifestino, ma perchè ai medesimi è sensibile solo sul piano dell'utilizzo propagandistico.
Per certi versi il mai chiarito, supposto e cosiddetto stragismo "di Stato" e il terrorismo nero hanno persino,oggettivamente, svariati interessi convergenti con il comunismo combattente, e viceversa. Per i terroristi d'ultrasinistra il fenomeno dell'opposta violenza criminale rappresenta, al più, un'ennesima corroborazione della giustezza delle proprie analisi e delle proprie scelte.
Ovviamente il clima esasperato legato alle vicende dello stragismo può avere favorito le scelte individuali, di alcuni estremisti, per la lotta armata terroristica, ma sicuramente non ha minimamente favorito la genesi dell'ideologia delirante e criminale del terrorismo ultra-comunista, cha ha ben più complesse ed antiche radici.
Oggi la situazione generale è profondamente cambiata, sia sul piano internazionale che sul piano interno. La dissoluzione del "campo socialista" e la conseguente fine della "guerra fredda" e del mondo bipolare, si accompagnano alla linea sempre più filo-capitalistica della dittatura comunista cinese e anche, in gran parte.... Di quella vietnamita.
La sfida più violenta all'occidente e alla sua civiltà non è più portata da formazioni dell'estrema sinistra rivoluzionaria, ma come hanno dimostrato i fatti dell'undici settembre, da un'organizzazione terroristica di tipo islamista, finanziata e diretta da uno sceicco miliardario saudita di origini yemenite, e protetta da regimi arabi difficilmente qualificabili come comunisti.
La valutazione tutto sommato positiva dei crimini dell'11 settembre 2001, da parte dei brigatisti rossi, testimonia il tentativo del comunismo combattente di pensare a nuove strategie della "guerra anti-imperialista", fondata sulla comunanza di obiettivi, piuttosto che di ideologia.
Al contempo, le contestazioni di piazza dei critici della globalizzazione capitastica esprimono frange estremiste che, per
quanto senz'altro numericamente minoritarie, si rendono responsabili di violenze teppistiche devastanti, di parole d'ordine radicali, di analisi della società capitalistica che, oer quanto confuse, assomigliano in più punti molto da vicino alle concezioni teorizzate dal comunismo combattente.
Il neo-terzomondismo dozzinale sostenuto da tante parti, che sarebbe definito senz'altro come "reazionario" e "piccolo borghese" da un Lenin o da un Bordiga, per non dire di un Gramsci (ma anche "Potere Operaio" nel 1970, nelle sue tesi, attaccò "il terzomondismo" contrapponendogli l'ortodossia della propria linea classista e internazionalista), è contenuto tanto nel "marxismo-leninismo" dei nuovi terroristi rossi, che nella ben più variegata e confusa "ideologia" del nuovo estremismo movimentista. .
Questo non significa che ciò faciliti più di tanto, ai comunisti combattenti, il possibile obiettivo di giungere a penetrare nelle frange violente e scalmanate del cosiddetto "movimento", anche se sono tutt'altro che improbabili instaurazioni di relazioni e flussi di idee e di uomini, quali quelli che vi furono fra Brigatismo e parti importanti dell'area dell'autonomia operaia organizzata, nella seconda metà degli anni settanta.


continua.....

Fecia di Cossato
08-04-02, 01:38
originally posted by Cicciolino:

...complimenti vivissimi...non trovavi la fotografia di Hitler e hai messo quella di Pinochet, o è semplicemente un tuo mito?...

caro il mio Cocciolino
delle due ipotesi, ti assicuro, è vera la seconda...

au revoir, mon ami...

--------------

http://utenti.lycos.it/Submarine/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

08-04-02, 08:20
Originally posted by Fecia di Cossato
originally posted by Cicciolino:

...complimenti vivissimi...non trovavi la fotografia di Hitler e hai messo quella di Pinochet, o è semplicemente un tuo mito?...

caro il mio Cocciolino
delle due ipotesi, ti assicuro, è vera la seconda...

au revoir, mon ami...

--------------

http://utenti.lycos.it/Submarine/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato
dev'essere davvero bello conoscerti...

Pieffebi
08-04-02, 20:01
Originally posted by Pieffebi


archiviati i simpatici intermezzi ....

....continuazione....

Già l'idea di "Stato Imperialista delle Multinazionali", il famoso S.I.M teorizzato dal comunismo combattente di trenta anni fa, implica un'interpretazione del capitalismo moderno che, partendo dai presupposti teorici di Lenin e del "marxismo della terza internazionale", approda all'idea della subordinazione completa dello Stato agli interessi imperialistici globali ( con la formazione di una sorta di imperialismo unitario, che travalica gli stati-nazione subordinandoli ed erodendone progressivamrnte le funzioni diverse da quelle strettamente connesse alla perpetuazione del dominio di classe borghese).
Il processo di internazionalizzazione del capitale, conosciuto già dal "Manifesto del Partito Comunista" di Marx ed Engels, e studiato da Lenin per l'era dell'imperialismo moderno, è al centro dell'attenzione dei critici "rivoluzionari" della società borghese. Lo è oggi più di quanto non lo fosse trenta anni fa.
Sotto il nome di "globalizzazione neo-liberale", soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino e il dissolvimento del "campo socialista", la mondializzazione capitalistica ha raggiunto ritmi e livelli impressionanti, trasformando rapidamente molti aspetti della vita quotidiana di milioni, anzi miliardi di individui, sotto la spinta di un rivoluzionamento costante dei mezzi di produzione, di una modernizzazione impressionante.
Un processo di questa portata non può non produrre nuove questioni e nuovi problemi alla politica, mettendo in discussione equilibri sociali ed internazionali, ed erodendo poteri e funzioni alle vecchie istituzioni, ai vecchi apparati, alle vecchie "sovrastrutture" .
La "legge" dell'ineguale sviluppo capitalistico, di leniniana memoria, riproduce senz'altro continuamente diseguaglianze fortissime fra paesi e aree del mondo, ma in una corrente di generale progresso di tutti gli indicatori economici e sociali, garantendo, certo in modo tragicamente insufficiente per tantissimi, troppi esseri umani incolpevoli, quanto nessun altro sistema economico sociale è mai stato in grado di garantire ad un numero così elevato di donne e di uomini.
La tragedia della globalizzazione "liberista" sta in realtà nella sua insufficienza..
Eppure le mitologie anticapitalistiche, facendosi forza dell'evidenza di tanti drammi concreti, e di tante innegabili tragedie, sovvertono le ragioni profonde delle medesime, fondandosi sull'apperenza fallace di analisi ideologiche piene spesso di sterile moralismo.
Incuranti del fallimento inesorabile di tutte le costruzioni economico-sociali socialistiche, collettivistiche, comuniste o comunque avverse al libero mercato e alla sua "anarchia", attribuscono ogni male al mostro capitalistico.
Anche il comunismo combattente, ovviamente, demonizza il capitalismo moderno ( definito senz'altro imperialismo), secondo gli schemi classici del marxismo-leninismo.
Quando sul finire degli anni 60 le ideologie dell'estremismo rivoluzionario si diffusero fra studenti, operai, intellettuali e intellettualodi, la situazione internazionale vedeva "i popoli oppressi" ingaggiare epiche guerre di liberazione contro "l'imperialismo", ad iniziare dal "mitico" Vietnam (e dalla regione indocinese in genere). La guerriglia e le guerre "di liberazione" dei "popoli oppressi", rappresentavano esempi concreti di lotta armata.
I miti di Guevara, di Ho cimin, di Mao ne erano l'incarnazione concreta.
Per il comunismo combattente l'imperialismo, sfidato in periferia dalle guerre di liberazione, doveva essere colpito contestualmente dalla lotta armata proletaria nel cuore dell'occidente, delle metropoli capitalisiche. L'Italia rappresentava per molti versi "l'anello più debole della catena imperialistica", ed era anche una patria importante del marxismo in occidente e di una tradizione del movimento operaio ricca di spirito internazionalista e di esperienze di lotta "esaltanti", come la resistenza ( di cui si esaltavano i contenuti "di classe").
La "sudditanza" dell'imperialismo italiano a quello nordamericano, contro la quale la sinistra ufficiale del PCI e del PSI nenniano e frontista avava ingaggiato battaglie politiche furibonde, poneva la guerra di classe dei comunisti combattenti in una certa sintonia con quella dei movimenti dei paesi del terzo mondo.
In qualche modo l'Italia, di cui non si poteva negare la maturità imperialistica secondo gli schemi leninisti, era assimilabile, per certe volgarizzazioni del marxismo-leninismo, ad un paese semi-coloniale.
Dunque la lotta armata per il comunismo risultò apparire anche, sotto certi aspetti, direttamente come una lotta contro gli Stati Uniti, l'Alleanza Atlantica e per l'indipendenza nazionale.
La guerra contro l'imperialismo, portata nel cuore delle metropoli, come lotta armata contro lo Stato Imperialistico delle Multinazionali, poteva essere, per le frange movimentiste del comunismo combattente, complementare alla parola d'ordine guevarista:
" creare tre, quattro, cento Vietnam".
L'imperialismo, assediato dalle lotte di liberazione nazionale egemonizzate dai partiti marxisti-leninisti, poteva essere colpito al cuore, dall'interno, dalla guerra di classe condotta dalle formazioni comuniste armate.
In questo contesto la lotta armata è tutt'altro che una risposta folle allo "stragismo fascista" ed alla cosiddetta "strategia della tensione", non solo perchè viene teorizzata prima che questi ultimi fenomeni si manifestino, ma perchè ai medesimi è sensibile solo sul piano dell'utilizzo propagandistico.
Per certi versi il mai chiarito, supposto e cosiddetto stragismo "di Stato" e il terrorismo nero hanno persino,oggettivamente, svariati interessi convergenti con il comunismo combattente, e viceversa. Per i terroristi d'ultrasinistra il fenomeno dell'opposta violenza criminale rappresenta, al più, un'ennesima corroborazione della giustezza delle proprie analisi e delle proprie scelte.
Ovviamente il clima esasperato legato alle vicende dello stragismo può avere favorito le scelte individuali, di alcuni estremisti, per la lotta armata terroristica, ma sicuramente non ha minimamente favorito la genesi dell'ideologia delirante e criminale del terrorismo ultra-comunista, cha ha ben più complesse ed antiche radici.
Oggi la situazione generale è profondamente cambiata, sia sul piano internazionale che sul piano interno. La dissoluzione del "campo socialista" e la conseguente fine della "guerra fredda" e del mondo bipolare, si accompagnano alla linea sempre più filo-capitalistica della dittatura comunista cinese e anche, in gran parte.... Di quella vietnamita.
La sfida più violenta all'occidente e alla sua civiltà non è più portata da formazioni dell'estrema sinistra rivoluzionaria, ma come hanno dimostrato i fatti dell'undici settembre, da un'organizzazione terroristica di tipo islamista, finanziata e diretta da uno sceicco miliardario saudita di origini yemenite, e protetta da regimi arabi difficilmente qualificabili come comunisti.
La valutazione tutto sommato positiva dei crimini dell'11 settembre 2001, da parte dei brigatisti rossi, testimonia il tentativo del comunismo combattente di pensare a nuove strategie della "guerra anti-imperialista", fondata sulla comunanza di obiettivi, piuttosto che di ideologia.
Al contempo, le contestazioni di piazza dei critici della globalizzazione capitastica esprimono frange estremiste che, per
quanto senz'altro numericamente minoritarie, si rendono responsabili di violenze teppistiche devastanti, di parole d'ordine radicali, di analisi della società capitalistica che, oer quanto confuse, assomigliano in più punti molto da vicino alle concezioni teorizzate dal comunismo combattente.
Il neo-terzomondismo dozzinale sostenuto da tante parti, che sarebbe definito senz'altro come "reazionario" e "piccolo borghese" da un Lenin o da un Bordiga, per non dire di un Gramsci (ma anche "Potere Operaio" nel 1970, nelle sue tesi, attaccò "il terzomondismo" contrapponendogli l'ortodossia della propria linea classista e internazionalista), è contenuto tanto nel "marxismo-leninismo" dei nuovi terroristi rossi, che nella ben più variegata e confusa "ideologia" del nuovo estremismo movimentista. .
Questo non significa che ciò faciliti più di tanto, ai comunisti combattenti, il possibile obiettivo di giungere a penetrare nelle frange violente e scalmanate del cosiddetto "movimento", anche se sono tutt'altro che improbabili instaurazioni di relazioni e flussi di idee e di uomini, quali quelli che vi furono fra Brigatismo e parti importanti dell'area dell'autonomia operaia organizzata, nella seconda metà degli anni settanta.


continua.....


....continuazione ...

D'altra parte il comunismo combattente di oggi sembra essere solidamente collegato con i militanti brigatisti in carcere, appartenenti al gruppo degli "irriducibili", che non solo han rifiutato ogni "infame commercio" con lo "Stato borghese" ("pentitismo") e ogni altra forma di "tradimento" (dissociazione), ma han continuato a sostenere la legittimità politica e morale della propria storia "rivoluzionaria", attuando la "ritirata strategica" nella fase del riflusso della guerra "di classe", in attesa di poter supportare i nuovi assalti.
La lotta armata "per il comunismo" nella nuova fase "rivoluzionaria" trova dunque una certa continuità, non solo astratta, ideale ed ideologica con la precedente generazione di terroristi.
Il "lavoro" per la costruzione del "partito comunista combattente" si avvale plausibilmente, in modo diretto, della collaborazione dei vecchi militanti, sia di quelli "prigionieri" del "nemico", che di probabili latitanti e di ritornati in libertà. E' tuttavia sicuramente cresciuta una nuova generazione di criminali terroristi e di loro fiancheggiatori, con delle proprie peculiarità. E' comunque difficile induviduare con chiarezza il percorso attraverso il quale i nuovi "Combattenti" sono giunti alla scelta ideologica dell'ultracomunismo assassino e conseguentemente della "lotta armata". Sicuramente è possibile immaginare diverse storie ed esperienze individuali, tuttavia è difficile escludere logicamente una comune base di partenza, per la maggior parte dei casi, dalle frange più estreme e violente dei "movimenti" extraparlamentari, con particolare riferimento, ancora una volta, all'area "dell'autonomia" e settori contigui.
Sebbene il numero dei terroristi sembri molto inferiore a quello degli anni settanta, e appaia molto più esigua la sua "base" di sostegno (non certamente più di massa), è da ricordare che lo spirito settario e "complottista" dei "comunisti armati" rende secondario,seppur tutt'altro che irrilevante, il problema dei numeri. Senza contare che per assassinare vilmente dei professori consulenti del governo, degli ufficiali di polizia, dei magistrati, degli imprenditori, dei politici o dei giornalisti, bastano poche unità di fanatici pronti a tutto con un supporto logistico tutto sommato "economico".
Il fenomeno va preso pertanto con la dovuta serietà da parte dello Stato, inteso in TUTTE le sue parti, i suoi organi, i suoi poteri, i suoi ordinamenti, le sue istituzioni.

....continua.....

Pieffebi
09-04-02, 22:24
...continuazione...


Sicuramente è di primaria importanza che sul fronte della lotta al terrorismo l'unità delle forze politiche e sociali sia saldissima e senza esitazioni. Come è altrettanto fondamentale che si evitino il più possibile gratutie strumentalizzazioni di parte.
Il terrorismo infatti, in particolare quello rosso, non distingue affatto fra "maggioranza" ed "opposizione", fra "centrodestra" e "centrosinistra". Per il comunismo combattente si tratta, infatti, come già diffusamente spiegato, di frazioni e fazioni dell'unico nemico di classe: la borghesia imperialistica.
Lo "Stato Imperialistico delle Multinazionali" è tale, per i brigatisti, sia con D'Alema, sia con Berlusconi, sia con l'Ulivo che con la Casa delle Libertà. Non è dunque questione di maggioranza o di governo.
E' del tutto evidente che D'Antona e Marco Biagi, liquidati barbaramente addirittura con la stessa arma, sono stati considerati obiettivi della "guerra di classe comunista" indipendentemente dal fatto che, al momento dei rispettivi barbari omicidi,il primo collaborasse con un governo di Sinistra-centro e il secondo con uno di Centrodestra.
Il fatto che Marco Biagi fosse promotore anche di talune idee osteggiate aspramente dall'Opposizione e dai sindacati non ha nulla a che vedere con i motivi concreti dell'assassinio.
Il comunismo combattente non persegue infatti l'obiettivo di mettere in difficoltà il governo Berlusconi , ne' quello di fermare semplicemente la mini-riforma dello Statuto dei Lavoratori nel suo art. 18. Non propone "alternative di sinistra" alle riforme proposte dal Centrodestra, con magari "più garanzie sociali" e maggiore "attenzione ai diritti dei lavoratori". Niente di tutto questo.
Il terrorismo rosso opera un'azione "rivoluzionaria" per distruggere lo Stato "borghese" e il capitalismo, per annientare la "democrazia borghese" (che è una democrazia "fascistizzata", meramente formale, falsa e bugiarda) per raggiungere infine, tramite la costituzione del proletariato in classe dominante, la società senza classi e senza Stato: il comunismo.
Il comunismo combattente rifiuta in blocco "ora, subito, integralmente" l'economia di mercato e le sue esigenze di modernizzazione e di competitività. Anzi reputa che le necessità di modernizzazione e competitività non possano essere realizzate, in regime capitalistico, che aumentando lo "sfruttamento" dei lavoratori, offendendone non solo i diritti sociali ma anche le energie psico-fisiche e morali. Solo il comunismo, come società pianificata ad economia collettivista, può, per i marxisti-leninisti "integrali", produrre ricchezza, distribuendola equamente, senza sfruttare nessuno.
Non che questo ultimo ( il Comunismo, l'Utopia, il Paradiso Terrestre, il paese di Bengodi) non sia l'obiettivo di altre forze "proletarie" presenti anche in Parlamento, ma la differenza riguardo ai metodi di lotta, alla concezione moderna dello Stato, alla possibilità di intendere la democrazia come "terreno di scontro" fra le classi e non come mero strumento di dominio del capitale (oltre che ragioni di ordine etico, e anche... strategico) rendono abissali le differenze. Per i comunisti combattenti i comunisti ufficiali sono semplicemente dei traditori, dei riformisti, degli strumenti del nemico di classe.
Nell'ideologia del comunismo combattente le sinistre riformiste, democratiche o comunque non disponibili a combattere in armi per il comunismo, indipendentemente dall'etichetta, sono infatti innegabilmente ed irrimediabilmente espressione della classe dominante e dei suoi interessi complessivi.
Non per questo sono impossibili penetrazioni di uomini legati al terrorismo in organizzazioni "di massa" del movimento proletario "ufficiale", sia al fine di operare azioni di "spionaggio" che di cercare di condizionarle( o meglio di attuare un lavoro di cauto proselitismo nei confronti degli elementi più estremisti e fanatici). Non sono da escludersi fenomeni del genere. Tuttavia si tratta in tal caso... di "lavoro rivoluzionario" in organismi "reazionari" socialmente proletari (secondo le indicazioni del "tatticismo" leninista).
La distanza fra terrorismo e mero estremismo (e il massimalismo) è comunque da tenere sempre presente, sebbene l'estremismo possa essere, come detto altre volte, l'acqua in cui il pesce del terrorismo può nuotare.
D'altro canto persino verso le organizzazioni politiche che si professano comuniste -rivoluzionarie i terroristi rossi esprimino critiche durissime, anzi...feroci.
La logica settaria del "chi non è con noi è contro di noi" diffusa largamente nelle sinistre marxiste radicali, raggiunge ovviamente l'apice proprio con le formazioni terroristiche, costrette ad operare in clandestinità, con tutto quel che ne consegue sotto il profilo politico e organizzativo.

continua...

10-04-02, 08:23
Originally posted by Fecia di Cossato


au revoir, mon ami...

--------------
Comandante CC Carlo Fecia di Cossato
ti piacerebbe che io fossi tuo amico...eh?!...

Fecia di Cossato
10-04-02, 09:41
originally posted by Cicciolino:

...ti piacerebbe che io fossi tuo amico...eh?!...

...ma certo mio bel Cicciolino!...

--------------

http://utenti.lycos.it/Submarine/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

P.S. Certo non so tanto se sua signoria Pierfrancesco [più noto come Pieffebi, moderatore del presente spazio] ha piacere nel vedere la sua 'enciclopedia della Tass', tanto coscienziosamente tradotta, con dedizione somministrataci a puntate ed infine messa anche 'in rilievo', interrotta unicamente da chiacchere 'salottiere' tra di noi, caro il mio Cicciolino...

10-04-02, 10:09
Originally posted by Fecia di Cossato

originally posted by Cicciolino:

...ti piacerebbe che io fossi tuo amico...eh?!...

...ma certo mio bel Cicciolino!...

a parte il fatto che se fossi andato a scuola avresti imparato a leggere il Mio Nick, ovvero Ciciolìn, i giochi omosessuali li lascio a te e al tuo compagnio di merende PFB.
--------------

http://utenti.lycos.it/Submarine/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato


P.S. Certo non so tanto se sua signoria Pierfrancesco [più noto come Pieffebi, moderatore del presente spazio] ha piacere nel vedere la sua 'enciclopedia della Tass', tanto coscienziosamente tradotta, con dedizione somministrataci a puntate ed infine messa anche 'in rilievo', interrotta unicamente da chiacchere 'salottiere' tra di noi, caro il mio Cicciolino...
se a sua signoria PierFrancesco alias PFB non ha piacere a leggere i miei salottieri interventi poco mi importa.
e comunque deduco che disturbano più il Comandante CC feccia di Cossato che chiunque altro.
io mi diverto.

mustang
10-04-02, 18:27
Originally posted by ciciolìn
ti scrivi e ti rispondi da solo.che gioco è, ex trozkysta ora liberal-conservatore?

potremmo mettere la pena di morte per i comunisti.cosa ne pensi?
-------------------------------------------
Perchè disturbarsi per fare una legge inutile? Non ne vale la pena.
L'idea "comunista" è già morta "suicidata".
I comunisti, e sono ancora tanti ma ora si vergognano di dirlo, sono alla disperazione e allo sbando.
Patetici.

Pieffebi
15-04-02, 20:19
....continuazione....

La rappresentazione mitologica della storia d'Italia promossa dall'egemone cultura "progressista", sia essa d'impianto marxista, azionista o altro, in continuità di quella che è stata chiamata la "vulgata antifascista", ha prodotto efficaci, sul piano della suggestività, quanto precari, sul piano dellla sostenibilità scientifica, paradigmi interpretativi e modelli esplicativi.
La più nota e diffusa di queste .....trovate ....si presenta sulla scena supportata da una pseudo corrobazione documentale, che ha, nelle ricostruzioni operate da alcune requisitorie di pubblici ministeri, e in talune sentenze, legate a presunte oscure trame, con risvolti talora cruenti, i propri supporti apparentemente più solidi.
Tale "ipotesi" è conosciuta volgarmente come "teoria del doppio Stato". Senza volermi addentrare nelle critiche demolitive che la migliore storiografia scientifiica ha saputo produrre, anche di recente, ad iniziare dal piano metodologico, ricorderò soltanto che il succo dell'ipotesi sostenuta con tanta sicurezza da tanti "esperti" della materia, di parte progressista, è conosciuto: in Italia accanto alle istituzioni ufficiali, democratiche e costituzionali, avrebbe agito uno Stato occulto e parallelo, ovviamente "criminale",e comunque illegale ed eversivo.
I famosi "servizi deviati", alcune logge massoniche, la struttura segreta denominata Gladio, la Cia, settori conniventi di alto livello delle istituzioni, delle forze dell'ordine, delle forze armate, gruppi eversivi di estrema destra e via discorrendo, avrebbero fortemente e gravemente condizionato, agendo in
accordo fra loro, e secondo piani determinati,la storia patria usando anche il terrorismo, lo stragismo, fomentando la cosiddetta "strategia della tensione", progettando Colpi di Stato, il tutto sempre in funzione essenzialmente anticomunista nel contesto internazionale della "guerra fredda".
In tale situazione il terrorismo rosso è spiegabile diversamente:
A) come risposta endogena, eccessiva e impazzita alla violenza stragista "di Stato" e "fascista";
B) come variante della stessa violenza stragista di cui sopra;
C) come pedina usata dall'altro campo (servizi sovietici, cecoslovacchi e comunque dell'est europeo).
Sebbene sullo scenario abbiano sicuramente agito e interagito elementi riconducibili a ciascuno dei tre punti, è da dire che essendo destituita di fondamento la tesi di fondo, del "doppio Stato", nessuna di queste produce di per sè una spiegazione accettabile del terrorismo ultra-comunista .
In ogni caso sul piano storico-ideologico perdono di rilevanza le questioni dietrologiche che appassionano certa stampa e certa letteratura sulla materia.
Risulta invece importante studiare la relazione ideologica e l'eventuale continuità politica, sussistente tra una certa "tradizione" militare comunista, più o meno controllata dagli apparati sovietici, e la genesi di talune formazioni comuniste combattenti al di fuori e poi sempre più chiaramente contro il PCI, man mano che questo ultimo procedeva sul piano della revisione della propria struttura ideologica, e man mano che prendeva le distanze dall'Unione Sovietica.
Mi limiterò a ricordare (senza addentrarmi nella questione dell'esistenza o meno di una dissidenza secchiana, interna al PCI di Togliatti, legata ai servizi sovietici), della violenza comunista, spesso omicida, negli anni del secondo dopoguerra, espressa anche da fenomeni come la "Volante Rossa".
E nellle autobiografie di qualche brigatista "eccellente", se non ricordo male, la continuità con detta storia è ricordata se non rivendicata.
Ecco che allora appare corretta e seria quell'impostazione storiografica tesa, da un lato, a sottolineare l'alterità e l'irriducibilità assoluta del comunismo combattente con la sinistra "storica" e democratica, compresi i comunisti "ufficiali" - e persino di grandissima parte della "nuova sinistra", e dall'altro a individuare non solo l'esistenza di antenati comuni fra i comunisti combattenti e i loro nemici "socialtraditori", ma anche una certà "continuità" storica, nei limiti sopraindicati, fra terroristi "di oggi" (degli ultimi trenta anni ) e gruppi armati di ieri (secondo dopoguerra).

....continua ....

Pieffebi
21-04-02, 17:16
In questi giorni mi sono letto o riletto alcuni documenti interessanti....
Ad esempio...la relazione "di minoranza" della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulla strage di Via Fani (1983) aveva già chiaramente delineato alcuni elementi difficilmente contestabili della storia e della natura dell'estremismo comunista-rivoluzionario e del terrorismo rosso:
"La genesi del terrorismo di sinistra è certamente interna all'antropologia del comunismo rivoluzionario, alle diatribe monastiche sull'interpretazione dei testi sacri, alle formule organizzative della tradizione terzinternazionalista, alle teorizzazioni sulla presa del potere, alla moralità rivoluzionaria di una società chiusa e aliena al complesso della società, alla riproposizione, ciecamente riemergente, del partito rivoluzionario che si deve rifondare ogni qualvolta c'è il 'tradimento' dei partiti della classe operaia (...) L'insurrezionalismo è figlio di questa cultura e non può stupire nessuno che Potere Operaio lo proclamasse fin dal convegno di Roma del 1971. Ma fra l'insurrezionalismo del 71 e la guerra civile dispiegata dalle ultime BR non è rintracciabile una continuità indistinta. Nelle 'basi rosse del contropotere operaio e proletario' non è già contenuta la maniacalità della clandestinità brigatista ".

Altro elemento interessante, anche se molto sintetico, è questa breve descrizione storica, decisamente accurata, sulla "Volante Rossa", tratta dalla ricostruzione di Giorgio Pisanò (di parte neo-fascista, ma di grande serietà storiografica nel riporare i fatti, salvo quando non si tratti dei numeri dei repubblichini):
"Acquartierata nei locali della ex Casa del Fascio di Lambrate in via Conte Rosso 12, trasformata ovviamente in Casa del Popolo dopo il 25 aprile, la Volante Rossa Martiri Partigiani era formata per lo più da giovani di estrazione proletaria decisi a chiudere i conti della rivoluzione comunista aperti con la guerra civile e tali rimasti dopo il 25 aprile, in attesa che il Partito ordinasse la "seconda ondata" nella quale ciascuno di costoro credeva ciecamente. Comandata dal "tenente Alvaro" (al secolo Giulio Paggio, di professione guardia giurata all'Innocenti di Lambrate) la Volante Rossa mascherò così per quattro anni (1945-1949), dietro il paravento di un innocuo circolo ricreativo-culturale che si sosteneva ufficialmente eseguendo trasporti conto terzi (di giorno), una serie spaventosa di violenze, che insanguinarono Milano e dintorni, spezzando le vite di giovani e vecchi, uomini e donne colpevoli solo di essere stati segnalati come fascisti irriducibili (ex militari, giornalisti, possidenti) sopravvissuti al massacro della primavera 1945. Vittime della Volante Rossa, o di delitti di folla consumati sotto la sua regia, furono tra gli altri l'ex generale della Milizia Ferruccio Gatti; il giornalista Franco De Agazio direttore del Meridiano d'Italia assassinato la sera del 14 marzo 1947 sulla porta di casa in via Strambio, e il possidente Giorgio Magenes, aggredito nella sua fattoria di Mediglia (Milano) e linciato dopo che si era difeso uccidendo un assalitore.
Anche se la verità ufficiale vuole la Volante Rossa come una scheggia impazzita della guerra civile (...), i suoi legami con la federazione milanese del PCI furono tali da permettere di scoprire, più avanti, che il Partito comunista non si era limitato a ispirarla ma se ne era addirittura servito per organizzare dei falsi attentati nell'ambito della sua strategia della tensione ante litteram (...) il Pci chiuse il capitolo consegnando nelle mani della giustizia "borghese" i pesci piccoli. Fra questi, Eligio Trincheri, killer maldestro e autore degli ultimi omicidi, che rimase in galera fino al 1971 allorché fu graziato dal presidente Giuseppe Saragat. Gli altri vennero graziati da Sandro Pertini nel 1978. Il Pci riservò un trattamento di favore solo ai tre elementi di punta dell'organizzazione: Giulio Paggio, Paolo Finardi e Natale Buratto che poterono fuggire in Cecoslovacchia, al riparo della Cortina di Ferro, sia pure inseguiti da condanne all'ergastolo. ".

E' da ricordare che tramite il "soccorso rosso" il PCI di Secchia e Togliatti fece fuggire oltre cortina, soprattutto in Cecoslovacchia, numerosi militanti implicati in crimini più o meno efferati, compiuto durante o dopo la fine della guerra civile. Fra questi il celebre ergastolano stragista Francesco Moranino detto Gemisto, poi graziato dal presidente Saragat, e tornato parlamentare del PCI nel 1969.

Quando il PCI con Berlinguer accelerarà alla massima potenza il processo di revisione ideologica e di distanziamento dal modello sovietico, diventerà, come più volte affermato, il nemico mortale del rivoluzionarismo e del terrorismo rossi e uno dei suoi bersagli più importanti.

....continua....

Pieffebi
28-04-02, 15:21
...continuazione ...

Se prendiamo per buono il rapporto Sifar del 28 febbraio 1950 sull'apparato militare clandestino comunista in Italia, sul quale è stato tolto il vincolo del segreto di Stato soltanto nel 1991, dopo la fine dell'Unione Sovietica, abbiamo in quegli anni il seguente scenario:
L'apparato militare comunista (Gladio Rossa o “Vigilanza rivoluzionaria”) avrebbe avuto, in tempo di pace la finalità:
“di sostenere con azioni di intimidazione e, se necessario, di forza, le agitazioni di carattare politico che tendano a turbare l'ordine pubblico, creando ostacoli all'attività governativa, mantenere l'economia nazionale in stato di turbamento, premesse necessarie per condurre l'opinione pubblica alla convinzione della necessità di cambiare indirizzo politico per mezzo di una serie di riforme sociali(...)”
mentre in tempo di guerra lo scopo sarebbe stato quello di:
“concorrere, con piccoli reparti armati e con nuclei di sabotatori, alla disorganizzazione delle retrovie dell'Esercito operante danneggiando opere d'arte, stabilimenti militari, disorganizzando collegamenti e reti di trasporto, seminando il panico fra la popolazione civile, deprimendo il morale di combattenti”.
Ne consegue che fenomeni come quelli di “Volante Rossa” si debbono ritenere largamente autonomi da questi obiettivi, tesi piuttosto ad operare come “milizia di partito” al servizio, probabilmente di determinate fazioni estreme interne al PCI e invise invece alle componenti più moderate.
Ne consegue ancora che lo scenario delineato dal Sifar, sicuramente non esaustivo e passibile di alcune critiche sulle basi della successiva ricerca scientifica in campo storiografico (il dibattito continua tutt'ora), propone comunque una “missione” all'apparato clandestino comunista ben differenziato da quello delle successive organizzazioni armate terroristiche. Differenziato negli scopi, nelle modalità organizzative, nella mancanza di autonomia decisionale rispetto al partito “legale”.
Tra le organizzazioni armate contemporanee, infatti, soltanto il gruppo di “Iniziativa Comunista” sembrerebbe orientato sulla linea leninista classica di “combinazione del lavoro legale con il lavoro illegale” nell'ambito di una strategia rivoluzionaria tesa all'abbattimento dello “Stato Borghese”.
Le maggiori organizzazioni del comunismo combattente, e soprattutto le Brigate Rosse, non svolgono la funzione di braccio armato clandestino di un partito rivoluzionario che agisce nella legalità, si presenta alle elezioni, assume funzioni dirigenti nel movimento sindacale e cooperativo, amministra città, paesi, province e regioni della Repubblica “borghese”.
L'organizzazione militare terrorista è il Partito Combattente e si esaurisce sostanzialmente in esso, malgrado non siano da escludersi (tutt'altro) apparati logistici di supporto e tentativi di organizzazione di “movimenti di massa” paralleli, sempre finalizzati tuttavia a funzionare quali strumenti dell'apparato militare (e non viceversa come nel vecchio PCI stalinista!!).
Questa diversità ci rimanda all'analisi che sopra ho cercato di produrre sull'ideologia del comunismo combattente in relazione al marxismo-leninismo e alla storia del movimento comunista internazionale, con le sue evoluzioni, involuzioni e devianze.

....continua...

agaragar
04-05-02, 16:07
Pieffe, ammetto subito che non ho letto interamente i tuoi posts,lo farò piano piano.......

A me pare che il "Communista" sia come il "Baubau" delle favolette per i bambini, stà buono altrimenti chiamo.....

il fatto è che nel socialismo e poi nel comunismo ci trovi tutto, e il contrario di tutto.
una storia piena di contraddizioni(troppe),ad es:

-pochi sanno che il summenzionato Pinochet era appoggiato dalla Repubblica popolare cinese (eh si) che dovrebbero essere/erano "communisti" pure loro...

-il mistero Fidel Castro: sta a un tiro di schioppo dagli USA, ma è sopravvissuto alla stessa URSS... :rolleyes:

-in italia i "communisti" hanno 1)provocato il trionfo della DC nel '48, 2)ridato spazio al neofascismo(vedi governo Tambroni)
3)mandato al governo Berlusconi completo di "ex" fascisti.

-il "communista" Tito fu appoggiato dagli inglesi e avversato da Stalin

-Stalin fece fuori la maggior parte dei dirigenti del partito "comunista" russo, per essere poi "impiccato" dopo morto dal regime "comunista" sovietico.

-varie guerre fra Cina eURSS (ussuri,vietnam)con "impeachement" del filocinese Nixon...
e non dimentichiamoci la frase "Roosevelt era comunista"

-ricordando il vagone piombato del '17 e storielle varie...
e che Lenin realmente non metteva ciò che veramente pensava nei suoi libelli,
Realmente nella storia del "comunismo" non si sa chi è la spia di chi.

Quello che voglio dire è che sarebbe meglio smettere di usare a sproposito il termine "comunista" come impossibile definizione storico/ideologica,
meglio sarebbe usare precise definizioni ORGANIZZATIVE
cioè caratterizzare i membri di qualsiasi entità politica esclusivamente tramite la STRUTTURA ORGANIZZATIVA a cui appartengono.

Allora i brigatisti sarebbero solo i membri di una precisa entità denominata "brigate rosse", controllate da non si sa chi.
Castro diventa il capo dello stato cubano.(punto)
Stalin il leader di una precisa frazione all'interno del partito bolscevico
Tito il leader dello stato Jiugoslavo dal 45 all'81
ecc....

Ad es. io quando parlo con qlc di destra mi sento definire comunista,
poi se parlo con un'appartenente al ds/pci, mi dice che sono fascista.

E allora ??

mustang
04-05-02, 17:50
Il comunismo, cioè quel "contenitore politico sociale filosofico" uscito dall'ispirazione marxista-leninista (l'idea che incontra l'azione) è servito a molti per prendere il potere.
I Russia funzionò benissimo, calando violentemente su un enorme Paese disorganizzato, mentalmente medioevale, corrotto fino all'osso. Funzionò tanto che Stalin, trionfatore "associato" alle democrazie mondiali anti nazifasciste, ispirò la "conquista del mondo" in nome del comunismo. Quello suo. Ma altri "sinistri" usarono localmente l'idea comunista per prendere violentemente il potere, vedi Mao, Castro, Tito, e altri. Ma questi erano profondamente "nazionalisti", il contrario esatto del comunismo di Stalin, che ispirava un mondo comunista tutto unito sotto la Madre Russia.
Da qui le "guerre" tra comunisti.
Puoi star certo che Castro, fra comunismo e Cuba, sceglie Cuba, quello che ha fatti Mao e gli altri dopo lui, e Tito.
Da noi, purtroppo, essere nazionalisti è "fuori moda".
Forse è colpa anche del Vaticano, un'altro "potere" che teme o addirittura "aborre" idea del nazionalismo.
Nonostante i cento preti che si sono comportati da veri italiani.
saluti

Pieffebi
04-05-02, 17:52
All'interno del movimento comunista internazionale, tra le varie ortodossie, scismi, eresie, deviazioni, rigenerazioni, rinnovazioni e rifondazioni, in effetti, il panorama è molto vario e ampio.
Così come nella storia delle altre religioni (quelle teistiche, giacchè il comunismo è in buona parte una religione secolarizzata), questo è successo massimamente per il comunismo moderno.
Pensa per un attimo alla storia del cristianesimo. Divergenze e diversificazioni si registrano già, se vogliamo, in epoca apostolica.
S.Paolo e S.Pietro, nel cosiddetto "Concilio di Gerusalemme", narrato nel nuovo Testamento, assunsero posizioni diverse sulla questione della relazione fra i convertiti (non ebrei) e la legge mosaica, anche se entrambi si distinguevano da S.Giacomo e ancor più dai cosiddetti "giudeizzanti" (che ritenevano che i pagani convertiti al cristianesimo dovessero osservare la lagge mosaica ad iniziare dalla circoncisione e dalla regole alimentari).
Qualche tempo dopo la controversia fra gli apostolici cattolici e i cristiani di tendeza gnostica fu un altro esempio di contrapposizione. Poi seguirono le varie controversie cristologiche, con la condanna dell'arianesimo, poi del nestorianesimo e del monofisismo da parte della tendenza cattolico/ortodossa, che assumeva di volta in volta posizioni , per così dire...."centrali" , fra le tesi estreme contrapposte.
Sant'Agostino, tornato alla Chiesa Cattolica, contrastò (oltre che il manicheismo) prima l'arianesimo, quindi il donatismo, poi il pelagianesimo.
Gli scontri fra le tendenze cristiane furono spesso anche scontri politici, con pesanti risvolti nella storia politica del tempo, e furono strumentalizzati per diventare anche motivo di guerre.
Oggi vi sono migliaia di gruppi religiosi diversi che si definiscono cristiani: dai cattolici, agli ortodossi, agli anglicani, alle varie famiglie maggiori del protestantesimo, alle sette protestanti radicali, ai pentecostali, a gruppi "anomali" come i mormoni e i Testimoni di Geova.
Al di là dei vari tentativi del moderno "ecumenismo", che non riguardano affatto la generalità di questi movimenti ecclesiali, ne' dei loro aderenti, ci sono sempre stati anatemi e condanne reciproche. Per i Testimoni di Geova nessun cattolico o protestante che non si converta sopravviverà alla grande tribolazione e avrà parte nel paradisiaco "regno di Cristo" sulla terra, esercitato in nome di Geova-Dio.
Per i protestanti radicali i cattolici sono eretici, e viceversa. Per i cattolici conservatori gli ortodossi sono scismatici, e per gli ortodossi tradizionalisti i cattolici sono eretici e scismatici. E via discorrendo. Da tutto ciò se ne deve trarre la conclusione che il cristianesimo non esiste? Si deve concludere che si deve fare esclusivamente riferimento alla singola denominazione ecclesiale e confessionale rinunciando alla visione d'insieme della storia di questa grande religione? Si deve rinunciare ad individuare i tratti, i fondamenti e le origini comuni e tutti i cristiani? Non è forse partendo dallo studio storico, filosofico, teologico, dottrinale, eccetera di ciò che è comune, e di ciò che ascende ad un'unica origine e matrice, che è possibile comprendere ciò che divide, anche mortalmente, varie sette, confessioni e denominazioni indubbiamente cristiane?
Se tutto ciò vale per il cristianesimo, la cui storia si è dispiegata per due millenni (per cui anche certe parentele...se vogliamo sono maggiormente diluite) a maggior ragione deve valere per il comunismo o per ogni altra formazione ideologica.
Un ortodosso e un cattolico per me restano fondamentalmente due cristiani con il 90% del patrimonio "ideologico", teologico, cristologico, etico comuni, e spiccate differenze nelle rispettive tradizioni, liturgie, organizzazioni e concezioni ecclesiali, rapporti storici con gli Stati e la politica, e via discorrendo.

Cordiali saluti.

agaragar
04-05-02, 19:40
Originally posted by Pieffebi
..Si deve concludere che si deve fare esclusivamente riferimento alla singola denominazione ecclesiale e confessionale rinunciando alla visione d'insieme della storia di questa grande religione?
mi pare ci sia una confusione fra due livelli distinti:
è senza dubbio lecito parlare delle sfumature di socialismo e marxismo a livello teorico,
ma NON a livello politico/organizzativo.
come non sarebbe elegante sostenere che i patti lateranensi siano stati conclusi fra stato fascista e "cristiani".

..Si deve concludere che si deve fare esclusivamente riferimento alla singola denominazione ecclesiale e confessionale rinunciando alla visione d'insieme della storia di questa grande religione? ... Non è forse partendo dallo studio storico, filosofico, teologico, dottrinale, eccetera di ciò che è comune, e di ciò che ascende ad un'unica origine e matrice, che è possibile comprendere ciò che divide, anchemortalmente, varie sette, confessioni e denominazioni indubbiamente cristiane?
pensa a un cattolico che mette al rogo un eretico....
si può sostenere che "un cristiano ha bruciato una persona"?
il cristiano eretico si è messo sul rogo da solo??

...Un ortodosso e un cattolico per me restano fondamentalmente due cristiani con il 90% del patrimonio "ideologico", teologico, cristologico, etico comuni, e spiccate differenze nelle rispettive tradizioni, liturgie, organizzazioni e concezioni ecclesiali, rapporti storici con gli Stati e la politica, e via discorrendo.
90% comune...spiccate differenze....
sembrerebbe una contraddizione, e invece...
potresti anche scrivere: 100% comune e totali differenze

Lutero era(è sempre rimasto)un frate cattolico che inscenò una finta riforma diretta in realtà da Roma(essì...)

Calvino era un totale agnostico che ridusse all'assurdo le dottrine cristiane elaborando la sua dottrina della predestinazione

infatti i destini della luterana germania e della calvinista svizzera furono totalmente differenti,
lì la guerra dei 30 anni(e non mi dire che fu una guerra fra cristiani!)
qui una pacifica convivenza fra gente che fa allegramente finta di essere protestante e finti cattolici.
C'è oggi un bel "embrassons nous" fra luterani e cattolici, mentre chi si separò veramente(ortodossi e anglicani)si tiene a distanza.

Devo poi aggiungere....
che dovresti includere anche il "comunismo" nella storia del "cristianesimo"....
non è infatti un caso che dovendo discutere del senso del "comunismo" ti è venuto in mente un paragone con la storia del cristianesimo.
Chiamare il "comunismo" chiesa, con tanto di dogmi e eresie, NON è una boutade!
mi cito: "Realmente nella storia del "comunismo" non si sa chi è la spia di chi"
Lenin fu usato da una chiesa stabilita per distruggere la monarchia scismatica degli zar e colpire a morte tutto il mondo ortodosso.

poi la prossima volta parliamo del fatto che buona parte dell'islam è diretto in realtà da "cristiani"...

cordialissimi saluti.

___________________
Ah! l'ingenuità degli intellettuali....

Pieffebi
04-05-02, 20:00
Mi dispiace ma io non faccio nessuna confusione. Il livello ideologico e il livello organizzativo sono sicuramente separati, anche se intrecciati (tanto è vero che nella dottrina leninista si parla di "partito-scienza" oltre che di "partito avanguardia".
I bolscevichi e i mescevichi, tuttavia, hanno fatto parte formalmente dello stesso partito.
Le distinzioni organizzative hanno sempre alla base una differenziazione ideologica. Sebbene ovviamente le cose non siano sempre meccaniche, ne' irreversibili. Pensa alla scissione di Livorno del 1921 dalla quale nacque il partito comunista di questo paese, o pensa alla nascita della IV Internazionale Comunista trotzkysta in contrapposizione alla III Internazionale Comunista ormai stalinizzata.
Quando un cristiano metteva al rogo un altro cristiano, d'altra confessione, restava un cristiano, seppur...pessimo.

Il comunismo è in gran parte una "religione" secolarizzata, e per certi versi un'eresia "giudaico-cristiana" sebbene il marxismo sia al contempo un'ideologia scientista con forti tratti positivistici. La mediazione fra i due aspetti è rinvenibile forse nella matrice hegeliana.
Cordiali saluti.

P.S = quando parlo di 90% comune....e spiccate differenze non cado in nessuna contraddizione. Con la tua critica sei tu a confondere due piani diversi (sebbene a propria volta intrecciati). Ad esempio la cristologia o la marianologia con la tradizione ecclesiale.

E ancora: I patti lateranensi furono fra la Chiesa Cattolica e Lo Stato Italiano allora fascistizzato. I patti lateranensi non hanno nessuna influenza su ciò che la Chiesa Cattolica crede in materia di teologia, cristologia, marianologia....e non influenzano minimante ne' i dogmi comuni, ne' le divergenze (filioque, papismo....) con l'Ortodossia. Sei tu che confondi i piani a questo punto.

Pieffebi
09-05-02, 20:30
Originally posted by Pieffebi
...continuazione ...

Se prendiamo per buono il rapporto Sifar del 28 febbraio 1950 sull'apparato militare clandestino comunista in Italia, sul quale è stato tolto il vincolo del segreto di Stato soltanto nel 1991, dopo la fine dell'Unione Sovietica, abbiamo in quegli anni il seguente scenario:
L'apparato militare comunista (Gladio Rossa o “Vigilanza rivoluzionaria”) avrebbe avuto, in tempo di pace la finalità:
“di sostenere con azioni di intimidazione e, se necessario, di forza, le agitazioni di carattare politico che tendano a turbare l'ordine pubblico, creando ostacoli all'attività governativa, mantenere l'economia nazionale in stato di turbamento, premesse necessarie per condurre l'opinione pubblica alla convinzione della necessità di cambiare indirizzo politico per mezzo di una serie di riforme sociali(...)”
mentre in tempo di guerra lo scopo sarebbe stato quello di:
“concorrere, con piccoli reparti armati e con nuclei di sabotatori, alla disorganizzazione delle retrovie dell'Esercito operante danneggiando opere d'arte, stabilimenti militari, disorganizzando collegamenti e reti di trasporto, seminando il panico fra la popolazione civile, deprimendo il morale di combattenti”.
Ne consegue che fenomeni come quelli di “Volante Rossa” si debbono ritenere largamente autonomi da questi obiettivi, tesi piuttosto ad operare come “milizia di partito” al servizio, probabilmente di determinate fazioni estreme interne al PCI e invise invece alle componenti più moderate.
Ne consegue ancora che lo scenario delineato dal Sifar, sicuramente non esaustivo e passibile di alcune critiche sulle basi della successiva ricerca scientifica in campo storiografico (il dibattito continua tutt'ora), propone comunque una “missione” all'apparato clandestino comunista ben differenziato da quello delle successive organizzazioni armate terroristiche. Differenziato negli scopi, nelle modalità organizzative, nella mancanza di autonomia decisionale rispetto al partito “legale”.
Tra le organizzazioni armate contemporanee, infatti, soltanto il gruppo di “Iniziativa Comunista” sembrerebbe orientato sulla linea leninista classica di “combinazione del lavoro legale con il lavoro illegale” nell'ambito di una strategia rivoluzionaria tesa all'abbattimento dello “Stato Borghese”.
Le maggiori organizzazioni del comunismo combattente, e soprattutto le Brigate Rosse, non svolgono la funzione di braccio armato clandestino di un partito rivoluzionario che agisce nella legalità, si presenta alle elezioni, assume funzioni dirigenti nel movimento sindacale e cooperativo, amministra città, paesi, province e regioni della Repubblica “borghese”.
L'organizzazione militare terrorista è il Partito Combattente e si esaurisce sostanzialmente in esso, malgrado non siano da escludersi (tutt'altro) apparati logistici di supporto e tentativi di organizzazione di “movimenti di massa” paralleli, sempre finalizzati tuttavia a funzionare quali strumenti dell'apparato militare (e non viceversa come nel vecchio PCI stalinista!!).
Questa diversità ci rimanda all'analisi che sopra ho cercato di produrre sull'ideologia del comunismo combattente in relazione al marxismo-leninismo e alla storia del movimento comunista internazionale, con le sue evoluzioni, involuzioni e devianze.

....continua...


.....continuazione....

Dal punto di vista puramente ideologico non è tuttavia determinabile il grado di relazione esistente fra il moderno comunismo combattente, rappresentato dalle organizzazioni del nostrano terrorismo rosso, e l'eredità delle strutture armate clandestine riferibili al PCI di Secchia e Togliatti. Ciò proprio in considerazione del fatto che, al di là di quanto detto più sopra, queste ultime non disponevano di una connotazione ideologica distinta dal partito, sebbene è ipotizzabile che i suoi componenti avessero come referenti politici privilegiati i dirigenti comunisti più dogmatici sul piano teorico e... più fedeli a Mosca (ma è dubbio che le caratteristiche del dogmatismo e del sovietismo fossero graduate nelle diverse componenti di un partito fortemente disciplinato e centralistico... tanto da essere definito "monolitico").
Ne consegue che su questo piano deve essere respinta ogni faciloneria propagandistica che tenda ad assimilare senz'altro il brigatismo con le supposte posizioni ultra-staliniane dei gladiatori rossi, senza per altro sottovalutare i punti di contatto, già messi in evidenza, fra la dottrina ultracomunista dei terroristi e il vetero marxismo-leninismo ancora ben vivo nel PCI nei primi anni sessanta.
Il presupposto storico da cui partono i comunisti combattenti è comunque quello della venuta meno di qualsiasi ruolo rivoluzionario del PCI, ormai (siamo alla fine degli anni sessanta, primi anni settanta) sempre di più partito revisionista e "socialtraditore", e diventato apertamente socialdemocratico nella strategia politica, con l'inaugurazione della linea del compromesso storico, da parte di E. Berlinguer.
Ne' si può affermare che il comunismo combattente, in quanto ormai antagonista del PCI, non abbia avuto per lungo tempo gli stessi referenti internazionali di questo ultimo, posto che le relazioni con l'Unione Sovietica, i suoi danari, i suoi satelliti ed...i suoi servizi, seguiteranno anche in epoca berlingueriana.
Questo aspetto è forse il più inquietante e oggettivamente contraddittorio, tant'è che una certa strumentalizzazione del terrorismo rosso da parte dei partiti fratelli del PCI è assai probabile, almeno in alcuni momenti, e può avere avuto anche scopi di "contenimento" della "deriva revisionistica" e "socialdemocratica" berlingueriana, e di sabotaggio della sua strategia.
Nel mondo del comunismo reale, ove gli obiettivi ideologici erano subordinati agi interessi dello Stato sovietico e della sua politica estera, queste cose erano non solo possiibili ma, nelle loro premesse,anche giustificate dalla dottrina ufficiale del partito.
Risulta infine discutibile, in detto contesto, considerare prioritario per l'Unione Sovietica una strumentalizzazione del comunismo combattente finalizzata principalmente a disturbare la linea berlingueriana del PCI, mentre vanno considerati eventuali altri moventi, tenuto conto che la destabilizzazione di un paese della NATO e "di frontiera" è sempre stato un obiettivo non secondario della strategia della grande patria del "socialismo reale".
Sarebbe tuttavia gravemente sbagliato considerare il comunismo combattente come mero prodotto di tali poltiche attuate dal "blocco socialista", e ridurre il terrorismo rosso ad un fenomeno introdotto dall'esterno nella vicenda politica italiana.
Se i terroristi rossi possono essersi prestati a collaborare strettamente con strutture del mondo comunista dell'est europeo, ciò è perfettamente spiegabile con la tradizione e la visione strategica e ideologica "internazionalista".
Nello stesso tempo proprio il graduale allontanamento del PCI da Mosca, che appariva più profondo ancora di quanto NON fosse, rendeva ancor più plausibile l'analisi dei terroristi rossi sulla reale natura del partito berlingueriano, presupposto fondamentale della propria visione delirante della guerra di classe.

continua....

Pieffebi
19-05-02, 17:19
continuazione.....

E' tuttavia evidente che la tentazione di ridurre la storia del terrorismo alla dietrologia complottista (a supporto della quale anche gli errori materiali di datazione dei documenti ... costituiscono argomenti sui quali costruire romanzesche ipotesi....), è molto forte.
Del resto se si tenta periodicamente di attribuire la costruzione delle piramidi d'Egitto alla mitica "civiltà d'Atlantide", datandole millenni prima della civiltà egizia,ipotesi senza dubbio più affascinante della 'banale' verità storica, in un campo dove non esistono interessi politici e ideologici da promuovere o difendere...... Figuriamoci un po' che cosa può accadere invece della storia più recente, in un settore così ovviamente....controverso....come quello in esame.
Per quanto riguarda "i misteri" che ancora non sono stati chiariti, circa la storia dei cosiddetti anni di piombo e della strategia della tensione, è logico che questi alimentino necessariamente le ipotesi più bizzarre, e anche tante ricostruzioni verosimili....ma irrimediabilmente prive di riscontri apprezzabili (e incapaci di oltrpassare l'autoreferenzialità) per elevarsi al rango della verità storiografica davvero corroborata.
Sul piano dell'ideologia invece, pare proprio che non ci sia, circa la storia del comunissmo combattente, nessun mistero da scoprire....
La coerenza fra i presupposti ideologici e la storia concreta delle organizzazioni combattenti, del resto, porta a dare conto della grande massa dei fatti e dei comportamenti politici e militari dei protagonisti, riducendo notevolmente gli spazi per le opposte dietrologie, senza per altro escludere, come detto più volte, l'esistenza di altri inquietanti fattori, che non assumono tuttavia che un ruolo complessivamente.... complementare per quanto tutt'altro che irrilevante.
Come detto, l'eventualità di un utilizzo o una strumentalizzazione del terrorismo rosso, da parte di ben altri e più importanti protagonisti NoN è qui affatto ignorata. Esclusa è invece l'assunzione di detta eventualità come diretta a negare la natura del comunismo combattente, così come mostrata dalla storia ideologica, politica ed organizzativa del terrorismo rosso, visto nel suo contesto.
Come è esclusa ogni semplificazione strumentale tesa a sminuire l'abissale distanza che, ad un certo punto, si è obiettivamente manifestata fra la classica sinistra, anche estrema, e il comunismo combattente, che rappresenta una sinistra ultrà ...mortalmente avversaria della prima, oltre che politicamente e ideologicamente concorrente.
L'esistenza indubbia, fra dette 'sinistre', di antenati comuni, o di canali di transito di singoli indivdidui, sul piano politico ed ideologico, non è sufficiente per consentire operazioni storiograficamente e politicamente non obiettive (e non intellettualmente oneste), per quanto speculari alle dietrologie proposte da altri (al fine, invece, di azzerare ogni "parentela" imbarazzante).
L'assassinio di Marco Biagi, che ha riportato alla ribalta le 'Brigate Rosse', non può certamente, ed è ovvio, essere attribuito al sindacalismo collaterale alla Sinistra politica massimalista, rappresentato dalla CGIL di Cofferati, e neppure al mondo del neo-estremismo rosso dei vari Agnoletto e Casarini.
Ciò nondimeno ci si attende da questi legittimi soggetti della Sinistra, la stessa inequivocabile scelta di campo che fece Il PCI di Berlinguer (e la Cgil di Lama) negli anni settanta, non solo avveersando radicalmente, come sarebbe ancora ovvio, il terrorismo assassino, ma vigilando ed isolando nel "campo" politico-sociale di competenza, ogni eccesso, ogni velleitarismo, ogni inclinazione alla violenza o alla giustificazione della violenza, anche di quella 'contro le cose'.
Per essere chiari fino in fondo, non sono minimamente accettabili, in democrazia, da parte di forze politiche responsabili, le generalizzazioni che defiscono la polizia (e non, caso mai, alcuni poliziotti indegni..se davvero certi fatti si sono verificati), come fascista o cilena. Non sono neppure accettabili le rivolte assembleari di folti, ma stra-minoritari, gruppi di magistrati, contro le affermazioni del capo del loro ufficio (di molti di loro), effettuate, queste ultime, in una legittima sede istituzionale (una commissione parlamentare, non un'intervista a rai3), che hanno trovato ampio riscontro in una successiva ordinanza del Tribunale del riesame.
Tutto questo mentre nei confronti di coloro che hanno letteralmente devastato Napoli e Genova....la giustizia sembra non mostrare lo stesso zelo di certi procuratori partenopei quando si tratta...di ammanettare poliziotti, per quanto, se colpevoli, indubbiamente indegni e meritevoli di severa punizione.
Insomma, fermo restando il fatto che chiunque sbaglia deve pagare, compresi magistrati e tutori dell'ordine, occorerebbe che il senso di responsabilità e la coscienza democratica ispirassero maggiormente tutti, come accadde negli anni di piombo.

Continua....

kid
24-06-02, 16:02
Le parole di Cofferati "bisogna fermarli", coloro che hanno siglato "il patto scellerato" con il governo, sono gravissime. Tanto più gravi per il fatto che è stato ucciso Marco Biagi dopo che lo stesso Cofferati ebbe modo di indicarlo come un nemico dei lavoratori. Nel Pci si era usi misurare con estrema attenzione ciò che si diceva ed ancor di più questo si usava nella Cgil di Lama e di Trentin. Avevo molto apprezzato che in una direzione Ds di qualche mese fa D'Alema ricordasse questa lezione politica invitando ad usare con più prudenza il proprio giudizio. Quando si parla di regime, di polizia fascista, di potere illegittimo del governo, non ci si deve stupire se poi qualcuno decide di andare in montagna armi alla mano. Così D'Alema che per lo meno in alcuni casi sa fare autocritica. Mi chiedo se Cofferati fosse ubriaco o, come ritengo, non sia stato all'altezza di guidare il principale sindacato italiano. Fra l'altro la linea teorica di Cofferati, espressa a Firenze il fine settimana - trovare un'intesa fra riformisti e massimalisti nella sinistra -, non capisco proprio dove vada a parare. Sempre che Cofferati non si auguri l'intesa con i riformisti isolati ed ammazzati. Ve lo dico più chiaramente: a me questo puzza di istigazione al terrorismo.

Pieffebi
27-06-02, 13:04
in attesa di riprendere il discorso.....


da www.corriere.it :

"RETROSCENA

Br più forti dopo gli omicidi Biagi e D’Antona Il Viminale teme nuove azioni in autunno

Una corsa contro il tempo. Per gli investigatori il nucleo è radicato a Roma


ROMA - E’ una corsa contro il tempo, quella di inquirenti e investigatori, come nella caccia a un serial killer. Una corsa per smascherare le nuove Brigate rosse prima che tornino a uccidere. Perché se non si riesce a individuarle e fermarle colpiranno ancora e prima, molto prima dei tre anni trascorsi tra l’omicidio di Massimo D’Antona (maggio ’99) e quello di Marco Biagi (marzo 2002). Su questo punto tutte le analisi concordano, e c’è pure chi si spinge a individuare nel prossimo autunno la stagione in cui i terroristi potrebbero rientrare sulla scena. Per il ministro dell’Interno Scajola lo scontro sull’articolo 18 dello statuto dei lavoratori e la spaccatura nel movimento sindacale sono già foriere di nuove «tensioni» e «atteggiamenti estremisti» . Ieri l’ha detto in Parlamento ed è probabile che ne abbia discusso anche con Ciampi, in uno dei periodici colloqui al Quirinale fissati nella sua agenda. Senza dirlo esplicitamente, Scajola ha fatto balenare lo spettro di una situazione favorevole al terrorismo in agguato, suscitando le prevedibili reazioni di chi grida alla strumentalizzazione politica. Ma al di là delle polemiche, il ministro ha ben chiaro il quadro che da tempo gli prospettano servizi segreti e forze di polizia: [ u]per adesso le indagini sulle nuove Br hanno portato a risultati poco al di sopra dello zero, mentre è presumibile che i terroristi stiano preparando la loro prossima azione. E l’autunno, con la discussione sulla legge finanziaria che non sarà semplice, potrebbe rappresentare l’occasione giusta.[/u]
«Con gli omicidi di Biagi e D’Antona le Br hanno chiaramente dimostrato, sia a livello di prassi che di elaborazione teorica, come intendano essere presenti, a modo loro e con i loro strumenti, nel dibattito politico-economico nazionale», ha detto pubblicamente un mese fa il direttore del Sisde Mario Mori. I rapporti riservati che gli 007 hanno compilato nelle ultime settimane alimentano con alcuni dettagli l’idea che anche le Br vorranno dire la loro dopo la pausa estiva.
In primo luogo perché non hanno più l’esigenza di attendere le risposte e le reazioni degli altri gruppi favorevoli alla ripresa della lotta armata, come avvenne dopo l’omicidio D’Antona. Dal maggio del ’99, per un paio d’anni, c’è stato un proliferare di micro-attentati firmati da vari nuclei «proletari» o «rivoluzionari» che sono stati letti come un dialogo a distanza con chi aveva ucciso il consigliere dell’allora ministro del Lavoro; ora non c’è bisogno che quella fase si ripeta, e anzi per alcuni analisti la compenetrazione tra le Br e il principale di questi gruppi minori - i Nuclei territoriali antimperialisti - è già avvenuta . Lo dimostrerebbe il fatto che la rivendicazione dell’omicidio Biagi da parte degli Nta arrivò addirittura prima di quella delle Br.
Interrogato sul punto durante l’audizione al comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, Scajola ha lasciato intendere che questa è un’ipotesi investigativa molto concreta. Di qui l’idea di un rafforzamento delle Br che può portare a iniziative più ravvicinate nel tempo. In più c’è la convinzione che, nel momento in cui è stato programmato l’attentato a Biagi, i terroristi abbiano svolto altre «inchieste» su obiettivi alternativi al professore bolognese, com’è sempre avvenuto nella tradizione dei gruppi armati. Questo significherebbe che informazioni su nuovi bersagli siano già a disposizione dei brigatisti, che potrebbero entrare in azione con maggiore celerità rispetto al passato.
Scajola ha assicurato ieri che tutte le protezioni possibili sono scattate, ma ai margini della cerchia degli obiettivi sorvegliati sarà sempre possibile individuare il primo senza protezione. L’omicidio Biagi viene inoltre considerato un salto di qualità rispetto a quello di D’Antona anche dal punto di vista organizzativo (per gli investigatori le Br sono radicate a Roma, e dunque hanno agito «in trasferta», contando su appoggi logistici costruiti nel tempo), e nessuno se la sente di escludere che l’evoluzione del gruppo sia arrivata al punto di poter attaccare anche un obiettivo protetto dalla cosiddetta «tutela» o dalla scorta armata.
Per questo, polemiche e strumentalizzazioni politiche a parte, al Viminale si guarda con preoccupazione alle tensioni sociali attuali e prossime venture, nella consapevolezza che l’unico vero antidoto a un nuovo attentato terroristico sarebbero indagini che avessero finalmente imboccato la giusta direzione. Ma al momento, per quello che se ne sa, è soltanto una speranza.

Giovanni Bianconi


Shalom!

Il Pasquino
20-07-02, 17:29
Originally posted by Pieffebi
in attesa di riprendere il discorso.....


da www.corriere.it :

"RETROSCENA

......... Per il ministro dell’Interno Scajola lo scontro sull’articolo 18 dello statuto dei lavoratori e la spaccatura nel movimento sindacale sono già foriere di nuove «tensioni» e «atteggiamenti estremisti» . ....

Giovanni Bianconi


Shalom!
Ma allora perchè si è voluto insistere con la presentazione della sospensione dell'art18?
Per creare "nuove «tensioni» e «atteggiamenti estremisti"?
Cosa è un modo per poi poter presentare proposte repressive ed antidemocratiche per farle passare per necessarie?

Pieffebi
20-07-02, 21:31
Rieccoli puntuali....i comunisti combattenti ........
questa volta il giovane ministro della "Destra Sociale" e due sindacalisti delle organizzazioni "traditrici" che hanno firmato il "Patto per l'Italia"....ovviamente.

da www.cnnitalia.it :

" Volantino Br minaccia ministro Alemanno
20 luglio 2002
Articolo messo in Rete alle 15:37 ora italiana (13:37 GMT)



Giovanni Alemanno
ROMA (CNN) -- Un volantino delle Br contenente minacce contro il ministro delle Politiche agricole, Giovanni Alemanno , è stato trovato nei giorni scorsi alla Fiat di Termoli e alla Zanussi di Verona. E' quanto si apprende da fonti del ministero.

Il volantino, firmato con la sigla "Brigate rosse per la costruzione del partito comunista combattente" , contiene anche minacce contro i sindacalisti Graziano Treré, della Cisl, e Adriano Musi, della Uil .

Il volantino è stato trovato per la prima volta una settimana fa, sabato scorso, alla Fiat di Termoli.

Al ministero delle Politiche agricole si fa sapere solo che, dopo il ritrovamento dei volantini, sono state potenziate le misure di sicurezza per Alemanno, con un rafforzamento della scorta. Il ministro, invece, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione.

Con il contributo di ANSA "


Saluti liberali

Il Pasquino
21-07-02, 13:48
Originally posted by Pieffebi
Rieccoli puntuali....i comunisti combattenti ........
questa volta il giovane ministro della "Destra Sociale" e due sindacalisti delle organizzazioni "traditrici" che hanno firmato il "Patto per l'Italia"....ovviamente.

da www.cnnitalia.it :

" Volantino Br minaccia ministro Alemanno
20 luglio 2002
Articolo messo in Rete alle 15:37 ora italiana (13:37 GMT)



Giovanni Alemanno
ROMA (CNN) -- Un volantino delle Br contenente minacce contro il ministro delle Politiche agricole, Giovanni Alemanno , è stato trovato nei giorni scorsi alla Fiat di Termoli e alla Zanussi di Verona. E' quanto si apprende da fonti del ministero.

Il volantino, firmato con la sigla "Brigate rosse per la costruzione del partito comunista combattente" , contiene anche minacce contro i sindacalisti Graziano Treré, della Cisl, e Adriano Musi, della Uil .

Il volantino è stato trovato per la prima volta una settimana fa, sabato scorso, alla Fiat di Termoli.

Al ministero delle Politiche agricole si fa sapere solo che, dopo il ritrovamento dei volantini, sono state potenziate le misure di sicurezza per Alemanno, con un rafforzamento della scorta. Il ministro, invece, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione.

Con il contributo di ANSA "


Saluti liberali

Ma scevri di una qualsiasi ideologia secondo voi a chi fanno comodo questi volantini?

mustang
21-07-02, 16:47
...alla stamperia che ha incassato il pattuito a seguito dell'ordinazione eseguita.

Il Pasquino
22-07-02, 01:29
Originally posted by mustang
Re: Risposta elementare......alla stamperia che ha incassato il pattuito a seguito dell'ordinazione eseguita.
Bella battuta! :)
Dobbiamo ridere?
Oggi vi trovo particolarmente spiritosi! :)

mustang
22-07-02, 10:54
...., questa "Ma scevri di una qualsiasi ideologia secondo voi a chi fanno comodo questi volantini"? e poi "forse" capirai la mia.

saluti

Il Pasquino
22-07-02, 12:42
Originally posted by mustang
...., questa "Ma scevri di una qualsiasi ideologia secondo voi a chi fanno comodo questi volantini"? e poi "forse" capirai la mia.

saluti

Personalmente non mi sono mai sentito legato ad una ideologia. Ho sempre seguito colui o coloro che in quel momento sembravano tutelare i miei interessi e quelli della mia famiglia.

Scevri da ideologie vuol dire dimenticarsi di essere, come molti in questo forum, aderenti, simpatizzanti o semplicemente schierati per credo ideologico da l'una o dall'altra parte.

Il giudizio che ho chiesto non deve essere influenzato da tutto questo. Non ci vedo niente di comico.

mustang
22-07-02, 14:14
...punto son pronto a scommettere che non hai mai pagato per far stampare manifesti.

saluti

Il Pasquino
22-07-02, 14:38
Originally posted by mustang
...punto son pronto a scommettere che non hai mai pagato per far stampare manifesti.

saluti
Non possiamo dire altrettanto di qualche persona di destra che magari cerchi di avvalorare le proprie tesi.;)
saluti

Pieffebi
03-08-02, 20:11
"TERRORISMO: VOLANTINI NUCLEO PROLETARIO COMBATTENTE A 'TIRRENO'

Roma, 3 ago. (Adnkronos) - Con tre fogli formato A/4 fatti recapitare per posta questa mattina alle 9.30 alla redazione del 'Tirreno' di Livorno, apprende l'Adnkronos, esponenti del 'Nucleo Proletario Combattente' hanno rivendicato un'azione compiuta nei giorni scorsi a Firenze ai danni di un'agenzia interinale di lavoro. La sede dell'agenzia era stata danneggiata e data alle fiamme. In queste ore il documento e' all'esame dell'antiterrorismo, che ne sta valutando l'attendibilita'.




(Mac/Pe/Adnkronos)"

agaragar
10-08-02, 04:55
Allora.......................
Berlusconi ha potuto affermare il suo similpartito dopo che le brigate rosse fecero fuori la DC di Moro.............

Ergo Berlusconi è il(uno dei) capo delle brigate rosse.

OK ???? :8c

kid
12-08-02, 12:22
ma agaragar non lo prendevano nemmeno come allievo di un sofista, con sillogismi di questo tipo.

agaragar
13-08-02, 03:15
tutti gli uomini sono mortali (magg)
tutti i brigatisti sono uomini (min)
tutti i brigatisti sono mortali (concl)

ma c'è qualcosa che non quadra, i brigatisti sembrano eterni...

mustang
13-08-02, 11:04
...i brigatisti "sembrano" eterni. Sembrano!

Si dice o non si dice che la mamma degli imbecilli è sempre incinta? I pupi poi, crescendo, acquistano il "colore".

mustang

Ichthys
01-09-02, 14:29
Originally posted by agaragar
tutti gli uomini sono mortali (magg)
tutti i brigatisti sono uomini (min)
tutti i brigatisti sono mortali (concl)

ma c'è qualcosa che non quadra, i brigatisti sembrano eterni...

Il tuo sillogismo medievale non tiene conto di una cosa:

tutti gli uomini si riproducono (magg.)
tutti i brigatisti sono uomini (min.)
tutti i brigatisti si riproducono (coclusione).

agaragar
01-09-02, 14:51
Originally posted by Ichthys
Il tuo sillogismo medievale non tiene conto di una cosa:
tutti gli uomini si riproducono (magg.)
tutti i brigatisti sono uomini (min.)
tutti i brigatisti si riproducono (coclusione).
aristotelico,
buon esempio di sillog fallace

il fatto che i brig si riproducano non significa che diano origine a nuovi brigatisti

Ichthys
01-09-02, 21:37
Originally posted by agaragar

aristotelico,
buon esempio di sillog fallace

il fatto che i brig si riproducano non significa che diano origine a nuovi brigatisti

E perché no? Se nascono in un certo ambiente "politico" possono... eccome!

È il tuo sillogismo ad essere ancora più fallace perché il fatto che i brigatisti siano mortali non significa automanticamente che il "brigatismo" lo sia pure (mortale), perché esso, al pari di lingue, culture e tradizioni, può essere tramandato indipendentemente dalla mortalità dei singoli.

agaragar
02-09-02, 02:00
cmq,il fatto che un brig che si riproduca dia origine a un altro brig non è un assioma di per se evidente.

Ichthys
02-09-02, 23:23
Ma non era nemmeno di per sé evidente il fatto che il fenomeno brigatista possa terminare con la morte fisica dei singoli.

Ancora una cosa:
"tutti gli uomini sono brigatisti" e "nessun uomo è brigatista" sono proposizioni contrarie e nessuna delle due trova riscontro nella realtà, mentre:
"qualche uomo è brigatista" e "qualche uomo non è brigatista"
sono proposizioni subcontrarie e trovano riscontro nella realtà.

Il Pasquino
03-09-02, 10:19
Quel che dovrebbe preoccupare è che inasprire gli animi, non lasciare via di uscita a liberi e democratiche dimostrazioni di insofferenza popolare possono solo far crescere il malessere che è alla base della lotta armata.
Ancora ricordo le manifestazioni di decine di migliaia di persone pro BR che si tenevano negli anni di piombo. Ricordo le immagini di TV locali in cui si vedevano gli assalti alle armerie dalle quali entravano decine di persone disarmate ed uscivano con armi da fuoco. Non vorrei assistere nuovamente a quelle scene terrificanti. Era l’epoca in cui al ministero degli interni vi era un altro uomo tutto d’un pezzo, Cossiga. Nel scrive il suo nome le esse venivano sostituite da quelle stilizzate delle famose guardie del corpo di Hitler. Il risultato di tanta durezza fu solo la crescita del consenso al terrorismo come unico sfogo del malessere sociale di quegli anni.
Oggi ci troviamo ancora con un governo che “vuole mostrare i muscoli”. Ci sono al governo uomini che o non hanno alcuna esperienza politica di quegli anni od hanno dimenticato lo stato d’animo dell’epoca che ha generato il terrorismo nel nostro paese.
Speriamo che si ravvedano prima che cominci l’irreparabile. Il malessere cresce ed il popolo affamato non si controlla.

gianniguelfi
03-09-02, 11:47
Manifestazioni di migliaia e migliaia di cittadini a favore delle BR?
Assalti alle armerie di decine di persone?
Ma quando mai, signor Pasquino?
Figurarsi se, con l' attacco delle BR in atto, il governo, qualsiasi governo, avrebbe permesso la libera vendita delle armi.
E le uniche manifestazioni in quegli anni, furono quelle CONTRO le Br indette dai sindacati.
Perché la maggioranza silenziosa se ne stava rintanata in casa.
Uscendo solo per portare i dané a Chiasso.

L' importanza di organizzare manifestazioni di protesta dopo ogni attentato terroristico, non fu mai afferrata dal blocco sociale moderato, che, anzi, fece proprio quel che i terroristi auspicavano disinteressandosi di tutto e chiudendosi nel privato.
E infastidendosi perché, oltre agli attentati, <dobbiamo subire anche le manifestazioni dei sindacati>.
Testuali parole di un mio amico "silenzioso" di allora.
Speriamo che l' odierna maggioranza silenziosa, quelli che amano definirsi benpensanti, abbiano imparato la lezione.
Che oltre a pensar bene siano capaci di agire meglio.
E che siano quindi pronti ad impegnarsi in prima persona per difendere la democrazia.
Magari scendendo in piazza per schierarsi a fianco dei sindacati dopo ogni attentato di queste nuove Br.

Gianni Guelfi

Il Pasquino
03-09-02, 12:29
Originally posted by gianni g.
Manifestazioni di migliaia e migliaia di cittadini a favore delle BR?
Assalti alle armerie di decine di persone?
Ma quando mai, signor Pasquino?
Figurarsi se, con l' attacco delle BR in atto, il governo, qualsiasi governo, avrebbe permesso la libera vendita delle armi.
E le uniche manifestazioni in quegli anni, furono quelle CONTRO le Br indette dai sindacati.
Perché la maggioranza silenziosa se ne stava rintanata in casa.
Uscendo solo per portare i dané a Chiasso.

L' importanza di organizzare manifestazioni di protesta dopo ogni attentato terroristico, non fu mai afferrata dal blocco sociale moderato, che, anzi, fece proprio quel che i terroristi auspicavano disinteressandosi di tutto e chiudendosi nel privato.
E infastidendosi perché, oltre agli attentati, <dobbiamo subire anche le manifestazioni dei sindacati>.
Testuali parole di un mio amico "silenzioso" di allora.
Speriamo che l' odierna maggioranza silenziosa, quelli che amano definirsi benpensanti, abbiano imparato la lezione.
Che oltre a pensar bene siano capaci di agire meglio.
E che siano quindi pronti ad impegnarsi in prima persona per difendere la democrazia.
Magari scendendo in piazza per schierarsi a fianco dei sindacati dopo ogni attentato di queste nuove Br.

Gianni Guelfi
Forse vivevate in qualche paesino sperduto sulle montagne. Molte notizie non venivano diffuse dai notiziari nazionali ma all'università di Roma apparivano anche i manifesti a firma delle BR.
Non avete la conoscenza della relatà dei fatti. Vi era una TV privata a Roma, la GBR, che diffondeva immagini inquietanti che probabilmente non sono mai passate per i circuiti nazionali accompagnate dalle cronache dirette del giornalista Alfano, passato poi in RAI, addirittura raccapriccianti.
Scontri a macchia di leopardo, manifestazioni che passavano per una via ed appena incontravano i celerini si scioglievano e si riformavano nella via parallela, saracinesche di armerie divelte dai manifestanti e gente che entrava disarmata ed usciva con le armi.
Vere e proprie scene di guerra che molti forse non hanno mai visto.
Quello che scrivete mi induce a credere che a distanza di anni non si sia voluto mai fare chiarezza su una vicenda che era molto più ampia di quello che oggi si voglia far credere.
Saluti

gianniguelfi
03-09-02, 14:16
Non confondiamo le lotte studentesche con la strategia terrorista delle BR.
I brigatisti erano ben altro che un gruppo di manifestanti che assaltavano negozi.
Non si sono MAI scontrati a viso aperto colle forze dell' ordine, tantomeno nelle strade di Roma
Non ne avevano il coraggio.
Preferivano uccidere vigliaccamente le loro vittime, come hanno fatto con Biagi e D' Antona
Oppure facendo esplodere bombe dopo essersi messi in salvo.
Un kamikaze palestinese di 17 anni ha più coraggio di 100 brigatisti.

saluti

Gianni Guelfi

Il Pasquino
03-09-02, 17:19
Originally posted by gianni g.
Non confondiamo le lotte studentesche con la strategia terrorista delle BR.
I brigatisti erano ben altro che un gruppo di manifestanti che assaltavano negozi.
Non si sono MAI scontrati a viso aperto colle forze dell' ordine, tantomeno nelle strade di Roma
Non ne avevano il coraggio.
Preferivano uccidere vigliaccamente le loro vittime, come hanno fatto con Biagi e D' Antona
Oppure facendo esplodere bombe dopo essersi messi in salvo.
Un kamikaze palestinese di 17 anni ha più coraggio di 100 brigatisti.

saluti

Gianni Guelfi
Non si trattava solo di manifestazioni studentesche ma di manifestazioni di sostegno alle BR. Manifestazioni dalle quali sono usciti alcuni dei terroristi ultimamente indagati.
Il nucleo operativo delle BR non effettuava certamente tali manifestazioni ma non sarei del tutto certo visti alcuni legami emersi che ne fossero del tutto estranei certi ideologi.
Avevano comunque molto poco a che vedere con delle manifestazioni studentesche normali quelle di quegli anni. Manifestazioni organizzate da movimenti del tutto estranei al mondo politico istituzionale. Manifestazioni molto più violente delle attuali e che come detto erano fonti di reclutamento per le BR.
Saluti

Il_Siso
07-09-02, 16:30
Originally posted by Fecia di Cossato
originally posted by Cicciolino:

...complimenti vivissimi...non trovavi la fotografia di Hitler e hai messo quella di Pinochet, o è semplicemente un tuo mito?...

caro il mio Cocciolino
delle due ipotesi, ti assicuro, è vera la seconda...

au revoir, mon ami...

--------------

http://utenti.lycos.it/Submarine/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Tu cos'è che comandi? I soldatini di piombo?
:rolleyes: :rolleyes: :confused: :confused:

Il_Siso
07-09-02, 16:30
Originally posted by Fecia di Cossato
originally posted by Cicciolino:

...complimenti vivissimi...non trovavi la fotografia di Hitler e hai messo quella di Pinochet, o è semplicemente un tuo mito?...

caro il mio Cocciolino
delle due ipotesi, ti assicuro, è vera la seconda...

au revoir, mon ami...

--------------

http://utenti.lycos.it/Submarine/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Tu cos'è che comandi? I soldatini di piombo?
:rolleyes: :rolleyes: :confused: :confused:

Fecia di Cossato
07-09-02, 19:07
caro amico
purtroppo da circa due anni a questa parte non comando più neppure in casa mia... :( :(

--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Fecia di Cossato
07-09-02, 19:07
caro amico
purtroppo da circa due anni a questa parte non comando più neppure in casa mia... :( :(

--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

agaragar
07-09-02, 20:10
lo immaginavamo cossato

agaragar
07-09-02, 20:10
lo immaginavamo cossato

Il_Siso
07-09-02, 21:14
Originally posted by Fecia di Cossato
caro amico
purtroppo da circa due anni a questa parte non comando più neppure in casa mia... :( :(

--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

E allora smettila di chiamarti Comandante!

Il_Siso
07-09-02, 21:14
Originally posted by Fecia di Cossato
caro amico
purtroppo da circa due anni a questa parte non comando più neppure in casa mia... :( :(

--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

E allora smettila di chiamarti Comandante!

ugotassinari
08-09-02, 23:56
Originally posted by gianni g.
Non confondiamo le lotte studentesche con la strategia terrorista delle BR.
I brigatisti erano ben altro che un gruppo di manifestanti che assaltavano negozi.
Non si sono MAI scontrati a viso aperto colle forze dell' ordine, tantomeno nelle strade di Roma
Non ne avevano il coraggio.
Preferivano uccidere vigliaccamente le loro vittime, come hanno fatto con Biagi e D' Antona
Oppure facendo esplodere bombe dopo essersi messi in salvo.
Un kamikaze palestinese di 17 anni ha più coraggio di 100 brigatisti.

saluti

Gianni Guelfi
Cumulo impressionante di falsi storici:
decine di arrestati per Brigate Rosse e Prima Linea provengono dai ranghi del movimento del 1977
Un solo esempio: tra gli arrestati della manifestazione preinsurrezionale del 12 marzo 77 (con assalti alle armerie e sparatorie contro la polizia a viso aperto e un corteo di decine di migliaia di militanti che fungeva da acqua per i pesci...) c'è Mara Nanni che due anni dopo è arrestata in compagnia di Prospero Gallinari, il carceriere di Moro
I brigatisti hanno ucciso molte volte ma non hanno MAI fatto esplodere bombe: per una precisa scelta strategica infatti rifiutavano il ricorso agli attentati dinamitardi per evitare confusioni con la destra terroristica.
Non entro nel merito dei giudizi di valore perché se dovessi risponderti a tono per quel che meriti incorrerei nella censura del moderatore...
Ugo Tassinari

ugotassinari
08-09-02, 23:56
Originally posted by gianni g.
Non confondiamo le lotte studentesche con la strategia terrorista delle BR.
I brigatisti erano ben altro che un gruppo di manifestanti che assaltavano negozi.
Non si sono MAI scontrati a viso aperto colle forze dell' ordine, tantomeno nelle strade di Roma
Non ne avevano il coraggio.
Preferivano uccidere vigliaccamente le loro vittime, come hanno fatto con Biagi e D' Antona
Oppure facendo esplodere bombe dopo essersi messi in salvo.
Un kamikaze palestinese di 17 anni ha più coraggio di 100 brigatisti.

saluti

Gianni Guelfi
Cumulo impressionante di falsi storici:
decine di arrestati per Brigate Rosse e Prima Linea provengono dai ranghi del movimento del 1977
Un solo esempio: tra gli arrestati della manifestazione preinsurrezionale del 12 marzo 77 (con assalti alle armerie e sparatorie contro la polizia a viso aperto e un corteo di decine di migliaia di militanti che fungeva da acqua per i pesci...) c'è Mara Nanni che due anni dopo è arrestata in compagnia di Prospero Gallinari, il carceriere di Moro
I brigatisti hanno ucciso molte volte ma non hanno MAI fatto esplodere bombe: per una precisa scelta strategica infatti rifiutavano il ricorso agli attentati dinamitardi per evitare confusioni con la destra terroristica.
Non entro nel merito dei giudizi di valore perché se dovessi risponderti a tono per quel che meriti incorrerei nella censura del moderatore...
Ugo Tassinari

marcejap
17-09-02, 01:52
Originally posted by Fecia di Cossato
caro amico
purtroppo da circa due anni a questa parte non comando più neppure in casa mia... :( :(

--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato


:lol :lol

Degradato a soldato semplice! :lol :lol

saluti
marcello
alias benito marcellini (ma solo per gli amici)

Fernando
02-10-02, 01:29
http://64.224.13.60/subs/commanders/feciadicossato/feciadicossato_it.htm
http://64.224.13.60/subs/commanders/feciadicossato/images/carlofeciadicossato.jpg
COMANDANTE
CARLO FECIA DI COSSATO
Medaglia d'Oro al Valor Militare

Fernando
02-10-02, 01:31
:)
nessuna polemica, tanto per capire, non l'avevo mai sentito nominare!
Prosit
:K

agaragar
02-10-02, 02:02
...che era monarchico e non fascista......

ciò ke è interessante è la sua fine, molti dovrebbero seguire l'esempio...

Fernando
03-10-02, 00:26
Originally posted by agaragar
...che era monarchico e non fascista......

ciò ke è interessante è la sua fine, molti dovrebbero seguire l'esempio...

beh, per quanto mi riguarda vedrò se seguire il suo esempio fra 40 anni, quando non avrò più niente da perdere!
Tu cosa aspetti?
Prosit
:K

Dario
13-12-02, 17:25
Da DUE MESI e 10 GIORNI nessuno si fila più questo 3d. Non sarebbe l'ora di toglierlo dal 'rilievo'? O il nostro moderatore ci tiene in modo particolare?

mustang
13-12-02, 18:49
Originally posted by Dario
Da DUE MESI e 10 GIORNI nessuno si fila più questo 3d. Non sarebbe l'ora di toglierlo dal 'rilievo'? O il nostro moderatore ci tiene in modo particolare?
----------------------
Preferisci parlare dei terroristi rossi che uccidono e hanno ucciso in questi ultimi anni?

marcejap
13-12-02, 18:54
Originally posted by mustang
----------------------
Preferisci parlare dei terroristi rossi che uccidono e hanno ucciso in questi ultimi anni?


A me piacerebbe sapere a chi giovano questi terroristi rossi. Alla sinistra no di certo. Ma forse questi sono argomenti di cui è meglio non parlare, eh?

Pieffebi
13-12-02, 20:35
Questa domanda è sciocca, infatti. Un terrorista non si chiede a chi giova, giacchè è convinto di giovare alla propria causa. Se di destra......per la difesa della Civiltà della Razza Bianca dal giudeocapitalismo o dal giudeobolscevismo, se di sinistra per l'emancipazione del proletariato mondiale e dei popoli oppressi dall'imperialismo capitalistico e dallo Stato Imperialista delle Multinazionali. Il resto è dietrologia che serve a chi vuole fare lo struzzo.

Shalom!

marcejap
13-12-02, 20:44
Originally posted by Pieffebi
Questa domanda è sciocca, infatti. Un terrorista non si chiede a chi giova, giacchè è convinto di giovare alla propria causa. Se di destra......per la difesa della Civiltà della Razza Bianca dal giudeocapitalismo o dal giudeobolscevismo, se di sinistra per l'emancipazione del proletariato mondiale e dei popoli oppressi dall'imperialismo capitalistico e dallo Stato Imperialista delle Multinazionali. Il resto è dietrologia che serve a chi vuole fare lo struzzo.

Shalom!



Che la domanda sia sciocca lo pensi te. Non c'è dubbio che un terrorista sia convinto della giustezza della sua causa, ma io, che non lo sono e non mi interessano le cause propugnate in tale barbaro modo, non posso fare a meno, viste le reazioni di questo tipo dell'opinione pubblica nazionale e mondiale, a chi giovi questo violento metodo di lotta.

Sayonara

Pieffebi
13-12-02, 21:04
Non giova alle vittime, non giova alle democrazia, non giova ai democratici, di destra, di centro o di sinistra che siano. Quelli che fanno dietrologia non sono buoni democratici, e forse si giovano del terrorismo nel momento stesso in cui si domandano a chi giova, per attribuire i terroristi del proprio colore (e quasi ogni colore, inteso in senso MOLTO lato, ha purtroppo... i suoi terroristi) furbescametne all'avversario. Anzi così facendo chi così ragiona non si giova del terrorismo....ma piuttosto giova ai terroristi, che ne possono ridere, e continuare a "lavorare" indisturbati.

Shalom!

marcejap
13-12-02, 21:10
Originally posted by Pieffebi
Non giova alle vittime, non giova alle democrazia, non giova ai democratici, di destra, di centro o di sinistra che siano.



Allora 'sti terroristi sono scemi. Continuano ad uccidere e terrorizzare malgrado poi li condannino tutti, sia da destra che da sinistra. Ma che lo fanno a fare? Ci provano gusto a sentirsi cani sciolti, scheggie impazzite della nostra società?
Però poi quando dei terroristi "rossi" uccidono dei collaboratori ministeriali, sia quando c'è un governo di sinistra, sia quando c'è un governo di destra, ecco che torna il pericolo komunista, argomento facile e comodo da sbandierare. La strumentalizzazione è una brutta bestia. Specialmente per chi ne fa uso smodato.

Pieffebi
13-12-02, 21:15
Tutto questo 3d è dedicato alla storia IDEOLOGICA del comunismo combattente, se avrai la pazienza di leggerlo, troverai che sono indicate le matrici comuni alla sinistra rivoluzionaria classica internazionale, ma anche le ragioni di diversificazione e netta contrapposizione. Da parte mia non c'è su questo piano alcuna confusione.
Che i terroristi non siano sotto certi aspetti molto svegli, è vero. Del resto anche fascisti e comunisti in genere, non lo sono, visto che persistono nel credere alle rispettive ideologie già radicalmente condannate dalla Storia.

E' infine vero che in certi momenti storici ci sono delle forze che cercano di strumetalizzare e anche utilizzare i terroristi. Vedasi gli Stati canaglia nel caso del terrorismo internazionale, per fare un solo esempio attualissimo.

Cordiali saluti

mustang
13-12-02, 23:46
...di marce jap la cosidetta bomba fascista di Bologna l'hanno messa i brigatisti rossi; camuffati da fascisti, se no a chi giovava quella strage?
E l'Italicus lo ha distrutto quanche commando democristiano di sinistra?
E in piazza della Loggia di Brescia sono stati i verdi a mettere la bomba?

Tutto molto interessante e pieno di ...sorprese!!

ugotassinari
14-12-02, 01:34
Originally posted by mustang
...di marce jap la cosidetta bomba fascista di Bologna l'hanno messa i brigatisti rossi; camuffati da fascisti, se no a chi giovava quella strage?

Una delle più accanite sostenitrici dell'innocenza di Francesca Mambro (condannata definitivamente) nella strage di Bologna
è Anna Laura Braghetti, la vivendiera della "prigione del popolo" in cui è stato rinchiuso Aldo Moro


..
E l'Italicus lo ha distrutto qualche commando democristiano di sinistra?

Noi non sappiamo chi ha messo la bomba dell'Italicus. Quel che è certo è che l'attentato era collegato a un progetto di golpe bianco in cui c'erano quadri storici dell'antifascismo atlantico (Sogno e Pacciardi), quadri operativi della provocazione anticomunista (Cavallo), con il patrocinio politico del referente pubblico della centrale atlantista (nell'ordine Gelli e P2) e NESSUN FASCISTA
O si comincia a capire che in quegli anni l'Italia è stata soltanto uno dei fronti della guerra a bassa intensità tra Est ed Ovest (con un bel po' di gente che si giocava in proprio le sue partite) o non si va lontano...
umt

mustang
14-12-02, 11:39
...idee e chiamiamole con il loro nome: brigate rosse; gruppi neri; brigate bianche e fasci verdi.
E, naturalmente, commandi con stellette sulla divisa e con stellette nascoste.

Mancano i preti, robusta avanguardia e punta di diamante dello Stato Vaticano. Li lasciamo fuori?

saluti

Crack!
16-12-02, 01:00
Originally posted by ugotassinari
Una delle più accanite sostenitrici dell'innocenza di Francesca Mambro (condannata definitivamente) nella strage di Bologna
è Anna Laura Braghetti, la vivendiera della "prigione del popolo" in cui è stato rinchiuso Aldo Moro


Noi non sappiamo chi ha messo la bomba dell'Italicus. Quel che è certo è che l'attentato era collegato a un progetto di golpe bianco in cui c'erano quadri storici dell'antifascismo atlantico (Sogno e Pacciardi), quadri operativi della provocazione anticomunista (Cavallo), con il patrocinio politico del referente pubblico della centrale atlantista (nell'ordine Gelli e P2) e NESSUN FASCISTA
O si comincia a capire che in quegli anni l'Italia è stata soltanto uno dei fronti della guerra a bassa intensità tra Est ed Ovest (con un bel po' di gente che si giocava in proprio le sue partite) o non si va lontano...
umt

Meno male ! La braghetti sostiene accanitamente che la mambro non c'entra nulla con la strage di bologna e quindi non son stati i fascisti !!! E in quegli anni di tensioni e di "guerre a bassa intensità" tra est e ovest, ordine nuovo e gruppi simili erano alla finestra, a guardare quel che succedeva, impietriti dalla paura !!
Finalmente un pò di luce sulle stragi italiane !!

ugotassinari
16-12-02, 02:02
Originally posted by Crack!


Meno male ! La braghetti sostiene accanitamente che la mambro non c'entra nulla con la strage di bologna e quindi non son stati i fascisti !!! E in quegli anni di tensioni e di "guerre a bassa intensità" tra est e ovest, ordine nuovo e gruppi simili erano alla finestra, a guardare quel che succedeva, impietriti dalla paura !!
Finalmente un pò di luce sulle stragi italiane !!

Ma no. Che in una strage ci sia stata manovalanza fascista (Vinciguerra a Peteano) è certezza giudiziaria e storica. Che altre stragi siano state opera di manovalanza fascista per conto di apparati atlantici è un'ipotesi giudiziaria in corso di discussione processuale (condanna di primo grado per piazza Fontana, istruttoria in corso per Brescia, assoluzione in secondo grado per il Fatebenefratelli). E ipotesi storica ampiamente condivisa a prescindere dalle responsabilità penali (che restano individuali, grazie a Dio). L'Italicus è ugualmente collegato ai tentativi golpisti di ultrà atlantici, falliti per le dimissioni di Nixon, pochi giorni dopo: ma il principale sospettato, dopo l'assoluzione di Tuti, e cioè il bombarolo nero Augusto Cauchi (confidente dei servizi e finanziato da Gelli) non è stato neanche mandato a processo.
Per finire la strage di Bologna: solo i componenti del comitato delle vittime e due giornalisti sono rimasti a credere nella colpevolezza di Mambro e Fioravanti. Là c'entra poco est ed ovest: è piuttosto questione di nord e sud (cioè un seguito sanguinoso dell'incidente di Ustica, e cioè il conflitto nei cieli tra aerei Usa e/o francesi con Mig libici il 28 giugno che portò alla caduta dell'aereo dell'Itavia partito da Bologna..)
umt

Dario
16-12-02, 11:00
Originally posted by mustang
Preferisci parlare dei terroristi rossi che uccidono e hanno ucciso in questi ultimi anni? Perchè, ogni tanto, anche le persone intelligenti non possono esimersi dal fare domande sciocche?

Il Pasquino
16-12-02, 17:09
Originally posted by mustang
..idee e chiamiamole con il loro nome: brigate rosse; gruppi neri; brigate bianche e fasci verdi.
E, naturalmente, commandi con stellette sulla divisa e con stellette nascoste.

Mancano i preti, robusta avanguardia e punta di diamante dello Stato Vaticano. Li lasciamo fuori?

saluti
Scusate ma si continua a fare confusione tra attentati dinamitardi il cui scopo è soprattutto quello di far accrescere le misure di sicurezza e quindi a sostenere ricorsi a forme di governo meno democratico perché è quello che si vuole e coloro che invece effettuano attentati ed omicidi mirati per manifestare in modo non democratico perché forse non riescono a far passare il proprio messaggio di insofferenza in modo democratico ma anche perché puntano, con l’eliminazione di un “servo dello stato”, a creare spaccature tra i vari stati sociali e spingere i ceti forti in quel momento al potere a prendere decisioni forti dure ed impopolari in modo da sostenere la naturale ribellione del popolo.

Questa è una scelta che però ha come forte contropartita che il popolo, anche coloro che erano o sarebbero stati con loro, che gli eventuali brigatisti o chi per loro intendevano rappresentare o per meglio dire le loro insofferenze si dissocino inorridito dal clima di terrore generato.

In questo bene hanno sempre ben operato gli organi di stampa che ben rappresentavano il potere, facendo apparire sempre l’assassinato non come carnefice od esecutore di volontà egemoniche o settoriali ma come vittima di una violenza terroristica diretta contro tutti noi.

Si badi quello che sto cercando di fare è solo un’analisi di ciò che forse rappresentano questo tipo di attentati senza voler entrare nel merito della correttezza o voler giustificare atti violenti e che come tali sono sempre da aborrire.
Cioè sto solo provando ad “indossare” i panni del terrorista per comprenderne le ragioni e che poi animano ed hanno animato molte mani omicide.
Saluti

mustang
16-12-02, 23:58
Originally posted by il Pasquino

Scusate ma si continua a fare confusione tra attentati dinamitardi il cui scopo è soprattutto quello di far accrescere le misure di sicurezza e quindi a sostenere ricorsi a forme di governo meno democratico perché è quello che si vuole e coloro che invece effettuano attentati ed omicidi mirati per manifestare in modo non democratico perché forse non riescono a far passare il proprio messaggio di insofferenza in modo democratico ma anche perché puntano, con l’eliminazione di un “servo dello stato”, a creare spaccature tra i vari stati sociali e spingere i ceti forti in quel momento al potere a prendere decisioni forti dure ed impopolari in modo da sostenere la naturale ribellione del popolo.

Questa è una scelta che però ha come forte contropartita che il popolo, anche coloro che erano o sarebbero stati con loro, che gli eventuali brigatisti o chi per loro intendevano rappresentare o per meglio dire le loro insofferenze si dissocino inorridito dal clima di terrore generato.

In questo bene hanno sempre ben operato gli organi di stampa che ben rappresentavano il potere, facendo apparire sempre l’assassinato non come carnefice od esecutore di volontà egemoniche o settoriali ma come vittima di una violenza terroristica diretta contro tutti noi.

Si badi quello che sto cercando di fare è solo un’analisi di ciò che forse rappresentano questo tipo di attentati senza voler entrare nel merito della correttezza o voler giustificare atti violenti e che come tali sono sempre da aborrire.
Cioè sto solo provando ad “indossare” i panni del terrorista per comprenderne le ragioni e che poi animano ed hanno animato molte mani omicide.
Saluti
---------------------------
Di quale tipo di terrorista tenti di indossare i panni?
Vediamo: abbiamo il terrrorista dell'Ira, che si è lasciato "suicidare" nelle galere inglesi; quello palestinese, che si suicida nelle balere dei nemici; il terrorista di professione, che piazza la bomba un tanto al kilo; quello politico, che sogna il futuro rosso o nero; quello economico, che crea caos per fare affari; quello "dello Stato", che nel caos nasconde le sue magagne e ruberie.

manos
17-12-02, 15:07
Originally posted by mustang

-------------------------------------------
Perchè disturbarsi per fare una legge inutile? Non ne vale la pena.
L'idea "comunista" è già morta "suicidata".
I comunisti, e sono ancora tanti ma ora si vergognano di dirlo, sono alla disperazione e allo sbando.
Patetici.

Io sono COMUNISTA e non mi vergogno proprio per niente di esserlo. Direi che dovrebbero vergognarsi tutti quelli come te !!!
Complici consapevoli di un governaccio composto da personaggi
oscuri, in malafede, evasori, corruttori, mafiosi, razzisti, bugiardi, vigliacchi, guerrafondai, speculatori e tanto altro. Non siamo noi COMINISTI ad essere allo sbando e alla disperazione, ma lo è tutta una nazione, grazie a questo meraviglioso governo e a tutti i SERVI come te.
COMUNISTA PIU'DI SEMPRE!!!! Grazie a voi.

Dario
17-12-02, 19:22
Originally posted by mustang
Di quale tipo di terrorista tenti di indossare i panni?
Vediamo: abbiamo il terrrorista dell'Ira, che si è lasciato "suicidare" nelle galere inglesi; quello palestinese, che si suicida nelle balere dei nemici; il terrorista di professione, che piazza la bomba un tanto al kilo; quello politico, che sogna il futuro rosso o nero; quello economico, che crea caos per fare affari; quello "dello Stato", che nel caos nasconde le sue magagne e ruberie. Guarda che ne hai dimenticato qualcuno.....

Pieffebi
17-12-02, 22:33
da www.lastampa.it

" Napoli, catturato il brigatista Pegna

17 dicembre 2002



NAPOLI. Il brigatista Michele Pegna è stato catturato in piazza Garibaldi, davanti alla stazione centrale di Napoli, mentre stava entrando in una cabina telefonica.

Gli agenti della Digos di Roma e i loro colleghi di Napoli tenevano sotto controllo la zona già da tempo.Pegna, contro cui la Procura di Roma aveva spiccato un ordine di cattura per appartenenza alle Br Pcc, si nascondeva nella casa della sua compagna.

L'uomo, 43 anni, latitante dal gennaio duemila, quando fu scarcerato dall'istituto di detenzione di Trani, fu protagonista negli anni ottanta del processo ai Colp (Comunisti Organizzati per la Liberazione Proletaria), organizzazione clandestina, nata sulle ceneri di Prima Linea e in collegamento con i latitanti italiani in Francia, vicini ai terroristi di Action Directe .

La corte d'appello d'assise di Firenze nel novembre del 1986 lo condannò insieme ad altri otto imputati a 9 anni, 11 mesi e 25 giorni di carcere. L'anno prima Pegna era già stato tra i protagonisti del processo in corte d'assise a Bologna, denominato «Prima Linea Bis».

Tre anni dopo, nel marzo dell'88, durante il processo d'appello al troncone bolognese di «Prima Linea Bis», Pegna, originario di Reggio Calabria, lesse un proclama che invitava a «costruire e rafforzare il fronte rivoluzionario antimperialista». L'accusa per lui e i suoi compagni -43 imputati- era di associazione e partecipazione a banda armata, rapina, furto e detenzione di armi ed esplosivo».

Nel giugno dello stesso anno Pegna è protagonista di un'azione clamorosa mentre veniva trasferito dal carcere di Palmi a quello di Trani. Passando i controlli, sotto il metal detector, venne segnalata la presenza su di lui di un oggetto sospetto. L'uomo aveva addosso una miccia, un seghetto, insieme a trenta grammi di plastico. "


Saluti liberali

Il Pasquino
18-12-02, 11:10
Originally posted by mustang
---------------------------
Di quale tipo di terrorista tenti di indossare i panni?
Vediamo: abbiamo il terrrorista dell'Ira, che si è lasciato "suicidare" nelle galere inglesi; quello palestinese, che si suicida nelle balere dei nemici; il terrorista di professione, che piazza la bomba un tanto al kilo; quello politico, che sogna il futuro rosso o nero; quello economico, che crea caos per fare affari; quello "dello Stato", che nel caos nasconde le sue magagne e ruberie.
Il titolo è "Terrorismo Rosso"!

mustang
18-12-02, 11:47
....manos, che noi della CdL, quando ci ritroviamo quelle rare volte in piazza, non ci nascondiamo il volto, come vediamo fare a tantissimi di voi marcianti sotto la bandiera rossa.
O vi vergognate oppure avete qualcosa da nascondere.

Chiaro, compagno sardo?

Dario
18-12-02, 16:06
Originally posted by mustang
....manos, che noi della CdL, quando ci ritroviamo quelle rare volte in piazza, non ci nascondiamo il volto, come vediamo fare a tantissimi di voi marcianti sotto la bandiera rossa.
O vi vergognate oppure avete qualcosa da nascondere.
Chiaro, compagno sardo? Negativo, camerata leghista.

Quelli che si coprono il volto sotto la bandiera rossa, sono da paragonare con quelli che si coprono il volto sotto le svastiche e le croci uncinate. Estremisti di sinistra quelli, estremisti di destra questi.

Perchè volete sempre barare? Una volta la destra non era così. Qualcuno vi ha traviato? Riprendetevi ragazzi, eravate più simpatici prima.

manos
20-12-02, 21:14
Originally posted by mustang
....manos, che noi della CdL, quando ci ritroviamo quelle rare volte in piazza, non ci nascondiamo il volto, come vediamo fare a tantissimi di voi marcianti sotto la bandiera rossa.
O vi vergognate oppure avete qualcosa da nascondere.

Chiaro, compagno sardo?


....Ti ha risposto bene Dario, non aggiungo altro.
Più comunista di sempre ogni volta che vi leggo.

Pieffebi
16-01-03, 14:06
da il quotidiano IL GIORNALE

" il Giornale del 16/01/2003


--------------------------------------------------------------------------------

Pisanu: possibili collegamenti fra terroristi islamici e italiani

--------------------------------------------------------------------------------

Anche in Parlamento si riparla di terrorismo, non solo interno ma pure internazionale. E con la preoccupazione che, nei possibili intrecci tra entrambi, incomba il pericolo di quello più minaccioso e d'attualità: (islamico. Cosicché, se non è già àllarme diffuso, è quanto meno preallarme da attentati. Si è capito dalle preoccupate anche se generiche (per il momento) parole del ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu. Il quale, ieri, nel corso del suo question tifne a Montecitorio, affrontando, tra gli altri, gli ultimi episodi di intimidazioni brigatiste e anarchiche verificatesi in Italia, ha profilato il rischio che "l'evolvere della situazione internazionale possa favorirè collegamenti tra gruppi terroristici endogeni e quelli dì matrice islamica".
Tanto è bastato perché il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, parlando di "allarme del ministro" e apprezzando "la sua disponibilità a riferire più compiutamente al Parlamento", ha detto che queste apprensione "non possono essere lasciate cadere".
Dovrebbe essere imminente, dunque, anche un dibattito in aula, oltre che in commissione. "Sottoporrò immediatamentè ai presidente di gruppo - ha preannunciato difatti Casini- l'opportunità di un confronto più completo per poi stabilire insieme come organizzare questo appuntamento parlamentare".
Per Pisanu, evidentemente aggiornato dalle informative dei servizi segreti, dei Ros, della Ps e soprattutto della Finanza, il fenomeno terroristico si rifà all'anarco-nsurrezionalismo e si caratterizza "per una presenza diffusa sul territorio nazionale, per i solidi legami internazionali e per la capacità di operare secondo moduli capillari".
Uno di questi "moduli", a quanto è trapelato, sarebbe quello di
cui si occupa un dossier investigativo delle fiamme gialle sulla rete finanziaria (in parte già sgominata) dei fiancheggiatori italiani di Osama Bin Laden e di Al Qaida. Un giro coperto di affari che si aggita su qualcosa come dieci milioni di curo, dei quali ne sono stati bloccati solo 3 milioni e 700mila. Diversi sono invece i connotati delle organizzazioni di stampo marxista-leninista (come quelle dogli omicidi D'Antona e Biagi) che "si presentano come un insieme di sigle, alcune delle quali si richiamano alle Br, ne proclamano la continuità ideologica e pratica riaffermando la scelta della lotta armata". Insomma, due filoni terroristici, "ma è da ritenere che in qualche caso si siano saldati e anche estesi, come forse accade in Sardegna, al ribellismo separatista e alla criminalità locale". Quanto ai gruppi islamici, i più temibili perché s'inseriscono in un clima reso incandescente dalla polemica politica, essi - ha detto Pisanu - "nonostante le perdite subite dopo 1'll settembre, continuano ad essere molto attivi fn Italia e, pur svolgendo funzioni prevalentemente logistiche nel contesto di ùn a rete europea e intercontinentale, sono tuttavia capaci di passare all'azione diretta". Insomma, la minaccia non è potenziale. È concreta. Ci sono già troppi episodi vecchi e recenti che lo confermano in altri Paesi europei perché non si sia allenato anche il nostro. Che difatti "ha già predisposto tutte le misure possibili e più idonee di prevenzione". Basteranno? "

Shalom!

Pieffebi
18-02-03, 20:05
up! per atterraggio morbido

Il Pasquino
20-02-03, 04:25
Originally posted by mustang
---------------------------
Di quale tipo di terrorista tenti di indossare i panni?
Vediamo: abbiamo il terrrorista dell'Ira, che si è lasciato "suicidare" nelle galere inglesi; quello palestinese, che si suicida nelle balere dei nemici; il terrorista di professione, che piazza la bomba un tanto al kilo; quello politico, che sogna il futuro rosso o nero; quello economico, che crea caos per fare affari; quello "dello Stato", che nel caos nasconde le sue magagne e ruberie.

Certamente non di questi i cui fini sono ben chiari e che lei ha ben enumerato.
Il problema è cercare di analizzare il fine di quegli attentali che apparentemente non hanno motivazione.

Saluti

mustang
20-02-03, 23:43
...terrorismo organizzato ha troppo bisogno di quattrini per non aver scopi, nessuno spende soldi e rischia la vita per niente.
La bomba della "mafia" apparentemente è inspiegabile, ma botto dopo botto è servita a ritagliarsi un suo spazio vitale molto redditizio.
La bomba "palestinese" è servita a spaventare i "non ebrei", a farsi conoscere e temere, a ricattare potenti, a richiamare banditi, per fare i soldi che servono alla causa. E a riempire le casse di qualche capoccia.
Il terrorismo "israeliano" contro il Protettorato inglese servì per fiaccare moralmente e finanziariamente i protettori, tener viva in qualche modo l'attenzione del mondo sul "problema ebreo" e sul progetto di uno Stato per i superstiti dell'Olocausto.
Pensa che il capo dell'Irgun, che organizzava attentati contro gli inglesi, divenne dopo anni il premier israeliano che a Camp David firmò i famosi trattati coi palestinesi; un terrorista, per di più di destra, che divenne il primo capo di Governo israeliano a firmare un accordo non con inglesi, americani, egiziani, siriani, ma con i palestinesi.

saluti

Il Pasquino
21-02-03, 01:24
Originally posted by mustang
...terrorismo organizzato ha troppo bisogno di quattrini per non aver scopi, nessuno spende soldi e rischia la vita per niente.
La bomba della "mafia" apparentemente è inspiegabile, ma botto dopo botto è servita a ritagliarsi un suo spazio vitale molto redditizio.
La bomba "palestinese" è servita a spaventare i "non ebrei", a farsi conoscere e temere, a ricattare potenti, a richiamare banditi, per fare i soldi che servono alla causa. E a riempire le casse di qualche capoccia.
Il terrorismo "israeliano" contro il Protettorato inglese servì per fiaccare moralmente e finanziariamente i protettori, tener viva in qualche modo l'attenzione del mondo sul "problema ebreo" e sul progetto di uno Stato per i superstiti dell'Olocausto.
Pensa che il capo dell'Irgun, che organizzava attentati contro gli inglesi, divenne dopo anni il premier israeliano che a Camp David firmò i famosi trattati coi palestinesi; un terrorista, per di più di destra, che divenne il primo capo di Governo israeliano a firmare un accordo non con inglesi, americani, egiziani, siriani, ma con i palestinesi.

saluti
Sinceramente, ritengo che veda troppo la parte economica, che indubbiamente c'è in un conflitto terroristico o meno ma spesso vi sono le persone che "ci credono". Prenda ad esempio i palestinesi che si fanno saltare in aria con l'esplosivo, o coloro che hanno guidato gli aerei contro le Twin Towers. Crede che lo abbiano fatto per un ritorno economico? Per fare arricchire le proprie famiglie?

Sicuramente qualcuno ci specula e ci ha speculato sopra economicamente, si vocifera che persino Bin Laden sapendo in anticipo dell'attentato avesse puntato sul ribasso delle borse dopo l1 settembre. Ma alcune persone si sono fatte uccidere senza alcun ritorno economico. Solo per un principio.

A qualcuno può sfuggire questo concetto ma per molti può essere una ragione anche per morire.

Finchè non avrete "questa sensibilità" difficilmente riuscirete a capire le ragioni alla base del terrorismo.

Saluti

Il Pasquino
21-02-03, 01:28
A proposito.
Quello degli ebrei inpalestina non lo definerei terrorismo.

Erano assalti a postazioni ed insediamenti militari e non attacchi a popolazioni civili inermi.

Altrimenti dovremmo definire atti di terrorismo anche quelli dei partigiani, la rivoluzione americana o le cinque giornate di Milano!;)

Saluti

kid
21-02-03, 12:52
il terrorismo sono gli atti contro i civili inermi, non l'attacco ai militari, nemmeno se dormono. Altrimenti cos'è l'agguato di via Rasella, adesso, terrorismo?

Pieffebi
21-02-03, 14:02
L'attacco di via Rasella è un attentato terroristico, non punibile perchè rientra in un contesto di guerra. Sarebbe punibile se si dimostrasse che aveva come secondo fine la liquidazione, tramite la prevista rappresaglia, dei gruppi antifascisti anticiellenisti e concorrenti, come sembra poter emergere con una certa fondatezza in sede storiografica.

Shalom!!!

kid
21-02-03, 14:11
ma colpire i militari tedeschi non riesco a considerarlo terrorismo. Posso discutere dell'opportunità politica, comunque non conosco la documentazione storiografica dell'episodio.

Il Pasquino
21-02-03, 22:45
Originally posted by Pieffebi
L'attacco di via Rasella è un attentato terroristico, non punibile perchè rientra in un contesto di guerra. Sarebbe punibile se si dimostrasse che aveva come secondo fine la liquidazione, tramite la prevista rappresaglia, dei gruppi antifascisti anticiellenisti e concorrenti, come sembra poter emergere con una certa fondatezza in sede storiografica.

Shalom!!!
Ho la massima stima per lei ma in questo caso mi sembra palesemente in errore.

Come può considerare terrorismo l'esplosione di una bomba che uccide dei soldati con una divisa diversa di quel paese in cui si trovano e quindi occupanti.

Se la bomba l'avessero messa dei commandos alleati lo definirebbe attentato?

Allora dipende da chi la mette?

Se invece di uccidere dei soldati avesse fatto saltare postazioni nemiche aerei od altro sarebbe attentato?
Allora tutta la guerra è formata da attentati?

"Terrorismo" deriva da "terrorizzare" cioè "sopraffare col terrore", "diffondere il terrore con azioni criminose" (dal Devoto-Oli). Quella bomba non ha terrorizzato la popolazione ma ha ucciso dei soldati di un esercito occupante. Dove lo vede il terrorismo in tutto ciò?

Al limite sarebbe più corretto parlare di terrorismo quando si facevano certi bombardamenti sulla popolazione civile allo scopo di fiaccare le retroguardie di un esercito o per incutere sfiducia nella popolazione. Appunto per terrorizzarla come con le V1 o le V2.

Saluti

Pieffebi
21-02-03, 23:05
Tecnicamente fu un attentato terroristico, come altri. Non fu un conflitto armato a viso aperto, e non fu un attacco a un reparto militare in fase di schieramento per la battaglia. L'obiettivo dei militari tedeschi fu di ripiego. In un primo momento si era pensato di attaccare un corteo fascista che si sarebbe dovuto tenere per l'anniversario di fondazione dei fasci.
Scrive lo storico comunista Paolo Spriano a pag. 185 del V volume della sua "Storia del Partito Comunista Italiano" (Einaudi):
" Le azioni gappistiche provocarono regolarmente rappresaglie, fucilazioni di ostaggi, enorme emozione nelle città. Si tratta anche si superare, se non la vera e propria ostilità, le riserve più aperte da parte di altre forze politiche antifasciste che consideravano controproducente e troppo rischiosa l'arma terroristica ".
Vi era una esatta consapevolezza dei gappisti di fare del terrorismo, dunque non vedo in che cosa consista l'obiezione.
Il terrorismo era considerato legittima iniziativa di guerra, e tale fu considerato anche dalla magistratura nel dopoguerra, anche sulla base della legislazione che dichiarava non punibili i reati commessi dai combattenti antifascisti durante azioni di guerra.

Saluti liberali

Il Pasquino
22-02-03, 00:05
Originally posted by Pieffebi
Tecnicamente fu un attentato terroristico, come altri. Non fu un conflitto armato a viso aperto, e non fu un attacco a un reparto militare in fase di schieramento per la battaglia. L'obiettivo dei militari tedeschi fu di ripiego. In un primo momento si era pensato di attaccare un corteo fascista che si sarebbe dovuto tenere per l'anniversario di fondazione dei fasci.
Scrive lo storico comunista Paolo Spriano a pag. 185 del V volume della sua "Storia del Partito Comunista Italiano" (Einaudi):
" Le azioni gappistiche provocarono regolarmente rappresaglie, fucilazioni di ostaggi, enorme emozione nelle città. Si tratta anche si superare, se non la vera e propria ostilità, le riserve più aperte da parte di altre forze politiche antifasciste che consideravano controproducente e troppo rischiosa l'arma terroristica ".
Vi era una esatta consapevolezza dei gappisti di fare del terrorismo, dunque non vedo in che cosa consista l'obiezione.
Il terrorismo era considerato legittima iniziativa di guerra, e tale fu considerato anche dalla magistratura nel dopoguerra, anche sulla base della legislazione che dichiarava non punibili i reati commessi dai combattenti antifascisti durante azioni di guerra.

Saluti liberali

Mi dispiace ma definire quell'atto un atto di terrorismo anche se tecnicamente può essere stato effettuato nello stesso modo (sarebbe più corretto dire che sempre più gli attentati terroristici assumono tecniche militari ricordiamo ad esempio il rapimento di A. Moro) non può essere inserito tra gli atti terroristici.

Come le ho fatto notare il terrorismo punta ad incutere terrore e non si può credere di incutere terrore a chi sta già compiendo atti di guerra.

Torno a ripetere che se vogliamo includere queste azioni contro obbiettivi militari tra le azioni di terrorismo dovremmo includere anche tutte le azioni militari eseguite dietro le linee nemiche e questo sinceramente mi sembra assurdo.

A parte il frangente militare in cui si sono svolte, anche il semplice colpire truppe od obiettivi militari di un esercito occupante non può essere considerato terrorismo.

Non vi è nulla di terroristico nel difendersi militarmente da un esercito invasore.

Ricordo che per inciso lo stesso esercito Yugoslavo all'epoca di Tito era organizzato in bande di guerriglia. Volendo mantenere l'equidistanza fra i blocchi e non potendo fronteggiare, né il Patto atlantico né quello di Varsavia, Tito organizzò in quel modo il suo esercito. Tanto da poter affermare con orgoglio che, qualunque esercito avesse invaso la Yugoslvia, non l'avrebbe potuta mantenere e che per occupare militarmente la Yugoslavia era necessario un esercito di un milione di uomini.

Purtroppo le conseguenze le abbiamo poi potute vedere nelle varie guerre scatenatesi nella penisola balcanica. Eserciti in grado di fare guerriglia per anni, fabbriche di munizioni negli scantinati delle case ed in mancanza di obbiettivi militari facilmente individuabili si colpiva la popolazione civile.

Il bombardare mercati o persone in fila per i pane erano, quelli sì, atti di terrorismo contro la popolazione, degne del miglior(!) Bin Laden!

Con stima.

Pieffebi
22-02-03, 00:15
Quale sarebbe lo scopo militare di attaccare un reparto di poliziotti in movimento, o un corteo di fascisti che celebra un anniversario importante per il regime?
Qui non si discute la sacrosanta legittimità della Resistenza al "nazi-fascismo", nè degli stessi attentati del tipo di quello di via Rasella. Si discute se quello di via Rasella possa tecnicamente o meno essere definito terroristico.
E l'assassinio di Giovanni Gentile o del Ghisellini sono ...atti di guerra? Furono di certo commessi nell'ambito della guerra civile di liberazione, ma presi in sè....

Saluti liberali

Il Pasquino
22-02-03, 17:11
Originally posted by Pieffebi
Quale sarebbe lo scopo militare di attaccare un reparto di poliziotti in movimento, o un corteo di fascisti che celebra un anniversario importante per il regime?
Qui non si discute la sacrosanta legittimità della Resistenza al "nazi-fascismo", nè degli stessi attentati del tipo di quello di via Rasella. Si discute se quello di via Rasella possa tecnicamente o meno essere definito terroristico.
E l'assassinio di Giovanni Gentile o del Ghisellini sono ...atti di guerra? Furono di certo commessi nell'ambito della guerra civile di liberazione, ma presi in sè....

Saluti liberali
L'unica polizia in quel periodo era la Ghestapo e non è proprio il caso di considerarla "civile".

Certo se consideriamo che i Carabnieri svolgono funzioni di polizia anche sparare ad un carabiniere in servizio in qualche paese potrebbe in questo modo essere considerato terrorrismoa.
MA, la differenza è che anche se svolgono ANCHE funzioni civili SONO MILITARI!

La funzione di un militare in un paese che non sia il suo e che non sia stato invitato direttamente da quel paese è chiaro come la luce del sole.

Pertanto dato che quei tedeschi o dichiaratesi come tali dato che indossavano le divise di un esercito che non era il nostro erano militari di esercito occupante e quindi obbiettivi militari.
Discorso diverso se si fosse trattato di fare esplodere una bomba in un comizio od in una manifestazione.
Non ci sarebbe stata differenza con quella esplosa a piazza della Loggia. Le ideologie o le situazioni non attribuiscono alcun velo di interpretazione ad un fatto che avrebbe avuto un ben altro significato.

Come ha ben definito quegli altri sono solo degli ASSASSINI, dei "regolamenti di conto" che non possono essere giustificati come si è fatto in Italia dal fatto che fossero avvnuti in situazioni di guerra.

Altrimenti non dovrebbero esistere i tribunali di guerra ed i tribunali sui crimini di guerra.

Una azione militare è una azione militare, un assassinio è un assassinio, un attentato terroristico è un attentato terroristico. indipendentemente dal come avvengono i fatti o dalla situazione.

Dobbiamo tenere le cose ben distinte!

Pieffebi
22-02-03, 18:51
Il fine dell'attentato non era certo quello di neutralizzare un forza combattente. E quell'obiettivo era, come detto e come risaputo, di ripiego rispetto alla liquidazione di un corteo fascista. La finalità era dunque la stessa (nel caso dei poliziotti e dei comizianti) e non consisteva certo, in quel contesto e con quelle modalità, nella liquidazione di una forza combattente nemica, ma di un atto dimostrativo teso a testimoniare l'esitenza di una forza militare capace di colpire fascisti e nazisti all'interno della Citta Aperta, infondendo insicurezza (paura anche dietro le linee) fra gli avversari. Le finalità erano politiche e propagandistiche e di creazione di sconcerto. Le finalità parallele, in fase di valutazione storiografica, consistevano nello scatenare scientemente la rappresaglia per:
a) rendere sempre più odioso il regime di occupazione;
b) provocare la liquidazione di diecine di antifascisti di formazioni concorrenti al PCI, tra cui i "trotzkysti" del gruppo di "Bandiera Rossa", finiti in oltre 60 fra le vittime dell'atroce rappresaglia delle Ardeatine, insieme a "badogliani" ed ebrei.

Shalom!!!!

Il Pasquino
23-02-03, 00:38
Originally posted by Pieffebi
Il fine dell'attentato non era certo quello di neutralizzare un forza combattente. E quell'obiettivo era, come detto e come risaputo, di ripiego rispetto alla liquidazione di un corteo fascista. La finalità era dunque la stessa (nel caso dei poliziotti e dei comizianti) e non consisteva certo, in quel contesto e con quelle modalità, nella liquidazione di una forza combattente nemica, ma di un atto dimostrativo teso a testimoniare l'esitenza di una forza militare capace di colpire fascisti e nazisti all'interno della Citta Aperta, infondendo insicurezza (paura anche dietro le linee) fra gli avversari. Le finalità erano politiche e propagandistiche e di creazione di sconcerto. Le finalità parallele, in fase di valutazione storiografica, consistevano nello scatenare scientemente la rappresaglia per:
a) rendere sempre più odioso il regime di occupazione;
b) provocare la liquidazione di diecine di antifascisti di formazioni concorrenti al PCI, tra cui i "trotzkysti" del gruppo di "Bandiera Rossa", finiti in oltre 60 fra le vittime dell'atroce rappresaglia delle Ardeatine, insieme a "badogliani" ed ebrei.

Shalom!!!!

Giustamente parlate di "fine".
Quello che si proponessero alcuni NON HA ALCUN PESO.
Le idee non hanno peso.

A me piace parlare di FATTI.

So che alcuni di voi si cibano di pane ed ideologie a me non interessanno affatto!

Al di là degli intenti il fatto resta. Sono saltati in aria dei militari con una divisa diversa da quella del paese in cui si trovavano.

Dato che non erano stati "invitati" da nessuno si è trattato di un atto di guerra e sarebbe stato tale anche se non fosse stata dichiarata alcuna guerra.

Non esistono interpretazioni a questo FATTO!

I comunisti saranno stati "cattivi" avranno avuto tutti loro secondi fini ma se dobbiamo leggere i fatti i fatti sono quelli! Forse volevano giocare a fare i terroristi ma QUELLA non è stata un'azione terroristica.

Sui fatti non si può discutere. Possiamo interpretare le ragioni, le cause ma l'azione in sé e per sè resta.

Salutoni

mustang
23-02-03, 12:47
...ancora, ma non ho capito bene: giudicare il fatto solo perchè è un fatto? E non giudicare o non voler sapere perchè lo si è fatto? Ho capito bene?

Uno ammazza: punto e basta? non vale la pena sapere perchè lo ha fatto? potrebbe averlo fatto perchè l'altro era solo uno stronzo, o un nero, o ebreo; o perchè stava violentando la figlia di 9 anni, o stava per ucciderlo; o stava mettendo una bomba sull'aereo in volo, o sull'aereo in partenza senza di lui (il lui omicida); o per un raptus di pazzia, per gelosia "mediterranea"...
... in base alle risposte a questi perchè una intera e costosa organizzazione è lautamente pagata solo per comminare la pena.
Che si pensa essere quella giusta. Per la società. Certamente non per l'ammazzato, il quale, potesse dire la sua opinione, probabilmente direbbe: mannaggia...se lo sapevo lo ammazzavo prima io. Ed eccoci al fatto nuovo: uno ammazza...? Punto e basta?

saluti

Pieffebi
23-02-03, 16:22
I fatti al di fuori dei loro contesti, dei loro moventi, dei loro risultati voluti e non voluti NON sono neppure fatti.

Shalom!!!!

Il Pasquino
24-02-03, 02:38
Originally posted by mustang
...ancora, ma non ho capito bene: giudicare il fatto solo perchè è un fatto? E non giudicare o non voler sapere perchè lo si è fatto? Ho capito bene?

Uno ammazza: punto e basta? non vale la pena sapere perchè lo ha fatto? potrebbe averlo fatto perchè l'altro era solo uno stronzo, o un nero, o ebreo; o perchè stava violentando la figlia di 9 anni, o stava per ucciderlo; o stava mettendo una bomba sull'aereo in volo, o sull'aereo in partenza senza di lui (il lui omicida); o per un raptus di pazzia, per gelosia "mediterranea"...
... in base alle risposte a questi perchè una intera e costosa organizzazione è lautamente pagata solo per comminare la pena.
Che si pensa essere quella giusta. Per la società. Certamente non per l'ammazzato, il quale, potesse dire la sua opinione, probabilmente direbbe: mannaggia...se lo sapevo lo ammazzavo prima io. Ed eccoci al fatto nuovo: uno ammazza...? Punto e basta?

saluti
Vede il discorso è semplice.

Se uno ha fame o è minacciato, o non ha più libertà, può essere che uccida per riottenere ciò che ha perso o gli è stato tolto illegalmente.

Questo lo giustifica forse?

Possiamo comprenderne le ragioni, ma non possiamo e soprattutto non dobbiamo condividerne i metodi quando questi sono scorretti, violenti inadeguati e soprattutto se coinvolgono persone innocenti.

Vede io sono perfettamente conscio dei diritti e delle difficoltà dei palestinesi (il mio più grande amico è un palestinese!) ma non accetto il metodo di lotta che hanno intrapreso da decenni.

Sarà consono alle loro tradizioni ma è assolutamente odioso in una logica di rispetto per la libertà altrui e per la loro vita anche se appartengono a tradizioni, etnie, tradizioni o culture diverse.

Anche loro quando vivono e conoscono le logiche del mondo moderno comprendono quanto quel modo di voler far valere le proprie ragioni con il terrorismo sia sbagliato ma coloro che le accettano vivono in un mondo tutto loro con una concezione egocentrica e centralistica del mondo che non gli fa comprendere che il terrorismo non porta a nulla.

Solo coloro che hanno determinati interessi perseverano sapendo che il terrorismo porta solo odio, rancore, fratture insanabili e guerra.

Sostenere questo metodo di lotta significa non voler cercare soluzioni.

In conclusione chi come dice lei ammazza è sempre in torto indipendentemente dalle ragioni che lo muovono.

Se però si uccide un soldato in guerra è diverso. Si tratta di leggittima difesa.

Il Pasquino
24-02-03, 02:44
Originally posted by Pieffebi
I fatti al di fuori dei loro contesti, dei loro moventi, dei loro risultati voluti e non voluti NON sono neppure fatti.

Shalom!!!!

INTERPRETARE i fatti non li può cambiare.

Mi dispiace sono un tecnico non un politico od un giudice.

Per me la scienza è ESATTA non è INTERPRETABILE come vorreste VOI!

Volere giustificare i fatti in base a contesti, movimenti, risultati voluti è un modo per voler distorcere la verità.

Tipico di certi giornalisti o storici di parte.

Saluti

mustang
24-02-03, 11:24
...non capire.

E' perfino banale dire che interpretrare "tentare di" i fatti non li può cambiare.
Una nave affonda: qualunque interpretazione e analisi del fatto non cambia ciò che è successo.
Ma potrebbe evitare altri fatti analoghi.

Si scatena un terremoto: qualunque interpretazione e analisi del fatto non cambia ciò che è successo, e che succederà sempre comunque; però con la speranza che i morti per terremoto possano man mano diminuire.

Nasce un dittatore: fintanto che nasceranno uomini (e, probabilmente, donne) nasceranno qua e là dittatori; interpretare il fatto e studiarne i motivi, umani o ambientali, potrebbe mettere coloro che dittatori "non sono" di essere in grado di prevenirne la presa di potere e talvolta uscirne vincenti.

D'altronde: è così da quando l'"uomo" ha imparato a usare l'espeerienza altrui, oltre la propria.
Nessuno ha mai mutato "un fatto accaduto" ma lo ha reso spesso utile o meno dannoso nel futuro.

Continuo a non capire la polemica.

saluti

kid
24-02-03, 12:31
caro mustang, solo che siamo troppo abituati a farne. C'è un'evoluzione del concetto di terrorismo da Spriano ai giorni nostri. Il terrore una volta era la ghigliottina, cioè un tribunale popolare che fa tagliare la testa ai nobili. La difesa della rivoluzione dal suo attentatore vero o presunto che fosse coincideva con l'avvertimento contro coloro che avrebbero potuto complottare a loro volta contro la rivoluzione.
L'episodio di via Rasella io tendo a considerarlo un atto di guerra, ma comprendo l'obiezione di pfb, in quanto si è svolto in una città aperta e contro soldati che non avevano in quel momento nessuna funzione militare da svolgere. Poi è chiaro che colpire dei militari non è colpire dei civili e dunque c'è una nuova variante da considerare. Dal mio punto di vista, via Rasella resta un' azione militare di cui non condivido l'obiettivo politico, soprattutto, non lo conosco e non so, se vi è stata un'intenzione di incoraggiare la rappresaglia contro altre forze delle resistenza. Questo si comporterebbe uno scenario inquietante che andrebbe molto al di là del terrorismo. Per metodo consiglierei però di restare ad analizzare un caso particolare senza cercare di farne una regola o un modello per altri. Questo eviterebbe confusioni e complicazioni e anche paragoni scomodi e alla fine un po' gratuiti, che so come quello che fece la buonanima di Craxi fa Arafat e Mazzini.

Pieffebi
24-02-03, 16:25
Originally posted by il Pasquino
INTERPRETARE i fatti non li può cambiare.

Mi dispiace sono un tecnico non un politico od un giudice.

Per me la scienza è ESATTA non è INTERPRETABILE come vorreste VOI!

Volere giustificare i fatti in base a contesti, movimenti, risultati voluti è un modo per voler distorcere la verità.

Tipico di certi giornalisti o storici di parte.

Saluti

I fatti storici non si giustificano, semmai si spiegano, ossia se ne ricercan le ragioni e se ne valutano le conseguenze, eccetera.

Cordiali saluti

Pieffebi
02-03-03, 17:08
da www.lastampa.it

" FERITO ANCHE UNO DEI COLLEGHI DEL POLIZIOTTO MORTO
Terroristi sul treno Roma-Firenze
Sparano e uccidono un agente, fermata brigatista
Ferito il complice della donna ricercata dal '95
per il delitto D'Antona


2 marzo 2003

ROMA. Un soprintendente della Polfer, Emanuele Petri, 48 anni
residente a Tuoro sul Trasimeno (Pg) è morto nel corso di una sparatoria avvenuta sul treno Roma-Firenze. È successo nei pressi di Terontola (Arezzo). Un altro agente della polizia ferroviaria è rimasto ferito, così come sarebbe ferita anche una delle persone coinvolte nel conflitto a fuoco.

Il nome della donna arrestata per la sparatoria sarebbe quello di Nadia Desdemona Lioce, 43 anni, aderente alle nuove brigate rosse, latitante dal 1995. L'antiterrorismo l'aveva segnalata prima in Francia e poi in Germania. Sentimentalmente legata a Luigi Fuccini (arrestato con Fabio Matteini nel '95), la Lioce viene iindicata come una delle terroriste che avrebbero ricostruito le nuove Brigate Rosse.

Dopo l'omicidio D' Antona il suo nome ricompare sulle cronache. Un accostamento che porta la famiglia a diffondere, attraverso un legale, una nota per ricordare che la donna «è una libera cittadina, mai sottoposta ad alcun procedimento penale per reati associativi né di altra natura». Ma il 31 ottobre 2002, nell'ambito delle indagini sull'omicidio D'Antona, il gip Maria Teresa Covatta aveva emesso sei ordinanze di custodia cautelare nei riguardi di presunti appartenenti alle Br-Pcc [partito comunista combattente, ndr] , su richiesta della procura della Repubblica di Roma: si tratta degli irriducibili Antonino Fosso, Michele Mazzei, Francesco Donati e Franco Galloni e di due irreperibili, la Lioce e Mario Galesi.

La sparatoria di stamane, poco prima delle 8.30, sul treno interregionale Roma-Firenze, ha avuto come antefatto un normale controllo dei passeggeri che viaggiavano sul treno, compiuto da tre agenti della Polfer. Alla richiesta degli agenti la Lioce e l'uomo che era con lei avrebbero cominciato a sparare.

«Mentre i documenti venivano controllati al terminale, il giovane - secondo una prima ricostruzione - ha estratto da sotto il giubbotto una pistola calibro 7,65 e l'ha puntata al collo di Emanuele Petri. "Datemi le vostre pistole", gli avrebbe intimato».

C' è stata una collutazione, il giovane ha sparato ed un proiettile ha trapassato al collo l'agente che è stato ucciso. Nella sparatoria è rimasto ferito al torace anche il suo collega. È accorso un terzo agente, Giovanni Di Franzo, di 46 anni, di Camucia, che ha sparato ferendo l'aggressore ed ha bloccato anche la donna che era con lui.

Il treno si è fermato alla stazione di Castiglione Fiorentino, dove sono stati soccorsi i feriti. La donna arrestata è stata ammanettata dal poliziotto ad un palo della luce, in attesa dell' arrivo dei rinforzi.

L'agente e l'aggressore feriti sono stati portati all'ospedale di Arezzo, mentre la donna arrestata è stata condotta in questura. L' agente Bruno Fortunato è stato già operato è dichiarato fuori pericolo. È invece ancora in corso un intervento chirurgico sul giovane ferito.

Sempre per quanto riguarda la Lioce, c'è da ricordare che nel capoluogo toscano la Digos aveva perquisito le abitazioni dei suoi familiari ed anche l'abitazione di un altro familiare, a Foggia, città di origine della donna. A destare l' attenzione dei magistrati era stata proprio l'irreperibilità/clandestinità della Lioce e di Galesi, in concomitanza con la ripresa dell' attività terroristica delle Brigate Rosse.

La donna, trasferitasi in Toscana, fino all' inizio del 1995 risultava convivente a Pisa con Luigi Fuccini, 42 anni, pisano. Nadia Desdemona Lioce si era allontanata dalla città toscana nel febbraio di quell' anno, il giorno dopo l'arresto a Roma del suo compagno e di Fabio Matteini, 42 anni, fiorentino, proclamatisi appartenenti ai Nuclei comunisti combattenti e prigionieri politici dopo essere stati fermati dalla polizia per un normale controllo.
Nel 1997 la digos di Firenze la segnalò alla magistratura per i suoi presunti collegamenti con gli Ncc. Nel 2002 il nome della Lioce era riapparso nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip della procura di Roma. "


Saluti liberali

Pieffebi
02-03-03, 17:46
Originally posted by Pieffebi
da www.lastampa.it

" FERITO ANCHE UNO DEI COLLEGHI DEL POLIZIOTTO MORTO
Terroristi sul treno Roma-Firenze
Sparano e uccidono un agente, fermata brigatista
Ferito il complice della donna ricercata dal '95
per il delitto D'Antona


2 marzo 2003

ROMA. Un soprintendente della Polfer, Emanuele Petri, 48 anni
residente a Tuoro sul Trasimeno (Pg) è morto nel corso di una sparatoria avvenuta sul treno Roma-Firenze. È successo nei pressi di Terontola (Arezzo). Un altro agente della polizia ferroviaria è rimasto ferito, così come sarebbe ferita anche una delle persone coinvolte nel conflitto a fuoco.

Il nome della donna arrestata per la sparatoria sarebbe quello di Nadia Desdemona Lioce, 43 anni, aderente alle nuove brigate rosse, latitante dal 1995. L'antiterrorismo l'aveva segnalata prima in Francia e poi in Germania. Sentimentalmente legata a Luigi Fuccini (arrestato con Fabio Matteini nel '95), la Lioce viene iindicata come una delle terroriste che avrebbero ricostruito le nuove Brigate Rosse.

Dopo l'omicidio D' Antona il suo nome ricompare sulle cronache. Un accostamento che porta la famiglia a diffondere, attraverso un legale, una nota per ricordare che la donna «è una libera cittadina, mai sottoposta ad alcun procedimento penale per reati associativi né di altra natura». Ma il 31 ottobre 2002, nell'ambito delle indagini sull'omicidio D'Antona, il gip Maria Teresa Covatta aveva emesso sei ordinanze di custodia cautelare nei riguardi di presunti appartenenti alle Br-Pcc [partito comunista combattente, ndr] , su richiesta della procura della Repubblica di Roma: si tratta degli irriducibili Antonino Fosso, Michele Mazzei, Francesco Donati e Franco Galloni e di due irreperibili, la Lioce e Mario Galesi.

La sparatoria di stamane, poco prima delle 8.30, sul treno interregionale Roma-Firenze, ha avuto come antefatto un normale controllo dei passeggeri che viaggiavano sul treno, compiuto da tre agenti della Polfer. Alla richiesta degli agenti la Lioce e l'uomo che era con lei avrebbero cominciato a sparare.

«Mentre i documenti venivano controllati al terminale, il giovane - secondo una prima ricostruzione - ha estratto da sotto il giubbotto una pistola calibro 7,65 e l'ha puntata al collo di Emanuele Petri. "Datemi le vostre pistole", gli avrebbe intimato».

C' è stata una collutazione, il giovane ha sparato ed un proiettile ha trapassato al collo l'agente che è stato ucciso. Nella sparatoria è rimasto ferito al torace anche il suo collega. È accorso un terzo agente, Giovanni Di Franzo, di 46 anni, di Camucia, che ha sparato ferendo l'aggressore ed ha bloccato anche la donna che era con lui.

Il treno si è fermato alla stazione di Castiglione Fiorentino, dove sono stati soccorsi i feriti. La donna arrestata è stata ammanettata dal poliziotto ad un palo della luce, in attesa dell' arrivo dei rinforzi.

L'agente e l'aggressore feriti sono stati portati all'ospedale di Arezzo, mentre la donna arrestata è stata condotta in questura. L' agente Bruno Fortunato è stato già operato è dichiarato fuori pericolo. È invece ancora in corso un intervento chirurgico sul giovane ferito.

Sempre per quanto riguarda la Lioce, c'è da ricordare che nel capoluogo toscano la Digos aveva perquisito le abitazioni dei suoi familiari ed anche l'abitazione di un altro familiare, a Foggia, città di origine della donna. A destare l' attenzione dei magistrati era stata proprio l'irreperibilità/clandestinità della Lioce e di Galesi, in concomitanza con la ripresa dell' attività terroristica delle Brigate Rosse.

La donna, trasferitasi in Toscana, fino all' inizio del 1995 risultava convivente a Pisa con Luigi Fuccini, 42 anni, pisano. Nadia Desdemona Lioce si era allontanata dalla città toscana nel febbraio di quell' anno, il giorno dopo l'arresto a Roma del suo compagno e di Fabio Matteini, 42 anni, fiorentino, proclamatisi appartenenti ai Nuclei comunisti combattenti e prigionieri politici dopo essere stati fermati dalla polizia per un normale controllo.
Nel 1997 la digos di Firenze la segnalò alla magistratura per i suoi presunti collegamenti con gli Ncc. Nel 2002 il nome della Lioce era riapparso nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip della procura di Roma. "


Saluti liberali


da www.cnnitalia.it


http://www.cnnitalia.it/2003/ITALIA/03/02/1536treno/trenobr.top.jpg

" AREZZO (CNN) -- Anche l'uomo arrestato per la sparatoria sul treno Roma-Firenze sarebbe un terrorista. Si tratterebbe di Mario Galesi, nei cui confronti recentemente era stato emesso un provvedimento di custodia cautelare. L'uomo, rimasto ferito nel corso della sparatoria,è stato sottoposto ad intervento chirurgico.

Mario Galesi, 37 anni, era a sua volta irreperibile. E' stato arrestato una prima volta nel 1986, quando con alcuni amici si era introdotto allo stadio Flaminio. L'accusa era di partecipazione a banda armata, ma è stato scarcerato per mancanza di indizi.

Torna sulla scena nel '97 con una rapina da 120 milioni nell'ufficio postale di via Radicofani a Roma che probabilmente dovevano servire per autofinanziamento. Nel '98 sparisce alla circolazione e si riparla di lui, come della Lioce, a proposito del delitto D'Antona .

Desdemona Lioci nel frattempo ha confermato le proprie generalità, limitandosi a definirsi "prigioniera politica" . Secondo gli inquirenti la reazione dei due starebbe a dimostrare che stavano per preparare un attentato.

E' normale, spiegano, che i terroristi si muovano con mezzi pubblici e con documenti falsi, mentre è inconsueto che persone esperte, come i due arrestati, girino armati, esponendosi a pericoli in caso di controllo, a meno che non siano in una fase critica della loro attività.

Il comportamento di Lioce e di Galesi stimola quindi gli inquirenti a una serie di riflessioni, anche alla luce degli allarmi lanciati di recente su possibili nuovi atti terroristici.

Una ricostruzione nuova dell'accaduto si ha nel frattempo da un vigile urbano di Perugia che ha casualmente partecipato alla cattura della Lioce. "Verso la stazione di Castiglion Fiorentino - afferma il vigile - sono entrati nello scompartimento due agenti che hanno chiesto i documenti ai passeggeri e anche alla donna".

"Questa si è alzata e ha puntato una pistola alla testa di un agente. I poliziotti hanno cercato di calmarla, ma poi è iniziata la sparatoria. Quando è finita mi sono lanciato sulla donna, bloccandola assieme all'altro agente della Polfer" "


Saluti liberali

Pieffebi
03-03-03, 14:54
da www.corriere.it

" UNO SQUARCIO NEL BUIO

di GIOVANNI BIANCONI


Dalla tragica morte dell’agente Emanuele Petri, assassinato quasi a bruciapelo mentre svolgeva il suo lavoro di poliziotto sul Diretto 2304 Roma-Firenze, viene fuori il filo più solido afferrato dall’Antiterrorismo negli ultimi quattro anni, da quel 20 maggio 1999 in cui le rinate Brigate rosse firmarono l’omicidio del professor Massimo D’Antona. Per la prima volta un sospetto brigatista viene acciuffato, dopo una drammatica sparatoria seguita a un casuale controllo, e si dichiara «prigioniero politico». E’ la conferma più importante per chi serra le manette ai polsi, la frase che durante gli anni Ottanta ha fatto da copione e colonna sonora alle centinaia di arresti che hanno smantellato le organizzazioni terroristiche della cosiddetta Prima Repubblica. Poi è venuta la cosiddetta Seconda, e dopo undici anni di silenzio una pistola brigatista è tornata a sparare uccidendo D’Antona e tre anni più tardi Marco Biagi, che ricopriva lo stesso ruolo di consulente in un governo di opposta colorazione politica.
Per la verità, già all’indomani del delitto D’Antona, un’informativa dei carabinieri individuava nei Nuclei comunisti combattenti che tra il ’92 e il ’94 avevano rivendicato un paio di attentati dinamitardi il «nocciolo duro» intorno al quale potevano essersi ricostituite le Br. E, nello stesso periodo, in un elenco di possibili brigatisti messo insieme dalla polizia di prevenzione compariva anche il nome di Nadia Desdemona Lioce, la donna che ha partecipato alla sparatoria di ieri e s’è dichiarata «prigioniera politica».
Non ha detto di quale organizzazione o gruppo. Non ha nominato, sembra, le Brigate rosse. E l’uomo che stava con lei e ha sparato all’agente Petri (Mario Galesi, anche lui sospettato e ricercato) non ha avuto la forza di dire nulla prima di morire lui stesso, per le ferite subite nel conflitto a fuoco. E’ un particolare importante, la mancata ammissione di appartenenza alle Br, che andrà studiato e spiegato. Ma più importante è, per gli investigatori, aver avuto la conferma che avevano visto giusto puntando su quella pista. Ora non ci sono più soltanto gli indizi e le prove logiche che hanno portato i magistrati a firmare gli ordini di arresto nei confronti di Lioce e Galesi, nell’ottobre scorso. Ora ci sono un omicidio, la pistola, la confessione di essere «combattenti» del nuovo partito armato. E una messe di materiale sequestrato sul Diretto 2304 dal quale possono venire ulteriori spunti d’indagine.
Bisognerà vedere se i compagni dei due arrestati rivendicheranno la sparatoria di ieri. Di sicuro c’è che l’agente Petri è una nuova vittima del terrorismo italiano, arrivata prima dell’attentato che quasi certamente era in preparazione. Un altro nome viene iscritto nel libro dei lutti provocati da un progetto eversivo contro il quale non si possono avere titubanze né divisioni nel mondo politico, sociale ed economico. Non c’è asprezza di confronto tra i partiti o le parti sociali che possa legittimare indulgenze o leggerezze verso la minaccia terroristica interna.
L’unità e la fermezza della risposta politica al «partito armato» devono uscire rafforzate dai drammatici fatti di ieri. Perché al di là del riscontro delle piste investigative battute da polizia e carabinieri, abbiamo la conferma che certi programmi eversivi basati su attentati sporadici ma sanguinosi e dirompenti non sono solo uno spauracchio agitato da chissà chi, ma un pericolo reale per la convivenza democratica. Le nuove Br, insomma, sono le nuove Br, che intendono perseguire i loro progetti di morte, ancorché folli o destinati alla sconfitta. Poi ci potrà essere chi ci specula e chi ne approfitta per altri obiettivi - come forse è avvenuto anche con le vecchie -, ma appaiono come un fenomeno figlio di questo tempo e di questa fase politica ed economica, interna e internazionale.
Non sarà un caso che tra i documenti trovati ieri a Lioce e Galesi c’era un ritaglio del Sole 24 ore dove si parlava della riforma del mercato del lavoro appena approvata, secondo le linee che aveva disegnato Marco Biagi. Il conflitto sociale resta il campo d’azione prescelto dai neo-brigatisti, come si evince pure dai lunghissimi documenti che i «prigionieri politici» che ancora si sentono in lotta con lo Stato continuano a produrre e mandare fuori dal carcere.
Prima ancora degli arresti di ieri, sono stati gli stessi brigatisti detenuti ad affermare il collegamento tra le nuove Br e quei Nuclei comunisti combattenti in cui gli investigatori avevano iscritto Lioce e Galesi. Durante un processo, lo scorso anno, la «militante rivoluzionaria» Vincenza Vaccaro, che firma i proclami insieme ai responsabili dell’assassinio del professor Roberto Ruffilli (ucciso nell’aprile ’88, ultima vittima delle Br della Prima Repubblica), aveva detto in aula: «E’ da sottolineare il ruolo fondamentale svolto dai Ncc, cioè l’avanguardia che a seguito degli arresti dell’88-89, quindi a seguito del danneggiamento dell’Organizzazione comunista combattente, ha avviato lo stadio aggregativo dando avanzamento alla fase stessa delle forze rivoluzionarie... Nel percorso dai Nuclei all’iniziativa del 1999 ed ancora oltre, nel 2002, abbiamo le tappe che hanno scandito i salti di qualità nella costruzione della direzione rivoluzionaria... arrivata, con D’Antona, a portare l’attacco al cuore dello Stato».
Ecco dunque la continuità tra una «esperienza» che ha attraversato quasi sotto silenzio gli anni Novanta e i colpi di pistola che hanno riaperto una stagione di sangue che sembrava consegnata agli storici. Certamente, rispetto agli anni Settanta e Ottanta l’Italia è cambiata al punto da rendere improponibile un modello di lotta armata come quello che si affermò allora e che allora fu sconfitto. Ma a venticinque anni dal rapimento di Aldo Moro e dalla strage che sterminò i cinque agenti della sua scorta siamo davanti a un ennesimo omicidio colorato di politica da chi l’ha commesso. Dietro il quale c’è ancora un’organizzazione che pratica il terrorismo.
Le indagini condotte fin qui ipotizzano un legame diretto tra chi spara e alcuni dei vecchi brigatisti detenuti, così come la militanza di qualche latitante sparito dalla circolazione; Simonetta Giorgieri e Carla Vendetti, per esempio, le due brigatiste che hanno fatto perdere le proprie tracce anche dalla Francia in cui s’erano rifugiate. Un mese fa, a Firenze, c’è stata una rapina a un ufficio postale compiuta da due uomini e due donne che ha tutte le caratteristiche dell’«esproprio per autofinanziamento», e molti investigatori sono pronti a scommettere che nel commando ci fosse anche Nadia Desdemona Lioce. La coppia di latitanti intercettata ieri era partita da Roma poco dopo l’alba, il che fa dedurre che nella capitale c’è una «base» dell’organizzazione da scoprire, come gli altri terroristi in attività. Stavolta c’è un filo serio da seguire per arrivare a prenderli. Tocca agli investigatori e ai magistrati riuscirci, ma c’è bisogno - oggi come venticinque, venti o quindici anni fa - dell’impegno e del sostegno di tutti.

Giovanni Bianconi "

Saluti liberali

mustang
04-03-03, 00:36
Originally posted by calvin
caro mustang, solo che siamo troppo abituati a farne. C'è un'evoluzione del concetto di terrorismo da Spriano ai giorni nostri. Il terrore una volta era la ghigliottina, cioè un tribunale popolare che fa tagliare la testa ai nobili. La difesa della rivoluzione dal suo attentatore vero o presunto che fosse coincideva con l'avvertimento contro coloro che avrebbero potuto complottare a loro volta contro la rivoluzione.
L'episodio di via Rasella io tendo a considerarlo un atto di guerra, ma comprendo l'obiezione di pfb, in quanto si è svolto in una città aperta e contro soldati che non avevano in quel momento nessuna funzione militare da svolgere. Poi è chiaro che colpire dei militari non è colpire dei civili e dunque c'è una nuova variante da considerare. Dal mio punto di vista, via Rasella resta un' azione militare di cui non condivido l'obiettivo politico, soprattutto, non lo conosco e non so, se vi è stata un'intenzione di incoraggiare la rappresaglia contro altre forze delle resistenza. Questo si comporterebbe uno scenario inquietante che andrebbe molto al di là del terrorismo. Per metodo consiglierei però di restare ad analizzare un caso particolare senza cercare di farne una regola o un modello per altri. Questo eviterebbe confusioni e complicazioni e anche paragoni scomodi e alla fine un po' gratuiti, che so come quello che fece la buonanima di Craxi fa Arafat e Mazzini.
------------------------------------

La ghigliottina, dici, per terrorizzare i nobili e "attizzare" la piazza?
Che dire allora delle "pire" , erette da "religiosi in Cristo" ,che bruciavano streghe ed "assassini di Cristo" per attizzare l'ira della piazza?
E niente da dire sui tribunali politici "stalinisti e nazisti" che "condannavano i nemici del popolo" accecando il popolo?
E che dire del comportamento del Dio unico e supremo di ebrei, cristiani e musulmani che "apriva e richiudeva" mari assassini, uccideva primogeniti, incendiava intere città. Solo per citare qualche suo intervento di "uccisione di massa".

Venendo a via Rasella quei soldati sud-tirolesi non erano certamente "l'esercito tedesco"; gli "editti" degli occupanti, chiari e terribili e legittimamente ammonitori, tapezzavano i muri delle città italiane.
Nessuno non poteva non sapere, non dico immaginare, le conseguenze dell'atto. Fu un atto freddamente e volutamente voluto. Ed è stato talmente "efficace" che se ne parla ancora dopo più di cinquanta anni: ricordando solo i morti per mano nazista eletti a "eroi della Resistenza", non a "martiri del terrorismo".

saluti

Pieffebi
04-03-03, 13:05
dal quotidiano Il Giornale

" il Giornale del 04/03/2003


--------------------------------------------------------------------------------

I movimenti di famiglia
Maurizio Belpietro
--------------------------------------------------------------------------------

C'è una realtà che la sinistra italiana continua a negare anche a trent'anni di distanza dalla nascita delle Brigate rosse. E' l'album di famiglia che ritrae molti di quei terroristi, figli delle fabbriche, dei gruppi sindacali, del Pci o dei movimenti. Ma tutte le volte che un tragico episodio di cronaca riporta d'attualità la questione del terrorismo, compagni e intellettuali fanno il triplo salto carpiato per nascondere l'imbarazzante album e le ambiguità che spinsero una parte della sinistra a simpatizzare per le Br.
Raccontano allora la vulgata di partiti in prima fila contro il terrorismo (come se l'avessero vinto loro e non la Digos e gli uomini del generale Dalla Chiesa), usando la memoria di quell'operaio genovese, Guido Rossa, che nel totale isolamento ebbeà il coraggio di denunciare un appartenente alle Br che operava dentro l'Italsider, un compagno terrorista che tanti conoscevano e nessuno segnalò. Bollato come delatore, il povero Guido Rossa pagò con la vita e la sinistra e il sindacato rosso - gli stessi che l'avevano lasciato solo - si appropriarono delle sue spoglie per proclamarsi vittime del terrorismo, dimenticando le decine di morti tra le forze di polizia, i cadaveri dei servitori dello Stato, i corpi senza vita dei dirigenti di molte grandi aziende del Paese, quei giornalisti moderati caduti come fantocci sul selciato bagnato.
Ma il più sottaciuto a sinistra è il nome di Lorenzo Betassa, delegato della Fiat, vicino al partito e universalmente stimato, ucciso anni in pugno in un covo br di Genova insieme con Piero Panciarelli, altro quadro operaio della Lancia. Oppure il nome del compagno Mattacchini, quello che guidava le lotte contro gli infortuni, quel bravo compagno, anche lui brigatista. O, ancora, quell'episodio raccontato da Giorgio Bocca, nel suo libro "I signori dello sciopero" a proposito delle ambiguità del sindacato sul terrorismo, quando nel '70, in seguito al licenziamento da parte della Pirelli di due operai comunisti, i comitati unitari di base diedero inizio a una guerriglia sbullonando i binari dello scalo Pirelli Greco e le Br circondarono la casa del direttore del personale e gli bruciarono la macchina. Il Pci prese le distanze bollando i brigatisti come provocatori fascisti, mentre "il sindacato si limitò a una condanna generica, senza epiteti. Perché? - si chiese Bocca -. Ma perché il sindacato sta in fabbrica e non in federazione, e nella fabbrica gli operai che hanno partecipato ,al corteo selvaggio erano più di trecento e la notizia dell'auto bruciata al capo del personale è stata accolta da alcuni con aperta soddisfazione, da altri con indifferenza, da pochissimi condannata".
Ricordo queste vecchie storie perché ieri sera, durante la trasmissione Porta a Porta dedicata alla sparatoria sul treno e all'assassinio del sovrintendente di polizia Emanuele Petri, sentendo chi descriveva le Br come isolate, prive di collegamento con la società, non attente - quando non ostili - al movimento no global e pacifista, ho ricordato che i terroristi spesso hanno cercato consenso e nuove reclute proprio nell'area dei movimenti.
Per l'occasione ho citato un episodio poco noto, ma riportato nel libro di Giovanni Bianconi "Mi dichiaro prigioniero politico". Nel'69 da Reggio Emilia partì un pullman di giovani iscritti alla Fgci, che volevano manifestare contro la Nato di fronte alla base militare di Rimini. Alcuni di loro tentarono di bloccare l'ingresso ai mezzi militari e vennero fermati dal servizio d'ordine del Pci e poi espulsi dal partito. Chi erano quei giovani? Tonino Paroli, Alberto Franceschini e Prospero Gallinari, tre dei primi aderenti alle future Brigate rosse. Certo, non tutti i manifestanti divennero terroristi, ma in quel brodo di coltura marxista, antiamericano che sognava 1'internazionalismo proletario, il compagno della Pirelli Renato Curcio farà proseliti.
È dunque illogico temere che in una certa area che pratica l'illegalità politica, che ferma i treni o assalta le basi militari come alla Maddalena, che spacca le vetrine e si scontra con la polizia, il terrorismo, vecchio o nuovo, possa sognare di raccogliere seguaci? È così incredibile e blasfemo pensare che chi ha messo la bomba alla questura di Genova firmandosi Brigata 20 luglio (la data della morte di Carlo Giuliani, il ragazzo ucciso durante il G8) possa in qualche misura essere collegato ad alcune frange estreme del movimento no global?
È bastato che dicessi tutto ciò per essere definito da Sandro Curzi, direttore di Liberazione, provocatore e per essere messo sullo stesso piano dei terroristi. Curzi è un vecchio compagno e un simpatico gigione. Ha lavorato a Radio Praga e ha diretto Telekabul, ha conosciuto i fasti del Pci e adesso da quando è spuntato il movimento antiglobalizzazione, sogna che questo sia il prodromo di una rinascita della grande sinistra e ne magnifica la forza e ne difende le virtù. Che volete farci, lo conosco da anni: è fatto così. Lo conosco talmente bene che una sera di qualche mese fa, mentre era in corso la manifestazione no global a Firenze, ci siamo ritrovati io e lui in taxi, pronti a partecipare a una puntata di Excalibur sotto la Loggia dei Lanzi. Curzi arrivato sul posto e visto che avremmo dovuto dibattere in mezzo alla piazza, prima si è lamentato con gli organizzatori, e poi mi ha detto: "Tu sei pazzo, io qui, all'aperto, a discutere di no global non ci sto. Questi se s'incazzano ci tirano una molotov". Detto ciò, chiamò un taxi e mi lasciò lì, sotto la neve che cadeva leggera. Ligio al suo credo, il vecchio Curzi davanti alle telecamere naturalmente negherà e giurerà sempre che nei movimenti non c'è nemmeno un violento, tutti bravi ragazzi, anche quelli più scalmanati. 1 violenti sono i provocatori fascisti. Proprio come spiegava il Pci in quel volantino distribuito alla Pirelli trent'anni fa. "

Saluti liberali

Il Pasquino
07-03-03, 01:49
Originally posted by mustang

..
Venendo a via Rasella quei soldati sud-tirolesi non erano certamente "l'esercito tedesco"; gli "editti" degli occupanti, chiari e terribili e legittimamente ammonitori, tapezzavano i muri delle città italiane.
Nessuno non poteva non sapere, non dico immaginare, le conseguenze dell'atto. Fu un atto freddamente e volutamente voluto. Ed è stato talmente "efficace" che se ne parla ancora dopo più di cinquanta anni: ricordando solo i morti per mano nazista eletti a "eroi della Resistenza", non a "martiri del terrorismo".

saluti
Si trattava sempre di "soldati con una divisa che non era di quel paese" e che non erano stati "invitati" da nessuno.

Che cosa stavano a fare? ordine pubblico? Lo poteva fare la polizia.

Erano di monito o di minaccia?
Allora è giusto che siano saltati in aria con una bomba.

Potevano essere uccisi da delle granate lanciate dai balconi o dai mobili lanciategli in testa. Non cambia nulla.

Non può essere consideratoterrorismo altrimenti qualsiasi moto oprotesta di un popolo nei confronti d un esercito occupante lo si dovrebbe considerare tale!

Sulla critica agli "eroi" ho anch'io diverse remore. sapendo dell'editto anche senza sapere se avrebbero o meno posto in atto l'editto chi ha materialmente messo in atto quell'azione si sarebbe dovuto consegnare o avrebbe dovuto morire combattendo dichiarandosi come autore.

A quest'ora nessuno avrebbe alcun alibi per non inquadrarlo come atto di guerra.

Eroi si diventa morendo o rischiando la vita per un ideale giusto o per salvare altre vite umane. Pensiamo a Salvo D'Acquisto ed ai tanti soldati uccisi sotto il fuoco nemico.

Chi esegue una azine militare in una città abitata deve accettarte i rischi che questo comporta.

Se scappa e lascia i concittadini nel pricolo è solo un vigliacco che ha fatto un'azione militare di ma che non merita alcun onore!

Saluti

Pieffebi
09-03-03, 22:08
Originally posted by Pieffebi
dal quotidiano Il Giornale

" il Giornale del 04/03/2003


--------------------------------------------------------------------------------

I movimenti di famiglia
Maurizio Belpietro
--------------------------------------------------------------------------------

C'è una realtà che la sinistra italiana continua a negare anche a trent'anni di distanza dalla nascita delle Brigate rosse. E' l'album di famiglia che ritrae molti di quei terroristi, figli delle fabbriche, dei gruppi sindacali, del Pci o dei movimenti. Ma tutte le volte che un tragico episodio di cronaca riporta d'attualità la questione del terrorismo, compagni e intellettuali fanno il triplo salto carpiato per nascondere l'imbarazzante album e le ambiguità che spinsero una parte della sinistra a simpatizzare per le Br.
Raccontano allora la vulgata di partiti in prima fila contro il terrorismo (come se l'avessero vinto loro e non la Digos e gli uomini del generale Dalla Chiesa), usando la memoria di quell'operaio genovese, Guido Rossa, che nel totale isolamento ebbeà il coraggio di denunciare un appartenente alle Br che operava dentro l'Italsider, un compagno terrorista che tanti conoscevano e nessuno segnalò. Bollato come delatore, il povero Guido Rossa pagò con la vita e la sinistra e il sindacato rosso - gli stessi che l'avevano lasciato solo - si appropriarono delle sue spoglie per proclamarsi vittime del terrorismo, dimenticando le decine di morti tra le forze di polizia, i cadaveri dei servitori dello Stato, i corpi senza vita dei dirigenti di molte grandi aziende del Paese, quei giornalisti moderati caduti come fantocci sul selciato bagnato.
Ma il più sottaciuto a sinistra è il nome di Lorenzo Betassa, delegato della Fiat, vicino al partito e universalmente stimato, ucciso anni in pugno in un covo br di Genova insieme con Piero Panciarelli, altro quadro operaio della Lancia. Oppure il nome del compagno Mattacchini, quello che guidava le lotte contro gli infortuni, quel bravo compagno, anche lui brigatista. O, ancora, quell'episodio raccontato da Giorgio Bocca, nel suo libro "I signori dello sciopero" a proposito delle ambiguità del sindacato sul terrorismo, quando nel '70, in seguito al licenziamento da parte della Pirelli di due operai comunisti, i comitati unitari di base diedero inizio a una guerriglia sbullonando i binari dello scalo Pirelli Greco e le Br circondarono la casa del direttore del personale e gli bruciarono la macchina. Il Pci prese le distanze bollando i brigatisti come provocatori fascisti, mentre "il sindacato si limitò a una condanna generica, senza epiteti. Perché? - si chiese Bocca -. Ma perché il sindacato sta in fabbrica e non in federazione, e nella fabbrica gli operai che hanno partecipato ,al corteo selvaggio erano più di trecento e la notizia dell'auto bruciata al capo del personale è stata accolta da alcuni con aperta soddisfazione, da altri con indifferenza, da pochissimi condannata".
Ricordo queste vecchie storie perché ieri sera, durante la trasmissione Porta a Porta dedicata alla sparatoria sul treno e all'assassinio del sovrintendente di polizia Emanuele Petri, sentendo chi descriveva le Br come isolate, prive di collegamento con la società, non attente - quando non ostili - al movimento no global e pacifista, ho ricordato che i terroristi spesso hanno cercato consenso e nuove reclute proprio nell'area dei movimenti.
Per l'occasione ho citato un episodio poco noto, ma riportato nel libro di Giovanni Bianconi "Mi dichiaro prigioniero politico". Nel'69 da Reggio Emilia partì un pullman di giovani iscritti alla Fgci, che volevano manifestare contro la Nato di fronte alla base militare di Rimini. Alcuni di loro tentarono di bloccare l'ingresso ai mezzi militari e vennero fermati dal servizio d'ordine del Pci e poi espulsi dal partito. Chi erano quei giovani? Tonino Paroli, Alberto Franceschini e Prospero Gallinari, tre dei primi aderenti alle future Brigate rosse. Certo, non tutti i manifestanti divennero terroristi, ma in quel brodo di coltura marxista, antiamericano che sognava 1'internazionalismo proletario, il compagno della Pirelli Renato Curcio farà proseliti.
È dunque illogico temere che in una certa area che pratica l'illegalità politica, che ferma i treni o assalta le basi militari come alla Maddalena, che spacca le vetrine e si scontra con la polizia, il terrorismo, vecchio o nuovo, possa sognare di raccogliere seguaci? È così incredibile e blasfemo pensare che chi ha messo la bomba alla questura di Genova firmandosi Brigata 20 luglio (la data della morte di Carlo Giuliani, il ragazzo ucciso durante il G8) possa in qualche misura essere collegato ad alcune frange estreme del movimento no global?
È bastato che dicessi tutto ciò per essere definito da Sandro Curzi, direttore di Liberazione, provocatore e per essere messo sullo stesso piano dei terroristi. Curzi è un vecchio compagno e un simpatico gigione. Ha lavorato a Radio Praga e ha diretto Telekabul, ha conosciuto i fasti del Pci e adesso da quando è spuntato il movimento antiglobalizzazione, sogna che questo sia il prodromo di una rinascita della grande sinistra e ne magnifica la forza e ne difende le virtù. Che volete farci, lo conosco da anni: è fatto così. Lo conosco talmente bene che una sera di qualche mese fa, mentre era in corso la manifestazione no global a Firenze, ci siamo ritrovati io e lui in taxi, pronti a partecipare a una puntata di Excalibur sotto la Loggia dei Lanzi. Curzi arrivato sul posto e visto che avremmo dovuto dibattere in mezzo alla piazza, prima si è lamentato con gli organizzatori, e poi mi ha detto: "Tu sei pazzo, io qui, all'aperto, a discutere di no global non ci sto. Questi se s'incazzano ci tirano una molotov". Detto ciò, chiamò un taxi e mi lasciò lì, sotto la neve che cadeva leggera. Ligio al suo credo, il vecchio Curzi davanti alle telecamere naturalmente negherà e giurerà sempre che nei movimenti non c'è nemmeno un violento, tutti bravi ragazzi, anche quelli più scalmanati. 1 violenti sono i provocatori fascisti. Proprio come spiegava il Pci in quel volantino distribuito alla Pirelli trent'anni fa. "

Saluti liberali


up!!!!!! per atterraggio morbido.....

Pieffebi
02-04-03, 20:12
da www.ansa.it

D'ANTONA: LIOCE IN VIA SALARIA GIORNO PRIMA DELITTO
ROMA - Nadia Desdemona Lioce era in via Salaria il giorno prima dell'omicidio D'Antona. Lo dimostra un video girato da una delle telecamere collocate lungo la strada. Il video e' stato consegnato dalla Digos ai Pm ed e' alla base dell'ordinanza della custodia cautelare disposta dai magistrati. La donna e' stata filmata mentre camminava in via Salaria il pomeriggio del 19 maggio 1999.
Finora la Lioce, che e' stata arrestata il 2 marzo scorso sul treno Roma-Firenze dopo la sparatoria che e' costata la vita a Emanuele Petri, era indagata solo nell'ambito del procedimento di banda armata. Un procedimento che aveva portato nei mesi scorsi all'emissione di un' altra ordinanza di custodia cautelare. Successivamente alla sparatoria del 2 marzo, in cui e' rimasto ucciso il brigatista, Mario Galesi, le indagini hanno avuto una accelerazione e i nuovi elementi acquisiti dalla Digos di Roma hanno portato all'iscrizione della brigatista anche nell' inchiesta sull'attentato del 20 maggio '99 in cui fu ucciso il collaboratore dell' allora ministro Antonio Bassolino. ROMA - Puntano su un'impiegata della scuola di Firenze frequentata dalla nipote di Desdemona Lioce, le indagini della Procura di Roma sulle nuove brigate rosse. Della donna, ascoltata ieri dagli inquirenti, secondo quanto si e' appreso, hanno parlato fra di loro telefonicamente la nipote della Lioce e il suo amico, ascoltati ieri dai Pm romani a Scandicci.
02/04/2003 07:15 "

Saluti liberali

Pieffebi
18-04-03, 19:55
da www.ansa.it
http://www.ansa.it/fdgimages03/1046898682_v_in_TERR_20030305.jpg
" LIOCE RIVENDICA ATTENTATI BIAGI E D'ANTONA
ROMA- ''Rivendico all'organizzazione le azioni messe a segno contro Massimo D'Antona e Marco Biagi''. E' questo il passaggio piu' saliente del documento - una pagina scritta a mano in stampatello - consegnato stamani da Nadia Desdemona Lioce ai Pm romani Franco Ionta e Pietro Saviotti che insieme con il Gip Maria Teresa Covatta gli hanno notificato nel carcere di Sollicciano a Firenze l'ordinanza di custodia cautelare per l'attentato a D'Antona.
Davanti ai magistrati romani si e' avvalsa della facolta' di non rispondere e si e' dichiarata prigioniera politica. Nel documento consegnato fa riferimento al compagno brigatista Mario Galesi, ucciso il 2 marzo scorso nella sparatoria sul treno Roma-Firenze in cui ha perso anche la vita l'agente Emanuele Petri. La Lioce nel suo documento, che secondo i magistrati, ricalca completamente il precedente e quello presentato davanti al tribunale della liberta', fa riferimento alla lotta anti imperialista e alla necessita' di realizzare la lotta armata.
18/04/2003 12:48
"

Cordiali saluti

Pieffebi
02-10-03, 20:14
da www.adnkronos.com

" Ferito lievemente l'impiegato che ha aperto l'involucro
Roma, esplode pacco bomba al ministero del Welfare
Altri due plichi-esplosivi recapitati alla sede romana della Regione Sardegna e ai carabinieri di Cagliari

Roma, 2 ott. - (Adnkronos) - Un pacco bomba giunto per posta e' esploso alle 12,15 di oggi nella sede del ministero del Welfare, in via Flavia. Lo scoppio ha provocato una fiammata alta quattro-cinque metri ferendo lievemente solo l'impiegato dell'ufficio di corrispondenza C. L., 54 anni, rimasto in stato di choc.
Secondo la testimonianza di due colleghi dell'impiegato, stamani l'uomo avrebbe aperto un misterioso pacco contenente una videocassetta VHS e indirizzato ad un fantomatico dottor Dallara che pero' risulta non lavorare al ministero. Tirando una linguetta nel pacchetto l'impiegato ha innescato l'esplosione che ha provocato una fiammata e molto fumo.
Nell'arco di pochi minuti la polizia ha evacuato l'intero edificio e gli artificieri della squadra antisabotaggio hanno bonificato tutta l'area del ministero.
Circa un'ora prima la polizia era dovuta intervenire nella vicina via Lucullo per un'altra segnalazione di un pacco sospetto all'interno della sede della regione Sardegna, mentre alle spalle del ministero era in corso una manifestazione dei dipendenti del Cotral, l'azienda di trasporti laziale.
Poco piu' tardi il terzo plico-bomba e' stato recapitato ad una stazione dei carabinieri di Stampace di Cagliari.
La regia unica di quello che appare come un piano preordinato (i plichi-bomba recapitati a Roma sono stati spediti dalla Sardegna, l'altro pacco esplosivo e' giunto nella stessa regione insulare) e la natura degli ordigni, secondo gli inquirenti richiamano l'attenzione su un altro breve ma intenso periodo di tensione, ovvero la settimana dei pacchi-bomba rinvenuti del dicembre dello scorso anno vicino alla questura di Genova, alla sede romana dell'Iberia, all'aeroporto di Malpensa, a Fiumicino, che concentro' l'attenzione degli investigatori sul rinnovato fermento degli ambienti anarco-insurrezionalisti legati all'antagonismo sociale piu' oltranzista. Viste le modalita' operative e la provenienza di questi ultimi ordigni, non vengono esclusi contatti con le mai sopite rivendicazioni indipendentiste di gruppi organizzati sardi. "

" Dal ministro l'appello a collaborare con le forze dell'ordine
Pisanu: ''Nuove Br dietro pacchi bomba''
''Segnali preoccupanti di una nuova effervescenza terroristica in vista delle manifestazioni di sabato prossimo a Roma''

Bruxelles, 2 ott. (Adnkronos) - ''Non ho difficolta' a dire che si tratta di segnali preoccupanti di una nuova effervescenza terroristica in vista delle manifestazioni democratiche che si terranno sabato prossimo a Roma''. Lo ha detto il ministro degli Interni Beppe Pisanu al termine dei lavori del Consiglio affari interni a Bruxelles riferendosi alla possibile provenienza degli ordigni esplosivi ritrovati oggi a Roma presso le sedi del ministero del Lavoro e della Regione Sardegna.
''I destinatari degli ordigni confermano l'orientamento delle nuove Br a colpire tutti quelli che operano per il rinnovamento del mercato del Lavoro'', ha proseguito Pisanu spiegando che per loro queste riforme del lavoro sono ''volte a modificare la fisionomia della classe operaia e la storia dell'ultimo terrorismo e' una conferma di tale orientamento delle Brigate rosse a colpire i riformatori del mercato del lavoro''.
Il ministro ha poi spiegato che il fatto che i pacchi bomba ''provengano dalla Sardegna conferma il dato, gia' noto, dell'intreccio che nell'isola si e' verificato tra il terrorismo di impronta marxista-leninista e quello di matrice anarchico-insurrezionale''.
La preoccupazione, prosegue Pisanu, ''esiste perche' avevamo gia' sentore dei tentativi che gruppi terroristici avrebbero cercato di compiere per inquinare le manifestazioni che si stanno organizzando a Roma''. ''Per questo rivolgo un appello alle organizzazioni sindacali, politiche e organizzazioni pacifiche perche' collaborino attivamente con le forze dell'ordine per isolare coloro che invece vogliono ricorrere alla violenza e metterli in condizione di non nuocere'', ha concluso il ministro.


Saluti liberali

MrBojangles
02-10-03, 20:55
http://www.repubblica.it/2003/e/gallerie/cronaca/labor/ansa42101800210171019_big.jpg

Racconta l’impiegato: «Siamo stati insospettiti dal fatto che l’indicazione del destinatario era anomala ed inoltre dal fatto che all’interno del plico c’era una videocassetta e una molletta, di quelle usate per stendere il bucato. Ho rimosso la molletta e subito si è sprigionato del fumo. Mi sono spaventato e ho gettato a terra il pacco. Poi è uscita una fiammata alta circa un metro che ha annerito il locale».

MrBojangles
02-10-03, 21:21
Schifani: bombe gravissimo attacco al governo

"L'attentato al Ministero del Lavoro è un gravissimo, sconcertante attacco al Governo Berlusconi, alle sue coraggiose scelte riformiste nel mondo del lavoro. Cade a pochi giorni dal messaggio del Premier che ha annunciato la giusta e doverosa riforma delle pensioni. C'è qualcuno che non vuole il cambiamento, c'è chi ha paura della modernizzazione del nostro Paese. Ma noi andiamo avanti". Lo afferma il capogruppo FI al Senato, Renato Schifani.

2 Ott 2003


La Fonte (http://www.giornale.it/folder/news2Ott2003162211.shtml)

Ma com'è che questi "terroristi", quando "attaccano il governo Berlusconi" fanno sempre fiasco?
Com'è che "attaccano" sempre alla vigilia di grandi manifestazioni CONTRO il governo Berlusconi?

Mah!

kid
03-10-03, 09:39
ovvio no? E' un regime questo, no? Io infatti vorrei subito impedire lla manifestazione sullo sciopero ed arrestare i vertici sinidacali, prendendo per destro la provocazione dell'ottimo Pisanu. Poi pensiamo a quelli come voi di pol.

Pieffebi
03-10-03, 13:27
dal CorSera

" Corriere della Sera del 03/10/2003


--------------------------------------------------------------------------------
Nessun ferito per gli attentati. Solidarietà di Ciampi a Maroni: bisogna tenere alta la vigilanza

Tre pacchi bomba e torna la paura
Esplode ordigno al ministero del Lavoro, altri due inviati a Roma e Cagliari. Le indagini: pista anarchica sarda Pisanu: «In azione le nuove Br, riforme nel mirino. I cortei di domani isolino i violenti». Allarme plichi alle Poste

--------------------------------------------------------------------------------

Torna la paura del terrorismo dopo i tre pacchi bomba di ieri: al ministero del Lavoro a Roma, alla sede romana della Regione Sardegna e alla caserma dei carabinieri di Cagliari. Tutti gli ordigni sono stati spediti dal capoluogo sardo. L'esplosivo era a basso potenziale: nessun ferito. Si indaga negli ambienti anarchici sardi ma il ministro dell'Interno Pisanu parla di «attacco delle nuove Br contro le riforme», e auspica che «i violenti vengano isolati nelle manifestazioni di domani: qualche gruppo estremista potrebbe inquinare i cortei». Polizia in allerta per altre buste sospette alle Poste. Il presidente Ciampi ha espresso la sua solidarietà al ministro del Welfare Maroni: «Occorre tenere alta la vigilanza». "

Saluti liberali

MrBojangles
03-10-03, 16:15
Ma è proprio piena di geni, questa CdL.
Pisanu come Treconti.
GIA' la sera stessa "sapeva" che erano le "nuove BR" e che l'attacco era "contro le riforme".

L'accorato appello a "tenere alta la vigilanza", poi; GENIALE!!!
Chi altri avrebbe potuto pensarlo???

Pieffebi
03-10-03, 20:33
da www.adnkronos.com


" TERRORISMO: CASINI, AVANTI CON RIFORME NON CI FAREMO INTIMIDIRE
Alba (Cn), 3 ott. - (Adnkronos) - ''Il processo riformatore non si puo' arrestare o fare intimidire da atti di questo tipo che hanno tutta la riprovazione delle istituzioni''. All'indomani dei pacchi bomba recapitati ieri, il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, da Alba dove e' giunto per inaugurare la 73° fiera del tartufo, ribadisce l'impegno di tutti ''a rispondere rafforzando la determinazione e il lavoro nella lotta al terrorismo e per le riforme istituzionali''.
(Abr/Zn/Adnkronos)
03-OTT-0319:15 "


Saluti liberali

MrBojangles
03-10-03, 21:08
In origine postato da Pieffebi
da www.adnkronos.com


" TERRORISMO: CASINI, AVANTI CON RIFORME NON CI FAREMO INTIMIDIRE
Alba (Cn), 3 ott. - (Adnkronos) - ''Il processo riformatore non si puo' arrestare o fare intimidire da atti di questo tipo che hanno tutta la riprovazione delle istituzioni''. All'indomani dei "pacchi" recapitati ieri, il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, da Alba dove e' giunto per inaugurare la 73° fiera del tartufo, ribadisce l'impegno di tutti ''a rispondere rafforzando la determinazione e il lavoro nella lotta al terrorismo e per le riforme istituzionali''.
(Abr/Zn/Adnkronos)
03-OTT-0319:15 "


Saluti liberali

Io, fossi in Pierferdi, m'incazzerei per il fatto che il PdC non è MAI andato a riferire in Parlamento in due anni e mezzo di mandato.

:rolleyes:

Dario
03-10-03, 22:50
Pisanu si è dimenticato (oppure strumentalizza?) come agiscono le Brigate Rosse. Purtroppo non mandano in giro dei fumogeni, sono molto ma molto più pericolosi. Questi sono quegli sfigati degli indipendentisti sardi, che forse non si rendono conto di scherzare con il fuoco quando si avvicinano ai gruppi anarco-insurrezionalisti.

Ma i nostri servizi segreti, efficienti e recentemente riformati, avranno buon gioco a individuare e rendere innocui questi quattro sconsiderati in pochissimi giorni.

Oliviero (POL)
04-10-03, 00:12
In origine postato da Dario
Pisanu si è dimenticato (oppure strumentalizza?) come agiscono le Brigate Rosse. Purtroppo non mandano in giro dei fumogeni, sono molto ma molto più pericolosi. Questi sono quegli sfigati degli indipendentisti sardi, che forse non si rendono conto di scherzare con il fuoco quando si avvicinano ai gruppi anarco-insurrezionalisti.

Ma i nostri servizi segreti, efficienti e recentemente riformati, avranno buon gioco a individuare e rendere innocui questi quattro sconsiderati in pochissimi giorni.


O forse Pisanu, dopo che hanno riaperto il caso Calvi, con relativi rinvii a giudizio anche di amici suoi, non é piú tanto tranquillo e parla a vanvera?

Oliviero

Dario
05-10-03, 00:44
Pò esse. Che un pò esse? Pò esse si...

MrBojangles
05-10-03, 11:50
In origine postato da Dario
Pò esse. Che un pò esse? Pò esse si...

Onan il Burbero
S ostiene Massimo Teodori sul Giornale
che «sono in circolazione persone e
giornali che si eccitano solo a sentire parlare
di “Pidue”». Deve essere un irrefrenabile piacere
onanistico quello provocato dall’evocazione
della famosa Loggia, del suo fu Gran
maestro Gelli e dei suoi accoliti, il cui appellativo
“piduista” viene ormai utilizzato come il
più losco insulto che si possa rivolgere a un
nemico. Per questi cultori del piacere solitario,
P2, «piduismo e piduista» sono arnesi al
servizio dell’«insulto» e della «ottusità dell’ideologismo
». Tutto nasce dall’intervista di
Concita De Gregorio a Gelli, in cui il Venerabile
rivendica giustamente i tanti successi
mietuti, sia pure tardivi, dal suo grandioso
Piano di Rinascita Democratica. Teodori
non ha gradito. E, burbanzoso com’è, si è
messo a strillare: «Onanisti!»
Ora, per carità, può capitare a tutti di non
avere di sé una grande opinione. Ma Teodori
va oltre: si disprezza proprio. Si tratta infatti
dello stesso Massimo Teodori che, in una
vita precedente, quando era radicale e membro
della commissione parlamentare d’inchiesta
sulla Loggia P2, firmò un’infuocata
relazione di minoranza. E fu protagonista di
memorabili attacchi ai piduisti veri e anche a
quelli presunti. Un onanista ante litteram,
insomma, direbbe lui oggi. Nel 1983 fece
fuoco e fiamme contro un tizio della sinistra
Dc, tale Beppe Pisanu, all’epoca sottosegretario
al Tesoro. Era piduista Pisanu? No. Ma
era amico di piduisti, come Roberto Calvi e
Silvio Berlusconi, e di amici dei piduisti, come
Flavio Carboni. Alla fine dovette dimettersi.
Tutto comincia nell’estate dell’80, quando
Silvio e Flavio brigano per regalare a Porto
Rotondo una bella colata di cemento (progetto
«Olbia 2»). Carboni ospita Pisanu e Berlusconi
sulla sua barca, la «Punto Rosso».
L’estate seguente Pisanu fa un’altra conquista:
veleggia, sempre sulla barca di Carboni
in Costa Smeralda, ma stavolta a bordo c’è
pure il bancarottiere Calvi, fresco di condanna,
in libertà provvisoria. Memorabile la testimonianza
di Pisanu davanti al pm Pierluigi
Dell’Osso, che indaga sul crac dell’Ambrosiano,
l’11 settembre 1982 (mentre Carboni è in
carcere a Lugano, coinvolto nelle indagini
sulla fuga e la morte di Calvi). «Carboni -
spiega Pisanu - era un interlocutore valido
per le forze politiche richiamantisi alla ispirazione
cattolica». Ecco di che discuteva il terzetto:
non d’affari, di teologia. «Carboni -
prosegue Pisanu davanti al giudice - mi disse
che il Berlusconi aveva interesse a espandere
Canale 5 in Sardegna… Il Carboni mi disse
di essere in affari col signor Berlusconi anche
con riguardo a un grosso progetto edilizio di
tipo turistico denominato “Olbia 2”. Fin dall’inizio
ritenni di seguire gli sviluppi delle
varie attività di Carboni, trattandosi di un
sardo che intendeva operare in Sardegna». Il
pio sodalizio Carboni-Pisanu si estende poi
all’affaire Ambrosiano. Il sottosegretario al
Tesoro, scortato da Carboni, incontra Calvi
ben quattro volte. Poi, l’8 giugno ’82, risponde
alla Camera alle allarmate interrogazioni
delle opposizioni sul colossale buco dell’Ambrosiano.
Niente paura - rassicura Pisanu,
sagace economista - è tutto sotto controllo:
«Le indagini esperite all’estero sull’Ambrosiano
non hanno dato alcun esito». Nessun allarme.
Due giorni dopo, il 10 giugno, Calvi
fugge dall’Italia, per finire come sappiamo. Il
17, nove giorni dopo il «nutro fiducia» di
Pisanu, il governo dichiara insolvente l’Ambrosiano,
che scioglie i propri organi societari.
Migliaia di risparmiatori sul lastrico. Poi
la bancarotta. Racconterà Angelo Rizzoli alla
Commissione P2: «Calvi disse a me e a Tassan
Din che il discorso dell’on. Pisanu in
Parlamento l’aveva fatto fare lui. Qualcuno
mi ha detto che per quel discorso Pisanu
aveva preso 800 milioni da Flavio Carboni».
Accusa peraltro mai dimostrata, anche se il
portaborse di Calvi, Emilio Pellicani, dirà all’Espresso
che Calvi aveva stanziato - per
“comprare” il proprio salvataggio - 100 miliardi,
dei quali «poche decine di milioni»
sarebbero finiti a Pisanu «tramite Carboni».
Teodori si scatena: «Alcuni fatti sono incontrovertibili:
i rapporti strettissimi e continuativi
tra Pisanu e Carboni; i rapporti di Pisanu
con Calvi tramite Carboni; i rapporti di Pisanu
con Calvi e Carboni per la sistemazione
del Corriere della Sera; i rapporti di Pisanu
con Calvi e Carboni quando, sottosegretario
al Tesoro, il ministero prendeva importanti
decisioni sull’Ambrosiano; il sottosegretario
rispose per due volte alla Camera sulla questione
Ambrosiano». Il 19 gennaio ’83 aggiunge:
«Il sottosegretario Pisanu si deve dimettere:
se c’è ancora un minimo di moralità,
è inconcepibile che l’on. Pisanu resti al
governo». «Non mi dimetterò su richiesta di
Teodori», schiuma Pisanu. Poi però cambia
idea, o gliela fanno cambiare: due giorni dopo,
il 21 gennaio, lascia il governo. Ma il
burbero Teodori non si placa e denuncia
«l’arroganza socialista e democristiana che
vuole affossare la commissione d’inchiesta e
pretende una condizione di speciale intoccabilità
per tutti i politici, da Pisanu a Piccoli
ad Andreotti». Pisanu viene ascoltato una
seconda volta dalla commissione Anselmi, e
lì - pur rivendicando l’assoluta correttezza e
«trasparenza» dei suoi rapporti con Carboni
e Calvi - ammette di avere un po’ «sottovalutato
» (testuale) la delicatezza di certe frequentazioni.
Va in quarantena per qualche anno.
Tornerà in auge grazie al cavalier Pidue, nel
’94, insieme a tanti vecchi amici. Compreso
Massimo Teodori, che oggi impietosamente,
si dà dell’onanista. Chissà se si sono riconosciuti.

Chissà com'è che, dopo le "bombe", c'è stato tutto un gran fermento di richiami alla solidarietà sulle riforme da parte berluschina.
Mah!
"A pensar male si fa peccato..."

Pieffebi
24-10-03, 19:27
da www.adnkronos.com

" Ciampi si congratula: ''Terrorismo isolato nella societa'''
Terrorismo, Pisanu: ''Colpiti responsabili dell'omicidio D'Antona e Biagi''
Il ministro dell'Interno: ''Tagliata la radice principale delle nuove Br-Pcc''. Berlusconi: ''Ci sono ulteriori e certi sviluppi investigativi''




Roma, 24 ott. (Adnkronos) - E' ''una vittoria dello Stato'' e ''una grande soddisfazione del governo'' l'operazione di Polizia che ha portato al fermo di sei presunti brigatisti per l'omicidio D'Antona. ''Possiamo affermare -dice il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu- che in questo modo e' stata tagliata la radice principale delle nuove Brigate rosse-Partito comunista combattente''. A giudizio di Pisanu, e' ''significativo che questa grande operazione di polizia coincida con l'entrata in vigore della legge Biagi: prova quanto mai eloquente che si possono uccidere gli uomini ma non le loro idee''.
''Noi crediamo di avere colpito i responsabili dell'omicidio D'Antona e anche dell'omicidio Biagi'', dice il ministro Pisanu in una conferenza a Palazzo Chigi insieme al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, al capo della Polizia Gianni De Gennaro e al comandante generale dell'Arma dei carabinieri, gen. Guido Bellini. ''Ma naturalmente -avverte Pisanu- tutte queste considerazioni vanno fatte al condizionale. Noi siamo garantisti, aspettiamo il giudizio definitivo della magistratura per poter affermare senza riserva alcuna cose del genere''.
In conferenza stampa il premier Silvio Berlusconi si complimenta con il ministro Pisanu, il capo della polizia e il comandante generale dell'Arma dei carabinieri e anticipa che ''ci sono ulteriori e certi sviluppi investigativi'' dell'operazione di questa notte. ''Sono in azione -spiega- mille uomini della polizia tuttora impegnati in 120 perquisizioni domiciliari in sei regioni italiane''.
Il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, dopo essersi congratulato in mattinata con il ministro dell'Interno e le forze dell'ordine ha dichiarato: ''E' un succeso di grande rilievo nella lotta al terrorismo eversivo: un terrorismo isolato nella societa', fuori dalla storia, estraneo alla vita del popolo italiano, ma che purtroppo ha causato gravi lutti e puo' ancora fare tanti danni''.
Anche il vicepremier Gianfranco Fini, a quanto si e' appreso, si e' complimentato con Pisanu per l'iniziativa delle forze di polizia e per questa importantissima operazione che ''tende a sradicare, si spera definitivamente, la mala pianta del terrorismo politico in Italia''.
Olga D'Antona al Tg1 sottolinea la coincidenza tra il blitz della polizia e le mobilitazioni di piazza del sindacato. ''Oggi c'e' una grande manifestazione sindacale, una forza su cui possiamo contare nella lotta al terrorismo e nella tenuta sociale. Questa, quindi, e' una coincidenza importante''. Rispondendo a una domanda sul giudizio dato dal presidente Ciampi (''un terrorismo fuori dalla storia''), la parlamentare Ds ha detto: ''Sono d'accordo, queste morti non hanno portato il bene di nessuno''.
Il ministro del Welfare, Roberto Maroni, sottolinea come il governo non si sia ''mai lasciato intimidire da questi feroci assassini''. ''Le notizie di oggi -continua- ci confortano e ci danno la certezza che il terrorismo puo' essere efficacemente combattuto e che i terroristi e i loro mandanti non sfuggiranno alle conseguenze dei loro atti criminali''.
Secondo il presidente della regione Campania, Antonio Bassolino, ''siamo finalmente sulla strada e sulla pista buona''. Bassolino, ex ministro del Lavoro per il quale D'Antona lavorava come consulente, aggiunge: ''Quando fu ucciso Massimo D'Antona fu ucciso un amico dei lavoratori, quelli che lo uccisero erano dei mascalzoni''.
Il segretario dell'Udc, Marco Follini, parla di ''una vittoria dello Stato''.
Il segretario dei Ds Piero Fassino in una nota ricorda Massimo D'Antona, Marco Biagi e il sovrintendente Emanuele Petri e ringrazia il ministro Pisanu, le Forze dell'ordine e i magistrati.
Secondo il presidente dei senatori di Forza Italia, Renato Schifani, ''la forza dello Stato ha scritto un capitolo fondamentale nella lotta senza quartiere al terrorismo''.
Dal fronte dei sindacati, impegnati oggi nello sciopero generale contro la riforma delle pensioni e la finanziaria, il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, sottolinea, riferendosi alla concomitanza degli arresti con lo sciopero in corso, che l'importante e' che l'operazione messa in atto dalla polizia ''serva ad estirpare definitivamente questo fenomeno''. ''Intanto aspettiamo di saperne di piu' -aggiunge- abbiamo sempre chiesto, di fronte a questo efferato assassinio che gli organi inquirenti andassero fino in fondo rapidamente. Speriamo che questo avvenga perche' bisogna restituire alla dialettica sociale la sua dimensione''
Il leader della Cisl, Savino Pezzotta, si augura ''che sia la volta buona''. ''E' una cosa che auspichiamo da tempo'', dice ricordando che ''D'Antona fu il teorico della concertazione, quella stessa che oggi si vuole abbandonare, e che fu sempre al fianco dell'impegno riformista del sindacato''.
Anche il segretario della Uil, Luigi Angeletti, esprime l'auspicio che la ''piaga'' del terrorismo venga estirpata rapidamente. Angeletti sottolinea anche che lo sciopero in atto ''e' una manifestazione sindacale a difesa dei diritti delle persone''.
. "


Saluti liberali

svicolone
24-10-03, 21:48
In origine postato da Pieffebi
da www.adnkronos.com

" Ciampi si congratula: ''Terrorismo isolato nella societa'''
Terrorismo, Pisanu: ''Colpiti responsabili dell'omicidio D'Antona e Biagi''
Il ministro dell'Interno: ''Tagliata la radice principale delle nuove Br-Pcc''. Berlusconi: ''Ci sono ulteriori e certi sviluppi investigativi''




Roma, 24 ott. (Adnkronos) - E' ''una vittoria dello Stato'' e ''una grande soddisfazione del governo'' l'operazione di Polizia che ha portato al fermo di sei presunti brigatisti per l'omicidio D'Antona. ''Possiamo affermare -dice il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu- che in questo modo e' stata tagliata la radice principale delle nuove Brigate rosse-Partito comunista combattente''. A giudizio di Pisanu, e' ''significativo che questa grande operazione di polizia coincida con l'entrata in vigore della legge Biagi: prova quanto mai eloquente che si possono uccidere gli uomini ma non le loro idee''.
''Noi crediamo di avere colpito i responsabili dell'omicidio D'Antona e anche dell'omicidio Biagi'', dice il ministro Pisanu in una conferenza a Palazzo Chigi insieme al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, al capo della Polizia Gianni De Gennaro e al comandante generale dell'Arma dei carabinieri, gen. Guido Bellini. ''Ma naturalmente -avverte Pisanu- tutte queste considerazioni vanno fatte al condizionale. Noi siamo garantisti, aspettiamo il giudizio definitivo della magistratura per poter affermare senza riserva alcuna cose del genere''.
In conferenza stampa il premier Silvio Berlusconi si complimenta con il ministro Pisanu, il capo della polizia e il comandante generale dell'Arma dei carabinieri e anticipa che ''ci sono ulteriori e certi sviluppi investigativi'' dell'operazione di questa notte. ''Sono in azione -spiega- mille uomini della polizia tuttora impegnati in 120 perquisizioni domiciliari in sei regioni italiane''.
Il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, dopo essersi congratulato in mattinata con il ministro dell'Interno e le forze dell'ordine ha dichiarato: ''E' un succeso di grande rilievo nella lotta al terrorismo eversivo: un terrorismo isolato nella societa', fuori dalla storia, estraneo alla vita del popolo italiano, ma che purtroppo ha causato gravi lutti e puo' ancora fare tanti danni''.
Anche il vicepremier Gianfranco Fini, a quanto si e' appreso, si e' complimentato con Pisanu per l'iniziativa delle forze di polizia e per questa importantissima operazione che ''tende a sradicare, si spera definitivamente, la mala pianta del terrorismo politico in Italia''.
Olga D'Antona al Tg1 sottolinea la coincidenza tra il blitz della polizia e le mobilitazioni di piazza del sindacato. ''Oggi c'e' una grande manifestazione sindacale, una forza su cui possiamo contare nella lotta al terrorismo e nella tenuta sociale. Questa, quindi, e' una coincidenza importante''. Rispondendo a una domanda sul giudizio dato dal presidente Ciampi (''un terrorismo fuori dalla storia''), la parlamentare Ds ha detto: ''Sono d'accordo, queste morti non hanno portato il bene di nessuno''.
Il ministro del Welfare, Roberto Maroni, sottolinea come il governo non si sia ''mai lasciato intimidire da questi feroci assassini''. ''Le notizie di oggi -continua- ci confortano e ci danno la certezza che il terrorismo puo' essere efficacemente combattuto e che i terroristi e i loro mandanti non sfuggiranno alle conseguenze dei loro atti criminali''.
Secondo il presidente della regione Campania, Antonio Bassolino, ''siamo finalmente sulla strada e sulla pista buona''. Bassolino, ex ministro del Lavoro per il quale D'Antona lavorava come consulente, aggiunge: ''Quando fu ucciso Massimo D'Antona fu ucciso un amico dei lavoratori, quelli che lo uccisero erano dei mascalzoni''.
Il segretario dell'Udc, Marco Follini, parla di ''una vittoria dello Stato''.
Il segretario dei Ds Piero Fassino in una nota ricorda Massimo D'Antona, Marco Biagi e il sovrintendente Emanuele Petri e ringrazia il ministro Pisanu, le Forze dell'ordine e i magistrati.
Secondo il presidente dei senatori di Forza Italia, Renato Schifani, ''la forza dello Stato ha scritto un capitolo fondamentale nella lotta senza quartiere al terrorismo''.
Dal fronte dei sindacati, impegnati oggi nello sciopero generale contro la riforma delle pensioni e la finanziaria, il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, sottolinea, riferendosi alla concomitanza degli arresti con lo sciopero in corso, che l'importante e' che l'operazione messa in atto dalla polizia ''serva ad estirpare definitivamente questo fenomeno''. ''Intanto aspettiamo di saperne di piu' -aggiunge- abbiamo sempre chiesto, di fronte a questo efferato assassinio che gli organi inquirenti andassero fino in fondo rapidamente. Speriamo che questo avvenga perche' bisogna restituire alla dialettica sociale la sua dimensione''
Il leader della Cisl, Savino Pezzotta, si augura ''che sia la volta buona''. ''E' una cosa che auspichiamo da tempo'', dice ricordando che ''D'Antona fu il teorico della concertazione, quella stessa che oggi si vuole abbandonare, e che fu sempre al fianco dell'impegno riformista del sindacato''.
Anche il segretario della Uil, Luigi Angeletti, esprime l'auspicio che la ''piaga'' del terrorismo venga estirpata rapidamente. Angeletti sottolinea anche che lo sciopero in atto ''e' una manifestazione sindacale a difesa dei diritti delle persone''.
. "


Saluti liberali

lascia che si riprendano dal colpo, la botta è stata dura.
se ti può consolare, sull'altro forum un simpaticone di sinistra ha affermato che br e berlusconi per lui pari sono.

Pieffebi
24-10-03, 22:24
deve trattarsi di un vero democratico, di una mente raffinata, di una persona che ha capito tutto della vita............
"Ne' con Berlusconi, Ne' con le Bierre" ....... una vera novità, una testimonianza inconfutabile della superiorità culturale della sinistretta e della sua lungimiranza. Sul piano morale poi trattasi di una vera espressione di sublimità beata, vicinissima alla santità.
E poi dicono che a sinistra non hanno le idee chiare...........
Demenziali ma chiarissime.

Saluti liberali

MrBojangles
24-10-03, 22:42
In origine postato da Pieffebi
deve trattarsi di un vero democratico, di una mente raffinata, di una persona che ha capito tutto della vita............
"Ne' con Berlusconi, Ne' con le Bierre" ....... una vera novità, una testimonianza inconfutabile della superiorità culturale della sinistretta e della sua lungimiranza. Sul piano morale poi trattasi di una vera espressione di sublimità beata, vicinissima alla santità.
E poi dicono che a sinistra non hanno le idee chiare...........
Demenziali ma chiarissime.

Saluti liberali

Io ci leggo un: "Nè coi terroristi, né coi delinquenti".
E ci aggiungo un NE' con i mafiosi.

Mi sembra un atteggiamento civile e responsabile.

Pieffebi
24-10-03, 22:50
Non avevo dubbi. Ma io mi rivolgevo ai democratici e alle persone ragionevoli e maggiorenni oltre che oneste (un calunniatore sistematico NON lo è).

Ogni ulteriore intervento in questo 3d teso a debordare dall'argomento a difesa oggettiva [terminologia che gli antidemocratici di sinistra dovrebbero intendere] del terrorismo comunista, sarà cassato.

Saluti liberali

Oliviero (POL)
24-10-03, 22:57
In origine postato da Pieffebi
Non avevo dubbi. Ma io mi rivolgevo ai democratici e alle persone ragionevoli e maggiorenni oltre che oneste (un calunniatore sistematico NON lo è).

Ogni ulteriore intervento in questo 3d teso a debordare dall'argomento a difesa oggettiva [terminologia che gli antidemocratici di sinistra dovrebbero intendere] del terrorismo comunista, sarà cassato.

Saluti liberali

Ne con i Terroristi!
Ne con i Mafiosi!
Ne con i Delinquenti!
Ne con i Massoni!
Ne con i Corrotti!
Ne con i Corruttori!

Par Condicio!!!

Oliviero

Pieffebi
24-10-03, 23:03
Non con i calunniatori
Non con i bugiardi
Non con gli imbroglioni
Non con chi accusa innocenti perchè avversari politici
Non chi assolve colpevoli perchè amico politico o collega
Non con i corrotti che la fanno franca perchè compagni
Non con chi ha preso soldi da potenze totalitarie straniere e fa la morale agli altri
Non con chi si allea con i sostenitori e finanziatori di tiranni e genocidi comunisti e nazi-comunisti
Non con i cialtroni
Non con i buffoni seguaci di un bellimbusto che ha sfilato in pakistan con gli integralisti islamici
Non con i disonesti e bugiardi di una sinistretta illiberale

No a tutti i comunisti (veri)
No a tutti i terroristi
No a tutti i mafiosi, quelli VERI
Con lo Stato Democratico, Con le Forze Democratiche di Destra, di Centro e di Sinistra, Uniti contro il Terrorismo d'ogni tendenza e colore.

Saluti liberali

MrBojangles
24-10-03, 23:05
In origine postato da Pieffebi
Non avevo dubbi. Ma io mi rivolgevo ai democratici e alle persone ragionevoli e maggiorenni oltre che oneste (un calunniatore sistematico NON lo è).

Ogni ulteriore intervento in questo 3d teso a debordare dall'argomento a difesa oggettiva [terminologia che gli antidemocratici di sinistra dovrebbero intendere] del terrorismo comunista, sarà cassato.

Saluti liberali

Sono in argomento.
Non ho fatto altro che commentare la tua solita sparata sulla sinistretta massimalista etc...:ronf .
Come riportato nel tuo stesso post, tutto (TUTTO) l'arco parlamentare si è detto soddisfatto dell'esito delle indagini che si auspicano condurre all'accertamento delle responsabilità per entrambi i delitti.
La vedova D'Antona ha voluto ricordare il sacrificio dell'agente PolFer (non ricordo un solo accenno da parte dei "soddisfatti" del tuo schieramento).
Nonostante la singolare coincidenza e sovrapposizione temporale con quello che sarebbe dovuto essere l'evento del giorno, tutta la sinistra ha enfatizzato il coincidere degli eventi.
Molti (Casini ad es.) hanno rispolverato il "comune interesse" contro il terrorismo.

Solo tu e quell'altro che non leggo rimestate sempre l'accostamento dell'opposizione al terrorismo BR e non perdete occasione, VOI si, d'insultare.

Se c'è uno che è andato fuori topic sei proprio tu; con le solite rampogne alla "sinistretta....etc." :ronf

Pieffebi
24-10-03, 23:08
Amico caro io ho commentato un'idiozia di un amico dei terroristi. Un'idiozia che a te è piaciuta. Ovviamente. Sinistretta non è un insulto. Lo sarebbe forse sinistraccia. Ma sei minorenne....

Saluti liberali

Pieffebi
24-10-03, 23:23
Con lo Stato Democratico, Con le Forze Democratiche di Destra, di Centro e di Sinistra, Uniti contro il Terrorismo d'ogni tendenza e colore.

Saluti liberali

MrBojangles
24-10-03, 23:48
In origine postato da Pieffebi
Amico caro io ho commentato un'idiozia di un amico dei terroristi. Un'idiozia che a te è piaciuta. Ovviamente. Sinistretta non è un insulto. Lo sarebbe forse sinistraccia. Ma sei minorenne....

Saluti liberali

Non ho più parole....

Lo squallore che promana dalla tua figura virtuale è abissale.

Oliviero (POL)
25-10-03, 00:08
In origine postato da MrBojangles
Non ho più parole....

Lo squallore che promana dalla tua figura virtuale è abissale.

Mi associo!!! e sento anche l'odore di questo squallore!!!

Un saluto comunista

Oliviero

Pieffebi
25-10-03, 19:22
L'unico squallore evidente è quello dei fiancheggiatori del terrorismo, e di coloro che mettono sullo stesso piano un Organo Istituzionale della Repubblica con le Brigate Rosse.
Più che squallore si tratta di infamia.

Saluti liberali

MrBojangles
26-10-03, 21:32
Poi c'è sempre quello che NON la pensa in maniera "unica"...

È una notizia doppiamente buona, quella
degli arresti dei presunti brigatisti. Anzitutto
perché non possono più nuocere. Eppoi
perché è sbocciato l’amore a prima vista fra
la Casa della Libertà Provvisoria e la magistratura.
Finora certi salmi e certi inni erano
riservati a Sante Licheri (“Forum”, Canale5)
e Renato Squillante, unici giudici
non “matti” e non “antropologicamente
estranei alla razza umana”. Persino il cavalier
Berlusconi, dopo aver ringraziato se
stesso, ha avuto parole di elogio per le Procure
anti-Br. E non soltanto per la provvidenziale
coincidenza temporale fra la maxiretata
e lo sciopero generale. Ma soprattutto
perché i magistrati sono “assolutamente
certi delle prove a carico dei queste persone”.
Essendo in fase d’indagine, come Pecorella
e Ghedini insegnano, quelle che lui
chiama “prove” sono solo “indizi”. E quelli
che lui chiama “arresti” sono solo “fermi”,
emessi in fretta e furia dai pm senz’alcun
vaglio del giudice (il gip), che deve ancora
esaminare gli elementi d’accusa e convalidare
o annullare i provvedimenti con ordinanze
di custodia cautelare o di scarcerazione.
Hanno dovuto anticipare - è stato spiegato
- per prevenire una fuga di notizie che
avrebbe vanificato l’operazione: cose che
capitano, le fughe di notizie, anche se gli
alfieri della “giustizia giusta” non mancano
mai di denunciarle. Stavolta, per fortuna,
non hanno denunciato. Senza quella fuga
di notizie, gli arresti sarebbero arrivati oggi
o domani: col timbro del gip, ma fuori
tempo massimo rispetto allo sciopero.
Lo storico blitz segna una svolta anche
nella valutazione delle “prove”: i presunti
terroristi - assicura Berlusconi - sono finiti
in galera in base alle “assolute e consistenti
prove della loro partecipazione all’omicidio
D’Antona”. “Ma noi pensiamo di aver
colpito anche i responsabili dell’omicidio
Biagi”, aggiunge ad abundantiam Pisanu,
subito precisando che “siamo garantisti e
parliamo al condizionale” perché
“aspettiamo il giudizio definitivo della magistratura”.
E anche questa è una notizia:
una rivoluzione copernicana per chi candida
i Dell’Utri, i Bossi, gli Sgarbi, i Berruti, i
Vito, e altre decine di condannati dalla Cassazione.
Ora all’improvviso si affidano ciecamente
ai “giudizi della magistratura”.
Finché si occupa di terrorismo.
Ma ecco le “prove assolute e consistenti”:
per un arrestato, un capello; per un
secondo, un palmare; per tutti gli altri, i
tabulati dei cellulari. Questo parla con quello
a quell’ora in quel posto. Centinaia di
processi di mafia si fondano, oltreché sulla
parola dei famigerati pentiti, proprio sugli
incroci delle telefonate ricavate dai tabulati.
A Palermo, per esempio, ce n’è uno che
si trascina dal 1996: non l’indagine preliminare
di un pm, ma un dibattimento seguìto
a un’inchiesta, un’udienza preliminare,
un rinvio a giudizio e sette anni di
udienze davanti a tre giudici. L’imputato è
il deputato Dell’Utri, difeso dal senatore
Trantino. Da mesi fa di tutto - compresa
una legge ad hoc, la legge Boato - per espellere
dal processo i tabulati telefonici che
dimostrano le sue conversazioni con noti
mafiosi. Valgono o non valgono, allora, i
tabulati? Solo per i processi di terrorismo e
non per quelli di mafia? Mistero. Nella memorabile
intervista allo Spectator, Berlusconi
ha detto: “Su Dell’Utri metto la mano
sul fuoco: nessun rapporto con mafiosi. È
nato a Palermo. E lì la magistratura comunista
ha creato un reato che non è nel codice:
il concorso esterno in associazione mafiosa.
Cosa vuol dire: che se uno non fa
parte della banda, ma in qualche modo
parla, chiacchiera...? Io domando: se un
cittadino del Nord va in Sicilia e parla con
una persona che lo saluta, se questa persona
è libera e non è nelle prigioni, questo
cittadino è obbligato a sapere che questa
persona è un mafioso? Se non lo sanno i
giudici che non lo mettono in galera, come
fanno a saperlo gli altri?... Oggi basta il
fatto che lui mi abbia telefonato per essere
incriminato. Il presidente della Regione Sicilia
è accusato di questo reato perché un
mafioso ha telefonato a un suo collaboratore...
Ma è una follia” (Ansa, 11-9-2003).
C’è da augurarsi che nessun brigatista legga
lo Spectator. Altrimenti potrebbe difendersi
così: “Ma se la Lioce era libera, come
facevo a sapere che era una terrorista? Se
non lo sapevano i giudici che non la mettevano
in galera, come facevo a saperlo io?
Non basta qualche telefonata per essere incriminati...”.
Nel caso, si spera che il giudice
non lo prenda sul serio. Anche perché
c’è ancora molto da lavorare. “Prendere i
mandanti”, raccomanda Cicchitto. E James
Bondi, su quel fronte, ha le idee chiare:
“Mi vergogno dell’Unità. Un distillato
di odio che può essere pericoloso. Quando
dico che da loro mi aspetto di tutto, penso
ai terroristi ancora attivi nel paese, che sparano
ai Biagi e ai D’Antona” (Corriere della
sera, ieri). Quando si tratta di garantismo,
Bondi non è secondino a nessuno.

Pieffebi
26-10-03, 21:42
da www.ilfoglio.it

" L’irriducibile di Latina
I nuovi brigatisti hanno una musa ispiratrice in carcere, Maria Cappello
E’ lei che scrive i documenti a cui hanno attinto Desdemona Lioce e gli altri combattenti per i loro proclami
--------------------------------------------------------------------------------
Messaggi con gli scacchi - Milano. Potremmo definirla la musa delle nuove Brigate Rosse-Partito Comunista Combattente. Si chiama Maria Cappello, ha 49 anni, si trova nel carcere di Latina dal settembre del 1988 ed è considerata la regina degli irriducibili. Secondo gli inquirenti, che da anni la tengono sotto osservazione per capire meglio il rapporto fra i brigatisti detenuti e quelli in attività, è a lei (o meglio ai documenti da lei elaborati e concertati con i suoi compagni) che si ispirano le analisi delle nuove Brigate Rosse sul conflitto sociale, la lotta antimperialista e la ristrutturazione (da impedire) del mercato del lavoro. Il suo profilo biografico-sentimentale sembra quello descritto da Marco Tullio Giordana in “La meglio Gioventù” per Giulia, la brigatista interpretata da Sonia Bergamasco. Una donna inquieta, determinata e colta, spietata anche verso se stessa, che non trovando canali di sfogo alla sua rabbia ideologica, sullo sfondo di una Torino dilaniata dagli anni di piombo, passa alla lotta armata e per farlo abbandona anche la figlia, di soli tre anni, apparentemente senza nessun rimpianto. Sullo schermo Giulia appare un monolito, senza crepe, insomma una macchina da guerra. Uno stereotipo banale forse, che però ha molte analogie con la protagonista della nostra storia. Anche Maria Capello alla metà degli anni 80 non ha esitato ad abbandonare suo figlio che allora aveva 8 anni per entrare in clandestinità. Prima di allora, era solo una militante dell’estrema sinistra, operaia in una fabbrica tessile di Prato, figlia di immigrati calabresi. Nata a Caltagirone, arriva in Toscana nel 1964. Ha un padre, Giorgio, che è venditore ambulante e che le promette un mondo piccino-piccino: un banco al mercato tutto suo, lei rifiuta e sposa la lotta di classe. Agli inizi degli anni 70 conosce Fabio Ravalli, che dall’età di 16 anni si dedica a furti e rapine. Lui ha una madre vedova e 7 fratelli. Entra ed esce dalla galera e in carcere entra a far parte delle Brigate Rosse. I suoi ex compagni lo ricordano come una figura di secondo grado, che faceva analisi politiche un po’ astratte. Se ne stava sempre sdraiato in cella a dormire e indossava grandi mutande. Per questo è stato soprannominato il “terrorista sleeper”. “Era un botolo un po’ miope, sbrindellato, che aveva molte paranoie e litigava con la sua fidanzata, un’operaia sveglia e intelligente che lo incalzava a prendere posizioni più nette” ricorda un suo ex compagno con un’immagine per niente generosa. L’abbandono del figlio Durante la rivolta dell’Asinara, nel 1979, Fabio Ravalli fu più umano degli altri: se la fece addosso per la paura delle botte e dei gas lacrimogeni e rimase nascosto quasi tutto il tempo. Lei invece era fuori, libera e incensurata, e attraversava l’Italia per seguire il compagno detenuto nelle carceri speciali, litigando con gli agenti che cercavano di ostacolare ogni contatto affettivo coi terroristi rossi. Faceva parte dei comitati di familiari dei prigionieri politici e andava in giro con borse piene di fichi d’india di cui era ghiotta e che mangiava in continuazione senza timore delle spine. Animava le proteste contro gli agenti, si portava dietro il figlio di pochi mesi e sfidava anche il maschilismo dei brigatisti in carcere. Secondo gli inquirenti è lei che in questo periodo costruisce l’assetto politico-terroristico della coppia, che ancora oggi mantiene a distanza un rapporto simbiotico. Poi Fabio Ravalli, che intanto Maria ha sposato in carcere, lascia la galera. Agli inizi degli anni 80 lavorano entrambi in fabbrica, dove sono molto attivi nella lotta sindacale. Nel 1984 si licenziano. Da tempo sono in contatto con la brigata eversiva “Luca Mantini”. Dopo la rapina all’ufficio postale di Prato, lui entra in clandestinità e lei viene arrestata. Rimane in cella un anno e rilasciata per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Nel 1985 anche lei diventa un’irregolare: una professionista della rivoluzione. Affida suo figlio alle cure della nonna, sparisce: nome di battaglia Anna. Fabio e Maria vengono riarrestati a Roma nel settembre del 1988 , nel covo di via della Marranella, dove fra armi, proclami di rivendicazione e documenti falsi i carabinieri trovano anche uno scritto importante, un’analisi sul mercato del lavoro, redatto dalla Cappello: “Relazione sull’andamento del lavoro”. Successivamente verranno condannati a più ergastoli per aver ideato e compiuto vari attentati terroristici: fra i più significativi gli omicidi del senatoredemocristiano e il sindaco di Firenze Lando Conti. Fin qui la sua biografia ufficiale, che si ferma alla fine degli anni 80 [...] "

Saluti liberali

Pieffebi
27-10-03, 16:51
dal CorSera

" Corriere della Sera del 27/10/2003


--------------------------------------------------------------------------------
Tra gli arrestati un tecnico informatico che lavorava in un'azienda con dati protetti+

Uno strappo nella rete anti-Br
L' ideologo del gruppo aveva il nullaosta dei Servizi, poteva accedere a dossier riservati. Indagato anche un leader dei Disobbedienti. Casarini: un complotto, vogliono colpirci

--------------------------------------------------------------------------------

ROMA - Marco Mezzasalma, il presunto brigatista fermato dalla polizia, aveva da 5 anni il ½Nullaosta di segretezza+ rilasciato dai servizi di sicurezza. Il Nos è il permesso che consente di accedere a documenti riservati, atti classificati e carte coperte dal segreto di Stato: gli era stato rilasciato per motivi professionali, visto che Mezzasalma era tecnico informatico in un'azienda che produce radar. In questo modo le Br potrebbero aver carpito informazioni utili a studiare il nemico e a individuare gli obiettivi da colpire. La scoperta è stata comunicata dal Cesis agli investigatori, che stanno ora passando al setaccio la sua attivita. Indagato anche un leader dei Disobbedienti romani e Luca Casarini reagisce: è un complotto, vogliono colpirci. Ieri si èpresentato alla Digos Daniele Bernardini, il compagno della Saraceni. * Alle pagine 2 e 3 Brogi, Caccia, Capponi, Haver, Sarzanini ... "


Saluti liberali

kid
28-10-03, 10:52
vedere che la figlia di un magistrato e di un senatore di un partito democratico sia una sospetta terrorista. E mi fa ancora più effetto il garbo con cui la sua persona venga trattata dai mezzi di comunicazione. Come mi ha fatto effetto vedere il figlio di un sindacalista della cgil a volto coperto cercare di linciare con altri scalmanati un miltare in servizio. Non capisco se si tratta di eretici in famiglia o di eredi.

Pieffebi
29-10-03, 22:09
Forse l'uno e l'altro............e altro ancora............ma non bisogna certo far di tutta l'erba un fascio.................neppure rosso..........

da www.adnkronos.com

" Simone Boccaccini, 42 anni, si e' dichiarato prigioniero politico
Terrorismo, nuovo arresto a Firenze
A Roma condotta negli uffici della Digos una dipendente di un ospedale romano che si ritiene sia legata al br Mezzasalma





Roma, 29 ott. (Adnkronos) - La polizia ha operato a Firenze un arresto nell'ambito delle indagini sulla colonna toscana delle Brigate Rosse. La persona arrestata e' Simone Boccaccini, accusato di banda armata e rapina. L'uomo si e' dichiarato subito ''prigioniero politico'' appartenente alle Br Pcc. Quarantadue anni, di Bagno a Ripoli, sarebbe stato fermato dai Cc sull'appennino tosco-emiliano nel marzo 2002 per un controllo mentre era in auto con Roberto Morandi.
Intanto una donna di mezza eta', intorno ai 40 anni, infermiera che lavora in un reparto tecnico oftalmico di un ospedale romano, e' stata portata nel tardo pomeriggio negli uffici della Digos della Questura di Roma. La donna, che si ritiene sia legata al br Marco Mezzasalma e di cui non si conosce l'identita', abita a Roma nel quartiere Primavalle. La polizia si e' presentata a casa sua nel primo pomeriggio di oggi e ha eseguito una perquisizione nell'abitazione e nei locali di pertinenza e poi nella struttura sanitaria presso la quale lavora. E' stata acquisita documentazione.
I due sostituti procuratori romani Franco Ionta e Pietro Saviotti, titolari delle indagini sull'omicidio di Massimo D'Antona, oggi avevano improvvisamente lasciato la cittadella giudiziaria di Piazzale Clodio per raggiungere gli uffici della Digos a Roma.
Mentre il sostituto procuratore di Bologna, Paolo Giovagnoli, primo titolare dell'inchiesta sull'omicidio di Marco Biagi, e' partito nel tardo pomeriggio per Firenze, per ascoltare delle persone che allo stato sono indagate dalla Procura di Firenze, ma non per l'omicidio del professore ucciso in via Valdonica il 19 marzo del 2002. Il procuratore capo della procura felsinea Enrico di Nicola ha smentito l'esistenza di provvedimenti emessi dal suo ufficio o dalla procura toscana nell'ambito delle indagini relative all'assassinio Biagi. Dagli interrogatori di Firenze non si esclude, comunque, che possano emergere elementi validi per il lavoro della procura del capoluogo emiliano.
"


Saluti liberali

ariel
30-10-03, 03:33
lettura consigliata:

http://www.kore.it/CAFFE/immagini/copertina-app.jpg

Pieffebi
31-10-03, 16:47
dal quotidiano torinese...

" La Stampa del 31/10/2003


--------------------------------------------------------------------------------
L'inchiesta sulle nuove brigate rosse: ne sono stati individuati cinque

Un commando di dodici terroristi uccise Biagi
Ricostruita la dinamica dell'agguato, fu Galesi a sparare al professore
f. pol.
--------------------------------------------------------------------------------

La pistola calibro nove caricata a cartucce Sellier FT Bellot ce l'aveva Mario Galesi. Ad aspettare Marco Biagi in stazione, forse addirittura a viaggiare con lui sullo stesso treno da Modena a Bologna quell'ultima sera, c'era Cinzia Banelli. Nadia Desdemona Lioce era invece in via Valdonica "insieme al gruppo di persone che erano nel luogo e nel mome o dell'attentato con funzioni di protezione esterna al gruppo di tre persone che si avvicinò e sparò alla vittima". Roberto Morandi - insieme all'ultimo finito in carcere, Simone Boccaccini - "effettuarono i pedinamenti della vittima nei giorni precedenti l'esecuzione dell'omicidio".
E' lunga cinque pagine e l'ha scritta il pubblico ministero di Bologna, Paolo Giovagnoli, la storia dell'omicidio di Marco Biagi. Cinque pagine che sono il suo provvedimento di fermo per Simone Boccaccini, il Br toscano che aveva confessato alla moglie di aver partecipato alla preparazione dell'omicidio del giuslavorista, e le sue prime conclusioni sul gruppo di fuoco e su quello di supporto entrato in azione il 19 marzo 2002. Cinque pagine che sono il primo punto fermo nelle indagini dopo la morte di Mario Galesi a marzo di quest'anno, durante l'arresto di Nadia Desdemona Lioce, costato la vita all' agente di polizia Emanuele Petri, dopo l'analisi di milioni di tabulati telefonici e del palmare della stessa Lioce, oltre 100 file decrittati con la storia più segreta delle ultime Br.
Sono cinque i brigatisti coinvolti, contando anche Mario Galesi che è morto, mentre almeno altri sette mancano all'appello. Senza parlare di chi ha dato ospitalità al commando tra Bologna e la Toscana, di chi ha fornito indicazioni sugli spostamenti del giuslavorista, di chi.ha fatto sparire lo scooter usato in via Valdonica e mai più ritrovato. "Quella sera entrarono in azione almeno dodici persone", è il convincimento di Paolo Giovagnoli, il magistrato che aspetta la convalida del fermo di Simone Boccaccini da parte del gip di Firenze già oggi e che entro una ventina di giorni firmerà le ordinanze di custodia cautelare per gli indagati già conosciuti.
Dodici persone. Perché dodici è il numero dei militanti che ci vuole in un'azione. Nadia Desdemona Lioce lo ha scritto in uno dei file del suo palmare analizzando la rapina a Firenze in via Torcicoda. "Ed è grazie all'ossessione maniacale di quella donna di annotare tutto, se siamo arrivati a questo punto nelle indagini", analizza il procuratore aggiunto Luigi Persico. Senza contare gli altri sbagli fatti dai brigatisti. Come la telefonata al marito o alla nonna con la scheda dell'organizzazione, fatte da Cinzia Banelli, arrestata vicino a Pisa una settimana fa. E fa niente se il suo cartellino all'ospedale di Pisa, il 19 marzo del 2002 porta il timbro alle ore 15 in punto. "Magari senza saperlo, può aver timbrato per lei un suo collega, lo stiamo accertando".
Perché le tracce telematiche sono contro di lei. Alle 14 e 11 del giorno in cui muore Biagi, Cinzia Banelli chiama suo marito dalla stazione di Pistoia con il cellulare dell'organizzazione. Alle 14 e 20 prende il treno per Porretta Terme e poi cambia fino a Bologna. Alle 14 e 45 la sua auto viene multata davanti alla stazione di Pistoia. Alle 22 e 20 un tassista di Pistoia la chiama per confermarle che sta arrivando a prenderla alla stazione di Porretta. Lei ha perso la coincidenza perché quella sera Marco Biagi era in ritardo. Di più. Dalle immagini delle telecamere nella stazione di Bologna,- gli uomini della polizia scientifica che da mesi li stanno passando "frame" dopo "frame" ne sono più che convinti - Cinzia Banelli è la donna che scende dal treno da Modena a pochi passi da Biagi. Ne aveva avuto tutto il tempo. Chissà quante volte aveva provato il percorso tortuoso - da Pisa a Modena e poi a Bologna e di nuovo a casa, sempre in treno - ma così vicino al giuslavorista seguito passo a passo.
Lo aveva provato sicuramente i112 marzo, un martedì, una settimana prima. Ci sono le tracce nelle schede telematiche. C'è quell'appunto - 50 euro di spesa la prima volta, 25 il giorno dell'omicidio tra treno e taxi - sulla sua agendina trovata durante la perquisizione. E il 12 marzo altri brigatisti finiti nell'inchiesta erano sicuramente a Bologna a far le prove dell'omicidio. Uno è Roberto Morandi, l'altro è Simone Boccaccini. Vengono fermati dai carabinieri di Sambuca Pistoiese alle 22 e 17 sulla Panda della compagna di Boccaccini. "Non è casuale la loro presenza su quella strada di ritorno da Bologna. E' nel modus operandi dei Br viaggiare a piccoli gruppi", analizza gli spostamenti il magistrato. Come se non bastassero i tabulati telefonici, le confessioni della compagna dell'ultimo arrestato in Toscana e quel dichiararsi appartenenti alle Brigate Rosse - lo hanno già fatto Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi e Simone Boccaccini - che vale almeno come rivendicazione della militanza politica, nella stessa organizzazione che ha ucciso Marco Biagi.
"


Saluti liberali

Pieffebi
03-11-03, 16:10
da www.lastampa.it

" TRA LE CARTE SEQUESTRATE ALL'IMPIEGATO
DELLE POSTE DI GIOVANNANGELO

Anche Vigna nel mirino delle Br?
Sulla mappa dei terroristi la zona dove abita il giudice


3 novembre 2003

di Vincenzo Tessandori

FIRENZE. Forse c'era anche il procuratore antimafia Pier Luigi Vigna nel mirino delle nuove Brigate Rosse. In casa dell'impiegato e sindacalista delle Poste Di Giovannangelo, l'ultimo fiancheggiatore finito in carcere, la polizia ha sequestrato una mappa di Firenze con due zone evidenziate: una di queste, dalle parti di Porta Romana, comprende la strada in cui abita Vigna.

Alla ricerca dell’obiettivo perduto. Che per i terroristi sembra moltiplicarsi all’infinito. All’impiegato delle poste e sindacalista Bruno Di Giovannangelo, l’ultimo finito in carcere, fra l’altro hanno sequestrato una pianta di Firenze, che sembra la palestra dove i brigatisti hanno compiuto rapine di autofinanziamento indispensabili anche per il loro training personale, in vista di imprese future più impegnative. Sulla carta sono segnate due zone: un’area attorno a piazza D’Azeglio, alle spalle della redazione del quotidiano «La Nazione», distante alcune centinaia di passi; l’altra è Oltrarno, dalle parti di Porta Romana, e comprende la strada in cui abita Piero Luigi Vigna, procuratore nazionale antimafia che, in un passato ormai remoto, ha diretto inchieste sul terrorismo; ma a pochi metri abita pure la cognata del postino di Pisa. Inoltre quella mappa, secondo la difesa, sarebbe «vecchia di vent’anni».

Fatto è che anticipare le scelte dei terroristi e organizzare una difesa efficace non è facile. Unica carta, la prevenzione, nei limiti del possibile e nei confini della fantasia. Così, considerato che l’ossessione per queste Brigate rosse Duemila par essere l’impegno dei giuslavoristi, dopo gli agguati mortali a Massimo D’Antona e Marco Biagi, ai consulenti del ministero del Lavoro è stata data una scorta, quella protezione rifiutata a Biagi, che pure l’aveva più volte invocata. Lo ha raccontato un collaboratore del professore assassinato a Bologna che vive in Maremma e insegna all’università di Siena. Lui è ancora nel gruppo che si occupa delle riforme c’è il sospetto che fosse un obiettivo prossimo venturo.

In ogni modo si tenta di capire se il gruppo emerso dal palmare di Nadia Desdemona Lioce avesse in agenda, a breve scadenza, qualche progetto omicida oppure azioni per autosostentamento, che poi, considerati i limiti dell’organizzazione emersi dalle indagini, paiono fra le cose in grado di mettere in scena. Rapine alle poste. «Ho deciso di mettere a disposizione la mia solidarietà», ha detto Di Giovannangelo. Poi si è capito che per «solidarietà» si dovevano intendere le informazioni sugli orari, e il funzionamento di uffici postali e casseforti. Almeno, lui tiene a contenere in quei limiti la sua partecipazione all’utopia rivoluzionaria. Ma è difficile credere a ruoli marginali in questo gruppo. Oltre ad aver archiviato nei floppy la storia delle Brigate rosse, più o meno dalle origini a oggi lo sospettano di un’attività più corposa.

Ad ogni buon conto, stamani, nel carcere di Sollicciano, tenterà di convincere il giudice delle indagini preliminari che le sue dichiarazioni più o meno spontanee rispondono alla verità. Ma non sarà facile perché, a poco a poco, emergono dettagli che, guardati nel complesso, danno un quadro meno scolorito. Il fatto che il suo nome in codice, «compagno Mu», emerga più volte dalle nebbie informatiche del palmare criptato di Nadia Lioce lascia sospettare agli investigatori un ruolo più centrale. Sia come sia, lui, impiegato delle poste, non solo «lavorava per la rivoluzione», ma fornicava anche col sistema. Sindacalista della Cgil, non aveva fatto parola di una perquisizione subita venerdì 24 ottobre, né aveva rinunciato a presentarsi alle nuove elezioni di novembre dei delegati. Quale sia la strategia che consiglia un terrorista o, nella migliore delle ipotesi, un fiancheggiatore a entrare in un sindacato, rimane un grande interrogativo di questa storia italiana. Forse l’idea è che, se si riesce ad agire dall’interno, sia più facile creare le condizioni per orientare la politica sindacale. Ma pochi calcoli appaiono altrettanto sbagliati. Il sindacato ha preso le distanze e lo ha messo alla porta perché la presunzione d’innocenza, in certe situazioni, sembra incredibilmente sbagliata. Dunque, fuori «perché le persone come lui non possono stare in un’organizzazione democratica come la nostra», ha spiegato Graziano Benedetti, segretario regionale della Cgil-Slc, il sindacato delle poste. Senza se e senza ma, insomma. E Paolo Graziani, segretario provinciale della Cgil di Pisa annuncia una iniziativa unitaria con Cisl e Uil «per ribadire che il sindacato è assolutamente estraneo a ogni forma di terrorismo. Le forze dell’ordine stanno smantellando la rete e noi, nel nostro possibile, faremo di tutto per dar loro una mano». Tutti alla ricerca dell’obiettivo perduto. "


Saluti liberali

Pieffebi
04-11-03, 22:18
www.adnkronos.com

" Maresciallo ferito da pacco-bomba


Un pacco bomba è esploso questa mattina nella stazione dei carabinieri di viale Libia, a Roma. Un maresciallo è rimasto ferito ed è stato trasportato al Policlinico Umberto I. Il militare ha riportato lesioni giudicate serie alle mani e al viso. Lo scoppio è avvenuto quando il maresciallo, che comanda la stazione, ha aperto una busta consegnata con la corrispondenza. L'ordigno era stato messo, come gli altri recapitati nelle scorse settimane a Roma e a Cagliari e attribuiti agli anarco-insurrezionalisti, in un contenitore per videocassette. Sempre questa mattina è stato trovato a Viterbo un pacco bomba analogo a quello esploso in viale Libia. L'ordigno è stato disinnescato dagli artificieri delle Forze dell'Ordine. L'allarme è stato dato dall'addetto allo smistamento della corrispondenza alla vista di una busta sospetta. Dentro, come era avvenuto negli altri casi, c'era la custodia di una videocassetta. Sono stati fatti intervenire gli artificieri della polizia che hanno disinnescato l' ordigno. Il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu è stato informato dell'accaduto nel corso dell'audizione che sta svolgendo alla Camera sul terrorismo ed ha commentato le prime notizie di agenzia nel corso del suo intervento.

Ultimo aggiornamento martedì 4 novembre 2003 ore 14.00
"


Saluti liberali

Lupo Solitario (POL)
05-11-03, 00:13
Il povero maresciallo é rimasto sotto i ferri, come si suol dire, per sei ore. E non é finita. La prognosi sarà sciolta tra 48 ore. Concordo con le affermazioni di Liberati (Ds) fatte poco fa da Vespa che afferma che prima ancora che un giudizio politico, questi non sono combattenti, ma solo sporchi vigliacchi. In dodici per uccidere un povero professore che rientra a casa in bicicletta, un agguato studiato per sparare ad un sindacalista, una busta per invalidare un povero maresciallo. Questi porci non fanno altro che dare addosso a povera gente. Vigliacchi che non oserebbero mai rischiare la loro sporca vita per un bersaglio pericoloso per loro. Noi ferraresi abbiamo un augurio, per gente come questa e che recita più o meno così (in ferrarese suona meglio): “Ti auguro un brutto male che un cancro, al confronto, ti sarebbe di sollievo”. E così sia.
So long.


:( :( :(

MrBojangles
05-11-03, 00:19
In origine postato da Lupo Solitario
Il povero maresciallo é rimasto sotto i ferri, come si suol dire, per sei ore. E non é finita. La prognosi sarà sciolta tra 48 ore. Concordo con le affermazioni di Liberati (Ds) fatte poco fa da Vespa che afferma che prima ancora che un giudizio politico, questi non sono combattenti, ma solo sporchi vigliacchi. In dodici per uccidere un povero professore che rientra a casa in bicicletta, un agguato studiato per sparare ad un sindacalista, una busta per invalidare un povero maresciallo. Questi porci non fanno altro che dare addosso a povera gente. Vigliacchi che non oserebbero mai rischiare la loro sporca vita per un bersaglio pericoloso per loro. Noi ferraresi abbiamo un augurio, per gente come questa e che recita più o meno così (in ferrarese suona meglio): “Ti auguro un brutto male che un cancro, al confronto, ti sarebbe di sollievo”. E così sia.
So long.


:( :( :(

A me basterebbe saperli in condizione di non nuocere.

Dario
05-11-03, 03:57
In origine postato da Lupo Solitario
Il povero maresciallo é rimasto sotto i ferri, come si suol dire, per sei ore. E non é finita. La prognosi sarà sciolta tra 48 ore. Concordo con le affermazioni di Liberati (Ds) fatte poco fa da Vespa che afferma che prima ancora che un giudizio politico, questi non sono combattenti, ma solo sporchi vigliacchi. In dodici per uccidere un povero professore che rientra a casa in bicicletta, un agguato studiato per sparare ad un sindacalista, una busta per invalidare un povero maresciallo. Questi porci non fanno altro che dare addosso a povera gente. Vigliacchi che non oserebbero mai rischiare la loro sporca vita per un bersaglio pericoloso per loro. Noi ferraresi abbiamo un augurio, per gente come questa e che recita più o meno così (in ferrarese suona meglio): “Ti auguro un brutto male che un cancro, al confronto, ti sarebbe di sollievo”. E così sia.
So long.Sottoscrivo pienamente, a parte l'augurio.

Ti prego però di guardare la prima pagina di Libero oggi in edicola. E poi ditemi chi è che semina odio in Italia. A prescindere, qualsiasi occasione è buona....

Pieffebi
09-11-03, 23:11
da www.avvenire.it

" AMBIGUITÀ CON I VIOLENTI

NEW GLOBAL TIRCHI DI CONDANNE


Francesco Riccardi

Il dibattito scaturito dall'arresto dei brigatisti e dei loro fiancheggiatori ha avuto il merito di accendere un faro su alcune zone grigie dell'area antagonista, ponendo in luce l'irrisolta questione della giustificazione «politica» all'uso della violenza. Ma ha anche disvelato come in tanta parte del movimento anti-globalizzazione sia venuto crescendo, negli ultimi anni, un senso di malintesa «terzietà» fra istituzioni e violenza politica, fra la legge e la «resistenza sociale» con i suoi metodi di lotta, spesso oltre i limiti della legalità. Un fenomeno sul quale vale la pena di riflettere alla vigilia del Social Forum europeo, in programma a Parigi da mercoledì prossimo.
Messi alle strette dalle loro stesse contraddizioni, Cobas e Disobbedienti finiscono infatti per ammettere una lettura "politica" della lotta armata, rifiutandosi di definire «assassini» i terroristi. Allo stesso modo rivendicano un certo utilizzo della violenza, praticata a scopo più o meno dimostrativo, più o meno cruento, a seconda di quanto valutino «violenta la repressione del dissenso da parte dello Stato». La stessa cosa non può dirsi per la parte maggioritaria del movimento, una galassia eterogenea, di estrazione pacifista, che più volte ha condannato gli atti terroristici delle Br.
Intanto, però, anche là dove la non-violenza dovrebbe rappresentare il tratto costitutivo, finisce a volte per prevalere l'accettazione di pratiche violente e di illegalità perpetrate dai "compagni di viaggio" dell'area antagonista. Tanto che, in alcuni dibattiti all'interno del mondo pacificista, circolano concetti che sembrano stare in rima con un triste slogan in voga negli anni '70: «Né con lo Stato né con le Br». Applicato, oggi, non agli attentati brigatisti veri e propri, ma a tutta quella seri e di violenze diffuse che vanno dalle occupazioni abusive, alla distruzione delle agenzie di lavoro interinale, fino ai pacchi-bomba spediti a incolpevoli servitori dello Stato. Già, lo Stato, ovvero sia le istituzioni democratiche e gli organi preposti a garantirne il funzionamento. È su questi termini che si avverte il preoccupante straniamento di tanta parte del movimento new global. Nei loro discorsi lo Stato è sempre «repressivo», la «globalizzazione assassina», «i governi succubi delle multinazionali», «il capitalismo imperante sta producendo solo morte», «il militarismo dell'Occidente» rappresenta il «terrorismo di Stato».
E i parallelismi si fanno via via più arditi: nell'editoriale di Peacelink, uno dei siti pacifisti più consultati, Massimo D'Alema, reo di aver autorizzato l'intervento italiano in Kosovo, è paragonato agli assassini di Biagi e D'Antona: «In entrambi i casi sono state uccise persone colpevoli solo di stare con il "nemico". Una strage non è legittima, anche se autorizzata da un governo legittimo». E se questo è lo Stato - è il ragionamento sotteso - perché noi dovremmo prendere le distanze dalle violenze degli antagonisti? «Abbiamo dialogato con i poliziotti - è l'ultima discutibile equidistanza - perché non dovremmo farlo con i centri sociali?».
Il Forum sociale europeo potrebbe tuttavia rappresentare l'occasione nella quale il movimento prenda finalmente le distanze da tutte le forme di violenza politica. Nella solenne carta dei principi del Social Forum mondiale, infatti, si fa solo un accenno - piuttosto confuso e nascosto nel penultimo paragrafo - alla «capacità di resistenza sociale non-violenta da opporre alla disumanizzazione del mondo e alla violenza usata dallo Stato». Troppo poco per rendere credibile chi propugna che «un altro mondo è possibile». "

Sì...un altro mondo.....l'inferno totale sulla terra. Un film già visto nel XX secolo.

Saluti liberali

Pieffebi
10-11-03, 19:57
www.adnkronos.com

" lunedì , 10 novembre 2003

--------------------------------------------------------------------------------

Dal Gip di Bologna un'ordinanza di custodia cautelare per Boccaccini
Terrorismo, Morandi rivendica l'appartenenza alle Br
Il suo avvocato: ''E' una rivendicazione di identita' politica e della strategia della lotta armata''



Firenze, 10 nov. (Adnkronos) - Roberto Morandi, il tecnico di radiologia dell'ospedale fiorentino di Careggi, arrestato nei giorni scorsi nell'ambito dell'inchiesta sulle nuove Br, ha letto oggi un documento di una pagina in cui rivendica l'appartenenza politico-ideologica alle Brigate rosse. La lettura e' avvenuta nel corso dell'udienza al Tribunale del riesame di Firenze. ''Non abbiamo il documento perche' lo ha letto ed e' difficile da riassumere, da seguire -ha spiegato all'uscita il suo legale, l'avvocato Attilio Baccioli- e' un documento di rivendicazione di identita' politica, di affermazione di una realta' delle Br antagoniste al sistema e di rivendicazione della strategia della lotta armata''.
C'e' un richiamo agli omicidi? gli e' stato chiesto. ''C'e' un richiamo a tutta la storia del rimodellamento sociale, delle relazioni economiche'', ha spiegato Baccioli. ''Nessun riferimento a fatti specifici'', ha puntualizzato l'avvocatessa Barbara Mercuri. ''La questione D'Antona sara' esaminata separatamente -ha sottolineato Baccioli- non c'e' nessun indizio sulla rapina di Via Torcicoda, se non il fatto che era assente dal lavoro'', ha concluso l'avvocato riferendosi al suo assistito Roberto Morandi.
Intanto e' stata emessa un'ordinanza di custodia cautelare dal Gip di Bologna Gabriella Castore nei confronti di Simone Boccaccini. L'uomo, operaio dipendente del comune di Firenze, era stato fermato il 29 ottobre scorso nell'ambito dell'inchiesta sul delitto del giusvalorista Marco Biagi, ucciso a Bologna il 19 marzo 2002.
Il Gip, nel provvedimento, sottolinea l'esistenza di ''gravi indizi'' a carico di Boccaccini e si richiama all'ordinanza di fermo del collega di Firenze emessa il 31 ottobre scorso. Secondo il giudice, l'uomo avvrebbe effettuato ''pedinamenti della vittima nei giorni precedenti all'esecuzione dell'omicidio'' con Roberto Morandi. I due, per altro, furono fermati insieme per controlli mentre erano a Ponte Venturina, tra Bologna e Pistoia, di ritorno, secondo l'accusa, dall'aver fatto a Bologna le prove generali dell'agguato a Biagi.
"

Saluti liberali

Pieffebi
11-11-03, 17:40
da www.iltempo.it

"





Il pacco bomba poteva uccidere


Questa volta il pacco bomba aveva un destinatario preciso, un nome e cognome: quello di Gianluigi Basiglietti, il cronista del «Corriere di Viterbo» che si occupa delle buste esplosive recapitate il 4 novembre scorso alla Questura del capoluogo e alla stazione dei carabinieri di viale Libia, a Roma, dove l'esplosione ha ferito gravemente il comandante Stefano Sindona. Un altro elemento ha, però, contribuito ad aumentare la preoccupazione: nel pacco consegnato al quotidiano viterbese c'erano 200 grammi di polvere nera, il doppio rispetto agli altri, pressata in modo tale da provocare una deflagrazione molto potente. «Poteva uccidere» ha fatto notare un investigatore.

L'INFORMATIVA DI PISANU. «E' ragionevole ipotizzare, al livello dell'attività terroristica, l'intensificazione degli attentati, specialmente di quelli contro le forze dell' ordine e, ad un livello più palese, il moltiplicarsi dei tentativi di inquinamento e deviazione del conflitto politico-sociale». E' un passo dell'informativa del ministro dell' Interno, Giuseppe Pisanu alla Camera sui recenti atti terroristici. «Gli attentati più recenti e la spavalderia delle azioni di piazza, da Cagliari a Roma - spiega il ministro - fanno pensare ad un forte rilancio dell'iniziativa degli anarco-insurrezionalisti». Gli attentati «confermano che siamo di fronte ad una minaccia grave ed attuale, sia sotto il profilo terroristico-eversivo, sia per l' ordine e la sicurezza pubblica», ha aggiunto Pisanu.

UNA RISPOSTA ALL'ARRESTO DI LEONARDI. Pur se differente rispetto agli altri - non più le custodie per videocassette - il senso dell'ordigno non cambia: una risposta all'arresto di Massimo Leonardi, il leader del movimento anarchico viterbese. Cagliaritano d'origine ma viterbese d'adozione, Leonardi è finito in manette a metà ottobre in seguito al pestaggio di un carabiniere durante il corteo del 4 ottobre scorso in occasione della Conferenza Intergovernativa dell'Ue. Leonardi, considerato un leader di spicco nella galassia degli anarchici, era già stato al centro di indagini: nel '96 fu denunciato per associazione sovversiva e due anni dopo per resistenza, oltraggio e danneggiamenti durante una manifestazione a favore del Chiapas.

NUOVE INDAGINI. Alla luce degli ultimi due pacchi bomba recapitati a Viterbo gli investigatori stanno riconsiderando un altro episodio avvenuto nel capoluogo: un attentato sventato una ventina di giorni fa alla sede del Centro Sociale del Ministero di Grazia e Giustizia. In quell'occasione fu scoperto per tempo un contenitore con 15 litri di benzina collegato ad un rudimentale innesco messo accanto al cancello di ingresso della palazzina che ospita gli uffici di una struttura che si occupa dei problemi dei detenuti.

Ultimo aggiornamento martedì 11 novembre 2003 ore 16.00 "

Saluti liberali

Pieffebi
15-01-04, 16:07
da www.iltempo.it

" Un arresto per svelare gli ultimi misteri



di MAURIZIO PICCIRILLI ROMA

Dopo 26 anni dal rapimento e uccisione di Aldo Moro e cinque processi finisce dietro le sbarre l’ultima latitante. Rita Algranati sarà sola a scontare la pena per quei fatti tragici che segnarono con il sangue gli anni di piombo. Infatti gli altri protagonisti dell’«operazione Moro» sono tutti liberi o in semilibertà, ovvero dormono in carcere ma il giorno sono fuori le sbarre. È Morto Germano Maccari, il quarto uomo della prigione di via Montalcini, Prospero Gallinari è a casa, gravamente malato. In semilibertà Mario Moretti, Barbara Balzarani, Anna Laura Braghetti, la carceriera; Bruno Seghetti, Raffaele Fiore e Franco Bonisoli. Libero invece Valerio Morucci: fece lui tra molti tentennamenti il nome della Algranati come facente parte del commando di via Fani. Libera anche Adriana Faranda. Resta latitante nel suo rifugio nicaraguense Alessio Casimirri. Discorso a parte per Alvaro Lojacono. Arrestato in Corsica nel 2000 è di fatto libero grazie al passaporto svizzero ottenuto grazie alla nazionalità della madre. La cattura di «Marzia» il nome di battaglia di Rita Algranati potrebbe svelare i misteri non ancora svelati del rapimento Moro. «Un personaggio chiave del caso Moro e del terrorismo degli anni Settanta». Così si è espresso l'ex giudice istruttore dell'inchiesta sul sequestro del presidente della Dc, Ferdinando Imposimato dopo aver appreso la notizia dell’arresto dell’Algranati. «Prima del '78 lei e Alessio Casimirri presero in affitto una base nel quartiere di Monteverde per farne una prigione diversa da quella poi utilizzata in via Montalcini - ricorda Imposimato - Successivamente, le prove contro di lei divennero schiaccianti. Risultò il suo coinvolgimento negli omicidi del giudice Riccardo Palma, responsabile dell'edilizia carceraria, del febbraio 1978, del consigliere provinciale di Roma della Dc Italo Schettini 1979, del colonello Antonio Varisco, ucciso il 13 luglio 1979, e dell'assalto alla sede della Dc in piazza Nicosia, a Roma, il 3 maggio 1979, nella quale vennero uccisi due agenti di polizia». La Algranati e Alessio Casimirri poterono contare allora, per la fuga in Nicaragua, secondo Imposimato, «su appoggi formidabili. Oggi, potrebbe dirci come esattamente e grazie a chi avvenne quella fuga che gli ha permesso una latitanza ultraventennale». Un altro grande conoscitore di quegli anni di sangue firmati Brigate Rosse, il giudice Antonio Marini che indagò sul sequestro e l'omicidio del presidente della Dc, ritiene che gli arresti fatti a Il Cairo possano aprire uno squarcio sui fatti di via Fani. «La Algranati è stata la mia più grande frustrazione - spiega il giudice Marini - ma dal momento che era presente in via Fani la mattina del 16 marzo 1978, a questo punto dica chi erano i due Br a bordo della moto Honda che sbarrarono la strada per tutto il tempo dell'agguato. E soprattutto illumini su Casimirri, l'unico che ancora non è stato catturato e che sa molte cose sugli anni del terrorismo». E poi esprime tutti i dubbi che ancora lo assillano. «Sono ancora tanti i buchi neri sul sequestro - dice Marini- perchè le Br non hanno detto tutta la verità. Non ci sarebbe stata l'assoluzione Algranati per il sequestro di Moro nel processo ter e questo è stato l'aspetto più frustrante». giovedì 15 gennaio 2004 "

Saluti liberali

Pieffebi
07-08-04, 18:56
http://utenti.lycos.it/larevolution/italia_br_storia.htm

Pieffebi
22-08-04, 20:47
" Battisti "sparito", ministero Giustizia francese chiede arresto.

Clicca per ingrandire
PARIGI (Reuters) - Il ministero della Giustizia francese ha chiesto che venga spiccato un mandato di arresto per l'ex militante di estrema sinistra Cesare Battisti dopo che l'uomo non si è presentato a firmare in commissariato come previsto dalla legge. Lo ha detto oggi il ministero.


Battisti, per il quale la Francia ha concesso l'estradizione in Italia dove è stato condannato all'ergastolo per omicidi nel 1978 e nel 1979, non si è presentato ieri alla polizia, violando le norme della libertà vigilata, ha detto il ministero nella nota.


"Informato di ciò, il direttore della Procura pubblica della Corte d'Appello di Parigi ha immediatamente deciso, su richiesta del ministero della Giustizia, di richiedere la revoca della libertà vigilata, di spiccare un mandato di cattura e di rimetterlo in carcere per l'estradizione", ha detto il ministero.


Battisti è uno delle diverse decine di militanti di estrema sinistra che vivono in Francia grazie all'asilo offerto nel 1985 dall'allora presidente socialista Francois Mitterrand. Vive alla luce del sole in Francia dal 1990 dopo aver rinunciato al terrorismo.


La Corte d'appello di Parigi ha accolto nel giugno scorso la richiesta di estradizione avanzata nei suoi confronti da Roma.


Il presidente Jacques Chirac ha detto che aspetterà il verdetto sul ricorso alla Corte prima di decidere se accogliere la richiesta di Roma, ma condivide il principio di estradare chi è stato condannato per attività terroristica.


Battisti, 49 anni, è ora un apprezzato scrittore di romanzi gialli ma è stato condannato per gli omicidi di una guardia carceraria ed un macellaio. Può fare appello contro l'estradizione ma il processo potrebbe richiedere mesi e sembra improbabile che il tentativo possa avere successo.


La causa di Battisti ha ricevuto l'appoggio in Francia di intellettuali, personaggi dello spettacolo e leader di sinistra che simpatizzano con la sua idea di lotta di classe ed insistono che bisogna rispettare l'ultima parola di Mitterrand. "
http://it.news.yahoo.com/040822/58/2wrv9.html


Saluti liberali

Pieffebi
07-09-04, 21:53
" BANELLI: FU MARIO GALESI A UCCIDERE D'ANTONA E BIAGI
ROMA - Cinzia Banelli ha detto ai pm romani che e' stato Mario Galesi ad uccidere Massimo D'Antona e Marco Biagi. La brigatista ha anche ammesso di aver partecipato ai due omicidi. In entrambi gli agguati targati br, avrebbe aggiunto la Banelli, il suo ruolo sarebbe stato quello di fare da staffetta e di presidiare il territorio, ossia segnalare ai compagni l' eventuale arrivo di forze dell' ordine.

Secondo la Banelli, i gruppi che parteciparono agli agguati a Marco Biagi e Massimo D' Antona erano composti dalle cinque alle sette persone. Tra queste Nadia Desdemona Lioce. La ''compagna So'' ha anche sottolineato di non sapere che fine abbia fatto la pistola usata per i due delitti e ha sottolineato di non essere a conoscenza del luogo in cui veniva custodito l' arsenale dell' organizzazione.

Dei commando che uccisero Massimo D' Antona e Marco Biagi, avrebbe aggiunto la Banelli, avrebbero fatto parte, oltre alla Lioce, anche Roberto Morandi e Laura Proietti. La br avrebbe inoltre aggiunto che l' organizzazione non disponeva di covi in cui ritrovarsi e di ritenere la cantina di via Montecuccoli, dove fu scoperto l' arsenale dei brigatisti e l' archivio documentale, un rifugio occasionale.

VEDOVA D'ANTONA: E' UN BENE CHE STIA PARLANDO
''Ho appreso la notizia dalla televisione... sono cose che colpiscono''. Attraverso il telefono la voce di Olga D'Antona, vedova del consulente dell'ex ministro del Lavoro Antonio Bassolino, trucidato dalle Br, giunge chiaramente provata. La signora D'Antona, deputata dei Ds, ha appena appreso dai telegiornali delle rivelazioni della terrorista Cinzia Banelli, che ha ammesso di aver fatto parte dei commandos che uccisero Massimo D'Antona e Marco Biagi, indicando in Mario Galesi il killer che sparo' ad entrambi.
07/09/2004 21:30 "
http://www.ansa.it/fdg02/200409072130164450/200409072130164450.html


Saluti liberali

Pieffebi
09-09-04, 22:30
da www.avvenire.it

" EMERGENZA EVERSIONE
Nuovo interrogatorio in carcere per la brigatista pentita che ha parlato con gli investigatori anche delle rapine effettuate per autofinanziare l’organizzazione

Banelli, è caccia ai complici

Ieri la «Compagna So» ha ricostruito ai magistrati della procura di Bologna la preparazione e l'esecuzione dell'omicidio di Marco Biagi. Secondo la terrorista rossa a Roma c'era il nucleo più nutrito, anche se lei sostiene di non conoscere personalmente tutti i componenti
Secondo la terrorista rossa a Roma c’era il nucleo più nutrito, anche se lei sostiene di non conoscere personalmente tutti i componenti

Da Milano Giulio Isola

Per l'omicidio del professore Marco Biagi all'appello mancano ancora i complici, coloro che a Bologna fornirono un appoggio logistico. Per l'agguato a Massimo D'Antona, invece, mancherebbero meno tasselli. Da Cinzia Banelli le procure che indagano sulle nuove Brigate rosse si aspettano un contributo fondamentale per chiudere il cerchio intorno ai nuovi estremisti rossi. E le parole della pentita vengono già definite «serie» dal procuratore capo di Bologna Enrico Di Nicola. Proprio ieri, nel carcere di Sollicciano, la dipendente dell'Asl di Pisa si è trovata davanti il pm Paolo Giovagnoli che indaga sull'omicidio Biagi.
A spingere la Banelli a collaborare ci sarebbe una crisi esistenziale più che una vera e propria crisi politica. Potrebbe essere questa la molla ad averla spinta sulla strada del pentimento. Nessun proclama politico ha infatti scandito il resoconto della donna sugli omicidi di D'Antona e di Biagi. Più che logico pensare, quindi, che siano state le inquietudini personali, su tutte l'esperienza del carcere vissuta accanto ad un bimbo di cinque mesi, a suggerirle il cambio di rotta. E ieri, al termine dell'interrogatorio, i magistrati felsinei erano soddisfatti. Ora, grazie alle sue rivelazioni, anche i pm romani Franco Ionta e Pietro Saviotti hanno un quadro più ampio della situazione anche se la donna precisa di conoscere «solo un pezzo della storia delle nuove Br».
I magistrati hanno avuto la conferma che la sede centrale dei terroristi era a Roma ed era composta da Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce. Nella capitale c'era il nucleo più nutrito anche se la Banelli ha detto di non conoscere personalmente tutti i componenti, ma soltanto Galesi e Lioce, e di aver visto per la prima volta Laura Proietti il 20 maggio 1999, giorno dell'omicidio D'Antona, quando le consegnò una radio per le comunicazioni. Con gli altri i contatti avvenivano tramite telefono anche se per lo scambio di informazioni non si disdegnava l'uso di dischi informatici. L e altre cellule, compresa quella pisana (composta da lei e da Morandi) avevano una «posizione laterale»: controllavano il territorio loro assegnato e prendevano indicazioni direttamente dalla sede centrale. In riferimento agli attentati D'Antona e Biagi, ha raccontato ancora la Banelli, ognuno aveva un ruolo preciso e non conosceva quello degli altri. Galesi usava le armi e la Lioce faceva da supporto; gli altri avevano il compito di staffetta, ossia controllavano che l'operazione andasse a segno e non vi fossero interventi esterni. In particolare, Lioce e Galesi passarono la notte precedente l'omicidio D'Antona in uno dei furgoni Nissan parcheggiati in via Salaria. Le indagini degli investigatori proseguiranno adesso sul fronte che riguarda i militanti con i quali la «Compagna So» ha detto di aver avuto contatti telefonici, ma dei quali non sa indicare i nomi, nè i volti. Si riesamineranno tabulati per accertare se i compagni di cui parla la donna sono già finiti nelle indagini, o se si tratti di persone sconosciute. La Banelli ha tuttavia escluso che i fratelli pisani Maurizio e Fabio Viscido, accusati di banda armata, abbiano fatto parte delle Br, mentre ha ammesso di conoscere Bruno Di Giovannangelo, indicato come basista per alcune rapine di autofinanziamento. "


Saluti liberali

Pieffebi
11-09-04, 09:30
da www.ansa.it

" OMICIDIO BIAGI: FORSE MANCA IL SETTIMO TERRORISTA
RAPINE BR: MANCANO ALL'APPELLO 'BEPPE' E UN BRIGATISTA ROMANO


--------------------------------------------------------------------------------

BOLOGNA - Forse manca all'appello un brigatista che partecipo' all'azione per assassinare il prof Marco Biagi. Cinzia Banelli, la compagna So che ha cominciato a collaborare con la giustizia, infatti ha riferito al Pm di Bologna Paolo Giovagnoli, che la notte del 19 marzo 2002 dopo l'omicidio del docente tutti i brigatisti che parteciparono all'azione (uno a Modena e cinque a Bologna), una volta usciti dalla provincia di Bologna, quindi fuori dal cerchio delle prime ricerche, comunicarono via cellulare ad un ''punto centrale'' che avevano superato il confine provinciale.

Banelli non ha saputo dire chi fosse a ricevere la comunicazione, che serviva per avere la certezza che nessuno fosse stato preso. Visto che ha Bologna c'erano - secondo il racconto della compagna So - lei, Nadia Lioce, Mario Galesi, Roberto Morandi e la 'compagna Maria' (potrebbe essere Diana Blefari Melazzi, per la quale la procura di Bologna ha chiesto il rinvio a giudizio per l'omicidio Biagi) e a Modena potrebbe esserci stato Marco Mezzasalma, resta da individuare questa settima persona.

E' stata considerata anche la possibilita' che il 'punto centrale' potesse essere Mezzasalma, che in questa ipotesi si sarebbe spostato da Modena (dove aveva il compito di avvisare i compagni a Bologna che il prof.Biagi dopo la giornata di lavoro all'universita' era salito sul treno per tornare a casa). Ma l'ipotesi e' ritenuta poco credibile. I telefoni utilizzati per le chiamate quella sera vennero poi buttati via.

D' altronde - anche dal racconto di Banelli - e' emersa una estrema compartimentazione della Br. Il gruppo toscano e quello romano non dovevano incrociarsi. Ognuno aveva un nome di battaglia solo siglato (ad esempio, appunto, So) che non doveva nemmeno far capire se si trattava di un uomo o una donna. Nelle azioni per compiere attentati usavano invece un nome operativo, che cambiava a seconda delle operazioni. In questo modo il nome di battaglia non veniva sprecato. E a proposito del nome di battaglia, Banelli ha mostrato un po' di risentimento nei confronti dei compagni che nei documenti - arrivati nelle mani degli investigatori dopo l'arresto di Lioce - del processo interno che aveva subito la indicavano come compagna So. Il 'compagna' aveva fatto capire che si trattava di una donna. In realta' poi per arrivare a lei gli investigatori hanno dovuto attendere lo sviluppo del traffico telefonico dei cellulari.

Banelli, comunque, ha raccontato anche di un'altra persona che non risulterebbe per ora tra gli arrestati: ''Morandi mi disse di mettermi in comunicazione con il nostro 'contatto postale' per riportare su un documento di identita' falso le caratteristiche di un uomo di 45 anni, alto 1,75 e brizzolato''.

La compagna So ha pure riferito di come e' arrivata alle Br: ''Ero dell'area antagonista, frequentavo ambienti rivoluzionari, frequentavo la Lioce. In quell'ambiente trovai la persona che mi ha reclutato. Il contatto che mi fece entrare nell' organizzazione ha lasciato le Br nel '95''.

Intato le indagini ora puntano a reperire il 'bilancio dell'azione Biagi', che dovrebbe avere anche Banelli. Tra i suoi file c'e' una pagina che e' la bozza del bilancio. Perche' il centro delle Br faceva una bozza delle questioni importanti, poi ogni brigatista doveva fare il suo bilancio che veniva rispedito al centro dove veniva elaborato un documento finale di sintesi.
10/09/2004 18:33 "

Saluti liberali

Pieffebi
14-09-04, 11:07
dal quotidiano LIBERO di oggi

" Brigatisti a processo Saluti a pugno chiuso

di ROBERTA CATANIA ROMA -

Ore 11 e 37. Aula bunker di Rebibbia, ai margini di Roma. Inizia il primo processo alle Nuove Brigate rosse. È un momento storico per la giustizia italiana. Sul banco degli imputati ci sono 17 presunti brigatisti. Entrano, si salutano con il braccio alzato, il pugno chiuso e si siedono. Volevano sedere vicini, ma il gup ha negato loro l’autorizzazione. Nadia Desdemona Lioce, Laura Proietti, Roberto Morandi, Paolo Broccatelli, Marco Mezzasalma e Federica Saraceni, sono chiamati a rispondere dell’omicidio del giuslavorista Massimo D’Antona ( ucciso il 20 maggio 1999 in via Salaria) e di banda armata. Per gli altri dieci, invece, si discuterà solo di banda armata. Molti di loro, però, verranno processati per l’assassinio dell’altro consulente del lavoro, Marco Biagi, freddato il 19 marzo del 2002 a Bologna. L’udienza preliminare si è svolta a porte chiuse. Per due ore la pubblica accusa e gli avvocati della difesa hanno messo le carte in tavola. E Franco Ionta, capo del pool antiterrorismo di Roma, ha chiesto al gup che Cinzia Banelli ( la “ Compagna So”, pentita il 2 agosto scorso) venga ascoltata in sede di incidente probatorio. La neo m a m m a - c o m b at t e n t e potrebbe salire sul banco dei testimoni e ripetere quanto già detto ai pm: « Oltre a D’Antona, a Roma c’era un altro obiettivo » . Nelle sei pagine di verbale dell’interrogatorio nel carcere fiorentino, si legge: « L’analisi era orientata all’individuazione dell’obiettivo, persona di livello politico centrale. Un soggetto che non so indicare, sempre intorno alle tematiche del cosiddetto Patto per l’Italia » . E ancora, secondo la Banelli « esiste un altro brigatista, rimasto ancora nell’ombra, il “ compagno Silvio” » . Verso la fine dell’udienza di ieri, la Lioce ha chiesto la parola. Ha letto « un’analisi politica » di quattro pagine, che ha concluso con il braccio alzato, il pugno chiuso e poche altre parole: « Onore al compagno Galesi » . Aveva iniziato: « Lo Stato borghese cerca di fare dell’apertura dei processi un momento di attacco politico alle Br e alla proposta della strategia della lotta armata e cerca di utilizzare in vario modo i prigionieri ostaggi nelle sue mani » . Preso fiato, Lioce ha proseguito: « Avviando la stagione dei processi a seguito dell’operazione antiguerriglia del 2003, lo Stato, riaffermando il suo potere e dandogli risalto mediatico, lungi dal poter celebrare la sua vittoria politica contro le Br- Pcc.... » Secondo lei, infine, « le Br non sono morte » e « non penso che gli arresti degli ultimi anni non ci hanno indeboliti » . Al suo proclama si sono associati i quattro “ irriducibili del sistema carcerario”: Michele Mazzei, Francesco Donati, Franco Galloni e Antonino Fosso. A parte quest’ultimo, gli altri hanno chiesto di parlare. Galloni ha detto di riconoscersi in tutto nell’ « attività combattente » delle Br- Pcc. Mazzei ha invece richiamato l’attenzione sugli omicidi D’Antona e Biagi. Donati, infine, ha inveito contro le « motivazioni politiche che sono alla base di questo processo. (...) Lo Stato ha lanciato nel tentativo di criminalizzare al massimo » l’organizzazione Br- Pcc, « valorizzando i risultati ottenuti, come la cattura di una compagna ( Lioce, ndr) e la morte in combattimento del compagno Mario Galesi avvenuti in seguito ad un episodio del tutto accidentale » . La famiglia D’Antona, per bocca dell’avvocato Luca Petrucci, ha definito le parole della Lioce « assurde e deliranti » . "


Shalom

Pieffebi
20-10-04, 21:23
" LE NUOVE BR ALLA SBARRA PER LA PRIMA VOLTA

ROMA - Il primo processo alle nuove Br, a coloro che sono accusati, tra l'altro, di aver assassinato il professor D'Antona, e dalla procura di Bologna dell'omicidio di Marco Biagi, si celebrera' a Roma alla II Corte di Assise a partire dal prossimo 17 febbraio. E' quanto ha deciso il gup Luisanna Figliolia che ha rinviato a giudizio, andando anche oltre le richieste dell'accusa, sostenuta dai pm della procura di Roma Pietro Saviotti ed Erminio Amelio, l'intera nomenklatura, almeno quella conosciuta dopo il pentimento di Cinzia Banelli, ovvero quella formata dai 17 terroristi delle nuove Br.

Il gup e' andata al di la' dei desiderata dei pm che avevano chiesto l'archiviazione per i cosiddetti ''postini'' delle br, Fabio e Maurizio Viscido, accusati di banda armata e dell'attentato alla sede dell'agenzia 'Obiettivo lavoro' di Firenza. Il giudice Figliolia invece, che si e' resa protagonista, suo malgrado, di una aspra schermaglia procedurale con la difesa della brigatista Nadia Lioce - sfociata nell'invio degli atti alla procura a causa dell'intervento 'ideologico' dell'avvocato Attilio Baccioli - ha deciso che il processo si fara' per tutti a partire dal prossimo 17 febbraio davanti alla II Corte di Assise di Roma. Prima di quella data saranno giudicate a Piazzale Clodio, in un calendario di udienze che comincera' il 14 gennaio prossimo, la pentita Cinzia Banelli e la ex staffetta Br dell'omicidio D'Antona, Laura Proietti.

A giudizio per l'omicidio D'Antona andranno anche Roberto Morandi, Marco Mezzasalma, Paolo Broccatelli e Federica Saraceni. Per quest'ultima la difesa, sostenuta dagli avvocati Franco Coppi e Francesco Misiani, aveva chiesto il non luogo a procedere per l'omicidio D'Antona, ricordando durante una scorsa udienza, la defezione politica della Saraceni che aveva reso noto in aula una memoria in cui si diceva estranea alla prassi dell'omicidio politico. A giudizio per banda armata, oltre ai fratelli Viscido, anche Diana Blefari Melazzi, Alessandro Costa, Bruno Di Giovannangelo e i cosiddetti irriducibili e Br detenuti prima degli arresti dello scorso anno, ovvero Michele Mazzei, Antonino Fosso, Francesco Donati e Franco Galloni. "
http://www.ansa.it/main/notizie/fdg/200410201547170704/200410201547170704.html

Con senescenza

Pieffebi
11-02-05, 22:41
dal quotidiano IL GIORNALE di oggi ....

" Omertà di classe

Maurizio Belpietro
--------------------------------------------------------------------------------

Facciamola finita, mettiamoci una pietra sopra e chiudiamo la storia del terrorismo che per vent'anni e più ha insanguinato l'Italia. Una bella amnistia, oppure un indulto, fate voi.
E ciò che ripetono ossessivamente i protagonisti degli anni di piombo. C'era una guerra - essi dicono - fra noi e lo Stato. Noi eravamo innocenti, ma la strage di piazza Fontana ci ha fatto perdere l'innocenza e siamo stati costretti a reagire, a tirare prima le pietre, poi le molotov e infine i colpi di P38. Adesso che la guerra l'abbiamo persa, i cadaveri sono sepolti e alcuni di noi sono ancora in carcere, o se non ci sono mai andati continuano a essere fastidiosamente inseguiti da vecchi mandati di cattura, pacifichiamo il Paese, troviamo una soluzione politica, tirate fuori di galera i nostri amici che ancora non sono stati messi in libertà per buona condotta.
Oltre ai diretti interessati, una pietra sugli anni di piombo la vogliono mettere pure alcuni importanti opinionisti con un passato da militanti dell'ultrasinistra, anche loro convinti che la guerra vada chiusa restituendo i loro cari alle famiglie.
Peccato che quella guerra allo Stato, ai suoi servitori e a un certo numero di giornalisti liberi, fosse stata dichiarata da una parte sola: quella dei terroristi. E peccato che quella guerra che si vorrebbe cancellare con un colpo di spugna sia ancora avvolta da troppi misteri e che le famiglie delle vittime reclamino se non la giustizia, almeno la verità.
Ne è prova la vicenda di Primavalle. In un'intervista al Corriere della Sera, Achille Lollo, condannato a 18 anni per il rogo in cui morirono un ragazzo di 21 anni e un bimbo di 8, ora che il delitto è andato in prescrizione, rivela che quell'attentato alla casa del modesto segretario di una sezione romana del Msi, non fu organizzato da tre attivisti di Potop, ma da sei. Lollo tira in ballo alcuni compagni di rivoluzione, che in questi trent'anni hanno cambiato vita, fatto carriera e si sono affermati nelle loro arti o mestieri. Non so se le accuse di Lollo, che da tempo è latitante in Brasile, siano vere o soddisfino solo una voglia di vendetta covata per troppo tempo: ce lo dirà la magistratura, che nel frattempo ha aperto un'inchiesta.
Una cosa però è certa: per molti anni i dirigenti di Potere operaio hanno contribuito a nascondere la verità su quell'atroce delitto. Lo ha rivelato al nostro Giornale Valerio Morucci, ex di Potop poi diventato brigatista, il quale ha confessato a Pierangelo Maurizio che dopo la strage il vertice dell'organizzazione fu informato dell' identità degli autori dell'attentato, ma i capi decisero di imbastire una campagna innocentista, accusando falsamente i missini di essere gli autori della strage e aiutando i colpevoli a fuggire.
E oggi, come allora, quegli stessi compagni tacciono. Da quando si è avuta notizia della prescrizione della pena, i cronisti del Giornale hanno bussato a tutte le porte, ma nessuno dei loquaci protagonisti di quegli anni sembra disposto a parlare. Tace Franco Piperno, che fa l'assessore a Cosenza; non si fa trovare Toni Negri, che è tornato a fare il filosofo; sfugge Jaroslav Novak, che aiutò Clavo a darsi alla latitanza, e ora collabora col presidente della Provincia di Roma. Silenzi imbarazzati e cornette riappese anche quando si prova a cercare qualche gregario.
La reticenza di quelli che volevano cambiare il mondo non riguarda solo il caso Primavalle. Il patto del silenzio avvolge tutte le storie sanguinose di quegli anni. Del caso Calabresi, il commissario assassinato nel 1972 e per cui Adriano Sofri è in carcere, Erri de Luca, oggi scrittore e ieri uno dei capi del servizio d'ordine di Lotta continua, qualche tempo fa disse: quando ci restituirete il corpo di Sofri, vi racconteremo la verità su Calabresi.
Gli ex terroristi hanno speso fiumi d'inchiostro per narrare le proprie gesta - alcuni sono già giunti a molte edizioni - ma non hanno usato neppure una goccia di quell'inchiostro per raccontare le complicità, le coperture e i depistaggi delle bande armate che s'ispiravano al comunismo. Purtroppo dalla lotta di classe i nostri rivoluzionari sono passati direttamente all'omertà di classe. E oggi vorrebbero pure la clemenza per decreto. "


Senescentemente

Pieffebi
22-11-05, 21:18
da www.sisde.it

" Pio MARCONI


Il sequestro Moro
una strategia allo specchio


Negli anni '70, quando si affacciarono sul panorama politico italiano, le Brigate Rosse tentarono di spiegare il loro progetto rivoluzionario con documenti che la quasi totalità dei mass-media definiva "deliranti". Questo approccio di giornalisti e politologi è stato non soltanto sbagliato ma anche foriero di una pericolosa sottovalutazione del fenomeno B.R. e delle sue capacità di far presa su alcune fasce della nostra società, pronte ad assecondare le scorciatoie ribellistiche proposte dal terrorismo. L'analisi che il Prof. Marconi ci propone dei testi B.R. di quegli anni, dimostra che il pensiero politico brigatista non era affatto distaccato dalla realtà. La decisione di attaccare, con strumenti criminali come il rapimento e l'omicidio, il cuore dello Stato aveva una sua coerenza progettuale tutt'altro che folle. La stessa analisi dei caratteri dello "Stato Imperialista delle Multinazionali" può ritenersi per nulla superficiale se è vero che anticipa alcune visioni successive dei problemi derivanti dalla globalizzazione.


Colpendo Aldo Moro le B.R. non compiono soltanto un delitto, ma arrivano a mettere pericolosamente in crisi (ed è proprio questo che volevano) gli equilibri fondamentali dei complessi rapporti politici, sociali ed economici che tentavano di pilotare il nostro paese al di fuori delle tensioni interne ed internazionali di quegli anni.
Se le B.R. sono state sconfitte lo si deve anche a chi evitò letture superficiali del loro messaggio e predispose serie e coerenti risposte politiche, sociali ed operative.


Le basi strategiche

Il documento delle Brigate Rosse che traccia le linee lungo le quali sarà condotto il sequestro di Aldo Moro è la Risoluzione della Direzione strategica del febbraio 1978 (1) .
Nel testo sono analizzati mutamenti del contesto sociale che suggeriscono di ridefinire precedenti scelte dell'organizzazione e sono sintetizzati (2) temi che da almeno un triennio circolano nelle BR, con l'aggiunta però di robuste novità. La più significativa elaborazione che la precede è la Risoluzione della Direzione strategica dell'aprile 1975 (redatta dopo l'evasione di Renato Curcio dal Carcere di Casale Monferrato) con la quale cambiano le analisi e il comunicare dell'organizzazione armata.
Dall'autointervista (3) , prevalentemente divulgativa, ricavata dall'esperienza dei tupamaros, si passa nel 1975 a un'indagine a tutto campo, capace di configurarsi come vero e proprio programma.
Il ricorso al solenne strumento della Risoluzione vuole evidenziare un superiore livello di stabilità strategica e organizzativa: le BR mature per un ruolo di direzione complessiva, cioè di partito.
La Risoluzione del 1975 e poi quella successiva del 1978, non si limitano ad una descrizione sommaria del contesto, ma cercano di esaminare la congiuntura economica ed i riflessi che essa ha sulla stratificazione sociale, sulla motivazione al conflitto della classe operaia, sulla definizione di nuovi metodi e settori di intervento.
Il documento del 1978 ha molti contenuti in comune con quello del 1975 ma contiene alcune differenze.
Analoga nei due documenti è la descrizione di un proletariato stratificato e di soggetti sociali emergenti i quali, pur non catalogabili (con un'ottica marxista) nella classe operaia, possono partecipare a una trasformazione rivoluzionaria della società.
Analoga è l'analisi della natura del potere politico nella società capitalistica avanzata. L'ipotesi della formazione di uno Stato imperialista delle multinazionali è già tracciata nella risoluzione del 1975. "Lo stato assume in campo economico le funzioni di una grossa banca al servizio dei grandi gruppi imperialistici multinazionali (…) diventa cioè funzione specifica dello sviluppo capitalistico (…) diventa stato imperialista delle multinazionali" (4) . La questione viene ampiamente sviluppata nella risoluzione del 1978.
Analogo è ancora il principio secondo il quale l'obiettivo delle BR non è più la fabbrica o il potere economico ma il cuore dello Stato. La questione emerge, nella strategia delle BR, prima del documento del 1975. Un opuscolo dell'aprile del 1974 (5) , sottolinea che l'attacco al centro della decisione politica si rende necessario nel momento in cui il conflitto ha subito perdite di efficacia.
Nelle fabbriche, "l'autonomia operaia è abbastanza forte e organizzata per mantenere uno stato di permanente insubordinazione (…) fuori dalla fabbrica essa è ancora debole al punto di non essere in grado di opporre una resistenza agli attacchi della controrivoluzione" (6) . La vulnerabilità della classe operaia impone di colpire il capitalismo nei centri di coordinamento e non solo nel luogo della produzione delle merci.
Anche nel primo comunicato sul sequestro del magistrato Mario Sossi emerge la questione dell'attacco al cuore dello Stato: occorre estendere "la resistenza e l'iniziativa armata ai centri vitali dello stato" (7) . Nella Risoluzione del 1975 e poi in quella del 1978 l'attacco al cuore dello Stato è tema centrale.
Diversa è la prefigurazione del rapporto con i movimenti. Nel documento del 1975 vi è una accesa polemica con l'Autonomia e i progetti di costruzione di organizzazioni legali che dovrebbero affiancare (o gestire dall'esterno) la lotta armata.
Le BR nel 1975 rifiutano di configurarsi come braccio militare della spontaneità di classe e di concepire la crescita della guerriglia "come conseguenza dello sviluppo dell'area legale o semilegale della cosiddetta autonomia" (8) .
L'area dell'autonomia è vista nel 1975 come un ambiente politico che indebolisce il progetto brigatista ponendosi in alternativa alla lotta armata (9) .
Nel testo del 1978 vi è una contrapposizione con il legalismo che alberga nell'autonomia (10) ma si legge anche il tentativo di ristabilire un contatto con i movimenti (anche con quelli che non agiscono nella logica armata) e di prefigurare un processo di costruzione del partito comunista combattente che veda l'apporto di molteplici ipotesi ideologiche, esperienze organizzative, concezioni dell'agire.
Diversa è infine la definizione delle modalità dello scontro. Nel 1975 la situazione non viene ancora considerata matura per un inasprimento della guerriglia. "Il passaggio a una fase più avanzata di disarticolazione militare dello stato e del Regime è prematuro e dunque sbagliato per due ordini di motivi:
1) (…) non siamo vicini al 'punto di tracollo';
2) l'accumulazione di forze rivoluzionarie sul terreno della lotta armata (…) ancora non è tale (…) da consentire il passaggio ad una nuova fase della guerra" (11) .
Nel documento del 1975 la guerriglia non si configura ancora come guerra civile guerreggiata: "la propaganda armata realizzata attraverso l'azione di guerriglia indica una fase della guerra di classe e non come qualcuno ritiene una forma di lotta. A questa fase segue quella della guerra civile guerreggiata, in cui compito principale dell'avanguardia armata sarà quello di disarticolare, anche militarmente, la macchina burocratica e militare dello stato e spezzarla" (12) .
Nel 1978 si prefigura qualcosa di molto vicino alla guerra guerreggiata (13) . Le nuove tecniche di combattimento dovranno infatti assumere "l'aspetto fondamentale della guerra civile dispiegata: l'annientamento delle forze imperialiste". Il lontano obiettivo della guerra guerreggiata tracciato nel 1975 diventa nel 1978 un obiettivo immediato di guerra dispiegata. Compito dell'organizzazione sarà quindi quello "di passare dalle azioni cosiddette 'dimostrative' a quelle che danno al combattimento un inequivocabile significato 'distruttivo' della forza nemica" (14) .


Deperimento e ripresa di conflitti

La continuità tra le due risoluzioni delle BR è il portato di una specifica situazione sociale. La crisi petrolifera, iniziata con il 1974, consente di prefigurare il crollo del sistema capitalistico e un rafforzamento del Terzo Mondo (e del socialismo reale) in virtù della disponibilità di materie prime e del controllo del prezzo della principale fonte di energia. La crisi che indebolisce l'economia di mercato incide tuttavia anche sulla classe operaia e ne rende sempre più difficile la mobilitazione. L'impresa reagisce con una riconversione che riduce l'occupazione e quindi anche il potere contrattuale, il peso politico e la combattività del lavoro dipendente. Più in generale un ciclo di proteste dotate di forte radicamento sociale (nella fabbrica, nell'università, nella scuola) iniziato nel 1966 subisce un rapido declino nel 1973-74 (15) .
Con la risoluzione del 1975 si prende atto della fine della conflittualità spontanea, di una disobbedienza diffusa nella fabbrica, per favorire/stimolare le quali avevano operato le prime iniziative brigatiste di propaganda e di attacco ai simboli del comando capitalista. Il deperimento della spontaneità sposta lo scontro dalla fabbrica allo Stato, dal potere economico a quello politico.
Vi sono tuttavia dei fattori soggettivi che rendono incomparabile il 1975 rispetto al 1978 e che spiegano le differenze nelle risoluzioni strategiche redatte in quegli anni. Nel 1978 la crisi dell'antagonismo spontaneo nella fabbrica è ancora più accentuata (16) . Nel mondo del lavoro non vi è solo timore per le prospettive dell'occupazione e per le nuove strategie delle imprese (17) , si assiste anche ad una riscoperta di tradizionali strumenti di rappresentanza, testimoniata dal nuovo consenso del quale godono le organizzazioni sindacali, dai successi elettorali del PCI, dalla svolta istituzionale della nuova sinistra (18) .
Il consenso che si rivolge al PCI e la nuova strategia della sinistra extraparlamentare, mostrano un ritorno della classe operaia (perlomeno quella impegnata nella fabbrica fordiana) alla fiducia nella politica e nelle forme tradizionali di organizzazione degli interessi/valori.
Nella crisi dell'antagonismo spontaneo e in un quadro di rafforzamento della sinistra tradizionale e di stabilizzazione di quella nuova, si manifesta tuttavia una esplosione di lotte politiche che punteggia l'intero anno 1977, investendo le città piuttosto che le fabbriche e lasciando affiorare nuovi protagonisti, una nuova dirigenza diffusa e nuove figure sociali (19) .
Si parlerà, nelle analisi di quegli anni, di operaio sociale e anche di un nuovo proletariato giovane, emarginato, soprattutto non garantito né dalle tradizionali politiche di Welfare né da un modo di produzione (fondato sulla fabbrica e sulla produzione crescente di merci) che appare ormai in crisi.
La nuova conflittualità alimenta la sovversione urbana, produce contestazioni feroci dei sindacati e del PCI, suscita nuove forme di organizzazione che occupano spazi sociali abbandonati dalla nuova sinistra, agisce sull'organizzazione della lotta armata.
Prima Linea che era stata costituita nell'autunno del 1976 (20) raccoglie nel '77, prevalentemente nel nord d'Italia, consensi in ambienti del proletariato giovane; il seguito del quale gode è imputabile a un doppio livello organizzativo: presenza nei movimenti di massa, struttura militare centralizzata (21) . Il proliferare (22) accanto a Prima Linea di organizzazioni armate e la presenza nel movimento del 1977 di un instabile tracciato di confine tra creatività e violenza (23) , impongono alle BR di ripensare precedenti atteggiamenti di chiusura verso esperienze nuove. Nel 1975 era stata formulata una critica dura dell'antagonismo disarmato e dell'eterodossia armata, nel 1978 viceversa le BR sentono il bisogno di prospettare una strategia capace di coinvolgere una costellazione di gruppi armati e di riconoscere il ruolo che la disobbedienza metropolitana può avere in una strategia di rivoluzione.
Anche il passaggio alla "guerra dispiegata" trova una spiegazione nell'esplosione del 1977. Con la prefigurazione di obiettivi più ambiziosi e di attacchi diretti al centro del potere politico, le BR vogliono mostrarsi capaci di realizzare iniziative di qualità indiscutibilmente superiore rispetto allo spontaneismo che si manifesta con la violenza di piazza o con la costituzione di uno sciame di piccole formazioni armate.
Le azioni di disarticolazione/distruzione dei simboli del potere pubblico, l'attacco al cuore dello Stato, devono rianimare una conflittualità operaia in declino raccogliendo in un progetto efficace numerose avanguardie disomogenee e scollegate.


Un movimento di "resistenza offensiva"

Nella risoluzione del 1978, l'inasprimento/allargamento della lotta armata (24) non discende da uno spontaneo antagonismo di classe piuttosto da una crisi che minaccia la classe operaia, che modifica i connotati dei moderni sistemi liberaldemocratici, che mette a rischio la pace e la coesistenza, che produce diffusione di lotte urbane, che crea nuovi strati sociali antagonisti.




Agli effetti recessivi della sovrapproduzione, la borghesia può porre rimedio soltanto con un allargamento coercitivo del mercato, cioè con il ricorso alla guerra che produce distruzione di "capitali, merci, e forza lavoro" (25) favorendo una ripresa del ciclo economico. Una guerra può venire frenata solo da un antagonismo proletario capace di produrre instabilità nelle società capitalistiche e di ostacolare la formazione di un retroterra della borghesia "pacificato e solidale".
Le BR, consapevoli del silenzio della fabbrica, osservano la nascita e il consolidarsi di una sovversione diffusa (26) . "Non ci appare affatto improprio parlare di guerra civile strisciante. Stando ai dati ufficiali, solo nel '77 sono state compiute oltre duemila azioni offensive e nel solo mese di gennaio '78 oltre trecentocinquanta. Il tutto distribuito su cinquanta province e un centinaio di città" (27) .
Le lotte e la violenza che agitano le città e il proliferare di organizzazioni armate mostrano la formazione/affermazione di uno schieramento conflittuale, il Movimento di Resistenza Proletario Offensivo (MRPO): "area dei comportamenti di classe antagonistici suscitati dall'inasprimento della crisi economica e politica", "area delle forze, dei gruppi e dei nuclei rivoluzionari che danno un contenuto politico militare alle loro iniziative" (28) .
Le BR nel definire il nuovo movimento non usano toni trionfalistici, riconoscendo innanzi tutto che esso è privo di unità: "Il concetto di MRPO non riflette un movimento piatto, omogeneo, ma piuttosto un'area di lotta" (29) .
Il nuovo movimento di offensiva e di resistenza contiene però delle forti potenzialità: non si lascia imbrigliare da posizioni legalistiche e "nonostante ci appaia alla sua superficie come una congerie di 'movimenti parziali' senza connessione o come disordinata esplosione di 'nuclei combattenti' (oltre cento negli ultimi mesi) esso in realtà è un movimento unitario solidale e duraturo" (30) .


Una nuova stratificazione sociale

Per analizzare la situazione della classe operaia le BR si trovano a dover spiegare una molteplicità di dati che sembrano contraddire una prospettiva di trasformazione rivoluzionaria. Si tratta di comportamenti della classe operaia che non possono essere interpretati soltanto come frutto di intimidazioni.
Nella classe si assiste ad un ritorno alla adesione a prassi e valori propri del sindacalismo e della sinistra tradizionale. L'ultimo episodio nel quale si è potuta manifestare una autonomia conflittuale è l'occupazione di Mirafiori del 1973. Nei mesi e negli anni successivi si assiste viceversa ad un riallineamento del lavoro dipendente alle organizzazioni tradizionali anche in virtù della nascita di nuove forme di rappresentanza diretta della base.
Le BR non interpretano il nuovo consenso del quale godono le rappresentanze tradizionali del lavoro, come conseguenza delle nuove strategie dell'impresa (tagli dell'occupazione, introduzione dell'automazione, inizi di un decentramento produttivo, spostamento degli investimenti dalla manifattura all'attività finanziaria) ma come il portato di una forte modificazione della struttura sociale e della classe operaia. I cambiamenti economici, politici, dell'impresa, consentono la collocazione su posizioni antagonistiche solo di una porzione del proletariato industriale.
Alcuni settori della classe sono portati, oggettivamente e soggettivamente, per la Risoluzione del 1978, a favorire lo schieramento borghese. Il proletariato professionale, che ha perso ruolo e vocazione alla lotta, in conseguenza della automazione dei procedimenti produttivi, tutela soltanto i propri privilegi: una relativa stabilità del posto, un lavoro meno ripetitivo, una minore incidenza dello stress, una moderata autodeterminazione dei ritmi, una parziale autonomia di decisione. Del proletariato solo una parte può essere recuperata all'iniziativa rivoluzionaria, il resto viceversa è portato "all'ideologia del lavoro" (31) .



foto ansa

L'unica componente della classe oggettivamente schierata contro gli interessi del capitalismo è quella formata dagli operai massa. Il documento sposa su questo punto le analisi dell'operaismo italiano e attribuisce a un proletariato dequalificato, proveniente da ambienti/culture preindustriali, una vocazione all'eversione del sistema. L'operaio massa è "lo strato più rivoluzionario che ha contribuito e contribuisce in maggior misura allo sviluppo della lotta di classe in tutte le forme in cui si manifesta: legali ed illegali, dal gatto selvaggio al sabotaggio, dalla occupazione delle fabbriche alla dura punizione dei capi, dirigenti, fascisti, sino a diventare il nucleo centrale della lotta armata per il comunismo" (32) .
In una strategia rivoluzionaria accanto all'operaio massa possono essere collocati alcuni settori del lavoro manuale nel terziario, un nuovo precariato, gli studenti, il lavoro femminile o più in generale l'area della liberazione femminile, settori della marginalità sociale (33) .
Si tratta, come si è detto, di gruppi sociali che animano i movimenti del 1977, che sono capaci di guidare le lotte nelle città, ma che si collocano a volte in posizione conflittuale nei confronti del proletariato.
Il nuovo possibile schieramento sociale non è quindi unitario e richiede un lavoro di organizzazione e di unificazione.
Nei servizi i lavoratori manuali si distinguono per combattività e possono diventar i migliori alleati della classe operaia "dato che di questa vivono praticamente le stesse condizioni pur non producendo valori (v. ospedalieri)" (34) .
Il riferimento al terziario è un riconoscimento a quelle aree dell'antagonismo capaci di animare lotte nelle strutture pubbliche.
La risoluzione segnala però rigorosamente che il lavoro manuale destinato ai servizi, non formando plusvalore, è privo di quel tipo di antagonismo che, nell'analisi di Marx, deriva dalla specificità della produzione capitalistica delle merci (35) .
La divisione della classe è alimentata anche dall'emersione di un conflitto di genere che rafforza il fronte proletario aprendovi però delle contraddizioni.
L'attenzione per la specificità di genere è un omaggio alla centralità che i movimenti delle donne assumono nel 1977 e forse anche il portato di conflitti percepibili all'interno della lotta armata (36) .
"La soggettività dell'MRPO, come del resto la sua composizione non è omogenea e tra le diverse componenti si svolge una lotta politica e ideologica" (37) .
Un ambiente nel quale può radicarsi una scelta rivoluzionaria è quello del non-lavoro, del lavoro precario, della marginalità.
L'eccedenza di lavoro favorisce il capitale (configurandosi come esercito salariale di riserva che spinge all'abbassamento delle retribuzioni) ma rappresenta anche un fattore di instabilità in quanto sfugge alla disciplina delle rappresentanze tradizionali.
La Risoluzione appare attenta alle trasformazioni dell'occupazione e a fenomeni latenti negli anni '70 che diverranno evidenti negli anni '80 e '90. Il documento analizza il ruolo degli studenti ma soprattutto segnala la crescita di un lavoro instabile che altera la stratificazione tipica della società industriale e crea fasce sociali difficilmente catalogabili (38) .
Speciale attenzione è rivolta a quella parte dell'esercito industriale di riserva che si trova nella prospettiva "dell'esclusione totale" (39) .
Un mondo che gravita all'esterno o al margine del mercato del lavoro e persino il sottoproletariato extralegale "costituito da residui di classi disgregate", possono svolgere un ruolo nel progetto rivoluzionario.
Non si indulge nel documento a quelle speculazioni sul ruolo dirompente della devianza (tratte da Foucault e dal mix statunitense di sociologia e ideologia della nuova sinistra, formatosi negli anni '60) che erano state elaborate dai NAP e che ricompariranno nelle tesi delle BR-Partito Guerriglia, ma ci si richiama più semplicemente a scelte compiute, in alcune contingenze, dai padri della teoria/prassi rivoluzionaria.
"Lenin nel 1905 notava come in periodo di crisi economico-politica, il banditismo sociale diventa un modo specifico di lotta di certi strati proletari urbani (…) ed è assolutamente indispensabile trasformare queste forme di lotta in azioni partigiane" (40) .


Lo Stato imperialista delle multinazionali

Le BR giungono alla formula dello Stato imperialista delle multinazionali e alla prefigurazione dell'avvento di un nuovo tipo di autoritarismo capace di demolire il disegno partecipativo delle costituzioni postweimariane, partendo da un'analisi della crisi economica e delle risposte che ad essa vengono date nella cultura politica dei paesi maggiormente sviluppati.
L'organizzazione armata percepisce che, con la crisi economica e la conseguente usura dei meccanismi di distribuzione sociale delle risorse, viene meno quello scambio politico che ha favorito l'affermarsi del consensualismo democratico.
Le BR escludono che la crisi economica e la crisi dello Stato sociale che comincia a manifestarsi negli anni '70 possano trovare rimedi nel rispetto del sistema democratico.
Per le BR, la recessione e l'impossibilità conseguente di governare attraverso il mercato politico, impongono alle classi dirigenti di identificare un nuovo metodo autoritario di gestione dello Stato.
I dati sui quali le BR lavorano sono reali. La crisi fiscale dello Stato, il venir meno di un surplus di risorse da destinare allo scambio politico, la necessità di selezionare i diritti di cittadinanza, problemi di governabilità tipici di un modello industriale che ha raggiunto il massimo della propria espansione e che non è più in grado di crescere senza modificare la propria forma, consentono ad alcuni settori della cultura politica di formulare diagnosi allarmate (le elaborazioni della Trilaterale) sui limiti della gestione democratica delle società complesse.
In alcuni casi il mondo della grande impresa, nell'insicurezza, accetta l'imperativo di misurarsi direttamente con la gestione della cosa pubblica. In realtà la difficoltà delle democrazie nell'amministrazione delle nuove domande politiche riguarda soprattutto i sistemi definiti consensualistici (41) che impediscono o rallentano le decisioni in materia di allocazione delle risorse pubbliche e di selezione dei bisogni.
Le società sviluppate dell'Occidente risolvono, nel corso degli anni '80 e in quelli successivi, il problema della governabilità rafforzando l'alternanza democratica dei governi e vivificando la dialettica tra mercato e Stato.
La tendenza dell'impresa a globalizzarsi (tendenza che comincia a manifestarsi negli anni '70 come risposta alla crisi petrolifera e al sovraccarico di oneri legati alla produzione nei paesi a Welfare avanzato) viene inoltre caricata dalle BR di forti connotati monopolistici e imperialistici. Non si tratterebbe di un fisiologico allargamento dei mercati ma dell'espressione di uno strapotere di alcune grandi multinazionali interessate a scavalcare i confini nazionali e le prerogative degli Stati.
Le peculiarità del nuovo sistema politico stanno, per le BR, nel superamento e nell'intreccio reciproco sia delle politiche di New Deal sia di quelle autoritarie nonché nella definizione di una nuova forma di potere dotato di forti connotazioni tecnocratiche. La tecnocrazia deve essere in grado di resistere ad un sovraccarico di domanda politica proveniente dal basso e al prevalere di interessi nazionali che potrebbero confliggere con quello del capitale internazionale.
Nella tradizione del '900 fascismo e socialdemocrazia erano state due forme, ciclicamente ricorrenti "nello stato imperialista invece la sostanza di queste forme politiche coesiste, dando luogo ad un 'regime' originale che perciò non è fascista né socialdemocratico, ma rappresenta un superamento dialettico di entrambe" (42) .
Secondo la Risoluzione del 1978, la commistione di fascismo e socialdemocrazia, ritaglia per le aristocrazie operaie un ruolo istituzionale di controllo repressivo del proletariato marginale. Ai settori più favoriti della classe operaia è offerta la possibilità di difendere alcune posizioni di privilegio non alle spese del capitale ma degli strati sociali deprivati. "Oggi il rapporto preferenziale della borghesia imperialista con i revisionisti si fonda sull'individuazione del proletariato emarginato come variabile di cui è indispensabile detenere il controllo" (43) .
Lo strumento con il quale viene attuata una politica dotata di aspetti riformistici e coercitivi è una nuova forma di Stato privo di legami con un territorio e di connotazioni nazionali. "Lo Stato Imperialista delle Multinazionali è la sovrastruttura (…) corrispondente alla fase dell'imperialismo delle multinazionali. Suoi caratteri essenziali sono: formazione di un personale politico imperialista; rigida centralizzazione delle strutture statali sotto il controllo dell'Esecutivo; riformismo ed annientamento come forme integrate della medesima funzione: la controrivoluzione preventiva" (44) .
Un personale politico omogeneo, di formazione sopranazionale, orienta le politiche dei paesi capitalistici e ne modifica in radice gli assetti istituzionali. Da una democrazia liberale e partecipativa si passa quindi ad una forma tecnocratica di potere e ad una modificazione dei connotati dello stato rappresentativo. Il primato del legislativo sancito dall'avvento della moderna liberaldemocrazia degrada a primato dell'esecutivo nella decisione pubblica.
Il partito politico, quale si è formato nella tradizione democratica europea, viene ad essere modificato nello Stato imperialista delle multinazionali: non più collettore della volontà dei cittadini ma strumento di mobilitazione collettiva.
L'acronimo e il concetto di Stato imperialista delle multinazionali sono stati sottoposti a critiche serrate e a potenti sbeffeggiamenti. In tale definizione si è vista spesso la prova della natura delirante della analisi e della progettazione brigatista.
Per la verità le BR, forse proprio per aver osservato assolutamente dall'esterno la vita politica ufficiale e l'economia, danno prova di aver compreso precocemente alcuni fenomeni di trasformazione delle società industriali.
L'errore della definizione brigatista sta nell'aver mostrificato gli attori del nuovo sistema sopranazionale, nell'averli collocati in una concezione cospirativa della storia, nella svalutazione/sottovalutazione della democrazia. L'orrore sta nell'aver praticato azioni sanguinose, prive di qualsiasi legittimazione in una società e in un ordinamento capace di garantire il pluralismo politico cioè la competizione di idee, programmi, classi.
Alcuni fenomeni sommariamente condensati nell'acronimo dello SIM (e potentemente ideologizzati) nel decennio successivo diventeranno però di patrimonio comune e susciteranno riflessioni anche in quegli ambienti che definivano delirio il ragionare brigatista: la preminenza dell'esecutivo, la decisione come criterio di semplificazione della complessità sociale, la funzione dei tecnici nella gestione della cosa pubblica, l'impoverimento dei diritti di cittadinanza, l'impegno della grande imprenditoria nella politica, l'erosione della sovranità provocata dalla mondializzazione e dalla liberalizzazione dei mercati internazionali.


La DC che si rinnova

Nella Risoluzione del 1978 viene pronunciata una dura condanna di tutto lo schieramento partitico. Severissimo il giudizio sul PCI al quale si imputa di cooperare alle strategie del capitalismo di Stato, di spaccare l'unità della classe operaia, di pungolare la repressione. Anche nei comunicati che accompagnano il sequestro di Moro non mancano gli attacchi al revisionismo del partito comunista e alla sua subalternità alle politiche borghesi. Nel comunicato n. 5, il PCI è "polizia antiproletaria" e si imputa ai "berlingueriani" la corresponsabilità della repressione delle avanguardie rivoluzionarie. In quello n. 9, si denunciano spie o delatori "dell'apparato di Lama e Berlinguer" e la "lurida collaborazione dei berlingueriani" con le attività di annientamento dell'antagonismo proletario.
La condanna del revisionismo si accompagna ancora però nella risoluzione del 1978 a un sostanziale riconoscimento del ruolo esercitato dal PCI agli occhi della classe operaia.
Le BR cercano di mantenere ancora in vita una forma di dialogo con una base sociale e politica che tradizionalmente si è identificata con il partito di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer (45) . Un passo della risoluzione del 1978 è significativo in tale senso. "La crisi di identità che la DC sta attraversando, in modo particolare dal giugno '75, è determinata da due processi concomitanti: la crisi-ristrutturazione della strategia mondiale degli Stati imperialistici da un lato, e dall'altro la richiesta di potere del proletariato italiano in vario modo espressa dalle sue componenti politiche sia revisioniste che rivoluzionarie." (46) .
Come si può notare, nel passo citato si riconosce che il revisionismo (cioè il PCI) va ancora collocato tra le espressioni politiche del proletariato italiano del quale è in grado di manifestare una "richiesta di potere"!
Il nemico principale, nella Risoluzione del 1978, è la DC definita come responsabile delle strategie imperialiste in Italia.
L'attacco disarticolante alla DC rappresenta lo strumento principale di contrasto delle politiche dell'imperialismo.
La Risoluzione del 1978 e poi i comunicati che ne riprendono i temi, contiene alcune modifiche della tradizionale analisi della Democrazia cristiana compiuta dalle BR.
Nei testi precedenti la DC era presentata come forza conservatrice votata all'alleanza con il MSI e come promotrice di una forma classica di repressione. Nella risoluzione del 1978, il partito cattolico appare come forza repressiva/conservatrice ma anche come attore di un rinnovamento della politica italiana e di un adeguamento del sistema sociale alla modernizzazione imposta dal capitalismo internazionale.
La specificità della politica dello SIM, come si è precedentemente segnalato, viene collocata dalle BR non nel ritorno a vecchie forme di autoritarismo ma in un superamento del fascismo e della socialdemocrazia, in una politica capace di coniugare la repressione con il consenso di settori della classe operaia.
Per la Risoluzione del 1975, il gruppo dirigente della DC sostiene la strategia dell'imperialismo attraverso una netta svolta a destra. "Il progetto politico democristiano, apertamente sostenuto anche da Tanassi, da Sogno e da Almirante, si propone di costruire intorno al blocco integralista della DC un più vasto e articolato 'blocco storico' apertamente reazionario e controrivoluzionario, funzionale allo Stato Imperialista".
Nel 1978 si afferma sempre che la DC deve essere colpita in quanto espressione dello SIM e degli interessi imperialistici, l'analisi sui rapporti tra partito cattolico e interessi imperialistici è tuttavia condotta in termini nuovi. La DC non è presentata più solo come forza di conservazione bensì come teatro di una battaglia per l'innovazione.
La DC deve essere colpita perché elabora riforme che devono rendere coerenti società, politica ed economia con gli interessi globali dell'imperialismo. "Forza centrale e strategica della gestione imperialista dello stato, in Italia, è la Democrazia Cristiana. In questa chiave va letto il durissimo scontro in corso al suo interno e il cosiddetto processo di rinnovamento" (47) .
La struttura tradizionale della DC non le consentiva di trainare la trasformazione sociale, di qui la spinta verso il cambiamento che la attraversa. "Nel quadro dell'unità strategica degli stati imperialisti le maggiori potenze alla testa della catena gerarchica richiedono alla DC di funzionare da polo politico nazionale della controrivoluzione, ma essa, così com'è attualmente strutturata risulta in larga misura inadatta allo scopo. Dunque si deve rinnovare" (48) .


Propaganda e guerra dispiegata

Secondo le BR lo Stato Imperialista delle Multinazionali non è più in grado di operare con il consenso e con la mediazione degli interessi in conflitto, l'unico strumento al quale lo SIM è in grado di fare ricorso è la repressione/annientamento delle organizzazioni del proletariato. La violenza istituzionale impone un cambiamento di strategia nelle organizzazioni rivoluzionarie. Tramonta la funzione di una propaganda armata, differenziata per sostenere specifiche articolazioni dell'antagonismo di classe e si prospettano viceversa solo azioni armate distruttive dell'antagonista. "Non avendosi più una fase politica separata da quella militare (…) l'unica possibilità di praticare il terreno politico dello scontro si dà con il fucile in mano" (49) . La propaganda armata, per la Risoluzione del 1978, è legata ad una fase di espansione del ciclo economico nella quale lo Stato e l'impresa possono adottare strumenti riformistici per contenere i conflitti, viceversa "nella fase della 'guerra' (…) prevale la pratica della guerra civile rivoluzionaria" (50) .
La Risoluzione ripercorre le tappe della lotta armata in Italia. "All'inizio e per forza di cose, operavamo per piccoli nuclei, e abbiamo praticato piccole azioni. (…) Poi, crescendo la forza e il radicamento della guerriglia, siamo passati ad azioni più complesse che impegnano contemporaneamente ma sempre in piccole azioni, più nuclei".
Infine la guerriglia "si è mossa per campagne e cioè contemporaneamente in più poli sulla stessa linea di combattimento" (51) . Si è inoltre passati da "azioni rapide (mordi e fuggi) ad azioni prolungate (Amerio, Sossi, Costa) ciò ci ha consentito di svolgere una propaganda armata più incisiva". Infine si è operato con il "rapido concentramento di forze numerose per attaccare il nemico in piccole battaglie" (52) .
La fase prefigurata dalla risoluzione prevede l'adozione di nuove tecniche di azione orientate all'annientamento delle forze imperialiste. "Compito dell'organizzazione guerrigliera è di passare dalle azioni cosiddette 'dimostrative' a quelle che danno al combattimento un inequivocabile significato 'distruttivo' della forza nemica" (53) .



foto ansa

La guerriglia non deve perdere i contatti con il proletariato e deve muoversi all'interno dell'antagonismo proletario.
Le BR nella risoluzione del 1978 cercano di coniugare due esigenze contrapposte: quella del coordinamento di una lotta armata di livello e di aggressività superiore, quella della ripresa di rapporti con le masse e con i movimenti sociali.
Le due esigenze possono essere soddisfatte con la costituzione di un partito affiancato e non contrapposto ai conflitti sociali.
"Tra essi opera una relazione dialettica, ma non un rapporto di identità: ciò vuol dire che è dalla classe che provengono le spinte, gli impulsi, le indicazioni, gli stimoli, i bisogni che l'avanguardia comunista deve raccogliere, centralizzare, sintetizzare, rendere teoria e organizzazione stabile e infine, riportare nella classe sotto forma di linea strategica di combattimento, programma, strutture di massa del potere proletario" (54) .
Il partito inoltre non si identifica né si dovrà identificare con le BR.
"Le Brigate Rosse non sono il Partito Comunista Combattente, ma una avanguardia armata che lavora all'interno del proletariato metropolitano per la sua costruzione" (55) .


L'inseguimento dei movimenti

Da quanto scritto sino a qui si ricava che i comunicati (56) diffusi dalle BR durante il sequestro di Aldo Moro si rivolgono ad una pluralità di destinatari: più che alle istituzioni, ad un mondo sociale e politico di fronte al quale le Brigate Rosse sentono la necessità di giustificare il proprio agire. Nel corso dei 55 giorni l'organizzazione cerca di ottenere una doppia legittimazione: istituzionale (57) e sociale. I comunicati non si limitano a riproporre contenuti della più recente Risoluzione strategica (anche se questa viene spesso utilizzata per le formulazioni politiche più complesse) ma entrano nel merito degli avvenimenti che accompagnano i giorni del sequestro e soprattutto cercano di rispondere alle contestazioni provenienti sia dagli antagonisti che dai potenziali compagni di strada.
I Comunicati numero 2 e 3 cercano di accreditare le BR come organizzazione pluralista (capace di apprezzare l'antagonismo diffuso) e di fugare l'immagine di un brigatismo teleguidato e mosso da centrali misteriose.
Sottolineando la propria disponibilità al pluralismo le BR rispondono più che alle critiche di quella parte di movimento che considera il sequestro di Aldo Moro un orrore, a quell'altra parte che lo valuta come un errore capace di alimentare la reazione e di pregiudicare l'opposizione sociale. Con una serie di affermazioni relative all'autenticità/autonomia del proprio operato le BR replicano inoltre alle accuse di subalternità a poteri esterni, formulate nei primi giorni del sequestro.
Ipotesi e accuse che non provenivano solo dalle forze politiche istituzionali ma che serpeggiavano anche in settori dell'antagonismo (58) .
La chiusura del Comunicato numero 2 rende omaggio a due figure dell'antagonismo di base uccise nei giorni successivi alla strage di via Fani. "Onore ai compagni Lorenzo Jannucci e Fausto Tinelli assassinati dai sicari del regime" (59) .
I due ragazzi (60) , impegnati nei nascenti centri sociali, non vengono ricordati con il nome proprio e il vezzeggiativo (Fausto e Iaio) come nei manifesti affissi dai compagni o nelle pagine di Lotta Continua, ma con nome e cognome.
Il tipo di citazione vuol comunicare al movimento, il quale tuttavia non apprezza (61) , che anche l'antagonismo disarmato può collocarsi nella strategia rivoluzionaria e che i due militanti di base meritano gli stessi onori dei guerriglieri caduti con le armi in pugno.
Nel Comunicato n. 3 si cerca, in modo rituale, di rispondere alle accuse di avventurismo politico. A tale fine viene riprodotta una parte della Risoluzione strategica del 1978.
"Siamo anche consapevoli del fatto che la pratica della violenza rivoluzionaria spinge il nemico ad affrontarla (…) anzi ci proponiamo di fare emergere, di stanare la controrivoluzione imperialista dalle pieghe della società "democratica" (…). Non siamo noi a 'creare' la controrivoluzione. Essa è la forma stessa che assume l'imperialismo" (62) .
Un ulteriore messaggio lanciato nella prima fase del sequestro, riguarda l'autenticità dell'agire brigatista. Il Comunicato n. 2, che risponde ai primi giudizi sul sequestro venuti dalla stampa, dai partiti, dai movimenti, rivendica al proletariato italiano, del quale le BR si fanno interpreti, un patrimonio tattico e strategico sufficiente a realizzare l'azione compiuta. "Sin dalla sua nascita la nostra Organizzazione ha fatto proprio il principio maoista 'contare sulle proprie forze e lottare con tenacia'.
Applicare questo principio, nonostante le enormi difficoltà, è stato per la nostra Organizzazione più che una scelta giusta una scelta naturale; il proletariato italiano possiede in sé un immenso potenziale di intelligenza rivoluzionaria, un patrimonio infinito di conoscenze tecniche e di capacità materiali".
Il sequestro di Aldo Moro non è quindi un'azione teleguidata ma il frutto di una esperienza maturata in una specifica tradizione storico sociale.
Sempre nel Comunicato n. 2 si riconoscono i rapporti con una rete di comunisti combattenti attiva in Europa ma si sottolinea una autonomia strategica e tattica dell'organizzazione italiana che inibisce manipolazioni o regie occulte. "Mentre riaffermiamo con forza le nostre posizioni sull'Internazionalismo Proletario, diciamo che la nostra Organiz-zazione ha imparato a combattere, ha saputo costruire ed organizzare autonomamente i livelli politico-militari adeguati ai compiti che la guerra di classe impone (…) ed è questo che ha reso possibile alla nostra Organizzazione di condurre nella più completa autonomia la battaglia per la cattura ed il processo ad Aldo Moro".


Una lotta armata plurale

Il Comunicato n. 1 si chiude con un appello all'allargamento dell'azione e alla unificazione del movimento di resistenza offensiva. Non si tratta di un appello lanciato nel vuoto. Nel corso dei 55 giorni del sequestro (tra l'11 aprile e l'8 maggio) si assiste, nonostante un controllo capillare del territorio, a dodici attentati contro persone, dei quali due mortali, rivendicati dalle BR (8 episodi) o attribuibili ad organizzazioni diffuse (4 episodi) (63) .
Le BR nel comunicato n. 5 sottolineano le iniziative fiorite dopo il sequestro e le interpretano come manifestazione di una opposizione sociale alle politiche dell'imperialismo e come risposta venuta dal basso alle misure di controllo che accompagnano le indagini sul sequestro. "L'attacco che lo Stato ha sferrato nelle ultime settimane con perquisizioni, fermi e arresti indiscriminati, tende infatti a colpire non solo le avanguardie che praticano la lotta armata, ma l'intero movimento di classe. Nonostante questo attacco repressivo, al quale dobbiamo aggiungere l'opera sempre più scoperta di polizia antiproletaria (…) del PCI, è cresciuta nelle fabbriche l'opposizione operaia allo SIM e alla politica collaborazionista dei berlingueriani e, nel contempo, è continuata l'iniziativa del MPRO e delle organizzazioni rivoluzionarie contro i covi e gli uomini della DC, della Confindustria, dell'apparato militare" (64) .
Benché l'azione di via Fani abbia ricevuto apprezzamenti in settori del movimento armato e fra alcune avanguardie di fabbrica, gli autori del sequestro sanno di dover spiegare e giustificare la propria strategia e la propria concezione dell'organizzazione di fronte ad una vasta galassia armata diffidente (65) ed ispirata a una diversa concezione del militante, del rapporto partito-masse, degli obiettivi.
Una concezione diversa della lotta armata era stata espressa da Prima Linea che, in un documento del 1977, aveva criticato il monolitismo delle BR. "Sbaglia chi oggi spara a zero contro lo spontaneismo del combattimento proletario e vuole ridurre il combattimento ai soli percorsi verso l'organizzazione e la sua pratica diretta. (…) Lo sviluppo del combattimento proletario è un processo contraddittorio e collettivo: è imperativo il confronto serrato tra le formazioni che lo praticano" (66) .
Dopo il sequestro del 16 marzo e dopo la pronuncia da parte delle BR della condanna di Moro, i Comitati Comunisti Rivoluzionari diffondono un documento nel quale dichiarano che la lotta armata nasce "dalla nostra storia dalla storia di questo movimento" e riconoscono la "tremenda efficacia" del sequestro di Aldo Moro.
Il documento rifiuta però la trasformazione della guerriglia in tribunale del popolo: "Si tratta di distinguere fra la necessità comunista del ricorso a forme di violenza e di coazione e la loro trasformazione in norma".
I Comitati Comunisti Rivoluzionari che esprimono sentimenti presenti in settori di un antagonismo armato plurale, propongono alle BR di uscire dalla logica dell'ultimatum e l'apertura "di un terreno di lotta praticabile e ragionevole per tutte le forme organizzate che oggi intervengono nel quadro dello scontro" (67) .
Le BR cercano di mantenere aperto un dialogo (formale, perché indipendente dalla decisione sul destino del prigioniero) con i dissensi, già presenti nello schieramento armato e che punteggiano i 55 giorni, sottolineando il possibile coordinamento di iniziative diversificate e affermando che nella strategia armata non solo trova posto una vasta gamma di posizioni ma possono anche essere collocate iniziative di diversa intensità.
La valutazione degli apporti all'azione comune non può limitarsi a misurare il volume di fuoco, né l'osservanza di regole stabilite dall'organizzazione più forte, né l'adesione ad una delle possibili interpretazioni del messaggio marxista e leninista.
La lotta deve intaccare ogni aspetto dell'azione istituzionale dello Stato borghese. "Questo ruolo di disarticolazione, di propaganda e di organizzazione, va svolto a tutti i livelli dell'oppressione statale capitalista e a tutti i livelli della composizione di classe. Non esistono quindi livelli di scontro 'più alti' o 'più bassi'. Esistono, invece, livelli di scontro che incidono e intaccano il progetto imperialista, ed organizzano strategicamente il proletariato oppure no" (68) .


Disarticolazione o mediazione

Nei comunicati che avevano accompagnato il sequestro del magistrato Mario Sossi il problema della trattativa per uno scambio di prigionieri era emerso immediatamente.
Il primo comunicato diffuso dalle BR dopo una sommaria biografia del magistrato, sintetizzava i motivi dell'azione: "Mario Sossi verrà processato da un tribunale rivoluzionario" (69) .



da www.casomoro.it

Il secondo comunicato era una semplice precisazione: invitava a diffidare dagli apocrifi e a segnalare le modalità con le quali sarebbero stati redatti i documenti delle BR (70) . Il terzo comunicato, cioè il primo dotato di contenuti politici, già prospettava lo scambio. "Sossi è prigioniero politico del proletariato. Come tale è assolutamente ingiustificato qualunque ottimismo su una sua gratuita liberazione. Molti sono ormai i compagni che (…) hanno ripreso le armi (…). Alcuni di essi sono caduti o sono attualmente rinchiusi nelle galere (…). Punto irrinunciabile del programma politico delle BR è la liberazione di tutti i compagni prigionieri politici" (71) .
I primi comunicati sul sequestro di Aldo Moro, a differenza di quelli sul sequestro di Mario Sossi, sono interamente dedicati alla analisi strategica, alla costituzione di una possibile rete di alleanze nel movimento di resistenza offensiva, al processo alla Democrazia Cristiana. Il comunicato n. 1 contiene una scheda biografica sul parlamentare sequestrato, ripropone alcune questioni politiche trattate dalla Risoluzione del febbraio 1978, afferma di volere, con il processo al leader della DC, iniziare un processo al regime. "Bisogna estendere e approfondire il processo al regime che in ogni parte le avanguardie combattenti hanno già saputo indicare con la loro pratica di combattimento. È questa una delle direttrici su cui è possibile far marciare il Movimento di Resistenza Proletario Offensivo, su cui sferrare l'attacco e disarticolare il progetto imperialista. Sia chiaro quindi che con la cattura di Aldo Moro, ed il processo al quale verrà sottoposto dal Tribunale del Popolo, non intendiamo 'chiudere la partita' né tantomeno sbandierare un 'simbolo', ma sviluppare una parola d'ordine su cui tutto il Movimento di Resistenza Proletario Offensivo si sta già misurando, renderlo più forte, più maturo, più incisivo e organizzato" (72) .
Il secondo comunicato oltre a riproporre temi contenuti nella Risoluzione del 1978, aggiorna il profilo di Aldo Moro, e introduce una analisi sulle prospettive europee dell'attività rivoluzionaria (73) .
Il comunicato n. 3 analizza lo svolgimento del "processo" ad Aldo Moro e contiene una lunga analisi delle prospettive che si aprono per i movimenti rivoluzionari.
Solo nel comunicato n. 4 appare, ma in modo indiretto, il problema di una trattativa e dello scambio di prigionieri. Il testo riporta il pensiero di Moro in merito ad un possibile scambio di detenuti ma afferma che quella ipotesi non coincide con la posizione delle BR. Moro, è scritto nel comunicato, invita i propri compagni di partito "a considerare la sua posizione di prigioniero politico in relazione a quella dei combattenti comunisti prigionieri delle carceri del regime. Questa è la sua posizione che, se non manca di realismo politico nel vedere le contraddizioni di classe oggi in Italia, è utile chiarire che non è la nostra" (74) .
Le BR confermano che la liberazione dei detenuti è un punto fondamentale del loro programma e di voler perseguire ogni tentativo che ne porti alla liberazione ma di rifiutare "come manovre propagandistiche e strumentali i tentativi del regime di far credere nostro ciò che invece cerca di imporre: trattative segrete, misteriosi intermediari, mascheramento dei fatti. Per quel che ci riguarda il processo ad Aldo Moro andrà regolarmente avanti e non saranno le mistificazioni degli specialisti della controguerriglia psicologica che potranno modificare il giudizio che verrà emesso" (75) .
I tempi con i quali viene affrontato nel corso del sequestro il problema dello scambio di prigionieri meritano la formulazione di alcune ipotesi.
A. La questione dello scambio di prigionieri non è stata collocata nei primi comunicati, per sottolineare che il centro dell'azione è il sequestro dell'uomo politico ed il "processo" al quale l'organizzazione intende sottoporre la DC. Porre sino dai primi comunicati il problema dello scambio di prigionieri avrebbe indebolito l'effetto "disarticolante" dell'iniziativa delle BR. La tattica definita con la Risoluzione del 1978 prevede inoltre che la disarticolazione non sia il risultato di un singolo atto ma l'esito di un procedimento protratto nel tempo. Il nemico deve essere impegnato "in azioni prolungate che esaltino ed esasperino tutte le sue contraddizioni interne" dopo essere stato attaccato "di sorpresa in battaglie via via più consistenti che forniscano alle masse proletarie il margine reale della crescita della forza guerrigliera" (76) .
B. Con grande probabilità le BR hanno voluto sottolineare di avere scelto una nuova tattica per la liberazione dei prigionieri. La liberazione nella logica del gruppo dirigente attivo (cioè operante e non detenuto) delle BR non deve essere un fatto tecnico (trattativa, scambio) ma il risultato di un'azione politica e il frutto di una modificazione dei rapporti di potere con le istituzioni.
Le mura del carcere possono crollare solo e quando le BR si mostrano capaci di piegare le istituzioni, di palesarne la debolezza, di dimostrarne l'inefficacia.
Il problema della detenzione politica non è sottovalutato dalla Risoluzione del 1978 che dedica una lunga analisi agli strumenti europei di coordinamento della repressione, alle politiche di prevenzione introdotte in Italia, alla situazione del carcere speciale. La fuoriuscita dal carcere è collegata a due tipi di azioni. Il primo è l'evasione che, liberando il militante, mette in crisi le politiche repressive dello Stato e ne mina la legittimazione. Il secondo è la disarticolazione che deve costringere il potere antagonista a rinunciare a ogni pretesa repressiva. Il sequestro Sossi, nel corso del quale le BR chiedono di scambiare la libertà del magistrato con quella di 13 detenuti politici, è collocato tra le azioni tipiche di una fase precedente a quella della guerriglia dispiegata. Il sequestro del magistrato genovese aveva al centro lo scambio, nella nuova strategia viceversa il problema di una contrattazione con l'antagonista esiste ma è dipendente dall'efficacia dell'azione disarticolante. La nuova linea non significa "che non esistono più mediazioni adottabili, ma che esse vanno viste in rapporto dialettico con la necessità di incidere militarmente per poter incidere politicamente" (77) .


Le ragioni dello Stato e quelle
della persona

Agostino Giovagnoli, al termine della sua completa ricostruzione del caso Moro, conclude con alcune osservazioni che meritano riflessione.
A. Moro fu assassinato per gli stessi motivi per i quali era stato rapito, "vale a dire non per ciò che aveva fatto davvero o per una reale convenienza dei brigatisti a rapirlo o ad ucciderlo, ma per il valore che questi attribuivano alla sua morte nella lotta contro lo Stato imperialista delle multinazionali" (78) .
B. Durante i 55 giorni i brigatisti "si comportarono in modo fortemente autoreferenziale, senza interrogarsi a fondo (…) sull'opportunità di ignorare totalmente gli appelli umanitari e le aperture delle forze politiche, sulla contrarietà dei loro stessi simpatizzanti all'assassinio di Moro e sulla crescita delle attese per un esito diverso diffuse anche al loro interno" (79) .
C. Alla fine di quei giorni le Brigate rosse si sentirono sconfitte, "non sul terreno militare ma su quello morale e politico". La causa della sconfitta deriva per l'Autore non dalla linea della fermezza ma da un tipo particolare di fermezza, che saldava "difesa delle istituzioni e rifiuto della violenza", che non voleva essere monolitica, che accettava diversi approcci alla gestione del drammatico evento (80) .
Si tratta di conclusioni rigorose, derivate da un lavoro che, rifiutando la ricerca di "protagonisti invisibili" dell'evento, ha analizzato l'operato e la produzione dei "protagonisti principali" (81) . L'analisi della Risoluzione e dei comunicati diffusi nel corso dei 55 giorni, segnala il significato profondo che la distruzione del simbolo dello Stato delle multinazionali e della DC assumeva nella strategia delle BR.
La sconfitta sul terreno morale e politico delle BR è attestata in modo unanime dalle memorie degli attori del sequestro.
Le osservazioni fatte da Giovagnoli sulla fermezza hanno il pregio di non presentarsi come dichiarazioni di principio ma di essere ricavate da un'analisi di atteggiamenti, elaborazioni, linee delle BR. L'impostazione del sequestro e la strategia che lo aveva ispirato erano tali da rendere difficile un compromesso, cioè una soluzione che non partisse dall'accettazione completa delle richieste formulate con il comunicato n. 5. Si può solo osservare che la ragionevole fermezza con la quale i partiti rispondevano alle BR spesso era il prodotto di incertezze più che di una strategia.
Tra le cause della sconfitta etica e politica delle BR ne va forse aggiunta un'altra: il comportamento e il comunicare del prigioniero.
Nel sequestro di Aldo Moro, "le immagini spettacolari vere e proprie sono state molto poche" (82) . Il sequestro di Aldo Moro è stato dominato, come ha osservato Carlo Marletti replicando alle tesi di McLuhan (83) sulla spettacolarità della violenza, non dalle immagini ma dalla scrittura e da un particolare strumento di comunicazione: la vittima (84) .
Da ciò non è lecito ricavare che le lettere di Aldo Moro, come affermato nei giorni del sequestro e come sempre meno ripetuto nelle riflessioni critiche successive, siano state pilotate o teleguidate.
Né le memorie dei protagonisti, né gli atti processuali, né un numero ragguardevole di pentiti, né un'analisi testuale delle lettere ha mai consentito di verificare la tesi di una regia brigatista o addirittura esterna dei messaggi.
È da escludere che Moro "costituisse una mera pedina in mano alle Brigate rosse" (85) .
Moro domina la comunicazione per due motivi:
a) per aspetti della sua personalità che sono emersi proprio nel corso del sequestro: una combattività non comune unita a una non comune freddezza. Moro mostra una straordinaria capacità comunicativa, un coraggio imprevisto, una chiarezza nell'esposizione prima ostacolata forse da una cultura della mediazione propria dell'ambiente nel quale militava. Si tratta di doti che gli consentono non solo di produrre documenti pregevoli ma anche di calibrare le proprie posizioni in relazione con il modificarsi degli eventi. Doti tipiche e normali in un leader politico. L'eccezionalità sta nel fatto che Moro riesce a conservare la freddezza e l'autorità del leader anche se costretto in una situazione estrema;
b) perché non ragiona d'istinto e per semplice autodifesa ma in base a principi da lungo tempo elaborati e interiorizzati. Si tratta di una filosofia dello Stato e della politica con la quale Moro cerca di dare una soluzione alla tragedia concreta che sta vivendo ma che cerca anche di contrapporre all'organizzazione che lo ha sequestrato.
La politica per Moro non va considerata come lo strumento per realizzare un modello di società ma come una ricerca di soluzione per i bisogni specifici dell'uomo.
Lo Stato per Moro "ha lo stesso valore della vita umana nella ricchezza stupenda delle sue determinazioni, perché esso è nient'altro che totale vita umana" (86) . Lo Stato non è un mito né può essere considerato portatore di interessi diversi da quelli dei singoli uomini.
Lo Stato può avere un'etica "a patto che esso in sé accolga tutta l'eticità della vita, senza soprapporsi ad essa con un superiore assurdo criterio "una sovrastruttura incomprensibile della vita (87) . Lo Stato deve far valere in ogni istante "la legge della persona particolare nell'istante puntuale, nella quale essa ha da risolvere il suo problema di adeguazione all'universale" (88) .
Moro legittima e reclama la trattativa perché crede in una politica che parta dai bisogni del singolo uomo ed in nome di tale concezione della politica pungola i partiti a liberarsi da un'etica dello Stato che ne offusca le funzioni specifiche.
In nome di quella stessa concezione della coesistenza umana, Moro affronta le Brigate Rosse e contrasta il progetto di costruire l'uomo nuovo distruggendo la persona particolare.
Nei 55 giorni Moro agisce da leader, cerca di fornire orientamento, si muove secondo l'imperativo che impone al dirigente di guidare coloro che lo attorniano e coloro che lo riconoscono.
Il suo sforzo non è destinato ad avere un risultato immediato anche perché le possibilità sono minime. Moro riesce tuttavia a realizzare quanto è richiesto ad un leader democratico.
Produce la sconfitta, accelera la sconfitta, sull'esclusivo piano dell'etica e della politica, di un antagonista che nega principi fondamentali: l'ascolto dell'altro, la competizione delle idee, il primato della "persona particolare".
(1) Viene allegata, il 4 aprile 1978, al Comunicato numero 4 delle Brigate Rosse sul sequestro di Aldo Moro.
(2) M. Moretti, Brigate Rosse. Una storia italiana, (intervista di C. Mosca e R. Rossanda), Baldini & Castoldi, Milano, 1998, p. 82.
(3) Prima della risoluzione del 1975, le BR diffondono tre autointerviste: settembre '71, gennaio '73, maggio '74. Sul passaggio al nuovo strumento di comunicazione, Soccorso Rosso, Brigate Rosse. Che cosa hanno fatto, che cosa hanno detto, che cosa se ne è detto. Feltrinelli, Milano, 1976.
(4) Brigate Rosse, Risoluzione aprile 1975.
(5) Brigate Rosse, aprile 1974, "Contro il neogollismo portare l'attacco al cuore dello stato" (in Soccorso Rosso, Brigate Rosse, cit.).
(6) Ivi.
(7) Brigate Rosse. Comunicato n. 1, sequestro di Mario Sossi (aprile 1974). In maniera incongrua (perché nel caso specifico si tratta di un errore riconosciuto dai dirigenti delle BR e soprattutto di un attacco alla sede di un partito e non a una struttura riconducibile alle istituzioni statali) lo slogan dell'attacco al cuore dello stato appare anche nella rivendicazione dell'uccisione, avvenuta il 17 giugno 1974, di due militanti del MSI all'interno della sede provinciale di Padova.
(8) Brigate Rosse, Risoluzione 1975.
(9) "Sono sbagliate tutte quelle posizioni che vedono la crescita della guerriglia come conseguenza dello sviluppo dell'area legale o semilegale della cosiddetta "autonomia." È bene far chiarezza su questo punto. Entro quella che viene definita "area dell'autonomia" si ammucchiano e stratificano posizioni diversissime. Alcuni, che definiscono la loro collocazione all'interno dello scontro di classe per via "soggettiva," si riconoscono parte di questa area piú per imporre al suo interno bisogni e problemi ad essa estranei e cioè per "recuperarla sul terreno della politica" che per favorirne la progressiva definizione rivoluzionaria, strategica, tattica ed organizzativa." (Brigate Rosse, Risoluzione 1975).
(10) "Sarebbe un vero e proprio suicidio politico - oltre che fisico - ostinarsi su posizioni legalistiche che se non sono opportunistiche marce indietro, si riducono a puro avventurismo velleitario. Bisogna prendere coscienza che nella nuova fase l'unica possibilità di sviluppare l'antagonismo e l'iniziativa proletaria si dà con il fucile in mano" (Brigate Rosse, Risoluzione 1978, § 24). Per una ricostruzione dell'atteggiamento della parte attiva delle BR (cioè quella operante fuori dalle carceri) verso l'Autonomia e i movimenti del 1977 cfr. AA.VV. Una sparatoria tranquilla. Per una storia orale del 1977, Odradek, Roma, 1997 (con una intervista a Francesco Cossiga raccolta da F. Piccioni), p. 37 e sg..
(11) Brigate Rosse, Risoluzione 1975.
(12) Ivi.
(13) Sull'inasprimento dello scontro prefigurato dalla Risoluzione del 1978 e sul ricorso al concetto della guerra dispiegata, cfr. A. Chiocci, Catastrofi del politico, Quaderni di società e conflitto, 8/2005, cap. 10.
(14) Brigate Rosse, Risoluzione della direzione strategica, febbraio 1978, § 17. La strategia dominante nel biennio 1977-78 è stata definita "dell'annientamento". Cfr. G.C. Caselli e D. della Porta, La storia delle Brigate Rosse: strutture organizzative e strategia d'azione, in D. della Porta (a cura), Terrorismi in Italia, Il Mulino, Bologna, 1984, p. 184 e sg.
(15) Cfr. S. Tarrow, Democrazia e disordine, Laterza, Bari, 1990.
(16) Uno sciopero nel '77 "voleva dire difendere con i denti e forse con la disperazione qualcosa che Agnelli aveva già sottratto spostando la sua produzione altrove (…) minando le basi strutturali di tutto quello che noi avevamo progettato, forse sognato. Non si era all'offensiva si era alla frutta" (Intervista a Mario Moretti, in AA.VV. Una sparatoria tranquilla, cit., p. 45).
(17) Una analisi degli effetti prodotti in quegli anni dalla ristrutturazione sulle organizzazioni di base e sui conflitti del lavoro, in L. Bobbio, Lotta continua. Storia di un'organizzazione rivoluzionaria, Savelli, Roma, 1979, p. 123 e sg..
(18) L'itinerario della nuova sinistra verso una rigorosa opposizione istituzionale, in L. Bobbio, op. cit. Riflessione sui diversi percorsi delle sinistre extraparlamentari nel quadro di una storia di Potere Operaio, in A. Grandi, La generazione degli anni perduti, Einaudi, Torino, 2003.
(19) Per una ricostruzione dei movimenti del 1977 cfr. N. Balestrini, P. Moroni, L'orda d'oro, Feltrinelli, Milano, 2003; S. Bianchi e L. Caminiti, Settantasette. La rivoluzione che viene, Derive-Approdi, Roma, 2004. Un'analisi e una ricostruzione dei conflitti nella città in AA.VV., Una sparatoria tranquilla, cit..
(20) Progetto memoria 1. La mappa perduta, Sensibili alle foglie, Roma, 1994, p. 97.
(21) Ivi, p. 97.
(22) La Risoluzione del 1978 parla di oltre cento nuclei combattenti. La mappa perduta, cit., elenca 24 sigle corrispondenti ad organizzazioni "maggiori" e 78 sigle di "formazioni minori" (occorre però considerare che questa opera ha censito i nuclei combattenti in un arco di tempo che va dal 1969 al 1989).
(23) Cfr. Intervista a Mario Moretti, in AA.VV., Una sparatoria tranquilla, cit. p. 38. Sul carattere del movimento del 1977 e sulla impossibilità di analizzarlo in modo bipolare (violenza/non violenza, organizzazione/ spontaneità) cfr. P. Persichetti e O. Scalzone, La révolution et l'État, Dagorno, Paris, 2000, p. 99 e sg., p. 233 e sg.. Per un'analisi delle motivazioni dei movimenti: A. Melucci, L'invenzione del presente: movimenti, identità, bisogni collettivi, Il Mulino, Bologna, 1982; G. Statera (a cura), Violenza sociale e violenza politica nell'Italia degli anni '70, Franco Angeli, Milano, 1983.
(24) "La forza reale della guerriglia si dimostra non solo 'alzando il tiro' ma soprattutto impostando campagne sempre più articolate (che investono un numero crescente di poli); impegnando il nemico in azioni prolungate che esaltino ed esasperino tutte le sue contraddizioni interne, attaccando le forze nemiche di sorpresa in battaglie via via più consistenti che forniscano alle masse proletarie il margine reale della crescita della forza guerrigliera." (Brigate Rosse, Risoluzione 1978, § 17).
(25) Brigate Rosse, Risoluzione 1978, § 2.
(26) Cfr. G. C. Caselli e D. della Porta, op. cit., p. 184.
(27) Brigate Rosse, Risoluzione, 1978, § 18.
(28) Ivi.
(29) Ivi.
(30) Ivi.
(31) Brigate Rosse, Risoluzione 1978, cit., § 19.
(32) Ivi.
(33) Sulla ricerca di collegamenti con nuovi gruppi sociali e sull'analisi della nuova stratificazione sociale fatta dalle BR cfr. G. C. Caselli e D. della Porta, op. cit., p. 192 e sg..
(34) Brigate Rosse, Risoluzione 1978, § 20.
(35) Ivi, § 18.
(36) Sulla presenza femminile nella lotta armata cfr. Progetto Memoria 1, La mappa perduta, cit.. Nel ventennio 1969-89 fra gli inquisiti per banda armata, associazione sovversiva o insurrezione, il 23,1% sono donne. Per una analisi degli effetti prodotti dalla cultura della differenza di genere nell'antagonismo e nelle organizzazioni armate, cfr. G. Collotti, interventi nel dibattito Dissonanze, in S. Bianchi e L. Caminiti, Settantasette, cit. pp. 219-237. Nel medesimo volume cfr. anche i contributi al citato dibattito di M. Campanale, E. Deiana, M. Fraire, P. Masi, M. Pivetta. Analisi, dall'interno, sulla donna nella lotta armata in B. Balzerani, Compagna luna, Feltrinelli, Milano, 1999; Id, La sirena delle cinque, Jaca Book, Milano, 2003; S. Mazzocchi, Nell'anno della tigre, Baldini&Castoldi, Milano, 1994 (la vita di A. Faranda); T. Zoni Zanetti, Clandestina, Derive Approdi, Bologna, 2000; A. L. Braghetti e P. Tavella, Il prigioniero, Feltrinelli, Milano, 2003.
(37) Brigate Rosse, Risoluzione 1978, cit., § 23.
(38) I componenti del nuovo esercito del lavoro fisiologicamente precario "si trovano in posizione intermedia e oscillante tra la classe operaia occupata stabilmente e l'esercito industriale di riserva, come occupati in modo diverso" (Risoluzione 1978, cit., § 20).
(39) Brigate Rosse, Risoluzione 1978, cit., § 20.
(40) Ivi.
(41) Sul modello di democrazia consensuale, A. Lijphart, Le democrazie contemporanee, tr. it. Il Mulino, Bologna 1993. Sul ruolo dei meccanismi consensuali nelle congiunture fortemente conflittuali, cfr. J.J. Linz e A. Valenzuela, Il fallimento del presidenzialismo, tr. it., Il Mulino, Bologna, 1995.
(42) Ivi.§ 7.
(43) Ivi.
(44) Ivi, § 3.
(45) Cfr. M. Moretti, Le Brigate Rosse, cit., e Intervista, cit.
(46) Brigate Rosse, Risoluzione 1978, § 4.
(47) Ivi.
(48) Ivi.
(49) Brigate Rosse, Risoluzione 1978, cit., § 6.
(50) Ivi.
(51) Ivi, §16.
(52) Ivi, § 17.
(53) Ivi.
(54) Ivi, § 25.
(55) Ivi.
(56) Una lettura filologica dei comunicati delle BR in M. Clementi, La "pazzia" di Aldo Moro, Odradek, Roma, 2001. Si tratta forse dell'unica opera che cerca di scandagliare i significati e le strategie dei documenti prodotti nei 55 giorni dall'organizzazione armata. Letture attente della produzione delle BR in A. Silj, Mai più senza fucile, Firenze, Vallecchi, 1977; G. Bocca, Il terrorismo italiano 1970/1978, Milano, Rizzoli, 1978; L. Manconi e V. Dini, Il discorso delle armi, Savelli, Roma, 1981. Una ricostruzione dei mutamenti nelle strategie delle BR basata sull'analisi di rivendicazioni, documenti e risoluzioni, in G.C. Caselli e D. della Porta, op. cit.
(57) Il dibattito sui rischi che avrebbe comportato una legittimazione delle BR e sulla liceità di concessioni legittimanti, accompagna i cinquantacinque giorni. Si registrano sulla stampa gli interventi di autorevoli personalità della politica e della cultura. Una completa ricostruzione della questione della trattativa (con analisi della stampa, delle istruttorie, dei lavori della Commissione parlamentare sulle Stragi) in V. Satta, Odissea nel caso Moro, Edup, Roma, 2003.
(58) Le prime azioni delle BR vengono giudicate dalla sinistra storica e da una parte della nuova sinistra come avventurismo e provocazione (Cfr. G. Galli, Piombo rosso. La storia completa della lotta armata in Italia dal 1970 ad oggi, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2004). Nel corso del sequestro di Aldo Moro la stampa della sinistra storica ritorna sul tema della provocazione. La disponibilità dei verbali della direzione del PCI consente oggi di affermare che nel gruppo dirigente di quel partito vi è, nel corso dei 55 giorni, la consapevolezza del collegamento delle BR con settori di classe operaia e con ambienti della sinistra sia nuova sia storica. (Cfr. A. Giovagnoli, Il caso Moro. Una tragedia repubblicana, Il Mulino, Bologna, 2005). Per una analisi dell'ideologia del complotto cfr. C. Marletti, Immagini pubbliche e ideologia del terrorismo, in L. Bonanate (a cura), Dimensioni del terrorismo politico, F. Angeli, Milano, 1979, p. 213 e sg..
(59) Brigate Rosse, Comunicato n. 2 - sequestro di Aldo Moro (25 marzo 1978).
(60) Sulla uccisione dei due giovani cfr. D. Biacchessi, Fausto e Iaio, Baldini & Castoldi, Milano, 1996.
(61) Nell'area della nuova sinistra e dell'autonomia, l'omaggio reso dal comunicato brigatista alla memoria di Fausto e Iaio suscita reazioni di rigetto. Scrive Lotta Continua nei giorni successivi alla diffusione del testo delle BR: "il messaggio termina con la frase onore ai compagni Lorenzo Jannucci e Fausto Tinelli, assassinati dai sicari del regime. E' un riconoscimento allucinante e sordido, come amici di Iaio e Fausto glielo restituiamo: non gradito". Sulla reazione negativa dei centri sociali, cfr. S. Jesurum, "Polemici con i brigatisti i giovani del Leoncavallo", la Repubblica 28 marzo 1978.
(62) Brigate Rosse, Risoluzione 1978, cit. § 9.
(63) G. Galli, Storia del partito armato. 1968-1982, Rizzoli, Milano, 1986, p. 166.
(64) Brigate Rosse, Comunicato n. 5 - sequestro di Aldo Moro (10 aprile 1978).
(65) "Una delle preoccupazioni maggiori dei clandestini era quella di non essere strumentalizzati da decisioni prese da altri (…). Probabilmente una delle cause – sul terreno psicologico – del proliferare di piccole bande armate sul finire degli anni settanta è proprio il tentativo (o la possibilità) di risolvere questa contraddizione nell'ambito del piccolo gruppo dove tutti sono omogenei e corresponsabili" (C. Alunni, Prefazione, a T. Zoni Zanetti, Clandestina, cit., p. 7).
(66) Prima Linea, L'antagonismo totale tra il sistema dei bisogni, 1977. In Progetto Memoria 3, Le parole scritte, Sensibili alle Foglie, Roma, 1996, p. 265.
(67) Comitati Comunisti Rivoluzionari, Che fare? (Milano 25 aprile 1978). In Progetto Memoria 3, cit., pp. 254-262.
(68) Brigate Rosse, Comunicato n.4 - Sequestro do Aldo Moro.
(69) Brigate Rosse, Comunicato n. 1 - Sequestro di Mario Sossi (aprile 1974).
(70) Brigate Rosse, Comunicato n. 2 - Sequestro di Mario Sossi. "In seguito agli innumerevoli falsi che i giornali del mattino e del pomeriggio hanno raccattato senza scrupolo, non certo con l'intento di fornire ai loro lettori un'informazione corretta e completa, facciamo presente che solo i comunicati battuti con la macchina che ha firmato il primo sono autentici. Non si tratta di un gioco e le false informazioni possono soltanto aggravare la posizione del prigioniero".
(71) Brigate Rosse, Comunicato n. 3 – Sequestro di Mario Sossi.
(72) Brigate Rosse, Comunicato n. 1 - Sequestro di Aldo Moro (16 marzo 1978).
(73) Brigate Rosse, Comunicato n. 2 - Sequestro di Aldo Moro (25 marzo 1978).
(74) Brigate Rosse, Comunicato n. 4 - Sequestro di Aldo Moro (4 aprile 1978).
(75) Ivi.
(76) Brigate Rosse, Risoluzione 1978, § 17.
(77) Ivi.
(78) A. Giovagnoli, op. cit., p. 260.
(79) Ivi.
(80) Ivi, p. 261.
(81) Ivi, p. 10.
(82) C. Marletti, Il terrorismo moderno come strategia di comunicazione. Alcune considerazioni a partire dal caso italiano, in R. Villa (a cura), La violenza interpretata, Il Mulino, Bologna, 1979, pp. 204-205.
(83) In un'intervista rilasciata un mese prima del sequestro di Aldo Moro Marshal McLuhan istituiva un collegamento tra il riemergere della violenza politica e i nuovi strumenti di comunicazione. "Senza Comunicazione non vi sarebbe terrorismo. Potrebbero esservi le bombe, potrebbe esserci l'hardware, ma il nuovo terrorismo è software, è elettronica. Perciò senza elettronica niente terrorismo. In altre parole i terroristi adoperano questa gigantesca arma che è l'elettronica, la quale poi è un'arma pubblica del software" (M. McLuhan, intervista rilasciata a G. Fantauzzi, "Il Tempo", 19 febbraio 1978).
(84) C. Marletti, Il terrorismo moderno, cit., p. 209.
(85) A. Giovagnoli, op. cit., p. 228.
(86) A. Moro, Il diritto, lo Stato (lezioni 1944-1945, 1946-1947), Cacucci editore, Bari, 1978, p. 214. Si tratta di due corsi, di Filosofia del diritto e di Dottrina dello Stato, svolti nell'università di Bari.
(87) Ivi, p. 218.
(88) Ivi, p. 227. " "


Saluti liberali

Pieffebi
01-12-05, 14:25
" il Giornale del 01/12/2005


------------------
Guzzanti (Forza Italia)

«La prigione di Moro? Prodi sapeva dov'era»

Il Professore minaccia querela. Cossiga: la sua seduta spiritica fu una messa in scena

-------------------

«Abbiamo trovato una quantità di verità pazzesche, sul caso Moro: Aldo Moro fu catturato con una vera e propria operazione di commando. Era presente anche un tiratore scelto straniero che non fu mai preso e del quale non si è mai parlato». È quanto ha affermato il presidente della commissione Mitrokhin, il senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti, in un'intervista che il canale satellitare «Nessuno Tv» ha mandato in onda ieri sera. «Moro è stato poi tenuto nascosto in un luogo, peraltro noto a Romano Prodi - dice Guzzanti -. Quando l'ho interrogato in Commissione, ha farfugliato sputacchiando. Ma poiché nessuno crede agli spiriti, alle sedute spiritiche o ai piattini che girano, sta di fatto che il professor Romano Prodi sapeva che Moro era prigioniero a via Gradoli. Disse "Gradoli" senza dire "via": qualcuno volle capire Gradoli paese». Nel corso della prigionia di Moro, «scomparvero dalla cassaforte del ministro della Difesa tutti i documenti militari top secret della Difesa Nord dell'Italia, che poi ricomparvero dopo la morte di Moro. Tornarono nella cassaforte del ministro della Difesa con le loro gambe». Il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro, secondo Guzzanti, «furono gestiti dai servizi segreti dell'Est, ci sono le carte, non le chiacchiere».
Il Professore, che minaccia di rivolgersi al tribunale, ha affidato la replica al suo ufficio stampa, che ha diffuso una nota nella quale si legge che «Romano Prodi risponderà attraverso i suoi legali alle gravissime insinuazioni del senatore Paolo Guzzanti». «Sulla questione legata al nome Gradoli - prosegue la nota dell'ufficio stampa del Professore - Prodi ha infatti già esaurientemente risposto in tutte le sedi giudiziarie e parlamentari in cui è stato convocato».
Chiamato in causa per l'equivoco su Gradoli via-Gradoli paese, è intervenuto anche l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, ministro dell'Interno all'epoca del sequestro Moro, che a proposito della seduta spiritica parla di «messa in scena». L'ex capo dello Stato ha diffuso una nota nella quale sostiene di essere arrivato alla conclusione che Prodi acquisì quell'informazione «da qualche militante dell'area eversiva ben presente nell'Università di Bologna, cui era evidentemente pervenuta da ben informati ambienti delle Br o strettamente contigui a esse». «Nel passaggio tra fonte, informatore, partecipante alla finta seduta spiritica e il Professor Romano Prodi - si legge ancora nella nota di Cossiga -, l'informazione fu travisata e così l'indicazione di via Gradoli, covo Br in Roma, poi scoperto, subì il mutamento in paese di Gradoli, deviando gravemente le indagini degli investigatori». "

Shalom

Pieffebi
13-02-07, 21:31
dal quotidiano LIBERO di oggi



Arrestati quindici terroristi «Erano pronti a colpire»

di GIUSI DI LAURO


Arrestati prima che entrassero nella «fase operativa». Due anni e mezzo d'inchiesta, di pedinamenti, d'intercettazioni ambientali e telefoniche, di filmati, perché la Digos e la Procura di Milano arrivassero ad avere tutti i nomi dei nuovi militanti delle Brigate Rosse. Quindici gli arresti eseguiti all'alba di ieri tra Milano, Sesto San Giovanni, Padova, Torino, Trieste, Udine. Un'inchiesta che riporta sulle scrivanie delle Digos e dei magistrati sigle sovversive che sembravano finite con gli arresti dei responsabili degli omicidi D'Antona e Biagi. Invece ecco di nuovo i covi, le rapine per l'autofinanziamento, le pubblicazioni sovversive, gli addestramenti balistici e militari, i nomi di battaglia. Un quadro che spiega da solo quanto fossero pericolosi gli arrestati e il loro progetto terroristico.
VECCHIE E NUOVE LEVE
Tra gli arrestati ci sono vecchi nomi della sovversione armata, come il trevigiano Alfredo Davanzo, 50 anni, nome di battaglia Antonio, una latitanza di cinque anni a Parigi, una vita da clandestino prima in Svizzera e ora a Raveo, in provincia di Udine; come Claudio Latino, mantovano di 49 anni, e il milanese Bruno Ghirardi, 51 anni, entrambi già condannati per terrorismo. In manette anche giovani di venti anni, le nuove leve che i vecchi terroristi avevano incluso nel loro progetto, dando loro un compito importante: quello di fare proselitismo nelle università. Come Alfredo Mazzamauro, 22 anni, iscritto a Scienze Politiche all'Università Statale di Milano e anche impiegato alla Bocconi, e Amarilli Caprio, 26 anni, studentessa sempre alla Statale in Scienze Linguistiche. Proselitismo e propaganda erano promosse anche nei centri sociali, come la "Panetteria" di Milano, il "Gramigna" di Padova. Stessa azione era quella fatta da Vincenzo Sisi, 54 anni, delegato della Filcem della Cgil a Torino, e da Davide Bortolato, 37 anni di Padova, delegato della Cgil, un passato nei comitati proletari per il comunismo. Vecchi e nuovi, tutti uniti dalle stesse sigle, Brigate Rosse, Seconda Posizione e il Partito Comunista Politico Militare (PCPM), le tre cellule a cui appartenevano. L'unico a dichiararsi prigioniero politico è quello che gli inquirenti definiscono l'ideologo, Alfredo Davanzo, tra gli autori della rivista clandestina Aurora, una pubblicazione che gira negli ambienti eversivi già dal 2002. (È per giocare su questo giornale che gli investigatori hanno chiamato l'operazione Tramonto). IL COVO
Le indagini cominciano da una cantina di un palazzo di via Pepe 38 di Milano che ha un lucchetto con una serratura diversa da quella del proprietario. Qui c'è il covo delle nuove Br, ma la signora che chiama la polizia per denunciare l'appropriazione della sua cantina non sa ancora nulla. Era il 4 agosto 2004. Dentro c'era del «materiale particolare», come spiegano gli uomini della Digos: libri dal titolo "1000 modi per sabotare questo mondo", scanner, ricevitore video-audio, telecamera, antenne direzionali. Ad attirare il fiuto dell'investigatore un fanale di una bicicletta con all'interno installata una microtelecamera e un sellino da bici sotto cui erano applicati un'antenna e due interruttori. Materiali questi per facili sopralluoghi. La cantina risulta d'uso a Massimiliano Gaeta, foggiano 32 anni, nome di battaglia Marco, già appartenente alla sezione foggiana CARC - Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo.
IL CONGELAMENTO
Dopo la perquisizione della polizia, comincia un lungo periodo di "congelamento". Il gruppo aumenta le cautele, come cambiare sempre i luoghi d'incontro, scegliere i posti più affollati, bar, birrerie e pub, non usare mai i telefonini per comunicare, cambiarsi d'abito in una stessa uscita, fare percorsi di 4 e 5 chilometri prima di convergere nel luogo di ritrovo, scendere dalle metropolitane e dai treni poco prima che si chiudessero le porte. Se l'appuntamento saltava, i brigatisti facevano i "recuperi", tornavano cioè nello stesso posto alla stessa ora, fino a quando non si fossero riagganciati.
GLI OBIETTIVI
C'era un dibattito in corso nel gruppo se fare prima azioni dimostrative o iniziare subito la battaglia contro obiettivi umani. Nel primo disegno rientravano gli attentati incendiari alla redazione milanese di Libero, già oggetto di diversi sopralluoghi all'inizio dell'anno; alle sedi Mediaset di via Vincenzo Monti a Milano e a Cologno Monzese e alla casa milanese di Berlusconi in via Rovani, come a quella sportiva di Sky (una prima volta per una redazione sportiva) sempre a Cologno Monzese e all'Eni, di San Donato Milanese. Nel secondo disegno terroristico, erano state individuate le personesimbolo da colpire: il giuslavorista Pietro Ichino, docente di Diritto del Lavoro alla Statale di Milano, Luigi Roth, presidente della Fondazione Fiera di Milano, e Lino Guaglianone, rappresentante della destra estrema, un passato da militante Nar, e alcuni ex-dirigenti della Breda, coinvolti nell'inchiesta sull'amianto. In questo caso, c'era un'ala delle cellule che pensava non fosse necessario uccidere, che bastasse «gambizzare». In ogni caso erano pronti e bravi a sparare e a compiere azioni militari. Si addestravano di notte nelle campagne del pavese, simulando azioni di guerriglia, con uso di esplosivi, inseguimenti e fughe. Erano state messe a segno rapine, come quella al bancomat dell'Antonveneta di Albignasego (Pd), il 30 dicembre 2006. In progetto c'erano pure sequestri di persona, a scopo di autofinanziamento. L'OPERAZIONE ALL'ALBA
L'operazione trae origine da una lunga inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore di Milano Ilda Bocassini, avviata nell'estate del 2004. Il blitz scattato all'alba in diverse regioni del Nord Italia contro gruppi legati alla rinascita delle Br. Le indagini sono state condotte dalle Digos di Milano, Padova, Torino e Trieste, sotto la direzione dell'Ucigos, con la collaborazione dell'intero sistema di sicurezza antiterrorismo, a cominciare dal Sisde.
GLI ARRESTI
Sono 15 le persone arrestate (sei a Padova) accusate di far parte di un progetto che avrebbe tentato di rilanciare le Brigate Rosse della cosiddetta «Seconda posizione». Una settantina gli indagati per il reato previsto dall'articolo 270 bis del Codice penale: associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico. Oltre 80 le perquisizioni in varie regioni, tra queste al Centro popolare occupato «Gramigna» e alla sede dei Comitati proletari per il comunismo di Padova, al Centro proletario «Ilic» e al Centro «La Fucina» di Sesto S. Giovanni (Milano)
GLI OBIETTIVI
La redazione milanese di Libero, le sedi Mediaset di via Vincenzo Monti a Milano e di Cologno Monzese, la casa milanese di Berlusconi in via Rovani, la sede di Sky sempre a Cologno e l'Eni, a S. Donato Milanese.
GLI EX SINDACALISTI Tra gli arrestati c'è Alfredo Davanzo, 49 anni, uno dei capofila di "Seconda posizione" (che si è dichiarato «prigioniero politico»): era stato condannato nell'82 a dieci anni di carcere per rapina a mano armata ed era stato fermato il 20 gennaio '98 a Parigi su richiesta della magistratura italiana, e rimesso in libertà qualche giorno dopo dalla Corte d'appello della capitale francese. Poi Vincenzo Sisi, 54 anni, delegato della Filcem della Cgil a Torino, e Davide Bortolato, 37enne di Padova, delegato Cgil


Saluti liberali

Antiglobal
15-02-07, 02:53
" il Giornale del 01/12/2005


------------------
Guzzanti (Forza Italia)

«La prigione di Moro? Prodi sapeva dov'era»



Shalom

... ma non vi siete stufati ancora di fare ridere?

SCiaolom.

mustang
15-02-07, 10:49
... ma non vi siete stufati ancora di fare ridere?

SCiaolom.
---------------------------------------
Beh, se Prodi non conosceva l'ubicazione della prigione di Moro allora è un bugiardo quando racconta come l'ha saputo.
Contenti voi????