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Visualizza Versione Completa : Rifondazione chiude col Socialismo



Tovarish
08-04-02, 19:25
Bertinotti aveva definito il V congresso come la Bolognina del suo partito. E così è stato. Da oggi Rifondazione non ha più nulla ha che fare col Socialismo, ma si configura come una formazione estremista massimalista, che abbaia ma non morde; destinata a non torcere un capello all'imperialismo (che tanto non esiste più); un'accozzaglia di opportunisti, trotzkisti, revisionisti, femministe, disobbedienti e no global anarcoidi accumunati solo dall'odio anticomunista verso Stalin e verso la gigantesca esperienza storica del socialismo realizzato, nell'Urss come negli altri paesi del campo socialista. Odio che si avvale delle classiche menzogne anticomuniste della borghesia e dei suoi servi trozkisti e revisionisti.

Bertinotti dice di voler ripudiare Stalin, ma quello che viene liquidato è il marxismo rivoluzionario ed in particolare il leninismo: la teoria dell'imperialismo, la dittatura del proletariato, il ruolo del partito come avanguardia cosciente della classe operaia, la necessità della presa del potere tramite la violenza rivoluzionaria e di un partito organizzato secondo i principi del centralismo democratico.

Per Bertinotti e compagnia, ormai, la democrazia borghese è un valore in sè, non conta più nulla la distinzione leniniana tra democrazia borghese e proletaria, tra democrazia formale e sostanziale. E si potrebbe andare avanti a lungo....

Ma da un nano politico che pretende di dare lezioni di comunismo a giganti del pensiero quali Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao e tutti gli altri dirigenti e teorici marxisti-leninisti non ci si poteva aspettare niente di meglio.

bandiera roja
08-04-02, 22:18
Caro compagno,
la "svolta" di R.C. era il processo normale di un partito oramai in preda ad un massimalismo, che già da tempo rifiutava di fatto la costruzione di una società socialista.
La posizione assunta da Rifondazione Comunista è stata sempre quella del "nè-nè", che ha sempre di fatto rinforzato la borghesia guerrafondaia italiana.
Il pacifismo e il processo di avvicinamento alle posizioni riformiste e di fatto filo-imperaliste dei no-global, sono stati gli ultimi elementi che hanno portato R.C. su un piano di conflittualità con il movimento antimperalista e comunista, rivelandosi un nemico alla pari della borghesia italiana.
Spero vivamente che quell'ala, interna a R.C., contraria a tale passaggio,si dimostri coerente con le tesi presentate ed esca al più presto passando nel movimento antimperialista.
E' ora che s'incominci a pensare alla costruzione di un'unica organizzazione anticapitalista, antimperialista e comunista che possa finalmente contrapporsi in maniera chiara e netta sia alla borghesia imperalista di destra e di sinistra sia al riformismo massimalista di fatto filo-imperialista!

Saluti comunisti rivoluzionari

Tovarish
08-04-02, 22:23
Caro Bandiera,
anch'io confido nella corrente di Grassi e Sorini, nei compagni di Nuova Unità, di Aginform e di Linea Rossa.
Spero che al più presto si decidano ad uscire da quel partito la cui deriva politica ormai non è più arrestabile.

saluti comunisti

@@@@@
09-04-02, 21:12
Ah Ah Ah e voi credete veramente che quegli esseri si stacchino dal PRC...?


Aha Aha Aha Aha:K :K :K

Sono più testardi di un mulo!!:fru :fru

pietro
09-04-02, 22:15
No io non credo, ma dopotutto non è cosi impornate, ognuno si culli nel porcile che piu' gli aggrada!


Originally posted by @@@@@
Ah Ah Ah e voi credete veramente che quegli esseri si stacchino dal PRC...?


Aha Aha Aha Aha:K :K :K

Sono più testardi di un mulo!!:fru :fru

Catilina
10-04-02, 07:15
Originally posted by Tovarish
Bertinotti aveva definito il V congresso come la Bolognina del suo partito. E così è stato. Da oggi Rifondazione non ha più nulla ha che fare col Socialismo, ma si configura come una formazione estremista massimalista, che abbaia ma non morde; destinata a non torcere un capello all'imperialismo (che tanto non esiste più); un'accozzaglia di opportunisti, trotzkisti, revisionisti, femministe, disobbedienti e no global anarcoidi accumunati solo dall'odio anticomunista verso Stalin e verso la gigantesca esperienza storica del socialismo realizzato, nell'Urss come negli altri paesi del campo socialista. Odio che si avvale delle classiche menzogne anticomuniste della borghesia e dei suoi servi trozkisti e revisionisti.

Bertinotti dice di voler ripudiare Stalin, ma quello che viene liquidato è il marxismo rivoluzionario ed in particolare il leninismo: la teoria dell'imperialismo, la dittatura del proletariato, il ruolo del partito come avanguardia cosciente della classe operaia, la necessità della presa del potere tramite la violenza rivoluzionaria e di un partito organizzato secondo i principi del centralismo democratico.

Per Bertinotti e compagnia, ormai, la democrazia borghese è un valore in sè, non conta più nulla la distinzione leniniana tra democrazia borghese e proletaria, tra democrazia formale e sostanziale. E si potrebbe andare avanti a lungo....

Ma da un nano politico che pretende di dare lezioni di comunismo a giganti del pensiero quali Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao e tutti gli altri dirigenti e teorici marxisti-leninisti non ci si poteva aspettare niente di meglio.

Il lungo viaggio dei comunisti rifondati si è dunque concluso. Tra le braccia dei Beatles: la canzone "Imagine" ha sostituito l' inno dell' Internazionale al congresso di RC. Un congresso che ha celebrato la nascita di un comunismo no global, massimalista nei principi e ulivista nel piccolo cabotaggio parlamentare. Una curiosa miscela di Resistenza & Desistenza, all' insegna di un fondamentalismo praticone che simpatizza con la lotta armata e poi maneggia la tratta dei collegi.
C'era una volta il Partito Comunista Italiano, che per lunghi decenni raccolse il consenso di quasi un terzo degli Italiani. Erano masse. Era radicato nel paese, veniva da lontano, nel senso che veniva dalle lotte dei lavoratori e delle lavoratrici di fine Ottocento, dal socialismo e finanche dal fascismo popolare, dal mondo operaio e contadino. Adesso di partiti venuti dal PCI ce ne sono tre, ma con un esito inatteso: nessuno ha ripreso del PCI la linea nazionalitaria (o nazional-popolare che dir si voglia) teorizzata da Gramsci, praticata daTogliatti e sudata da Di Vittorio. I diessini hanno disconosciuto i loro padri e si sono fatti adottare dalla socialdemocrazia, con innesti liberal, labour, american left e terzomondisti. I comunisti di Cossutta, benché si dichiarino "italiani", evocano grigie memorie tardo- sovietiche, i loro personaggi storici rimandano al tempo della fedeltà a Mosca.
I comunisti rifondati veleggiano, invece, tra Marx e Toni Negri, tra il Che e il sub-comandante Marcos, più contorno di No-Logo e Palestina. In tutta questa ribollita di sapori c'è- come si sarà certo notato- un grande assente: il comunismo italiano, ovvero la tradizione nazionalitaria, o nazional-popolare che dir si voglia, del vecchio partito comunista. Mancano Gramsci, Togliatti, Di Vittorio. Al loro posto c'è una galassia rancorosa, che preferisce coltivare gusti di setta, elites intellettuali e progetti cosmopoliti, piuttosto che radicarsi nel Paese e tra le masse. L' unica traccia che vagamente ricorda il gramscismo è il riferimento alla sciopero generale fatto da Bertinotti al congresso, che chiama alla memoria il suo principale teorico- George Sorel- caro a Gramsci così come ai fascisti di sinistra, ai dannunziani e ai sindacalisti rivoluzionari- conteso un po' da tutti insomma a sinistra, con i suoi miti della missione eroica di combattere il capitalismo e della religione civile applicata alla lotta di classe.
Ma perfino il giornale che si fregia della paternità gramsciana, "l' Unità", sfoggia un direttore, Furio Colombo, di formazione padronale e americana, cresciuto tra i liberal, la Fiat e la 23^ Avenue. Tutto, insomma, meno che un erede del gramscismo. E insieme a Gramsci e Togliatti sparisce ovviamente anche Lenin. Un partito curioso, dunque, quello di Rifondazione, perché nonostante il nome che sembra rievocare il vecchio PCI, affonda le sue radici più nel Sessantotto che nelle Botteghe Oscure, più nei gruppi degli anni Settanta che nella tradizione popolare comunista. Ma si sa, è di moda l'esotismo, l' accaparramento del più lontano e il veloce allontanamento del più vicino. Una sorta di furia parricida, congiunta ad esterofilia.
Se la piccola esperienza dell' UCN ha avuto un senso, è stato anche quello di riconoscere la statura intellettuale e politica della tradizione italiana del comunismo. Gramsci, Togliatti, Di Vittorio cercarono di impiantare il comunismo nella storia e nella vita nazionale e popolare, così come avevano fatto Lenin e Stalin in Russia; generarono un partito forte e coeso, assai motivato e ben organizzato che, unico in Occidente, scavalcò la socialdemocrazia riducendola a partito subalterno e monopolizzò la sinistra, le masse e la cultura in un disegno egemonico che attraversò il sindacato, la scuola, l'università, l'editoria. In fondo se oggi la sinistra amministra ancora un po' di potere e di prestigio lo deve soprattutto a quel patrimonio nazionalitario accumulato dall' italocomunismo.
Nessuno voleva che nel terzo millennio la sinistra italiana si barricasse in casa con i santini di Gramsci e Togliatti. Però nessuno poteva pensare che nel nome del comunismo, del riformismo e della globalizzazione, i tre eredi appiccassero il fuoco alla casa madre e gettassero dalla finestra anche l' argenteria.
Saluti comunisti e nazionalitari

Tovarish
10-04-02, 11:58
Sono d'accordo. Il nuovo PC - la cui necessità spero sia ormai evidente a tutti - dovrà far riferimenti prima di tutto alle tradizioni nazionalpopolari del comunismo italiano. Dovrà cioè rifarsi al pensiero di grandi dirigenti quali Gramsci, Togliatti,Di Vittorio, Longo, Secchia.
Termini quali egemonia culturale, democrazia progressiva (che non è affatto l'abbandono della teoria della presa rivoluzionaria del potere!) e via italiana al socialismo devono riprendere tutta la loro attualità
Una delle principali preoccupazioni dovrà essere il radicamento nella società italiana. Il proletariato, le masse devono avere il LORO partito, il partito in cui identificarsi completamente.
A mio parere il nuovo partito non dovrà escludere a priori l'arma della tribuna parlamentare, fermo restando il fatto che la democrazia borghese (=la dittatura borghese) prima o poi andrà abbattuta e sostituita dal potere popolare.

Sul piano ideologico il partito dovrà rifarsi al marxismo-leninismo, difendere l'esperienza storica del socialismo realizzato, combattere strenuamente il revisionismo e rapportarsi criticamente e senza pregiudizi a tutte le altre esperienze rivoluzionarie, dal maoismo, all'enverismo, al castrismo, alla ideologia Juchè della RPDC, ecc.
I rapporti con i partiti fratelli dovranno essere improntati all'insegna dell'internazionalsmo proletario e dell'assoluto rispetto di ogni autonomia.

5° Reggimento
10-04-02, 16:41
Insomma adesso è chiaro. Rifondazione si accinge a diventare un variegato movimento postcomunista. Bertinotti e i suoi ce l'hanno fatta. Superata l' incerta fase in cui ha prevalso l' ossessione per la pura sopravvivenza elettorale, ora la preoccupazione è un' altra: raddoppiare la percentuale dei consensi, che oggi oscilla tra il 4 ed il 5%.
Progetto ambizioso e legittimo, per carità. Preoccupati sono i diessini, che alla loro sinistra non avranno più una innocua costola parlamentare del dissenso interno, ma un partito- movimento che aspira addirittura a riequilibrare a proprio vantaggio i rapporti di forza all' interno della sinistra del dopo-caduta del Muro di Berlino, cercando di pescare consensi giovanilistici in quelle aree del tumultuoso arcipelago sociale tradizionalmente lontane dalla cultura politica dell' ex-Pci nazionalpopolare. Oltre ai Beatles, avete notato che dal logo congressuale era stato cancellato ogni riferimento al comunismo, mentre per ben tre volte veniva ripetuto il solitario termine "Rifondazione"? A Rimini, dunque, Bertinotti ha celebrato la sua contro-Bolognina ed il suo partito sarà ancora in qualche modo comunista, ma si tratterà di un comunismo del tutto nuovo, dai connotati anarcoidi e libertari, farcito con massicce dosi di sindacalismo massimalista, generazione no-global ed esotismo. In questo senso, Catilina e Tovarish ne hanno bene delineato i connotati.
Non è detto che il "movimento" risponderà alla chiamata di Bertinotti, perché si tratta di un elettorato potenzialmente astensionista. Ma se l' operazione di riconversione politica in direzione di questo nuovo "radical - comunismo" dovesse riuscire, alle prossime elezioni Fassino si ritroverebbe a fare il segretario di un piccolo partito di opinione (6%?), divorato a destra dalla Margherita, a sinistra da PRC.
I comunisti nazionalitari (pur con i loro limitatissimi mezzi) sono stati tra i primi ad intuire questa deriva, ma la lucida consapevolezza non bastava certo ad arginarla, tanto più che essi proprio per questo- e ora anzi quanto ci è accaduto negli ultimi mesi risulta più chiaro- hanno subito il linciaggio e l' ostracismo da parte dei "compagni" rifondati.
Ciò che serve oggi è un programma politico di sinistra coraggiosamente alternativo a quello di Bertinotti. Dobbiamo prendere atto che in Italia le sinistre sono tre e sono inassimilabili: una massimalista e globalista (PRC), l' altra riformista e moderata (DS, PdCI), l'altra nazionalitaria (quale sarà la forza politica che riuscirà ad esprimere questa tendenza? E' l' ultima domanda che ancora aspetta di trovare una risposta).
Saluti comunisti e nazionalitari

Tovarish
10-04-02, 16:46
Scusatemi, non vorrei apparire capzioso, ma sia l'articolo di Catilina che quello di 5 Reggimento mi ricordano altrettanti articoli comporsi in questi su giorni su "Il Giornale", che purtroppo ho la cattiva ventura di ritrovarmi quotidianamente tra le mani nel bar che frequento....;)

5° Reggimento
10-04-02, 19:49
Possono essere simili le analisi del fenomeno in questione (la trasformazione di PRC), ma totalmente differenti risultano le conclusioni (non mi pare che "Il Giornale" sostenga la lotta per il comunismo); del resto talvolta, per capirci qualcosa di più, bisogna anche saper ascoltare le altre campane. E' quanto accaduto nel caso del congresso di Rifondazione. Non a caso gli interventi hanno offerto spunti di riflessione ulteriori rispetto al "post" iniziale. O no?
Saluti comunisti e nazionalitari