Franci (POL)
05-04-02, 23:21
Cara Oriana. Tu non mi stai leggendo, né probabilmente mi leggerai mai. Ne sono perfettamente cosciente, ma non me ne rammarico. Non pretendo che ti possa interessare l’opinione di un tuo giovane e pressochè sconosciuto lettore, se non ti hanno sfiorata le critiche, anche durissime, che ti sono arrivate da politici e giornalisti italiani in questi mesi. Non fa niente. Io questa lettera te la dedico lo stesso. Ce l’ho dentro da un po’ di tempo ed è l’occasione per vuotare il sacco.
Cara Oriana (a proposito, posso darti del tu?), ho appena finito di rileggere La rabbia e l’orgoglio, il libro che da dicembre ha venduto nel nostro paese più di ottocentomila copie. L’ho riletto perché ne avevo sincero bisogno, perché ciò che vi hai scritto potesse entrare bene nella mia mente e restarvi, perché potessi capirlo e ragionarlo.
Mi sembrava impossibile che per la prima volta, in Italia, qualcuno impugnasse davvero la spada in mano per difendere ciò che ci appartiene. Lo fece l’ultima volta un papa, (non ricordo se un Sisto o un Giulio), ma le circostanze erano un poco diverse. La tua è stata una spada ideale, come è ovvio, ma ci sei andata giù dura. Senza tanti complimenti. Hai detto chiaro e tondo ciò che pensavi; qualità, questa, apprezzabile in una situazione in cui ognuno fa a gara a chi sa mentire con maggiore impegno. Neppure questo ti hanno concesso: sei stata tacciata di egocentrismo, di protagonismo, di esibizionismo. Gli ennesimi sciacallaggi di cui purtroppo non ci liberiamo e non ci libereremo.
Leggevo giusto l’altro giorno che Famiglia Cristiana ti ha criticata aspramente, dandoti, in sostanza, della cialtrona. Hanno scritto, dalle pagine del settimanale cattolico, che l’Italia che legge il tuo libro è un’Italia “infingarda e smidollata”. Mi chiedo soltanto se Famiglia Cristiana ha la minima percezione del come e del perché essa è stata e rimane il primo settimanale italiano come tiratura. Perchè ogni giorno vende migliaia di copie, superando anche riviste molto ricche e documentate come Panorama o Espresso.
La risposta la conosciamo bene, è ovvia e quasi implicita. Perché il pubblico a cui si rivolge, la gente che in Italia vive e lavora, le famiglie che lo leggono, sono, appunto cristiani. E, anche se non vanno tutte le domeniche in chiesa e ogni tanto si scordano di confessarsi, hanno bene inculcata nel proprio DNA l’essenza stessa del cristianesimo e della civiltà occidentale. Secoli e secoli di storia non si cancellano, anche nei più ferventi anticlericali.
Beh, quando ho saputo della feroce recensione che il settimanale cattolico ti ha dedicato, cara Oriana, ho provato una grande rabbia. Rabbia perché Famiglia Cristiana sputa nel piatto stesso in cui mangia. Commette il più grave degli errori: quello di accostare la tolleranza e l’autolesionismo. E temo non se ne renda nemmeno conto. Non si rendono conto, i seducenti editorialisti del giornale, che quando la tolleranza è a senso unico, quando nei paesi Islamici si fanno stragi di innocenti e statue millenarie vengono distrutte a suon di bombe, quando gli Islamici di casa nostra offendono la religione Cattolica deturpando chiese e cattedrali, “tolleranza” diviene solo una facile scorciatoia. Un’inutile retorica.
Cara Oriana, tanto avrei da dire sul tuo libro. Troppo. Farei di questa lettera un commento, e non voglio. Non ne ho l’autorità né tantomeno la competenza. E poi La rabbia e l’orgoglio si trova ovunque, ormai, anche nel più sperduto angolo del più sperduto paesino. E’ lì, lo si può leggere e commentare da soli. Molto meglio. No, rifuggo alla tentazione e vado diritto al sodo.
Hai scritto che i giovani di oggi sono degli smidollati. Chissà, forse è vero. Come darti torto? Siamo una generazione che nasce in un lusso mai visto. Abbiamo comodità di ogni genere, possibilità spesso illimitate. Stiamo diventando sempre più pigri, spinti da una vita che ci offre tutto su un piatto d’argento e ci toglie lo stimolo a cercare e a lottare. Dimentichiamo cosa significa il sacrificio e il dolore, quello vero. I nostri vecchi ce lo dicono continuamente, noi li deridiamo e li consideriamo oggetti da museo. Ma, come spesso accade con gli anziani e i loro rimproveri, hanno maledettamente ragione.
C’è una cosa, però. Non siamo tutti così. E nemmeno ci siamo del tutto abbandonati. Questa lettera vuole esserne una piccola, modesta testimonianza. La testimonianza che la mente è ancora viva, che il cervello funziona e soprattutto che il cuore batte. Che in tanti come me provano le tue stesse pulsioni, i tuoi stessi sentimenti, che anche a noi il sangue può ribollire nelle vene. E’ vero, ci sono anche i menefreghisti. O, peggio, le iene e gli avvoltoi che ridono quando bisognerebbe piangere e pensano a se stessi quando gli si chiede solidarietà. Ci sono, e magari sono la maggioranza. Ma in pochi, e magari anche troppo silenziosi, ci siamo anche noi.
Una pancetta di troppo o due chili di sovrappeso non possono voler dire avere perso coscienza del mondo che ci circonda. E noi non l’abbiamo persa.
La tua rabbia e il tuo orgoglio, cara Oriana, sono un po’ anche nostri.
Cara Oriana (a proposito, posso darti del tu?), ho appena finito di rileggere La rabbia e l’orgoglio, il libro che da dicembre ha venduto nel nostro paese più di ottocentomila copie. L’ho riletto perché ne avevo sincero bisogno, perché ciò che vi hai scritto potesse entrare bene nella mia mente e restarvi, perché potessi capirlo e ragionarlo.
Mi sembrava impossibile che per la prima volta, in Italia, qualcuno impugnasse davvero la spada in mano per difendere ciò che ci appartiene. Lo fece l’ultima volta un papa, (non ricordo se un Sisto o un Giulio), ma le circostanze erano un poco diverse. La tua è stata una spada ideale, come è ovvio, ma ci sei andata giù dura. Senza tanti complimenti. Hai detto chiaro e tondo ciò che pensavi; qualità, questa, apprezzabile in una situazione in cui ognuno fa a gara a chi sa mentire con maggiore impegno. Neppure questo ti hanno concesso: sei stata tacciata di egocentrismo, di protagonismo, di esibizionismo. Gli ennesimi sciacallaggi di cui purtroppo non ci liberiamo e non ci libereremo.
Leggevo giusto l’altro giorno che Famiglia Cristiana ti ha criticata aspramente, dandoti, in sostanza, della cialtrona. Hanno scritto, dalle pagine del settimanale cattolico, che l’Italia che legge il tuo libro è un’Italia “infingarda e smidollata”. Mi chiedo soltanto se Famiglia Cristiana ha la minima percezione del come e del perché essa è stata e rimane il primo settimanale italiano come tiratura. Perchè ogni giorno vende migliaia di copie, superando anche riviste molto ricche e documentate come Panorama o Espresso.
La risposta la conosciamo bene, è ovvia e quasi implicita. Perché il pubblico a cui si rivolge, la gente che in Italia vive e lavora, le famiglie che lo leggono, sono, appunto cristiani. E, anche se non vanno tutte le domeniche in chiesa e ogni tanto si scordano di confessarsi, hanno bene inculcata nel proprio DNA l’essenza stessa del cristianesimo e della civiltà occidentale. Secoli e secoli di storia non si cancellano, anche nei più ferventi anticlericali.
Beh, quando ho saputo della feroce recensione che il settimanale cattolico ti ha dedicato, cara Oriana, ho provato una grande rabbia. Rabbia perché Famiglia Cristiana sputa nel piatto stesso in cui mangia. Commette il più grave degli errori: quello di accostare la tolleranza e l’autolesionismo. E temo non se ne renda nemmeno conto. Non si rendono conto, i seducenti editorialisti del giornale, che quando la tolleranza è a senso unico, quando nei paesi Islamici si fanno stragi di innocenti e statue millenarie vengono distrutte a suon di bombe, quando gli Islamici di casa nostra offendono la religione Cattolica deturpando chiese e cattedrali, “tolleranza” diviene solo una facile scorciatoia. Un’inutile retorica.
Cara Oriana, tanto avrei da dire sul tuo libro. Troppo. Farei di questa lettera un commento, e non voglio. Non ne ho l’autorità né tantomeno la competenza. E poi La rabbia e l’orgoglio si trova ovunque, ormai, anche nel più sperduto angolo del più sperduto paesino. E’ lì, lo si può leggere e commentare da soli. Molto meglio. No, rifuggo alla tentazione e vado diritto al sodo.
Hai scritto che i giovani di oggi sono degli smidollati. Chissà, forse è vero. Come darti torto? Siamo una generazione che nasce in un lusso mai visto. Abbiamo comodità di ogni genere, possibilità spesso illimitate. Stiamo diventando sempre più pigri, spinti da una vita che ci offre tutto su un piatto d’argento e ci toglie lo stimolo a cercare e a lottare. Dimentichiamo cosa significa il sacrificio e il dolore, quello vero. I nostri vecchi ce lo dicono continuamente, noi li deridiamo e li consideriamo oggetti da museo. Ma, come spesso accade con gli anziani e i loro rimproveri, hanno maledettamente ragione.
C’è una cosa, però. Non siamo tutti così. E nemmeno ci siamo del tutto abbandonati. Questa lettera vuole esserne una piccola, modesta testimonianza. La testimonianza che la mente è ancora viva, che il cervello funziona e soprattutto che il cuore batte. Che in tanti come me provano le tue stesse pulsioni, i tuoi stessi sentimenti, che anche a noi il sangue può ribollire nelle vene. E’ vero, ci sono anche i menefreghisti. O, peggio, le iene e gli avvoltoi che ridono quando bisognerebbe piangere e pensano a se stessi quando gli si chiede solidarietà. Ci sono, e magari sono la maggioranza. Ma in pochi, e magari anche troppo silenziosi, ci siamo anche noi.
Una pancetta di troppo o due chili di sovrappeso non possono voler dire avere perso coscienza del mondo che ci circonda. E noi non l’abbiamo persa.
La tua rabbia e il tuo orgoglio, cara Oriana, sono un po’ anche nostri.