Pieffebi
05-04-02, 23:00
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"DESTRA E SINISTRA A CONFRONTO: LA «QUESTIONE MEDIO ORIENTALE» NELLE ASSISE DI ALLEANZA NAZIONALE E RIFONDAZIONE COMUNISTA
Fini, da «erede del fascismo» a «amico europeo» di Israele
inviato a BOLOGNA CERTO, come vice-premier di un governo impegnato a non inimicarsi nessuna delle due parti in conflitto, Gianfranco Fini non poteva affrontare l'argomento spinoso del duello finale tra Sharon e Arafat se non con un equilibrio quasi acrobatico. Ma mentre a poche decine di chilometri di distanza il rappresentante palestinense in Italia veniva accolto da una standing ovation nel congresso di Rifondazione comunista, il leader di Alleanza nazionale ha voluto ricordare che «Israele difende la sua esistenza da un attacco terroristico senza precedenti, il frutto più avvelenato dell'odio esploso l'11 settembre». E poi c'è la terribile intossicazione del «fanatismo» palestinese, certo alimentato dall'«impossibilità di realizzare il sacrosanto desiderio» di «avere una Patria» ma con un veleno in più che gli europei tendono a dimenticare o a minimizzare: il fanatismo «moltiplica l'odio verso gli ebrei non solo in Medio Oriente» e quello che è accaduto in Francia, con le sinagoghe messe a fuoco e le scuole ebraiche devastate, è di una «gravità preoccupante». Parole sensate, preoccupazioni che dovrebbero essere patrimonio comune di chiunque coltivi il timore che le fiamme del conflitto mediorientale metta in circolo liquami di un antisemitismo di nuovo conio, travestito da «antisionismo» e nutrito di stereotipi antichi riverniciati di attualità. Ma le parole di Fini assumono un valore quando gli ebrei si sentono «abbandonati» e quando i giovani della comunità ebraica romana, un ambiente difficilissimo per Alleanza nazionale, decidono di manifestare con veemenza e passionalità per rintuzzare il venefico vento anti-ebraico che rischia di diffondersi per l'Italia e per tutta l'Europa. E certo, Fini non può prendere con nettezza le difese ad oltranza di una delle due parti in campo, ma da Bologna spedisce un messaggio di moderazione ed equanimità quando salomonicamente afferma che «Sharon ed Arafat hanno la loro parte di ragione». Un esercizio di prudente equidistanza che però assume un significato particolare quando la sinistra non è disposta a offrire nemmeno una chance a Sharon e quando lo stesso presidente del Consiglio Berlusconi allude in Russia alla sottile influenza esercitata sull'amministrazione e sul congresso Usa da parte degli ebrei americani. Del resto, la storia si è mossa con fulminea rapidità per rendere improvvisamente lontana, nell'immaginazione collettiva e nel simbolismo politico non soltanto italiano, i continui, reiterati e sinora infruttuosi tentativi di Gianfranco Fini di essere ricevuto con tutti gli onori in terra d'Israele. Compimento simbolico, la visita a Gerusalemme, di un percorso lungo e tortuoso che ha visto il leader di An anticipare la «svolta» di Fiuggi con un omaggio formale ai martiri delle Fosse Ardeatine e proseguire una strategia tenacemente perseguita di accreditamento internazionale e definitivo «sdoganamento» culturale con la visita solenne ad Auschwitz. Ma accompagnata dalle mille perplessità della comunità ebraica italiana, dalla richiesta di continui esami del sangue «antifascista» da parte degli avversari. Oggi tutto sembra rovesciato. Israele è sul banco degli imputati, le scelte israeliane inducono dolorose lacerazioni tra gli ebrei e la sinistra italiana, il nome stesso di Sharon genera virtuose indignazioni di chi sembra dimenticare che i cittadini di Israele sono sotto il mirino di un «attacco terroristico senza precedenti». A destra, come è noto, la questione di Israele ha sempre suscitato sentimenti ambivalenti, suddivisi nel passato tra il riconoscimento e la solidarietà con l'«avamposto» dell'Occidente nel Medio Oriente e un'istintiva, e talvolta politicamente e culturalmente ambigua, simpatia per la causa palestinese. Nelle condizioni più difficili, Fini ha messo a tacere diffidenze e dubbi e ha voluto pubblicamente sottolineare le ragioni di Israele. Alla presenza dell'addetto dell'ambasciata di Israele in Italia Eliazhar Cohen, con cui a Bologna il leader di An si è intrattenuto in colloquio subito prima dell'inizio del congresso. Una sponda europea, per Israele, forse nemmeno prevista.
Shalom!
"DESTRA E SINISTRA A CONFRONTO: LA «QUESTIONE MEDIO ORIENTALE» NELLE ASSISE DI ALLEANZA NAZIONALE E RIFONDAZIONE COMUNISTA
Fini, da «erede del fascismo» a «amico europeo» di Israele
inviato a BOLOGNA CERTO, come vice-premier di un governo impegnato a non inimicarsi nessuna delle due parti in conflitto, Gianfranco Fini non poteva affrontare l'argomento spinoso del duello finale tra Sharon e Arafat se non con un equilibrio quasi acrobatico. Ma mentre a poche decine di chilometri di distanza il rappresentante palestinense in Italia veniva accolto da una standing ovation nel congresso di Rifondazione comunista, il leader di Alleanza nazionale ha voluto ricordare che «Israele difende la sua esistenza da un attacco terroristico senza precedenti, il frutto più avvelenato dell'odio esploso l'11 settembre». E poi c'è la terribile intossicazione del «fanatismo» palestinese, certo alimentato dall'«impossibilità di realizzare il sacrosanto desiderio» di «avere una Patria» ma con un veleno in più che gli europei tendono a dimenticare o a minimizzare: il fanatismo «moltiplica l'odio verso gli ebrei non solo in Medio Oriente» e quello che è accaduto in Francia, con le sinagoghe messe a fuoco e le scuole ebraiche devastate, è di una «gravità preoccupante». Parole sensate, preoccupazioni che dovrebbero essere patrimonio comune di chiunque coltivi il timore che le fiamme del conflitto mediorientale metta in circolo liquami di un antisemitismo di nuovo conio, travestito da «antisionismo» e nutrito di stereotipi antichi riverniciati di attualità. Ma le parole di Fini assumono un valore quando gli ebrei si sentono «abbandonati» e quando i giovani della comunità ebraica romana, un ambiente difficilissimo per Alleanza nazionale, decidono di manifestare con veemenza e passionalità per rintuzzare il venefico vento anti-ebraico che rischia di diffondersi per l'Italia e per tutta l'Europa. E certo, Fini non può prendere con nettezza le difese ad oltranza di una delle due parti in campo, ma da Bologna spedisce un messaggio di moderazione ed equanimità quando salomonicamente afferma che «Sharon ed Arafat hanno la loro parte di ragione». Un esercizio di prudente equidistanza che però assume un significato particolare quando la sinistra non è disposta a offrire nemmeno una chance a Sharon e quando lo stesso presidente del Consiglio Berlusconi allude in Russia alla sottile influenza esercitata sull'amministrazione e sul congresso Usa da parte degli ebrei americani. Del resto, la storia si è mossa con fulminea rapidità per rendere improvvisamente lontana, nell'immaginazione collettiva e nel simbolismo politico non soltanto italiano, i continui, reiterati e sinora infruttuosi tentativi di Gianfranco Fini di essere ricevuto con tutti gli onori in terra d'Israele. Compimento simbolico, la visita a Gerusalemme, di un percorso lungo e tortuoso che ha visto il leader di An anticipare la «svolta» di Fiuggi con un omaggio formale ai martiri delle Fosse Ardeatine e proseguire una strategia tenacemente perseguita di accreditamento internazionale e definitivo «sdoganamento» culturale con la visita solenne ad Auschwitz. Ma accompagnata dalle mille perplessità della comunità ebraica italiana, dalla richiesta di continui esami del sangue «antifascista» da parte degli avversari. Oggi tutto sembra rovesciato. Israele è sul banco degli imputati, le scelte israeliane inducono dolorose lacerazioni tra gli ebrei e la sinistra italiana, il nome stesso di Sharon genera virtuose indignazioni di chi sembra dimenticare che i cittadini di Israele sono sotto il mirino di un «attacco terroristico senza precedenti». A destra, come è noto, la questione di Israele ha sempre suscitato sentimenti ambivalenti, suddivisi nel passato tra il riconoscimento e la solidarietà con l'«avamposto» dell'Occidente nel Medio Oriente e un'istintiva, e talvolta politicamente e culturalmente ambigua, simpatia per la causa palestinese. Nelle condizioni più difficili, Fini ha messo a tacere diffidenze e dubbi e ha voluto pubblicamente sottolineare le ragioni di Israele. Alla presenza dell'addetto dell'ambasciata di Israele in Italia Eliazhar Cohen, con cui a Bologna il leader di An si è intrattenuto in colloquio subito prima dell'inizio del congresso. Una sponda europea, per Israele, forse nemmeno prevista.
Shalom!