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Unghern Kahn
02-09-09, 08:13
Le “basi” in Colombia sono strategiche per gli USA
:::: 1 Settembre 2009 :::: 4:43 T.U. :::: Intervista - America indiolatina :::: Ondadigital - Luiz Alberto Moniz Bandeira
Lo storico e geopolitico brasiliano, Luiz Moniz Bandeira - in un’intervista rilasciata all'argentina LA ONDA digital sulle recenti dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, il quale ha negato che il suo governo voglia insediare basi militari in Colombia - dichiara che, in realtà, “quell’affermazione è ingannevole” perché “le basi rimangono nominalmente sotto il controllo delle Forze Armate colombiane, ma i militari americani le amministrano di fatto e possono usarle come e quando lo desiderano”.

Si può pensare che il nuovo spiegamento delle basi statunitensi in Colombia, il golpe in Honduras e altri fatti accaduti in queste ultime settimane, costituiscano una risposta militare integrale, economica e politica degli Stati Uniti verso il Sudamerica di fronte al sorgere di governi progressisti?

Non credo che lo spiegamento delle basi militari degli Stati Uniti in Colombia sia una conseguenza dell’emergere di governi progressisti. Questi non minacciano la sicurezza degli Stati Uniti. Il Venezuela continua a somministrare circa il 15% del petrolio giornaliero consumato negli Stati Uniti. Questo è quello che importa.
L’obiettivo dello spiegamento delle basi in Colombia è strategico e si collega con il ristabilimento della IV Flotta nell’atlantico del Sud. Ciò consente agli Stati Uniti di ampliare la sua presenza nella regione e assicurare il controllo delle risorse naturali, come, ad esempio, l’acqua e il petrolio. L’America meridionale resta, in questo modo, recintata e, di conseguenza, gli americani cercano di circoscrivere la capacità militare dei brasiliani – come ha indicato il professore argentino Juan Manuel Tokatlian -, cercando di proiettare il loro potere nell’Amazzonia.

Si argomenta, da parte di chi vuole promuovere le basi militari in Colombia, che occorre prendere in considerazione il rapporto che il Venezuela intrattiene con la Russia, l’Iran e il rapporto attivo intrattenuto dal governo del presidente Chávez con le FARC. Secondo lei, ciò giustifica l’insediamento di 8 basi da parte degli Stati Uniti in Colombia?

Non è vero. Tutto questo è solo un pretesto affinché gli Stati Uniti demarchino militarmente l’America del Sud come il loro spazio geopolitico, frustrando lo sviluppo dell’Unasur e del Consiglio di Difesa dell’America del Sud e impedendo che il Brasile e gli altri paesi consolidino la propria identità. Queste iniziative non interessano gli americani, non sono vantaggiose, men che meno da quando esiste un progetto per l’integrazione delle industrie belliche del Brasile, l’Argentina e il Venezuela. Ciò colpirà il loro mercato delle armi, settore in cui gli Stati Uniti destinano il 50% delle loro spese alla ricerca e allo sviluppo dell’industria bellica e alla sua catena produttiva, sostentate dalle commissioni del Pentagono, le quali costituiscono una forma di sussidio.

Corrono voci che i nuovi movimenti del governo nordamericano hanno come vero obiettivo il controllo del Pacifico, specialmente gli idrocarburi e il crescente commercio tra Cina e la regione sudamericana, in particolare con il Brasile e il Venezuela. È d’accordo con questo tipo di valutazione?

Può essere. Ci sono molti obiettivi coinvolti. Ma è importante indicare che l’installazione e l’ampliamento delle basi militari in Colombia, il quale avanza verso l’Amazzonia, subentra allo spiegamento della IV Flotta nell’Atlantico del Sud, al margine delle frontiere marittime del Brasile, dove la Petrobras ha scoperto enormi riserve di petrolio in acque profonde, tra gli stati di Espíritu Santo e Santa Catarina.

Se si prende in considerazione il messaggio di Obama nel V Summit delle Americhe di fronte alla maggioranza dei presidenti sudamericani e dell’America centrale su “una nuova era”, il presidente democratico è forse condizionato dall’eredità della guerra preventiva di Bush?

Il presidente Barack Obama non possiede il controllo della macchina governativa e trova molta resistenza, persino all’interno del Dipartimento di Stato. Conserva molti degli uomini che hanno lavorato per il presidente George W. Bush, tra essi, Robert Gates, segretario della Difesa. L’ambasciatore degli Stati Uniti in Tegucigalpa è un cubano-americano, Higo Llorens, vincolato a Roger Noriega e Otto Reich, i quali sono stati Segretari di Stato e Consulenti nell’amministrazione del presidente George W. Bush. Otto J. Reich è stato colui che ha appoggiato il frustrato golpe militare - imprenditoriale contro il presidente Hugo Chávez nel 2002. E si sa che la Segretaria di Stato, Hillary Clinton, ha come consulente a una figura lugubre, John Negroponte, che lavorò con il governo del presidente Ronald Reagan come ambasciatore a Tegucigalpa (1981-1985), dove diresse la creazione della base di El Acuate, affinché la CIA potesse allenare i Contras del Nicaragua, i quali assassinarono non solo ai presunti simpatizzanti o militanti sandinisti, ma anche i contadini in Honduras. E circolano notizie che, dal Dipartimento di Stato, lui abbia spalleggiato l’ambasciatore Hugo Llorens, affinché orchestrasse con le forze politiche dell’opposizione e dell’esercito onduregno la caduta del governo del presidente Manuel Zelaya.

Lei crede che Obama sia interessato in quest’approccio militare del problema del narcotraffico, oppure ha un’altra alternativa?

Il presidente Barack Obama ha negato il proposito d’insediare basi militari in Colombia. Ma ciò è ingannevole. Le basi rimangono nominalmente sotto il controllo delle Forze Armate colombiane, ma i militari americani le amministrano di fatto e possono usarle come e quando lo desiderano. In questo modo gli USA possono negare che le basi siano le loro. Inoltre, e nonostante la lotta al narcotraffico si presenti come un obiettivo di quelle basi, esiste un accordo cooperativo che stabilisce esplicitamente che il loro uso “non è vietato per altri tipi di organizzazioni” del Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti. L’approccio al problema del narcotraffico è solo un pretesto, una giustificazione. Non sembra che sia fondamentale nella strategia degli Stati Uniti. Il suo obiettivo è più ampio, a tal punto che non si restringe alla sola America latina e ai Caraibi, sotto la giurisdizione dell’USSOUTHCOM (Commando Sud), Commando Generale Douglas Fraser. Sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la forza militare degli Stati Uniti non ha come missione principale la difesa delle sue frontiere nazionali, bensì l’offensiva, consolidare il suo impero, con una catena di mille basi, persino segrete, estesa nei più svariati paesi, proiettando il suo potere su tutti i continenti nei quali ha insediato dei comandi militari, cinque dei quali con responsabilità geografica. I generali sono, in realtà, proconsoli dell’impero americano. E il presidente Obama non possiede le condizioni per cambiare quella struttura di potere. Sono coinvolti dei potenti interessi economici e politici.

Qualora si concretizzasse l’insediamento di queste basi, si metterebbe a repentaglio la pace continentale e obbligherebbe ai paesi confinanti con la Colombia ad aumentare il loro armamentario?

La Colombia costituisce soltanto il cavallo di Troia degli Stati Uniti. Non penso che per ora la Colombia voglia aggredire nessun paese, tanto meno il Venezuela. La Colombia è isolata e “catturata” dal Venezuela da un vincolo d’interdipendenza. Le sue esportazioni di manufatti e prodotti agricoli hanno il loro principale mercato in Venezuela, da cui dipende tramite la fornitura di gas naturale. Tuttavia, sebbene la minaccia sembri remota, il Brasile è costretto ad armarsi. Da ormai molti anni, la principale ipotesi di guerra studiata dallo Stato Maggiore delle Forze Armate brasiliane è quella di uno scontro nell’Amazzonia con una potenza tecnologicamente superiore. Esercitazioni militari, come l’addestramento, si eseguono tutti gli anni in quella regione.

La recente tournée di Uribe è stata positiva per gli interessi del governo colombiano?

No, la visita del presidente Álvaro Uribe in alcuni paesi dell’America del Sud non ha raggiunto alcun esito. Tutti i presidenti con i quali si è incontrato, hanno manifestato il proprio disappunto nei confronti dell’insediamento delle basi americane, ma comprendono che è una scelta sovrana da parte di Colombia.

Il Venezuela, la Colombia e la Bolivia rappresentano una minaccia reale per la realtà geopolitica del Sudamerica e degli Stati Uniti?

Quei paesi, che minaccia possono rappresentare per il Sudamerica e per gli Stati Uniti? Non sono nessuna potenza, non possiedono un’industria sviluppata, dipendono dalle importazioni di armi e di pezzi di ricambio e sono persino privi di una propria sicurezza alimentare. Pensare o dire che quei paesi possano rappresentare qualsiasi minaccia è una sciocchezza, una ignoranza oppure lo fanno per scopo politico, propagandistico, per spaventare e giustificare l’insediamento di basi e di truppe americane in Colombia e in Perù. L’unico paese che può rappresentare una minaccia sono gli Stati Uniti, perché è una potenza e ha bisogno di risorse naturali.

Militarmente, il Brasile si trova nella condizione do dover affrontare questa nuova sfida geopolitica, prendendo in considerazione che condivide 16 mila chilometri di frontiera con Colombia, Perù ed Ecuador?

Da ormai molti anni le Forze Armate brasiliane hanno preso in considerazione l’ipotesi di guerra in Amazzonia contro una potenza tecnologicamente superiore e per questa ragione addestrano le truppe per la lotta alla guerriglia nella selva. Ma questa minaccia è da considerare ancora remota e anche per una potenza tecnologicamente superiore è difficile combattere e occupare una regione come l’Amazzonia.

Che ruolo può svolgere il Consiglio di Difesa dell’Unione delle Nazioni Sudamericane?

Il Consiglio Sudamericano di Difesa è ancora in fase di costituzione e con l’insediamento e ampliamento delle basi in Colombia, il governo di Washington sta anche cercando d’impedire il suo consolidamento, a tal punto che il presidente Álvaro Uribe non parteciperà alla prima riunione. Uribe sta trasformando Colombia in un protettorato degli Stati Uniti d’America.

In questo contesto, quale apprezzamento merita l’incidenza della crisi economica mondiale nella realtà brasiliana?

Tutti i paesi stanno soffrendo la crisi, perché l’economia mondiale è un tutto. Il sistema capitalista coinvolge tutti i paesi, tanto le potenze industriali quanto i paesi in sviluppo o quelli arretrati, agricoli. Ma la posizione del Brasile è migliore, perché la sua economia è stata amministrata meglio, le sue banche sono solide, la sua produzione non dipende molto dalle esportazioni, solo circa il 13%, giacché possiede un esteso mercato interno e, inoltre, il suo commercio estero non si riversa agli Stati Uniti, dove si trova l’epicentro della crisi. Il Brasile, nonostante la crisi, quest’anno crescerà intorno all’1%, mentre che il Messico, la cui economia è stata strettamente collegata a quella americana con il NAFTA, soffre una caduta del 5%.

Ultimamente si argomenta che i meccanismi d’integrazione come il Mercosur, siano in crisi e non soddisfino le necessità commerciali dei suoi membri. L’esistenza del Mercosur può considerarsi in pericolo?

La costituzione del Mercosur con il Trattato di Asunción, non ha ancora compiuto 20 anni. E non può fare miracoli. Problemi esistono, come in qualsiasi processo d’integrazione, così com’è accaduto e accade in Europa. E gran parte dei problemi è causata dai soci minori, come il Paraguay, che fino ad oggi non ha eliminato il doppio regime tributario. Ma è importante ricordare che sono stati Uruguay e Paraguay che hanno insistito per aderire al processo d’integrazione Brasile-Argentina, il quale era bilaterale. Siccome sono dei paesi fondamentalmente importatori, il dazio esterno comune dovette essere abbassato e la maggior parte dei buchi presenti nell’unione doganale sono rimasti sotto esame. Tuttavia, se i meccanismi del Mercosur non bastano per la soddisfazione delle necessità commerciali di quei paesi, per loro sarà peggiore se dovessero uscirne.
La maggior parte delle esportazioni odierne dell’Uruguay sono destinate al Brasile. In secondo luogo, c’è il Mercosur come un tutto. Isolatamente, con una popolazione di 3,3 milioni di abitanti, Uruguay non possiede le condizioni per competere nel mondo, non possiede un mercato per attirare gli investimenti, un’economia di scala che gli consenta di organizzare la produzione in modo da raggiungere il massimo utilizzo dei fattori produttivi e abbassare i costi dei beni e dei servizi. L'Uruguay e anche il Paraguay possono raggiungere i propri obiettivi solo se s’integrano con il Brasile e l’Argentina, costituendo in questo modo un mercato con più di 250 milioni di abitanti. Senza questa unione con il Brasile e con l’Argentina, Uruguay e Paraguay, i paesi piccoli dell’America meridionale, non possiedono le condizioni per ottenere un migliore inserimento nel mercato mondiale, nel secolo XXI, dove primeggiano i grandi spazi economici come Cina, Stati Uniti, Unione Europea, Russia, India e Brasile. Essi potranno farcela solo se resteranno uniti a Brasile e Argentina, integrando un grande spazio economico e geopolitico, del quale il Mercosur, nonostante tutte le difficoltà, tutte le contraddizioni, è il punto di partenza per l’integrazione di tutta o, per lo meno, una parte dell’America del Sud.

Il candidato del Partito Colorado, Pedro Bordaberry, in un’intervista a LA NACIÓN di Buenos Aires ha affermato che “alle spalle di una “sinistra carnivora” che esiste in Sudamerica, il Brasile traeva i suoi benefici e vantaggi con Washington”. Il dottor Luis Alberto Lacalle ha espresso cose simili. Che giudizio meritano le opinioni di Bordaberry e Lacalle?

Pedro Bordaberry, figlio del dittatore che è stato una marionetta, un prestanome dei militari, è un ignorante. Sono valutazioni notevolmente ingenue, tanto quella di Bordaberry, quanto quella di Luís Alberto Lacalle, il candidato del Partito Blanco, quelle di pretendere di confrontare l’Uruguay con il Brasile e pretendere che possa avere un ruolo internazionale, trovare un proprio inserimento internazionale, al di fuori della sua realtà geopolitica. L’Uruguay è un bel paese, il suo popolo è ammirevole e la forza-lavoro è di buon livello, ben educata. Si deve sviluppare. Ma quello che dicono Bordaberry e Lacalle è ridicolo. Danno prova d’ignoranza. È necessario essere realisti, senza illusioni. L’Uruguay è un piccolo Stato, molto piccolo, con 3,5 milioni di abitanti, nel bacino del Plata. Non possiede una proiezione economica e/o politica. Isolatamente, poco o nulla può offrire agli Stati Uniti. Carne, riso, cereali, soia? Gli Stati Uniti hanno la loro produzione o possono importare da qualsiasi altro paese, come il Brasile e l’Argentina. Mercato? Il suo mercato è piccolo, insignificante per i grandi investimenti di capitale. Ma, il Brasile, isolatamente, senza gli altri soci del Mercosur, è già un mercato comune, che integra 26 Stati federali, all’interno di un territorio di 8,5 milioni chilometri quadrati, con risorse minerarie energetiche e una popolazione di circa 200 milioni di abitanti, con sicurezza alimentare. Inoltre, è una potenza industriale, la maggiore dell’emisfero Sud, e un grande esportatore di commodities. Quali benefici/vantaggi ha ottenuto dai suoi buoni rapporti con Washington? I benefici e i vantaggi che ha ottenuto dai suoi rapporti con Washington sono gli stessi che Washington ha ottenuto dai suoi buoni rapporti con il Brasile.

In realtà, il Brasile è il paese dell’America meridionale che più interessa economicamente e politicamente agli Stati Uniti. Entrambi i paesi costituiscono le due maggiori masse geografiche, demografiche e, nonostante l’asimmetria, economiche dell’emisfero. Necessariamente devono mantenere dei buoni rapporti, i quali sono d’interesse reciproco, in mezzo a molte discrepanze, tanto economiche quanto politiche, che possono essere ignorate soltanto da persone disinformate, come Bordaberrye Lacalle, che nulla sanno di quello che accade sullo scenario internazionale. Fanno solo della demagogia che il livello culturale del popolo uruguaiano non merita.

(trad. dallo spagnolo di V. Paglione)

Fonte: Las “bases” en Colombia son estratégicas para EEUU (http://www.laondadigital.com/LaOnda/LaOnda/449/A6.htm)




Eurasia :: Rivista di studi Geopolitici (http://www.eurasia-rivista.org)

Unghern Kahn
02-09-09, 08:15
31-08-2009, ore 18:32:42

Sud America. Guerra alla droga e geopolitica, Lula: le basi Usa in Colombia un problema serio

L'imminente utilizzo di sette basi in Colombia da parte dell'esercito statunitense e' 'un problema serio' che deve essere discusso ulteriormente dai leader sudamericani. E' quanto ha affermato il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva.
'Il trattato tra Colombia e Stati Uniti deve avere una garanzia legale che consenta a qualsiasi altro Paese che si sente minacciato di presentarsi davanti a forum internazionali', ha dichiarato Lula nel suo discorso radiofonico settimanale.
Il controverso accordo sulle basi, dettagli del quale sono venuti alla luce per la prima volta sulla stampa colombiana a meta' luglio, e' stato oggetto di un infuocato summit tra i presidenti sudamericani lo scorso venerdi'.
Nel corso del vertice, Venezuela e altri Paesi hanno espresso il timore che la maggiore presenza militare americana in Colombia - apparentemente per combattere i trafficanti di droga - possa essere utilizzata contro le nazioni vicine, diverse delle quali nanno governi di sinistra anti-americani.
Il summit ha diffuso una dichiarazione nella quale si diffidano 'le forze militari straniere' dal minacciare la sovranita' nazionale di altri Paese, senza citare specificamente gli Stati Uniti o il Venezuela. Si e' inoltre deciso che le nazioni sudamericane esamineranno ulteriormente la questione in futuri incontri.
Lula ha spiegato di volere che il consiglio per la difesa della regione studi la 'vera situazione delle frontiere di tutti i Paesi' e che il consiglio per la lotta al traffico di droga esamini come la regione puo' contrastare il problema senza il coinvolgimento americano.
'Dobbiamo assumerci la responsabilita' di prenderci cura del nostro territorio e dei nostri confini', ha sottolineato.



Il Notiziario Droghe e' edito da:
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Unghern Kahn
02-09-09, 08:16
« La chance sourit aux escrocsFin de la faida de San Luca »La Colompie, les Etats-unis et l’échec de la guerre à la drogue
Le 30 novembre 2007, à l’université de Toulouse II le Mirail (Ecole Doctorale : Temps, Espace, Sociétés, Cultures-Equipe d’accueil : FRAMESPA), Charles Capela a soutenu une thèse de doctorat sur la géopolitique du Plan Colombie et a obtenu la mention très honorable avec les félicitations du jury :

Pré-rapporteurs:

Michèle GUICHARNAUD-TOLLIS, Professeur, Université de Pau et des Pays de l’Adour

Nikita HARWICH, professeur, Université de Paris X-Nanterre

Autres membres du Jury :

Jacques GILARD, Professeur émérite, IPEALT - UTM

Edgardo MANERO, Chercheur CNRS (UMR 5136), FRAMESPA - UTM

Rodolfo DE ROUX (directeur de la thèse), Professeur, Département d’Espagnol - UTM


A la lecture de ce travail, on comprend que la gouvernance de la Colombie est fortement conditionnée par la lutte contre le trafic de drogue et l’aide militaire états-unienne. On en conclu aussi que la prohibition du commerce de la drogue comme les guerres à la drogue menées par les diverses administrations américaines n’ont conduit qu’à des échecs (Un rapport de la Commission constate l’échec total de dix ans de stratégies répressiveshttp://www.rue89.com/droguesnews/2009/03/11/la-guerre-a-la-drogue-a-echoue-cest-leurope-qui-le-dit.). En effet, en dépit des moyens toujours plus importants mis en oeuvre, les quantités de cocaïne exportées n’ont cessé d’augmenté depuis 20 ans (Sources http://ar2003.emcdda.europa.eu/pdfs/stattab34-en.pdf).

Nous vous proposons ici, un résumé en quatre langues (français, espagnol, anglais et italien) de cette thèse.


PLAN COLOMBIE, NARCOTERRORISME ET GEOPOLITIQUE

L’aide militaire des Etats-Unis à la Colombie. 1998-2002

Cette recherche étudie les enjeux géostratégiques de la composante militaire de l’aide des Etats-Unis au gouvernement colombien du Président Andrés Pastrana, destinée à renforcer l’Etat et à lutter contre le narcotrafic et l’insurrection armée dans le cadre du Plan Colombie. L’internationalisation du traitement répressif de la criminalité organisée liée au trafic de drogue et la réorientation militariste de la stratégie de lutte contre la menace narcoterroriste en Colombie auxquelles aboutit le soutien de Washington s’inscrivirent dans la nouvelle architecture sécuritaire mise en place par la première puissance mondiale pour garantir la stabilité géopolitique de la région andine depuis la fin de la Guerre Froide, dans un contexte de redéfinition des concepts de puissance, de défense et de sécurité. Après avoir rappelé les antécédents historiques, les acteurs et les facteurs de reproduction de la violence en Colombie et de la stratégie géopolitique des Etats-Unis en Amérique latine, ce travail analyse l’influence des intérêts politiques, militaires et économiques sur l’élaboration de l’aide états-unienne au Plan Colombie, et les effets de la mobilisation des moyens militaires contre les menaces asymétriques relatives aux conflits de basse intensité sur la dynamique géopolitique du conflit colombien entre 1998 et 2002. L’échec des négociations de paix entre le gouvernement et les rebelles colombiens, le changement d’Administration aux Etats-Unis et le contexte de guerre contre le terrorisme suite aux attentats du 11 septembre 2001 firent évoluer le soutien états-unien au Plan Colombie d’une aide anti-drogue à la lutte anti-terroriste.

Mots-clés : Colombie / Géopolitique / Narcotrafic / Terrorisme / Etats-Unis / Sécurité


Abstract


PLAN COLOMBIA, NARCOTERRORISM AND GEOPOLITICS

United States of America Military Aid to Colombia. 1998-2002


This study analyses the geostrategic issues of military component of the United States’ assistance to the colombian governement of President Andrés Pastrana in order to strenghen the State and - through the frame of Plan Colombia - to fight against both narcotrafic and armed rebellion. The assistance of Washington has lead to an internationalization of the repressive treatment of the organized criminality linked to the drug trafic and to a military oriented strategy to fight the narcoterrorist threat in Colombia. These two elements were part of the new security architecture developped by the leading world power to guarantee the geopolitic stability of the andean region, within a framework of a redefinition of power, security and defense concepts after the Cold War. After a relation of historic roots, main actors and reproduction factors of violence in Colombia and US geopolitic strategy in Latin America, this thesis focuses on the politic, economic and military interests influence on the definition process of US aid to Plan Colombia, and the effects of the military instruments mobilisation against asymetric threats of Low Intensity Conflicts on the geopolitic dynamics of the war in Colombia between 1998 and 2002. The end of peace negociations between colombian governement and rebels, the arrival of a new Administration in the United States and the context of war against terrorism after 9/11 attacks transformed the US participation to Plan Colombia from counter-drug support to an assistance to fight terrorism.





PLAN COLOMBIA, NARCOTERRORISMO Y GEOPOLITICA

La ayuda militar de Estados Unidos a Colombia. 1998-2002


Esta investigación se enfoca en los objetivos geoestratégicos de la ayuda militar de Estados Unidos al gobierno colombiano del Presidente Andrés Pastrana, destinada a reforzar el Estado y a luchar contre el narcotráfico y la insurrección armada en el marco del Plan Colombia. La internacionalización del tratamiento represivo de la criminalidad organizada vinculada con el tráfico de drogas y la reorientación militarista de la estrategia de lucha contre la amenaza narcoterrorista en Colombie en las que desembocó el apoyo de Washington se inscribieron en la nueva arquitectura securitaria adelantada por la primera potencia mundial para garantizar la estabilidad geopolítica de la región andina desde el fin de la Guerra Fría, en un contexto de redefinición de los conceptos de potencia, defensa y seguridad. Tras haber expuesto los antecedentes históricos, los actores y los factores de reproducción de la violencia en Colombia y de la estrategia geopolítica de Estados Unidos en América latina, el autor analiza la influencia de los intereses políticos, militares y económicos en la elaboración de la ayuda estadounidense al Plan Colombia, así como los efectos de la mobilización de medios militares contre las amenazas asimétricas relativas a los conflictos de baja intensidad sobre la dinámica geopolítica del conflicto colombiano entre los años 1998 y 2002. El fracaso de las negociaciones de paz entre el gobierno y los rebeldes colombianos, el cambio de Administración en Estados Unidos y el contexto de guerra contre el terrorismo instaurado después de los atentados del 11 de septiembre de 2001 tranformaron el apoyo estadounidense al Plan Colombia de una ayuda anti-droga a la lucha contre el terrorismo.

Palabras clave : Colombia / geopolítica / narcotráfico / terrorismo / Estados Unidos / seguridad


Il 30 novembre 2007 all’Università di Tolosa II Le Mirail (Scuola Dottorale : tempi, spazio, società, culture- équipe di accoglienza : FRAMESPA), Charles Capela ha discusso una tesi di dottorato sulla geopolitica del Piano colombiano. Ha ottenuto la tesi con lode e auguri della giuria.


Alla lettura di questo lavoro, si capisce che il governo della Combia è fortemente condizionato dalla lotta contro il narcotraffico e l’aiuto militare statunitense. Ci si conclude anche che la proibizione del commercio della droga quanto le guerre contro la droga svolte dalle diverse amministrazioni americane hanno condotto solo a fallimenti. Infatti, a despito dei mezzi sempre più importanti messi in opera, le quantità di cocaina esportate non hanno smesso di aumentare da 20 anni. (http://ar2003.emcdda.europa.eu/pdfs/stattab34-en.pdf).


Vi proponiamo qui sotto un riassunto della tesi in quattro lingue (francese, spagnolo, inglese e italiano)

PIANO COLOMBIA, NARCOTERRORISMO E GEOPOLITICA

L’aiuto militare degli Stati Uniti alla Colombia. 1998-2002


Questa ricerca studia gli obiettivi geostrategici dell’aiuto militare degli Stati Uniti al governo colombiano del Presidente Andrés Pastrana, il quale è destinato a rinforzare lo Stato ed a lottare contro il narcotraffico e l’insurezione armata nell’ambito del Piano Colombia. L’internazionalizazione del trattamento repressivo della criminalità organizzata legata al trafico della droga e il riorientamento militarista della strategia della lotta contro la minacia narcoterrorista in Colombia ai quali sbocca il sostegno di Washington s’iscrivono nella nuova architettura sicuritaria messa in piazza dalla prima potenza mondiale per guarantire la stabilità geopolitica della regione andinea dalla fine della Guerra fredda, cio’ in un contesto di ridefinizione di concetti di potere, di difesa e di sicurezza. Dopo aver discusso degli antecedenti storici, degli attori e dei fattori della riproduzione della violenza in Colombia e della strategia geopolitica degli Usa in America latina, l’autore analizza l’influenza degli interessi politici, militari ed economici sull’elaborazione del sostegno americano nel Piano Colombia e gli effetti della mobilitazione dei mezzi militari contro le minacce assimetriche relative ai conflitti di basa intensità sulla dinamica geopolitica del conflitto colombiano tra il 1998 e il 2002. Il fallimento delle negozziazioni di pace tra il governo ed i ribelli colombiani, il cambiamento dell’amministrazione negli Usa e il contesto di guerra contro il terrorismo in seguito agli attentati del 11settembre del 2001 trasformarono il sostegno americano al piano Colombia dall’ aiuto antidroga alla lotta antiterrorista.


Parole chiavi : Colombia / Geopolitica / Narcotraffico / Terrorismo / Stati uniti / Sicurezza

Mots-clefs : drogue, Etat, régulation, thèse

Ten Years of ?Plan Colombia? - COHA | Geopolitica OnLine (http://www.geopoliticaonline.com/?p=5752)

Unghern Kahn
02-09-09, 08:17
LE NUOVE SCOMMESSE DELLA GEOPOLITICA DELLE DROGHE - Dossier
Scritto da: redazione Lunedi', 21 Novembre 2005 - 16:51

L'autore del dossier, Alain Labrousse, sociologo e giornalista, è uno dei massimi esperti francesi sul tema delle implicazioni geopolitiche delle droghe.
Ha pubblicato diversi libri sul binomio droga/geopolitica, tra i quali un dizionario geopolitico delle droghe.
L'articolo fornisce molti dati sulla produzione di droghe a livello mondiale e gli sforzi compiuti per contrastarla.

Già nel 1988, l'intento da parte della Sessione Speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulle droghe (UNGASS), era stato quello di eliminare o perlomeno contrastare in modo sostanziale, le colture di sostanze illecite nell'arco di 10 anni.
Non essendo stato raggiunto lo scopo, è stato constatata formalmente l'impossibilità di raggiungere lo sradicamento della produzione e la relativa trasformazione delle colture.
L'autore fornisce una vasta panoramica delle ragioni di questo fallimento dovute per lo più a motivazioni geopolitiche.
Questo vale non solo per le droghe di origine naturali, ma anche per le droghe di sintesi, che subiscono un aumento esponenziale.
Già nel 1996, l’ONU lanciava un segnale d'allarme, affermando che gli stimolanti sintetici di tipo anfetaminico sarebbero diventati le droghe più consumate del XXI secolo. Ad esempio, nel Regno Unito il consumo è triplicato tra il 1988 e il 1992.


Comunque, la lotta alle droghe sintetiche non può essere affrontata nella stessa maniera delle droghe di origine naturale in quanto le implicazioni geopolitiche della loro produzione e commercio sono meno rilevanti.
La prima ragione, secondo l'autore, è che le droghe sintetiche non provengono da vasti territori di coltivazione. Alcuni, come i barbiturici, sono oggetto di un “dirottamento” dal commercio legale controllato, così come gli anfetaminici di tipo stimolante (ATS) e le loro varianti (ecstasy: MDMA, MDA o MDEA), sono elaborati da una sostanza naturale, l'efedrina, che però cresce spontaneamente in Cina e in Asia Centrale e a basso costo (in questi paesi serve per la preparazione di medicine).
La seconda differenza è che nei paesi ricchi, ad esempio in Europa ed in particolare nei Paesi-Bassi, che sono i primi produttori di ecstacy, i laboratori sono contigui a luoghi di commercializzazione e di consumo.


La terza ragione è che questi prodotti possono garantire un guadagno del 700% rispetto al costo iniziale.
Quindi, in definitiva, la lotta alla repressione attiene più alla lotta contro la criminalità che alla geopolitica.
L'autore, poi, si sofferma sulla situazione afgana e sulle implicazioni politiche con gli USA, mettendo in evidenza la prevalenza degli interessi geopolitica, più che la necessità della lotta contro la droga.
Segue un'analisi geopolitica sulla situazione in Colombia, principale produttore di cocaina fino agli anni '90, ma anche, dal 2000, primo produttore della materia prima (foglie di coca e pasta base di cocaina).
Attualmente i 3/4 delle esportazioni di questa sostanza provengono della Colombia.

Le nuove scommesse della geopolitica delle droghe
[Les nouveaux enjeux de la géopolitique des droghes]
di Labrousse A.
Contenuto in: Revue Toxibase, n. 17, 1° trim. 2005
Parole chiave: Droghe, Geopolitica

A cura di Isabel de Maurissens

José Frasquelo
14-01-10, 16:44
Carri armati russi tra Colombia e Venezuela
Venezuela-Colombia :::: Francesca Penza :::: 12 gennaio, 2010 :::

Un altro tassello si aggiunge al delicato mosaico delle relazioni tra Colombia e Venezuela.

Il presidente venezuelano Hugo Chavez ha annunciato il dislocamento di carri armati e di elicotteri da combattimento lungo il confine con la Colombia.

La situazione è precipitata lo scorso agosto, durante il South American summit, occasione in cui Chavez ha dichiarato che la presenza di forze militari statunitensi nella vicina Colombia avrebbe portato ad una guerra di sicuro catastrofico impatto sulla regione: le basi militari colombiane che ospitano contingenti degli Stati Uniti sono sette, come sancito dagli accordi di cooperazione USA-Colombia firmati a ottobre, atti a debellare il problema del traffico di droga.

Nonostante il tentativo del Brasile di proporsi come mediatore, la situazione non è cambiata: il presidente venezuelano si oppone a qualunque tipo di mediazione.

A dicembre da Bogotà è arriva la decisione di costruire un’altra base militare a ridosso del confine col Venezuela, decisione considerata una vera e propria minaccia per la sovranità venezuelana. Il presidente Chavez non ha esitato a definire la Colombia come la versione sudamericana di Israele.

E adesso – dopo la violazione dello spazio aereo venezuelano da parte di un aereo da combattimento statunitense, con successivo botta e risposta tra il Pentagono, che nega l’accaduto, e il governo venezuelano che fornisce le fotografie del fatto – Chavez prende le sue contromisure.

Il 9 gennaio il presidente venezuelano ha dichiarato: Siamo in attesa della prima spedizione di carri armati, provenienti dalla Russia, che verranno inviati come rinforzo alla brigata di fanteria di stanza presso Barracas. Inoltre, elicotteri da combattimento – anch’essi di fabbricazione russa – saranno dislocati lungo il confine con la Colombia.

Il binomio Mosca-Caracas per quanto riguarda gli armamenti non è nuovo: già tra il 2005 ed il 2007 i due attori internazionali sottoscrissero una dozzina di contratti per un valore complessivo di più di quattro miliardi di dollari.

A breve saranno resi operativi 92 carri armati T-72, un numero non definito di Smerch (lanciarazzi MLRS: Multiple Launch Rocket System) e una varietà di dispositivi di difesa aerea, compresi gli avanzati S-300 (missili terra-aria di lungo raggio).

Una volta terminate le importazioni dei mezzi, il Venezuela avrà 200 carri armati.

La Colombia neppure uno.

L’aspetto più preoccupante della vicenda non è comunque la disparità bellica tra i due Paesi.

Da un lato si potrebbe anche pensare ad una situazione da considerarsi, forse, problematica, dato che coinvolge, seppure indirettamente, le due potenze del mondo bipolare ormai alle nostre spalle.

In realtà sarebbe più corretto definire la situazione paradossale piuttosto che preoccupante: i due Paesi coinvolti in questa disputa dovrebbero procedere l’uno verso l’altro nel cammino dell’integrazione regionale.

Il Venezuela è uno dei 5 stati membri del Mercosur (insieme a Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay) e la Colombia è uno degli stati associati. In questo caso arrivare al mercato comune non sarà facile come nel caso del Mercato Comune Europeo, data la disparità dello sviluppo economico di ciascun membro, ma un presupposto di non belligeranza risulta fondamentale per un’apertura regionale anche solo di carattere economico.

* Francesca Penza si occupa di Sudamerica per il sito di “Eurasia”

Fonte:Eurasia