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Visualizza Versione Completa : Appello per ISRAELE



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Jan Hus
11-04-02, 00:32
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


Per argomento correlato visita anche.......:
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&postid=31213#post31213
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Come sapete, Il Foglio ha organizzato una manifestazione di sostegno per Israele, che si terrà il 15 aprile a Roma.

Credo che, indipendentemente dall'adesione alla sinistra o alla destra, non ci sia bisogno di spiegare ai repubblicani che frequentano codesto forum l'importanza dell'adesione, anche solo "virtuale", alla manifestazione in questione.

Pertanto, invito tutti ad aderire, di persona o mediante lettere, messaggi di posta elettronica, fax o telgrammi.

Io lo farò.

Per informazioni sulle modalità di adesione, il modo migliore è l'acquisto del Foglio.

Saluti repubblicani e sionisti. :)



PS Considerati i tempi ridotti per l'adesione, mi permetto di chiedere al moderatore di tenere in rilievo questa discussione nei prossimi giorni.
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/LACREME_NAPULITANE.mid

Jan Hus
11-04-02, 19:20
Originally posted by calvin
La direzione nazionale del Pri ha aderito ieri alla manifestazione.

Molto bene! :)


Originally posted by calvin
Sul Foglio ci sono le testimonianze di La Malfa e Nucara,

So dell'adesione di La Malfa perché ne ho letto ieri sul Foglio. :)


Originally posted by calvin
io ho qualche riserva personale, ma sono sostanzialmente d'accordo con Jan Hus e mi piace il tono con cui ha impostato l'argomentazione.

Francamente, non dubitavo che fossi d'accordo. :)

Io, a dire il vero, non ho riserve personali, per tanti motivi.

Il principale può essere riassunto in questi termini: perché dobbiamo essere proprio noi, amici di Israele, a c***** dubbi mentre da tutte le parti si spara, (metaforicamente e non solo) contro Israele, e ad Arafat non si muove mai alcuna critica?


PS Dimenticavo: vorrei ringraziare il moderatore per aver risposto alla mia richiesta. :)

la_pergola2000
11-04-02, 20:55
Caro jan
queste sono le cose che ci unsicono, fuori dalla politica nazionale facciamo presto a trovare politiche (condivisibili che brutta parola).
Quindi aderiamo tutti, chi fisicamente che moralmente alla manifestazione di Roma del 15 aprile.
Ciao.
Il mio sogno è che una volta o l'altra ci ritroveremo tutti insieme a contare i voti paesino per paesino nelle marche.

nuvolarossa
11-04-02, 23:03
Tratto da IL CORRIERE DELLA SERA
di sabato 6 aprile 2002
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Quell’assurdo paragone in tv con i lager”

Lettera aperta al Presidente della Rai Baldassarre

Caro Presidente, nella trasmissione di ieri sera di “Blob”, a un certo punto, sono passati due rapidissimi fotogrammi compresi fra spezzoni piacevoli di ragazze. Il primo un’immagine palestinese di questi giorni di tragedia, seguito da un fotogramma ancora più breve, tratto evidentemente da un documentario girato in un lager nel 1945, in cui si vedono ebrei nudi e ridotti a larve umane.
Il messaggio chiarissimo trasmesso da queste immagini e dal loro montaggio – almeno quello che è giunto a me - è che Auschwitz oggi è a Ramallah e che gli ebrei da vittime si sono trasformati in aguzzini nazisti.
Del reso è la tesi che ha sostenuto giorni or sono lo scrittore Saramago e, con parole più velate, Enzo Siciliano su “L’Unità”. Io considero queste affermazioni abominevoli. Ma, se si usa la parola scritta, le opinioni possono essere confutate e le diverse ragioni possono essere argomentate in maniera appropriata. L’uso invece del mezzo televisivo di cui le porto testimonianza è del tutto inaccettabile perché essa significa insinuarsi subdolamente nelle immagini mentali dello spettatore e condizionarne in maniera subliminale le opinioni.
Credo che si tratti di un uso prevaricatore del mezzo televisivo che non può essere consentito in alcun modo. Lei che ne pensa?


Giorgio La Malfa

nuvolarossa
11-04-02, 23:55
Lettera proposta dal segretario per l'adesione all'iniziativa de "Il Foglio" e fatta propria dalla Direzione Nazionale

Caro Direttore,

In coerenza con le nostre profonde convinzioni, ribadite ancora di recente da Giorgio La Malfa nelle riunioni congiunte delle Commissioni Esteri di Camera e Senato, il P.R.I. aderisce pienamente all'iniziativa promossa da Lei e da Massimo Teodori e sarà presente all'Israele Day.

Cogliamo l'occasione per manifestare il nostro sconcerto per le diverse e divergenti posizioni emerse nell'ambito della Comunità Europea nei confronti di Israele, unica democrazia esistente in Medioriente, assediata dal terrorismo e dall'odio fanatico di una parte del mondo arabo.

Cordialmente.

Francesco Nucara

Roma, 10 aprile 2002
_________________

Al Direttore de
"IL FOGLIO"
Dr. Giuliano Ferrara

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tratto dal sito web
www.pri.it

nuvolarossa
12-04-02, 00:12
TRATTO DAL SITO WEB
www.pri.it
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Oggi la "Nota politica" è costituita dal documento approvato dalla DN nella riunione del 10 aprile c. a. sul conflitto tra Israele e Palestina. Questa scelta è dettata dalla volontà di sottolineare come sulle grandi questioni che toccano la pace e sui temi di politica estera i repubblicani sappiano trovare ed esprimere, come è nella loro tradizione politica, valori comuni, al di là delle posizioni contingenti di maggioranza e minoranza.

Documento approvato dalla Direzione Nazionale del PRI, riunita a Roma.

Esaminata la grave situazione internazionale, con particolare riferimento alla crisi mediorientale;

Espressa la più ferma condanna nei confronti di ogni forma di terrorismo, al di là delle motivazioni che lo ispirano o che vengano dichiarate;

Manifestato il proprio cordoglio per le vittime innocenti che il terrorismo continua a mietere tra i cittadini di Israele e per le vittime civili che l'inevitabile risposta israeliana comporta fra le popolazioni palestinesi;

Espresso il rammarico per l'interruzione del processo di pace avviato con gli accordi di Oslo;

Auspica che abbia successo l'iniziativa assunta dall'amministrazione americana e intravede in essa un possibile spiraglio per uscire dalla crisi attuale e riannodare col tempo le fila del dialogo in vista di una vera e propria pacificazione dell'area;

Nota altresì che l'esistenza di posizioni diverse e divergenti fra loro in seno all'Unione Europea conferma la difficoltà di affermare un'identità europea in politica estera e indica che le prospettive dei passi ulteriori del processo di integrazione europea sono per questo meno favorevoli;

Esprime sconcerto per le recenti dichiarazioni del Presidente della Commissione Europea Prodi ed il suo riferimento a misure di ritorsione verso Israele, così come per il documento dei socialisti europei che propone la sospensione del trattato di associazione di Israele all'EU;

Quanto all'Italia, rileva con preoccupazione oscillazioni ed incertezze nelle posizioni espresse da alcune forze politiche, specialmente da quelle dell'opposizione con il prevalere in esse di toni decisamente anti israeliani; esprime infine l'auspicio che la posizione equilibrata espressa ieri dal governo con l'intervento del Presidente del Consiglio davanti alle Commissioni Esteri delle Camere possa diventare punto di riferimento di tutte le forze democratiche, invita il Governo a sostenere con forza questa linea in seno all'Unione Europea ed alle altre istanze internazionali delle quali l'Italia è parte.

Roma, 10 aprile 2002

nuvolarossa
13-04-02, 00:50
Il Pri aderisce all'"Israele Day"

La crisi mediorientale continua a dominare la scena politica internazionale ma anche quella interna. Lunedì prossimo, su iniziativa de "Il Foglio" e del professor Massimo Teodori, si terrà l'Israele Day, manifestazione alla quale il PRI ha dato la sua piena e convinta adesione come partito.

All'interno della sinistra si continuano a registrare contraddizioni e sbandamenti. Se è vera la ricostruzione di Maria Teresa Meli apparsa ieri sulla Stampa, secondo la quale l'onorevole D'Alema ritiene Israele responsabile della mancata esistenza di uno Stato palestinese, ci accorgiamo del pregiudizio che impedisce alla sinistra italiana una analisi attendibile della crisi mediorientale.

E' un vizio nell'occhio dei Ds, lo stesso che manifesta Giovanni Berlinguer in una intervista al Mattino, quando sostiene che i palestinesi hanno avuto i "danni maggiori". Sì, ma solo se si ritengono i palestinesi vittime di quegli Stati arabi che non hanno mai sostenuto le ragioni dell'esistenza di un loro Stato, e non certo per colpa di Israele la quale ha dovuto difendersi dal primo momento che si è costituita.

Abbiamo notato la posizione di Fassino, molto diversa rispetto a quelle di D'Alema e di Berlinguer, una posizione equilibrata, preoccupata delle difficoltà israeliane. Ma Fassino che pure è il leader del partito, si scopre in minoranza. Sul medioriente non lo sostiene Berlinguer e nemmeno il suo principale mentore, D'Alema.

Quale credibilità ha la sinistra su una questione di tale rilievo internazionale, pressata come sempre da verdi, comunisti e no global, gli stessi che giustificano e forse esaltano i cosiddetti kamikaze?

Quello che sfugge a buona parte della sinistra nella valutazione della crisi attuale è proprio il punto chiave, e cioè che ad essere assediato non è il popolo palestinese, meno che mai, ovviamente, il mondo arabo, ma la piccola democrazia israeliana, il solo stato - tra l'altro - che si ispira ai valori culturali e politici dell'Occidente. Che, di conseguenza, in nessun caso potrà accettare una pace che prescinda dal riconoscimento stabile e duraturo della sua esistenza.

Roma, 12 aprile 2002
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tratto dal sito web del
http://www.pri.it
Partito Repubblicano Italiano

la_pergola2000
13-04-02, 14:34
Cari amici
non avevamo bisogno che qualcuno ci ricordasse che il PPE è il maggior partito europeo, non abbiamo bisogno che cosa sia il PSE, il FDL, il fatto nuovo è che nel conflitto israelo-palestinese la maggioranza degli europei e degli italiani riconosca che è ora che il conflitto arrivi ad una soluzione definitiva.
Le morti di questi giorni saranno ricordate per decenni, l'elemento di novità è che la proposta dell'Arabia Saudita, con il riconoscimento contestuale dei due stati pare possa aprire uno spiraglio al conflitto.
E' vero che il Vaticano come sempre cerca di quadagnarsi qualche vittima, per poi sedere "sul Tavolo della pace", ma in questi casi è meglio non far partecipare uno stato teocratico, perchè già di teoremi religiosi ce ne sono troppi in quell'area.
Ma le risoluzioni dell'Europa lette dai giornali e non dai siti che ci ha consigliato Erasmus, son alquanto altalenanti e balbettanti, Solana e Piquet, hanno parlato con Prodi o no? Sono saliti sul primo aereo e sono partiti per Tel Aviv, senza aver preventivamente concordato alcunchè con il governo di Israele, neanche degli aiuti economici, cosa che si fa sempre in questi casi?
Hanno rischiato un fallimento e l'hanno ottenuto, mi sembra che c'è un pò di leggerezza nella Commissione Europea, il Presidente della Commissione risponde con ritorsioni ad Israele, cosa vuole dichiarargli guerra? Perchè allora gli europei vogliono fare dei mediatori e poi minacciano ritorsioni? Forse aveva visto giusto il governo israeliano che degli europei non doveva fidarsi.
In Italia questo problema non è stato neanche dibattuto, che razza di europei siamo, che razza di europeismo sosteniamo, che politica estera ha l'Europa, la quale vuole aspirare ad una leadership, cosa fa Prodi?
Proprio in questi giorni al parlamento italiano si è votato per il trattato di Nizza, l'entrata dei 15 stati ex comunisti, cosa facciamo dell'Europa un dopolavoro? O una federazione vera e propria, chi vuol staccarsi dagli Usa che cosa pensa di fare in questo modo?
Le domande sono tante , molte sono anche senza risposte, ma pregherei gli amici di dibattere su questi problemi perchè sono i più urgenti.
Ciao a tutti.

Jan Hus
13-04-02, 15:18
Non capisco per quale motivo Erasmus abbia riportato la risoluzione approvata dal Parlamento Europeo.

Si tratta di una risoluzione semplicemente vergognosa, che punta il dito contro Israele in maniera assolutamente parziale e unilaterale, e che glissa sul fatto che Arafat ha rifiutato qualunque negoziato e che l'ANP, con alla testa Arafat, ha appoggiato, sostenuto, promosso e fiancheggiato la guerra dell'ANP contro Israele a colpi di attentati suicidi e omicidi contro la popolazione civile israeliana.

Il mandato a rivedere i rapporti bilaterali tra l'UE e Israele è del tutto inaccettabile.

Un autentico esempio di vigliaccheria europea che mi fa vergognare di essere europeo.

So che il gruppo socialista ha votato a favore della risoluzione e che il gruppo popolare ha votato contro. Spero che anche il gruppo liberale abbia votato contro.

A quanto mi consta, la Sbarbati ha votato contro la risoluzione; il che, spero, rappresenta un motivo di soddisfazione sia per quei repubblicani che hanno abbandonato il PRI per aderire all'MRE, sia per coloro che sono rimasti nel PRI; allo stesso modo in cui l'adesione del PRI alla Giornata per Israele promossa dal Foglio dovrebbe costituire un motivo di esultanza per entrambi.

PS Qualcuno sa indicarmi un sito nel quale sia possibile rintracciare i voti favorevoli e contrari degli europarlamentari alle varie risoluzioni del PE?

Alberich
13-04-02, 15:28
Credo che l'ELDR abbia votato a favore.

Cirno
13-04-02, 16:19
L'Europa sarà sempre un nano politico finché
- non sarà superato il principio dell'unanimismo;
- non verrà integrata nell'Unione Europea, e di conseguenza nella NATO, la Russia.
La Russia è un Paese dal potenziale immenso, sia in campo economico sia in campo politico, ed ha un Capo (Putin) di grande qualità.
Meno male che ora ci si sta provando seriamente, e l'Italia si sta distinguendo in questo senso checché ne dicano i detrattori di Berlusconi, ai quali, peraltro, Putin non è affatto simpatico, per noti motivi.
Prodi, dal quale molti si attendevano tutto, rimane in ombra, vittima delle sue intime contraddizioni: democristiano di sinistra, a forza di non prendere posizione su questioni fondamentali, finisce nella dissolvenza.
Guardate i suoi rapporti con la madre patria: lascia che i suoi Commissari sollecitino il governo italiano a riformare la rigidità del mercato del lavoro (leggi art. 18) ma si guarda bene dall'esprimere al riguardo una posizione personale.
Per forza! lui si sente già leader dell'Ulivo alle prossime elezioni politiche, altro che leader europeo!!
In che mani siamo.
Cirno

nuvolarossa
13-04-02, 19:09
Benvenuto a Cirno sulle pagine del Forum dei Repubblicani Italiani

nuvolarossa
13-04-02, 22:38
LE ADESIONI E I DISSENSI INCROCIANO TRASVERSALMENTE GLI SCHIERAMENTI POLITICI

Israele-day, impazza la corsa all´«io vado e io no»

L´ISRAELE-DAY di lunedì sarà magari una manifestazione composta, come si augurano lo storico Ernesto Galli della Loggia e il politico Giorgio La Malfa. Ma raccolta e poco numerosa probabilmente no. Almeno stando alle adesioni, delle quali quotidianamente dà conto Il Foglio, che crescono, fino a tracimare dalle pagine formato lenzuolo del giornale di Giuliano Ferrara, e annoverano personaggi diversi tra loro, come i registi Franco Zeffirelli e Francesco Rosi, l´economista Fiorella Padoa Schioppa, attori di destra come Luca Barbareschi e storici di sinistra come Luciano Canfora («infatti Stalin fu tra i soci fondatori di Israele, contro gli inglesi»). Non solo. Il gioco dell´«io vado e tu?» impazza nei salotti romani, adusi a digerire anche manifestazioni come questa, condivisibile o meno ma comunque seria, e a trasformarle in occasioni mondane. Il che lascia presagire ulteriori «new entries». Fra gli ultimi sì alla marcia silenziosa di Roma, dal Campidoglio al ghetto, ci sono quelli di Pasquale Cascella, di Claudio Velardi, di Roberto Cuillo. Che si aggiungono a Fabrizio Rondolino, Marco Minniti e Giuseppe Caldarola e completano la pattuglia dei D´Alema boys, in parziale dissenso dalla linea filopalestinese del «leader Maximo». Il mondo girotondista si è invece tenuto lontano dall´evento. Con l´eccezione del giornalista Marco Travaglio, autore del libro nero di Berlusconi «L´odore dei soldi», il quale ha spiegato che avrebbe aderito «nonostante la compagnia». Al contrario di Duccio Trombadori, il «pentito» dell´Israele day. Trombadori aveva infatti deciso di non esserci, perché la presenza di Caldarola e Furio Colombo non lo convinceva. Ma ieri ci ha ripensato: «Proverò ad essere meno fazioso, ci vediamo lunedì». In molti invece hanno motivato il loro no non gradendo la compagnia, virtuale, di Ariel Sharon. Per il vicepresidente della Margherita Arturo Parisi (che aderisce): «L´esistenza di Israele è un bene così prezioso che non lo si può lasciare nelle mani degli israeliani». Le motivazioni sono le più disparate. C´è chi sarà alla manifestazione per ragioni storiche, come il giornalista Fulvio Stinchelli: "Dopo 80 anni la storia si ripete. Hitler non è morto, ora indossa la kefiah»; chi per preoccupazioni apocalittiche, vedi lo storico Arrigo Petacco: «Israele è l´ultima frontiera per fermare l´avanzata dell´islam. Dopo toccherà a noi». C´è chi coltiva dubbi sull´opportunità dell´iniziativa, ma andrà (con riserva). Spiega per esempio l´editorialista Mario Pirani: «La complessità della questione sconsiglia lo spirito manicheo. Avrei preferito che la manifestazione fosse "per Israele e per la pace". Con questo spirito comunque ci sarò». E c´è chi ne condivide le ragioni, ma alla marcia non andrà. E´ il caso dell´ex direttore di Studio Aperto Paolo Liguori: «Manifestare mentre si spara mi sembra infierire troppo su quelli che le prendono». La folta schiera dei giornalisti è seconda solo a quella dei politici. Nuovi arrivi: i socialisti Gianni De Michelis e Margherita Boniver (Bobo Craxi invece no), Italo Bocchino di An che si affida a una excusatio non petita: «Il mio partito è l´unico in Italia ad aver condannato nel suo atto fondativo l´antisemitismo». Assenti per precedenti impegni, ma aderiscono Marco Follini, segretario dei Ccd, e Ignazio La Russa, capogruppo alla Camera di An. Gli organizzatori assicurano che molti altri magari non aderiscono, ma almeno ci saranno.

u. l. r.

Cirno
13-04-02, 23:51
Grazie Nuvolarossa per la tua cortesia.
Il tuo benvenuto significa che mi apprezzi.
Comparirò ancora su questo simpatico Forum, anche se sono fondamentalmente ghibellino.
Cirno.

Jan Hus
14-04-02, 02:12
Originally posted by Erasmus
Il sostegno ad Israele -inteso come popolo– non necessariamente coincide col sostegno al governo Sharon.

Dire che il P.E. parteggia per i palestinesi è ingiusto. Semmai, si dica che è imparziale nonostante che –secondo te, Jan Hus, ed altri– la colpa sia soprattutto (se non esclusivamente) palestinese.
Per esempio, il P.E.
«[..]
12. esprime pieno sostegno agli israeliani, ai palestinesi e alle organizzazioni internazionali che, ad ogni livello, lavorano per la pace, inclusi i riservisti israeliani che si rifiutano di prestare servizio nei territori occupati, ed esprime in particolare solidarietà e sostegno alle coalizioni israelo-palestinesi per la pace;
[..]»
[NB: La frase: “inclusi i riservisti israeliani che si rifiutano di prestare servizio nei territori occupati” si deve ad un emendamento proposto dai Verdi e appoggiatodai Socialisti.].

E’ un fatto inoppugnabile che da quando Sharon ha iniziato il pugno di ferro –per altro provocando più vittime civili tra i palestinesi di quante ne provoca il terrorismo palestinese tra gli israeliani–, anziché diminuire gli attentati sono aumentati per numero e per gravità.
Dunque: oltre ad essere ripugnante come metodo (perché è contro il diritto e provoca devastazione e morte indiscriminatamente), è controproducente per lo scopo che si prefigge.

La risoluzione del Parlamento Europeo è scandalosamente unilaterale.

Il governo Sharon è un governo di unità nazionale, del quale fanno parte anche i laburisti di Peres. Laburisti che, com'è naturale, appoggiano l'intervento militare.

Parlare di palestinesi favorevoli alla pace è un nonsenso. Non ne esistono.

Tra i palestinesi esistono soltanto sfumature diverse di oltranzismo. Tra loro si può distinguere yta chi vorrebbe cancellare lo stato di Israele con le bombe nelle pizzerie e chi vorrebbe farlo imponendogli di assorbire qualche milione di profughi palestinesi, veri o presunti tali.

Tu dici che da quando Sharon ha iniziato con la politica del pugno di ferro gli attentati sono aumentati? E io ti dico che sono aumentati anche quando i territori occupati sono stati ceduti all'ANP. Anche questo è un fatto inoppugnabile.

E' "politicamente corretto" criticare Sharon. Non lo è, invece, criticare Arafat, che, nella migliore delle ipotesi, è come Sharon.

E' "politicamente corretto" chiedere l'adozione di sanzioni contro Israele. Non lo è, invece, chiedere conto all'ANP dell'uso che è stato fatto del denaro dei contribuenti europei che le è stato dato.

La risoluzione del Parlamento Europeo, per i toni e il contenuto, per quello che dice e per quello su cui tace, è un vergognoso atto di codardia.

la_pergola2000
14-04-02, 12:40
Ringrazio gli amici che hanno accolto il mio invito a partecipare a questo dibattito, perchè il problema israeliano si è inescato al problema europeo in maniera brutale, perchè è venuta fuori la superficialità di affrontare i problemi esteri da parte dell'Europa e forse anche l'incapacità del presidente dela Commissione, il quale è un economista e non un politico tout court.
Mi è di conforto. e spero che sia anche per voi. il fatto che Sergio Romano sul Corriere di oggi abbia puntualizzato i punti che dividono gli USA dall'Europa e alla fine, metà della seconda colonna, ha detto quello che stiamo dicendo noi e cioè che il balbettio della Commissione nei riguardi di Israele è stato totale.
Quindi questo sito e queste discussioni hanno dibattuto e analizzato prima degli osservatori professionisti.
Ma non deve essere un vanto, perchè il problema è grave, e la paternità e la bontà di una analisi politica non ci deve inorgoglire più di tanto.
Perciò continuiamo ad analizzare e speriamo che la missione Powell ci porti un pò di speranza.
I differenti punti di vista con la politica estera USA da parte dell'Europa non ci deve estremizzare, anzi come consiglia Romano, ci deve spronare a cercare un dibattito stretto con gli USA.
Perciò ben venga il trattato USA e Russia, firmato sul suolo italiano, che permetterà all'Italia di assumere un ruolo di alta mediazione internazionale, che potrà servire per il futuro.
Ancora il balbettio di Prodi di questa mattina sulla pericolosità della Russia nella UE è improprio e fuori luogo, perchè non è nell'ordine del giorno del futuro trattato che non è di integrazione europea, ma Atlantico.
Ciao a tutti e buona domenica.

nuvolarossa
14-04-02, 17:44
caro Cirno,
dichiararsi Ghibellino sul Forum dei repubblicani Italiani e' un'ottima credenziale visto e considerato che questo non e' certamente un Forum di Guelfi, ne' bianchi ne' neri.
Lo stesso Dante Alighieri (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&postid=341578#post341578), noto come il ghibellin fuggiasco fu molto apprezzato dallo stesso Mazzini che, in giovane eta', scrisse il suo primo pezzo giornalistico proprio su di lui.

Cirno
14-04-02, 22:09
I Ghibellini erano dalla parte dell'Imperatore, i Guelfi del Papa.
Certo la differenza non si attaglia ai giorni nostri: tuttavia essere pro impero non è propriamente repubblicano.
Io sono un nostalgico dell'Impero Asburgico, esempio di ottima amministrazione e di europeismo ante litteram.
Jan, hai ragione: in Palestina non è il caso di distinguere tra buoni e cattivi, ma tra cattivi e pessimi. E' difficile prendere partito in questa situazione.
Pergola, è ovvio che Prodi balbetti (politicamente) sulla "pericolosità" dell'integrazione della Russia in Europa: in realtà ciò che è esiziale per lui è il grande successo diplomatico che Berlusconi sta riportando. Anche Prodi tiene famiglia!
E pensare che l'Italia sarebbe dovuta uscire dall'Europa in una settimana, se la CDL avesse vinto le elezioni (testuali parole di Rutelli).
Ciao a tutti!!
Cirno

nuvolarossa
14-04-02, 22:59
Nel pomeriggio Prodi ha fatto dichiarazioni in appoggio alla manifestazione pro-Israele e contro il terrorismo, con una inversione quasi a 180 gradi rispetto alle posizioni sue dei giorni precedenti.
Apprezzabile comunque questa sua, anche se tardiva, dimostrazione di buon senso.

kid
15-04-02, 16:38
Credo che sia stato giusto tagliare i thread che sono stati tagliati, soprattutto per la memoria di Oberdan e Toti. In uno di quei trhead io anticipavo, senza saperlo, ovviamente, la posizione del presidente della Ue Prodi che a Parma ha contestato l'apertura di Berlusconi alla Russia di Putin. Non sono d'accordo con il ghibellino Cirno, dunque. Il problema a questo punto, comunque, è la coerenza di Prodi. Fu lui infatti con un articolo sulla Stampa, di un mese fa circa, a sostenere le ragioni dell'allargamento ad est a medio termine e ad aprire alla Russia. Giravolta non solo su Israele, quindi. Alla faccia della coerenza!

hussita
15-04-02, 16:39
PS Qualcuno sa indicarmi un sito nel quale sia possibile rintracciare i voti favorevoli e contrari degli europarlamentari alle varie risoluzioni del PE? [/B][/QUOTE]



http://www.europarl.eu.int/plenary/default_it.htm#adop

http://www.europarl.eu.int/guide/search/docsearch_it.htm#b-resolutions

Cirno
15-04-02, 16:46
Erasmus, ma quanti meriti ha questo Berlusconi!
Ha anche appoggiato, a suo tempo, le persone giuste.
Prodi però sta giocando sporco: da vecchio DC di sinistra.
Qnato a Rutelli, noto con lieta sorpresa che non te ne cale: eppure è il leader dello schieramento nel quale ti riconosci.
Cirno

nuvolarossa
15-04-02, 22:55
Caro Cirno,
l'assurda legge maggioritaria che impera oggi in Italia in campo politico ha fatto tornare indietro nel tempo la Democrazia rappresentativa ai tempi in cui Dante calcava le terre toscane.
Centro-sinistra e centro-destra oggi, cosi' come nel 1200 sorsero i partiti dei Guelfi e dei Ghibellini.
La scelta era allora, come, oggi tra la peste e il tifo ma, dovendo scegliere, Dante scelse la parte ghibellina.
L'amaro pensiero e' che, a distanza di piu' di ottocento anni, la politica sembra essersi involuta invece di migliorarsi nel metodo democratico.
Un saluto fraterno

Cirno
15-04-02, 23:58
Purtroppo, caro Nuvolarossa.
Sembra che non sia possibile, in Italia, istituire un sistema elettorale veramente efficace e produttivo.
Forse la colpa è di tre difetti che sono radicati nel DNA italico: faziosità, scarso senso dello Stato, bizantinismo normativo.
Che ci vuoi fare? tiriamo a campare.
Cirno.

Erasmus: sono d'accordo sull'evitare, per il futuro, qualsiasi pizzicotto ad personam, anche perché mi avvedo che con l'età divieni stizzoso, al punto di minacciar querele come un Dalema qualsiasi.
...in cauda venenum!

Garibaldi
16-04-02, 13:44
porgo un caloroso saluto mazziniano a CIRNO di cui mi piace la sua barba filosofica; e filosofici mi sembrano anche i suoi ragionamenti !
philos+sophia: amore e saggezza
mi ispiri fiducia !

kid
16-04-02, 14:19
Devo dire agli amici che non sono potuti intervenire che la manifestazione di ieri per Israele è molto ben riuscita ed è stata anche commovente nella sua semplice compostezza. La comunità ebraica ne esce rafforzata e Israele può contare su qualche appoggio in questo paese. A me ha fatto piacere riscontrare la presenza copiosa degli esponenti della maggioranza, dai deputati di Forza Italia, ho visto Lainati, Verdini, Carlucci, Biondi e diversi altri di cui non conosco i nomi, a quelli di Alleanza Nazionale, La Russa, Urso, al nuovo Psi, De Michelis, alla nutrita delegazione del Pri, La Malfa, Nucara, Del Pennino, Santoro. I radicali. Per la sinistra Debenedetti e Furio Colombo. Un po' poco rappresentativi per la verità. Nessuno della Margherita. Di Liberto in televisione ha spiegato da Vespa che un suo zio ha salvato parecchi ebrei durante la guerra, con il che si è lavato la coscienza per un cinquantennio. Sono ben contento di non avere rapporti politici con i supporters di Arafat. In direzione la settimana scorsa, l'amico Valbonesi ha detto che Berlusconi è stato ambiguo nel definirsi anch'egli amico di Arafat. Per la verità Berlusconi ha detto che era amico di Arafat in quanto amico di Craxi, cosa che significa che non se l'è scelto lui come amico Arafat. D'Alema e company se lo sono scelto loro, invece. Li ritengo amici di un terrorista.

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la_pergola2000
16-04-02, 14:27
Ti ringrazio della piccola cronaca che ci hai fornito sulla manifestazione davanti alla Sinagoga, anche perchè non essendoci giornali, avremo una cronaca monca.
Mentre domani avremo le presenze dello sciopero generale in maniera completa.
FAcci avere notizie più precise sulle elezioni amministrative.Ciao.

Jan Hus
16-04-02, 15:03
Originally posted by Cirno
Jan, hai ragione: in Palestina non è il caso di distinguere tra buoni e cattivi, ma tra cattivi e pessimi. E' difficile prendere partito in questa situazione.

Mi spiace, mai detta una cosa del genere.

Tanto è vero che, nei forum, io sono sempre stato uno strenuo sostenitore delle ragioni di Israele.

Cirno
16-04-02, 15:42
Caro Jan,
se ti ho equivocato, scusami.
Mi sono basato sulla tua affermazione che cito testualmente:
"....Arafat, che, nella migliore delle ipotesi, è come Sharon. "
Essere per Israele (come anch'io sono) non comporta automaticamente essere per Sharon, o meglio per il tipo di politica che lui incarna.
Arafat è sicuramente pessimo, ma Sharon è certamente cattivo.
Con stima.
Cirno

nuvolarossa
16-04-02, 17:07
ISRAELE DAY/ LA MALFA: COMUNITA' EBRAICA NON E' ISOLATA

Purtroppo sinistra non sostiene Israele

Roma, 16 apr. (Ap.Biscom) - "La grande e composta manifestazione
per Israele di ieri - ha detto il presidente del Pri, Giorgio La
Malfa - dimostra che la Comunità ebraica non è isolata e che in
Italia le ragioni di Israele trovano un ampio e forte sostegno".

"Va anche detto, come si è visto dalle presenze politiche e
dalle adesioni all'Israele Day, che questo sostegno è limitato
all'attuale maggioranza di governo, poiché l'opposizione ha dato
prova di una straordinaria latitanza, essendo totalmente assenti
tutti i leader, dai Ds, alla Margherita. Ieri c'è stata anche la
conferma che la sinistra cattolica e postcomunista non ha mai
sostenuto Israele, non la sostiene e non la sosterrà neanche in
futuro, e questo - conclude - è un fatto che non può non
preoccuparci".
Red/Ale/Ber

nuvolarossa
16-04-02, 17:34
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


Israele Day: un successo superiore alle attese

E' stata un successo la manifestazione per Israele che si è tenuta fra il Campidoglio e il Portico d'Ottavia, un successo superiore alle attese. Fra centinaia di bandiere con la stella di Davide si è visto che la comunità ebraica non è isolata e l'opinione pubblica italiana non è insensibile alla difesa dell'unico Stato democratico esistente in Medio Oriente.

"Israele deve vivere", recitava lo slogan dei manifestanti, e deve vivere bene e nella sicurezza aggiungiamo noi, come merita un paese civile quale esso è.

Qualcuno si è sorpreso di vedere, tra i presenti, persone che mai nel passato avevano difeso le ragioni di Israele. Se è davvero così noi, invece, ne siamo lieti. Siamo lieti che vi siano esponenti politici disposti a rivedere criticamente il loro passato; e saremmo ancor più lieti se ci si convincesse, una volta per tutte, che non basta la militanza antifascista per ritenere di aver assolto i debiti verso il popolo ebraico.

Nell'incertezza sugli schieramenti pro o contro Israele, la manifestazione di ieri ha fatto la sua parte e svolto il suo ruolo. Un riconoscimento va dato a Massimo Teodori e a Giuliano Ferrara che ancora una volta ha usato il suo giornale per sostenere un'ottima causa.

Ma un ruolo l'ha svolto indirettamente anche un osservatore lontano e sempre presente in questi momenti di importante tensione internazionale: Oriana Fallaci. La sua opinione è stata ruvida nel tono, se vogliamo, ma dotata di argomenti chiari ed efficaci che hanno avuto un loro peso.

E anche una certa capacità di persuasione, se Don Leonardo Zega, pur sottolineando il disappunto della sensibilità cattolica, ha però scritto su "La Stampa" che la Fallaci ha avuto comunque il dono di parlare con quello spirito di verità che raccomandano i Vangeli.

E' questo spirito di verità che ci fa amare Israele e ci chiede di continuare a difenderla.

Roma, 16 aprile 2002

Jan Hus
16-04-02, 23:14
Originally posted by Cirno
Caro Jan,
se ti ho equivocato, scusami.
Mi sono basato sulla tua affermazione che cito testualmente:
"....Arafat, che, nella migliore delle ipotesi, è come Sharon. "

Infatti.

Nella migliore delle ipotesi per Arafat.

Nella peggiore, alla quale io aderisco, è che Arafat è molto peggio. :)


Originally posted by Cirno
Essere per Israele (come anch'io sono) non comporta automaticamente essere per Sharon, o meglio per il tipo di politica che lui incarna.

Perfettamente d'accordo.

Sharon era contrario agli accordi di Oslo; questo non va dimenticato.

Se fossi israeliano, vedendo le cose da qui, voterei per il Meretz o per i laburisti.


Originally posted by Cirno
Arafat è sicuramente pessimo, ma Sharon è certamente cattivo.

Ci sono pagine buie nel passato e nel presente di Sharon: il massacro di Qibya (credo che fosse il 1953) e la responsabilità, indiretta, nel massacro di Sabra e Chatila.

Nel presente, della politica di Sharon possiamo discutere quanto vuoi.

Dal mio punto di vista Arafat è senza dubbio peggiore, avendo guidato per anni un'organizzazione terroristica che è stata antesignana della globalizzazione (del terrorismo), avendo dimostrato capacità politiche finalizzate solo alla sua personale sopravvivenza e avendo sabotato il processo di pace che, nominalmente, Arafat stesso aveva accettato.

Il problema dei palestinesi sta anche nell'avere una pessima leadership.

Però, è anche vero che la leadership se la sono, tutto sommato, scelti loro; e quando una nazione fa scelte politiche sbagliate e non riesce, o non vuole, sbarazzarsi di una leadership che la sta portando alla catastrofe (noi italiani con Mussolini, i tedeschi con Hitler, i serbi con Milosevic, tanto per fare qualche esempio) le conseguenze, nella storia, si pagano.

Sarei curioso di sapere cosa ne pensiate, tu e gli altri.

Cirno
16-04-02, 23:35
Lancio di fretta una prima considerazione: gli Islamici (in maggior grado) ma anche gli Israeliani (in minor misura) hanno instaurato o subito, per motivi immanenti nella loro religione, regimi storicamente e tendenzialmente teocratici.
Non dimentichiamo che sono etnicamente cugini.
La teocrazia è madre del fondamentalismo ed ava dell'integralismo.
In questa ottica, il dissenso diviene peccato.
E quando il dissenso diviene peccato, al potere vanno i peggiori, e più fanatici.
La vendetta diviene virtuosa, in quanto attuata in difesa di principi assoluti, e la lapidazione è dietro l'angolo.
Cirno

lucifero
17-04-02, 14:04
Originally posted by Cirno
Lancio di fretta una prima considerazione: gli Islamici (in maggior grado) ma anche gli Israeliani (in minor misura) hanno instaurato o subito, per motivi immanenti nella loro religione, regimi storicamente e tendenzialmente teocratici.
Non dimentichiamo che sono etnicamente cugini.
La teocrazia è madre del fondamentalismo ed ava dell'integralismo.


L'hai lanciata MOLTO di fretta!!

Che Israele sia una teocrazia mi sembra una baggianata, a meno che tu non voglia confondere la teocrazia con il fatto che esistono, da sempre minoritari, partiti di ispirazione religiosa.
Ma se è così, si dovrebbe dire che Israele è slavofila e che anche l'italia e la germania sono teocrazie.

Circa la bufala dell'etnicamente cugini, è più vecchia della tua barba: gli ebrei non sono etnicamente connotati; ti sfido a trovare qualche cosa che accomuni un ebreo italiano ad un ebreo norvegese più che a un cattolico italiano.
Non parliamo poi degli ebrei russi, cinesi, yemeniti, etiopi.

L'ignoranza è la madre dell'integralismo.

kid
17-04-02, 14:17
Solleverei un dubbio anche sul regime teocratico, visto che Mosè dando le leggi si interpone rispetto alla divinità e pone il problema del fondamento etico extrateocratico. Comunque mi limiterei a dire che affronterei il problema dello Stato israeliano dal '48 e lascerei stare la notte dei tempi. Non capisco cosa voglia dire poi che arabi e ebrei sarebbero cugini. Ma gli uomini non sono tutti fratelli?

la_pergola2000
17-04-02, 15:15
Cari amici
anche oggi il Corriere torna sulla posizione dell'Europa nei riguardi di Israele, con il giornalista Bonanni che intervista Prodi.
Non credo che il Corriere abbia rincorso Prodi per chiedere l'intervista, ma Prodi abbia rincorso il Corriere per precisare e giustificare la sua posizione, in quanto quella sferzata di Romano gli deve essere rimasta sul gozzo.
Avrete letto tutti come il nsotro si giustifica dicendo che non c'è unanimità fra i minsitri degli esteri europei, ma se sono partiti in nome di chi sono partiti? Forse Prodi sconfessa Piquet e Solana? Nessun giornale italiano dice che Prodi non è Europeista? E se non controlla la Commissione perchè non si dimette?
Caro Erasmus che razza di europeista è Prodi?
Ancora problema dell'acciaio fra USA ed UE, Prodi dice con orgoglio che li c'è unanimità, ma che unanimità è se si è uniti contro uno stato amico e alleato, quando si è contro non si è per nessuno, usare sinotticamente i due concetti dimostra che poltiicamente il Presidente della Commissione è lui un nano politico, in quanto ha l'età e non è un bambino, mi dispiace, credevo nella sua nomina, anche come ottima mossa da parte di D'Alema, ma dal rapporto di Kioto, ora la posizione USA è cambiata, ad oggi una gaffe dietro l'altra, e questo dovrebbe esser il Godot delle prossime elezioni politiche in Italia?
Uno che si è fatto fregare già una volta da D'Alema:
Ciao Erasmus, come vedi sono un pò contro, sui fatti però, me lo permetti?

Cirno
17-04-02, 15:33
...e la presunzione è madre dell'ignoranza, caro Lucifero, arcangelo del peccato.
Ho scritto "hanno instaurato o subito"....come vedi è un tempo passato, o almeno non necessariamente presente.
Ho detto "tendenzialmente"...una tendenza non è necessariamente realizzata, pur rimanendo influente.
Quanto poi alla cuginanza, sono semiti, o no?
E gli ebrei anche dopo una millenaria diaspora hanno conservato sempre la loro identità etnica, religiosa, cilturale e linguistica (almeno in parte, mi riferisco all'yddish).
Certo che tutti gli uomini sono fratelli, Calvin, se partiamo da Adamo ed Eva: in questo senso gli svedesi sono fratelli dei boscimani.
Ma solo in questo senso.
Se poi siamo atei ed applichiamo l'approccio Darwiniano, noi siamo fratelli dello scimpanzé.
Mi piacerebbe vedere una tua foto formato zoo.
Cirno

kid
17-04-02, 15:53
Il che significa che chi non la pensa come te dovrebbe finire in uno zoo? Oppure c'è già?

kid
17-04-02, 16:06
Comunque, per essere chiaro io mi sento fratello di tutti gli uomini e cugino degli scimpanzè. Per cui forse ci finisco in uno zoo e Cirno potrà venirmi a fotografare quando gli pare.

nuvolarossa
18-04-02, 00:16
Nel ghetto tutti insieme per Israele

Successo della manifestazione in favore dello Stato ebraico: «Mai vista tanta gente in piazza per noi»

ROMA

«Quanta gente c’è, secondo te?». Quanta gente, già. La domanda fissa di ogni manifestazione si colora qui di una sfumatura di sorpresa. I vecchi commercianti del ghetto, ma anche i loro figli quarantenni, quelli che «l’ultima volta che ho pianto è stato per lo scudetto della Roma», pure loro, insomma, hanno occhi lucidi. «Ahò, che te devo dì, mai vista ’na cosa der genere» ammette uno, soffiando commozione dietro il fumo di una Marlboro. E guardano indietro, voltano la testa verso la distesa di bandiere con la stella dello Stato d’Israele, guardano il serpentone di gente che è già arrivata alla Sinagoga mentre la coda sta ancora davanti ai Fori. In fondo, è la prima volta per tutti, padri, figli, nipoti, mai hanno sentito, mai hanno visto tanta gente in piazza per loro e per quel Paese in guerra che qui è «sentito» come fosse dietro l’angolo. Romani, italiani e, per la maggior parte, non ebrei: «Glielo dovevamo, no? Dai tempi delle leggi razziali» sintetizza una signora che è venuta al corteo con il marito. E’ lunedì sera, è «l’Israele Day» lanciato dal Foglio di Giuliano Ferrara con una lettera di Massimo Teodori. Ferrara, Teodori sono circondati, salutati come gli eroi della giornata. Ogni tanto, dai ragazzi del ghetto, parte un coro «Fe-rra-ra, Fe-rra-ra» o «Teo-do-ri, Teo-do-ri», ma per tutti i nomi noti che da subito hanno aderito ci sono mani da stringere, complimenti da ricevere: Paolo Mieli, Carlo Rossella, Gad Lerner hanno addosso le telecamere, i fotografi e, soprattutto, la riconoscenza degli ebrei romani e degli altri, dei cinquanta livornesi arrivati col pullman, di quelli di Trieste che, guidati dal rabbino, si sono svegliati all’alba per esserci e a sera sono già pronti a risalire sull’autobus.
Ci sono anche i politici, certo. La gente li vede, incassa con presumibile soddisfazione la presenza. Niente di più, niente di meno. Il gruppo più numeroso è quello di Alleanza Nazionale, si fa prima a dire chi non c’era: La Russa è proprio dietro lo striscione «Israele deve vivere», Gustavo Selva marcia con i cronisti e, poi, Urso, Landolfi, Ronchi, Bocchino, il responsabile Esteri di An, Marco Zacchera, salutato con affetto da Amos Radian, numero due dell’ambasciata israeliana. Certo ne dimentichiamo qualcuno. Dicono che Gianfranco Fini, in missione all’Estero, si tenga in contatto via cellulare con i suoi che stanno sfilando. Vuole sapere come va. Va. Se non proprio circondati da un caldo affetto, quelli di An marciano come gli altri, come l’altro gruppo, quello di Forza Italia, numeroso, ma non al livello dei finiani. Tra i forzisti, non potevano mancare filoisraeliani da sempre come Livio Caputo, Alfredo Biondi (salutatissimo) e Giorgio La Malfa. Né potevano mancare i radicali, guidati da Marco Pannella imbandierato. Marcia compatta la falange degli ex socialisti, da Cicchitto a De Michelis, a Ottaviano Del Turco. Il ministro Giovanardi, invece, non pare circondato da altri politici e, così pure, D’Onofrio, mentre i ds Umberto Ranieri e Giuseppe Caldarola si cercano e si segnalano l’un l’altro: «No, non è vero che dei Ds sono venuto solo io, c’è pure Caldarola» dice Ranieri. E Caldarola, poche file più in giù: «Non è vero che la sinistra non è presente, ho visto anche Umberto Ranieri».
Per la sinistra, a dire il vero, sfila anche il senatore diessino Franco Debenedetti, ma con lo stile che gli è proprio, vale a dire un po’ per conto suo. Lo accompagna l’economista Fiorella Padoa Schioppa Kostoris: «Era dal ’68 che non partecipavo a una manifestazione - ammette lei -. Per farmi tornare in piazza ci voleva proprio una cosa così, davvero bipartisan». In effetti il corteo offre un singolare mescolarsi di facce che, vent’anni fa, avrebbero marciato in cortei opposti e contrari. L’editore alternativo Castelvecchi e l’ex giornalista del Manifesto Paola Tavella, a due passi da Urso, la scrittrice Gaia de Beaumont, il regista Francesco Rosi, Franca Fossati, ieri braccio destro dell’ex ministra diessina Livia Turco, a un passo da Ignazio La Russa. Il viceministro di An, Adolfo Urso, scherza con il diessino Umberto Ranieri: «Se non sto attento, mi sa che faccio la fine dei miglioristi dei Ds».
Parlano tra loro, quelli che sfilano, perché non ci sono slogan da scandire ma, volendo, silenzio da dividere. «Vedi come siamo diversi, "noi". I "rossi" chissà che cagnara avrebbero fatto» si dicono l’un l’altro due distinti signori dall’accento straniero. Forse israeliani, chissà. Ogni tanto, i ragazzi del ghetto lanciano un canto della tradizione, «Hatikva» o «Am Israel Hae», ogni tanto fende la folla il camion che porta i sassolini da lasciare davanti alla Sinagoga in segno di lutto. La gente prende i sassi e se li porta dietro fino alla fine. E’ sera quando, dal palco davanti al Tempio, organizzatori e promotori prendono la parola: Ferrara, Teodori, gli esponenti della comunità ebraica. Parla anche l’ambasciatore israeliano Ehud Gol e ha parole assai dure per l’Europa. Ma l’applauso più grande, l’ovazione più corale è tutta e solo per ringraziare qualcuno che non c’è. Oriana Fallaci.

la_pergola2000
18-04-02, 14:05
Grazie Erasmus
cercherò il forum europeo.
Criticare la sinistra non vuol dire odiare la sinistra, criticare la sinistra che abbiamo oggi in Italia è uno sport che mi diverte moltissimo perchè non è una sinistra e nella affannosa ricerca della propria identità fa errori a destra e a manca.
Uno quello di aver dato il tema del riformismo al centrodestra, ora i riformisti secondo te dove si dovrebbero trovare?
Se non si fanno discussioni e si critica che cosa dovremo fare? Sbatter discorsi di altri sul WEb come fai tu?
Scrivere ordini come post scriptum come fai tu?
Non so, così si chiude il dialogo, si ferma il dibattito.
Ciao.
A proposito, Ciampi oggi ha difeso Prodi, riportando un pò della sua posizione dopo l'intervista sul Corriere, mi sta bene perchè Ciampi è un buon patriota e non vuol vedere le brutte figure "di un italiano all'estero" Scherzo.

la_pergola2000
19-04-02, 15:59
Caro Erasmus.
finalmente rispondi a tono, ti ringrazio, così il dibattito diventa più interessante e lo svolgimento delle"tracce" diventa più personale e non comprende, se non marginalemte, quello che pensano gli "altri".
Buttarla sulla destra e sinistra, essendo entrambi europeisti mi sembra una forzatura.
Nel mio fervore anarco-radicale, ritengo che chi è al comando non è necessariamente sempre un'aquila,sappiamo tutti come Prodi è al comando della Commissione, toccava all'Italia, e guarda caso ci è arrivato per le note vicende politiche interne.
Toccava alla DC avere la presidenza dell'iri, e guarda caso De Mita ha pensato a Prodi.
Toccava a Prodi fare le privatizzazioni ecc. ecc.
Lascia da parte il mio fervore e analizza come si è comportata l'Europa con Prodi capo della Commissione, pensa che fine farà l'associazione UE-Israele.
Ciampi è intervenuto dopo, non è necessariamente vero che Ciampi la pensa come Prodi, lo scherzo era per te per allentare un pò la tensione, cerca di prenderla come una battuta.
Cerca di pensare più profondamente sul tema del riformismo.
Se analizzi la storia della sinistra al potere dall'inizio del secolo scorso ad oggi, vedrai che ha commesso sempre degli errori fatali a lei e a tutto il movimento democratico.
Le dittature di destra sono nate per errori della sinistra, e non lo dico io, da Chabod in giù c'è tutta una letteratura che lo sostiene.
Nel bipolarismo italiano si sonoinnescate trame e concorrenze che hanno portato la sinistra e pricipalmente il centrosinistra,peculiarità italiana e repubblicana,
a confondersi con l'ipocrisia degli ex PCI, in quanto auocandidatisi alla egemonia, questo ha portato alla centrifugazione delle forze e alla sconfitta elettorale.
Ora, se anche il sindacato si è messo per vincere non vuol dire che sono nel giusto, in quanto le battaglie sono di conservatorismo e di retroguardia.
Per ora ti saluto.

la_pergola2000
19-04-02, 16:13
Caro Erasmus
non penso che Prodi sia un sinistrorso, non l'ho mai detto, anzi penso che Prodi sia un convertito al centrosinistra, fin dai tempi dell'IRI, tanto più che ha accettato con la sinistra demitiana e il PRI a privatizzare le aziende IRI.
Ora però alla UE con iL PSE, a cui deve rendere conto, si comporta in maniera ambigua.
A parte tutto, secondo te come si è comportata la Ue?
Questa non credo che sia una domanda gratuita e antisinisitrorsa.
Ritornando a Ciampi, avrai visto la sequenza degli articoli sul Corriere, avrai letto Romano o no? Avrai visto l'Intervista di Bonanni, avrai letto il "giorno dopo" le dichiarazioni di Ciampi, così si fanno le discussioni.
Il moderatore può fare quello che vuole, tanto è vero che ci mette e ci manda pezzi delle più disparate epoche storiche, quindi è aldisopra delle parti.
Invece gli allegati predisposti di una parte politica o di movimento sono messi apposta per convincere alle tesi del momento.
Gli ordini sono in fondo ai tuoi interventi.
Ciao federalista democristiano.

nuvolarossa
03-06-02, 18:42
Comunità ebraica al voto, vince il centrodestra

Fiamma Nirenstein, della lista "Per Israele", vince la sfida diretta con Gad Lerner per il rinnovo delle cariche nazionali.

ROMA

Cento voti in più. Fiamma Nirenstein, candidata della lista di centrodestra, vince la sfida diretta con Gad Lerner che si era presentato nelle file della lista "Keillah". Si è concluso così lo spoglio per le elezioni dei delegati della comunità ebraica che dal 23 al 25 giugno parteciperanno al congresso in programma nella Capitale.

Tutta la lista "Per Isaraele" ha riportato comunque una netta vittoria ottenendo l'elezione di quattordici delegati su quindici presentati.

Il cartello delle liste di sinistra, la coalizione ''Lulav Israele'', ha invece guadagnato nove delegati: quattro eletti
nella lista ''Keillah'' guidata da Lerner, quattro per ''Yahad'' e uno per ''Rimon''.

La comunità ebraica ieri ha votato per il rinnovo degli 84 delegati al Congresso dell'Unione che, a loro volta, dovranno eleggere i 15 membri del Consiglio dell'Unione e alla fine il presidente nazionale (e si ipotizza una riconferma di Amos Luzzatto).

A far convergere i consensi sulla lista "Per Israele" è stata soprattutto la loro condivisione delle scelte del Primo Ministro Ariel Sharon. ''Abbiamo avuto il coraggio di difendere Israele, di dare voce alla componente ebraica della società civile - spiega Pacifici - La nostra lista sarà un modello anche per le altre comunità, il congresso avrà un nuovo corso e daremo un ritmo nuovo all'Unione delle comunità. Ci auguriamo che Amos Luzzatto venga riconfermato perché è stato l'uomo del dialogo e dell'unità. Tra i nostri impegni c'è soprattutto la richiesta da inoltrare alla Libia e ai paesi arabi, tramite il governo italiano, di richiesta dei beni sottratti agli ebrei costretti a fuggire da quei paesi. Poi penseremo a investire sui giovani".

Victor Magiar, il più votato nelle precedenti consultazioni, riflette, invece, sui perché della sconfitta del centrosinistra. "Per Israele - sostiene - ha saputo interpretare meglio le preoccupazioni dell'elettorato sul Medio Oriente e sul terrorismo. Inoltre, hanno una grande capacità di mobilitazione. La situazione richiedeva un messaggio più forte, loro sono riusciti a darlo".

lucifero
19-06-02, 14:52
http://www.radicalparty.org/israel/eu-bnr468.gif

Vi invito a firmare, su http://servizi.radicalparty.org/israel_ue/appeal/english.php l'appello dei radicali per l'ingresso di Israele nella Comunità Europea.

Ad una passata veloce, fra i 727 sottoscrittori italiani, trovo solo Luciana Sbarbati e Bruno Di Porto.

Gerusalemme, 17 Giugno 2002. Sintesi dell'intervento
di Marco Pannella alla Conferenza stampa "Israele
nell'Unione europea".

"Il problema in Medio Oriente non può risolversi con nuove Monaco e nuove Yalta. Una nuova pace che si fondi solo sulla concessione di territori e di uno Stato nazionale palestinese, governato da un nuovo o vecchio regime antidemocratico e oppressivo delle libertà, non potrà che portare nuova guerra. La nostra posizione era ed è opposta al pacifismo che negli ultimi 70 anni ci ha dato guerra, morte e dittatura.

Non si tratta di cambiare i dittatori o i regimi dittatoriali, totalitari e fondamentalisti, ma di liberare le donne e gli uomini del Medio Oriente da questi e di conquistare per questi popoli e per questi individui la democrazia, né più né meno che per l'Italia e la Germania degli anni trenta e quaranta e per i sudditi dell'impero sovietico fino a pochi anni fa.

Israele è la testa di ponte, il possibile virus della democrazia e della libertà nel Medio Oriente. Dobbiamo perseguire la "israelizzazione" del Medio Oriente per la vita e la libertà di tutte le persone che lo abitano. Tocca all'Europa difendere questa speranza, questo tumore di democrazia e libertà offrendo a Israele l'immediata adesione all'Unione europea. Tocca all'Europa decidere se Israele potrà essere davvero l'annuncio della rivoluzione democratica di liberazione del Medio Oriente dalle varie forme di dittatura che lo caratterizzano. L'Europa porta su di sé la grave responsabilità di scegliere se stare dalla parte dei democratici o dalla parte degli antidemocratici palestinesi, siriani, iracheni,iraniani...

Siamo qui, con il Partito Radicale Transnazionale e Radicali Italiani, da nonviolenti e democratici per lanciare con Israele questa battaglia internazionale difficile da ingaggiare, ma che sarà vinta una volta ingaggiata.

Solo Israele subito nell'Unione europea può dare speranza al Medio Oriente: agli uomini e alle donne di Israele, che appartengono ad una nazione dove democrazia e diritti vivono drammaticamente assediati, ma vivono e si affermano malgrado cinquanta anni di guerra loro imposti; agli uomini e alle donne della Palestina e del Medio Oriente, affinché possano vivere liberi e democratici e non in una dittatura oppressiva".
-----------------------------------------
adesso il link e' funzionante

nuvolarossa
19-06-02, 19:21
ho firmato or ora...l'appello.

lucifero
27-06-02, 23:28
Nous, signataires de ce protocole, décidons : SOME OF THE SIGNATORIES Galina Ackerman journaliste (France) Colette AVITAL Member of the Knesset - Labour (Israel) Roman BRONFMAN Member of the Knesset - Democratic Choice (Israel) Marco CAPPATO MEP, radical (Italy) Raymond COHEN University Professor (Israel) Marc DAUGHERTY Journalist (Israel) Benedetto DELLA VEDOVA MEP, radical (Italy) Gianfranco DELL’ALBA MEP, radical (Italy) Olivier DUPUIS MEP, radical (Belgium) Akiva ELDAR Journalist (Israel) Sami MICHAEL Journalist (Israel) Meir OUZIEL Journalist (Israel) Marco PANNELLA MEP, radical (Israel) Joseph PARITZKY Member of the Knesset - Shinui (Israel) Yasha REIBMAN member of the Regional Council of Lombardy (Italy) Eliezer SANDBERG Member of the Knesset - Shinui (Israel) Luciana Sbarbati MEP, Group of the European Liberal, Democrat and Reform Party (Italy) Alfred TOVIAS University Professor (Israel) Franz Turchi MEP, Union for Europe of the Nations (Italy) Maurizio TURCO MEP, radical (Italy) François ZIMERAY MEP, Socialist Party (France) Olga ZRIHEN MEP, Socialist Party (Belgium)
1. de soutenir la pleine adhésion d'Israël à l'Union Européenne;
2. d'organiser, de soutenir publiquement et d'entreprendre des initiatives concrètes pour promouvoir l'objectif de la pleine adhésion d'Israël à l'Union Européenne, chacun selon nos capacités, nos possibilités et nos ressources;
3. de nous engager à coopérer et à communiquer les uns avec les autres, indépendamment de notre appartenance politique, sociale et/ou de notre credo religieux pour atteindre et/ou discuter notre objectif commun, conformément à ce qui est établi au premier paragraphe de ce protocole;
4. de rendre compte des progrès que nous aurons réalisés, chaque fois qu'une conférence aura lieu pour promouvoir l'objectif commun qui est fixé au premier paragraphe de ce protocole;
5. de nous rencontrer à Jérusalem pour porter à la connaissance de l'opinion publique, de la Knesset et du gouvernement israélien l'objectif qui est établi au premier paragraphe
___________________________________

Perché solo i radicali e la Sbarbati?
Possibile che nessun altro parlamentare (non dico governante...) aderisca?
Qual'è la vostra opinione?

nuvolarossa
27-06-02, 23:45
SOME OF THE SIGNATORIES

questa frase in testa all'elenco e' la risposta alla tua domanda.....elencano solo alcuni dei sottoscrittori....ed evidentemente, tra i tanti, mettono in elenco chi vogliono loro.
Le recenti elezioni (se non ricordo male e' stato eletto Luzzatto) della comunita' ebraica hanno fatto conoscere una cosa che era misconosciuta a moltissimi....e cioe' che vi erano gruppi che si contendevano i voti sia di centro-destra che di centro-sinistra.....possiamo ipotizzare che i sottoscrittori non menzionati in questo elenco non siano funzionali allo schieramento redazionale del sito radicale che vuole dare a questo appello un respiro "transnazionale", come tra l'altro e' giusto, visto l'argomento ?
E allora diventa irrilevante se ci siano in elenco persone che non abbiano una visibilita' di tipo europeo.
Poi naturalmente, condividendo la scelta del sito radicale, non si capisce che tipo di visibilita' abbia l'avere inserito la Sbarbati che e' conosciuta solo nelle Marche; ma forse questo i radicali non lo sanno e si sono fatti imbaccuccare dalla roboante sigla della nostra che si e' posta a capo di un Movimento di Repubblicani Europei.
Uno avanzi e l'altro circondi la foresta!

Per essere dalla parte di Israele ci si puo' limitare anche a firmare qualche appello, in modo da essere elencati alla vista di tutti, ma molto piu' importante e' operare quotidianamente secondo politiche realmente indirizzate alla salvaguardia ed alla tutela della peculiarita' dell'ebraismo.
Come esempio di cio' si porta la frequenza di interventi che la nostra organizzazione repubblicana mette in campo....non ultima quella di questi giorni........cliccare sotto:

http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&postid=139074#post139074

A proposito di Appelli per Israele segnalo questo altro interessantissimo thread.......cliccare qui sotto...:

http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=5546&highlight=luzzatto

lucifero
28-06-02, 00:23
Originally posted by nuvolarossa
SOME OF THE SIGNATORIES
questa frase in testa all'elenco e' la risposta alla tua domanda.....elencano solo alcuni dei sottoscrittori....

penso siano gli originatori.


ed evidentemente, tra i tanti, mettono in elenco chi vogliono loro.
:( , scorrendo l'elenco degli italiani, come dicevo, non ho trovato nessun politico, nessun giornalista (neppure Ferrara, Mieli)



Le recenti elezioni (se non ricordo male e' stato eletto Luzzatto) della comunita' ebraica hanno fatto conoscere una cosa che era misconosciuta a moltissimi....e cioe' che vi erano gruppi che si contendevano i voti sia di centro-destra che di centro-sinistra.....
Non ho visto le ultime liste; tradizionalmente ce n'è una di "sinistra" (keillah), una di centro-sinistra, che una volta governava (con i repubblicani, per es. l'on. Modigliani), una di "Israeliani duri".

La Keillah, che presentava dei "distinguo" nei confronti di Israele, alle precedenti elezioni aveva preso una bella botta. Penso che adesso si siano trovati un po' in difficoltà, con quello che sta succedendo in M.O.
E sono perciò scesi in campo personaggi come Gad Lerner, che non si può certo tacciare di criticismo verso israele, a cui il centro-destra ha contrapposto Fiamma Nirenstein.

Comunque, neppure Gad e Fiamma sono nell'elenco!


possiamo ipotizzare che i sottoscrittori non menzionati in questo elenco non siano funzionali allo schieramento redazionale del sito radicale


Purtroppo no, come dicevo.


Poi naturalmente, condividendo la scelta del sito radicale, non si capisce che tipo di visibilita' abbia l'avere inserito la Sbarbati che e' conosciuta solo nelle Marche; ma forse questo i radicali non lo sanno e si sono fatti imbaccuccare dalla roboante sigla della nostra che si e' posta a capo di un Movimento di Repubblicani Europei.
beh, tutti i MEP sono "Member European Parlament", stesso gruppo ELDR. Quindi vuoi che non la conoscano?
E comunque, a merito della Sbarbati, non ha approfittato per fare pubblicità diretta al MRE...


Per essere dalla parte di Israele ci si puo' limitare anche a firmare qualche appello, in modo da essere elencati alla vista di tutti, ma molto piu' importante e' operare quotidianamente secondo politiche realmente indirizzate alla salvaguardia ed alla tutela della peculiarita' dell'ebraismo.
Come esempio di cio' si porta la frequenza di interventi che la nostra organizzazione repubblicana mette in campo
certo, ma proprio per questo mi chiedo perché i tanti presenti alla marcia "Israele deve vivere" possano non condividere anche questo appello (pur ammettendo la sua probabile difficoltà pratica in questo momento).

Garibaldi
28-06-02, 10:20
datemi mille garibaldini e Arafat lo convinco a passare dalla parte di qua!?!?!!?!?

kid
28-06-02, 11:06
confessata la mia simpatia per la posizione di Garibaldi, io ho qualche dubbio sulla proposta dei radicali sottoscritta dall'onorevole Sbarbati. Perchè Israele dovrebbe aderire ad una Ue che non ha il coraggio di condannare Hezbollah come terrorista? Meglio che alcuni paesi Ue aderiscano ad Israele.

nuvolarossa
28-06-02, 18:39
Benvenuto a Tertulliano sul Forum dei Repubblicani Italiani

nuvolarossa
11-08-02, 12:22
Originally posted by nuvolarossa 19-06-2002
ho firmato or ora...l'appello.

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ho controllato...dopo circa due mesi dalla firma dell'appello ....... ...l'elenco e' arrivato a 4156 firme....tra cui anche la mia del 19 giugno scorso.......evidentemente nella stesura del primo elenco citato da lucifero il 19-06.....il sito radicale aveva evidenziato i nominativi maggiormente conosciuti....e non quelli.....che fanno semplicemente......truppa

http://www.google.it/search?q=cache:QL_T_fjt3LwC:servizi.radicalparty.o rg/israel_ue/signator/signatories.php&hl=it&ie=UTF-8

nuvolarossa
18-08-02, 00:25
tra i firmatari dell'appello molti sono quelli che hanno lasciato un breve messaggio a commento.........per una lettura di questi messaggi clicca.......:

http://servizi.radicalparty.org/israel_ue/appeal/all_signatories_message.php

nuvolarossa
29-08-02, 22:07
VISIONA DIRETTAMENTE L'ARTICOLO (http://www.morasha.it/zehut/glt01_eticaebraica.html)
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L'impatto dell'etica ebraica nella politica italiana

Giuliana Limiti

La larga bibliografia sull’argomento richiederebbe un approfondimento assai più vasto di una lezione.

Chi vi parla, discepola e figlia spirituale di Ugo Della Seta, il mazziniano romano intransigente che ha testimoniato, per tutto il periodo del fascismo, che l’etica ebraica e mazziniana costituivano un unicum ideale da salvaguardare per le future generazioni, si è occupata di queste problematiche sin dal 1945-46.

Come studiosa è del 1960 il mio saggio su Valutazione pedagogica del trattato ebraico Pirké Avoth (ne: I Problemi della Pedagogia, n.1, 1960, pp.365-380) che ebbe l’onore di una favorevole recensione del Rabbino Dante Lattes, dal quale molto ho appreso sull’etica ebraica.

Il tema si può affrontare da tre aspetti metodologici diversi. Il primo sarebbe di percorrere storicamente le tappe della persecuzione, della discriminazione anti ebraica e della sua emancipazione; il secondo sarebbe di cogliere il senso e l’apporto della partecipazione degli ebrei alla politica e alla storia d’Italia; il terzo, che cercherò di seguire, è l’influenza dell’etica ebraica nella politica italiana.

La mia lezione sarà centrata sul Risorgimento, perché da qui nasce la cultura politica italiana moderna ed il notevole contributo degli ebrei al processo di unità, di indipendenza, di progresso, di libertà, al riscatto nazionale che è coinciso, non a caso, con il loro riscatto.

Basti pensare cosa ha significato nel Piemonte, nel Regno di Sardegna, lo Statuto Albertino del 1848 che poneva gli ebrei, i valdesi, come "regnicoli", in una posizione di eguaglianza di fronte alla legge, nonostante i molteplici concordati con la Chiesa Cattolica che avevano segnato la loro discriminazione ed umiliazione. Un eco di questo impatto lo si può ancora constatare nella visita alla Sinagoga di Torino ove il ricordo del Re Carlo Alberto è inciso nella intitolazione di stanze, di ricordi, di epigrafi. L’interpretazione evolutiva dello Statuto Albertino subito assunta dal Parlamento subalpino e da Camillo Cavour (che aveva un segretario personale ebreo) legò alla rappresentanza politica l’attuazione, con il Re, dei Principii dello Statuto stesso. Esso costituì l’intelaiatura costituzionale che caratterizzerà man mano la politica cavourriana fino alla unificazione italiana del 1861. Poi della conquista di Roma come Capitale d’Italia, nella legislazione statuale moderna che portò, nel 1876, alla parità del bilancio dello Stato. Questa intelaiatura costituzionale durerà fino al 2 giugno 1946, quando il popolo italiano sceglierà la forma istituzionale repubblicana e l’Assemblea Costituente discuterà la nuova Costituzione. Ma l’ictus operato dal fascismo, con l’accordo e la complicità del Re, allo Statuto Albertino, sia nel 1931 con la richiesta ai professori universitari del giuramento di fedeltà al fascismo, sia, soprattutto, nel 1938 con la legislazione razziale antiebraica, ruppe in modo ireversibile quella costituzionale intelaiatura, rinnegandola nei principi costitutivi di libertà. Per fortuna, nel 1946, il popolo italiano se lo ricordò e votò per la Repubblica.

Il principale contributo alla coscienza nazionale italiana, sul piano delle idee ed in particolare dell’etica, emerge nella figura e nel pensiero di Giuseppe Mazzini che nella religiosità del suo pensiero politico, nell’aspirazione alla libertà ed alla giustizia, pose la centralità della coscienza, per operare per il bene comune senza compenso, nell’uguaglianza di ogni uomo come creatura di Dio, nel quadro di una fraternità universale.
Nell’educare al senso di appartenenza ad una identità comunitaria, ad una identità nazionale, europea ed universale, Giuseppe Mazzini operò nella doverosa memoria del passato e nella religione del dovere verso Dio, verso sè stessi e gli altri. Giuseppe Mazzini ebbe come amici, collaboratori e fratelli negli ideali ebrei come Elia Benamozek, la cui lettera a lui diretta orna l’ufficio romano del Rabbino Toaff, ove si parla della fratellanza con il popolo ebraico e la sua tradizione morale. Nella famiglia Nathan, Mazzini a Londra trovò ambiente fraterno ed amichevole (Ernesto Nathan sarà poi suo l’esecutore testamentario, discepolo, e continuatore ideale nel giornalismo mazziniano oltre che nel governo della cosa pubblica come Sindaco di Roma). La famiglia Rosselli imparentata con i Nathan, nella ospitale casa a Pisa, confortò Mazzini malato che morì il 10 marzo 1872. Quella casa (Domus Mazziniana) è ora la più grande biblioteca e il centro morale degli studi mazziniani.

L’influenza tra ebraismo e mazzinianesimo fu reciproca.

Infatti Teodoro Herzl, si richiamò a Mazzini, nell’elaborare l’idea di nazione ebraica. Lo Stato di Israele a questa tradizione politica, oltre che all’Olocausto, si è richiamato e si richiama.

Il Risorgimento italiano e il mazzinianesimo in particolare offrirono agli ebrei non soltanto il riconoscimento e il sentimento dell’eguaglianza, ma anche la piattaforma per la loro partecipazione politica. Cosa ha significato Daniele Manin a Venezia nel 1848 con il suo ministro delle finanze Maurogònato, nell’inalberare la fierezza della identità veneziana ed italiana (ed ebraica) nella lotta per la libertà e l’indipendenza; così come la Repubblica Romana del 1849 ed il Triunvirato, ove per la cui difesa Giacomo Veneziani moriva e Gustavo Modena e la moglie, insieme al fior fiore della gioventù italiana, dava l’esempio di come una Repubblica dovesse attuare in ogni suo atto, il principio della virtù e del progresso, l’attestano le storie e i sacrifici.

Fu nel periodo dell’unificazione italiana e del Risorgimento che Luigi Luzzatti e Sidney Sonnino divennero primi ministri, realizzando, nell’ottica del liberalismo sociale, il riscatto dei contadini, come nella tradizione ebraica, difendendo la piccola proprietà ed organizzando un sistema di banche popolari per il credito. Fu sotto la loro presidenza che fu realizzato, con leggi dello Stato ed azione pubblica, il principio dell’istruzione elementare obbligatoria, fortemente contestato e negato dalla Chiesa Cattolica.

Ernesto Nathan, mazziniano convinto, riprese durante il periodo del suo Sindacato di Roma, la battaglia della formazione "educativa dei giovani per preparare il cittadino cosciente della vita amministrativa e politica del paese: il soldato valoroso nella difesa della patria: l’uomo probo nella lotta contro il malcostume, l’alcolismo, il delitto: il contadino intelligente per il progresso agrario della nazione: l’operaio abile nella concorrenza internazionale della produzione e del lavoro". (1)


Ernesto Nathan, La morale nell’insegnamento pubblico. In Nuova Antologia, 16 luglio 1907, pag. 270.



Nathan, pur lottando contro la massima delle vergogne nazionali, l’analfabetismo, sposta l’ottica in una concezione dello Stato che, cosciente della sua missione civile, avoca a sè stesso il dovere di impartire l’istruzione e l’educazione elementare al fine di sviluppare e formare le facoltà individuali, colmando la sperequazione fra istruzione ed educazione, tra mente e cuore. In quest’ottica propone che, tra le altre materie, si aggiungesse l’insegnamento dell’etica professionale. Nell’illustrarla la definisce anche etica pubblica, tecnica, civile, affinché si chiarisca la discriminazione tra il lecito e l’illecito, nell’esercizio professionale di ogni mestiere, da quello artigianale, commerciale, industriale, alle professioni libere o dotte, nelle scienze naturali, nella letteratura, nella politica. Un insegnamento di etica che non coincida con la morale che si insegna nelle scuole e nelle chiese, ma che si fondi sui principi della rettitudine, della verità, dell’onestà, della precisione, dell’ordine, dell’assiduità, della solidarietà. Precisò Nathan: "non la morale cristiana, nè l’ebraica né la maomettana, né la buddista, - non la rivelazione cristallizzata in un libro sacro, sia di Rama, di Krishner, di Hermes, di Mosè, di Pitagora, di Platone, di Cristo o di Maometto; la morale, invece, che, filtrando attraverso i vari strati della civiltà, diffusa dalle varie rivelazioni religiose, sta a sé, patrimonio laboriosamente acquistato attraverso infinite lotte e sacrifici dalla umanità, e, come tale, dall’opera incessante degli uomini e dei secoli consolidata, diffusa, ingrandita, - la morale che al pensiero giusto associa l’azione giusta e cielo alla terra unisce, entrambi collegando in virtù della legge che governa l’essere e connette il finito coll’infinito, - la morale che nell’aspirazione al progresso e nell’opera individuale per conseguirlo ravvisa il premio e la pena, ora e poi, - la morale a tutte le fedi aperta, la lenta, quasi inavvertita crescita ed il risveglio graduale della coscienza umana attraverso i secoli, che dall’istinto gregario dei bruti, sublimato ed affinato nell’uomo in guisa da ispirare ad amore ed a fraternità i comuni rapporti, accetta consapevolmente a norma di vita il dovere, ispiratore del diritto, della sua legittimità arbitro e giudice" (op.cit.pag.277).

Era la realizzazione della dignità dell’uomo attraverso un lavoro onesto, non della volgare onestà che si astiene al portar via denaro o roba per timor del codice penale in questo o nell’altro mondo, ma della onestà vera, legata alla dignità personale e professionale, ad un’etica sociale che avrebbe consentito il progresso civile e l’esercizio della doverosità civile come uomo e come lavoratore. Si trattava, in un certo senso, di richiamare "moralità intravvedute e predicate dai grandi veggenti dell’umanità, divulgate e volgarizzate attraverso la successione delle forme religiose, penetrate nella coscienza civile, quali verità indiscutibili, inseparabili dalle condizioni di convivenza sociale, riconosciute come estrinsecazioni di una suprema legge — quelle, spogliate da ogni formale ritualità o individualizzazione religiosa, hanno eletto domicilio in terra e sono riconosciute parte integrante, necessaria dell’uomo, quella che esercita o dovrebbe esercitare influenza determinante in tutte le azioni della sua vita" (op.cit.pag.283).

E tale etica professionale delle varie specializzazioni è atta a plasmare ed indirizzare la formazione e i caratteri, a seconda degli uffici a cui ciascuno è chiamato "dal professore allo spazzaturaio, dal deputato esperto nei negozi politici al bottegaio esperto nei negozi commerciali". L’etica è strettamente collegata ai doveri che la via prescelta impone agli individui e alla società.

Ernesto Nathan dichiarò che le idee su questi argomenti "non sono originali, farina del mio sacco; sono una piccola e semplice derivazione, applicata al fatto pratico, dei doveri dell’uomo di Giuseppe Mazzini. Fu egli — continua Nathan — ad affermare che per salire in cielo imposta santificare la terra; egli ad indicare come il diritto non sia che la conseguenza di un dovere compiuto; egli a riassumere la legge di eterno progresso che ci governa, nel motto "Dio è Dio, l’umanità è il suo profeta"; egli a dimostrare come sia sterile il pensiero senza l’azione, anarchica l’azione senza il pensiero; egli a voler equilibrio fra facoltà intellettuali e facoltà morali, fra mente e cuore; egli soprattutto a distinguere fra la religione eterna che sorge nel petto umano e le religioni che, compiuto il loro ciclo, adempiuto alla loro missione, lentamente si disfanno per confondersi colla polvere del tempo. Immedesimare negli insegnamenti quei fecondi pensieri, come gli altri più facili e diretti per le scuole elementari, è rendere il dovuto omaggio al pensatore, patriota ed educatore, per quanto non possa essere in armonia coi predicati, a suon di barricate e di rivoluzione, pronunciati da coloro i quali rivendicano il monopolio della sua successione educativa. E bisognava dirlo in omaggio alla verità ed al grande pensatore".

Come si può notare la prosa di Nathan, nel ricordare Mazzini, assume afflati sentimentali di legame filiale, soprattutto sotto l’aspetto etico. E tuttavia quando due anni fa si è voluto ricordare il centenario di Nathan in Campidoglio, dal Comune di Roma, a trattare questo argomento il Comune chiamò un frate che di Mazzini non aveva capito nulla.

La derivazione mazziniana del Sindaco Nathan si concretò anche nella politica amministrativa a Roma (1) nei principi di giustizia tributaria fondati nel riconoscimento del diritto e della libertà della proprietà privata e nell’utilità pubblica. Si trattava di fare in modo che case fossero costruite negli spazi scoperti. Se i privati proprietari non volevano costruire non si poteva costringerli ma li si invitavano a valutare il terreno secondo il proprio criterio finanziario. Il Comune si riservava la facoltà di acquistare la proprietà privata al prezzo dai proprietari fissato. Se però intendevano tenere inoperoso il terreno e il Comune non ravvisava la convenienza di esercitare il diritto di opzione, si doveva pagare la tassa del 3% sul valore fissato dai proprietari: era il contributo da dare per non voler adempiere al dovere di edificare. Questo criterio di soddisfare i legittimi bisogni della collettività senza spogliare l’individuo costituì uno dei fondamenti mazziniani della riconosciuta funzione della proprietà privata e dei doveri che ad essa debbono accompagnarsi.

Era sindaco di Roma Ernesto Nathan il 17 marzo 1911, quando ricorreva il cinquantenario della proclamazione di Roma Capitale avvenuta per iniziativa di Cavour al Parlamento di Torino nel 1861. Si era deciso di organizzare una grande Esposizione d’Arte internazionale per una degna commemorazione della data. L’Esposizione, nella triplice manifestazione archeologica, architettonica e di belle arti, si svolse efficacemente sia sul piano del trionfo artistico che dell’affermazione dell’italianità e della libertà. Ancora oggi godiamo dei frutti cui diede vita quella Esposizione Artistica internazionale (Museo archeologico nazionale alle Terme Diocleziane, il Museo medioevale a Castel Sant’Angelo, il Monumento a Vittorio Emanuele II, il Museo d’Arte Moderna a Valle Giulia, la sala concerti all’Augusteo, il Ponte del Risorgimento, la ferrovia ed il pontile di Ostia, le borgate rurali con le costruzioni delle scuole e delle delegazioni rurali con i medici condotti, le municipalizzazioni della luce, dei trams, del frigorifero, delle affissioni, ecc.) Essa ebbe l’ostruzionismo e il boicottamento da parte Chiesa Cattolica che diffuse la notizia che il colera aveva colpito Roma e per dimostrare questa falsa notizia divulgava la fotografia degli operai che lavoravano al Monumento a Vittorio Emanuele II a Piazza Venezia distesi, nelle ore di siesta, per riposare, come persone morte di colera e là abbandonati… per scoraggiare la gente a venire a Roma! Il colera apparso in qualche caso, enormemente esagerato dai male intenzionati, e vigorosamente combattuto, circoscritto e domato dall’Ufficio d’Igiene.

Ernesto Nathan, L’amministrazione popolare al Campidoglio. In: Nuova Antologia, 1 marzo 1914, 254, 36.


Ben diverso il comportamento del Governo italiano per il rispetto di eventi religiosi cattolici ieri e oggi!

Tutta l’azione amministrativa mirò all’applicazione della legge sull’istruzione obbligatoria ed alla fame delle popolazioni agricole per l’istruzione, nella impotenza dello Stato e dei Comuni. Si aprirono circa centocinquanta asili d’infanzia "per sottrarre i piccoli fanciulli dagli inconvenienti morali ed igienici derivanti dalla casa mal curata e dalla strada mal frequentata", ai quali si somministrava anche la refezione scolastica. Il problema della scuola civile e laica si imponeva come una necessità primaria. Una scuola "laica per il profondo sentito rispetto alla religione, alle varie fedi religiose, alla libertà di coscienza, che impone la sottrazione di ogni insegnamento rituale dal potere pubblico affinché rimanga nel dominio assoluto dell’individuo e della famiglia a cui appartiene; civile perché la morale, il dovere personale, la virtù civica, sostrato comune a tutte le religioni, per quanto diversa si voglia l’origine, siano materie d’insegnamento educativo, e, nel campo del bene, uniscano insieme i seguaci di tutte le fedi, da quelle sorgenti in oriente, a quelle tramontanti in occidente".

Quanto lontani da questi principii le cosiddette riforme scolastiche dei nostri tempi che hanno scacciato la cultura della scuola e dato alla Chiesa Cattolica finanziamenti che neppure i ministri della Pubblica Istruzione cattolici diedero.

In relazione al principio della libertà di coscienza che il 20 settembre 1870, con la breccia di Porta Pia e con Roma riconosciuta Capitale d’Italia, si rese possibile, è da notare il discorso che Nathan pronunziò a Porta Pia, nel 1910, per esprimere "il consenso, la soddisfazione, la gioia dei romani, espressi nel plebiscito, per la loro liberazione dal dominio Pontificio e la loro unione ai fratelli d’Italia". Il Pontefice lanciò una formidabile scomunica quale risposta. Si poneva sempre più evidente il contrasto tra i doveri verso la Patria, il consorzio civile e l’avvenire e le pretese papali che ribadivano l’appello agli stranieri (alla lega austriaca in particolare) per rientrare in possesso del dominio temporale.

L’idea mazziniana della Terza Roma, dopo quella dei Cesari e dei Papi, si fondava su un processo di educazione civica e la cerimonia in Campidoglio, introdotta da Nathan, per premiare gli allievi più bravi delle scuole di Roma, nel giorno celebrativo dello Statuto Albertino, che ogni anno si svolgeva, costituiva una tappa di riconoscimento del ruolo della cultura nell’educare gli animi ad essere italiani. Ai giovani si regalavano libri, si davano attestati, li si riconosceva cittadini ai quali affidare i destini della Patria.

In questo processo di unione di libertà e di italianità, gli ebrei italiani si sentirono patrioti, integrati, italiani, partecipi dei comuni destini.

In questo contesto il completamento del Risorgimento nel processo di unificazione vene svolto nel 1915-1918 dalla chiamata alle armi nella prima guerra mondiale ove il popolo italiano tutto, i sardi di Lussu e gli alpini e i fanti di ogni parte d’Italia, i granatieri piemontesi, gli ebrei (che spesso erano andati volontari), si unificarono nel dolore e nella sofferenza. Se si riflette sul rapporto tra i morti, i feriti, le medaglie d’oro ed al valore presi, durante la prima guerra mondiale, dai cittadini italiani di religione ebraica, si noterebbe l’enorme contributo dato da questa minoranza d’italiani; il più alto rispetto alla popolazione.

La guerra mondiale contribuì all’unione spirituale degli italiani fondata sui sacrifici.

Gli errori dei socialisti massimalisti che, non compresero il ruolo svolto dalla guerra ed attaccarono i reduci come nemici e contribuendo a far in modo che il sentimento nazionale, degradasse in nazionalismo, portarono diversi ebrei a divenire fascisti…. ma il fascismo, se ne accorsero a proprie spese e vite, non era l’Italia.

La sintesi di questo percorso reciproco dell’impatto dell’etica ebraica nella politica italiana e della partecipazione degli ebrei ad essa è il testo "Ebraismo ed italianità di Nello Rosselli" scritto nel 1924 prima del delitto Matteotti. In questo testo Nello Rosselli rivendicò il suo essere ebreo in quanto intensamente assetato di religiosità, in quanto indistruttibile in lui la coscienza monoteistica ed il senso della responsabilità personale e quindi della ingiudicabilità da altri che dalla propria coscienza, perché considerò con ebraica severità il compito della nostra vita terrena e con ebraica serenità il mistero dell’oltretomba, perché ama tutti gli uomini come in Israele si comanda di amare, come anzi in Israele non si può non amare, perché ha un senso profondamente religioso della famiglia. Nello anche se non andava al tempio il sabato, se non conosceva l’ebraico e non osservava alcuna pratica di culto, teneva al suo ebraismo e voleva tutelarlo da ogni deviazione. Egli scrisse: "oggi, diciamo pur francamente quanto sta nel cuore di molti, la pratica della nostra religione si distacca continuamente dalla Nazione di cui ci sentiamo figli, anzi serve precisamente a questo. Noi vogliamo accordare la religione con la realtà della nostra vita; la realtà, questa realtà, per molti di noi è qui, non è fuori di qui, non può essere che qui. Bando agli equivoci dunque. Ciascuno interroghi se stesso e trovi la sua vita…. Gli ebrei integralisti trovano la loro pace, o cercano la loro pace in Sion. E anche noi, e anch’io, devo trovare la mia pace, la serenità della mia vita. Essa non può trovarsi che dove sono le fondamenta della mia individualità: nell’ebraismo e nell’italianità".

Ebraismo ed italianità. Come nel Risorgimento. In Italia intanto il fascismo perseguiva con la complicità del Re, l’itinerario dell’antirisorgimento. L’anno della riportata dichiarazione di Nello Rosselli è lo stesso dell’assassinio di Giacomo Matteotti. La Chiesa Cattolica nel 1929 otterrà dal fascismo i Patti Lateranensi che affideranno allo Stato, tra l’altro, l’incarico di braccio secolare nei confronti delle persone dalla Chiesa condannate. E’ il caso dell’art. 5 di quei Patti che costringerà lo Stato a mandar via dall’Università o da altri uffici pubblici quei sacerdoti, come l’illustre storico del cristianesimo Prof. Ernesto Buonaiuti, che in quanto condannati dalla Chiesa non potevano avere più rapporti con i cittadini, anche se avevano vinto una cattedra universitaria. Nel 1931 con l’obbligo del giuramento di fedeltà al fascismo per i professori universitari in base al decreto legge 26 agosto 1931 n.1227, la cultura italiana, nella maggior parte mostrò mancanza di dignità e di carattere. Sia il Papa Pio XI, sia Benedetto Croce, sia Palmiro Togliatti, invitarono a giurare fedeltà al fascismo con la riserva mentale. Solo dodici professori ordinari e molti liberi docenti, tra i quali Ugo Della Seta, non giurarono. I loro nomi dovrebbero essere incisi in ogni Università dello Stato per richiamare alla eticità professionale e alla coerenza della dignità scientifica e personale. Essi furono: Ernesto Buonaiuti, Mario Carrara, Gaetano De Sanctis, Giorgio Errera, Giorgio Levi Della Vida, Fabio Luzzatto, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Edoardo Ruffini, Francesco Ruffini, Lionello Venturi e Vito Volterra. Costoro salvarono la dignità della cultura italiana. Di questi cinque erano ebrei. La dignità della cultura nazionale si salvò anche per loro.

Nel 1937 vennero assassinati Nello e Carlo Rosselli, le cui vite erano ispirate all’etica ebraica, originando il secondo Risorgimento, in particolare il Movimento di Giustizia e Libertà: "Oggi in Spagna domani in Italia" rievoca l’augurio, l’anno prossimo a Gerusalemme, pronunziato spesso anche in condizioni di schiavitù.

L’Italia ufficiale rinnegava lo Statuto Albertino, l’eredità del Risorgimento, l’educazione mazziniana, l’apporto ebraico all’esistenza dell’Italia come Nazione e come Stato. Le leggi antiebraiche del 1938 costituirono la rottura e la smentita dell’intelaiatura costituzionale dello Statuto, il doloroso distacco dal tessuto vivo della Nazione di cittadini italiani ebrei che avevano onorato l’Italia in ogni campo. L’entrata in guerra dell’Italia nel 1939, accanto alla Germania nazista, completò il processo di allontanamento alle origini liberali della Nazione. Tra gli italiani esuli politici negli Stati Uniti d’America si costituì per volontà di Lionello Venturi (uno dei professori che non giurarono fedeltà al fascismo), di Gaetano Salvemini, di Max Ascoli, di Carlo Sforza, di Randolfo Pacciardi e di tanti altri illustri antifascisti, la Mazzini Society per ricostruire la piattaforma di riforme liberali e democratiche, una volta liberata l’Italia dal nazifascismo, per dare alle diverse matrici politiche italiane la possibilità di dialogo e di proposta. Non è un caso che lo stesso Don Luigi Sturzo, fondatore nel 1919 del Partito Popolare italiano, aderì ad essere tra questi italiani che non si davano per vinti, negli Stati Uniti.

Dal 1943 al 1945 assistemmo alla deportazione di migliaia di cittadini italiani ebrei condotti allo sterminio. Anche a Roma, il 16 ottobre 1943 la deportazione di vecchi e bambini, uomini e donne innocenti, colpevoli solo di essere ebrei, strappati alle loro case e portati nei campi dell’olocausto, si svolse nel colpevole silenzio di tutti, anche di Pio XII che poteva rivolgere almeno una preghiera, una solidarietà. Nulla disse! Il silenzio fu d’oro, come il pesce che è all’ingresso, a Gerusalemme, del Museo dell’Olocausto.

Quella tragedia è anche una tappa di riflessione etica.

Quando nel 1962 venni chiamata a Varsavia a fare la relazione sull’insegnamento della Resistenza, nel primo Convegno europeo delle Associazioni antifasciste, scrissi chiaramente che noi avevamo lottato il fascismo per essere liberi, per avere la possibilità della conoscenza della verità, nella dialettica delle idee, e mi dichiaravo contraria all’insegnamento della Resistenza come tale, staccato dal contesto della storia e dell’insegnamento di questa sulla base dei documenti e della scientificità dei suoi metodi e della sua ricerca. Avevamo lottato il fascismo per non avere una ideologia o storia di regime. Ma quella posizione, che ribadisco, si scontrava con una realtà europea divisa in due blocchi, ove il blocco comunista era portato ad esasperare un aspetto della lotta antifascista nella quale aveva partecipato, anche se non è da dimenticare che Stalingrado non annullava il trattato nazista-sovietico Molotov-Ribbentrop! Rimasi isolata allora. Oggi invece si richiamano quelle idee.

Affinché non si ripetano gli orrori del passato, occorrono non solo i giorni della memoria, ma la conoscenza e lo studio della storia e della filosofia che, purtroppo, recenti riforme scolastiche hanno, di fatto, bandito.

L’Italia che è profondamente cambiata nella pluralità religiosa, razziale, etnica, è tuttavia ancora legata a rapporti concordatari con il Vaticano che la cattolicissima Spagna, ritrovata la libertà dopo il franchismo, ha da tempo superato.

Assistiamo alle metamorfosi di una Chiesa Cattolica che da un lato con il Concilio Vaticano II annulla le mortificazioni, le condanne e le discriminazioni verso gli ebrei, da l’altro con nuove encicliche e richiami alla sua dottrina della fede, riporta all’egemonia cristiana che, non dimentichiamolo, fu all’origine dell’antisemitismo, nonostante le domande di perdono dell’attuale Pontefice.

Il tema dei rapporti dello Stato con la Chiesa Cattolica attraversa, come è noto, la storia d’Italia e resta come anacronistico fardello, in tempo di globalizzazione, per l’attuazione della libertà religiosa, della civile tolleranza e rispetto di ogni religione. Ricordiamo che fu Federico II (1194-1250) con le Constitutiones regni utriusque Siciliae (1231) che offrì la piattaforma di uno Stato (Monarchia assoluta e centralizzata) garante della tolleranza con ebrei ed arabi. Federico II venne dalla Chiesa Cattolica scomunicato e nella lotta che si accanì verso la sua tolleranza, si venne a creare il Partito Guelfo (Pars Ecclesiae) che lo considerava eretico e il Partito Ghibellino (Pars Imperii) per difenderne le ragioni di civiltà. E’ la dialettica che ha caratterizzato la vita politica in Italia per secoli evidenziando il ruolo di garanzia che lo Stato era chiamato ad assolvere. Quando l’attuale Papa Giovanni Paolo II entrò, per la prima volta, nella Sinagoga Romana, il Presidente della Comunità Israelitica italiana, Prof. Giacomo Sabban, nel salutarlo, ricordò con legittimo orgoglio che gli ebrei erano a Roma da oltre duemila anni avendo legato la loro sorte alle vicende dell’Impero Romano. I divieti nei confronti degli israeliti cominciarono quando l’Impero Romano divenne cristiano. Dapprima fu loro impedito di possedere schiavi cristiani, di contrarre con loro matrimonio, di rivestire cariche pubbliche, di esercitare l’avvocatura e il servizio militare. In tutto il medioevo, dovettero affrontare conversioni forzose, espulsioni ed altro, secondo le circostanze. Si aggiunse l’obbligo di un contrassegno giallo da portare sul petto (Concilio Lateranense IV del 1215) e l’obbligo di residenza entro il ghetto. Furono solo le necessità creditizie che spinsero quasi tutti gli Stati preunitari a concedere il diritto di soggiorno agli ebrei. Ciò nonostante gli israeliti, fedeli alla Torà, agli studi, continuarono, pur nelle ristrettezze di vita, a testimoniare la loro intelligente arte di saper vivere e sopravvivere nella lotta e nella speranza di libertà.

Riprendendo il filo del discorso, dopo l’Olocausto, dopo la fine della seconda guerra mondiale, il popolo italiano fu chiamato a scegliere la forma istituzionale e l’Assemblea Costituente per rinnovare il Patto Nazionale, infranto con le violazioni dello Statuto Albertino. Per la prima volta votarono anche le donne. Il popolo italiano scelse la forma istituzionale repubblicana sognata da Giuseppe Mazzini. All’Assemblea Costituente tre figure ebraiche possono essere viste come punto di riferimento etico. Dopo ventidue anni di carcere passati sotto il fascismo, Umberto Terracini, venne chiamato a presiedere l'Assemblea Costituente. Fine giurista, disse di lui Vittorio Emanuele Orlando, si dimostrò Presidente nato. Tornato dall’esilio, Emanuele Modigliani che nel 1924 nell’aula di Montecitorio rivolgendosi a Mussolini, per il delitto Matteotti, aveva gridato: "tace, è complice", rimase testimone muto all’Assemblea Costituente per la malattia che non gli consentiva di parlare: la sua stessa presenza però richiamava quell’antica e vera accusa. Infine Ugo Della Seta, il mazziniano romano che scelse la solitudine e la povertà per non rinnegare i suoi ideali inviato all’Assemblea Costituente con un consenso di voti elevatissimo che difese la libertà di coscienza violata dai Patti Lateranensi, mostrando il carattere bifronte nei confronti di questa libertà che la Costituzione andava concretando. Egli fu la voce che smascherò gli equivoci di Patti innaturali che si andavano introducendo nella struttura costituzionale repubblicana.

Come ho detto all’inizio, sin da adolescente, accompagnando il mio maestro Ugo Della Seta, ho partecipato ad eventi che hanno segnato la mia vita. Ricordo ancora quando fu riaperta la Sinagoga per la prima volta dopo la deportazione. Officiava il Rabbino Prof. Prato. I presenti invocavano i nomi dei deportati, il Rabbino stesso quello di sua figlia. Sono momenti, sensazioni, che non si possono dimenticare! Così quando venne inaugurata la lapide, dettata da Ugo Della Seta che ricordava gli oltre duemila ebrei romani deportati il 16 ottobre 1943. E quando si passò sotto l’Arco di Tito con i soldati della legione ebraica e i sopravvissuti dalle persecuzioni. Secoli di storia rivivevano nei nostri cuori.

In questo clima si venne a costituire l’Associazione Italia-Israele, come libera volontà di amici, prevalentemente non ebrei, appartenenti ai partiti antifascisti, che intendevano seguire la formazione dello Stato di Israele. Essa costituiva una élite di persone che si assumevano il dovere morale di non lasciar soli i sopravvissuti. Il primo Presidente fu Luigi Einaudi che, assumendo nel 1948 la Presidenza della Repubblica, fu nominato Onorario. Poi vi furono Ferruccio Parri, il senatore Caleffi, il senatore Dal Falco, il senatore Cifarelli.

Non bisogna dimenticare che per molti anni, oltre la Chiesa Cattolica e la destra estrema, furono i sindacati e la sinistra a colpevolizzare lo Stato di Israele e la sua politica, nonostante il voto favorevole dell’URSS per farlo nascere. La logica della guerra fredda, l’anti americanismo, i legami strettissimi tra i palestinesi ed il mondo del terrorismo, la cieca passionalità di classe, portarono a manifestazioni violente di cui fu vittima, tra l’altro, il piccolo ebreo romano Tachè. Ci fu un periodo che anche coloro che si erano dichiarati amici dello Stato d’Israele, si defilavano. Quella dissennata politica della sinistra si ripercosse anche su taluni ebrei italiani. Umberto Terracini ed Eugenio Reale che avevano aderito all’Associazione Italia-Israele furono di fatto isolati. Mi sia consentito di ricordare l’opera costante che in questa Associazione di cui sono stata segretaria, ebbero il Prof. Aldo Garosci e la moglie e il Prof. Bruno Zevi. Man mano che montava il terrorismo e l’ostilità della sinistra nei confronti di Israele, con la nuova strategia dell’intifada palestinese, l’Associazione Italia-Israele trovava difficoltà ad operare. Parecchi si defilavano.

Sono lieta ed onorata di aver potuto ad Ancona, affrontare a viso aperto le insidie e le falsità di Mons. Capucci. Egli nonostante la generosità della grazia concessagli da Israele per la condanna del tribunale per i reati di commercio di armi e di denaro, sollecitata dal Papa Paolo VI con la promessa che si sarebbe ritirato a vita privata e non avrebbe più partecipato alla politica del medio oriente, andava in giro per l’Italia facendosi osannare da autorità e sindacati, in nome di una giustizia di cui era stato per primo il negatore. Fu dopo questo dibattito organizzato dal Rotary Club di Ancona che Mons. Capucci uscì dalla scena politica. La cassetta registrata venne mandata in Vaticano per dimostrare la mancata promessa! Capucci sfruttava una situazione politica italiana ambigua e metteva in discussione la stessa credibilità di un grande Papa quale fu Paolo VI.

Nel giugno 1983 la Fondazione Nansen di Oslo prese l’iniziativa di costituire un Comitato internazionale di esperti per un’indagine sull’antisemitismo. Venni invitata a svolgere la relazione su L’UNESCO e l’antisemitismo. Alla fine dei due giorni di discussione, venne redatta la Dichiarazione di Oslo del 1983, nella quale si precisava che se in passato l’antisemitismo era la lotta all’ebreo in quanto tale, ora l’antisionismo, forma moderna di antisemitismo, è lotta allo Stato d’Israele in quanto Stato ebraico. Quindi l’antisionismo è l’antisemitismo dei nostri tempi. La dichiarazione di questo principio, redatto dai relatori e dal loro Presidente Elie Wiesel, costituisce il documento conclusivo, sottoscritto dai capi gruppo parlamentari di ogni parte del Parlamento norvegese. In calce c’è anche la mia firma. Essa venne successivamente approvata da tutti i parlamenti dell’Europa del Nord.

Conosciuta in Italia, questa dichiarazione venne fatta propria da esponenti di tutti i gruppi politici antifascisti e l’On. Oscar Luigi Scalfaro, allora Vice Presidente della Camera dei Deputati, prese l’iniziativa di creare l’Associazione Parlamentare d’Amicizia con Israele nel cui Statuto è chiaramente scritto che il carattere d’amicizia dell’Associazione non implica l’adesione alla politica del Governo Israeliano. Si può essere contrari alla politica di quel Governo, ma non si mette in discussione il diritto dello Stato e alla sua politica di democrazia e di sicurezza. L’Associazione Parlamentare d’Amicizia, quando il Presidente Scalfaro venne chiamato alla Presidenza della Repubblica, venne presieduta dal Senatore Giuseppe De Giuseppe, Vice Presidente del Senato. Essa ha svolto delicate funzioni politiche. Nel viaggio fatto in Israele dalla Giunta e dal Presidente Scalfaro, si ebbe l’onore di un particolare saluto e riconoscimento del Presidente della Knesset, il Parlamento di Israele, che invitò i deputati d’Israele a rendere omaggio alla delegazione italiana presente in tribuna che la rappresentava.

A ricordo, quando il Presidente Scalfaro fu eletto Presidente della Repubblica, venne piantato nel giardino del Quirinale un albero di ulivo proveniente da Gerusalemme. Questa Associazione Parlamentare d’Amicizia con Israele continua ancora ed io ne sono la segretaria.

A conclusione di questo mio intervento desidero richiamarmi alle parole di Nello Rosselli che aveva rivendicato all’etica ebraica la caratteristica di legarsi alle cose più alte e più belle, anche nelle polemiche e nei contrasti. Sotto questo aspetto ancora oggi l’etica ebraica può dare supporti all’elevazione della vita politica italiana. E tutti siamo consapevoli che ce n’è bisogno.


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tratto dal sito web
http://www.morasha.it/zehut/glt01_eticaebraica.html

Johnny Buleghin
30-08-02, 22:08
Originally posted by Jan Hus


La risoluzione del Parlamento Europeo è scandalosamente unilaterale.

Il governo Sharon è un governo di unità nazionale, del quale fanno parte anche i laburisti di Peres. Laburisti che, com'è naturale, appoggiano l'intervento militare.

Parlare di palestinesi favorevoli alla pace è un nonsenso. Non ne esistono.

Tra i palestinesi esistono soltanto sfumature diverse di oltranzismo. Tra loro si può distinguere yta chi vorrebbe cancellare lo stato di Israele con le bombe nelle pizzerie e chi vorrebbe farlo imponendogli di assorbire qualche milione di profughi palestinesi, veri o presunti tali.

Tu dici che da quando Sharon ha iniziato con la politica del pugno di ferro gli attentati sono aumentati? E io ti dico che sono aumentati anche quando i territori occupati sono stati ceduti all'ANP. Anche questo è un fatto inoppugnabile.

E' "politicamente corretto" criticare Sharon. Non lo è, invece, criticare Arafat, che, nella migliore delle ipotesi, è come Sharon.

E' "politicamente corretto" chiedere l'adozione di sanzioni contro Israele. Non lo è, invece, chiedere conto all'ANP dell'uso che è stato fatto del denaro dei contribuenti europei che le è stato dato.

La risoluzione del Parlamento Europeo, per i toni e il contenuto, per quello che dice e per quello su cui tace, è un vergognoso atto di codardia.

(******)

Le prime bombe nei mercati o nelle pizzerie di Tel Aviv furono fatte esplodere proprio da israeliani ante-sharonnisti.

Prima di criticare il Parlamento Europeo, o chi per esso, va a fare un giretto investigativo proprio a Tel A'Mort...

(******)

Johnny Buleghin
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in rosso nota di nuvolarossa

Caro Johnny Buleghini, i due aggettivi offensivi e gratuiti, da te inseriti nel testo del tuo messaggio, sono da me stati sostituiti da asterischi......con la preghera di evitare analoghe ripetizioni nel proseguio della discussione
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nuvolarossa
30-08-02, 22:17
Benvenuto a Johnny Buleghin sulle pagine del Forum dei Repubblicani Italiani

nuvolarossa
22-10-02, 18:17
autobomba contro bus IN ISRAELE:

13 morti e 35 feriti. L’attacco è avvenuto vicino a Pardes Hannah, a metà strada tra Tel Aviv e Haifa. Secondo la polizia, un fuoristrada carico di 100 kg di esplosivo proveniente da Jenin è entrato sulla statale 65 dopo aver attraversato dei campi, si è affiancato all’autobus, in sosta a una fermata, ed è esploso. La prima rivendicazione è arrivata dalle Brigate Al Quds, ala militare della Jihad Islamica. Hamas: “Non siamo stati noi, ma ci rallegriamo”. Avi Pazner, consigliere di Sharon: “L’Anp continua a dare luce verde ai terroristi”. Anche Peres accusa l’Autorità palestinese: “Hanno 30-40mila poliziotti, ma non fanno niente”. Arafat: “Condanno gli attacchi ai civili”. Le Brigate dei Martiri di Al Aqsa: “Se israeliani e americani imporranno nel nuovo governo palestinese dei ministri corrotti che hanno servito nel passato esecutivo, li uccideremo e lanceremo attacchi suicidi contro Israele”. Estremisti di destra israeliani hanno minacciato di morte il ministro della Difesa Ben Eliezer che vuole lo sgombero di alcuni insediamenti abusivi. Ieri nuovi scontri tra l’esercito e i coloni, che si oppongono alla rimozione di alcuni insediamenti illegali tra Nablus e Ramallah.

nuvolarossa
26-10-02, 14:34
Renato Moro, La Chiesa e lo sterminio degli ebrei, Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 216, euro 12

Si tratta di un percorso che, sulle tracce degli studi condotti soprattutto da Giovanni Miccoli, propone la rilettura della storia dell’atteggiamento della Chiesa cattolica e di papa Pacelli di fronte alla Shoah. Il libro tende a smentire le accuse di filonazismo che sono state mosse alla politica del Vaticano, ma lascia aperti interrogativi su una scelta (neutralità) da cui ogni tanto affiorano le radici dell’antisemitismo cristiano.
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tratto da il Pensiero Mazziniano (http://www.domusmazziniana.it/ami/)

lucifero
11-11-02, 11:31
ISRAELE NELL'UE: NETANYAHU CHIEDE L'AIUTO DELL'ITALIA

(RadioRadicale.it, 9Nov - 13:27) - Potrebbe essere un segnale positivo per l'idea più volte sostenute dai Radicali di accogliere Israele nell'Unione europea: il nuovo ministro degli Esteri israeliano Benyamin Netanyahu ha chiesto l'aiuto dell'Italia per facilitare l'ingresso d'Israele nell'Unione europea. Lo ha riferito oggi la radio militare israeliana.
Secondo l'emittente, subito dopo la sua nomina a ministro degli Esteri, Netanyahu avrebbe avanzato questa richiesta in un colloquio telefonico con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Israele è tuttora legato all'Ue da un accordo di associazione che è stato rinnovato nel 1995 ed è quindi entrato in vigore nel giugno 2000 dopo essere stato ratificato dai Parlamenti dei Quindici.
L'accordo di associazione ha durata illimitata e prevede la creazione di una zona di libero scambio tra Israele e l'Ue, primo partner commerciale dello Stato ebraico, oltre alla liberalizzazione dei servizi e alla libera circolazione dei capitali. (RRFP)

Garibaldi
12-11-02, 10:11
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


ieri sera ennesima STRAGE perpetrata da un terrorista palestinese !!!!!

Morti anche bambini in una comunita' di agricoltori israeliani !!!!!!!!!!!

Lo strazio e' massimo, il livore anche.

Secondo me occorre l'intervento delle forze militari dell'ONU.?!?!!??
Una forza multinazionale di pace puo' avere una sua credibilita' in quelle zone, mi sembra che non ci sia altra soluzione, per il momento.

lucifero
12-11-02, 10:19
Generale,
l'ONU può fare solo interposizione tra eserciti.

Se deve individuare dei terroristi dissimulati in mezzo agli esseri umani che dalle città palestinesi passano in israele, l'esercito israeliano è molto più efficiente ed efficace.
L'unica cosa che farebbe è bloccare le azioni preventive o successive di Israele.

Inoltre, al di là della non-neutralità dell'ONU del palazzo di vetro, anche sul campo l'ONU si è dimostrata in qualche occasione in recente passato (agguato al confine del Libano, effettuato con uniformi ONU...) permeabile alle lusinghe palestinesi.

Garibaldi
12-11-02, 10:22
Ma ben venga l'interposizione !!!!!!!!!
In attesa di soluzioni migliori, ed in attesa che sia finito il muro!!!!!
Non credi che, al momento, altre soluzioni migliori non ci siano??

lucifero
12-11-02, 11:24
Originally posted by lucifero
l'ONU può fare solo interposizione tra eserciti.

Originally posted by garibaldi
Ma ben venga l'interposizione !!!!!!!!!
Garibaldi, lì non ci sono due eserciti

Garibaldi
12-11-02, 11:44
Ma insomma, in quella situazione che va avanti da anni e anni ,se non puo' fare nulla l'ONU, cosa si deve fare ?!?!?!?!?
Qual'e' una soluzione concreta da proporre fuori dai soliti schemi" "vogliamo la pace"??
Secondo me l'unica soluzione reale e' quella delle forze armate multinazionali dell'ONU e che lo decidano in fretta perche' cosi' non puo' piu' andare avanti?!?!!?!?'
E poi non ci sono due eserciti?'??
Da un parte c'e' quello israeliano e dall'altra parte c'e' un esercito di terroristi !?!?!?!?
Se due si prendono a cazzotti io (ONU ), se posso, intervengo a separarli !!!!

Alberich
12-11-02, 13:46
Originally posted by Garibaldi
se posso

Mi sa che è questo il problema. Lì c'è poco da separare, a meno di non fare una bella deportazione in massa...:fru

nuvolarossa
27-11-02, 21:21
http://roma.mfa.gov.il/mfm/Data/5869.gif

lucifero
29-11-02, 14:48
La necessità europea di Israele


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In Israele rinasce con forza l'idea di far partecipare il paese all'Unione Europea e si sostiene che Beniamin Netaniahu la difenda a squarciagola. Mi pare un'iniziativa eccel-lente. E' di qui che Israele fa parte. L'Europa non è solo uno spazio geografico. E', fondamentalmente, uno spazio culturale. L'Europa, a causa di questo vasto mondo conosciuto come "Occidente", nel quale sono incluse anche le Americhe, è la somma della tradizione grecolatina - pagana, razionale, umanista - e dei valori ebraico-cristiani.
Però, con la stessa forza con cui Israele, pur senza proporselo, ha modellato spiritualmente l'Europa, utilizzando come veicolo il cristianesimo, la immensa diaspora ebraica è imbevuta dell'impronta storica e culturale grecolatina.
Se l'Occidente è il fascino per il progresso tecnico e scientifico e la volontà di progresso, poche nazioni del pianeta incarnano meglio di Israele questa spinta intellettuale. Se l'Occidente è il compromesso con il metodo democratico e la sottomissione alla legge, Israele torna ad essere un magnifico esempio: in mezzo a terribili guerre e sotto costanti aggressioni terroristiche - che a volte castigano con estrema durezza - gli israeliani vanno alle urne, votano e si sottomettono alla autorità di un Parlamento libero nel quale figurano tutti i segmenti di una società multietnica tremendamente complessa.
Però c'è di più: il cammino dell'Europa potrà condurre ad una soluzione definitiva del problema palestinese.Un Isreale membro dell'Unione Europea avrebbe un peso specifico tale da servire come elemento dissuasivo contro coloro che pretendono distruggere la nazione.
Per le organizzazioni terroristiche impegnate a demolire lo Stato ebraico, l'integrazione di Israele al blocco europeo sarebbe un segnale inequivocabile della impossibilità di raggiungere questo obbiettivo.
Per gli Stati che perseguono lo stesso finre (Siria, Iran, Irak, Libia, comprendendo anche la stessa sempre ambigua Arabia Saudita), anche l'avvertimento risulterebbe molto chiaro: un attacco contro Israele equivarrebbe ad aggredire tutta l'Europa.
Questo è molto importante dal punto di vista psicologico. La minima estensione di Israele (21.000 Kilometri quadrati) e la sua esigua popolazione (5.000.000 di abitanti), aggiunte al suo isolamento geografico, con un paese circondato da nazioni ostili, è un costante invito all'aggressione esterna. Quando un egiziano, un persiano od un pakistano si mettono di fronte ad una cartina e si rendon conto della piccolezza e vulnerabilità del loro nemico, hanno la tentazione di annientarlo e la perplessità di come non sia già successo. Come può resistere queto minuscolo enclave non islamico alla spinta di centinaia di milioni di musulmani, alcuni dei quali dotati di grandi eserciti e con esperienza in guerre moderne? Finora, questa è la verità, non vi sono riusciti, però l'insistenza nell'intento dimostra che il ragionamento è tuttora valido: per questi Stati bellicosi è ovvio che un giorno potranno sconfiggere l'esercito israeliano, entrare vittoriosi a Gerusalemme e buttare gli ebrei a mare. Costi quello che costi.
A meno che Israele non si integri formalmente in Europa.
Questo cambia totalmente le idee. Allora, combattere con Israele sarebbe confrontarsi con lo spazio economico più potente del mondo e la seconda potenza militare del pianeta. Paradossalmente, questi vincoli favorirebbero la creazione di uno Stato palestinese, cosa giusta, conveniente ed urgente. Un Israele nell'Unione Europea si sentirebbe molto più sicuro ed i palestinesi, a loro volta, conterebbero con un'istanza Europea supernazionale interessata ad aiutarli per evitar problemi all'unione ed a uno dei suoi membri.
Per la diplomazia nord americana, la europeizzazione di Israele dovrebbe diventare una priorità vitale. Dal 1948, lo Stato di Israele è uno dei problemi più acuti della politica estera degli Stati Uniti. Però la cosa più grave non è quello che è successo finora, con le tre grandi guerre che si sono avute nel Medio Oriente, ma quello che può succedere in futuro. Israele, come si sa, possiede armi nucleari, un'aviazione e missili capaci di trasportarle a migliaia di kilometri dalle sue frontiere. Ma anche il Pakistan o la Corea del Nord - uno Stato senza controllo in mano di alcuni pazzi - hanno armi simili, mentre Iran ed Irak hanno le possibilità economiche e tecniche per comprare o fabbricare questo tipo di ordigno distruttivo. Di quanto tempo c'è bisogno perché la solitudine di Israele provochi nei suoi nemici la tentazione di ottenere la "soluzione finale" in mezzo ad un fungo atomico? E quali sarebbero le conseguenze internazionali di una conflagrazione di questa grandezza in questa regione del mondo?
Anche l'Unione Europea ha abbastanza da guadagnare con l'incorporazione di Israele. In primo luogo, si tratta di un atto di giustizia. Se c'è qualcosa che la storia ha finito per render consustanziale in Europa sono i diversi ghetti. Si può capire la storia intellettuale dell'Europa senza Einstein, Freud o Chagall? Si può capire l'espansione del capitalismo moderno senza i finanzieri e commercianti ebrei? Però c'è un altro elemento di maggior importanza: l'Europa ha una responsabilità cruciale nella pace mondiale. Questa si garantisce meglio tendendo la mano a Israele perché ritorni alle sue radici ed ai palestinesi perché, finalmente, inaugurino la loro patria.
Magari, che in arabo vuol dire "Che Allah lo voglia".


Carlos Albero Montaner
Inviato di "La Nacion" a Madrid
La Nacion 24 Novembre 2002

kid
29-11-02, 15:09
Il presidente del Pri, Giorgio La Malfa, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

“Dopo gli attentati in Kenia e all’interno dei legittimi confini dello Stato israeliano, l’Europa non può restare indifferente ed il tempo dell’ equidistanza nei confronti del conflitto arabo israeliano deve finire.
Si è superato ogni possibile livello di sopportazione con atti di terrorismo condotti barbaramente contro civili inermi.
Atti che nulla hanno a che fare con la costituzione di uno Stato palestinese, che tra l’altro Israele è pronta a riconoscere. E’ sul fronte arabo palestinese, invece, che lo stato ebraico non è accettato.
Siamo di fronte ad un’aggressione feroce e continuata che colpisce il diritto di esistenza di uno Stato e del suo popolo.
Solo se anche l’Europa, con il suo peso presso il mondo arabo, farà sapere che la sua posizione è mutata e che sarà a fianco di Israele contro il terrorismo, solo a questa condizione l’Europa potrà esercitare un ruolo per la pace in medio oriente”.

nuvolarossa
16-12-02, 01:41
...

nuvolarossa
22-02-03, 01:11
La risposta dell'Ambasciatore d'Israele per il documento di solidarietà dei repubblicani calabresi

Gentile On. Nucara,

Rispondo alla Sua lettera dell'11 febbraio scorso con l'unito documento dei repubblicani calabresi in cui vengono espressi cordoglio e solidarietà a seguito del tragico incidente dello Shuttle Columbia in cui, con altri sei astronauti, ha perso la vita il Col. Ilan Ramon.

Le sono grato per la Sua partecipazione a questo lutto che ha colpito tanto duramente tutto il popolo d'Israele,

Con i sensi della mia più viva stima,

Ehud Gol

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tratto dal sito web del
http://www.pri.it/immagini/titsx.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
25-02-03, 17:49
Manifestazione per Israele

Il numero di aprile de
"Il tempo e l’idea – una finestra ebraica sul mondo"
periodico diretto da Bruno Di Porto, contiene un’interessante cronaca della manifestazione per Israele che si è tenuta lo scorso 22 aprile a Pisa, organizzata dall’Associazione radicale LiberaPisa. La manifestazione si è snodata nel centro cittadino, dalle Logge dei Banchi alla Sinagoga, dove sono stati depositati sassolini in memoria delle vittime degli attentati suicidi in Israele. La piattaforma politica dell’iniziativa era basata su questi punti: difesa dell’unica democrazia del Medio Oriente, vigilanza contro il ritorno dell’antisemitismo, ingresso di Israele nell’Unione europea. Alla manifestazione hanno aderito il gruppo sionista pisano, diretto dallo stesso Di Porto, esponenti del mondo accademico e culturale pisano, rappresentanti di diverse forze politiche. La manifestazione è stata contestata da un gruppo di appartenenti al collettivo locale "newroz", che ha accompagnato il passaggio del corteo silenzioso e composto con il grido di "assassini": un grido infame, perché, in una tormentata e complessa vicenda come quella del conflitto arabo-israeliano, elimina la legittimità delle diverse posizioni e rende l’"avversario" "nemico", in una visione manichea e intollerante.

Andrea Frangioni
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tratto da il
Pensiero Mazziniano
http://www.domusmazziniana.it/ami/r1.gifhttp://www.domusmazziniana.it/ami/r2.gif (http://www.domusmazziniana.it/ami/)

nuvolarossa
30-04-03, 21:27
Solidarietà del Pri in ricordo della Shoà

Telegramma del segretario nazionale on. Francesco Nucara all’Ambasciatore d'Israele Mr. Ehod Gol e al Rabbino Capo della Comunità Ebraica Prof. Riccardo Di Segni

Il PRI nel ricordare la giornata della Shoà e nel momento in cui ritornano in Europa rigurgiti antisemiti esprime la sua solidarietà e il suo pieno sostegno al popolo e ai rappresentanti dello Stato di Israele.

Il PRI auspica che la caduta di Saddam ad opera degli amici anglo-americani possa favorire il processo di pace in Medio Oriente e renda più sicura la vita del popolo ebraico.

tratto dal sito dell’Edera
http://www.pri.it/immagini/titdx2.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
30-04-03, 21:27
Il presidente del Pri Giorgio La Malfa ha ricordato la giornata della Shoà

"Nel giorno in cui lo Stato d'Israele ricorda l'olocausto e coloro che presero le armi contro il nazifascismo, il partito repubblicano italiano ha manifestato all’ambasciatore di Israele in Italia e al rabbino capo della comunità romana i suoi sentimenti di simpatia, di affetto, di solidarietà. In questi anni in cui la minaccia contro Israele è stata particolarmente aspra, i repubblicani ritengono di dovere esprimere con forza il sostegno politico nei confronti allo Stato ebraico ed alla comunità ebraica italiana.

I repubblicani ritengono che la caduta di Saddam apra la strada ad un processo di distensione importante essendo venuto meno uno dei regimi più aggressivi dell'intera area, capace di alimentare, incoraggiare e incentivare atti di terrorismo nei confronti di Israele. All'indomani della fine del regime di Baghdad potrebbe essere più vicina la pace per Israele e l'edificazione di uno Stato palestinese, capace di riconoscere l'esistenza e di cercare la convivenza pacifica, con lo Stato israeliano. Anche per questo aspetto abbiamo sostenuto l'azione angloamericana in Iraq. Vogliamo dire con chiarezza che la forza e la determinazione con cui la democrazia americana si è impegnata nella difesa di Israele sono di monito per tutta l'Europa occidentale a non dimenticare che cosa si è consumato in passato e che cosa non si deve ripetere più. Vediamo invece con preoccupazione in Europa alcuni rigurgiti di vecchio antisemitismo ai quali si aggiungono nuove forme di intolleranza - come si è visto anche recentemente in una manifestazione indetta dal comune di Roma - tese a colpire l'identità del popolo ebraico in quanto tale e che di fatto hanno un insopportabile sapore razzista".

Roma 28 aprile 2003

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

Tsabar
01-05-03, 20:00
...carissimi amici repubblicani tutti,purtroppo il clima di gretta intolleranza antiebraica non solo non è mai davvero scemato,ma dallo scatenamento arafattiano della seconda intifada si è gradualmente inasprito,palesandosi anche nelle numerose azioni squadriste compiute da gruppi dell' estrema sinistra (singolarmente convergenti,sull' antisionismo viscerale,con i nazifascisti).

Il 25 aprile,durante la fase conclusiva della manifestazione ufficiale romana per la Liberazione,svoltasi al Campidoglio (davanti alla sede del comune),militanti di Rifondazione Comunista e dei Centri Sociali,volti coperti dalle kefiah "d' ordinanza",sventolando numerose bandiere dell' OLP arafattiana e dell' Irak di Saddam hanno urlato ripetutamente violenti slogan antisionisti - sulla falsariga del più gettonato:"Israele,sei il primo della lista!" - ,costringendo i rappresentanti della comunità ebraica romana ad abbandonare polemicamente la manifestazione.
Ed il ricordo del corteo comunista pro-kamikaze che attraversò Roma è ancora ben vivo nella nostra memoria.

Ma l' allarme sul prepotente risorgere della violenza antisemita è mondiale:sull' argomento,non dubito minimamente quale sia la vostra posizione (visto che il glorioso passato dell' Edera fa testo).

Un cordialissimo shalòm


Tsabar.
_______________________________
L’ISTITUTO STEPHEN ROTH PRESENTA UNO STUDIO SULL’ODIO PER GLI EBREI
Spettri antisemiti il giorno della Shoah

30/4/2003

GERUSALEMME

ARIEL Sharon, seduto nel buio alla cerimonia centrale del giorno della
memoria era insolitamente teso. Era molto freddo di notte nel giardino del
Museo della Shoah a Gerusalemme, e i sei testimoni, in nome dei Sei Milioni,
prima di accendere il loro braciere, raccontavano le loro memorie della
rivolta del Ghetto di Varsavia, la prima rivolta organizzata nella Germania
occupata dai nazisti. Hela Schepper Rufeisen, nata nel 1921, prima di
accendere la torcia per esempio ha detto senza che le tremasse la voce:
«Prima di tutto noi giovani decidemmo di rendere la gente consapevole di
quello che la aspettava. Io e altri ragazzi durante la notte attaccammo
avvisi sul muro del ghetto di Varsavia : “non andate a morire come pecore,
Treblinka è la morte”». Hela poi viaggiò come staffetta e procacciatrice di
armi a Cracovia, tornò in tempo per combattere quasi fino alla morte finché
il capo ventenne della rivolta Mordechai Anielewitch la mandò insieme ad
altri nove compagni, attraverso il sistema delle fogne, nella parte ariana
della città a cercare un aiuto che non servì a quegli eroi, ma servì poi a
fondare la resistenza polacca ai nazisti. Altre sei persone hanno accesso i
bracieri, raccontato storie di Gvurah, di eroismo, la parola che la giovane
Israele in lotta fin dalla nascita non rinunciò ad apporre sempre accanto
alla parola Shoah: anche il Museo è «della Shoah e della Gvurah». Sharon
continuava a seguire i testimoni molto concentrato, certo consapevole del
fatto che durante la mattinata all’Università di Tel Aviv, proprio in
occasione del giorno della memoria, era stato presentato dall’Istituto
Stephen Roth per lo studio dell’antisemitismo contemporaneo, un’analisi del
2002 e dei primi del 2003. Un’analisi devastante, in cui si vede che i mesi
che stiamo vivendo sono segnati da un picco gli episodi di odio antisemita,
con 360 attacchi armati agli ebrei e le loro istituzioni, con morti, feriti,
incendi di sinagoghe in tutto il mondo, con il ripristino dei miti del
disegno di dominio degli ebrei e di loro abitudini sanguinarie, con una
demonizzazione costante di Israele ben al di là della legittima critica
politica. Sharon alla cerimonia della memoria ha parlato con un intento
politico inusitato, rivolgendosi più che altro all’interno, a Israele e agli
ebrei della Diaspora: «Il popolo ebraico è sorto dall’abisso dell’Olocausto
gravemente ferito, ma ancora in vita, e più saggio. Mai più un ebreo sarà
senza aiuto e senza casa. Mai più metteremo la nostra difesa in mano di
stranieri, non ci affideremo alla generosità altrui..»; poi però, temendo
forse di essere andato troppo oltre il Primo Ministro Israeliano ha
aggiunto: «Cerchiamo la pace con tutto il cuore, ma abbiamo imparato questa
lezione: non è con la debolezza, non con la paura o con la timidezza che
raggiungeremo la sicurezza e la pace, ma con il coraggio di guardare a ciò
che è più prezioso e vitale per il nostro futuro». Tutti i leader d’Israele,
anche quelli come il presidente Moshè Katzav in viaggio con una delegazione
di giovani ad Auschwitz o l’ex rabbino capo Lau, hanno celebrato questa
giornata del ricordo con uno sguardo anche all’antisemitismo contemporaneo,
fatto inusitato. «Vede - dice Dina Porat dell’Università di Tel Aviv - negli
ultimi tempi è nato nella fantasia antisemita un nuovo asse del male, quello
fra Israele, gli ebrei e gli Stati Uniti: circola dal tempo dell’undici
settembre la ripugnante leggenda che gli ebrei sono in realtà coloro che
hanno tirato i fili dell’attacco alle Twin Towers, onde suscitare la
rappresaglia americana contro l’Iraq. Da qui deriva una teoria anch’essa
molto in voga, ovvero che gli ebrei sono i veri ispiratori della guerra
americana in Medio Oriente, e che ne progettano altre, così da essere sotto
l’ala protettiva del loro amico americano, o peggio ancora, di utilizzarlo
per un disegno di dominazione anche economico, con le mega compagnie
ebraico-americane in marcia per occupare l’economia mondiale. Questo è il
nuovo antisemitismo, e ripercorre identicamente la strada dei Protocolli dei
Savi di Sion, uno dei libri base del nazismo, oggi best seller in quasi
tutti i Paesi arabi, che spiega come gli ebrei congiurino per la conquista
del mondo». Dunque, la giornata della memoria ieri non ha avuto il medesimo
volto di sempre, amareggiata dal conflitto in corso, dubitosa sul fatto che
il suo nuovo interlocutore Abu Mazen sia autore di un testo che sostiene che
i sionisti collaborarono con i nazisti per spingere gli ebrei a emigrare in
Palestina, e che definisce gonfiato il numero degli uccisi dai nazisti. Ma
soprattutto, sofferente perché non si è realizzata una delle più radicate
convinzioni del sionismo, ovvero che con la nascita di Israele e quindi la
normalizzazione dell’ebreo nel ruolo di cittadino, l'antisemitismo sarebbe
cessato.La «Gvurà», il valore, l’eroismo, fin dai primi tempi dello Stato
d’Israele era stato il motivo psicologico prescelto perché quel popolo in
lotta per la costruzione dello Stato fosse in grado di sussumere la Shoah
come parte della sua storia; poi, con il processo di pace, il tema era stato
messo da parte, la memoria chiedeva solo di piangere in pace; oggi, torna di
attualità.

Fiamma Nirenstein

nuvolarossa
06-05-03, 19:07
Il ringraziamento dell’Ambasciatore d’Israele per la commemorazione del Giorno della Shoà

Gentile On. Nucara,

Rientrato a Roma trovo il telegramma da Lei inviatomi a nome del Pri, in occasione del Giorno della Shoà, un messaggio di grande partecipazione e di sentita solidarietà nei confronti di tutto il popolo ebraico insieme ad un auspicio di pace per Israele.

La ringrazio sentitamente e Le Invio i più cordiali saluti

Ehud Gol

Roma, 2 maggio 2003

tratto dal sito dell’Edera
http://www.pri.it/immagini/titdx2.gif (http://www.pri.it)

Tsabar
19-05-03, 23:00
...nei giorni scorsi la giovane democrazia israeliana ha compiuto il suo 55° compleanno:anche quest' anno le celebrazioni sono state meno sfarzose e gioiose,nonchè puntualmente funestate dalla devastante escalation di attentati suicidi in atto,che minaccia di estendersi a tutto il mondo (dimostrando che la fondamentale lotta di civiltà contro la barbarie del terrorismo fondamentalista non è affatto una mera..."questione degli ebrei").

Sono certo che gli amici repubblicani,da sempre coerentemente e coraggiosamente - ma anche criticamente,senza cioè alcun "furor" ideologico (proprio semmai di fascisti e comunisti,accomunati dall' odio per l' unica democrazia del M.O.) - schierati a favore del diritto di Israele ad esistere ed a vivere (finalmente) in pace e sicurezza,non faranno mancare espressioni di sostegno a quanti,oggi,sono impegnati nella prima linea di una battaglia epocale contro il dilagante fanatismo terrorista,responsabile di tante,anche recenti stragi indiscriminate di inermi civili ebrei (tutti spregiativamente bollati come verminosi Ebrei "figli dei maiali e delle scimmie").

Un cordialissimo shalòm a tutti voi (e al mondo intero:shalòm alei adamòt,come dicono i miei amici israeliani),


Tsabar.

nuvolarossa
20-05-03, 00:50
...

nuvolarossa
25-05-03, 14:16
Cultura e scienza non si boicottano

Pubblichiamo il testo di un appello che ha, tra i primi firmatari, Anna Bravo, Gian Enrico Rusconi, Fabio Levi, Chiara Saraceno dell’Università di Torino. Adesioni all’appello possono essere inviate al forum aperto sul sito Internet del quotidiano "La Stampa" ( http://www.lastampa.it/ ).

Da qualche tempo sta circolando anche in Italia una petizione, promossa da alcuni docenti universitari e sostenuta dal Consiglio di facoltà di Parigi VII, che invita al blocco di tutti gli accordi di collaborazione fra le università europee e quelle israeliane.
Pur avendo opinioni diverse sul conflitto israeliano-palestinese, riteniamo questa iniziativa abnorme e dannosa.
Il boicottaggio degli scambi culturali contrasta con la vocazione storica dell'università, che è creare rapporti liberi fra persone e fra gruppi, non quella di erigere barriere aggiuntive o usare la cultura come strumento di pressione impropria..
Il boicottaggio addita come implicitamente responsabili della situazione attuale docenti e ricercatori israeliani, colpendo la comunità intellettuale di Israele con una ritorsione, l'isolamento culturale, mai applicata in altre realtà.
Indebolisce le già vulnerabili componenti moderate dei due schieramenti, in particolare rende ancora più difficile il lavoro di quei docenti e studenti israeliani e palestinesi che si stanno sforzando di costruire insieme una storia e un sapere svincolati dalle ideologie nazionaliste e militariste. Sono spesso loro che si giovano di triangolazioni con università di paesi europei.
Svaluta agli occhi degli stessi studenti europei la strategia del dialogo e della "diplomazia dal basso", embrione fragile e prezioso di una convivenza fra popoli.
Non possiamo che concordare con quanto scritto dall’intellettuale arabo Khaled Fouad Allam sulla "Stampa": "Io, che sono arabo e musulmano, dissento totalmente da una strategia politica di questo tipo: non perché difendo Sharon e il suo governo, la sua politica che conduce alla catastrofe; ma perché considero estremamente pericoloso un tale uso della cultura a fini politici."
Chiediamo, pertanto, che gli accordi fra università israeliane e europee siano onorati e intensificati, e che sui nostri media si dia più spazio alle iniziative di collaborazione israeliano-palestinese in atto e in progetto.

tratto dal sito web del
PENSIERO MAZZINIANO (http://www.domusmazziniana.it/ami/)

nuvolarossa
26-08-03, 22:34
http://www.lastampa.it/common/_img/nordovest120x60.gif
Israele e gli attentati contro la pace

La speranza non è morta

di Giorgio La Malfa
Presidente del P.R.I.

Caro direttore, ho sempre ritenuto che il rifiuto di Arafat nel luglio 2000 di sottoscrivere a Camp David l'accordo di pace offerto dall'allora primo ministro Barak costituisse una sostanziale dichiarazione di guerra, nella quale egli si sentiva sostenuto e spalleggiato da vari regimi dell'area, fra cui quello di Saddam Hussein in Iraq. Per questa ragione, dopo attentati tremendi come quello che ha colpito due giorni fa Gerusalemme, non mi sono mai sentito di chiedere a Israele di non adottare le misure di carattere militare da esso ritenute necessarie. In quella situazione era difficile per Israele rispondere in modo diverso da come ha finora risposto il governo Sharon, che, del resto, ha visto per buona parte del tempo la partecipazione dei laburisti.

Oggi siamo di fronte ad una situazione diversa e più favorevole. La nuova leadership palestinese appare disponibile alla ricerca di una soluzione pacifica del conflitto. E' cambiata, inoltre, profondamente la situazione complessiva dell'area del Medio Oriente per la fine del regime afghano e di quello iracheno e dunque per il venir meno di possibili sostegni statali all'azione di gruppi armati che operano in Palestina. Questa nuova situazione, se non impedisce il terrorismo, certamente ne muta la natura. Fino all'avvento di Abu Mazen, esso era parte di uno scontro militare vero e proprio, anche se condotto con mezzi non convenzionali. Oggi le bombe non sono più atti di guerra, ma tentativi di sabotare gli spiragli di dialogo che si sono aperti fra le due comunità. Certo, le speranze di pace non bastano a fermare il terrorismo, che anzi intensificherà i suoi sforzi per evitarne il consolidamento. Questo del resto è ciò che è avvenuto in altri conflitti come quello che ha insanguinato per decenni l'Irlanda del Nord, dove il terrorismo è sopravvissuto per qualche tempo all'apertura del dialogo fra le parti.

Per il conflitto israeliano-palestinese è prematuro parlare come se si fosse già a questo stadio. Ma certo la situazione non è più quella di un anno o di sei mesi fa. Per questo è importante difendere e rafforzare la cosiddetta "road map", che non è affatto "carta straccia" come si affrettano a dire taluni commentatori per i quali è palese la speranza che gli sconvolgimenti in Medio Oriente dimostrino che le azioni intraprese contro il regime afghano prima e contro Saddam Hussein dopo erano non solo sbagliate, ma destinate ad aggravare il conflitto israelo-palestinese.

Per questo oggi è legittimo chiedere al governo israeliano, che del resto appare consapevole della posta in gioco, di reagire con prudenza e di non prestarsi al tentativo di annullare ogni speranza di pace. La guerra all'Iraq resta una decisione opportuna anche se per l'America essa comporta costi umani e rischi politici tremendi. La speranza di avviare a soluzione il conflitto israelo-palestinese passa attraverso l'esito di essa. Bisogna fare di tutto per consolidare i primi passi in questa direzione.

Giorgio La Malfa
Presidente del P.R.I.
(http://nuvolarossa.ilcannocchiale.it/)

nuvolarossa
03-09-03, 23:30
Road map in crisi

E' Yasser Arafat il primo ostacolo sulla via della pace

La dichiarazione che Yasser Arafat ha rilasciato alla CNN - "la road map è morta per colpa di Israele" - conferma la convinzione di chi, come noi, considera l'anziano leader palestinese un serio ostacolo alla pace in Medioriente.

Già nel 2000, malgrado l'impegno anche personale del presidente americano dell'epoca Bill Clinton, Arafat decise di non sottoscrivere a Camp David l'intesa con Israele. Eppure, in quella occasione, le concessioni fatte dal premier Barak accoglievano in larghissima misura le richieste palestinesi.

Dal fallimento di quegli accordi trassero origine la seconda Intifada, gli attentati terroristici in Israele, le inevitabili rappresaglie. E trasse origine quello stato di permanente tensione che proprio la "road map" messa a punto da USA, Europa, Russia e ONU si propone ora di allentare, per avviare invece un circuito virtuoso che abbia come sbocco la creazione di uno stato palestinese destinato a coesistere pacificamente con lo stato di Israele.

Arafat ha ammesso successivamente, ma quando ormai era troppo tardi, di aver compiuto un errore rifiutandosi di apporre quella firma. Troppo tardi, appunto. Ogni volta che la pace è sembrata a portata di mano, ogni volta che la tensione è apparsa stemperarsi, Arafat ha contribuito in modo determinante a far saltare il tavolo: direttamente, come a Camp David, o indirettamente, attraverso i suoi amici estremisti e i loro collegamenti con le organizzazioni terroristiche, come in questo caso.

D'altro canto tutta la sua storia personale è stata ispirata alla destabilizzazione. Prima con il suo movimento Al Fatha, che si riprometteva di cacciare in mare lo Stato ebraico, poi minando l'integrità statale di nazioni confinanti, fossero la Giordania o il Libano, infine e soprattutto tenendo le fila del terrorismo internazionale da Abu Abbas fino alla Karin A. Questo è il vero Arafat, che non ha nessun interesse a vedere la nascita di uno Stato palestinese. Lo Stato su cui comanda già esiste, è quello della tensione e dell'imboscata, politica e militare, nella quale effettivamente è un maestro.

E la dichiarazione intempestiva, avventurista, rilasciata alla CNN è musica per i terroristi e gli estremisti amici del rais, é l'invito a scatenarsi: tanto ci sono già i responsabili da offrire in pasto alla comunità internazionale, il "boia Sharon" e lo Stato di Israele.

Ma il vero problema non è più Arafat. Il vero problema, a questo punto, sono i suoi amici europei. Fino a quando l'Europa - a cominciare dal Presidente della Commissione, ormai impegnato più in questioni botaniche riguardanti l'Italia che nelle grandi questioni internazionali - non spiegherà all'anziano capo palestinese che il suo tempo è finito, che la sua strategia non trova più attenzione presso i governi europei, che è venuto il momento di passare la mano ad altri dirigenti in grado di fare la pace e non la guerra, Arafat sarà convinto di poter contare su una sponda preziosa, su interlocutori disposti a prestargli ascolto e magari da contrapporre agli americani, impegnati nella stabilizzazione dell'intera area.

L'Unione Europea ha due decisioni da prendere, e da prendere subito: tagliare i finanziamenti ad Hamas e alle altre organizzazioni terroristiche, come chiede tra l'altro il responsabile palestinese per la sicurezza Mohammed Dahlan; invitare Arafat, subito e con atti concreti, a farsi da parte. Non c'è più tempo, altrimenti un'altra occasione per avviare la pacificazione del Medioriente sarà andata perduta.

La sede per discuterne non manca, visto che domani si incontreranno a Riva del Garda, per una riunione informale, i ministri degli Esteri dell'Unione. Temiamo, purtroppo, che ancora una volta la UE darà prova della sua scarsa incisività sui temi della politica estera, così confermando implicitamente le riserve e i dubbi americani. E aggiungiamo con franchezza che su questo terreno non ci rassicura la presenza di Romano Prodi al vertice della Commissione. Ci rassicura molto di più, semmai, la presidenza europea di Silvio Berlusconi, che si è già rifiutato di incontrare Arafat, attirandosi per questo gli attacchi, in Italia e in Europa, degli amici del rais. Attacchi, peraltro, dei quali Berlusconi può andare fiero.

Roma, 3 settembre 2003

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

nuvolarossa
11-10-03, 01:23
La Nota Politica
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L'agonia di un leader

Arafat resta un ostacolo per riprendere il processo di pace

Ancora ieri ci chiedevamo se alla luce delle dimissioni di Abu Ala i palestinesi fossero in grado di volere la pace.

Indipendentemente da ciò che farà Abu Ala, la nostra idea è che i palestinesi si trovano di fronte ad un ostacolo insormontabile, che dipende interamente dal ruolo di Arafat, il quale non accetta di farsi da parte, per quanto sia ormai superato dalla storia. E' il vecchio leader a rappresentare il principale problema, non Israele. Insofferente ad accettare un futuro che lo vede inevitabilmente relegato ad un ruolo comprimario, Arafat sta agendo con tutte le risorse che ancora possiede come un fattore destabilizzante. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: non rinuncia al rapporto con l'ala estremista del movimento palestinese, se ne fa forte contro quella moderata, non delega i poteri che dovrebbero spettare ad altri. E questo si è visto valere sia per Abu Mazen che per Abu Ala, che pure gli era più vicino. Ma appena chi gli è accanto deve gestire in proprio il contenzioso con Israele, ecco che costui diventa più lontano al Raìs.

Non si vede come si possa uscire da questo dramma intimo di Arafat, e non ci stupisce che, in questo clima esasperato, all'interno del governo israeliano ci sia anche chi ha pensato persino alla sua morte o al suo esilio, senza valutare che anche queste sarebbero mosse con effetti devastanti.

La verità è che la stagione politica di Arafat è finita, il suo bottino è magro e lui ha sufficienti forze per non rassegnarsi, ma non gli resta molto altro.

In questo contesto prevale il caos, la ripresa degli attentati, la reazione sempre più dura di Israele, il proseguimento di uno stato di guerra, vittime su tutti i fronti.

Un logoramento della situazione pari a quello che tormenta le fibre ed i tessuti del corpo di Yasser, che sembra essere molto malato. Stiamo assistendo all'agonia di un leader che infetta tutto il suo popolo ed il suo nemico. Ma noi vogliamo sperare che sia l'ultimo sussulto e che la nuova dirigenza palestinese, che è già scesa in campo, abbia chiaro cosa fare per raggiungere i suoi obiettivi. E quando la natura farà la sua parte, visto che la politica non ci è riuscita nei confronti di Arafat, un clima migliore possa instaurarsi in Medioriente.

Roma, 10 ottobre 2003

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

Paolo Arsena
03-11-03, 18:17
Ho sempre rifiutato le etichette anti-qualcosa, perché le ritengo definizioni liquidatorie spesso bugiarde e sbrigative. Le accetto soltanto se sono accostate al fascismo e al razzismo: sono antifascista e antirazzista.
Siccome però faccio parte della nutrita schiera di europei che condivide il risultato del sondaggio Ue sui rischi per la pace, non capisco perché solo per questo devo sentirmi etichettato dalla comunità ebraica come "antisemita".
Immagino che gli ebrei israeliani e quelli sparsi nel mondo siano ben consapevoli che la quasi totalità degli europei aborrisce la tragedia dell’olocausto e la ricorda con angoscia ed orrore. I crimini subìti in passato, però, non devono diventare, come invece succede, l’alibi con cui proteggere le piccole e grandi arroganze di cui Israele si sta macchiando.
E’ nota da sempre e ampiamente dimostrata l’influenza della lobby ebraica sulle amministrazioni americane, ed è chiaro a molti che la politica guerrafondaia dei Bush, tutela in primo luogo gli interessi delle compagnie petrolifere e quelli del popolo di Israele.
Difendersi bollando come "antisemita" qualunque voce critica si levi a denuncia di questo stato di cose, produce il solo effetto di livellare crimini e dissensi e, paradossalmente, di sminuire nell'opinione pubblica la portata delle atrocità naziste.
Piuttosto, il risultato del sondaggio è interessante perché rivela un'anima europea implicitamente critica nei confronti della politica statunitense e più vicina all'asse Prodi-Chirac-Schroeder. E conferma la convinzione di chi ritiene che, al di là delle politiche dei governi, il sentimento degli europei sia molto più omogeneo di quanto non si pensi.

kid
03-11-03, 19:18
''E' la logica conseguenza
dell'atteggiamento tenuto dalla classe dirigente europea nei
confronti di Israele''. Cosi' il leader repubblicano Giorgio La Malfa
commenta l'esito del sondaggio condotto dalla Ue secondo il quale,
per la maggioranza degli europei, sarebbe proprio Israele il maggior
pericolo per la pace nel mondo. ''E' un risultato -aggiunge La Malfa-
che certamente mi amareggia ma non mi sorprende. E' inutile, ora, che
ci si fasci la testa sul pericolo dell'antiebraismo perche' questo,
di fatto, viene incoraggiato da certi atteggiamenti delle classi
dirigenti europee che cosi' influenzano i cittadini europei".


io mi soprendo un po per Arsena.

kid
03-11-03, 19:28
Proviamo un particolare senso di
indignazione a fronte del sondaggio reso noto dalla Commissione
Europea su chi davvero minaccerebbe la pace e vorremmo sapere
per quale ragione e con quale criterio e' stato autorizzato un
tale sondaggio". E' quanto sostiene un fondo pubblicato da 'la
voce repubblicana' secondo il quale "l'idea che su un test di
settemilacinquecento cittadini della comunita' la maggioranza
di questi possa ritenere Israele una minaccia per la pace, non
fa onore al nostro continente ed ai valori democratici che
abbiamo cercato di portare avanti dal secondo dopoguerra ad
oggi".
"Diciamo anche - prosegue il fondo - che il senso di questa
iniziativa della Commissione ci sfugge completamente, e
pensiamo che davvero non si sappia cosa fare a Bruxelles a meno
che si voglia lanciare una provocazione pericolosissima, di cui
qualcuno dovra' pur rispondere".


Io posso dirvi che non mi sento più europeo e non mi parlate più d'Europa. Riconosco solo l'Inghilterra e ringrazio e ringrazierò Berlusconi per la posizione presa dal governo italiano in questi frangenti. Sono fiero che il mio partito non stia accanto a chi ritiene Israele un nemico della pace.

nuvolarossa
03-11-03, 21:02
La Nota Politica
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L'Europa e Israele

Sono le dittature, non le democrazie, a minacciare la pace

Dirsi indignati, di fronte ai risultati del sondaggio effettuato dalla Commissione europea sui Paesi che rappresenterebbero un minaccia per la pace, è fin troppo ovvio. Ed essendo l'Olanda lo Stato che più degli altri si manifesta antisemita, ci confermiamo nell'idea che questo piccolo e già civilissimo Paese stia da qualche tempo perdendo la sua bussola.

Quello che invece non è ovvio, e più ci indigna, è invece il motivo e la logica che hanno ispirato coloro che un tale sondaggio hanno commissionato. Ci sfugge il senso stesso di questa iniziativa della Commissione, e pensiamo che davvero non si sappia cosa fare a Bruxelles. A meno che si voglia lanciare una provocazione pericolosissima, di cui qualcuno dovrà pur rispondere.

Ci rifiutiamo di credere che, dopo quanto è avvenuto dall'11 settembre ad oggi, vi possa essere una maggioranza di cittadini europei che affermi una tale opinione. Al punto che, se davvero questo pubblicato è un dato di fatto oggettivo, ci troviamo di fronte ad un problema gravissimo per la Comunità europea e le sue prospettive politiche. Sul quale i governi farebbero bene a riflettere, dal momento che un giudizio di questo genere capovolge i valori stessi del sistema democratico e anche il senso stesso di unità europea. La minaccia per la pace non sono gli Stati democratici, ma le dittature. Ed è sorprendente che l'Europa attraversata dalle guerre - prima calda e poi fredda - causate dalle ambizioni dei regimi totalitari insediatisi sul suo suolo, possa essersi dimenticata in tutta fretta di questa semplice verità.

E' vero semmai che Israele è un Paese minacciato dal primo giorno della sua nascita e che un pericolo per la pace sono coloro che si fanno saltare per aria tra cittadini intenti alle loro occupazioni, a Gerusalemme come a New York. O chi non firma i piani di pace per il quale due governi israeliani lavorarono alacremente con i loro uomini. Vorremmo poter dire lo stesso di tutti gli Stati arabi, di quelli che ci sono e magari anche di quelli che dovrebbero nascere. E che sondaggi di questo tipo aiutano a rifugiarsi nel loro rifiuto al dialogo e alla trattativa.

Roma, 3 novembre 2003

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

Lincoln (POL)
03-11-03, 22:38
Sul sondaggio in questione condivido pienamente le OVVIE posizioni prese dal Partito ed anche le considerazioni espresse da Calvin incluse quelle finali relative al sentirsi o meno "europei"in frangenti come questi.Poi, Calvin fa finta di sorprendersi per il fatto che c'è chi plaude agli esiti di questa folle iniziativa partorita dalla Commissione Europea.A proposito,ho appena letto che Prodi(bontà sua)ha detto che il sondaggio non rispecchia il pensiero e la politica dell'Unione Europea.Grazie tante, vorrei vedere Prodi dire il contrario.Chi è antiamericano e indifferente ai valori che l'occidente esprime e per di più è afflitto da antisemitismo,non può che essere soddisfatto per sondaggi che danno esiti del genere.Nulla di nuovo sotto il sole.E non dimentichiamo;l'Europa,non è solo quella che-con esiti incerti-si sta cercando di costruire nè tantomeno è solo quella che noi immaginiamo di realizzare nel futuro.E' anche,se non soprattutto,quella che abbiamo alle nostre spalle.HISTORIA MAGISTRA VITAE.

lucifero
04-11-03, 00:30
avrei voglia di dire tanto, su questo sondaggio, e magari lo farò...

Da sempre conosco l'anti-semitismo. Poi mi hanno spiegato l'anti-sionismo e l'anti-giudaismo. Qualcuno, più sofisticato, parlo di anti-ebraismo.

Ma la mia depressione è svanita oggi al tg1 delle 20. Un balbettante Prodi che parla di anti-israelismo. Frase tagliata al tg3 delle 23.

Dice comunque che non è colpa sua, che è come fosse l'Istat per Berlusconi. Credibile. Ma vediamo cosa succederà adesso, all'Istat europea.

lucifero
04-11-03, 00:43
Originally posted by Paolo Arsena
Siccome faccio parte della nutrita schiera di europei che condivide il risultato del sondaggio Ue sui rischi per la pace, non capisco perché solo per questo devo sentirmi dare dalla comunità ebraica dell’"antisemita".
Piuttosto, il risultato del sondaggio è interessante perché rivela un'anima europea critica nei confronti della politica statunitense,


Originally posted by Calvin
Sono fiero che il mio partito non stia accanto a chi ritiene Israele un nemico della pace.

Dite la verità, che avete organizzato tutto per farmi iscrivere al PRI

lucifero
04-11-03, 01:10
Originally posted by Paolo Arsena
Piuttosto, il risultato del sondaggio è interessante perché
Premesso che non mi meraviglio per niente né della classe politica né del "popolo" europeo, perché con le dovute eccezioni (la bulgaria, la danimarca) gioiosamente collaborò un millennio fa allo sterminio (non chiamiamolo "olocausto": è solo il titolo sbagliato di una serie televisiva),

come si fà a giudicare interessante un sondaggio in cui bisognava scegliere un pericolo per la pace nel mondo (cioè in europa...) tra: Israele, USA, Corea del Nord (dov'è? che fà?), Iran, e due non-stati come Iraq ed Afghanistan...
Praticamente era un referendum tra Israele ed Iran, noto solo per affari interni, perché vagli a spiegare degli hezbollah!

Ma chi le ha messe insieme, queste opzioni? Con quale senso? E soprattutto, con quale fine? Non credo che la pura sete di scienza demoscopica, abbia guidato una simile scelta di opzioni...

Sarà che queste opzioni non le ha scelte Prodi, e magari neppure ha scelto chi le ha scelte. Ma rimango in attesa di vedere che fine farà.

Paolo Arsena
04-11-03, 02:26
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


Cari amici,

rivendico la libertà di poter dissentire e criticare la politica di Israele e quella statunitense.
Non esistono poteri intoccabili e insindacabili.

La questione israelo-palestinese è troppo complessa perché si parteggi tout-court per l'una o l'altra fazione. Torti e ragioni sono da entrambe le parti, e soprattutto entrambi sbagliano quando ricorrono alla violenza. Al sempre deprecabile terrorismo di Hamas, fa da controcanto da un lato la politica di Sharon, che erge muri, lancia missili e minaccia di morte il principale interlocutore palestinese; dall'altro la simbiosi con la politica di aggressione degli Stati Uniti in Medio Oriente, finalizzata a riassettare la gestione dei pozzi petroliferi e a tutelare l'avamposto strategico di Israele.
Questo scenario è il bubbone del mondo. Qui maturano gli odii, si fomentano le ostilità. Da qui nasce lo squilibrio dei rapporti tra oriente e occidente.

Il sondaggio Ue non era posto in modo malizioso, come si vorrebbe far credere, ma poneva una semplice domanda, a cui seguiva un lungo elenco di Paesi (tutti a vario titolo imputabili, caro Lucifero, di mettere a rischio la pace). Sicuramente l'unico torto è stato quello di difettare della voce "popolo palestinese", che probabilmente avrebbe ottenuto la stessa caterva di voti. Ma la Palestina, si sa, non è uno Stato riconosciuto.
Per il resto non si capiscono né lo stupore di tanti commentatori, né le scomposte reazioni del mondo ebraico: protestare per il solo fatto che sia stato inserito nell'elenco del sondaggio la voce "Israele" tradisce semmai una malcelata coda di paglia. E comunque l'esito del sondaggio giustifica ampiamente questa presenza.

Invece di gridare alla luna epiteti infamanti e grossolani, si spieghino le ragioni di tanto scandalo. Ci si difenda sul terreno degli argomenti. Finora non ne ho sentito uno che sia uno.

la_pergola2000
04-11-03, 02:49
Sono d'accordo con te Lucifero e ti faccio i complimentei per come hai subodorato l'elaborazione quasi fasulla delle opzioni sulla scelta degli stati destabilizzatori della pace.
Sono anche convinto che Prodi non centra niente, anche se non dobbiamo dimenticarlo, nella recente guerra in Irak, ha tenuto un atteggiamento lontano da quello statunitense e da quello di alcuni stati membri.
Però un Presidente come lui, che ha sotto di se molti stati con politiche estere diverse, e in assenza di una unica politica estera Europea, poteva rimanere al disopra delle parti e la sua posizione di equilibrio avrebbe permesso agli stati membri di acquisire in futuro quell'equilibrio purtroppo assente nei recenti avvenimenti.
Così non è stato il presidente di tutti, ma ha fatto vedere che era il Presidente di alcuni stati e non di altri.
per quanto riguarda l'indagine propriamente detta non ha nulla di demoscopico come hai detto tu, però dalle cronache ci si attarda sui paricolari, come se questa indagine fosse demoscopicamente e statisticamente esatta.
Vado anche avanti, poteva anche essere giusta una indagine seria su questo tema,ma il fine ultimo doveva essere al difesa dello stato di Israele.
La reazione inconsulta del muro da parte del governo sharon dimostra che gli isreliani hanno paura, cioè il terrorismo hafatto breccia sul cuore e sull'animo della popolazione, tanto è vero che si ha notizia che molti immigrati ebrei dall'Ukraina, dalla Moldavia dalla Bulgaria, dalla Russia ritornano in massa nei rispettivi paesi di origine, scappati negli anni settanta, ottanta e novanta dai paesi comunisti credendo di vivere in un paese libero, si sono trovati a combattere contro il terrorismo, il coprifuoco, insomma un inferno, peggio dei regimi che avevano lasciato.
Qui non sitratta di antisemitismo e antigiudaismo, anche se alcune frange estremiste gongolano nel vedere questi risultati, la stessa dichiarazione di Prodi è significativa, non sa niente dell'indagine e ci credo , ma nella sua dichiarazione, come dice qualcuno, ha usato la parola antiisraelismo che non è un antisemitismo, ma una variante contro l'attuale stato di Israele.
Qualche convertito all'islam sostiene che gli ebrei israeliani sono peggio delle ss, dimenticando che gli israeliani si difendono nel loro stato.
Dobbiamo per dovere storico e politico dire che non hanno rispettato gli accordi per quanto riguarda gli insediamenti e dovrebbero cominciare a far sloggiare i neocoloni, cosa che hannno iniziato a fare per avviare la Rod Map, ma Arafat non ha permesso al nuovo presidente di dialogare con Sharon.
In tutto questo bailamme l'Europa, come Stato, vuol fare una indagine, dimostratasi fasulla, per come sono state poste le domande, ma qualcuno si domanda per cosa serviva questa indagine?
Per poter elaborare una politica europea nei riguardi di Israele?
Ma ci domandiamo e vi domanderete da oggi in poi come sarà la politica dell'Europa verso Israele?
Terrà conto dell'indagine? E ci domandiamo ancor,a c'è una politica europea verso Israele? Si è tenuto conto che Israele è l'unico paese democratico dell'area?
Le cosiddette radici ebraiche ( preferisco al giudaiche che è una parola che fa parte del vocabolario Vaticano) dell'Europa si sono espresse in questo modo? Anche se la colpa è di alcuni funzionari, che funzionari ha l'Europa, i quali non si rendono conto neanche che effetto politico può avere sulla politica europea una siffatta indagine.
Come minimo dovrebbero essere licenziati, senza la lauta pensione europea.
Voglio essere buono non penso che si sia fatto apposta, ma qualche pensierino si potrebbe farlo, lo rimandiamo a dopo le elezioni europee.
Ciao a tutti.

Giuseppe Gizzi
04-11-03, 09:17
Vorrei solo aggiungere, per diritto di cronaca, che qualche giorno fà, i cosidetti No-global guidati dall'ineffabile Caruso-ma sarebbe meglio definirli annoiati figli di papà-hanno tentato di bloccare con azioni "pacifiche" lo svolgimento di un incontro culturale italo-israeliano a Caserta. Ecco perchè dei risultati del sondaggio anch'io non mi meraviglio, e voglio esprimere nel mio piccolo la mia solidarietà a tutti gli ebrei italiani.

kid
04-11-03, 10:28
è criticare la politica usa e quella israeliana, siamo tutti è d'accordo, un conto è ritenere Israele una minaccia per la pace. Significa aver perso la bussola. Che è possibile nel caso di Arsena, oppure essere antisemiti, che è possibile grazie al lavorio della sinistra in Europa a favore dei terroristi palestinesi. Perchè Arafat è un terrorista. Poi io non critico il sondaggio in quanto tale, anzi lo considero utile, critico le politiche dissennate che sono riuscite anche a condizionare chi ha simpatie, confuse ma sincere, per il repubblicanesimo e che ci spiega che sono sullo stesso piano le ragioni ed i torti di palestinesi ed israeliani. Forse, Arsena c'è una ragione se sei in un altro partito ed è più profonda di quanto si immagini.

Lincoln (POL)
04-11-03, 19:53
Sull'argomento "sondaggio",mi permetto di segnalare agli amici gli splendidi articoli di Ostellino sul Corriere di ieri e di Renzo Foa su "Il Giornale"di oggi.

Lincoln (POL)
04-11-03, 20:00
Originally posted by lucifero
Dite la verità, che avete organizzato tutto per farmi iscrivere al PRI
In verità,pensavo che tu fossi iscritto.Posso farti una domanda?La tua non iscrizione,è dovuta a perplessità politiche di carattere generale o alle vicende politiche locali che vedono il Partito a Rieti,collocato in un certo modo?Perdonami se sono stato indiscreto ma la mia è semplice curiosità.
Un saluto

Paolo Arsena
04-11-03, 23:04
Renzo Foa, ebreo, naturalmente.

nuvolarossa
04-11-03, 23:08
La Nota Politica
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Sondaggio Eurobarometro

Israele e Stati Uniti garanzia per gli europei, non pericolo per la pace

Il sondaggio effettuato dall'Eurobarometro sui paesi che rappresentano una minaccia per la pace nel mondo si presta a due distinte considerazioni.

La prima riguarda il sondaggio in quanto tale. Che è sbagliato o tendenzioso. Non si includono contemporaneamente, in un elenco del genere, feroci dittature e paesi democratici come Israele o gli Stati Uniti. E viste le posizioni che da qualche tempo circolano in alcuni ambienti della UE, sorge spontaneo il sospetto che l'indagine sia stata volutamente mirata. Sarà pure un caso, ma al secondo posto dopo Israele vengono indicati come un pericolo per la pace, accanto a due "stati-canaglia" come la Corea del Nord e l'Iran, gli Stati Uniti. Romano Prodi ha un solo modo per dimostrare la sua contrarietà (perché l'estraneità non basta) al metodo che è stato seguito: prendere, subito, misure draconiane nei confronti dei responsabili. Altrimenti la sua flebile difesa, già espressa con grande imbarazzo, è priva di fondamento.

La seconda considerazione riguarda invece i risultati del sondaggio. Come si è arrivati, in Europa, a considerare Israele come il pericolo maggiore per la pace nel mondo e gli Stati Uniti una minaccia di poco inferiore?

Ci sono, in primo luogo, le responsabilità di alcuni governi e della stessa Commissione. Che hanno finanziato indirettamente il terrorismo palestinese, hanno sostenuto Arafat anche quando era indifendibile, non sono intervenuti con la dovuta energia per tutelare il diritto degli israeliani a vivere in pace entro confini sicuri. Fino al punto che Israele, costretto a lottare ogni giorno per la sua sopravvivenza, dell'Europa ha deciso di non fidarsi.

E come dargli torto? Un esempio per tutti. Qualche settimana fa il presidente della Malaysia Mohammad Mahatir, un islamico antisemita, ha accusato gli ebrei di fare la guerra per interposta persona. Gli Stati Uniti - e lo stesso presidente Bush - sono intervenuti con una ferma condanna. L'Unione Europea non è riuscita ad assumere una posizione, pare per le resistenze del francese Chirac. E ci si meraviglia poi se i cittadini della UE seguono l'esempio dei loro governanti?

Lo stesso vale per gli USA. L'atteggiamento assunto da alcuni paesi europei verso gli alleati d'oltreatlantico in occasione della guerra irachena - e ancora di recente alla cosiddetta conferenza dei donatori a Madrid - è di vera e propria ostilità. Di assoluto disinteresse per la ferita che si è aperta nel cuore dell'America dopo l'11 settembre. Sono atteggiamenti che non passano inosservati, che scavano in profondità e le cui conseguenze non sarà facile riassorbire.

E poi ci sono le responsabilità dei media. Non vogliamo citare l'esempio estremo del corrispondente della RAI che risultò organico alle organizzazioni palestinesi. Ma basta seguire le cronache dal Medioriente, da Israele o da Baghdad, per capire da che parte batta il cuore di chi trasmette da quei paesi. Il messaggio complessivo che viene trasferito - e che molti cittadini europei percepiscono - è semplice. Se non ci fosse la bellicosa Israele, se gli USA la smettessero con la difesa di quello stato e con la guerra al terrorismo islamico, il mondo potrebbe vivere in pace.

E' lo spirito di Monaco che si è di nuovo impadronito dell'Europa. Lo dice bene il filosofo francese Alain Finkielkraut nella sua intervista di ieri al Corriere della Sera: "Gli europei .... pensano che la guerra sia la peggiore delle soluzioni, ma non si pongono il problema di come costruire la pace nella sicurezza. Questa è la versione piccolo borghese della pace, quella che considera Israele un fastidio".

E allora si inventano gli alibi. La politica di Sharon, quella di Bush. Alibi utili per demonizzare Israele, per prendere le distanze dagli Stati Uniti. Alibi che abbiamo risentito ancora in certi commenti al sondaggio, come quello dei Verdi, di Rifondazione, perfino di Rutelli. E non ci si pone la domanda di fondo: se Israele crollasse? Se gli Stati Uniti fossero attraversati da una nuova ventata di isolazionismo? Dove finirebbe la pavida Europa, con i suoi interminabili dibattiti sulle pensioni, con i suoi anziani che aumentano e i bambini che non nascono, incalzata da un mondo islamico giovane e aggressivo?

Per fortuna degli europei, e malgrado i loro sondaggi, i loro governi e i loro media, Israele è ancora lì. E ci sono ancora gli Stati Uniti. Anche per fortuna di quegli europei che in Israele e negli USA intravedono i veri pericoli per la pace nel mondo.

Roma, 4 novembre 2003


tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

Paolo Arsena
05-11-03, 00:12
Mi prenderò la briga di ribattere punto per punto l'ultimo articolo riportato da Nuvolarossa, di cui condivido solo le ultime cinque parole: "....per la pace nel mondo".



La prima riguarda il sondaggio in quanto tale. Che è sbagliato o tendenzioso. Non si includono contemporaneamente, in un elenco del genere, feroci dittature e paesi democratici come Israele o gli Stati Uniti. E viste le posizioni che da qualche tempo circolano in alcuni ambienti della UE, sorge spontaneo il sospetto che l'indagine sia stata volutamente mirata. Sarà pure un caso, ma al secondo posto dopo Israele vengono indicati come un pericolo per la pace, accanto a due "stati-canaglia" come la Corea del Nord e l'Iran, gli Stati Uniti. Romano Prodi ha un solo modo per dimostrare la sua contrarietà (perché l'estraneità non basta) al metodo che è stato seguito: prendere, subito, misure draconiane nei confronti dei responsabili. Altrimenti la sua flebile difesa, già espressa con grande imbarazzo, è priva di fondamento.


Il sondaggio sarebbe stato decisamente parziale e tendenzioso se si fosse limitato ad elencare i soli “paesi canaglia” (gran brutto termine, ricolmo di odio, arroganza, disprezzo). Poi non vedo perché Prodi, o chiunque altro, debba essere forzato a enfatizzare la sua presunta contrarietà, quando di vera contrarietà non si tratta. Ognuno, sul tema, ha le proprie opinioni. O è vietato?



La seconda considerazione riguarda invece i risultati del sondaggio. Come si è arrivati, in Europa, a considerare Israele come il pericolo maggiore per la pace nel mondo e gli Stati Uniti una minaccia di poco inferiore?
Ci sono, in primo luogo, le responsabilità di alcuni governi e della stessa Commissione. Che hanno finanziato indirettamente il terrorismo palestinese, hanno sostenuto Arafat anche quando era indifendibile, non sono intervenuti con la dovuta energia per tutelare il diritto degli israeliani a vivere in pace entro confini sicuri. Fino al punto che Israele, costretto a lottare ogni giorno per la sua sopravvivenza, dell'Europa ha deciso di non fidarsi.


Qui la sparata è davvero grossa. Che l’Europa abbia “finanziato indirettamente” il terrorismo palestinese è un’accusa generica e infamante, non dimostrabile e quindi vile: Arafat è stato sempre sostenuto perché, malgrado tutto, resta l’unico interlocutore riconosciuto da tutte le anime del popolo palestinese. Trattare con un fantoccio credo non sia nell’interesse di chi voglia trovare una soluzione davvero equa e definitiva al problema.




Lo stesso vale per gli USA. L'atteggiamento assunto da alcuni paesi europei verso gli alleati d'oltreatlantico in occasione della guerra irachena - e ancora di recente alla cosiddetta conferenza dei donatori a Madrid - è di vera e propria ostilità. Di assoluto disinteresse per la ferita che si è aperta nel cuore dell'America dopo l'11 settembre. Sono atteggiamenti che non passano inosservati, che scavano in profondità e le cui conseguenze non sarà facile riassorbire.


Un vecchio proverbio dice: «chi rompe paga e i cocci sono suoi».
L’11 settembre è una ferita aperta per tutti noi occidentali, ma molti ritengono che la sutura e la vera guarigione si ottenga con altri metodi ed altri medicinali.
Chi lancia anatemi di solito non ascolta l’interlocutore, salvo poi rendersi conto di aver sbagliato (e ammetterlo solo a metà)….


Sull’ultima parte dell’articolo non posso cavarmela con poche righe. Ci sarà occasione di dibattere, spero.
Sempre che si accetti di discutere su questioni che, in prima analisi, sembrano scatenare da parte del partitino di riferimento della comunità ebraica, reazioni un po’ isteriche.

Saluti

la_pergola2000
05-11-03, 16:20
Di solito sei pacato nelle discussioni e quando intervieni dimostri di essere di mente aperta e possibilista, ma in questa discussione vedo una tua posizione che lungi da essere estremista considera però il problema solo da un unico punto di vista e non tiene conto delle varie fasi in cui si è venuta a creare la situazione attuale.
L'indagine dell'Euronbarometer con la punta dl 70% della democraticissima Olanda è stato dimostrato, osservando l'elenco delle domande e il modo come sono formulate puoi convenire che portano tutte a dare risposte volute.
Avrai anche notato le innumerevoli domande che mi sono posto nel mio intervento, a chi serve? A cosa serve? questo per rimanere sul superficale.
SE vogliamo entrare nel merito, non ritengo che quello che hai detto sul partitino ebreo in italia tu lo possa pensare veramente.
allora potrei dire perchè in Italia c'è un piccolo partito degli ebrei, e così anche in Europa, per carità non dimentichiamo la storia italiana ed europea, altrimenti finiamo in un pozzo senza fondo.
Potrai obbiettare che non centra niente con l'attuale posizione politica dello Stato di Israele, e se non fossimo grandi e vaccinati potremo anche essere d'accordo, ma non è così.
Devi anche convenire che lo Stato di Israele non è mai stato riconosciuto dai paesi arabi vicini, le continue guerre dal ' 48 ad oggi sono li a dimostrarlo, dagli accordi di Camp David in poi le cose sono un pò migliorate, ma i palestinesi appoggiati da alcunis tati europei e dalla russia sovietica non hanno mai convenuto su tali accordi.
Possiamo anche discutere se il terrorismo è nato prima dei nuovi insediamenti o viceversa, ma a tutt'oggi è un tema di lana caprina.
A tutt'oggi c'è quel terrorismo che tutti conoscono e che ferisce la popolazione israeliana più delle bombe, ti ho dato notizia delle emigrazioni da Israele.
Poco tempo fa si era creato un progetto: la Road Map, avversato da Arafat e tanto per non cambiare il suo animo terrorista ha prima fatto nominare un nuovo presidente del consiglio palestinese e poi lo ha sconfessato nominandone un'altro meno moderato, facendo fallire la discussione sulla Road Map.
E siamo daccapo, il terrorismo è aumentato, la scolonizzazione e la liberazione di prigionieri palestinesi per dare l'abbrivio alle discussione sulla road map si sono arenate.
Una Unione Europea invece di dare una mano a questa area a cui è direttamente interessata si mette a fare indagini ( superpagate), per ottenere che cosa, forse per creare un progetto europeo che contempli l'intervento sull'area, forse per permettere al governo europeo di alleggerire l'ingresso della Turchia nella UE? A cosa è servito se non ha rinfocolare gli animi degli europei, come stiamo facendo in questo momento, e quindi a non trovare soluzioni pacifiche.
Come vedi siamo al dunque dell'effetto che ha provocato l'indagine , ci siamo divisi e non pensiamo alle decine di morti dall'una e dall'altra parte. non pensiamo al terrorismo, che non è solo figlio dell'odio di alcuni islamici verso l'occidente, ma ha radici molto lontane.
Ci dimentichiamo che siamo paesi democratici i quali dovrebbero trovare soluzioni idonee a risolvere i problemi quando insorgono e non a dividere e a dividersi, per questo l'indagine fallisce e non sarà una indagine fallita a dividerci.
pensiamo invece alla Road Map e alle cause che l'hanno fatta fallire e discutiamo per una rinnovata stagionedi negoziati, per far fallire il terrorismo con il suo continuo stillidicidio di morti e feriti.
Ciao Paolo.

lucifero
05-11-03, 17:47
Originally posted by Lincoln
La tua non iscrizione,è dovuta a perplessità politiche di carattere generale o alle vicende politiche locali

Figurati, quale indiscrezione!

Ad entrambe! me ne sarebbe bastata una non negativa delle due condizioni, per iscrivermi; ma non condividendo lo schieramento né nazionale né locale, mi sembra tuttora difficile iscrivermi.

Anche perché localmente, potrei anche costituire ed essere la componente di riscossa, ma penso che sarei uno solo in nessuna riunione...

Diverso il caso di uno che c'è già dentro, e che, nelle condizioni attuali dell'alternativa, penso faccia bene a rimanere.

Paolo Arsena
05-11-03, 18:09
Caro Lucifero, vieni da noi allora.

Il MRE è un movimento in lenta crescita, che sta cercando di ricreare fuori da questa destra un nucleo repubblicano orgoglioso delle proprie radici e della propria storia democratica.
E' un movimento aperto ai giovani, che sta cercando nuova linfa per il futuro.
Io ti aspetto.


P.S. All'amico Pergola risponderò stasera, con calma, tempo permettendo.

nuvolarossa
05-11-03, 22:49
Un sondaggio ''promosso contro Israele'' da Prodi

Un sondaggio ''promosso contro Israele'' da Prodi che ''rappresenta il pensiero delle classi dirigenti europee''. E' duro il giudizio di Giorgio La Malfa su chi ha promosso il sondaggio e sui risultati. Non solo, per la La Malfa ''se si gratta il pensiero della sinistra italiana'' si scoprirà che pensa esattamente cosi'. L' ex segretario del Pri ha fatto queste affermazioni presentando a Bologna il convegno che sabato, presente il presidente della Camera Casini, ricorderà la figura politica del padre Ugo La Malfa nel centenario della nascita. In Romagna, storica roccaforte del vecchio Pri moltissimi non hanno condiviso la scelta di una alleanza con il centro destra. Ma Giorgio La Malfa oggi ha ribadito che e' stata una ''scelta giusta''. Lo dimostra - ha osservato - la politica estera di questo Governo che corrisponde in maniera piena alla visione che e' sempre stata del Pri anche nei confronti di Israele. ''Nessun altro Governo ha avuto questa posizione''. La Malfa ha anche aggiunto che alle amministrative del 2004 la linea del Pri e' quella di una alleanza con il centro destra mentre alle europee andrà con il proprio simbolo.

Lincoln (POL)
05-11-03, 22:56
Preferisco su questioni così serie non fare il processo alle intenzioni per cui prendo atto con soddisfazione che Prodi(positivi i suoi incontri con la Comunità ebraica americana)e buona parte del "centro- sinistra "italiano(tranne i soliti noti naturalmente)hanno preso nettamente le distanze dal vergognoso sondaggio anti-Israele.Ho letto poco fa sul sito del Partito l'indignato commento di La Malfa per questo squallido episodio,indignazione,naturalmente,che tutti i repubblicani condividono.Lui,se la prende anche con Prodi ma,sinceramente,pur non avendo per quest'ultimo nessuna simpatia politica,il Presidente della Commissione Europea mi sembra estraneo a questa iniziativa alla quale del resto ha reagito(magari in ritardo)con la dovuta nettezza.D'altro canto,gli stessi vertici della Comunità ebraica americana si sono dichiarati soddisfatti del chiarimento avuto da Prodi.Se lo sono loro...........
Poi,io sono il primo a criticare duramente Prodi per alcune posizioni da lui assunte in politica estera anche sulla vicenda medio-orientale,ma questo è un altro discorso.

Paolo Arsena
05-11-03, 23:26
Caro Pergola,

il mio tono sarà “predicatorio”, come una volta hai sottolineato, però anche tu quanto a ramanzine non scherzi…. Te lo dico bonariamente, poiché sei tra le persone con cui discuto più volentieri.

Prima di scendere nel merito delle questioni sollevate, ti dico che quando la comunità ebraica lancia accuse generalizzate di “antisemitismo” non appena si leva un soffio di vento, viene istintivo alzare le barricate. E’ una questione di principio. O si accetta la facoltà di discutere e di criticare, oppure si va al muro contro muro. Questo tanto per chiarire la rigidità della mia posizione.

Va bene la tua veloce ricostruzione della vicenda di Israele. Ma è solo una faccia della medaglia. Io ti potrei raccontare l’altra (e siccome ti riconosco una certa onestà intellettuale, penso che mi saprai ascoltare): e cioè che il popolo di Israele si è insediato in un territorio abitato da altri (che fosse suo o meno lasciamolo discutere ai venditori di lana), e che oggi rappresenta l’unica vera superpotenza dell’area mediorientale, dotata di armi di sterminio, protetta dagli Stati Uniti sia per volere degli stessi ebrei americani, sia in quanto testa di ponte dell’occidente in terra islamica e punto nevralgico per l’esportazione di un nuovo modello democratico-culturale in una zona che tracima petrolio.
E’ sotto gli occhi di tutti la commistione fortissima di interessi economici, territoriali e politici tra Israele, Stati Uniti e parte del mondo occidentale.

Mettiamoci ora nei panni non solo dei Palestinesi, ma di tutto il Medio Oriente. Noi musulmani, legati alle nostre tradizioni, alla nostra cultura, al nostro petrolio, cosa faremmo noi poveri di fronte ad un mondo ricco che ci invade con le multinazionali, con il peccato, con l’affermazione di valori lontanissimi dai nostri? E soprattutto, come reagiremmo ad una conquista militare interessata, all’imposizione di una democrazia che non abbiamo chiesto e che viene calata dall’alto, non si sa come e non si sa quando. Come reagiremmo al genocidio di tanti “fratelli” palestinesi (lo so, è uno sterminio reciproco, ma sto raccontando l’altra faccia), che combattono il nemico quotidianamente in prima linea?
Vedi, sembrerò provocatorio. Ma è necessario comprendere a fondo le conseguenze di questa situazione.

L’Europa, o almeno una sua parte considerevole, ci sta provando. Ha come obiettivo la pace, non la vendetta o il sopruso (che in questo momento storico coincidono). E per raggiungere la pace bisogna capire, dialogare, mediare, aiutare. Certo, senza abbassare la guardia.
Ma la guerra porta altra guerra, come sta succedendo in Iraq, e come molti avevano già ampiamente previsto.

Ti chiedi a cosa serviva il sondaggio. Probabilmente a nulla di importante. E’ solo il riflesso di un malumore conseguente al peccato originale di Bush: imbarcarsi in un’avventura di queste proporzioni senza il volere delle Nazioni Unite e senza il sostanziale consenso non solo di importanti Paesi europei, ma della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica internazionale, è stato un gravissimo errore, una fatale miopia politica. Perché oggi, con molta sfacciataggine e ben poca dignità si può anche strappare a fatica un aiuto da chi allora era fermamente contrario alla guerra; ma il dissenso resta, e profondo. E forse un innocuo sondaggio può semplicemente diventare l’espressione di questo malessere.

Dobbiamo anche stavolta tacere e obbedire a chi, in nome dei propri interessi, ci porta alla guerra totale?

nuvolarossa
06-11-03, 23:23
Il giudizio della Fgr sui risultati dell'Eurobarometro/Ambiguità nella formulazione dei quesiti e stupore per la lista dei paesi "incriminati"

Israele garanzia per l'Occidente democratico

Grande indignazione e grandi dibattiti ha suscitato il recente sondaggio effettuato da un ente europeo, l'Eurobarometro, sui paesi che rappresenterebbero secondo gli europei le più gravi minacce alla pace mondiale.

Stupisce innanzitutto la stessa formulazione del quesito che imponeva all'interrogato di scegliere tra un certo numero di opzioni fisse, una scelta senz'altro troppo sbrigativa per riflettere fedelmente un'opinione su di un argomento tanto complesso. Stupisce la stessa lista dei paesi "incriminati", una lista comprendente tre compagini democratiche (Israele, Stati Uniti e Unione Europea), un certo numero di cosiddetti "Stati canaglia" (Corea del Nord, Siria, Iran) ma priva di quelli che sono oggi gli imputati principali di fronte al tribunale della sicurezza globale: Al Qaeda e le forze terroristiche palestinesi. Stupisce infine che la Commissione europea abbia potuto autorizzare una delle sue agenzie ad effettuare un sondaggio del genere, senza poi prenderne le distanze con misure concrete ma limitandosi ad una poco edificante lavata di mani.

Quello che non può stupire, però, è il risultato. Francamente anche concedendo il beneficio del dubbio agli autori dell'euro-sondaggio, difficilmente si poteva avere un esito differente dopo il bombardamento mediatico al quale tutta l'Europa è stata sottoposta con l'inizio della Seconda Intifada, lo scoppio della guerra in Iraq e il difficile processo di ricostruzione democratica di quel Paese.

Non possiamo infatti dimenticare i servizi giornalistici che mancano di mettere in evidenza la strumentalizzazione da parte degli estremisti palestinesi delle loro stesse vittime innocenti, o le acritiche condanne di tutte le iniziative prese dagli Israeliani per garantire un minimo di sicurezza al proprio Paese. Qui non ci si limita più a mettere sullo stesso piano le azioni militari mirate contro i capi di formazioni terroristiche e gli attentati deliberatamente concepiti per fare strage di vittime inermi; qui si mette in dubbio la stessa legittimità dell'esistenza di Israele in quanto "minaccia per la pace", una specie di pax islamica che sinceramente non ci piace.

Dunque si può, e si deve, riaffermare la propria solidarietà ad Israele, baluardo democratico assediato dalle forze integraliste e assolutiste degli Stati arabi più estremisti. Ma questo non basta. Bisogna diffondere tra i giovani la consapevolezza che Israele rappresenta una garanzia per l'Occidente democratico, un esempio tra le altre cose di come possano convivere forti tradizioni religiose all'interno di uno Stato laico.

Noi giovani europei per primi siamo chiamati a rimediare alle colpe dei nostri antenati, di chi partendo dalla folle idea che tutti i mali del mondo dipendessero dalla razza ebraica ha commesso atti atroci di cui ancora oggi, a decenni di distanza, non possiamo che vergognarci. Proprio come ci vergogniamo di questo Eurobarometro.

Riccardo Masini

Federazione Giovanile Repubblicana

nuvolarossa
06-11-03, 23:32
Luisa Babini amareggiata per i risultati del sondaggio dell'Ue/Più attenzione da parte della Commissione europea sui quesiti posti

Pericolo di un rigurgito antisemita

Stupore ed amarezza sono i sentimenti con cui ho accolto i risultati del sondaggio commissionato dall'Unione Europea che, con un 59% di preferenze, indica lo Stato di Israele come una delle maggiori minacce mondiali per la pace internazionale.

Additare Israele come paese, per il solo fatto di esistere, come responsabile della destabilizzazione dei rapporti di pace nel mondo mi sembra assurdo, frutto di un sondaggio che, ponendo male la questione, ha voluto mettere in bocca agli interpellati risposte a domande poco pertinenti.

Ritengo pertanto che sarebbe necessaria una maggiore attenzione da parte delle direzioni generali della Commissione europea addette alla stampa, soprattutto quando si tratta di questioni dal forte impatto politico e dai delicati risvolti internazionali.

Viviamo infatti una situazione di precario equilibrio internazionale su cui pesano le crisi irakena e palestinese: ideare e diffondere un tale sondaggio non contribuisce certamente a costruire le basi per un confronto sereno in seno al medio oriente, né a preparare l'Europa ad un ruolo importantissimo, quello di mediatrice e di pacificatrice. Questo sondaggio, anzi, acuisce il senso di risentimento del popolo israeliano, lo fa sentire sempre più solo di fronte ad un occidente europeo che troppo spesso si rivela indifferente ai pericoli e alla situazione di instabilità a cui è quotidianamente sottoposto. Una situazione di instabilità che, a causa della dilagante emergenza terroristica, sta diventando un problema non più solamente di Israele e degli Stati Uniti, ma mondiale.

Infine, dietro al risultato emerso dal sondaggio scorgo il pericolo di un rigurgito antisemita e di un riemergere di antichi pregiudizi che sono già stati condannati dalla storia, ma su cui è doveroso rimanere vigili e attenti. Dichiaro perciò la mia solidarietà al popolo israeliano che ha accolto questo inaspettato atto di ostilità con comprensibile risentimento e con sdegno e mi unisco a coloro, come il Presidente Prodi, che hanno voluto apertamente prenderne le distanze.

Luisa Babini

Consigliere Regionale Pri
Emilia Romagna

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

Paolo Arsena
08-11-03, 02:06
Non commento neppure l'articolo della Babini, infarcito di stereotipi affrettati, di accuse e di slogan unilaterali.

Più interessante quello di Riccardo Masini, che illustra qualche ragione a supporto della posizione del PRI.
Purtroppo però, la visione del capo fgr, è la stessa di chi ha una concezione univoca del mondo, asserragliata sulla difesa e l'affermazione, in terra islamica, dei valori democratici. Posizione che può trovare concorde chi non mira a raggiungere un equilibrio mondiale e vuole solo vincere un braccio di ferro.

Le questioni sono complesse e non possono indurre a partigianerie.
Anche Israele si è macchiato dell'uccisione di tanti innocenti. Ricordiamo soltanto, per evitare un lungo e tedioso elenco, quel povero bambino palestinese trovatosi indifeso nel mezzo di una sparatoria, colpito a morte dai soldati israeliani mentre si stringeva al padre, disperato, cercando un impossibile riparo.

La guerra è una gran brutta cosa. Dovremmo rifletterci tutti quanti con un po' di umiltà.

nuvolarossa
08-11-03, 16:33
Madame Arafat fa la signora a Parigi alla faccia dei palestinesi

Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Yasser Arafat finanzia con i soldi dei palestinesi il soggiorno dorato di sua moglie a Parigi.
Secondo un’articolata inchiesta della rete televisiva statunitense Cbs il presidente dell’Anp invia ogni mese 100mila dollari statunitensi nella capitale francese per le spese di soggiorno della consorte Souah. Tale somma, secondo l’emittente, sarebbe prelevata direttamente dai fondi dell’Anp che, al contrario, dovrebbero servire alle esigenze dei territori e della popolazione.
Ma il rapporto della Cbs dice anche di più: si sospetta, infatti, che Arafat avrebbe distratto fondi dell’Anp per almeno 800 milioni di dollari trasferendoli su propri conti personali all’estero.
Souah Arafat vive a Parigi occupando un intero piano dell’Hotel Bristol, uno dei più prestigiosi della capitale francese. Guardie del corpo palestinesi provvedono alla sua incolumità.

Lincoln (POL)
09-11-03, 15:34
Dopo molte esitazioni,il Presidente delle Comunità ebraiche italiane Amos Luzzato ha "promosso"Gianfranco Fini salutando con piacere(sembra anzi che addirittura l'accompagnerà)l'imminente visita di Stato di quest'ultimo in Israele.Bene ha fatto Luzzato a fare l'esame a Fini inducendolo a rinnegare il passato del suo partito.Ma,esaurita l'interrogazione al leader della destra italiana per fargli chiudere i conti con il passato,sarebbe ora necessario che Luzzato faccia altrettanto con gli esponenti della sinistra per costringerli a fare i conti con il presente.In altre parole,Luzzato deve aprire gli occhi e prendere atto che,nel presente,l'antisemitismo maggiore è collocato ed alimentato a sinistra.In particolare in quella sinistra estremista che,in nome dell'antiamericanismo e dell'antioccidentalismo,manifesta odio contro Israele,gli ebrei e chi si schiera dalla loro parte.

la_pergola2000
09-11-03, 22:22
Evochi un fatto di sangue che ha fatto il giro del mondo, perchè la morte del povero ragazzo è avvenuta in diretta.
Ma dimentichi che la morte è avvenuta per effetto di un fuoco incrociato e che già da molto tempo, filmati precedenti al fatto dimostrano che il padre con il figlio era li da molto tempo prima.
Quel fatto ha fatto riflettere milioni di persone in tutto il mondo, ma non come hai riflettuto tu.
I ragazzi devono stare a casa e non devono essere usati come una "intifada permanente". Il cinismo delle autorità palestinesi di mandare bambini a tirare i sassi ai carri armati israeliani con centinaia di telecamere è proprio la dimostrazione che da parte palestinese non c'è rispetto per la vita umana ne per i bambini.
Non mi dire che i bambini tirino i sassi perchè sono mossi da un autonomo senso di ribellione e dimostrami che non sono etero guidati.
La situazione in quell'area è incandescente e non è con le nostre discussioni di parte che possiamo risolvere quei problemi, ma non è con la indagine fatta dalla Ue che si possono invece risolvere.
l'UE invece di alimentare il fuoco della divisione dovrebbe trovare il fuoco della conciliazione, trovare politiche, porgetti che possano risolvere quelle questioni.
Sono decine d'anni che l'Italia appoggia Arafat, senza contare i milioni di dollari che ha avuto l'ANP ogni volta che gli Usa mettevano le mani sul problema, da Camp David ad oggi.
Certo per risolvere e per appoggiare una soluzione non si dovrebbe appoggiare solo una parte di contendenti, ma entrambi, cade perciò la facile equazione = ebrei americani che danno le direttive al governo americano.
Se andiamo avanti di questo passo non andiamo da nessuna parte, non è il ragionamento della Babini che può risolvere, ne RAIsat News che quotidianamente martella sul problema israelopalestinese visto da parte dei palestinesi e così via.
Una politica di pacificazione dovrebbe comprendere la non criminalizzazione di una parte dei contendenti, se no come possiamo far fare la pace, e sostenere solo un contendente non è la via giusta per risolvere tale problema, punto.
Ciao.

la_pergola2000
09-11-03, 22:48
la tua risposta al mio precedente intervento solo dopo che ho scritto quello sopra, che voleva mettere un pò d'ordine alla confusa discussione sul sondaggio europeo.
Non sono ramanzine le mie, ma pezzi di stori che si affollano nella mente, e non ho il tono supponente di alcuni interventi apparsi di recente, (non il tuo )
Dbbiamo ricordare che all'inizio (1900 ) era una colonia inglese poco abitata e semidesertica, vista la vicinanza del Mar Morto e di alcuni piccoli fiumi fra cui quello un pò più grosso , il Giordano.
le prime colonie e i primi kibbutz sono sorti in quelle aree senza che gli arabi, e i beduini, ( ci sono anche i beduini = giordani ) che non sono per niente alleati dei palestinesi e non li sopportano, lo sai benissimo che il re giordano ne fece una strage circa 20-25 anni fa.
E si potrebbe continuare, ma continuare vuol dire anche segnare un diritto di appartenenza geografica agli ebrei e dare dopo alcuni trattati un riconoscimento a loro come stato e ai palestinesi come stato.
I trattati sono stati fatti, perchè non sono stati rispettati?
partiamo da li per andare avanti.
O dobbiamo ricominciare a discutere la presenza degli ebrei in quell'area? Se è così lo si dica subito altrimenti non riusciamo ad andare avanti nella discussione.
E allora? Si vogliono denunciare i trattati precedenti?
Ciao.

Lincoln (POL)
20-11-03, 22:49
da www.amicidisraele.org

Alcune centinaia di esponenti della comunità ebraica,si sono recati il 17 u.s.al Consolato turco a Roma per ricordare le vittime dell'attentato alle sinagoghe di Istanbul.Cobi Benatoff,Presidente del Congresso Ebraico europeo,ha incontrato il console turco per portare le condoglianze.Tra gli esponenti politici presenti,il Presidente del P.R.I. GIORGIO LA MALFA."Speriamo non ci sia bisogno di altre stragi-ha detto La Malfa-per capire che non c'è differenza tra il terrorismo che ha colpito la Turchia e quello che ha ucciso i soldati italiani in Iraq".

Lincoln (POL)
22-11-03, 13:10
L'Ambasciatore di Israele scrive a "LA VOCE REPUBBLICANA".

"Gentile direttore,

ho letto il suo articolo di fondo su "La Voce Repubblicana"circa il sondaggio dell'Eurobarometro.
Desidero esprimerLe il mio più vivo apprezzamento per avere risposto con tanta chiarezza ed efficacia a quel vergognoso risultato.
Con i sensi della mia più viva stima ed i più cordiali saluti."

Ehud Gol
Ambasciatore d'Israele
in Italia

nuvolarossa
26-12-03, 02:37
Sharon non ascolta le richieste di U.s.a. e U.e.

L’ultima settimana politica in Israele ha visto Sharon continuare la sua strategia di annessione di meta’ della Cisgiordania come deterrente per stimolare propositi di pace da parte dell’Autorita’ Palestinese ed indirizzarla verso lo smantellamento delle reti del terrore … cosi’ facendo pero’ viene meno, nel contempo, anche a quanto richiesto sia dagli Stati Uniti d’America che dall’Unione Europea circa la necessità che Israele congeli una colonizzazione dei territori occupati invece di continuare a sostenerli incessantemente con finanziamenti e nuovi coloni.
Affinche Hamas e gli altri gruppi fondamentalisti arrestino i loro propositi destabilizzanti occorre anche dare un segnale di accoglienza, da parte della amministrazione di Sharon, delle indicazioni date dalla amministrazione americana … onde evitare il muro contro muro … ed il dente per dente … da cui sembra non riuscire ad uscire la destra di governo israeliana.

david777
28-12-03, 17:43
Originally posted by nuvolarossa
Sharon non ascolta le richieste di U.s.a. e U.e.
... Affinche Hamas e gli altri gruppi fondamentalisti arrestino i loro propositi destabilizzanti occorre anche dare un segnale di accoglienza, da parte della amministrazione di Sharon, delle indicazioni date dalla amministrazione americana … onde evitare il muro contro muro … ed il dente per dente … da cui sembra non riuscire ad uscire la destra di governo israeliana.
Quando le entità che si aspettano concessioni da Israele saranno pure compatibili con le leggi internazionali (libertà e democrazia comprese), allora lo Stato d'Israele sarà pure tenuto alla reciprocità secondo quelle stesse leggi.
L'attuale reciprocità non può che limitarsi alle valutazioni dell'affidabilità della coesistenza di due stati entro i confini strategici e dinamici di un medesimo territorio = Epoca Sharon. Per varie ragioni l'idea della spartizione e del diritto a confini nazionali non è veramente di casa presso culture non democratiche o teocratiche. Israele ha senza dubbio due anime politiche, di cui una è democratica e l'altra teocratica, mentre "certi altri" (e non tutti i palestinesi) suoi interlocutori hanno solo l'anima teocratica.
La risoluzione dei conflitti e l'accordo di pace tra Israele ed i Palestinesi richiede entrambi i codici, non potendo il codice teocratico concedere da solo stati e territori se non per vie cruente.
La soluzione teocratica implica la soggezione delle entità "non ortodosse" ai fini della coesistenza - pratica storicamente abbondantemente dimostrata. Ciò che dunque è necessario è un chiaro codice giuridico democratico ed internazionale di entrambi le parti per poter procedere con successo ad un accordo.
La controparte d'Israele non consiste nel solo popolo palestinese, e come per i cristiani (occidentali e non) è necessario sapere con chiarezza ed ormai urgenza se l'Islam vuole la reciprocità in base al doppio codice oppure si aspetta i privilegi della democrazia pur pensando ed operando col solo codice "teocratico".
In quest'ultimo caso il problema non riguarderebbe solo Israele ed i Palestinesi...
Sharon dunque prende tempo e cerca di segnar punti in attesa che si parli in due codici...
L'OLP dovrebbe dunque schiarire le idee di chi pensa (vicino e lontano) di ottenere i privilegi del primo codice con la logica del secondo: grande e lungimirante dono e contributo alla causa palestinese ed agli arabi e mussulmani (ma anche di altre etnie e religioni in gamba) di tutto il mondo e specialmente di stanza in Occidente a rischio di revisione del nostro equivalente articolo 8 costituzionale.

Saluti ed Auguri di Buon Natale e Buon Anno

david777
28-12-03, 18:10
Originally posted by Cirno
Lancio di fretta una prima considerazione: gli Islamici (in maggior grado) ma anche gli Israeliani (in minor misura) hanno instaurato o subito, per motivi immanenti nella loro religione, regimi storicamente e tendenzialmente teocratici.
Non dimentichiamo che sono etnicamente cugini.
La teocrazia è madre del fondamentalismo ed ava dell'integralismo.
In questa ottica, il dissenso diviene peccato.
E quando il dissenso diviene peccato, al potere vanno i peggiori, e più fanatici.
La vendetta diviene virtuosa, in quanto attuata in difesa di principi assoluti, e la lapidazione è dietro l'angolo.

Anch'io lancio in fretta una considerazione: teocrazia ebraica + grazia cristiana = democrazia sostanzialmente in linea e coesistente con quella di tradizione laica, pur ponendosi mete non perfettamente coincidenti.
Questa è la ricetta che manca in MO ed in molti nuovi arrivati in Occidente in sintonia con tanti altri correligionari rimasti all'origine.
La ricetta è in sostanza nota allo Stato d'Israele pur tenendola in custodia ed in serbo solo per chi la conosce già.
La ricetta fà uscire dal Medioevo ed Illumina la teocrazia... d'Immenso - "cugini" e procugini compresi...
Che sia Dio solo a decidere i tempi e le modalità del ripristino della teocrazia, ed i fondamentalismi - come quello cristiano - si traduranno in democratici! La sottomissione e la resa (ISLAM) a Dio sia anche in questo ed allora la teocrazia sarà illuminata.

Lincoln (POL)
06-01-04, 13:01
Dall'editoriale di Angelo Panebianco del "CORRIERE DELLA SERA" 6 Gennaio 2004:
"l'Europa,ha sempre finanziato l'Autorità nazionale palestinese senza mai preoccuparsi di sapere se una parte dei fondi che inviava finiva in armi e bombe o in libri scolastici inneggianti all'antisemitismo(che sono bombe a scoppio ritardato).O,peggio ancora ,al fatto che essa ha per lungo tempo finanziato associazioni "caritative" facenti capo all'organizzazione terrorista Hamas(solo da pochi mesi,su insistenza americana,l'Unione ha accettato di inserire Hamas nella lista dei gruppi da mettere al bando)."
Affermazioni da sottoscrivere in pieno.

nuvolarossa
12-01-04, 20:52
la nota politica
.................................................. ................................................
L'offensiva di Sharon

Le aperture di Israele, il ruolo dell'Europa

Anche se gli osservatori italiani sembrano non averne colto la portata, il governo israeliano ha avviato una vera e propria offensiva diplomatica per rilanciare la road map. Prima Sharon si è dichiarato disposto a riconoscere uno stato palestinese che accetti di vivere in pace con i suoi vicini israeliani; e a fare, purché questo avvenga, "concessioni dolorose". Ora è sempre il premier che apre alla Siria e propone di avviare un negoziato purché Damasco rinunci a sostenere le organizzazioni terroristiche. Sono passi importanti. Il secondo soprattutto, dal momento che gli stessi americani ancora non si fidano di Damasco. Si ha l'impressione, insomma, che Sharon non voglia essere sospinto da Washington ma preferisca in un certo senso anticiparne le mosse ed incalzare sul processo di pace gli interlocutori presenti sul territorio. Non è un caso che oggi sia l'estrema destra, in Israele, a contestare il premier, considerato troppo morbido nei confronti dei palestinesi. Né deve meravigliare che sia un uomo del Likud a ricercare un accordo duraturo con il mondo arabo. La pace con l'Egitto fu costruita e sottoscritta da un altro primo ministro espresso da quel partito, Menachem Begin. C'è semmai da considerare che - come lo stesso Sharon ha più volte sottolineato - la scomparsa del regime di Saddam Hussein rappresenta un elemento di stabilizzazione per l'intera area mediorientale. E Israele intende cogliere l'occasione per raggiungere intese durature, oggi possibili, con i palestinesi e gli altri partners presenti in quell'area. Sapranno cogliere quest'occasione anche gli altri, magari assecondando le iniziative che i paesi moderati, Egitto in primo luogo, hanno avviato nelle scorse settimane? Alle aperture di Sharon non si può continuare ad opporre l'ennesimo rifiuto o, ancor peggio, continuare ad alimentare la spirale del terrorismo e della violenza. E questa volta anche l'Europa può svolgere un ruolo, magari spiegando agli amici arabi di quell'area - a cominciare dai palestinesi e dai siriani - che la pace è possibile, che l'occasione va colta e che un rifiuto risulterebbe incomprensibile per gran parte dell'opinione pubblica europea. Assecondando così la regia americana che si intravede dietro le quinte.

Il fallimento di Camp David è costato anni di intifada, di conflitti, di attentati. Un nuovo fallimento potrebbe risultare, questa volta, non più rimediabile.

Roma, 12 gennaio 2004

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

Lincoln (POL)
28-01-04, 14:40
Dalla nota apparsa il 27/01/2004
"I Repubblicani si sono sempre preoccupati di trovare una saldatura concreta per arginare l'antisemitismo:la difesa di Israele è sempre stato il campo di battaglia principale"
"Lo Stato d'Israele,noi lo vogliamo più forte e più sicuro e siamo amici di coloro che lo vogliono più forte e più sicuro.Questa è la prima prova che chiediamo a tutti coloro che si uniscono nel profondo senso di dolore che ci ispira la giornata della memoria".

Lincoln (POL)
01-04-04, 23:27
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


Segnalo con favore,la risposta di Andrea Jarach,Presidente della Federazione delle Associazioni di amicizia Italia-Israele a Luciano Violante,apparsa ieri sul nostro giornale, con una premessa redazionale nella quale si dichiara la totale condivisione dei contenuti.
Forse Nuvola riesce a postarla.

Lincoln (POL)
01-04-04, 23:34
Agli amici repubblicani alcuni siti italiani che si occupano di Israele,utili ed interessanti;
www.israele.net
www.italia-israele.it(con l'indirizzo web dell'ambasciata israeliana in Italia)
www.ebraismoedintorni.it
www.ilpaesechenonsai.it
www.informazionecorretta.com

nuvolarossa
20-04-04, 20:21
Prima vennero gli Ayatollah in Iran, e io non dissi nulla perchè non
ero iraniano (anzi, un po' contento lo ero: così imparava, quello
scià filoamericano!).
Poi vennero gli sgozzatori in Algeria, e io non dissi nulla perchè
non ero algerino.
Poi vennero i terroristi dell'OLP che colpivano gli ebrei di mezza
Europa, e io non dissi nulla perchè non ero ebreo.
Poi venne la seconda intifada, quella dei Kamikaze, e io non dissi
nulla perchè non ero israeliano.
Poi venne l'11 settembre, e io non dissi nulla perchè non ero
americano (e poi, in fondo, gli americani se la sono cercata.)
Poi venne Nassirya, e io dissi: è ora di ritirasi dall'Iraq
(d'altronde non sono neanche iracheno).
Poi venne l'11 marzo, e io non dissi nulla perchè non ero spagnolo.
Poi venne la paura di salire in metro, di andare in Piazza S.Pietro a
Pasqua o alla messa di Natale, di abitare vicino ad una Sinagoga o ad una scuola ebraica, gli ostaggi italiani in Iraq. Ed ho scoperto che sono iraniano, algerino, ebreo, israeliano, americano e spagnolo.
E che fino a quando il terrorismo non sarà debellato, saremo tutti
ostaggi.
-------------------------------------------------
Pensiero scritto a due giorni dalla celebrazione di Yom Ha-Shoah in Israele da Davide Romano, segretario dell'Associazione Amici d'Israele Onlus.
Tratto dal suo blog:
http://liberopensiero.ilcannocchiale.it/

Cirno
21-04-04, 01:04
...e poi venne ro quelli che parlano sempre, e calano le braghe.
E io non dico nulla (tanto, non sono di sinistra).

nuvolarossa
30-04-04, 21:59
Commemorazione a Milano del 56° Anniversario della Fondazione di Israele
di Giacomo Properzj

All’Hotel Marriot più di mille persone hanno celebrato al suono di un’orchestra e alla presenza dell’ambasciatore d’Israele in Italia Ehud Gol il 56° anniversario della fondazione dello Stato d’Israele in un clima di grande allegria e cordialità. Organizzatore della serata è stato Yasha Reibman impavido rappresentante del mondo ebraico milanese, consigliere regionale per la Lista Radicale, portavoce della Comunità Ebraica e reduce dall’aver coraggiosamente partecipato alla sfilata per il 25 aprile alla testa di un piccolo gruppo che onorava il ricordo della Brigata Ebraica che aveva combattuto con gli Alleati la guerra di Liberazione. Durante la manifestazione il gruppo degli ebrei non era stato particolarmente molestato anche se l’intervista che Reibman aveva rilasciato a Radio Popolare era stata bruscamente interrotta, ma, in altra parte del corteo, la bandiera d’Israele era stata bruciata.
Reibman, che appartiene alla categoria di quelli che non si arrendono mai, ha immediatamente organizzato questa celebrazione che ha avuto grande successo presso la comunità e gli amici della comunità, dato che era presente anche il Sindaco Albertini e la Presidentessa della Provincia signora Colli che si appresta ad affrontare le elezioni alla testa di una coalizione cui fa parte anche la Lista Repubblicana – Liberal-Sgarbi. La Regione Lombardia non aveva potuto inviare il suo Presidente perché recentemente i giornali hanno pubblicato un documento, reperito tra le carte dei ministeri iracheni, dove si dava atto che allo stesso Presidente della Regione Lombardia erano stati messi a disposizione dal governo di Saddam Hussein un certo numero di barili di petrolio che, fatti i calcoli, equivaleva a sei petroliere di media stazza. La notizia, che spiegherebbe bene il forte neutralismo del Presidente Formigoni nella guerra in Iraq, non è stata, per ora, né smentita né confermata. A scanso di equivoci la Regione Lombardia era rappresentata alla cerimonia dal vice Presidente Prosperini già esponente leghista poi passato ad An che si è espresso attraverso un forte e marziale discorso. Nel grande salone del Marriot erano presenti molte “vecchie glorie” della comunità che avevano partecipato alle ormai antiche battaglie politiche in favore di Israele accanto ai partiti della tradizione laica e socialista che, da sempre, avevano sostenuto questa causa contro l’estrema sinistra e i comunisti e contro l’estrema destra dei cattolici e dei missini. Si parla della guerra del ’67 quando, data la disparità delle forze in campo, sembrava che Israele dovesse da un momento all’altro scomparire, si parla della guerra dello Yom Kippur e di tutte le altre tragiche vicende che hanno accompagnato la storia del libero Stato di Israele degradando sempre più verso tecniche infami e vili a cui lo Stato ebraico ha dovuto far fronte. Noi siamo rimasti fedeli e affezionati sostenitori dello Stato d’Israele nel nome degli ideali di Hertz e di Mazzini quindi non cederemo di un passo anche se ci ha fatto qualche impressione, forse siamo troppo sensibili, l’aver sentito poi come oratore di punta della manifestazione parlare l’Onorevole La Russa.

Milano, 30 aprile 2004

Giacomo Properzj
.................................................. ..
tratto dal sito web ...
http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/215

nuvolarossa
19-05-04, 18:05
Una settimana infame

inviato da Deborah Fait

Abbiamo passato una settimana infame.
Svegliarsi alla mattina e vedere sulla prima pagina dei giornali le fotografie di giovani , belli, sani, nostri, i nostri soldati ammazzati. Accendere la radio, col batticuore, per le prime notizie della giornata, sentire il racconto di quello che e' successo la sera prima, ascoltare i nomi ...sara' qualcuno che conosco.....? Ogni israeliano incomincia cosi' la sua giornata e la conclude cosi'...(continua al link) ...

http://liberopensiero.ilcannocchiale.it/2004/05/17/una_voce_da_israele_dopo_la_se.html

nuvolarossa
13-06-04, 11:14
Nella memoria collettiva del popolo ebraico esiste l'esilio, la fuga di paese in paese e l'odio. Questo accadeva quando eravamo "ospiti" non graditi in paesi stranieri dove siamo stati considerati forestieri nonostante 2000 anni di residenza ininterrotta. ...

(continua al link sotto)
http://www.metaforum.it/archivio/2004/index292e.html?t3757.html

nuvolarossa
19-06-04, 19:21
Soleimano il Magnifico, addio!

.... articolo di Deborah Fait ... clicca qua sopra
(http://www.metaforum.it/archivio/2004/index16f9.html?t3853.html)

nuvolarossa
31-08-04, 19:54
...

david777
01-09-04, 02:35
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=37381


"Se quelle leggi [dell'Universo] verranno a mancare davanti a me", dice il Signore, "allora anche la discendenza d'Israele cesserà di essere per sempre una nazione in mia presenza." - Geremia 31: 36.

Chi ha deciso di portare il mondo allo scontro di civiltà deve sapere da "buon monoteista" che chi pensa di distruggere Israele si prepara la fossa da solo.

Dio non si rimangia la sua parola e non accetta alcun monoteismo in conflitto con le promesse ad Israele.

Pretendere alcun profetismo contro la Parola di Dio è l'anticamera della distruzione contro se stessi ed il proprio popolo, nonostante tutte le distruzioni e dolori che si possono imporre ed infliggere agli altri.

Le cause aperte contro l'Occidente più estremo ed affaristico e la mano pesante del governo israeliano dovevano risolversi entro gli schemi della coesistenza democratica, della libertà e della Grazia.

Questa era la via maestra anche per la coesistenza di ebrei e palestinesi...

Si crede alle maniere pesanti... dunque procediamo ad accantonare i metodi umanistici ed a ridimensionare l'impatto delle grandi cause sociali e giuridiche per puntare alla prudenza ed alla prevenzione di più grandi distruzioni.

Dunque la polemica contro gli iperliberisti ed il conflitto d'interesse rischia di essere momentaneamente archiviata per ragioni di forza maggiore., ma i conti verrano saldati a tempo debito...

Naturalmente in tale contesto internazionale i falchi hanno la partita vinta ed il loro contributo alla degenerazione degli eventi non potrà che essere invitabile.

nuvolarossa
20-10-04, 13:18
INVITO, di Deborah Fait
Cari Amici,

vi invito a partecipare al Congresso della Federazione Italia-Israele che si terra' a Roma il 28 ottobre.
E' importante e fondamentale una forte presenza di amici e simpatizzanti per poter dare sempre piu' forza a chi, insieme ad altre associazioni di amicizia, si prodiga per difendere Israele da attacchi mediatici antisemiti che si verificano quotidianamente in Italia e in Europa.
Nella speranza che questo mio invito non cada nel vuoto vi saluto con affetto e vi ricordo che partecipare e' IMPORTANTE per tutti coloro che credono in Israele e amano questo stupendo Paese

Deborah Fait

Segue programma del Congresso.

FEDERAZIONE DELLE ASSOCIAZIONI DI AMICIZIA ITALIA-ISRAELE

PROGRAMMA CONGRESSO
Roma 28 ottobre 2004
Auditorium Parco della Musica

Viale Pietro de Coubertin, 30

Nel corso della sessione aperta (ore 18) verrà presentato un progetto di rilevanza internazionale

Ore 14:00 Sessione chiusa per le Associazioni

Apertura del presidente della Federazione, Andrea Jarach

Ore 18:00 Sessione aperta a tutti (per ragioni di sicurezza si prega di raggiungere l’Auditorium con almeno 30 minuti di anticipo)

Ospiti:

Onorevole Walter Veltroni, Sindaco di Roma; Sen. Enrico Pianetta, Presidente associazione interparlamentare di Amicizia Italia Israele; Sen.Paolo Barelli, Presidente associazione Italia Israele di Roma; On. Isabella Bertolini, Vicepresidente associazione interparlamentare di amicizia Italia Israele; Professore Giancarlo Elia Valori, Presidente Unione Industriali di Roma e del Lazio; Sua Eccellenza Giulio Terzi, Vicesegretario generale Ministero degli Affari Esteri, ex Ambasciatore d’Italia in Israele; Sua Eccellenza Ehud Gol, Ambasciatore dello Stato di Israele; Professore Amos Luzzato, Presidente Unione delle Comunità ebraiche italiane.

Apertura del Presidente della Federazione Andrea Jarach.

Shulim Vogelman scrittore e editore che lancia con La Giuntina una nuova collana dal titolo Israeliana dedicata a esponenti non conosciuti in Italia della letteratura israeliana;

Angelica Livnè Calò che dal Kibutz di Sasa, al confine con il Libano, ha lanciato il movimento Bereshit Le Shalom e il gruppo teatrale dell'Arcobaleno formato da giovani ragazzi israeliani e palestinesi, riscuotendo nel nostro Paese un successo incredibile soprattutto tra i giovani;

Simone Botti imprenditore delle biotecnologie, emigrato in Israele da Roma qualche anno fa e che ha appena lanciato una iniziativa per la cooperazione economica tra Italia e Israele:

Premiazione ufficiale

Assegnazione del Premio Ponte Azzurro 2004
Il Premio Ponte Azzurro, simbolicamente, offrirà il riconoscimento degli amici di Israele all’iniziativa più significativa che ha stretto i legami fra i due paesi.

Premiato Herman Zampariolo per il progetto Brescia di Ilight spa

Informazione Corretta:

assegnazione del premio Informazione Corretta 2004 da parte del direttore e fondatore Angelo Pezzana.

Premio alla testata Il Foglio Quotidiano

Premio alla giornalista Fiamma Nirenstein

Borsa di studio “Gianna e Carlo Schapira” a uno studente, dottorando o ricercatore italiano o israeliano.

Il congresso prosegue a Gerusalemme

.................................................. .
tratto dalla pagina web http://inpartibusinfidelium.ilcannocchiale.it/2004/10/20/prossimo_congresso_delle_assoc.html

nuvolarossa
19-11-04, 02:25
...

Lincoln (POL)
23-11-04, 21:00
Condannato all’ergastolo Azziz Mustafa Salha (l'animale che mostrò dalla finestra le proprie mani insanguinate in segno di esultanza), uno dei responsabili del linciaggio di due riservisti israeliani nell’ottobre 2000 a Ramallah.

Garibaldi
23-11-04, 23:57
evviva !! giustizia e' fatta !!
mi ricordo l'episodio per averlo visto al tg5.

ora vediamo se daranno risalto i pennivendoli leccaculo della stampa italiana venduti ai riccastri paperoni che si sono comprati la maggior parte della stampa italiana.
vediamo se daranno risalto alla notizia o se invece continueranno a mettere la testa nella sabbia paurosi come sono solo a scrivere un aggettivo poco simpatico contro la palestina o contro l'islam !!!
Pennivendoli cagadosso abbiate un briciolo di orgoglio quando guardate negli occhi i vostri figli !!!

Lincoln (POL)
24-11-04, 00:21
Interpellanza parlamentare per chiedere l'espulsione di Ali Rashid

A pagina 1 di Informazione Corretta del 2004-11-23, la redazione firma un articolo dal titolo «Interpellanza parlamentare per chiedere l'espulsione di Ali Rashid» Pubblichiamo un comunicato stampa dell'onorevole Isabella Bertolini (Forza Italia) e la relativa interrogazione parlamentare al Ministro degli Esteri circa un provvedimento di espulsione per Ali Rashid, rappresentante dell'Anp in Italia responsabile delle minacce e delle calunnie contro Fiamma Nirenstein e Carlo Panella.Roma, 22 novembre 2004 Agli Organi di informazione COMUNICATO STAMPA ISLAM, ON. BERTOLINI (FORZA ITALIA) INTERROGA LA FARNESINA: “A RADIO 24 CACCIA ALLE STREGHE DA PARTE DEL PALESTINESE ALI RASHID?” La notizia che un componente accreditato in Italia del corpo diplomatico dell’Autorità nazionale palestinese, Ali Rashid, beneficiario quindi dell’immunità diplomatica, avrebbe partecipato ad una trasmissione radiofonica su Radio 24 “ledendo gravemente con le proprie parole la deontologia professionale di due stimatissimi giornalisti e scrittori italiani, Fiamma Nirenstein e Carlo Panella”, è al centro di una interrogazione parlamentare dell’On. Isabella Bertolini, Vice Presidente del Gruppo di Forza Italia alla Camera dei Deputati. Bertolini, ricordando il “clima internazionale reso pericoloso dal revanscismo fondamentalista islamico, di cui l’ultimo esempio è l’assassinio dell’olandese Theo Van Gogh, reo di aver denunciato lo stato della donna nell’Islam”, si dice preoccupata dalle parole di Rashid, che “non possono essere sottovalutate, soprattutto se considerate come atte ad indicare dei ‘nemici’ dell’Islam”. “Se consentite senza intervenire, simili esternazioni finalizzate ad esercitare in qualche modo pressioni ed a suscitare timori nelle voci libere, anche per l’incolumità personale, potrebbero rappresentare – secondo la Parlamentare - la fine della libertà politica, di pensiero e di espressione nel nostro Paese, soprattutto su certi argomenti”. Di qui la richiesta al Ministro degli Esteri di intervenire per evitare altri simili episodi di intimazione nei confronti di chi esprime la propria opinione liberamente, anche eventualmente prevedendo l'espulsione del diplomatico in questione. l'Ufficio stampa Roma, 22 novembre 2004 INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA Al Ministro degli Esteri per sapere, premesso che: - un componente accreditato in Italia del corpo diplomatico dell’Autorità nazionale palestinese, Ali Rashid, beneficiario quindi dell’immunità diplomatica, partecipando ad una trasmissione radiofonica su Radio 24 avrebbe gravemente leso la deontologia professionale di due stimatissimi giornalisti e scrittori italiani, Fiamma Nirenstein e Carlo Panella; - in tempi come quelli attuali, in un clima internazionale reso pericoloso dal revanscismo fondamentalista islamico, di cui l’ultimo esempio è l’assassinio dell’olandese Theo Van Gogh, reo di aver denunciato lo stato della donna nell’Islam, le parole di Rashid non possono essere sottovalutate, soprattutto se considerate come atte ad indicare dei ‘nemici’ dell’Islam; - la rappresentanza diplomatica palestinese sarebbe interamente finanziata dal Governo italiano; - già alcuni mesi fa Ali Rashid, sugli organi di informazione, si era espresso in modo analogo nei confronti della Signora Fiamma Nirenstein e che alla stessa è stata concessa la “scorta”, per questioni di sicurezza; - se consentite, simili esternazioni finalizzate ad esercitare in qualche modo pressioni ed a suscitare timori nelle voci libere, anche per l’incolumità personale, rappresenterebbero la morte della libertà politica, di pensiero e di espressione nel nostro Paese; quali iniziative urgenti intenda assumere per evitare altri simili episodi di intimidazione nei confronti di chi esprime la propria opinione liberamente, anche eventualmente prevedendo l’espulsione del diplomatico in questione On. Isabella Bertolini

david777
24-11-04, 02:42
La medesima paura di cui parla Debora condurrà tutte le nazioni ed i governi ad isolare Israele.

Persino i governi amici giurati abbandoneranno Israele "al suo destino" per rassegnarsi alle conseguenze della nuova/antica logica dell'esistere umano: il potere economico, militare, politico quale criterio per allearsi, arruffianarsi, votare, aggregarsi, intrufolarsi, intrupparsi, associarsi, sopravvivere, imbestialirsi.

Il Cartello di Oleiros è archetipo equivalente delle nazioni del salmo 2, da secoli ben noto ad Israele: nessuna sorpresa ma soltanto questione di tempo e ricatto geopolitico!

http://www.aiutobiblico.org/sermoni/19-salmi/19pdf/19-002-a.pdf

Israele - e non semplicemente e necessariamente ogni singolo israeliano od ebreo - è il diamante della Storia, senza il quale le speranze ontologiche dell'umanità s'infrangono e s'inabissano nell'orfanatrofio della relatività delle ideologie e delle filosofie umane, la cui funzione è passeggera ed essenzialmente illusoria nella misura in cui scibile e verità non coincidono.

La colpa d'Israele - e non necessariamente di ogni singolo ebreo - è di aver fatto da veicolo alla Verità: quella stessa verità che porrà fine al potere costruito con la menzogna, l'ingiustizia, le tenebre e la violenza, e con esso a tutti i governi, partiti, potentati ed "innominati" - inciviliti od imbestialiti - sparsi quà e là, sia piccoli che grandi, per secoli e nazioni.

Nel frattempo Israele deve passare per Daniele 7 e Zaccaria 12-14, e Qumran è dello stesso avviso: la guerra escatologica si avvicina, e con essa un'altro olocausto, il quale a differenza del precedente sarà "selettivo" ed "informatico" per individuare chiunque (non solo ebrei) sia incompatibile col nuovo potere, nonché antico vizio umano del "particulare" che viene a galla quando si tratta di salvare la tasca e la pelle a spese della Verità.

Dopo il "crollo azionario" della vecchia planetaria impresa umana un nuovo e glorioso mondo attende Israele e le nazioni - arabi e palestinesi di buona volontà inclusi...

Non si può apostrofare però l'Europa e gli europei come fà Debora, mentre la patologia è universale e persino di molti stessi ebrei. L'Europa non è vigliacca, è solo che molti europei, come anche americani, asiatici, arabi, ebrei, ed altri miliardi d'individui di ogni razza e nazione, sono venduti e marchiati nella coscienza alle medesime tenebre.

Anzi l'Europa più di altri avrebbe gli strumenti, le categorie e la tradizione per capire quale sia la natura della congiura plurimillenaria contro Israele.

Lincoln (POL)
08-12-04, 16:18
L'occasione della pace
di Ehud Gol, La Repubblica, 07 dicembre 2004 Caro direttore, nuovi venti soffiano sul Medio Oriente. Venti di novità che portano con sé un leggero profumo di democrazia.L’intera regione sente che dei cambiamenti drastici stanno alle sue porte: solo due mesi fa ci sono state le prime elezioni democratiche mai tenutesi in Afghanistan. Probabilmente non si sono svolte esattamente nello stile delle democrazie occidentali cui siamo abituati, ma qualcuno avrebbe potuto immaginare che, solo tre anni dopo la tragedia dell’11 settembre, le braccia della distruzione e del terrore sarebbero scomparse da quel paese e che al loro posto sarebbero giunti dei germogli di libertà e sviluppo?Così, come proseguimento di questo processo, solo due anni dopo la scomparsa dalla scena di Saddam Hussein, ci troviamo alla soglia di elezioni libere e democratiche, che si svolgeranno a fine gennaio prossimo in Iraq. Certamente non è stato facile, non è stato semplice né tantomento si è trattato di un processo sempre ordinato; ma d’altro canto chi avrebbe previsto sviluppi del genere nel corso dei 30 anni di brutale terrorismo del precedente sanguinario regime in Iraq?Più di ogni altra cosa, però, risaltano probabilmente le aspettative sulle elezioni per la presidenza dell’Autorità Palestinese, in programma per il 9 gennaio prossimo. Ora che è scomparso dalla scena politica l’elemento più negativo degli ultimi 40 anni esiste un’occasione straordinaria per andare avanti. Forse, finalmente, avremo la possibilità e l’opportunità di un vero dialogo, per la prima volta da anni, senza eufemismi e giri di parole, senza nascondersi dietro la volontà di negoziare per poi incoraggiare o alimentare il terrorismo, senza incitamento illimitato alla violenza e all’odio sconfinato.Si può dire senza alcun dubbio che la vicinanza dei palestinesi al fianco di Israele, negli ultimi 37 anni, ha permesso ai primi di assimilare alcuni principi fondamentali che caratterizzano la società israeliana, primi tra tutti la libertà di parola e il processo democratico. Alle prossime elezioni palestinesi Israele farà tutto il necessario per permettere uno svolgimento ordinato che includa tutti gli abitanti dell’Autorità Palestinese. Nonostante la minaccia del terrorismo non sia ancora cessata, correremo il rischio di rimuovere i posti di blocco, per permettere un voto ad alta partecipazione. Inoltre, stiamo operando affinché anche gli abitanti di Gerusalemme Est possano votare, così come era avvenuto già alle elezioni precedenti, nel 1996.Anche in questo caso, probabilmente non saranno elezioni democratiche così come le conosciamo a Roma, a Gerusalemme o a Washington, ma di certo saranno molto più aperte e libere di quanto non avvenga in Siria, Libia, o persino nella tanto cara all’Occidente Arabia Saudita.Un elemento centrale per la riuscita di queste elezioni e di tutto il processo sta nella capacità cha avrà l’Autorità Palestinese di imporre la propria disciplina sulle forze di polizia palestinesi unificandole. Si tratta di quasi cinquantamila uomini armati che fino a oggi sono stati utilizzati e sfruttati come ulteriore componente nella macchina del terrorismo contro Israele. Se la nuova dirigenza riuscirà a utilizzarle per porre freno agli elementi distruttivi, come Hamas, Jihad, Tanzim e altri, allora si aprirà il primo spiraglio per una leadership della legalità e dell’ordine, che sono la base di partenza imprescindibile per un governo lecito e regolare.Esiste ancora, purtroppo il tentativo di legittimare elementi dalla cui agenda sono completamente assenti il dialogo e la pace. Fu così con il grave errore commesso con la legittimazione internazionale data ad Arafat, anche quando costui continuò a guidare e gestire l’intifada del terrorismo. Commettono un errore, pertanto, coloro che continuano a dargli legittimazione anche dopo la sua morte. Il tentativo di legittimare candidati le cui mani sono intrise di sangue non aiuterà a far progredire il processo nella nostra regione. Dubito fortemente che a qualcuno in Europa verrebbe la felice idea di liberare dal carcere l’assassino di Anna Lind, per permettergli di candidarsi alle elezioni, o addirittura Milosevich. Un assassino come Barghouti deve restare in carcere, e coloro che hanno a cuore l’evoluzione della situazione nella nostra regione farebbero meglio a evitare di legittimare degli assassini.Per la prima volta da quattro anni, nella nostra regione esiste un’opportunità di andare avanti. Lo comprendono anche gli stati arabi moderati, e lo spirito di collaborazione degli ultimi tempi tra Egitto e Israele ne è una dimostrazione. Moderazione politica, disponibilità alla conciliazione, accanto a una guerra senza compromessi al terrorismo condurranno il Medio Oriente sulla soglia di una nuova epoca, molto migliore della precedente.

Lincoln (POL)
18-12-04, 20:22
Sinistra e antisemitismo

A pagina 0 di Informazione Corretta del 2004-12-18, Giorgio Israel firma un articolo dal titolo «Sinistra e antisemitismo» Non riesco a leggere più di due, tre quotidiani al giorno ed è per questo che ho letto soltanto su Informazione Corretta l’articolo pubblicato su Il Riformista del 17 dicembre dal titolo “L’Anti-Defamation League, ala neo-con dell’ebraismo”, a firma Gadi Luzzatto Voghera. Il commento di IC è più che esauriente: “Se la sinistra non vuole lasciare alla destra la battaglia contro il nuovo antisemitismo, non ha che da combatterla”. Ma qualche postilla la vorrei aggiungere. Perché al Convegno di Roma dell’ADL ci sono stato, ho anche presieduto una sessione, ho visto come sono andate le cose, lo spirito di apertura, l’attenta assenza di qualsiasi strumentalizzazione politica. Parlare di “utilizzo pubblico della lotta dell’antisemitismo come bandiera di schieramento politico” è semplicemente una falsità. Una falsità che cerca di legittimare il vergognoso titolo dell’articolo: “ala neocon dell’ebraismo”… Roba da anni cinquanta, quando gli intellettuali che si opponevano al comunismo venivano semplicemente tacciati di essere “spie al soldo della CIA”. Invece di discutere, si demonizza chi dice cose sgradite. Ma perché tanto livore, di che cosa ci si lagna? Che il Presidente del Senato faccia un eccellente discorso, di una chiarezza senza pari sul tema dell’antisemitismo e dell’antisionismo? Che Frattini enunci con chiarezza una serie di punti operativi su cui cercare l’adesione di tutti i governi europei? Che Fini abbia fatto anche lui un discorso esemplare? Ma, si dice, solo dieci anni fa, prima di Fiuggi, aveva ben altre posizioni. D’accordo, ma non dovremmo salutare con soddisfazione questa evoluzione, ormai confermata da decine di discorsi e iniziative? Oppure ci si vuole attenere al motto mussoliniano “Molti nemici, molto onore”? Meglio avere come nemica quella sfilza di personalità istituzionali che si pronuncia e agisce in modo nettissimo sull’antisemitismo? L’autore dell’articolo parla di bilancio deficitario del governo di centro destra essenzialmente per l’assenza sul fronte della Task force sull’Olocausto. Sarà legittimo, oppure no, ritenere che sia di gran lunga più importante agire sul fronte dell’antisemitismo-antisionismo promosso dal terrorismo islamico e dai suoi complici occidentali, anziché delegare tutto all’analisi storica e alla retorica della memoria? È legittimo avere opinioni diverse. Personalmente ritengo molto più giusto il primo approccio. Sono per questo un “neocon”? Giocate quanto vi pare con le formulette: le intimidazioni staliniste non funzionano più, tante più quando sono infiocchettate da una serie di blandizie e di salamelecchi che vorrebbero trasmettere l’immagine di un atteggiamento equanime. La verità è che chi parla del collateralismo di un’ala “neocon” ebraica nei confronti della destra, è il più grande dei collateralisti: quello che ritiene “naturale” che gli ebrei siano schierati a sinistra – gli ebrei hanno i “cromosomi di sinistra”, fu infelicemente detto – e quindi inventa la favoletta dei “neocon” per scongiurare la fine di questo collateralismo “naturale” e una più sana situazione in cui la questione dell’antisionismo-antisemitismo viene affrontata con rigore intransigente e indifferente alle appartenenze politiche. L'articolo di Luzzatto Voghera è un'esemplare espressione di collateralismo. Si, è vero, si parla di “ambiguità” a sinistra, ma con che pudore e reticenza. Si ricorda il passato di Fini, ma non una parola sul presente della sinistra, che peraltro è il contrario dell’ambiguità. Vi è forse ambiguità nella cacciata del consigliere dell’ambasciata d’Israele Shai Cohen dall’Università di Pisa, accolta dal plauso di una parte di Rifondazione Comunista? È forse ambiguo l’abbraccio dell’onorevole Diliberto con lo sceicco Nasrallah capo di Hezbollah – un abbraccio cui nessuno a sinistra, salvo il solito Giuseppe Caldarola, ha opposto niente più che qualche borbottio imbarazzato a fronte di parecchie solidarietà gridate? E lasciamo perdere i tanti altri esempi: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Vorrei piuttosto sottolineare una frase dell’articolo che, guarda caso, riguarda proprio Hezbollah, e la vicenda delle trasmissioni dell’emittente televisiva Al-Manar che le autorità francesi hanno prima autorizzato e ora tentano tra mille difficoltà di oscurare – una frase che sembra scritta dall’onorevole Diliberto in persona. Se l’articolista fosse venuto al Convegno di Roma avrebbe ascoltato un intervento, davvero eccellente – oppure non dobbiamo dirlo per pregiudizio da “neocon” antifrancesi? – del ministro francese Nicole Guedj, che ha parlato, fra l’altro, della necessità di restaurare i rapporti più distesi e aperti che sia possibile con Israele per combattere l’antisemitismo (sì, proprio così). La Signora Guedj ha parlato della faccenda Al Manar e ha detto senza peli sulla lingua che le trasmissioni di questa emittente sono una cosa indecente e terribile: non un minuto, non un secondo di trasmissione – ha detto – che non contengano l’espressione dell’antisemitismo più efferato. Del resto, chiunque voglia informarsi, basta che navighi qualche minuto su Internet per raccogliere i testi inauditi (“Sion ascesso purulento” e altre amenità) trasmessi senza posa da Al Manar. Invece il nostro articolista è pudico e prudente. Parla di “Hezbollah libanesi, accusati di fomentare l’odio etnico antisemita camuffandolo da antisionismo”… Accusati… ma accusati da chi, di grazia? Non se la sente il nostro di partecipare all’accusa di questi non precisati accusatori? È prudente a prendere posizione per il timore che si tratti dei soliti “neocon”? E, poi, accusati di che? Non di antisemitismo – siamo anche qui prudenti – ma di “odio etnico antisemita mascherato da antisionismo”. Per la verità, nessuno li ha accusati di questo: anche il ministro Guedj – che forse è diventata neocon, assieme al suo presidente Chirac: quanto è invasiva la piovra della reazione mondiale in agguato!… – ha parlato di “antisemitismo” e basta, anzi di un antisemitismo sfrenato, e senza la minima maschera di antisionismo. Ebbene no, meglio essere prudenti, magari ricorrendo a quel ridicolo aggettivo, “etnico”, messo là chissà per non dire cosa, forse per non dire “razzista” o “antisemita” tout court. Dispiace che Il Riformista ospiti simili esercizi di stalinismo – un titolo odioso e demonizzatore sopra un contenuto al contempo insinuante e sfuggente. Dispiace perché mostra a che cosa sia ridotto il riformismo italiano: a farsi ballare i pantaloni di fronte a una certa sinistra, soltanto perché chi comanda ha deciso che senza quella sinistra si perde.

Lincoln (POL)
20-12-04, 14:58
Intervento dell'Ambasciatore israeliano in Italia al Convegno dell'Anti-Defamation League sull'antisemitismo

16 dicembre 2004 - Illustri ospiti, signore e signori, Sono molto felice di questa iniziativa congiunta della Lega Anti-diffamazione e del Foglio, sotto gli auspici del Ministero degli Esteri italiano, ed è un privilegio per me essere qui oggi.Negli ultimi anni abbiamo assistito in Europa a un risveglio dell’antisemitismo. I dati ci dicono che negli ultimi due anni la maggior parte degli episodi di violenza antisemita si è verificata in Europa occidentale. A ciò si aggiunge il fenomeno del nuovo antisemitismo. L’antisemitismo classico cercava di privare l’ebreo, come individuo, del suo posto nella società. Il nuovo antisemitismo è il tentativo di negare al popolo ebraico e al suo stato, Israele, un posto nella famiglia delle nazioni. Questi fenomeni hanno raggiunto delle proporzioni così preoccupanti che i ministri di 55 paesi dell’OSCE hanno deciso di riunire l’anno scorso a Berlino una conferenza dedicata all’antisemitismo. Persino l’ONU quest’anno non ha potuto evitare di inserire l’antisemitismo nel documento adottato contro le varie forme di razzismo.Oggi siamo ormai coscienti del fatto che esistono quattro fonti di antisemitismo vecchio e nuovo: la sinistra estremista radicale, l’estrema destra, l’islam estremista radicale, e alcune frange cristiane estremiste radicali. Fenomeni provenienti da tutte e quattro le direzioni si manifestano purtroppo in maniera crescente in molti paesi europei. Fortunatamente in Italia questo fenomeno è presente in maniera più limitata.Per tutti questi motivi, da quattro anni, l’Europa commemora il giorno della memoria ogni 27 di gennaio. Non tutti gli stati europei rievocano questa data e, quelli che lo fanno, non sempre lo fanno con determinazione e convinzione. Alcuni paesi, per esempio, non menzionano neanche la parola “Olocausto” in relazione al 27 di gennaio.In Italia, invece, sono stato molto impressionato dalla serietà della commemorazione della Shoah e dalla quantità di eventi organizzati per l’occasione. Tra questi, ricordo, nel gennaio 2002, due mesi dopo il mio arrivo in Italia, la proiezione del film sulla straordinaria storia di Giorgio Perlasca, Giusto Fra le Nazioni, al Parlamento italiano. Abbiamo apprezzato molto anche la direttiva emessa dal Ministero degli Esteri alle rappresentanze italiane nel mondo per inserire il giorno della memoria tra le attività diplomatiche della Farnesina, e la diffusione data allo stesso film. Ma non solo il Parlamento è stato ed è al centro di iniziative per il Giorno della Memoria: vi è lo straordinario impegno mostrato dagli organi televisivi e di stampa, pubblici e privati, con molte ore di programmazione di quella giornata dedicate al tema della Shoah e dell’antisemitismo. Vi sono poi le numerose iniziative di carattere educativo, nell’ambito dell’istruzione, tra cui per esempio, le visite degli studenti al campo di sterminio di Auschwitz che alcune scuole hanno incluso nel proprio programma didattico. Tra le varie iniziative di questo genere ricordo quella promossa dal sindaco di Roma.L’Italia è stata particolarmente attiva nella lotta all’antisemitismo quest’anno, che l’ha vista e la vede alla guida della Task Force per la cooperazione internazionale nella memoria dell’Olocausto per gli anni 2004 e 2005. Altri segni tangibili della collaborazione tra Italia e Israele nella memoria della Shoah e nella lotta all’antisemitismo sono anche la redazione del Lessico dei Giusti tra le Nazioni italiani – fino a oggi 372 - , alla quale stanno lavorando l’Ambasciata italiana in Israele e la Fondazione Yad Vashem. Oltre a questo, Yad Vashem continua a svolgere la sua importante opera di consegna delle medaglie ai Giusti tra le Nazioni, con cerimonie alle quali io personalmente, e i diplomatici della nostra Ambasciata, abbiamo partecipato, avendo così l’opportunità e l’onore di incontrare queste persone speciali che misero in pericolo la propria vita, in quel periodo così terribile, per salvare la vita a degli ebrei. Un altro importante obiettivo italiano è il progetto di un museo dell’Olocausto in Italia, che spero vivamente possa essere costruito nei prossimi anni. Per noi in Israele il giorno della memoria della Shoah è il simbolo della più grande tragedia nella storia del nostro popolo, ma anche un monito a non lasciare che nulla di simile possa ripetersi. In Israele ricordiamo l’Olocausto, le sue vittime e i suoi eroi non il 27 gennaio, come in Italia e in vari paesi europei, ma il 27 di Nissan (più o meno aprile), una settimana prima del giorno dei caduti nelle guerre di Israele e del giorno dell’indipendenza dello Stato. In questo modo ricordiamo che lo Stato d’Israele è nato solo 3 anni dopo la Grande Catastrofe e che sin dal suo primo giorno di vita, abbiamo dovuto combattere per sopravvivere e per far rinascere il popolo ebraico nella sua terra storica.Ma per sostenere e avvalorare moralmente gli sforzi dei paesi europei, il governo israeliano ha deciso ultimamente di istituire il 27 gennaio come Giornata nazionale per la lotta all’antisemitismo. In questa data, anche in Israele, le scuole israeliane, l’esercito, le istituzioni pubbliche e i media adottano dei programmi speciali sul pericolo della rinascita dell’antisemitismo in tutto il mondo.Ma la storia insegna che l’antisemitismo non è solo un problema degli ebrei, ma è un pericolo per qualsiasi società disposta a tollerarlo. Laddove l’antisemitismo viene giustificato, prima o poi emergono altre forme di razzismo e xenofobia perché il pregiudizio è come un cancro. La malattia dell’odio finisce per divorare l’intera società fino ad annullare i principi democratici. È compito delle istituzioni vigilare e prevedere misure idonee per evitare che ciò accada. Riguardo al tema dell’antisemitismo, noi israeliani siamo determinati nel preservare e assicurare l’esistenza del popolo ebraico nella sua terra madre. Restiamo saldamente ancorati al nostro impegno di consegnare alle future generazioni uno stato forte e indipendente, rifugio sicuro per il popolo ebraico. Il compito degli stati europei, invece, deve essere quello di fare in modo che nessun ebreo debba più cercare un rifugio.

Lincoln (POL)
27-12-04, 17:28
A pagina 25 di La Stampa del 2004-12-22, Maurizio Molinari firma un articolo dal titolo «Natan Sharansky l’uomo della lotta al regno del male» Maurizio Molinari su LA STAMPA DI MERCOLEDì 22-12-04 recensisce l'ultimo libro di Natan Sharansky, ex detenuto dei gulag sovietici, oggi ministro israeliano,titolo "The Case for Democracy", purtroppo non tradotto in italiano. Ci auguriamo che qualche editore (Mondadori, se ci sei, batti un colpo !) lo possa pubblicare presto anche da noi. Ecco l'articolo:«Mi scusi se non ho ancora finito di leggere il suo libro, sono arrivato solo a pagina 210». Così George W. Bush, neanche dieci giorni dopo la rielezione, ha accolto nello Studio Ovale l'ex refusnik sovietico ed oggi ministro israeliano, Natan Sharansky. L'attenzione del presidente degli Stati Uniti per il volume The Case for Democracy (Public Affairs, New York, 304 pagine) si spiega con il fatto che afferma la necessità di trarre le conseguenze politiche della guerra al terrore dando vita ad una «nuova istituzione internazionale» ovvero ad una Comunità delle Nazioni Libere unite dalla volontà di adoperare il «potere della libertà per rovesciare le tirannie e sconfiggere il terrorismo». Con l'amministrazione americana impegnata a preparare una proposta di «trasformazione delle relazioni internazionali» - espressione usata dal Presidente nel recente discorso di Halifax, in Canada - per presentare agli alleati una versione del multilateralismo adatta a confrontarsi con i nuovi pericoli del XXI secolo, il libro di Sharansky offre un possibile spunto di lavoro. Se nel mondo del post 11 settembre le minacce alla sicurezza globale vengono dal terrorismo dell'Islam radicale e dalla proliferazione di armi non convenzionali, in nazioni come l'Iran e la Corea del Nord, «per proteggere e promuovere la democrazia nel mondo serve una coalizione di libere nazioni - si legge a pagina 279 - che isolerà e sanzionerà le nazioni tiranniche abbracciando e sostenendo i popoli che esse opprimono». L'esempio a cui Sharansky si richiama è quello del presidente americano Ronald Reagan, a cui deve la propria liberazione dal gulag sovietico nel 1986 dopo nove anni di detenzione, che pose le basi per la dissoluzione dell'Urss grazie ad una pressione esterna iniziata con la definizione di «Impero del Male» e culminata con il programma militare per lo «Scudo stellare» che fece capire al Cremlino di non poter vincere la gara degli armamenti. Sharansky rilegge gli ultimi quindici anni della Guerra Fredda per spiegare come le democrazie, unendosi e «chiamando il regno della paura con il proprio nome», possano far crollare le dittature senza il riscorso alla forza: nella Conferenza di Helsinki l'Occidente fece sottoscrivere all'Urss il rispetto dei diritti umani al di là della Cortina di Ferro, al Congresso di Washington il senatore democratico Henry Jackson fece appprovare l'emendamento che legava la liberalizzazione degli scambi con l'Urss alla libertà di emigrazione per gli ebrei e infine Reagan denunciò apertamente il carattere malefico del comunismo sovietico. Ognuna di queste tappe diede fiducia e forza al dissenso, alle voci di Andrei Sakharov e di Andrei Amalrik ed alle speranze dei detenuti dell'Arcipelago Gulag come Sharanky, che si sussurravano l'un l'altro le frasi di Reagan. La morsa fatta di pressione esterna delle democrazie e di rafforzamento del dissenso interno, suggerisce Sharansky, può essere fatale ad ogni dittatura «regno della paura» come lo è stato nei confronti dell'Urss perché ogni dispotismo ha il suo tallone d'Achille nel fatto di «aver bisogno dei frutti dello sviluppo tecnologico occidentale» per poter sopravvivere. Al fine di ottenere ciò che non riusciva a produrre, l'Urss minacciava le democrazie con l'arma nucleare ed «oggi nazioni come l'Arabia Saudita fanno lo stesso con il petrolio». Sharansky chiede alle nazioni libere di sottrarsi a questo ricatto che serve solo a prolungare la vita delle dittature, scegliendo piuttosto la via della «chiarezza morale» che fu di Reagan quando senza perifrasi disse rivolgendosi a Gorbaciov: «Fai cadere il Muro di Berlino». L'esistenza nel mondo arabo e musulmano di intellettuali dissidenti - elencati uno ad uno nel testo - convince l'autore sulla possibilità di ricreare oggi quell'alleanza fra «sostenitori del rispetto dei diritti umani e falchi della sicurezza» che mise alle corde il Cremlino. Nel confronto con le dittature la strada errata è quella dei compromessi e del pragmatismo che celano «assenza di speranza» nel futuro. Fra gli esempi di errori da non ripetere Sharansky ricorda l'opposizione dell'ex Segretario di Stato Henry Kissinger all'emendamento Jackson «perché riteneva che potesse nuocere alla distensione Est-Ovest», la debolezza con cui il presidente Jimmy Carter reagì all'invasione dell'Afghanistan da parte dell'Urss di Leonid Breznev e la velocità con cui il negoziatore israeliano Yossi Beilin negoziò gli accordi segreti di Oslo con l'Olp dando per scontato che il futuro Stato di Palestina sarebbe divenuto una dittatura nelle mani di Yasser Arafat, pensando che proprio questo avrebbe garantito la pace. La tesi del libro è che in Medio Oriente vale la regola generale: pace e stabilità seguono l'avvento della democrazia e dunque lo Stato di Palestina potrà nascere «dopo le riforme» e non prima, come invece suggerisce il testo del piano della Road Map. Nelle pagine sulla crisi arabo-israeliana l'autore chiede a Bush di restare fedele al discorso pronunciato il 24 giugno del 2002 nel giardino delle rose della Casa Bianca, quando si rivolse ai palestinesi spiegando che la strada verso l'indipendenza passa attraverso le riforme democratiche e una dura lotta al terrorismo. Il Medio Oriente è per Sharansky solo un tassello del nascituro ordine internazionale, ciò che conta è l'impegno delle democrazie ad unirsi nella Comunità delle Nazioni Libere, una prospettiva possibile solo con l'impegno in prima persona del presidente degli Stati Uniti. Le ultime righe del volume contengono un vero e proprio appello a Bush affinché prenda l'iniziativa: «Per avere successo lo sforzo di espandere la libertà nel mondo deve essere ispirato e guidato dagli Stati Uniti, nel XX secolo l'America ha provato di avere la chiarezza morale ed il coraggio per sconfiggere il Male, richiamandosi a questo esempio le democrazie del mondo possono sconfiggere la tirannia che ci minaccia oggi e quelle che ci minacceranno domani ed al fine di riuscirsi dobbiamo credere nel fatto che non solo tutti gli esseri umani sono stati creati uguali ma che anche tutti i popoli sono uguali». Hanno quindi pari diritto a vivere nella libertà.

david777
27-12-04, 23:42
Condivido in parte la proposta Natan Sharansky per un ONU riformato ma non rifondato: da Israele mi aspetto uninterpretazione della "democrazia occidentale" in sintonia con la propria tradizione etica e spirituale.

Dopo tanti secoli di storia Israele ha senz'altro capito che si sconfigge il nemico con la Giustizia ed il Diritto, e non semplicemente con la libertà, i carri ed i cavalli...

Israele come sempre può scegliere tra i vari re del secolo, ma il giorno arriverà che "si griderà" (come è già accaduto - 1sam.1) e non vi sarà risposta.

Non c'è dubbio che gli USA siano un pilastro essenziale della libertà, e che il loro potenziale alla realizzazione di un mondo più civile sia enorme.

La cosa che non mi convince però è questa separazione netta tra gli agnelli ed i caproni: l'idea che Israele ed USA siano gli agnelli più bianchi d'Occidente e che dunque ad essi spetta il ruolo di comando del mondo libero, mentre in realtà la candeggina che lava più bianco è quella della WB, WTO e IMF, dietro le quinte del PNAC e delle fondazioni....

La democrazia americana, come anche in realtà e per forza di eventi e pretesti quella europea, sono democrazie sfasate: libertà e civiltà economica a detrimento della pur teorica e giuridica democrazia e civiltà sociale.

Lo squilibrio delle due democrazie non è neppur minimamente paragonabile alla barbarie di certa controparte, ma in tali condizioni non si può coerentemente parlare di rifondazione dell'ONU e diritto alla guida unipolare del mondo.

In sostanza non c'è bisogno di riforndare l'ONU traducendolo in un'altra alleanza delle nazioni, bensì applicare gli statuti ed il Diritto Internazionale per mettere sotto disciplina e temporanea sospensione quei governi che sono incompatabili con i medesimi principi da essi sottoscritti.

L'idea della rifondazione porta con sè il palese tentativo di riformare costituzioni e statuti in un senso "economico", togliendo di torno quegli elementi del Diritto che disturbano i sogni ed i programmi dei potentati plutocratici per la realizzazione di un ordine globale iperliberista e senza articoli 18 in giro.

Da Israele mi aspetto ben altro e più che da EU ed USA.

Solo la Giustizia dà il diritto di separare le pecore dai caproni!

nuvolarossa
06-01-05, 21:32
[color=red]L'ambasciatore dello Sri lanka ha ufficialmente ringraziato lo Stato di Israele e il Popolo di Israele per l'aiuto dato al suo Paese e alla sua gente dopo la catastrofe provocata dallo Tsunami, l'onda assassina. Questa e' la notizia che conclude una vicenda confusa di cui avevano dato notizia i media ... (continua ... sotto)
http://www.eretzisrael.splinder.com/

nuvolarossa
20-01-05, 11:59
...

nuvolarossa
09-03-05, 13:15
Mazzini fu il primo neocon

di Tommaso Ciuffoletti

Caro Direttore,
in occasione della visita italiana di Bill Kristol, avrei voluto suggerire al neocon DOCG di fare una visita a Genova come omaggio per il bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini, al quale proprio i neocon tanto devono, almeno per quanto riguarda la loro concezione della politica estera. Perché a ben vedere essi non hanno inventato niente di nuovo in materia, ma hanno invero avuto il merito di riprendere ciò che altrove si è colpevolmente fatto finta di dimenticare, piuttosto che rielaborare criticamente. Proprio in un recente libro del prof. Salvo Mastellone è infatti riportata un’interessantissima lettera aperta che Giuseppe Mazzini scrisse, nel luglio del 1845, al ministro dell’Interno Sir J. Graham in cui si legge come per l’esule italiano la politica di pace e la conservazione dello status quo in Europa, che il governo inglese perseguiva sulla scorta del Congresso di Vienna, cozzava con le dichiarazioni autorevoli e coraggiose del Duca di Wellington secondo cui la politica dell’Inghilterra aveva, per fine “non solamente di rimanere in pace con tutti, ma di mantenere pace per ogni dove, e promuovere l’indipendenza, la sicurezza e la prosperità di ogni altra terra nel mondo” (4 luglio 1844). Mazzini scrisse testualmente: “Accetto di buon grado una definizione siffatta e la credo migliore di tutte le teorie di non intervento che oggi cancellano il diritto internazionale e il progresso europeo. La dottrina assoluta del non intervento in politica corrisponde all’indifferenza in fatto di religione: è un mascherato ateismo, una negazione, senza la vitalità della ribellione, di ogni credenza, d’ogni principio generale, d’ogni missione a pro dell’umanità. Noi siamo tutti vincolati l’uno all’altro nel mondo, e a un intervento è dovuto quanto di buono, di grande, di progressivo ci addita la storia [...] Io non sono partigiano di quella massima gesuitica “il fine giustifica i mezzi”, ma devo confessare che mi sembra egualmente assurdo, egualmente ingiusto di esaltare fino al grado di assioma l’opinione che in ogni occasione e in ogni epoca condanna l’applicazione della forza fisica”.
P.S. Considerato che dunque non occorre essere neocon per sostenere il “contagio democratico”, ne approfitto per aderire all’appello del vostro giornale per un Libano libero e indipendente.

Tommaso Ciuffoletti
Firenze

nuvolarossa
12-03-05, 21:10
Università di Bologna, antisemitismo preventivo

di ....

Angelica Calò , del Kibbutz Sasa, e Samar, palestinese, che condividono progetti in Israele e nei Territori avrebbero dovuto tenere una conferenza all'Università di Bologna il 9 marzo, intitolata "Sotto lo stesso cielo, l'impossibile convivenza?" e incentrata sulla vita quotidiana di arabi ed ebrei in Israele. All'ultimo momento, però, gli stessi insegnanti hanno preferito non farne nulla. "Dopo la forte contestazione avuta dall'ambasciatore israeliano all'università di Firenze", ha scritto ad Angelica Calò uno degli organizzatori "ci è stato consigliato di annullare l'incontro visto anche la situazione nella nostra facoltà". Nelle università italiane è il quarto caso in dodici mesi. Gli ebrei, israeliani o italiani che hanno scelto di vivere in Israele, non riescono ad entrare né a prendere la parola. “Per evitare il peggio”, hanno detto alla signora Calò. La più antica università d’Europa partorisce una nuova tendenza. L’antisemitismo preventivo.

nuvolarossa
11-08-05, 17:15
“Oggi via da Gaza, domani da Gerusalemme”
I tanti dubbi su un ritiro unilaterale senza contropartite

di Daniel Pipes

Coloro che criticano Israele hanno ragione? L’antisemitismo dei palestinesi, la loro industria del suicidio e le azioni terroristiche sono frutto “dell’occupazione” della Cisgiordania e di Gaza? Ed è vero che questi orrori avranno fine solo in seguito al ritiro dai Territori dell’esercito e dei civili israeliani? La risposta non tarderà ad arrivare. A partire dal prossimo 15 agosto, il governo israeliano sfratterà circa 8.000 israeliani residenti a Gaza e consegnerà le loro terre all’Autorità palestinese. Oltre a costituite un singolare evento della storia moderna (nessuna altra democrazia ha sradicato forzatamente migliaia di propri cittadini che professano una certa religione dalle loro legittime abitazioni) ciò rappresenta altresì un insolito esperimento dal vivo di scienza sociale. Ci troviamo al cospetto di una linea di demarcazione ermeneutica. Se coloro che criticano Israele hanno ragione, il ritiro da Gaza non farà altro che migliorare gli atteggiamenti dei palestinesi nei confronti dello Stato ebraico, arrivando a porre fine all’istigazione della violenza e sancendo un forte calo degli attentati terroristici cui farà seguito l’apertura di nuovi negoziati e un accordo globale. Dopotutto, la logica vuole che se “l’occupazione” rappresenta il problema, una volta che essa cesserà, anche se in modo parziale, si arriverà a una soluzione. Ma io preconizzo un esito ben differente. Visto che circa l’80% dei palestinesi continua a non voler riconoscere la reale esistenza di Israele, i segnali di debolezza mostrati dallo Stato ebraico, come l’imminente ritiro da Gaza, provocheranno piuttosto un’intensificarsi dell’irredentismo palestinese. Acquisendo il loro nuovo dono senza mostrare un briciolo di gratitudine, i palestinesi concentreranno la loro attenzione su quei territori che gli israeliani non hanno evacuato. (Questo è quanto accadde dopo che l’esercito israeliano abbandonò il Libano.) Il ritiro non sarà fonte di cortesia ma di una nuova euforia di rigetto, di una maggior frenesia di rabbia antisionista, e di una recrudescenza della violenza anti-israeliana.
Gli stessi palestinesi lo dicono apertamente. Ahmed al-Bahar uno dei leader di Hamas a Gaza asserisce che: “Dopo oltre quattro anni di Intifada, mai prima di oggi Israele si è trovato in uno stato di retrocessione e di debolezza. Gli eroici attacchi di Hamas hanno smascherato la debolezza e la volubilità dell’impotente establishment di sicurezza sionista. Il ritiro segna la fine del sogno sionista ed è indice del declino morale e psicologico dello Stato ebraico. Noi riteniamo che la resistenza sia l’unico mezzo in grado di esercitare pressioni sugli ebrei”.
Sami Abu Zuhri, un portavoce di Hamas, sostiene altresì che il ritiro è “dovuto alle operazioni di resistenza palestinesi (…) e noi continueremo a opporre resistenza”.
Altri personaggi sono ancora più precisi. Nel corso di una manifestazione popolare svoltasi a Gaza City lo scorso giovedì, circa 10.000 palestinesi si sono messi a ballare, cantare e a scandire lo slogan: “Oggi a Gaza, domani a Gerusalemme”. Domenica, Jamal Abu Samhadaneh, leader dei Comitati per la Resistenza Popolare di Gaza, ha annunciato quanto segue: “Trasferiremo le nostre cellule in Cisgiordania” ed ha ammonito che “Il ritiro non sarà completo senza la Cisgiordania e Gerusalemme”. Ahmed Qurei dell’Autorità palestinese asserisce altresì: “La nostra marcia si fermerà solo a Gerusalemme”.
Le intenzioni palestinesi preoccupano perfino la sinistra israeliana. Danny Rubinstein, esperto di questioni arabe per Ha’aretz, osserva che il premier Ariel Sharon ha deciso di lasciare Gaza solo dopo un intensificarsi della carneficina anti-israeliana. “Anche se quegli attacchi non ebbero luogo perché Sharon escogitò l’idea del disimpegno, i palestinesi sono sicuri che sia il caso di perpetrarli e ciò rafforza l’opinione da loro nutrita che Israele capisce solo il linguaggio degli attacchi terroristici e della violenza”.
Israel National News ha raccolto altri commenti della sinistra:
Yossi Beilin, ex ministro della Giustizia e leader del Partito Yahad/Meretz: “Esiste un reale pericolo che in seguito all’attuazione del piano di disimpegno, in Cisgiordania si intensificheranno gli episodi di violenza, diretti a ottenere la stessa cosa raggiunta a Gaza”.
L’ex ministro degli Esteri Shlomo Ben-Ami, membro del Partito laburista: “Un ritiro unilaterale perpetua l’immagine di Israele, che lo ritrae come un paese che sotto pressione fugge via (…) Fatah e Hamas pensano di doversi preparare alla terza Intifada – stavolta in Cisgiordania”.
Ami Ayalon, ex capo del Servizio di sicurezza: “Il ritiro senza ottenere nulla in cambio è soggetto ad essere interpretato da parte di alcuni palestinesi come una resa. (…) C’è un grosso rischio che subito dopo l’attuazione del piano di disimpegno vi sarà una recrudescenza della violenza”.
Eitan Ben-Eliyahu, ex comandante dell’aeronautica militare: “Non c’è il rischio che il ritiro garantirà una stabilità a lungo termine. Il piano di disimpegno così come è può solo condurre a una recrudescenza del terrorismo”.
Prevedo che gli eventi proveranno che le critiche a Israele sono totalmente infondate ma coloro che le hanno mosse non impareranno nessuna lezione. Senza lasciarsi toccare dai fatti, costoro chiederanno ulteriori ritiri israeliani. Il danno auto-inflittosi da Israele sta preparando la via ad altri disastri.

Traduzione di Angelita La Spada

Lincoln (POL)
14-08-05, 22:04
L'appoggio dell'America al disimpegno da Gaza.

LA STAMPA di domenica 14 agosto 2005 pubblica a pagina nove un intervista di Yaron Deckel al presidente americano George W. Bush, ripresa dalla televisione israeliana Channel 1.

Ecco il testo:

«Uno dei motivi per cui stimo Sharon è la sua lealtà: quando dice una cosa la pensa. E spero che anche lui di me apprezzi questo. Entrambi manteniamo la parola data. Ora, io da tempo dico che dobbiamo unirci nella lotta al terrorismo, perché Israele possa essere sicuro, e così l’America e le altre nazioni libere. Apprezzo molto chi lavora coraggiosamente per la pace e quando Ariel Sharon è venuto alla Casa Bianca e mi ha detto che intendeva lasciare Gaza, sono rimasto colpito dalla sua audace determinazione. Il ritiro aiuta a rendere Israele più sicuro e a portarlo verso la pace, concordo in pieno con lui. Si tratta di un passo importante perché Israele e Usa sono alleati ed è logico desiderare la pace per gli alleati».
La maggiore preoccupazione in Israele è che il ritiro invece di portare maggior sicurezza faccia aumentare la violenza. Comprende quest’ansia?
«Assolutamente sì. E posso capire perché la gente sia convinta che porterà a un vuoto di potere in cui s’insinuerà il terrorismo. Ma non sono d’accordo. Credo che sarà un’opportunità per far emergere la democrazia. E le democrazie sono pacifiche. È molto importante per gli Stati Uniti, in quanto parte attiva nel processo, incoraggiare la formazione di forze di sicurezza che sconfiggeranno il terrore - forze palestinesi, come indicato dalla Road map - e lo sviluppo verso uno stato pacifico».
Lei ha detto che incentiverà il ritiro concedendo qualche aiuto che permetterà ad Israele di sviluppare il Nord e il Sud, Galilea e Negev. Ha già preso qualche decisione in merito?
«Come ho detto a Sharon quando è stato qui, il Negev e la Galilea offrono grandi opportunità per lo sviluppo economico. Quindi invierò delle delegazioni per valutare le diverse opzioni. Non abbiamo ancora messo a fuoco soggetti specifici».
Non la preoccupa la fiera opposizione interna del Likud che Sharon deve fronteggiare? Secondo i sondaggi sul ritiro potrebbe giocarsi le elezioni.
«La democrazia consente il dissenso. Sharon ha preso una decisione audace, d’impatto. Capisco che faccia discutere. Ma credo abbia fatto la cosa giusta e posso assicurare agli israeliani che questa scelta ha reso ancora più forti i nostri legami con loro»
Che ne dice di Netanyahu, che doveva succedere a Sharon e ora guida l’opposizione?
«Bene, ho incontrato Bibi Netanyahu, è molto noto negli Usa. Sta facendo quello che ritiene necessario per il bene di Israele e questo ha portato al disaccordo due amici. Ma Sharon farà il bene di Israele».
Perché è così certo che il ritiro porti maggior sicurezza?
«Intanto è un’opportunità, il sistema precedente non funzionava. Era in corso l’Intifada, c’erano uccisioni e vittime. Ora c’è stata una tregua negli attacchi. Anche uno è troppo, è vero, ma è un fatto che siano diminuiti. Sono convinto che, alla distanza, la soluzione di due stati che vivono in pace uno a fianco dell’altro sia la migliore per la sicurezza di Israele. Nel frattempo dobbiamo lavorare allo smantellamento delle organizzazioni terroristiche. Come dice la Road map».
Quanto è urgente che Abu Mazen intraprenda azioni più decise contro il terrorismo?
«A quanto ne so e mi è stato detto, Abu Mazen comprende fino in fondo la necessità di disarmare i terroristi. Sa che non ci può essere democrazia sotto la minaccia di gruppi armati. E lui vuole la democrazia. Dobbiamo aiutarlo. Ecco perché abbiamo mandato un generale ad addestrare e coordinare le forze palestinesi per la lotta ai terroristi».
Ma lei trova accettabile, ad esempio, un cessate il fuoco stabile con Hamas?
«Come lei sa Hamas è un gruppo terroristico».
Abu Mazen si è accordato con loro.
«É lui il presidente eletto dai palestinesi. D’altra parte, io esprimo la mia opinione. Non credo che uno stato pacifico e democratico possa coesistere con gruppi sovversivi».
Da credente a credente, cosa dice ai coloni che pensano di agire nel nome di Dio e si rifiutano di obbedire al governo?
«La Bibbia parla del ruolo del governo terreno e lo riconosce. Israele è una democrazia, quindi si basa sul consenso. Il Primo ministro persegue quelli che ritiene gli interessi del Paese. Sarà il popolo ad avere l’ultima parola e a decidere se ha ragione».
Nessuno negli Anni ‘80 avrebbe detto che gli Usa avrebbero dialogato con l’Olp. Vede possibili future aperture ad Hamas?
«Vedo relazioni con uno stato palestinese pacifico fondato su istituzione democratiche».
Lei ha detto che, una volta avviato il ritiro, entrambe le parti collaboreranno a realizzare la Road map. Sharon ha precisato che non ci sarà alcun progresso politico fino a che i palestinesi non agiranno con determinazione contro il terrorismo. Concorda?
«La Road map chiede la fine del terrorismo. E il ritiro da Gaza è un’opportunità, per i palestinesi, di dimostrare che c’è una possibilità. Smantellare il terrorismo non significa solo isolare gli attentatori, togliere loro le armi, ma anche dimostrare, ai palestinesi e agli israeliani, che c’è una speranza di pace. Tutti hanno degli obblighi in questo: gli israeliani, i palestinesi, anche noi. E le nazioni arabe: non devono incitare alla violenza, devono isolare e assicurare alla giustizia i terroristi. E finanziare lo sviluppo di Gaza, per renderla un luogo di prosperità e di pace».
copyright Israeli television Channel 1

nuvolarossa
15-08-05, 08:56
La Storia, ora

Capita raramente di sapere che quel che ci accade attorno ha un sicuro posto nella storia. Il ritiro israeliano dalla striscia di Gaza, l’uso della forza morale, ed anche di quella fisica per obbligare allo sgombero gli 8.500 coloni dei ventuno insediamenti, nelle pagine di storia che si scriveranno ci sarà. Israele ha scelto un gesto forte, netto, unilaterale e senza condizioni per dire che una pace è possibile, che lo scontro con i palestinesi può avere fine, che i due popoli possono convivere pacificamente.

http://www.repubblica.it/2005/h/sezioni/esteri/moriente16/nottegazz/afp_6641250_17370.jpg
(I coloni fanno resistenza passiva a Neve Dekalim )

Non è affatto una scelta scontata. Si pensi a Putin, che compì la scelta opposta, approfittando del clima imposto dalla lotta al terrorismo internazionale per intensificare la guerra contro i ceceni. Anche Israele avrebbe potuto farlo, e non senza ragioni, visto che il terrorismo islamico dice (dice, ma mentendo) di avere a cuore la causa palestinese e che fra i palestinesi vi sono organizzazioni terroristiche e stragiste. Sharon si è mosso in direzione opposta, ha capito che la reazione statunitense contro il terrorismo islamico escludeva anche solo l’ipotesi di un isolamento dell’unica grande democrazia medio orientale, ha capito che era giunto il momento, si era creata la condizione, anche grazie alla morte di Arafat, per parlare di pace.
Da parte palestinese gli avversari di Abu Mazen, i signori della guerra e della morte, festeggiano oltre il dovuto il ritiro israeliano e ne annettono il merito proprio alla piaga da combattere: il terrorismo che falcia le vite dei civili israeliani. Non è così. Ed è qui che la storia deve essere ancora scritta, dando il segno alla pagina che oggi leggiamo: se da parte palestinese prevarrà la ragionevolezza ed il desiderio di creare un’identità statuale, il gesto d’Israele sarà raccolto e valorizzato; se vinceranno i gruppi come Hamas, i corrotti dal quattrino della violenza, le conseguenze saranno gravissime, e difficilmente rimediabili per l’intero popolo palestinese.
In queste ore, dunque, si scrive la storia, anche se non sappiamo cosa insegnerà. Sappiamo, però, che in quel processo un leader politico ed una democrazia giuocano la propria sorte; sappiamo che ciò scatenerà ulteriormente lo scontro interno al mondo palestinese; sappiamo che gli Stati Uniti aiutano e lavorano per la pace; e sappiamo, infine, che l’Unione Europea non ha alcun ruolo. Fuori dalla storia.

Davide Giacalone
www.davidegiacalone.it

15 agosto 2005

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tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/4979

nuvolarossa
18-08-05, 10:09
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nuvolarossa
24-09-05, 21:33
Chissa' se qualcuno capisce...

Chissa' se qualcuno, laggiu' al di la' del mare, capisce cosa sta succedendo! Piu' di un mese fa 8500 israeliani furono portati via dalla striscia di Gaza. E' stato un periodo sconvolgente dal quale non ci siamo ancora ripresi , una ferita profonda al cuore. Migliaia di famiglie sradicate, migliaia di bambini che hanno visto le ruspe distruggere la loro casa, migliaia di certezze distrutte, migliaia di sogni infranti, milioni di lacrime piante e decine di notti senza sonno.
Nonostante tutto questo, la maggior parte degli israeliani e' sempre convinta che questo passo andava fatto perche' non c'era altra soluzione e per dimostrare al mondo che Israele e' capace di tutto pur di avere la pace, capace persino di ditruggere i propri sogni e di strappare le proprie radici.

http://www.repubblica.it/2005/i/sezioni/esteri/moriente19/tulka/ap_6837603_58180.jpg
(Gaza, il momento dell'esplosione nel corteo di Hamas: da piu' parti si sostiene che siano esplosi accidentalmente ordigni che estremisti palestinesi portavano su un'auto)

Israele ha dimostrato , una volta di piu' e la piu' dolorosa, di saper soffrire per un ideale piu' forte dell'ideologia.
Qualcuno capisce perche' abbiamo fatto questo?
C'e' qualcuno la' fuori, al di la' del mare, che capisce?
Il mondo ha applaudito Israele, mi riferisco sempre al mondo civile non certo a quella parte di mondo fanatico, no global e pacifista, innamorato dei terroristi.
C'e' pero' un particolare che mi sfugge, si, il mondo ha applaudito Israele ma si e' dimenticato di dire qualcosa ai palestinesi, qualcosa del tipo:
tiratevi su le maniche e lavorate. Avete vagonate di soldi, usateli per la gente, per le case, per il lavoro, fate qualcosa insomma!
Si sono dimenticati che Israele ha lasciato la striscia di Gaza per dare ai palestinesi l'opportunita' di fare qualcosa di buono e di utile dopo aver piagnucolato per 40 anni, dopo aver ammazzato per 40 anni. Israele gli ha dato la grande occasione di mettere via le armi e di prendere in mano pala e picco, di lavorare per la loro vita, per il loro futuro nella speranza di poter arrivare, anche se un giorno lontano, alla pace.
Niente di tutto questo sta accadendo, loro sono sempre la', come se niente fosse successo, sono la' che ci sparano addosso e che si sparano addosso, che bruciano modellini di autobus, che hanno bruciato sinagoghe vere, che urlano e annegano perche' nessuno gli ha detto che chi va in mare deve saper nuotare.
Sono la' che sparano come se non si fossero ancora accorti di avere ricevuto quello per cui hanno abbaiato e ucciso per 40 anni.
Sono la', il loro terrorismo e' stato premiato come il mondo ha sempre preteso. Hanno ammazzato e ridotto in pezzi persone innocenti e hanno ricevuto in premio la Striscia di Gaza.
Quando qualcuno li prendera' per la collottola e gli urlera' "sentite belli miei, se non ve ne siete ancora accorti, avete ricevuto un bel regalo, avete intenzione di darvi da fare oppure continuerete a essere i parassiti dell'umanita'?"

Resa judenrein la striscia di Gaza cosa dovevamo aspettarci da questa gente?
Un minimo di civilta', di voglia di fare, di costruire, di creare vita, vita civile e civilizzata.
Ci aspettavamo maturita' e iniziativa, desiderio di sfruttare i miliardi di euro messi a loro disposizione dagli europei e dagli americani. Insomma ci aspettavamo che non deludessero i loro fans di sempre, quelli che li hanno mantenuti, giustificati e santificati per decenni.
Abbiamo visto invece dei bestioni incendiare sinagoghe, abbiamo visto le solite manifestazioni violente, i soliti slogan di morte a Israele, le solite provocazioni.
Abu mazen un mese fa disse le ultime parole famose :"in tre giorni Gaza sara' tranquilla".
Bene, anzi male, Gaza non e' tranquilla, le bande di terroristi e di criminali imperversano, sparano, si ammazzano a vicenda, continuano e gettare razzi Qassam contro le citta' israeliane del neghev, solo hamas ne ha lanciati oggi 26, vari israeliani feriti e sotto schock.
Tutto come prima!
Tutto come prima con la differenza che i bestioni adesso hanno un nuovo gioco , possono saltare come invasati sulle rovine delle case degli ebrei evacuati.
Saltano, urlano, bruciano e sparano.
Chissa' se i loro fans diranno che e' colpa di Israele!

Dal giorno in cui l'esercito israeliano, dopo aver raso al suolo le proprieta' ebraiche, ha abbandonato la Striscia , i palestinesi non hanno fatto che provocare e cercare lo scontro.
Finalmente, dopo un mese di provocazioni, Israele ha reagito e ha colpito Gaza nel tentativo di fermare questo stillicidio.
E adesso cosa urlano i bestioni?
Ci vendicheremo, urlano!
Senza vergogna!
Ma come, avete rotto le scatole ininterrottamente invece di mettervi a lavorare e adesso, dopo la reazione sacrosanta di Israele, dite che vi vendicherete?
C'e' qualcuno al mondo che capisce cosa sta succedendo?
C'e' qualche europeo che pensa che Israele ha ragione, mille volte ragione, quando dice che loro non vogliono ne' terra ne' pace ma guerra e morte?
Non vogliono la pace, non vogliono la vita, non vogliono il lavoro, non vogliono la civilta'.
C'e' qualcuno, laggiu' al di la' del mare, che capisce che il popolo della morte vuole solo dare la morte, anche a se stesso?
Israele e' uscito da Gaza per ricostruire "Gush Kativ" altrove.
I palestinesi sono entrati a Gaza per distruggere le persone e la Terra.

Deborah Fait
www.informazionecorretta.com

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tratto da http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=70&id=7647&print=preview

Lincoln (POL)
20-10-05, 20:05
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


Strategia di avvicinamento tra Afghanistan e Israele

«Contatti e un’intervista per preparare l’incontro tra Karzai e Sharon»

IL FOGLIO di giovedì 20 aprile 2005 pubblica un articolo sui passi dell'avvicinamento diplomatico tra Afghanistan e Israele.Ecco il testo:

Kabul.
La delicata strategia d’avvicinamento fra l’Afghanistan musulmano e Israele procede: sono già in corso contatti riservati fra i due paesi. Secondo l’israeliano Yediot Ahronot, l’ufficializzazione di questi “colloqui” – che vanno verso l’apertura di relazioni diplomatiche fra i due paesi – dovrebbe arrivare entro pochi giorni. Subito dopo le elezioni parlamentari del 18 settembre, il presidente afghano, Hamid Karzai, aveva compiuto il primo passo durante un incontro con un gruppo selezionato di giornalisti. “Se il governo israeliano riconoscerà lo Stato palestinese l’Afghanistan non avrebbe alcun problema a stabilire relazioni con lo Stato d’Israele. Al momento, però, non posso dare una risposta definitiva in tal senso”, aveva detto il capo di Stato musulmano rispondendo a una domanda di un giornalista pashtun, che prendeva spunto dall’avvicinamento fra Pakistan e Israele. Poche settimane dopo Karzai ha rilasciato un’intervista a Yediot Ahronot in cui conferma: “Quando Israele riconoscerà un libero Stato palestinese stabiliremo anche noi relazioni diplomatiche con Israele, perché rapporti di questo genere rappresentano una chiave per risolvere i problemi”. Ha aggiunto che, se i leader palestinesi negoziano con il premier Ariel Sharon, non c’è più alcun scusa per i paesi musulmani a non fare lo stesso. “Vogliamo che i nostri fratelli palestinesi abbiano il diritto di vivere in pace e apprezziamo il ritiro delle truppe israeliane da Gaza”, ha detto Karzai, spiegando che l’apertura è scaturita proprio dal disimpegno. Karzai ha smentito che si stia preparando un suo viaggio in Israele, o una visita di Sharon a Kabul, ma fonti diplomatiche israeliane e nella capitale afghana hanno rivelato che contatti riservati sono già stati avviati. Forse l’Afghanistan segue la tattica della diplomazia segreta attuata dal Pakistan verso Israele. Il ministro degli Esteri afghano, Abdullah Abdullah, potrebbe annunciare un incontro a sorpresa con il suo omologo a Gerusalemme. Non è escluso neppure un incontro in campo neutro fra Karzai e Sharon, in occasione di una riunione internazionale. L’avvicinamento fra Afghanistan e Israele ha sollevato interesse sui mass media: gli islamisti conservatori hanno gridato al tradimento su siti Internet radicali. Il vero ostacolo da superare sarà l’ostilità di una fetta irriducibile del nuovo Parlamento afghano, rappresentata da vecchi signori della guerra e islamici duri e puri. Le donne esultano, ma anche due islamisti Secondo le prime anticipazioni dell’esito del voto del 18 settembre, il fratello di Karzai ha vinto a Kandahar, la roccaforte degli studenti guerrieri. Si pensava che le donne avrebbero occupato i seggi garantiti dalla nomina presidenziale, ma le candidate hanno in alcuni casi superato i rivali uomini, come a Herat, capoluogo vicino al confine con l’Iran, dove Fauzia Gailani è la candidata più votata, con 16.885 preferenze. Nella provincia di Farah è stata eletta Malalai Joya, un’attivista dei diritti delle donne, e a Kabul anche la giovanissima Sabrina Saqib, soprannominata la “sexy candidata” per la sua bellezza sotto il velo, dovrebbe farcela. Nella provincia di Logar, roccaforte pashtun alle porte di Kabul, Noor Ziah Charkhi, liberale, è stata battuta per un pugno di voti da un’altra donna, Shakila Hashemi, che difende il velo ed è considerata integralista. A Kabul, Haji Mohammad Mohaqiq, leader della minoranza sciita degli hazara, è il candidato più votato con 52.586 voti. Costretto al secondo posto il tagiko Yunes Qanooni, che si presentava come il leader dell’opposizione. Sorprendente il successo, con 30.749 voti, di Ramazan Bashar Dost, silurato da Karzai per i suoi discorsi contro la corruzione. Abdul Rabb Rasoul Sayyaf, leader dei mujaheddin, ma estremista islamico che chiede il ritiro delle truppe dall’Afghanistan riuscirà a entrare in Parlamento. Eletti anche Ahmad Khan, che non intende disarmare le sue milizie, e Ustad Mohammad Akabari, accusato di stragi di civili. I comunisti hanno ottenuto un discreto successo a Khost, provincia calda al confine con il Pakistan, con Sayyed Mohammad Gulabzoy e Leyaqatullah Babakerkhel. A Kabul, invece, è andato bene l’ex comunista Kabir Ranjbar, che punta a formare un blocco progressista. Gli ex talebani più famosi, come il capo della polizia religiosa, Mulawi Qalamudin, e il ministro degli Esteri, Wakil Ahmad Mutawakel, non hanno ottenuto sufficienti voti. Dovrebbero entrare in Parlamento due studenti guerrieri: il comandante Rocketi, al secolo mullah Abdul Salam, noto per la sua bravura nel tirare i razzi, e l’ex governatore di Logar, Fazlullah Mujadidi.
http://pinoulivi.com/midi/medley1.mid

Lincoln (POL)
30-10-05, 17:47
Israele è una roccia.
La Repubblica islamica d’Iran vuole cancellarlo dalla carta: la risposta è NO

Noi amiamo l’Iran, la sua cultura, la sua storia, la sua religione, la sua sofferenza, la sua nascosta allegria e gran voglia di vivere, la febbre democratica dei suoi giovani e della maggioranza assoluta di quel popolo. Non amiamo il regime teocratico che lo governa dal 1979. Non amiamo la sua complicità con il terrorismo internazionale, la sua violenza antioccidentale e antiamericana, e il suo tentativo di procurarsi l’arma nucleare ci spaventa, ci angoscia. Sappiamo che la spinta del fanatismo profetico rende tutto possibile. E abbiamo sentito dalla viva voce di Mahmoud Ahmadinejad, il capo di una classe dirigente plebiscitaria che vorremmo veder sostituita da una democrazia costituzionale, che il suo governo dei mullah e degli ayatollah non vuole rovesciare la politica di Ariel Sharon, non vuole negoziare, vuole semplicemente “eliminare Israele dalla carta geografica”, cioè dalla faccia della terra. La nostra risposta è altrettanto semplicemente NO. In una grande capitale europea come Roma, in un paese che promulgò le leggi razziali contro gli ebrei, in una città in cui si è scherzato con il fuoco dell’antisemitismo, ma si è anche intrecciato un grande dialogo interreligioso e laico con le ragioni di Israele, popolo e focolare nazionale dei dispersi e dei salvati, si deve sentire questo NO. E lo si sentirà alto, rocccioso come roccioso è Israele, giovedì prossimo 3 novembre, davanti all’ambasciata della Repubblica islamica d’Iran. Con gli iraniani, contro la violenza del regime, a difesa come sempre del diritto di Israele ad esistere in sicurezza e in pace accanto agli altri popoli e stati della regione mediorientale. (29/10/2005)

nuvolarossa
31-10-05, 14:50
IRAN/ VELTRONI, LA MALFA E NUCARA A FIACCOLATA DEL 'FOGLIO'

Il 3 novembre a Roma

Roma, 31 ott. (Apcom) - Il sindaco di Roma Walter Veltroni parteciperà alla fiaccolata organizzata dal quotidiano "Il Foglio" per il 3 novembre per protestare contro le dichiarazioni del presidente iraniano Ahmadinejad su Israele.

Anche il presidente del Pri, Giorgio La Malfa ed il segretario del Pri, Francesco Nucara, saranno presenti all'iniziativa, alla guida di una delegazione del partito repubblicano.

nuvolarossa
31-10-05, 16:55
IRAN/ PRI: FINI NON PARTECIPI A FIACCOLATA
"Ha altri mezzi per esprimere dissenso governo"


Roma, 31 ott. (Apcom) - "Sinceramente invitiamo Gianfranco Fini a declinare la presenza in piazza e ad attivare tutti i canali disponibili in suo potere a riguardo". Lo chiede il Pri, con un editoriale pubblicato sulla 'Voce Repubblicana'. Il Pri aderisce alla fiaccolata organizzata dal "Foglio" per protestare contro le dichiarazioni del presidente iraniano Ahmadinejad su Israele, cui ha aderito anche Gianfranco Fini, e tuttavia "vorremmo chiedere al ministro degli Esteri se sia anche opportuna la sua presenza fisica sotto l'ambasciata iraniana, avendo egli mezzi molto diversi per far sapere del dissenso e della riprovazione del nostro governo nei confronti delle parole del presidente iraniano Ahmadinejad".

Nello stesso editoriale, si affrontano anche le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sul dissenso rispetto alla guerra in Iraq: "Era già agli atti della cronaca parlamentare e della libera stampa il pensiero del presidente del Consiglio sulla guerra all'Iraq. Averla sostenuta politicamente nonostante le sue convinzioni personali, è un merito importante di questo governo. Siamo dunque soddisfatti dalla presa di posizione del presidente del Consiglio". Piuttosto - si aggiunge nell'editoriale - "sarebbe ora di capire quale è la proposta del professor Prodi".

nuvolarossa
31-10-05, 21:08
Pri alla fiaccolata promossa dal "Foglio"

Il presidente del Pri, Giorgio La Malfa ed il segretario del Pri, Francesco Nucara, guideranno una delegazione del Partito repubblicano alla fiaccolata indetta dal "Foglio" il 3 novembre a sostegno di Israele contro le minacce del presidente iraniano Ahmadinejad. Presso la sede del Pri è stata esposta la bandiera israeliana.

nuvolarossa
31-10-05, 21:10
A sostegno di Israele

La libertà dell'occidente si difende sotto le mura di Gerusalemme

Era già agli atti della cronaca parlamentare e della libera stampa, il pensiero del presidente del Consiglio sulla guerra all'Iraq. Averla sostenuta politicamente, nonostante le sue convinzioni personali, lo riteniamo un merito importante di questo governo, che ha saputo contribuire, se non alla liberazione, come il Pri chiese durante il dibattito alle Camere, alla stabilizzazione del paese. Un compito che ancora non è terminato, ma che pure ha prodotto i risultati riconosciuti dalle Nazioni Unite, quali il voto per il governo iracheno e la nuova Costituzione del paese. Siamo dunque soddisfatti dalla presa di posizione del presidente del Consiglio che ha ribadito, per necessaria chiarezza, come "oggi non ci sia altra strada che il restare a completare l'opera iniziata", aggiungendo che "un'opinione contraria consegnerebbe l'Iraq ad un futuro di sangue e di terrore".

Sarebbe piuttosto ora di capire qual è la proposta del professor Prodi, che disconosce l'impegno di pace dei nostri soldati, il loro contributo alla attuale situazione e pure non chiede più il ritiro immediato delle truppe, accontentandosi di proporre un immediato calendario del ritiro e depreca la guerra, nemmeno rimpiangesse Saddam Hussein.

Possiamo discutere in realtà all'infinito delle ragioni per le quali si mosse la guerra all'Iraq, ma sarà il popolo americano a valutare se il suo governo ha sbagliato valutazione. Noi apprezziamo che non ci sia più un dittatore che usava minacciare i paesi vicini e opprimere il suo stesso popolo, come è successo per decenni.

E siamo felici della caduta di Saddam Hussein anche per lo Stato israeliano, che ha oggi un nemico di meno da cui guardarsi fra tanti che gli si rivolgono contro. Ugo La Malfa ci ricordava che la libertà dell'occidente si difende sotto le mura di Gerusalemme, e questa è rimasta la nostra opinione a proposito. Per questa ragione la presidenza e la segreteria del Pri parteciperanno giovedì alla manifestazione in difesa di Israele promossa dal "Foglio", ed è un bene che ad essa siano presenti esponenti del governo e dell'opposizione, da Fini a Fassino. Vorremmo però chiedere al ministro degli Esteri se sia opportuna la sua presenza fisica sotto l'ambasciata iraniana, avendo egli mezzi molto diversi per far sapere del dissenso e della riprovazione del nostro governo nei confronti delle parole del presidente iraniano Ahmadinejad.

Sinceramente lo invitiamo a declinare la presenza in piazza e ad attivare tutti i canali disponibili in suo potere a riguardo.

Roma, 31 ottobre 2005

nuvolarossa
02-11-05, 22:31
Le minacce al mondo ebraico coinvolgono tutti noi

La Federazione Giovanile Repubblicana esprime la propria solidarietà allo Stato di Israele per le vergognose e deliranti affermazioni del Presidente iraniano Ahmadinejad.

Israele rappresenta un baluardo a difesa della libertà e della democrazia, e risulta intollerabile qualsiasi minaccia volta a porre in discussione l'esistenza stessa di questo Stato. Ma la minaccia che l'Iran rivolge ad Israele è in realtà un pericolo per tutto il mondo.

La comunità internazionale non può più ignorare tale questione: occorre dare una risposta forte e decisa, e solo la compattezza e l'intransigenza dell'Europa e degli U.S.A. possono costituire una adeguato deterrente volto a scongiurare ulteriori drammatici sviluppi.

La Federazione Giovanile Repubblicana sarà presente, con il suo segretario nazionale Giovanni Postorino ed i suoi militanti, alla fiaccolata di giovedì sera 3 novembre promossa da "Il Foglio" di fronte all'ambasciata iraniana per manifestare tutta la propria "intolleranza" nei confronti della politica "intollerante" di Teheran.

Federazione Giovanile Repubblicana

nuvolarossa
02-11-05, 22:36
Un atto simbolico per ricordare un grande debito

Lettera inviata da Francesco Nucara al professore Amos Luzzatto, Presidente Unione comunità ebraiche in Italia, Roma, 2 novembre 2005.

Caro Presidente, desidero farLe sapere del profondo sconcerto che i repubblicani italiani hanno provato di fronte alle parole del presidente iraniano su Israele. La nostra posizione a riguardo è la stessa di Ugo La Malfa: "la libertà dell'Occidente si difende sotto le mura di Gerusalemme", e può essere sicuro che come la difendemmo allora la difenderemo anche oggi. Per questa ragione desidero fare avere, Suo tramite, la solidarietà del nostro partito alle comunità ebraiche italiane e per questa ragione parteciperò insieme al presidente La Malfa, a molti iscritti repubblicani che rappresentano tutto il PRI e alla Federazione giovanile, alla fiaccolata del 3 novembre. E' un atto simbolico importante che serve a ricordare a tutti il grande debito che la Storia ha nei confronti dello Stato d'Israele e dei suoi cittadini. Da oggi esporremo con grande onore la bandiera d'Israele nei locali della sede del PRI di Corso Vittorio, a Roma. Distinti saluti,

Francesco Nucara

nuvolarossa
02-11-05, 22:39
I principi con i quali guardiamo al Medioriente

Lettera di Francesco Nucara all'ambasciatore d'Israele in Italia Ehud Gol, Roma, 2 novembre 2005.

Caro Ambasciatore, in occasione delle gravissime parole del presidente iraniamo Ahmadinejad sento il dovere di esprimere la solidarietà assoluta del Partito Repubblicano allo Stato Ebraico.

Noi veniamo da una tradizione per la quale "la libertà dell'occidente si difende sotto le mura di Gerusalemme". Questo principio ha guidato la politica estera del PRI in Medioriente nel passato e la guiderà ancora domani.

Per questa ragione sarò presente con i massimi vertici del Partito, con gli iscritti e con i militanti della Federazione giovanile, alla fiaccolata di protesta promossa da "Il Foglio" di fronte all'ambasciata iraniana, e da oggi ho l'onore di esporre la bandiera con la stella di Davide nella sede del PRI di Corso Vittorio, a Roma.

E' un atto simbolico che serve a ricordare il debito che la Storia ha nei confronti dello Stato d'Israele.

Nel ribadirLe l'impegno di solidarietà dei repubblicani italiani allo Stato che Lei rappresenta in Italia, Le invio tutti i sensi della profonda amicizia che lega i repubblicani al mondo ebraico. Sinceramente,

Francesco Nucara

nuvolarossa
02-11-05, 22:42
Una risposta ferma

Se Teheran lancia un guanto di sfida sapremo raccoglierlo

Consideriamo molto importanti le adesioni che provengono, da più parti e da schieramenti politici diversi, alla fiaccolata promossa dal "Foglio" a sostegno dell'esistenza di Israele. Esse dimostrano il riconoscimento diffuso, il sostegno politico e popolare ad una democrazia di tipo occidentale nel cuore del mondo arabo, dove di democrazia ce n'è poca o non ce n'è affatto.

Lo Stato di Israele, nel corso della sua esistenza, non è nuovo alle minacce, ed anzi ha saputo resistere e vincere guerre mossegli contro nei primi vent'anni della sua esistenza, così come ha fronteggiato quella civile, l'intifada, dando un senso di forza, ma anche di equilibrio.

La scelta di lasciare il territorio della striscia di Gaza unilateralmente, a rischio di attacchi terroristici che sono puntualmente avvenuti, dimostra come Israele non abbia nessuna vocazione annessionistica e come sia stata la più propensa, rispetto a molti altri Stati arabi, alla nascita di uno Stato autonomo palestinese, purché questo non rappresenti una minaccia nei suoi confronti.

Sostenere Israele significa anche sostenere il diritto ad uno Stato per i palestinesi. Il nostro auspicio è che dalla partecipazione alla fiaccolata davanti all'ambasciata iraniana si definisca anche una piattaforma politica ampia, per una politica estera italiana capace di guardare alla questione mediorientale in maniera più equilibrata di quanto sia stato fatto finora, indicando con chiarezza la necessità che i principi e le regole democratiche si rafforzino in quell'area, offrendo una possibilità di autentica convivenza a popoli e nazioni che devono uscire da un conflitto che non offre soluzioni. Crediamo che il tempo sia maturo, che i frutti seguiranno.

La nuova presidenza iraniana ha commesso un errore grave se pensava, con una nuova campagna di estremismo, di intimidire e di condizionare gli Stati liberi e sovrani. La risposta è stata ferma ed univoca da parte dell'Unione Europea, degli Stati Uniti d'America, ma anche da parte della Russia e della Cina, che non possono concepire la cancellazione di uno Stato che tanti sforzi ha sostenuto per la sua esistenza. L'Italia fa la sua parte.

Di converso l'Iran oggi appare isolato, preoccupantemente chiuso in se stesso, avvinghiato a pregiudizi e parole d'ordine che non trovano più corso nella storia. Per un paese che vuole emergere e prosperare è un passo falso dalle conseguenze gravi. Anche per ciò che concerne i piani nucleari di Teheran, il grado di allarme è alto, e ora la comunità internazionale deve interrogarsi se un tale strumento, che può rivelarsi letale, si può lasciare perseguire tranquillamente.

Le grandi democrazie occidentali, gli Usa in testa, hanno dimostrato in questi anni la loro scarsa tolleranza nei confronti di mire aggressive ed espansionistiche, chiunque presupponga di poterle esercitare.

Saddam Hussein non comprese la lezione del Kuwait e si è visto come è andata a finire. La Siria di Assad sta facendo i conti con questa realtà. Ahmadinejad sarà costretto a farli altrettanto. L'Iran non può lanciare un guanto di sfida pensando che nessuno sia pronto a raccoglierlo. I cittadini che si recano questa sera alla fiaccolata sono i primi a farlo sapere. Una reazione ferma e pacifica potrebbe anche bastare, lo speriamo, forse inutilmente, a spingere il regime di Teheran ad un consiglio più mite e ponderato. Ma deve essere chiaro che nessuno è disponibile ad assistere impotente ad altre minacce, o che si passi dalle parole ai fatti.

E' ancora troppo grave e precaria la situazione che circonda Israele, troppo calda quella che si vive in Iraq. Se qualcuno pensa impunemente di soffiare sul fuoco, di agitare lo spettro dell'azione armata o del terrorismo, deve sapere immediatamente a cosa andrà incontro. E tutti coloro che partecipano alla manifestazione di oggi a Roma, le forze politiche che vi sono rappresentante in maniera rilevante, devono dimostrare la consapevolezza che il gesto simbolico di una fiaccolata è un impegno solenne per come ci si dovrà comportare domani, se ve ne sarà bisogno.

La pace per noi è un valore fondamentale. Ma chi pensa di metterla in discussione impunemente saprà a cosa siamo disposti pur di vederla rispettare.

Roma, 2 novembre 2005

nuvolarossa
03-11-05, 11:55
http://www.pri.it/IsraelePri.jpg

La Sede nazionale del PRI
con esposta la Bandiera Israeliana

nuvolarossa
03-11-05, 13:46
Aderisco ma non marcio con i collaborazionisti

di Arturo Diaconale

Non c’è bisogno di annunciare che l’intera redazione de “L’opinione delle libertà” aderisce alla fiaccolata indetta da Giuliano Ferrara per protestare contro le minacce di distruzione di Israele pronunciate dal premier iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Da sempre il nostro giornale si batte in difesa del diritto dello stato ebraico all’esistenza. E nel momento in cui il massimo rappresentante della Repubblica Iraniana manifesta l’intenzione di procedere ad un nuovo olocausto, è scontato che i suoi redattori non abbiano alcuna esitazione a schierarsi contro una simile aberrazione. Per quanto mi riguarda personalmente, però, il comportamento che intendo seguire è quello di aderire ma non partecipare. Non andrò in via Nomentana, non camminerò con la fiaccola in mano, non seguirò l’istinto che mi spingerebbe a marciare con le bandiere italiane ed israeliana sotto le finestre dell’ambasciata dei rappresentanti del nuovo nazismo di marca islamista.

Non lo farò non per snobismo o per invidia per la giusta e felice iniziativa di un giornale amico ma sempre concorrente. Non lo farò perché contesto quello che per tutti sembra essere l’elemento caratterizzante dell’avvenimento, cioè la larghissima partecipazione bipartisan dei rappresentanti delle forze politiche italiane. Capisco che le regole del politicamente corretto rendano l’unità e la concordia, o meglio le loro parvenze, dei valori assoluti. Ma mi sembrerebbe di recitare una commedia fasulla ritrovarmi fianco a fianco con chi porta il cero con motivazioni totalmente diverse dalle mie. Io credo che manifestare in favore del diritto di Israele alla sopravvivenza significhi reagire all’offensiva dell’islamismo fondamentalista ribadendo la superiorità della libertà e della democrazia su ogni forma di autoritarismo, anche di radice religiosa. Penso che non ci possano essere equivoci e fraintendimenti su questo punto. Così come credo che ci debba essere un minimo di coerenza nei comportamenti.

Non si può passare tranquillamente dalle marce pacifiste antioccidentali alle fiaccolate per Israele ed i valori portanti della civiltà occidentale. E per questo sono convinto che sarebbe un errore mescolarmi con chi non la pensa in questo modo ed aderisce alla iniziativa di Ferrara solo perché sarebbe mediaticamente disdicevole essere messo nel novero dei collaborazionisti europei dei nuovi nazisti. Ieri mattina ho seguito la puntata di “Omnibus” a cui hanno partecipato, tra gli altri, Giuliano Ferrara e Lilly Gruber. Tra i due non c’è stata alcuna polemica. Ma dalle loro parole trapelavano motivazioni totalmente diverse, addirittura contrastanti e conflittuali. Posso marciare con Ferrara. Nella consapevolezza che la pensiamo allo stesso modo e non offriamo uno spettacolo di oscena ipocrisia. Non posso marciare con Lilly Gruber e con quelli che la pensano come lei. Se lo facessi imbroglierei me stesso ed i lettori de “L’opinione delle libertà” fornendo una immagine di concordia e di unità di intenti che non può in alcun modo esistere. I politici di professione sono obbligati, alle volte, alla dissimulazione. Da giornalista posso permettermi il lusso di non fingere. In nome della trasparenza. Ma soprattutto della differenza!

Lincoln (POL)
04-11-05, 00:03
Perché non esiste uno Stato palestinese.

IL CORRIERE DELLA SERA di giovedì 3 novembre 2005 pubblica in prima pagina un editoriale di Piero Ostellino che è una perfetta risposta a quanti hanno dichiarato che non manifesteranno in difesa del diritto all'esistenza di Israele perché sarebbero stati dimenticati i diritti dei palestinesi.Ecco il testo:

E' buona e giusta cosa che si manifesti per il diritto di Israele a esistere e per protestare contro l'infame auspicio del presidente iraniano di cancellarlo dalla carta geografica. E' cosa tanto più buona e giusta perché non riguarda solo Israele. Ma la pace in Medio Oriente. L'esistenza di Israele e la nascita dello Stato palestinese sono infatti speculari e, fra loro, indissolubilmente legate. Quando tutto il mondo musulmano riconoscerà a Israele il diritto di esistere, anche lo Stato palestinese potrà nascere. Allora e solo allora, sarà chiaro a tutti — compreso il popolo palestinese, indottrinato a ritenersene vittima — che non è stata la presenza di Israele a impedirne la nascita, ma solo la folle e criminale volontà degli Stati arabi di distruggerlo.E' la storia a dirlo. La risoluzione dell'Onu — che, nel 1947, sanzionava la spartizione della Palestina — prefigurava la nascita, fianco a fianco, di uno Stato ebraico e di uno palestinese. Quest'ultimo non nacque perché, subito dopo la nascita di Israele, il mondo arabo non volle aiutare i palestinesi a costruire il loro Stato, ma si prefisse solamente, con la guerra, di cancellare lo Stato ebraico. E così ancora, attraverso altre guerre, negli anni che seguirono. I palestinesi sono, innanzi tutto, vittime dei nemici di Israele, dei propri falsi amici e della propria passata, inetta e corrotta classe dirigente.L'Iran di Khomeini e di Mahmoud Ahmadinejad, l'uomo che per ultimo ha pronunciato parole di odio e di distruzione nei confronti di Israele, è uno di questi falsi amici. Anzi, ne è oggi, con il suo sostegno al terrorismo contro la stessa dirigenza palestinese succeduta ad Arafat, il principale. E' da ventisette anni, dal lontano 1979, dopo la vittoria della «rivoluzione degli ayatollah» — irresponsabilmente salutata da molti, anche in Occidente, come una liberazione e il preludio alla libertà per il popolo iraniano — che da Teheran si auspica la distruzione di Israele. «Nel mio discorso — dice ora il neo presidente iraniano — ho semplicemente utilizzato le parole dell'ayatollah Khomeini». Aveva detto quest'ultimo, che dell'Iran teocratico, fondamentalista e integralista è stato il fondatore: «Il regime che sta occupando Gerusalemme deve essere cancellato dalle pagine della storia».Eppure, nel frattempo, altri Stati arabi e musulmani hanno riconosciuto Israele e, oggi, la stessa dirigenza palestinese ne riconosce l'esistenza, condanna il terrorismo e si muove nella direzione della ricerca di una soluzione di pace del conflitto, ostacolata dai gruppi integralisti come Hamas, il Jihad islamico e Hezbollah, che godono dell'aperto sostegno dell'Iran. Dove, in ventisette anni, il regime illiberale e antidemocratico degli ayatollah — che ha chiuso il popolo in una prigione fatta di intolleranza e di vessazioni soprattutto, ma non solo, nei confronti delle donne — ha ucciso 150 mila persone. Fino a quando, nel mondo arabo e musulmano, ci sarà anche un solo Paese che auspicherà la distruzione dello Stato ebraico, lo Stato palestinese non comparirà nelle pagine di storia.E' la politica di Teheran che sta alterando la natura e gli equilibri del conflitto israelo-palestinese e ne impedisce la pacifica soluzione. Il vero nemico dello Stato palestinese è e rimane il terrorismo.

la_pergola2000
04-11-05, 00:25
Senza se e senza ma.

Quello che fa più impressione è la sequenza di rappresentanti del cs che sfilano sul due per testimoniare la loro partecipazione, ripeto partecipazione non so quanto con convinzione.
La censura del tg2 è stata totale nei riguardi di chi sostiene Israele da sempre.
Non era il tg2 di destra?
Il solito Veneziani più che intellettuale di destra si è dimostrato testimonial di una destra recessiva.
Il cagnolino che intervistava i politici non ha fatto nessuna domanda su come la pensavano appena qualche mese fa.
Non parliamo della Gruber che orfana della sua pashmina viaggia ora in mercedes con autista.
Ha dimostrato come sempre che l'imprinting che gli ha lasciato Giulietti, funziona ancora, anzi l'ha premiata con un posto a Strasburgo.
Un merito la dimostrazione davanti l'ambasciata iraniana l'ha avuto, quello di aver ridimensionato il nostro Celentano.
l'intervento della Gruber per chi non l'avesse sentito era tutto imperniato sull'altra faccia dell'Iran, già aveva arruolato in diretta gli oppositori del presidente iraniano.
L'insegnamento di Lenin e Gramsci continua:

- SE C'E' UN CORTEO CHE PROTESTA METTITI ALLA SUA TESTA .

E' inutile che noi si vanti la primogenitura della difesa di Israele ora gli interlocutori di Israele e Sharon sono i ds e il cs tutto.

Vedremo Prodi in visita a Tel Aviv, anche se durante i cinque anni di presidenza europea ha sempre osteggiato lo Stato di Israele, ripeto lo Stato di Israele.

Ciao a tutti.

nuvolarossa
04-11-05, 14:02
http://www.ilriformista.it/imagesfe/iran-day1676_img.jpg

Lincoln (POL)
04-11-05, 15:27
ieri sera al corteo, ma per riprendere alcune considerazioni di Pergola,se ci fossi andato,la presenza di alcuni dirigenti della nostra sinistra, mi avrebbe personalmente creato qualche imbarazzo.
Però,la ragion politica...

nuvolarossa
04-11-05, 15:38
Lincoln .... non avresti trovato Prodi ... che dopo una generica e verbale adesione ... ha preferito eclissarsi con la solita scusa dell'impegno gia' preso ... sara' andato alla Fabbrica dei "doppi vetri" a vedere come vanno avanti i lavori per risolvere i problemi energetici del Paese ....
Assente ... giustificato ... come gli scioperanti dell'Alitalia ... assenti per solidarieta' di lotta ... ma con tanto di certificato medico ... questo e' il metodo italico di chi non ha mai il coraggio di prendersi le proprie responsabilita' ... altro che aspirante Presidente del Consiglio ....

la_pergola2000
04-11-05, 23:58
Caro Red cloud
Prodi non ha ancora vinto le elezioni e già cominci a criticarlo.
NOn sarà perchè sei invidioso della sua fortuna?
Comunque il nostro comincia bene , disertare una manifestazione come quella , stando attento alle ragioni dell'impallato Pecoraro Scanio, Cossutta , Bertinotti dimostra che cosa sarà il governo del prossimo anno , un continuo distinguo, una continua sarabanda di dichiarazioni, e così non governerà.
I ds, notai della sua candidatura, difendereranno continuamente le sue posizioni, però prima o poi si stuferanno e D'alema che ha già messo un carico da 11, si candiderà per l'ala moderata del cs. Chiamalo stupido.
Opinioni opinioni opinioni

nuvolarossa
05-11-05, 00:11
... caro LaPergola2000 ... in giro per il mondo ... dalle parti del polo nord ... ti sei perso una serata a "Porta a Porta" ... dove il nostro eroe catto-comunista ha dichiarato ... seraficamente ... che per risolvere il problema energetico in Italia ... bisogna tutti mettere i "doppi vetri" ... altro che RealPolitick ... dalle risa mi si sono sloccate le mascelle ... e l'ho perse nel corridoio ...

la_pergola2000
05-11-05, 23:23
Ho sentito e visto l'intervista a Prodi.
Sembrava una cosa veramente miseranda.
Ma questo non mi preoccupa, mi preoccupa molto di più il fatto che quando vincerà,Prodi,sarà sempre sotto ricatto dell'impallato pecoraro Scanio e con la fame di energia cheavremo sarà sempre un casino.
Piutosto l'analisi dell'opinione l'avevamo fattagià il quattro di novembre alle ore 21,58, dicendo che D'Alema ha messo un carico da 11. E poi avevamo anchedetto che Schoreder ha avutocoraggio ad abbandonare l'estrema sinistraper far un governo di "gros coalitionen".
Questo potrebbe essere un argomento in cui i repubblicani potrebbero starci ed elaborare qualche politica.
Saluti.

nuvolarossa
06-11-05, 11:34
Originally posted by pergola2000@yahoo.it
.... Questo potrebbe essere un argomento in cui i repubblicani potrebbero starci ed elaborare qualche politica ... ... pergola2000 ... guarda che fu Giorgio La Malfa ... in una trasmissione televisiva di piu' di un anno fa ... che di fronte alla situazione economica italiana ed europea ... quindi in tempi non sospetti perche' nessuno ancora parlava di "grosse koalition" ... che ebbe a sostenere la necessita', in Italia, di una coalizione politica vasta ... da An sino a gran parte dei Ds ... per risolvere i problemi del Paese senza tentennamenti ....
In casa Repubblicana avremo anche pochi voti ... ma di idee ne abbiano proprio da vendere .... non per niente, di notte, ci sono decine di visitatori occulti che vengono a leggere il nostro Forum .....

Lincoln (POL)
06-11-05, 12:42
Primo piano
Intervista del Ministro Fini: "Difendere Israele é un dovere per tutti"

Il Mattino

Claudio Sardo

5 novembre 2005. “È stata una manifestazione importante e molto positiva. Ha dimostrato che non solo le forze politiche ma tutto il popolo italiano giudicano intollerabili le dichiarazioni del capo di Stato iraniano sull'annientamento di Israele. Grande merito a chi ha promosso l'evento”. Il giorno dopo, Gianfranco Fini commenta nel suo studio alla Farnesina la fiaccolata bipartisan davanti all'ambasciata dell' Iran. Sta per partire per Tolosa, dove lo attende una riunione dei ministri degli Esteri dei paesi del Mediterraneo. E stamane sarà a Napoli per un'assemblea di partito, al teatro Augusteo. «Il successo della manifestazione - continua Fini puntando l'indice sulle defezioni della sinistra radicale - rende ancora più deboli le motivazioni di chi non ha partecipato per scelta politica. Il diritto dei palestinesi ad avere uno Stato è sacrosanto e abbiamo fatto sentire la nostra voce tutte le volte che questo diritto è stato contestato. Ma stavolta l'aggressione era rivolta a Israele e, attraverso Israele, anche alla leadership palestinese».
D.Lei non è sceso in piazza per il pericolo di ritorsioni contro gli italiani a Teheran. È stato davvero opportuno manifestare davanti a una ambasciata? Ai di là delle buone intenzioni, non sì è corso il rischio di mostrare agli iraniani una certa aggressIvità e quindi dl alimentare la reazione integralista?
R. No. Manifestare era un dovere morale dopo le gravissime parole, per di più reiterate, di Ahmadinejad. E dove si doveva manifestare, in questo caso, se non davanti all'ambasciata? La fiaccolata, comunque, si è svolta in un clima di grande civiltà. E credo che la non partecipazione di chi ricopre cariche istituzionali abbia tolto pretesti a quanti volevano far salire la tensione.
D. Sì può dire che il centrodestra al governo abbia impresso una svolta alla politica estera italiana? Che l'asse è stato spostato dall'Europa agli Usa, dall'amicizia verso gli arabi a quella con Israele?
R. Non c'è stata alcuna svolta. Le direttrici fondamentali della politica estera dell'Italia sono sempre state tre: atlantismo, europeismo, multilateralismo. E noi abbiamo rispettato questi principi…
D. A dire il vero Berlusconi si vanta di rapporti mai così stretti con l'amministrazione degli Stati Uniti.
R. Non c'è contraddizione tra europeismo e atlantismo. Europa e Usa hanno in comune le radici e i valori dell'Occidente. E il rafforzamento del legame transatlantico, realizzato dai governi del centrodestra, ha contribuito a far sì che il secondo mandato di Bush iniziasse proprio nel segno di relazioni più intense con l'Ue, come ha dimostrato la prima visita a Bruxelles subito dopo la rielezione. Accanto a questo vorrei ricordare il nostro impegno, e il mio personale fin dai tempi della Convenzione, per la Costituzione europea e per il processo di integrazione: lo dimostriamo anche con l'apertura alla Turchia, a fronte di ben altre resistenze in Europa.
D. Berlusconi ha detto di aver tentato fino all'ultimo di far desistere Bush dall'attacco a Bagdad. Il governo però ha poi deciso di schierare l'Italia nella coalizione dei willlings. Fu una scelta sbagliata?
R. Fu una scelta giusta. L'Italia non ha fatto la guerra a Saddam. È rimasto un Paese non belligerante. Ma, nel momento in cui Saddam è caduto, ha raccolto l'invito dell'Onu a partecipare, nell'ambito di una forza multitinazionale, a una missione militare che aveva lo scopo di accompagnare gli iracheni sulla strada della libertà e della democrazia e di aiutarli nella lotta al terrorismo.

la_pergola2000
06-11-05, 12:55
Mi scuso con qualche germanofilo lettore del sito se ho scritto "gros coalitionen" l'avevo virgolettata perchè mi riferivo al tedesko di sturm truppen, mai dimenticato.
Ora nuvola ha rimesso le cose a posto.

Me la ricordo benissimo l'intervista a La Malfa.
Era apprezzabile per diverse ragioni, una per la crisi che stava prendendo il mondo, una per i rapporti con il sud est asiatico, una per ragioni di politica con l'Islam, sia nell'affrontare il terrorismo, sia nei rapporti con i paesi islamici moderati.
Ben ha fatto Il presidente del consiglio a invitare ad un pranzo gli ambasciatori dei paesi arabi ed islamici per la fine del ramadam, il che nel mondo islamico è un onore e un rispetto.

Enrtrambi gli schieramenti sono deficitari su questo, il cs, mettendo a capo un obsoleto strumento boiardo della vecchia dc di de Mita, che piace tanto a Scalfari, l'altro ha una massa di signorsi che col tempo stanno rovinando il governo più riformista degli ultimi cinquantanni.

Questo a grandi linee il quadro che ci si presenta davanti alle prossime elezioni, entrambi gli schieramenti hanno forze sufficienti a capire questi semplici concetti.
I prossimi anni si prevedono talmente bui che in confronto il muro di Berlino sarà sembrata una semplice passeggiata.
L'occidente aveva di fronte l'Unione Sovietica che era ed è un paese occidentale, ma ora avrà di fronte l'Islam, come dire medio oriente, e l'India e la Cina come dire estremo oriente.

Se ci si attarda sulla Cirami e su Celentano o sul miliardario Travaglio l'Italia farà poca strada.


Caro Red Cloud questi temi temi potrebbero essere il titolo per una discussione da qui alle elezioni ed oltre,per favore se vuoi puoi mettere come titolo . Dove va l'Italia?
Ciao a tutti.

david777
06-11-05, 14:14
http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/esteri/periparigi/perice/ap_7063877_04290.jpg

Quanto alla sicurezza degli italiani in Iran, Asefi ha affermato che "l'ospitalità iraniana è ben conosciuta nel mondo e a nessuno straniero è mai stato mancato di rispetto". "Al contrario - ha insistito - l'ostilità contro gli stranieri e l'Islam è qualcosa che viene dall'Occidente".
http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/politica/fiafoglio/critifini/critifini.html

http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/politica/fiafoglio/critifini/ansa_7064398_30240.jpg

Egregio Mr Asefi, non confondiamo le carte in tavole: l'Iran ha fatto dichiarazioni oggettivamente inaccettabili contro Israele, e Fini ha ritenuto di astenersi dalla "fiaccolata" per non coinvolgere ufficialmente il governo italiano nella disputa.

L'ON. Fini ha detto qualche parola in eccesso circa le eventuali conseguenze per gli italiani all'estero, ma paragonare l'ostilità occidentale a quella in atto da diversi anni contro occidentali e giudeocristiani è veramente sorprendente e provocatorio.

Dal Sudan all'Indonesia, la risposta a Mr Asefi arriva dal sangue di migliaia di martiri "occidentali" sparso senza vendette e ritorsioni.

Certo non si può continuare di questo passo e continuare a praticare politiche immigratorie irresponsabili e pericolose - quando l'ospitalità verrà seriamente disciplinata non si venga a raccontare la storiella alla MO di chi ha cominciato prima a mo' dell'uovo e la gallina... Gli ammazzamenti "orientali" di entità occidentali o giudeocristiane ammontano ad oltre 100.000 solo negli ultimi 10 anni, e dunque le lezioni di ospitalità dovrebbero essere ben ponderate, senza con ciò confondere la proverbiale e ricambiata ospitalità iraniana con quella di altri orientali difesi e protetti benchè in difetto.

Quel che non è chiaro a certo Islam è la natura dell'Occidente, il quale quando non è dichiaratamente giudeocristiano è sempre e comunque necessariamente laico.

Chi non è capace di laicità, pensando che in Occidente ci sia un vuoto teologico da riempire con teocrazie di altro stampo, dimentica che l'ospitalità "laica" non è irreversibile.

Cosa farebbe Mr. Asefi con la rivolta in Francia? Manderebbe l'esercito? Ebbene è arrivata l'ora per gli Europei di mettere in campo l'esercito, evecuare le zone di guerra e fare quello che anche Mr. Asefi farebbe senza venir meno alla sua proverbiale ospitalità.

L'On. Fini è stato fin troppo prudente e non è una parola in più a permettere paragoni insostenibili.

Cosa sarebbe il mondo senza la speranza d'Israele? A mio vedere, un mondo noioso ed insulso, privo di assoluti autorevoli e fondanti, e sempre in bilico tra un'idiozia di un nuovo colore ed una nuova guerra.

Lincoln (POL)
08-11-05, 21:30
Il pericolo iraniano è reale

A pagina 14 di Avvenire,Ivana Arnaldi firma un articolo dal titolo

«Indyk: Israele non ignori la minaccia»

Un'intervista di Ivana Arnaldi a Martin Indyk, ambasciatore degli Stati Uniti in Israele durante la presidenza Clinton e attualmente direttore del Saban Center sul Medio Oriente alla Brookings Institutions di Washington, sulla minaccia iraniana a Israele.
Ecco il testo:

Organi di stampa con buone fonti al Pentagono sono convinti che il regime iraniano non abbia gradito gli avvenimenti mediorientali degli ultimi 24 mesi: elezioni in Afghanistan, Iraq, Libano, Territori palestinesi e il ritiro unilaterale israeliano da Gaza insieme alle timide riforme di Marocco e Bahrein. Eventi che contrastano con le politiche iraniane di riarmo e sostegno al terrorismo. Negli ultimi giorni, poi, le dichiarazioni incendiarie del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad su Israele hanno suscitato l’indignazione dell’Occidente.

«Le dichiarazioni del presidente Ahmadinejad riportano alla memoria le parole che pronunciò, circa quarant’anni fa, il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser e cioè di gettare in mare Israele», dice Martin S. Indyk, ex ambasciatore di Bill Clinton in Israele e oggi direttore del Saban Center sul Medio Oriente alla Brookings Institutions di Washington. «C’è però una profonda differenza tra i due. L’Egitto era al confine di Israele e le parole di Nasser erano state proferite mentre l’esercito israeliano giungeva nella penisola del Sinai per la Guerra dei sei giorni. Oggi, la comunità internazionale protesta per la mancanza di civiltà iraniana, anche se non è convinta del tutto che Ahmadinejad faccia sul serio. Abbondanti elementi forniti dall’Aiea indicano invece come l’Iran sia orientato a produrre armi nucleari e l’obiettivo è sostenuto da tutte le fazioni politiche iraniane. Inoltre, non va dimenticato che Ahmadinejad ha minacciato quei governi arabi che riconoscessero Israele».

Molti analisti pensano che Israele dovrebbe ritenere le minacce del presidente iraniano solo un attacco populistico ad uso interno. Potrebbe essere così?

La risposta è no. Israele non può ignorare le insensate parole di Ahmadinejad. Già quattro anni fa, un altro capo iraniano ritenuto moderato, Hashemi Rafsanjani, sostenne che, in uno scambio nucleare, l’Iran sarebbe in grado di sostenere un secondo colpo mentre l’uso di una bomba nucleare contro Israele non ne lascerebbe traccia sulla terra. L’Iran, sino ad oggi, ha fatto uno sforzo enorme per sviluppare missili a lungo raggio che potessero colpire Israele. Oggi, però, possono essere caricati solo con armi chimiche e lanciarli contro il potente esercito israeliano significherebbe colpire prima la gente iraniana. Le forze armate iraniane dovrebbero spingersi almeno oltre mille chilometri oltre il Golfo Persico ed il deserto arabo, prima di mettere in pratica la minaccia.Si dice anche che ci vorranno almeno cinque anni prima che l’Iran possa dotarsi di armi nucleari.

La comunità internazionale, però, si è già mobilitata...

Questo è uno di quei rari momenti in cui la comunità internazionale non ha potuto ignorare la verbale aggressione iraniana contro Israele. La discussione sta trascurando però la guerra per procura intrapresa da più di un decennio dalle organizzazioni terroristiche dei Hezbollah nel Libano del Sud e della Jihad islamica palestinese contro civili israeliani. L’intelligence iraniana, infatti, fornisce armi e addestramento per entrambe le fazioni che, negli anni ’90, hanno contrastato gli sforzi di peacemaking di Clinton. Nel 2002, dopo l’intercettazione nel Golfo Persico della nave Karine A, carica di armi iraniane, la protezione dell’Iran è risultata palese .

Potrebbe sussistere qualche dubbio che sia la mano iraniana a guidare l’attività terroristica in Medio Oriente?

Va ricordato che nel settembre scorso, in occasione del Ramadan, come ringraziamento per il disimpegno israeliano da Gaza, Khamenei ha fatto un incontro pubblico con Abdullah Shallah, il capo della Jihad islamica. Khamenei e Shallah hanno detto che il jiahd è l’unico mezzo per distruggere il nemico sionista. Oggi, più dell’80 per cento dei palestinesi desidera vivere in pace; ma l’Iran, nel contesto della secolare lotta dell’islam contro gli infedeli, sta premendo sulla Jihad per provocare la violenza. Nei nove mesi in cui c’è stato l’informale accordo sull’avvio di negoziati sulla Road map, la Jihad islamica è risultata responsabile degli attacchi kamikaze, ivi compreso quello di Hadera.

nuvolarossa
11-11-05, 22:27
La sconfitta di Peres

Una svolta nel Labour che mette in difficoltà il governo Sharon

La sconfitta di Shimon Peres alla guida del Partito laburista, significa principalmente il preludio della fine della solidarietà nazionale in Israele. Il nuovo leader del partito laburista, Amir Peretz, ha già annunciato che non intende farsi "likudizzare" nell'abbraccio con Sharon e punta alle elezioni anticipate con il ritiro della sua delegazione dal governo. Nemmeno fosse un caso, a questa ipotesi sorride Netanyahu, che non vede l'ora di misurarsi alle primarie con Sharon, anche per regolare i conti dopo il ritiro dalla striscia di Gaza.

Non si tratta purtroppo solo della lotta inevitabile per la successione alla guida dei principali partiti dello Stato ebraico. Si tratta, come detto, della fine della solidarietà nazionale, concepita da due anziani guerrieri come Sharon e Peres, convinti della necessità di una trattativa con il mondo arabo per la sicurezza di Israele. Su questa base Likud e Labour avevano costruito una faticosa intesa ma avevano ottenuto dei risultati importanti. Caduto Peres, cadrà, se non anche Sharon, certamente il suo governo, e questi risultati potrebbero tornare in discussione.

E' vero che i laburisti con Shimon Peres hanno perso le elezioni in maniera inequivocabile e che la loro stella appariva oltremodo appannata. Ma in compenso hanno ottenuto una conversione del principale falco della politica israeliana sulla piattaforma tipica del loro programma: pace per territori. E se il Likud vinse le elezioni, il Labour party aveva vinto la politica, con la trattativa con Abu Mazen.

Paradossalmente, se il Labour si è "likudizzato", come lamenta il nuovo leader Amir Peretz, anche il Likud si era "laburizzato", come Netanyahu accusava, causa l'abbandono del governo degli insediamenti ebraici nella West bank.

La nostra impressione è che la commistione di elementi fra i due partiti rivali, sia stata alla base del maggior successo conseguito da Israele dopo le vittorie militari sull'Egitto, la Siria e la Giordania. Ci preoccupa non poco lo scossone che si sta verificando. Se il Labour vuole tornare a competere con il Likud e viceversa, se salta l'intesa che ha retto finora, potrebbe anche essere a rischio l'equilibrio della politica israeliana. E con i tanti nemici assiepati alle porte di Gerusalemme, la riapertura dello scontro all'interno non ci sembra certo cosa rassicurante.

Roma, 11 novembre 2005

nuvolarossa
20-11-05, 12:39
Era un babau, figlio mio

Reazioni a catena nella nostra Italia. Gli innamorati di Arafat, a un anno dalla morte, non sanno piu' cosa fare per ricordare l'assassino di tanti loro connazionali e per rendere eterna la sua malefica memoria. Il virus dell'odio, da Marano dove, sabato, il sindaco comunista Mauro Bertini ha voluto dedicare una strada al mostro, si e' allargato verso la Capitale dove il movimento giovanile di AN guidato dal suo presidente Federico Iadacicco, vuole onorare il mostro defunto intitolandogli un parco.
Gia', l'odio comune unisce gli estremi, io l'ho sempre asserito, neri e rossi appassionatamente insieme contro ebrei e Israele.
Ricordo che quando, bambina, passeggiavo con i miei genitori nei giardini pubblici della mia bella citta', mi fermavo davanti ai busti di Mazzini, Cavour, Dante Alighieri e , curiosa, chiedevo chi fossero e cosa avessero fatto. Ho imparato cosi' , gia' piccolissima, la storia d'Italia ed ero orgogliosa di quei personaggi che mi guardavano con i loro occhi vuoti di pietra.
Lo stesso succedeva con le targhe che portavano i nomi delle strade dedicate a Piccolomini, a Domenico Rossetti, Francesco Guicciardini, Garibaldi, Carducci. Sotto il nome c'era sempre la data di nascita e di morte dei personaggi e quello che avevano fatto in vita ... poeta, patriota, scrittore, storico.... mia madre raccontava, raccontava, io bevevo ogni parola e fu cosi' che , dalla curiosita' che suscitavano in me quei nomi , nacque la mia passione per la storia, la letteratura e soprattutto il mio amore per l'Italia.
Provo dunque a immaginare il dialogo tra un bambino maranese o romano e sua madre:
"Mamma chi era Yasser Arafat?"
" Figlio mio, era un signore che ha ucciso molti italiani soprattutto qui a Roma, era un malvagio che ha fatto ammazzare un bambino piu' piccolo di te, si chiamava Stefano, la sua mamma lo chiamava Stefanino. Era uno che ha fatto esplodere tanti aerei, che ha fatto gettare in mare un nonno ammalato che si chiamava Leon, era uno che voleva distruggere un'intera Nazione. Era un signore cattivo, un assassino e un ladro.
Era un babau, figlio mio "
"Ma mamma, allora perche' gli hanno dedicato questo parco?"
"Non lo so, figlio mio, nessuno lo sa, forse chi lo ha fatto e' stato imbrogliato da qualcuno piu' furbo di lui. Sai , bambino mio , purtroppo il mondo e' pieno di persone cattive e furbacchione".

http://www.repubblica.it/2004/k/sezioni/esteri/arafat/arapeg/ansa_5467497_32220.jpg

Ricordando la mia infanzia provo una gran pena per questi bambini italiani cui viene inculcata l'idea che il male sia bene. Come diventeranno da grandi? Probabilmente andranno in giro a gridare morte a qualcuno, probabilmente sventoleranno davanti a una metropolitana distrutta o a un autobus fumante le bandiere arcobaleno gridando la loro ammirazione per gli assassini responsabili dello scempio. Probabilmente odieranno l'Italia...una, cento, mille Nassyria... probabilmente saranno razzisti.
Probabilmente scriveranno sui muri delle loro citta' "A morte Israele" e andranno in corteo urlando, invasati, "vogliamo questo, vogliamo tutto, lo Stato di Israele deve essere distrutto".

Una bella responsabilita' per i signori Bertini e Iadacicco, fossi in loro non dormirei bene.

Che siano ignoranti? nel senso che ignorano, naturalmente , e tentano, maluccio in verita', di giustificare le loro ignobili decisioni dicendo che Arafat ha avuto il merito di dare ai palestinesi un' unita' nazionale.

Ma che bravi! Certo che gliel'ha data un'unita' nazionale : tutti insieme i palestinesi dovevano soffrire la miseria, tutti insieme dovevano obbedire ai suoi ordini, tutti i bambini di quel popolo dovevano venire usati per farne dei terroristi, tutti insieme quelli che vivevano nei campi profughi, dove erano stati imprigionati dai paesi arabi nel 1948, la' dentro dovevano restare, pena la morte, per essere nutriti , giorno per giorno, anno dopo anno, di propaganda e di odio contro gli ebrei.
Li ha uniti per farne un popolo di terroristi assassini e per avere il potere assoluto su di essi.
Ha unito i palestinesi creando campeggi estivi per insegnare ai bambini ad ammazzare gli ebrei, saziandoli di miseria morale e materiale per avere sempre piu' potere, un potere che lo inebriava e lo ha indotto a rubare miliardi, a condannare a morte chi dissentiva, a invadere la Giordania e a distruggere il Libano.
Si, certo, ha unito un popolo per poter arrivare a distruggere un altro e godere, grazie alla sua ferocia e al suo antisemitismo, degli onori che un mondo alla rovescia gli ha sempre tributato.

Ha ricevuto il Nobel, obiettano ancora i suoi ammiratori.
Altroche' se lo ha ricevuto ma nel suo caso e per la prima volta nella storia del prestigioso Premio, non gli fu dato per il suo passato (impossibile visto che era un criminale) ma per quello che....speravano...avrebbe fatto.... dopo! Speravano , conferendo il Nobel per la pace a un assassino, di dargli la caramella giusta per soddisfare il suo ego di tiranno e ammorbidire la sua ferocia.
Credevano di aver a che fare nonostante tutto con un essere umano, crudele ma recuperabile, non con uno dei peggiori mostri prodotti dal XX secolo.
Stupidamente, forse ingenuamente, platealmente ingannati dal suo genio di attore che gli permetteva di piangere pubblicamente per le vittime che lui ordinava di ammazzare, hanno declassato per sempre un' istituzione importante e seria come il Nobel.
Era un innamorato dello zio nazista il Mufti Hai Amin al Husseini, collaboratore e amico di Hitler, ideatore della teoria "sterminare gli ebrei di Palestina come veniva fatto in Europa".
Il nipote ha sempre tentato di farlo e oggi a quel nipote e' stata dedicata una strada in Italia e qualcuno vuole dare il suo disonorato e disonorevole nome a un parco della Capitale.

En passant, desidererei ricordare che il Premio Nobel per la pace fu dato anche a Itzhac Rabin, morto pure lui. Stranamente nessuno dei due signori in questione ha pensato di dedicargli strade o piazze.
Posso azzardare ?
Azzardo!
Rabin era un ebreo israeliano.

A questo punto, per avere un quadro completo, mi pare giusto citare alcune delle perle uscite dalla bocca sputacchiante di Yasser Arafat.

"Il nostro obiettivo è la distruzione di Israele. Non ci può essere né compromesso né moderazione. No, noi non vogliamo la pace. Vogliamo la guerra e la vittoria. La pace per noi significa la distruzione di Israele e niente altro." (Yasser Arafat su "Esquire", Buenos Aires, 21.3.1971).
"Nulla ci fermerà fino a quando Israele non sarà distrutto. Scopo della nostra lotta è la fine di Israele. Non vi sono compromessi né mediazioni possibili. Non vogliamo la pace: vogliamo la vittoria. Per noi la pace è la distruzione di Israele e niente altro. (Yasser Arafat su "New Republic", 16.11.1974).

" Il popolo palestinese combattera' il nemico sionista fino all'ultimo bambino nel ventre della madre" (Yasser Arafat, Algeri , 1985)

"La fondazione di uno Stato palestinese in Cisgiordania e in Gaza sarà l'inizio della sconfitta dell'entità sionista. Nella fiducia in questa sconfitta, noi saremo in grado di portare a compimento il nostro obiettivo finale." (1992).

"La marcia vittoriosa andrà avanti fino a che la bandiera palestinese sventolerà a Gerusalemme e in tutta la Palestina, dal Giordano al mare, da Rosh Hanikra fino a Eilat (città israeliane, n.d.a.)." (1992).

"Non abbiamo posato il fucile. Fatah continua ad avere gruppi armati che continueranno ad esistere. Tutto quello che sentirete [di contrario], serve solo ed esclusivamente per scopi strategici." (1992).

"Il nostro primo obiettivo è il ritorno a Nablus [Cisgiordania], poi proseguiremo per Tel Aviv" (città israeliana, n.d.a.) (1994).

"La battaglia contro il nemico sionista non è una battaglia che riguarda i confini di Israele, ma l'esistenza di Israele." (1994).

"[Il processo di pace] è soltanto una tregua d'armi fino al prossimo stadio della lotta armata. Fatah non ha mai preso la decisione di cessare la lotta armata contro l'occupazione." (1994).

Lo stesso giorno in cui Arafat firmò la "Declaration of Principles" nel giardino della Casa Bianca nel 1993, spiegò la sua azione alla TV giordana. Ecco cosa disse:

"Visto che non possiamo sconfiggere Israele con la guerra, dobbiamo farlo in diverse tappe. Prenderemo tutti i territori della Palestina che riusciremo a prendere, vi stabiliremo la sovranità, e li useremo come punto di partenza per prendere di più. Quando verrà il tempo, potremo unirci alle altre nazioni arabe per l'attacco finale contro Israele".

Spero che chi oggi lo onora e lo ricorda con ammirazione non abbia mai il coraggio di guardare negli occhi i propri figli quando gli chiederanno "Papa', chi era Yasser Arafat?"
Spero che abbia la coscienza di arrossire di vergogna.

Deborah Fait
www.informazionecorretta.com

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tratto da http://controcorrente.ilcannocchiale.it/2005/11/20/era_un_babau_figlio_mio.html

nuvolarossa
22-11-05, 22:37
Sharon sugli scudi

La sinistra italiana può cospargersi il capo di cenere

Non siamo stati invitati al seminario sulla sinistra ed Israele che si terrà domani a Roma e a cui parteciperanno esponenti socialisti, diessini, di Rifondazione. In una parola, si riuniscono coloro che Israele l'hanno sostenuta i giorni pari e avversata i giorni dispari.

Ed è vero che la sinistra che si troverà a questo seminario ha pur partecipato alla manifestazione di protesta nei confronti dell'Iran per le minacce rivolte allo Stato ebraico, ma questo deve essere costato non poco, se poi si è sentito subito il bisogno di andare a protestare contro l'America alla prima occasione utile.

Ma noi possiamo anche stendere un velo sul contenzioso che ci ha diviso negli anni con la sinistra tradizionale del nostro Paese, socialista e comunista, sul Medioriente. L'onorevole Fassino tende a dire ogni giorno che egli è un grande amico di Israele, mentre Bertinotti è persino arrivato ad annunciare, almeno una volta, che siamo tutti ebrei. Questo può anche bastare. Quello che semmai colpisce è l'entusiasmo che proviene da quegli ambienti per Sharon. E non ci stupiamo noi, che pure avremmo ragioni per farlo, proprio perché ricordiamo la lunga controversia tenuta nel passato, ma si stupisce Ottaviano Del Turco che è ospite autorevole di questo seminario. "Non avrei mai detto che avrei visto una cosa simile: un leader israeliano che passa per bestia nera della sinistra mondiale a unica speranza in Medioriente". Sono queste le parole dell'ex segretario del Psi, consapevole che non si tratta solo della criminalizzazione di Sharon per la ormai lontana strage di Sabra e Chatila, ma di quella molto più recente della costruzione del muro, un anno fa. Ce le ricordiamo le prese di posizioni della nostra sinistra, gli accostamenti al muro di Berlino _ con che coraggio, poi - il desiderio di ricorso all'Onu e quant'altro.

Evidentemente il muro tanto contestato è stato posto alla base del ritiro unilaterale da Gaza, e magari lo sarà anche domani per la Cisgiordania e, chissà, dopodomani dal Golan. Territori, badate bene, conquistati da Israele sulla base di una legittima difesa militare a nazioni aggredenti. Non c'era uno stato Palestinese allora e, se ci sarà in futuro, sarà perché Israele strappò Gaza all'Egitto.

Avremmo davvero voluto vedere Nasser o Sadat, consentire uno Stato palestinese nel loro territorio. Ma non è questo il punto.

Il punto è invece che, per giungere al ritiro unilaterale, quello realizzato e quello promesso, vi sono state con il muro altre due condizioni. La prima, l'omicidio mirato dello sceicco Yassin, il capo di Hamas, e poi dei suoi successori, cioè di coloro che hanno predicato la guerra ad oltranza con Israele. Hamas esiste ancora, ma non ha più una guida autorevole e, se fa una esibizione di forza, finisce per saltare per aria sulle sue stesse bombe, come si è visto poche settimane fa. La seconda è la morte naturale di Arafat, a cui sindaci di questa sinistra dedicano le vie delle nostre città, ma che è stato il sodale di Yassin e di Hamas e, cosa ancora più grave, il principale responsabile del fallimento degli accordi di Camp David, la guida morale della seconda Intifada. Visti gli esiti nefasti di questa esperienza nel movimento palestinese, alla fine è emersa una dirigenza più moderata, anche se davvero non sappiamo cosa conti e possa fare di concreto.

Per cui capiamo che il Pri non sarebbe stato ospite gradito a questo seminario, perché avremmo dovuto dire ai nostri interlocutori: cospargetevi il capo di cenere, il che non è cosa simpatica.

Per non parlare poi di un elemento esterno al conflitto israeliano palestinese, ma comunque rilevante, quale quello della fine del regime di Saddam Hussein. Perché se ci si interroga sui rapporti fra Saddam e Bin Laden, sono certi i rapporti fra Saddam ed il terrorismo palestinese. Basti pensare che Abu Abbas è stato ritrovato a Baghdad. Uno Stato arabo democratico ai propri confini è finalmente una garanzia per Israele, tale da consentire maggiore tranquillità e così di compiere scelte politiche rilevanti, come quelle di Sharon oggi. Allora, cari interlocutori immaginari della sinistra, il passato è stato quello che è stato. Possiamo anche metterci una pietra sopra. Ma sul futuro una qualche garanzia di lungimiranza, siete in grado di darla? Non a noi, si intende, ma ad Israele.

Roma, 22 novembre 2005

nuvolarossa
07-12-05, 12:02
Sia benedetta la loro memoria

Ho aspettato un paio di giorni prima di scrivere sull'attentato terroristico di Natanya, volevo leggere le reazioni dei media italiani. Ero curiosa. Cosa avrebbero detto i giornalisti? avrebbero espresso tutto il loro sdegno per questo ennesimo atto di barbarie palestinese contro civili israeliani? Ma certo, pensavo, nel momento in cui Israele fa concessioni territoriali, rinunce, e ritiri tutti sono amici, tutti diventano improvvisamente simpatizzanti.

L'ONU ci dice bravi bravi, ministri e presidenti europei ci fanno pat pat sulla spalla e dicono che e' ora di stare un po' di piu' dalla parte di Israele.

La Croce Rossa Internazionale sta quasi quasi per inserire il Maghen David Adom come membro ufficiale con tanto di simbolo.

http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/esteri/moriente23/netanya/ap_7209862_05420.jpg
(Il terrorista kamikaze di Natanya)

Dopo queste belle notizie di avvicinamento a Israele, mi dicevo, vuoi che i media non esprimano sdegno, schifo, riprovazione per i palestinesi che non si rassegnano alla pace, che votano per i terroristi , che mandano assassini suicidi ad ammazzare israeliani e che poi ballano per le strade alla notizia del successo dell'attentato?
E invece no! Niente di tutto questo succede. Anzi tutto il contrario!

Intanto il 29 novembre l'ONU, dopo aver detto bravi bravi, ha sfornato altre 6 risoluzioni contro Israele, tanto per non smentirsi e per accontentare i paesi arabo-islamici che costituiscono la maggioranza degli stati membri. Ritiro da tutti i territori occupati e' l'ordine perentorio e il rappresentate palestinese, gongolando, ha commentato "E' la dimostrazione che il mondo ha a cuore la causa palestinese".
Piu' che altro il mondo ha a cuore l'odio per Israele, un odio eterno che trovera' pace soltanto quando l'ultimo ebreo verra' ucciso.
Andiamo avanti:
E' di oggi, fresca fresca, appena sfornata e odora ancora di fogna, la notizia che l'accettazione di Israele da parte della Croce Rossa Internazionale e' stata rimandata perche' la Siria ha posto come "condizione" il diritto di poter entrare con le sue ambulanze nel Golan!
Quindi HALT!
Tutti fermi, Israele ha aspettato 60 anni puo' aspettare ancora.
La Siria e' un paese terrorista e criminale? vuole mandare le sue ambulanze, magari riempiendole di armi, nel Golan perche' lo ritiene ancora suo territorio pur avendolo perso in due guerre? Sono queste condizioni inaccettabili?
Non importa. La Siria e' un membro effettivo della CRI quindi ha voce in capitolo.
Israele aspetti.
E Israele aspetta. Cosa puo' fare in questo mondo immorale che si inchina ai voleri di tiranni e banditi?
Cosa puo' fare un paese civile di fronte all'arroganza degli uni che comandano e alla debolezza tremebonda degli altri che obbediscono?

E i media dunque, dopo l'attentato, cosa scrivono? Hanno una parola di pieta' per i morti? Hanno scritto una sola espressione di condanna per l'assassino e i suoi mandanti? Hanno una parola di sdegno per l'inefficienza e la vergognosa politica dell'ANP che si limita a chiedere soldi e a piangere miseria?
Niente di tutto questo. I media italiani sono tutti una serenata per il terrorista. Come si chiamava, quanti anni aveva, chi sono i genitori, i fratelli, gli zii, il cane, il gatto e il canarino, e via con le solite porcherie sulle motivazioni e sulla disperazione dei poveri assassini palestinesi e le interviste all'avvocato israeliano ma comunista quindi filopalestinese, che difende i palestinesi terroristi probabilmente perche' odia Israele come loro.
Allora uno si chiede ma lo avete un cuore gentaglia? Avete una coscienza? Sapete distinguere tra bene e male?
Quella jena ha ammazzato cinque persone che non avevano fatto niente e, se non fosse stato per l'atto eroico di una guardia giurata israeliana, ne avrebbe potuto ammazzare 50 di persone e voi lo eleggete a "uomo del giorno"?
Avete sprecato due righe dei vostri preziosi giornali per parlare delle vittime?
Avete raccontato come si chiamava l'eroe che ha affrontato la jena con le mani nude?
No, eh? non interessa, vero? Dopo che per anni avete raccontato menzogne su Israele, dopo che per anni avete demonizzato e calunniato gli israeliani adesso non potete smentirvi, vero?
Bene, la guardia della sicurezza si chiamava Chaim Amram, aveva 26 anni, poteva uccidere quella bestia assassina, un colpo in testa e via, invece non lo ha fatto perche' probabilmente non era sicuro e non voleva ammazzare un presunto innocente.
Lo ha spinto contro un muro e quello ha fatto in tempo a premere il bottone e a esplodere insieme a Chaim e a altre 4 persone che non avevano fatto in tempo a scappare lontano.

La famiglia dell'assassino ricevera' un congruo assegno, dolcetti e caramelle.
La famiglia del nostro Chaim ha ricevuto lacrime e dolore.
I suoi genitori, i suoi fratelli lo hanno accompagnato al cimitero, hanno pianto, Israele lo piange.
A Jenin invece i palestinesi ballavano di gioia durante i suoi funerali e il mondo si chiede di che livello sara' la reazione israeliana. Nient'altro. Nient'altro che questo schifo.

Allora, siccome gli scribacchini italiani non hanno trovato lo spazio per parlare delle vittime, troppo ne hanno dedicato al loro assassino, le voglio onorare io e che la terra sia loro lieve:

Daniel Golani, 45 anni, lascia la moglie e due figli di 17 e 14 anni.
Sia benedetta la sua memoria.

Keinan Tzoami, 20 anni, lascia mamma e papa', due fratelli e tanti amici.
Sia benedetta la sua memoria.

Alexandra Garmitzki, 65 anni. Lascia il marito, i figli, i suoi pazienti. Era venuta in Israele otto anni fa.
Sia benedetta la sua memoria.

Chaim Amram, 26 anni. Il nostro coraggioso ragazzo che ha bloccato il terrorista. Lascia i genitori e tre fratelli.
Sia benedetta la sua memoria.

Eliyah Rosen, 39 anni. lascia il marito e tre bambini, Gal di 12 anni, Noam di 10 anni, e Ro'i di 5 anni.
Sia benedetta la sua memoria.

Il piccolo Ro'i ha chiesto al papa' :" Adesso chi sara' la mia mamma?"

Deborah Fait
www.informazionecorretta.com

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tratto da http://www.lisistrata.com/2005deborahfait/031nullaecambiato.htm

nuvolarossa
10-12-05, 13:35
Com'e' bello sentirsi amati !

Uno accende la radio alla mattina e sente che un barbuto presidente iraniano, basso, magro , occhi da invasato, dal nome impronunciabile per molti , tale Ahmadinejad, nel suo discorso alla Mecca durante la conferenza islamica, dopo aver graziosamente definito Israele un "tumore", ha pronunciato queste parole: “Noi non crediamo che Hitler abbia ucciso sei milioni ebrei”, ha detto Ahmadinejad, aggiungendo che, nell’ipotesi che ciò sia veramente successo, allora i governi di Vienna e Berlino dovrebbero cedere due o tre loro province ai sionisti perché vi si insedino, risolvendo una volta per tutte in questo modo il conflitto israelo-palestinese.
“Se Germania e Austria si sentono responsabili per le sofferenze patite per colpa loro dal popolo ebraico durante la seconda guerra mondiale – ha spiegato il presidente iraniano rispondendo a un’intervista televisiva – allora tutto ciò che devono fare è creare uno stato sionista entro i loro territori. Il punto è: da dove vengono coloro che oggi governano la Palestina da occupanti? Dove sono nati? Dove vivevano i loro padri? Essi non hanno nessuna radice in Palestina, ma ne hanno preso il destino nelle loro mani”.

http://www.repubblica.it/2005/i/sezioni/esteri/iranucle2/viaisr/ansa_7230284_35020.jpg
(Mahmoud Ahmadinejad)

Queste parole sono state accolte dalle urla fragorose degli astanti, pronti a mettersi un coltello fra i denti e andare a squartare il primo ebreo che attraversasse la loro strada.
Il mondo critica con un po' di timore, dopotutto non e' salutare offendere il nanetto Ahmadinejad.
Il mondo condanna in modo molto soft perche' sa che e' sempre meglio non contraddire un musulmano fanatico e sa benissimo che nessuna minaccia a Israele ha il potere di sollevare le masse.
Chissenefrega! Sono solo ebrei, li hanno ammazzati e perseguitati dalla notte dei tempi.
La gente e' abituata, non fa una piega, gira stazione, cambia canale, volta pagina e, almeno in Italia, si occupa della Lecciso. Molto meglio e piu' saggio.
Del resto, diciamocela tutta, il tiranno iraniano non e' il primo a fare simili affermazioni, e' stato preceduto, nel silenzio di tutto il mondo, da altri personaggi di rilievo.

Lo ha detto , in modo diverso ma lo ha detto , Ghandi: "non vedo perche' creare uno stato per gli ebrei, gli ebrei sono cittadini integrati dei paesi in cui vivono".
In effetti tanto integrati che li hanno usati per concimare la terra, per fare lampadari e abat-jour, per fare sapone. Forse per questo gli spagnoli li hanno chiamati marranos, maiali, degli ebrei e dei maiali si usa tutto, non si butta niente.
Ma forse Ghandi non sapeva come gli europei intendevano usare questa "integrazione".

Lo hanno detto in varie occasioni anche Arafat e Gheddafi, il primo adorato del mondo intero, il secondo e' baciato in bocca da presidenti e ministri europei che fanno a pugni per essere ricevuti nella sua meravigliosa tenda da beduino ricco.
"Gli ebrei devono tornare in Europa", hanno sempre urlato i due tiranni.
E il mondo ascoltava in silenzio.

Si, e' bello sentirsi tanto amati.

Poi uno, gia' con un po' di mal di stomaco e dopo aver bevuto una dose di Maalox, si siede al computer, entra in internet e legge che Maurizio Blondet sulla Padania del 07.12.2005, ha dichiarato:
"Gli immigrati ebrei europei non hanno questo rapporto naturale con la terra di Palestina, e perciò le loro azioni, l’espulsione degli abitanti originari, la distruzione di villaggi «dalle belle architetture», sono da paragonare a «virus» predatori e avvelenatori".

Siamo dunque anche un virus, un virus predatore e avvelenatore, peggio dell' aviaria, peggio dell'asiatica, peggio dell'AIDS.
Il virus pero' ha ridato alla Terra di Israele una dignita', dopo che gli arabi i quali, sempre secondo Blondet, adorano la terra , l'avevano resa negli anni un cumulo di sabbia e di pietre. Il virus ha trasformato il deserto in terra del latte e del miele.
Beh, non c'e' male per essere un virus avvelenatore.
Dunque riepiloghiamo: tumore, virus...fuori da Israele...aspettiamo il prossimo.

Si, e' bello sentirsi tanto amati.

Abbiamo pero' anche una bella notizia, perbacco!
Finalmente, dopo 60 anni, abbiamo vissuto in questi giorni un avvenimento storico:
Israele e' stata ammessa a pieno titolo nella Croce Rossa Internazionale.
A pieno titolo? si, circa, piu' o meno, non andiamo troppo per il sottile.
Si tratta di Israele, dopo tutto, e la Croce Rossa e' da sempre agli ordini degli arabi, quindi... niente di piu' che " circa e piu' o meno"!
Per 60 anni gli arabi hanno vietato al Magen David Adom di entrare nella Croce Rossa Internazionale.
Per 60 anni il mondo ha obbedito senza vergogna.
Per 60 anni il MDA e' andato in giro per il mondo ad aiutare le popolazioni dopo terremoti o diluvi o disastri naturali e di guerra.
Per 60 anni il MDA si e' sentito dire dai governi dei paesi islamici "non accettiamo il vostro aiuto" allora Israele, paziente e comprensivo, lo riportava in Patria, levava le etichette dalle tonnellate di pacchi pieni di cibo , coperte e medicinali e li rimandava indietro senza la scritta "made in Israel".

Da due mesi il MDA lavora segretamente in Pakistan dopo il terremoto che ha distrutto mezzo paese, lo fa in silenzio, zitti e buoni, per carita', che non si accorgano che siamo ebrei, che non si rendano conto che tutto quello che diamo viene da Israele.
Tutto questo e' successo sempre, per 60 lunghi e schifosissimi anni.

Adesso pero' , ehehehe, le cose cambieranno. Finalmente e' stata fatta giustizia.
Adesso il MDA e' entrato ufficialmente a far parte della CRI...solo che....il suo simbolo... la stella rossa, bellissima, non dovra' essere messa in mostra perche'...sapete.... potrebbe urtare la sensibilita' degli odiatori di Israele, arabi, islamici, e loro schiavetti.
Quindi cosa deve fare il MDA? Semplice no? Deve fingere di non essere ebreo e al posto della stella rossa deve adottare il simbolo del rombo rosso ma, udite udite, mica sono dei bastardi veri e propri quelli che girano intorno a Croce Rossa e Mezzalunarossa, no, sono comprensivi e allora hanno dichiarato che, per gentile concessione, Israele potra' inserire la stella dentro il rombo ma solo, sia chiaro e tassativo quel "solo", nei paesi che non si mettono a vomitare alla parola ebreo, alla parola Israele.

Si, e' bello sentirsi tanto amati.

Deborah Fait
www.informazionecorretta.com

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tratto da http://deborahfait.ilcannocchiale.it/post/767071.html

Lincoln (POL)
10-12-05, 21:30
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


La Malfa e Nucara: a Teheran tardonazismo.

Il presidente del Partito repubblicano italiano, Giorgio La Malfa, ed il segretario nazionale Francesco Nucara, hanno diramato la seguente nota:"Le parole del presidente Ahmadinejad rivolte ancora una volta allo Stato di Israele, sono una triste conferma dell'ideologia tardonazista che ispira la nuova dirigenza iraniana. Ad esse si accompagna la minaccia gravissima del programma nucleare di Teheran, che se realizzato potrebbe avere effetti deflagranti, soprattutto considerate queste premesse politiche e ideologiche. Le democrazie occidentali sono state a questo punto avvisate con chiarezza dell'esistenza di un pericolo che si presenta ancora più determinato e intimidatorio di quello rappresentato a suo tempo da Saddam Hussein. E' necessario che questo pericolo venga fronteggiato preventivamente, con la necessaria severità e fermezza".

jmimmo82
11-12-05, 13:37
Cosa frulla nella testa dei nostri connazionali di quella sponda (non sessuale) politica?

Proviamo a ragionare con le loro teste di ...

<<In un mondo oppresso dall'imperialismo e dal razzismo israelo-americano, come si può considerare "nemico" un uomo così visceralmente anti-ebreo ed anti-americano? Sulla politica interna, sarà pure contro il laicismo, i diritti delle donne e degli omosessuali, la libertà di espressione e di culto, però, è pur sempre un socialdemocratico (ops! socialteocratico), un uomo del popolo... un antimperialista! Chi se ne frega della libertà! La libertà è diventata uno slogan della destra. E poi la sinistra può fare a meno di questo valore, vedi URSS, Cina, Corea del Nord, Jugoslavia titina, Vietnam del nord, Cuba etc etc etc etc... E l'antisemitismo? Sono gli ebrei i veri antisemiti perché uccidono i poveri palestinesi quindi il buon Ahmadinejad fa bene a dire quelle cose...>>

nuvolarossa
11-12-05, 13:47
jmimmo82 ... questa gente che fa questi ragionamenti a bischero sciolto ... se fossero un cincinino coerenti ... dovrebbero andarsene fuori da the collions e recarsi a vivere a Cuba, in Corea del Nord, in Iran o in Cina ... dove vivrebbero senz'altro felici e contenti come nella favola da loro tanto anelata ... e potrebbero dare pieno sfogo alle loro peculiarita' di nazional-socialisti ... che, per chi e' debole in Storia, ricordiamo che si abbrevia con ... nazisti ...

Lincoln (POL)
14-12-05, 20:59
LA STAMPA di mercoledì 14 dicembre 2005 pubblica a pagina 14 un articolo di Ehud Gol, Ambasciatore di Israele in Italia.Ecco il testo:

Nelle ultime settimane l'organizzazione terroristica di Hezbollah, manovrata dalla Siria e finanziata dall'Iran, ha intensificato le sue azioni terroristiche contro Israele. I suoi attacchi - non provocati, sono stati particolarmente gravi e compiuti simultaneamente contro obbiettivi israeliani civili e militari, lungo tutta la linea di confine tra Libano e Israele, con razzi e missili, con armi da fuoco automatiche e colpi di mortaio. Ci sono stati inoltre tentativi di infiltrazioni per rapire militari israeliani. Undici israeliani sono rimasti feriti e i residenti della Galilea Superiore sono dovuti restare nei rifugi antibomba. Lo stesso leader dell'organizzazione, Hassan Nasrallah, ha dichiarato pubblicamente che il rapimento di israeliani, soldati o civili che siano, non solo è un diritto, ma anche un dovere di Hezbollah.L'escalation di violenza da parte di Hezbollah giunge proprio nel momento in cui aumenta la pressione internazionale sulla Siria, a causa del suo ruolo nell'istigazione alla violenza e all'instabilità in Iraq, del suo coinvolgimento nell'assassinio dell'ex Primo Ministro libanese Hariri e della sua continua presenza in quel paese, in piena violazione della Risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. La Siria è uno stato che sponsorizza il terrorismo: coordina le attività operative di Hezbollah in Libano e ospita a Damasco i quartier generali di organizzazioni terroristiche palestinesi, come la Jihad Islamica. La motivazione primaria della rinnovata ondata di violenza è evidente e nasce dall'urgente bisogno, che il regime siriano ha, di distogliere l'attenzione regionale dal suo terrorismo contro i «fratelli» arabi e indirizzarla verso la sempre popolare «lotta contro Israele».Come su qualsiasi altro governo sovrano, sul Governo libanese ricade la piena responsabilità per qualsiasi attività armata compiuta nel suo territorio. Tuttavia, dal completamento del ritiro israeliano dal Libano e dal ridispiegamento sul confine internazionale, nel maggio del 2000, il Libano non ha ancora assunto il controllo effettivo della sua regione meridionale e ha permesso a Hezbollah di rimanere armato e operativo in quell'area. Le stesse Nazioni Unite del resto hanno ripetutamente confermato che Israele si è pienamente ritirato dal territorio libanese, non lasciando alcun fondamento legale di sorta al pretesto secondo il quale Hezbollah desideri soltanto liberare il Libano dalla «occupazione» israeliana.Hezbollah è responsabile per atti di terrorismo non solo contro Israele, ma anche nel resto del mondo, compreso lo spietato attacco contro obbiettivi ebraici in Argentina, come confermato proprio in questi giorni dalla stessa Procura Generale argentina, dopo undici anni di indagini sulle stragi all'ambasciata israeliana nel 1992 e alla comuità ebraica di Buenos Aires nel 1994. Tutto ciò con il sostegno, i finanziamenti e l'addestramento del regime di Teheran e delle Guardie della Rivoluzione Iraniana. Le intenzioni iraniane di «cancellare dalla mappa lo Stato di Israele», in altre parole di sterminare il popolo israeliano, sono state del resto recentemente ribadite dalle dichiarazioni del presidente iraniano Ahmadinejad.È chiaro a tutti che il Governo israeliano si riserva il diritto fondamentale di proteggere i propri cittadini e di difendere i propri confini dagli attacchi, come farebbe qualsiasi altro Stato di fronte a una simile minaccia, ma la Comunità internazionale, da parte sua, deve prendere una posizione definitiva contro tali violenze e condannare in maniera inequivocabile gli Hezbollah e gli Stati patroni che ne orchestrano il terrorismo. Hezbollah dovrebbe essere trattata come l'organizzazione terroristica che è, e nessuna legittimazione politica o diplomatica dovrebbe essere concessa ai suoi leader in generale né ai suoi rappresentanti presso il Governo libanese in particolare. Eppure alcuni ambasciatori occidentali si sono incontrati con un ministro del governo libanese appartenente a questa organizzazione terroristica, e Israele ha espresso pertanto il proprio disappunto al riguardo, anche al governo italiano.L'Ue, sotto il semestre di presidenza italiana, agì molto bene includendo l'organizzazione di Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche. L'Europa deve porre le considerazioni etiche e morali al di sopra di qualsiasi altra considerazione, e decidere di includere anche l'organizzazione di Hezbollah nella lista del terrorismo, senza temporeggiamento alcuno.

nuvolarossa
17-12-05, 17:16
Lettera a Lucia Annunziata

Gentile Signora Lucia Annunziata, Lei scrive "RINGRAZIO Luisa Morgantini per questo contributo su un tema molto delicato. Spero possa essere l’inizio di un dibattito fra i nostri lettori. " ...

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tratto da http://ilparoliere.ilcannocchiale.it/print/777644.html

nuvolarossa
18-12-05, 18:53
http://img341.imageshack.us/img341/4471/935zm.jpg

nuvolarossa
18-12-05, 18:56
http://img341.imageshack.us/img341/7336/1093qo.jpg

nuvolarossa
18-12-05, 18:58
http://img341.imageshack.us/img341/3844/12b9bg.jpg

nuvolarossa
18-12-05, 19:00
http://img341.imageshack.us/img341/8829/1380qt.jpg

nuvolarossa
18-12-05, 19:02
http://img341.imageshack.us/img341/1439/850kl.jpg

nuvolarossa
18-12-05, 19:03
http://img341.imageshack.us/img341/1632/462wa.jpg

nuvolarossa
18-12-05, 19:05
http://img341.imageshack.us/img341/9814/6b7cx.jpg

nuvolarossa
18-12-05, 19:08
http://img341.imageshack.us/img341/3159/372nn.jpg

nuvolarossa
18-12-05, 19:09
http://img341.imageshack.us/img341/2966/5a2yu.jpg

nuvolarossa
18-12-05, 19:13
http://img341.imageshack.us/img341/7554/2c5ak.jpg

nuvolarossa
18-12-05, 19:15
http://img341.imageshack.us/img341/7014/756tx.jpg

nuvolarossa
18-12-05, 19:17
http://img341.imageshack.us/img341/2585/20059ah.jpg

kid
19-12-05, 13:15
perchè mai non dovremmo crederci?

nuvolarossa
19-12-05, 13:21
... Calvin ... perche' c'e ancora gente che confonde Israele ... con le quarantottore ....

nuvolarossa
19-12-05, 13:52
Eccoli qua i nemici della pace e della verita'

Eccoli qua, ancora una volta, i nemici di Israele, i nemici della pace, gli assassini della verita'. Eccoli qua ancora una volta, mai sazi di odio, a manifestare contro Israele con un proclama che vuole imbrogliare la gente che si prepara a festeggiare il Natale. ...

tratto da http://deborahfait.ilcannocchiale.it/post/778882.html

Lincoln (POL)
19-12-05, 15:39
LIBERO di domenica 18 dicembre 2005 pubblica un'intervista al presidente dell'Anti Defamation Lague, Abraham Foxman, che riportiamo:
Non tutti conoscono Abraham H. Foxman. Il direttore nazionale della Lega Anti Diffamazione è nato in Polonia nel 1940, superstite dell'Olocausto, negli scorsi giorni è stato a Roma per una serie di incontri istituzionali, ma non solo. Non ha voluto mancare, infatti, alla presentazione del libro " I giusti in tempi ingiusti", del caro amico Giancarlo Elia Valori. Proprio in quell'occasione lo abbiamo incontrato in un centralissimo albergo romano.

Hanno destato giustamente scalpore, ma anche scandalo, le parole usate in queste ultime settimane dal presidente iraniano Ahmadinejad, il quale ha definito Israele " un tumore da trasferire in Europa o negli Stati Uniti", negando inoltre l'esistenza dell'Olocausto... « Ovviamente Ahmadinejad è una persona che non ragiona, che ignora, o vuole ignorare, la storia. Si lascia andare all'ignoranza al pregiudizio al bigottismo » . Avete pensato mai di invitarlo a visitare il museo dell'Olocausto in Israele? « Ma, un uomo capace di fare affermazioni del genere, magari direbbe pure, visitando il museo, che è un'invenzione, una creazione degli ebrei, dei sionisti. Sono convinto, invece, che questi musei debbano essere costruiti, perché è importante educare le nuove generazioni » . Lei è sopravvissuto all'Olocausto. Un testimone del buco nero della storia del novecento. Oggi che cosa le rimane di quella tragica esperienza? « Beh, l'olocausto mi ha dato l'opportunità di conoscere in prima persona il bene ed il male. Mi spiego meglio, in quei terribili periodi bui, una donna cattolica ha rischiato la vita per salvarmi. Mi ha battezzato, mi ha dato un nuovo nome, una nuova esistenza. Questo è il bene che ho conosciuto. Ovviamente, non posso dimenticare neppure il male che ho dovuto subire, la tragedia che ha vissuto il mio popolo » . Chi ha vissuto un dramma del genere sulla propria pelle porta dei segni indelebili. Col tempo, però possono trasformarsi in un insegnamento per le future generazioni... « Vede, chi sopravvive ad una tragedia del genere si chiederà per tutta la vita: perché proprio io? Perché doveva capitare proprio a me? Vero, mi sento fortunato, perché sono sopravvissuto. Ma so che la mia vita ha un obiettivo: testimoniare in maniera concreta il trionfo del bene sul male. Sento il dovere di far conoscere la tragedia del mio popolo, il male che ha annientato così tante vite di bambini, donne e uomini ebrei. La mia storia, però, non è l'unica. Ce ne sono centinaia, anche qui in Italia, che meriterebbero di essere raccontate » . Ricordiamo tutti i dati del sondaggio effettuato qualche mese fa dall'eurobarometro, da cui emergeva che l'opinione pubblica europea percepiva l'azione di Israele e degli Stati Uniti come le più pericolose minacce per la pace mondiale. Perché, secondo lei, gli europei si sono espressi in questo modo? « Per ignoranza! » . Solo per ignoranza? « No, certo, anche per pregiudizio. Gli europei hanno sempre avuto una politica molto filo- araba, filo- palestinese e per questo hanno sempre visto Israele come una nazione militarista, fascista. Quasi alla stregua del nazismo. Questo modo di pensare ha generato la convinzione errata che Israele rappresenti una minaccia per la sicurezza globale. Non l'Iran, non l'Irak, non la Cina o il terrorismo. Soltanto Israele » . Ma, sinceramente, ritiene che ci siano stati degli errori, da parte di Israele e degli Stati Uniti, tali da indurre il mondo a temere le azioni politiche di questi due Paesi? « Si può benissimo non essere d'accordo con quelle che sono le politiche degli Stati democratici. In realtà il vero problema, però, è che, quando si supera una determinata linea, un determinato limite, e si accusa Israele di essere una minaccia per la pace, di non avere il diritto di esistere, allora questo non può essere accettato » . Masi può criticare Israele senza essere tacciati di antisemitismo? « Certo, senza dubbio è possibile. Si può criticare Israele, come si può criticare qualsiasi altro Stato democratico. Ognuno di noi è libero di esprimere la propria opinione. La libertà di ognuno di noi, però, non deve ledere l'immagine ed i diritti di un intero popolo » . Ma, invece, si può criticare il sionismo e non essere antisemiti? « Beh, a questa domanda io risponderei di no. Perché chiaramente le persone possono anche non amare in modo particolare le politiche nazionalistiche, però lo stesso tipo di trattamento dovrebbe essere riservato non solo ad Israele, ma anche agli altri Paesi che difendono la loro identità, tradizioni e cultura » . La presa di posizione del premier Sharon di disimpegno dalla Striscia di Gaza ha sicuramente giovato a Israele dal punto di vista dell'immagine internazionale. Non è stato invece così sul fronte interno dove abbiamo visto l'atteggiamento degli ultraortodossi... « Ovviamente Israele ha dimostrato il suo impegno, per così dire, scusate il gioco di parole, su quella che è la politica di " disimpegno". I militari e le forze di polizia hanno combattuto per una posizione che era stata presa da un governo democratico, ed eletto dai cittadini. Gli stessi soldati e le stesse forze di L' EMIGRANTE Abraham H. Foxman visto da Vasinca di ANNA LA ROSA polizia hanno pianto con i coloni; però li hanno costretti ad andar via, in nome della pace e della democrazia » . La pace interna non è sempre la base su cui costruire una pace duratura - in questo caso - anche con i palestinesi? « Sì, certo. C'è, però una differenza sostanziale: i palestinesi, a parole, parlano di stato di diritto; parlano della possibilità di una riconciliazione. Abu Mazen, però, sembra non avere il controllo su questa situazione. Purtroppo sembra non avere l'autorevolezza che deve necessariamente avere un leader. Un capo deve essere riconosciuto tale da tutto il suo popolo, non solo da alcune fazioni. Noi, però, siamo disponibili al dialogo. Nel momento in cui ci sarà la possibilità di avere una posizione più equilibrata, ci sarà anche la possibilità di una riconciliazione fra questi due popoli. Ne sono sicuro » . Si dice che lei sia un uomo potentissimo, direttore di una lega altrettanto potente. ( Qui Foxman sorride più volte) « Innanzitutto bisognerebbe vedere come si misura il potere. Certo, io ho avuto la fortuna di poter lottare contro i peggiori pregiudizi. E si sa, i pregiudizi possono diventare mura invalicabili. Beh, io sono riuscito ad andare oltre queste mura; sono stato capace di lottare per farmi conoscere. Ho combattuto per tutta la vita contro ogni tipo di pregiudizio » . Sono rimasta colpita dalla sua semplicità... « Mah, credo che il valore più importante non sia la semplicità ma la credibilità. Quando si diventa credibili si può anche esprimere una posizione impopolare. La vita è fatta di decisioni da prendere, e queste decisioni possono non sempre essere comprese da tutti. Talvolta bisogna essere coraggiosi. Ma quel coraggio è possibile solo se si è considerati credibili » . Possono convivere potere e semplicità? « Vede, la mia semplicità deriva dal fatto che la cosa peggiore che possa capitare ad una persona è non riuscire ad ammettere di aver commesso un errore. Non riuscire a dire: " mi dispiace". Ecco, dunque, che ritorna l'importanza della credibilità, che dà la possibilità di poter riconoscere i propri errori e di poter apprendere dal passato gli errori degli altri, per non ripeterli » . Ho dato un'occhiata al vostro sito Internet... « Attraverso il sito si comprende esattamente quello che è il nostro compito » . Lei ha conosciuto Giovanni Paolo II. Qual è il suo personale ricordo? « È stato veramente molto importante incontrare Giovanni Paolo II. Ho avuto modo di parlargli in più occasioni. Ho un ricordo vivissimo di lui. Il suo sguardo, le sue parole, sono per me un ricordo indelebile » . È vero che aveva una memoria infallibile? « Sì. Pensi che la prima volta che lo incontrai, gli chiesi di benedire la donna che mi aveva salvato la vita. Il papa rimase commosso, toccato dal mio racconto. L'ho rivisto esattamente un anno fa e ancora una volta gli rinnovai la mia richiesta: " Santità potrebbe benedire la donna che mi ha salvato?" E lui rispose " Ancora! ma non lo avevo già fatto venticinque anni fa!". Poi mi guardò ed aggiunse: " Ma perché no? Possiamo ribenedirla..." » . Bisogna dire che papa Wojtyla ha avuto un ruolo essenziale nei rapporti tra ebrei e cristiani... « È stato un pontefice che ha cambiato le relazioni esistenti da duemila anni a questa parte. Ricordo la visita alla sinagoga di Roma. In quell'occasione disse che l'ebraismo è pieno di vita, di energia e da questo deduciamo che il cristianesimo, secondo lui, non aveva affatto sopraffatto l'ebraismo e l'ebraismo continuava ad avere una sua vitalità. Oggi questo passaggio è molto importante perché permette di far giungere a tutti un messaggio essenziale, e cioè che Israele deve avere il suo stato e deve avere la sua sovranità. E ne ha tutti i diritti! » . E Benedetto XVI continuerà il percorso intrapreso da Giovanni Paolo II? « Sì, anche il nuovo pontefice sta proseguendo su quella strada. A Colonia, durante la giornata mondiale della gioventù, la scorsa estate, Benedetto XVI è andato nella sinagoga ad incontrare gli ebrei. E questo, ovviamente, è un segno. Un segno di vera continuità » . Oggi qual è il rapporto tra Italia ed Israele? « È stato ed è molto importante per noi il rapporto con l'Italia. Soprattutto perché il Presidente del Consiglio Berlusconi più volte ha affermato pubblicamente, anche in sede europea, il suo rispetto per Israele e per gli Stati Uniti » . Anche il ministro degli Esteri Fini ha avuto un ruolo di primo piano... « Certamente. Grazie a lui l'Europa ha cambiato il suo atteggiamento nei confronti di Israele. Possiamo dire che l'Italia ha storicamente contribuito all'evoluzione dei rapporti tra Stato ebraico e Vecchio Continente » . Durante questo suo soggiorno romano ha incontrato sia fini che Berlusconi. Con il premier lei ha un rapporto d'amicizia. Nel 2003 lo ha insignito anche del premio " statista dell'anno"... « Berlusconi fu premiato per la sua fedeltà ed amicizia agli Stati Uniti e perché si è sempre mostrato un partner eccezionale nella lotta contro il terrorismo. Devo dire, però, che in quell'occasione lo definii un amico " infedele", perché parlò in termini benevoli della dittatura di Mussolini, dicendo che il Duce non aveva mai ucciso nessuno. Un sopravvissuto come me riconosce la gravità di quelle dichiarazioni, ma chi di noi non ha un amico non perfetto al 100%? » .

nuvolarossa
22-12-05, 17:32
http://www.ilriformista.it/imagesfe/nucleare-edstein1753_img.gif

«Non c’è stato nessun Olocausto. Per ora».

nuvolarossa
03-01-06, 13:46
Italiani e italioti

La superattivista filopalestinese europarlamentare onorevole Luisa Morgantini lo chiama affettuosamente Alex ed e' accanto a lui, con un'espressione di dolce soddisfazione e malcelato ...

Deborah Fait
www.informazionecorretta.com

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tratto da http://ilsignoredeglianelli.ilcannocchiale.it/print/796542.html

Lincoln (POL)
03-01-06, 15:34
non sempre si può fare quello che si desidera...
Fosse stato per me,io avrei pagato perchè se li tenessero(le Sgrene,le Simone,questo cialtrone di cui parla Deborah qua sopra...d'altro canto si trovavano tra amici no?)ma la ragion di Stato...

nuvolarossa
05-01-06, 20:20
L'ultima battaglia
Un momento cruciale in cui non si può mollare la presa

Se le condizioni di salute di Ariel Sharon resteranno gravi, o anche soltanto tali da impedire un suo ritorno alla vita pubblica, un futuro di incertezza attende il Medioriente. Nel giro di poche settimane potremmo essere costretti a confrontarci con uno scenario nel quale, accanto ad un'affermazione di Hamas nelle elezioni palestinesi, vi sarebbe l'accantonamento forzato del leader israeliano che più si è battuto in questi anni per la pace fra i due popoli e la sicurezza dello Stato ebraico.

http://www.repubblica.it/2006/a/dirette/sezioni/esteri/mediorient/sharongrave/reut_7341720_40130.jpg

Il rischio concreto di vedere fatta terra bruciata di tutti gli sforzi compiuti finora fra i due campi si materializzerebbe, compreso il sacrificio dei principali protagonisti che tale opera avevano portato avanti.

Il punto più delicato, in Israele, ovviamente è quello politico, considerando la battaglia di Abu Mazen già persa in partenza. A fronte di un nuovo estremismo palestinese, senza Sharon avremmo: o un Likud con Netanyahu, pronto ad accettare la sfida che gli viene rivolta, senza soluzioni di tregua; o un partito laburista troppo arrendevole.

E questo è purtroppo evidente dal fatto che lo stesso Sharon aveva puntato sulla nascita di un nuovo partito, ritenendo le strutture delle attuali formazioni israeliane di per sé inefficaci a perseguire la sua strategia di pace e sicurezza.

Il Likud, infatti, si è dimostrato refrattario al ritiro dagli insediamenti israeliani nei territori. Il Partito laburista, d'altro canto, non è più in grado di avere la sufficiente determinazione per contrastare il terrorismo. Può darsi anche che senza Sharon possa nascere quella terza forza da lui desiderata per perseguire il progetto che gli premeva realizzare, ma l'assenza del suo carisma personale sarebbe comunque un handicap grave da sopportare.

In questi decenni di politica israeliana, ci siamo accorti che il carisma è tutto quando si tratta di compiere passi fondamentali per la vita dello Stato ebraico. Solo chi lo ha posseduto è riuscito al dunque ad avere successo: Rabin prima e Sharon poi.

Per questo la nostra speranza è che Sharon si riprenda e che la tempra del vecchio generale, accertata nelle battaglie del deserto, non si faccia sopraffare proprio nel momento cruciale della sua esistenza.

Sarebbe uno scherzo atroce del destino e una sciagura per Israele.

Roma, 5 gennaio 2006

Lincoln (POL)
06-01-06, 21:39
Ecco il pezzo:
Raramente gli analisti di tutto il mondo erano stati tanto concordi nell'attribuire alla capacità di leadership di un uomo di Stato, alla sua personalità, in una parola, al suo carisma un ruolo pressoché decisivo nella gestione e sulle prospettive di successo di un processo politico.
Le sue qualità personali, la sua stessa storia, il modo con il quale egli ha guardato alla propria funzione, la specificità della situazione in cui si è trovato a operare, le condizioni politiche e ambientali che ne hanno esaltato il ruolo, sono tutti elementi che hanno contribuito a fare di Ariel Sharon il solo statista israeliano in grado di portare finalmente e felicemente a soluzione il lunghissimo e tormentato cammino verso la convivenza pacifica fra ebrei e palestinesi dopo oltre cinquant'anni di guerre.
Le qualità personali.
Sharon ha messo in gioco la sua stessa carriera politica, non esitando a schierarsi contro gran parte del suo stesso partito, il Likud, creandone un altro e stringendo un'alleanza del tutto imprevedibile con un'altra grande personalità del panorama politico israeliano, il leader laburista Shimon Peres.
La sua stessa storia. Sharon ha confermato l'auspicio che solo un uomo della destra — contraddicendo tutta la sua esperienza precedente — avrebbe potuto avviare un processo di pace con l'Autorità palestinese, partendo da concessioni unilaterali (il ritiro da Gaza) senza contropartite né militari, né diplomatiche.
Il modo con il quale ha guardato alla propria funzione.
Sharon è andato dritto allo scopo, interpretando la propria funzione di capo del governo in modo dinamico e sovvertendo gli schemi che anche i suoi predecessori più coraggiosi — come Rabin e Barak — avevano seguito, sfidando, col proprio partito, l'opinione pubblica più tradizionalista.
La specificità della situazione in cui si è trovato a operare. Sharon ha colto al volo le opportunità che offrivano sia la scomparsa di Arafat sia la domanda di democrazia che era emersa nella società palestinese, scommettendo sul binomio democrazia- pace messo in moto dagli eventi mediorientali dopo l'attentato alle due Torri di New York e la guerra al terrorismo lanciata dall'amministrazione americana.
Le condizioni politiche e ambientali che ne hanno esaltato il ruolo. Sharon non ha esitato, nella prospettiva di aprire uno stabile processo di pacificazione, a coniugare la domanda di sicurezza del suo popolo — attraverso la costruzione della barriera difensiva, contro l'ostracismo mondiale — con la sua aspirazione a pervenire a una soluzione del conflitto, in modo da tacitare le opposizioni allo sgombero della striscia di Gaza.
Il suo è stato un capolavoro di saggezza e di strategia politica, al quale ora il mondo intero guarda con ammirazione, ma anche con preoccupazione e allo stesso tempo con speranza, dopo le notizie sulle sue condizioni di salute. Ariel Sharon sta combattendo la sua più difficile battaglia contro un nemico infido che solo la sua forte fibra può sperare di sconfiggere, l'affezione cardiocircolatoria che lo ha colpito. Non è esagerato dire che tutti gli uomini di buona volontà, tutti coloro che amano davvero la pace, non solo in Medio Oriente, ne seguono gli sviluppi con trepidazione. È proprio vero. Raramente la personalità di un solo uomo politico era apparsa tanto decisiva nella storia dell'umanità. Che Dio lo assista.


2 articoli di Maurizio Molinari


il primo dal titolo "Un salmo per Arik all'ombra del muro"

I piccoli libri di preghiera con copertina bianca e scritte dorate passano di mano in mano poco dopo l’alba quando a centinaia arrivano di fronte al Kotel - il Muro Occidentale dell’antico Tempio di Gerusalemme - rispondendo all’appello del rabbino capo di Israele, Yona Metzger, di recitare i salmi per Ariel Sharon. I fedeli ripetono ognuno per conto proprio i versi dei salmi riferendosi ad «Ariel Sharon ben Vera», figlio di Vera. Studenti di scuole religiose e soldati, ortodossi e laici raffigurano sulla spianata del Kotel il timore per l’incombere della morte di «Arik», l’eroe di mezzo secolo di battaglie per Israele che a 77 anni rischia di perdere quella per la vita. Dentro di sè ogni fedele è convinto che il dialogo con l’Onnipotente può essere utile e recitando i salmi riesce a sentirsi parte - forse per l’ultima volta - del popolo di Sharon.
Allontanandosi i fedeli si mischiano all’eterogeneo flusso umano che conduce fin oltre la Porta di Damasco, nel cuore della zona araba, dove l’agonia di Sharon è circondata dal più gelido distacco. I piccoli televisori nei caffè mostrano vecchi film, sui giornali non vi sono foto del ricovero e sui carretti non vi sono radio accese per ascoltare i bollettini. Fare domande serve a poco: nessuno risponde. È come se Sharon, la sua agonia ed il dramma di milioni di israeliani fossero su un altro pianeta ovvero quello che inizia a Rehov Yafo, la strada maestra della Gerusalemme ebraica che porta a Mahanè Yehuda, il mercato più volte colpito dai kamikaze palestinesi dove batte il cuore dell’elettorato del Likud, il partito che Sharon ha creato, portato al trionfo, deluso con il ritiro da Gaza e infine abbandonato per il centrista «Kadima».
Attraversare Mahanè Yehuda significa tastare il polso alla democrazia israeliana. Qui tutti parlano di Sharon, del Likud, di Kadima, dei laburisti e di qualsiasi altro soggetto che abbia qualcosa a che vedere con la vita dello Stato. Fra venditori e clienti è un continuo discutere di tutto, spesso ad alta voce, con uso di termini coloriti per sottolineare i dissensi. Nissim non avrà neanche 35 anni, vende «le migliori banane di Gerusalemme» e se la prende con una cliente che gli dice «con Sharon o senza andremo avanti comunque». «Lei si sbaglia - ribatte - senza Arik nulla sarà più come prima». In un viottolo Eli Haddad, venditore di funghi, intrattiene alcuni manovali: «Vedrete, tornerà Bibi - dice riferendosi all’ex ministro dell’Economia Benjamin Nethanyahu - senza Sharon non c’è Kadima, tornerà lo scontro fra Likud e laburisti e vincerà Bibi». Si tratta di un’opinione diffusa. Anche chi si è sentito tradito dal ritiro da Gaza mostra rispetto per il guerriero in fin di vita ma non cela l’attesa per il fatto che la scomoda convivenza con Shimon Peres venga archiviata.
Quasi attaccato al mercato c’è il Bustan ha-Sefardì - il giardino sefardita - dove le tre panche colorate ospitano i pensionati che discutono giocando a scacchi o a carte. A fianco a loro siede un hassid che avrà più di 80 anni, ascolta tutto ma non dice una parola, preferendo mangiare spicchi di mandarino mentre infuria uno scontro verbale da fare invidia alla Knesset. Il tema è «Elohim movil olam» - il Signore muove il mondo - e dunque il fatto che in tutto ciò che avviene c’è un perché. Il punto è scoprire di cosa si tratta. «La novità è che Sharon può anche farcela a vivere - dice un ex autista - ma non riuscirà più a governare come prima». «Sebbene laico come Ben Gurion - aggiunge un georgiano - Sharon mi piaceva ma non l’avrei votato, Kadima è un partito di asini». «Ti sbagli - ribatte un altro - hanno già 40 seggi e se Sharon muore, ne guadagneranno ancora». Nethanyahu piace un po’ a tutti ma c’è chi sostiene che a guidare Kadima, e forse anche Israele, sarà presto il premier ad interim Ehud Olmert piuttosto che il generale Shaul Mofaz o Tzipi Livni, combattiva titolare della Giustizia, che «vorrebbe essere Golda Meir». La girandola di nomi e opzioni non convince il georgiano che chiude la conversazione con un «talui banu», dipenderà da noi.
Il dubbio sulla sorte di Kadima è lo specchio della suspence sulla vita di Sharon e il perno di ogni riflessione politica sulle elezioni e le conseguenze nei rapporti con i palestinesi e gli arabi in generale. Di questo ha discusso Nethanyahu con un team di fedelissimi all’hotel David Citadel. Porte chiuse e bocche cucite hanno protetto una seduta iniziata sulla scia della scelta di non chiedere più ai ministri del Likud di dimettersi: con Sharon in sella la tattica di Nethanyahu era lo scontro frontale mentre ora la scommessa è tentare di esserne l’erede, provando a riunificare il Likud lacerato da Gaza.

"Il grande vuoto di Kadima":
La leadership del partito Kadima e le elezioni palestinesi del 25 gennaio prossimo sono le due incognite legate alla salute del premier Ariel Sharon dalle quali dipende l’evoluzione degli scenari mediorientali nelle prossime settimane.
Al fine di allontanare il sospetto che un’uscita di scena di Sharon comporterebbe il tramonto del progetto di Kadima i volti più in vista del nuovo partito - dal generale e ministro della Difesa Shaul Mofaz a Haim Ramon al ministro della Giustizia Tzipi Livni - si sono riuniti a Gerusalemme per confermare la fiducia al premier ad interim Ehud Olmert, con una formulazione tesa a far morire sul nascere le voci di una faida sulla successione. E ciò ha coinciso con un’offensiva di tranquillizzanti indiscrezioni trapelate dai collaboratori di Sharon secondo cui «nei giorni scorsi aveva previsto una ricaduta e lasciato detto cosa si sarebbe dovuto fare».
Resta da vedere tuttavia se la tregua siglata riuscirà a salvare Kadima ed i quasi 40 seggi che i sondaggi le assegnavano prima del ricovero di Sharon. «Oramai nulla è più sicuro - osserva Yossi Verter, analista del quotidiano Haaretz - perché anche se Kadima resterà intatto la sua credibilità senza Sharon è ora in balia dei sondaggi». Da qui l’opinione di Aluf Benn, uno dei politologi più accreditati, secondo cui «i grandi vincitori politici del deterioramento della salute di Sharon sono i due principali leader del Likud, Benjamin Nethanyahu e Silvan Shalom, perché il primo può tornare a sperare di guidare il governo mentre il secondo è l’artefice della decisione di non lasciare più l’attuale governo».
Se il Jerusalem Post dedica un editoriale al «ritorno al passato» - ovvero alla prospettiva che senza Sharon le nuove elezioni tornino ad essere una sfida fra Likud e laburisti - è perché riflette la tendenza ad archiviare la scommessa centrista di Kadima. Se ciò si realizzerà o meno dipenderà molto dalle partite che si apprestano a giocare i leader politici che hanno scelto di seguire Sharon: dal laburista Shimon Peres, combattuto fra il possibile ritorno con i laburisti ed affiancare Olmert, alla quarantasettenne Tzipi Livni, figlia di un eroe della guerra di indipendenza, ex funzionario del Mossad e voce di spicco dei moderati del Likud come ha dimostrato il fermo sostegno dato al piano del ritiro da Gaza a dispetto delle resistenze dell’ala destra del partito.
Dalla sua Tzipi Livni ha anche un precedente: nel febbraio 1969, quando morì il premier in carica Levi Eshkol, a guidare un esecutivo di unità nazionale fu proprio una donna, Golda Meir, allora poco conosciuta ma destinata a diventare uno dei premier più popolari di Israele. Forse non a caso sulle tv israeliane sono stati i volti di Olmert e Livni a campeggiare sin dalle prime indiscrezioni sulla ricaduta di Sharon mentre significativo è stato il basso profilo scelto da Shimon Peres.
L’amministrazione Bush segue ogni dettaglio del delicato passaggio politico perché in ballo ci sono le elezioni legislative palestinesi. Il presidente Abu Mazen minaccia di rinviarle se il governo israeliano non consentirà agli arabi di Gerusalemme Est di prendervi parte e la questione avrebbe dovuto essere discussa ieri pomeriggio da Sharon con due inviati Usa, Eliot Abrams e David Welch. Il ricovero del premier ha fatto rimandare l’arrivo della delegazione americana a mercoledì, quando sarà Olmert a riceverli trovandosi di fronte alla prima decisione dell’interim. Washington teme che le incertezze nel Kadima ed i sondaggi in arrivo possano produrre un corto circuito, e per scongiurarlo ha affidato al portavoce della Casa Bianca, Sean McCormack l’auspicio che «tale questione verrà risolta come già avvenuto altre volte in passato», aggiungendo l’esplicità richiesta ad Abu Mazen di «concentrarsi sull’organizzazione del voto», evitando la tentazione di trarre vantaggio dalle attuali incertezze politiche israeliane.

Lincoln (POL)
08-01-06, 15:43
Magdi Allam,sul CORRiERE della SERA di oggi 7.1.2006 in prima pagina, ricorda a tutti quelle verità scomode che i nostri commentatori preferiscono ignorare. Come fanno i pavidi, i paurosi. Magdi Allam ha invece onestà e coraggio. Fa soffrire constatare come il mondo musulmano in Italia non abbia ancora fatto tesoro delle sue idee. Constatazione che non riguarda solo i musulmani.

Ecco il suo articolo:

A tutti coloro che hanno la memoria corta: si ricordino che se Sharon passerà alla Storia come un grande leader politico, ciò si deve essenzialmente al fatto che è riuscito a contenere significativamente il terrorismo palestinese che faceva strage di israeliani.A tutti coloro che straparlano decontestualizzando i fatti esaminati: tengano presente che oggi non solo Israele, ma l'insieme del Medio Oriente e la stessa Europa sono direttamente minacciati da una nuova Internazionale del terrore che unisce Al Qaeda di bin Laden, l'Iran di Ahmadinejad, il regime siriano di Assad, il Hezbollah libanese, Hamas, la Jihad islamica e le Brigate Al Aqsa palestinesi.A tutti coloro che sostengono di aspirare alla pace tra Israele e un futuro Stato palestinese: siano consapevoli che la priorità che si dovrebbe porre la comunità internazionale nel dopo-Sharon è inequivocabilmente la lotta al terrorismo palestinese con la stessa determinazione con cui ci si sta battendo contro il terrorismo in Iraq e in Afghanistan, dove solo due giorni fa ci sono stati un centinaio di morti, nonché in Libano, Arabia Saudita, Giordania e Egitto, ma anche negli Stati Uniti e Gran Bretagna.Ho fatto queste riflessioni ascoltando Giulio Andreotti alla trasmissione Radio anch'io, condotta da Stefano Mensurati. Il senatore a vita ha rievocato gli anni Ottanta quando Arafat maturò la decisione di abbandonare il terrorismo per proporsi come leader politico, ha auspicato gesti concreti di Israele per favorire la pace citando il ritiro dal Golan e una sistemazione definitiva per i profughi palestinesi in Libano, ha invocato un impegno internazionale a favore del diritto a uno Stato palestinese indipendente.Peccato che Andreotti abbia omesso di ricordare che fu lo stesso Arafat a seppellire nell'estate del 2000 a Camp David un accordo di pace che avrebbe finalmente realizzato il sogno dei palestinesi di uno Stato indipendente. Che non tenga conto della profonda differenza tra il terrorismo laico- nazionalista degli anni Settanta e Ottanta che mirava a imporre con metodi deprecabili la questione palestinese al centro dell'agenda politica internazionale, e l'attuale terrorismo di matrice islamica che persegue esplicitamente la distruzione dello Stato ebraico. Tanto è vero che gli attentati suicidi contro gli autobus a Gerusalemme e Tel Aviv iniziarono dopo la storica firma dell'accordo di pace tra Rabin e Arafat alla Casa Bianca il 13 settembre 1993, poiché questo terrorismo palestinese disconosce il diritto all'esistenza di Israele.Peccato che Andreotti non abbia menzionato il fatto che Sharon ha già concesso ai palestinesi più di quanto non abbiano fatto non solo i precedenti leader israeliani, ma anche i governi della Giordania e dell'Egitto che dal 1948 al 1967 si annetterono formalmente o di fatto la Cisgiordania e Gaza. La sua decisione di sgombrare le colonie ebraiche e gli insediamenti militari dalla Striscia di Gaza, affidandola per la prima volta nella Storia al governo esclusivo dei palestinesi, è un fatto inedito e straordinario che dimostra la sua autentica volontà di pace. E che tuttavia questo gesto storico è stato interpretato come un atto di debolezza da parte dei terroristi che, pur di imporre il loro potere fanatico e sanguinario, stanno seminando il caos e la violenza a Gaza. Al punto da intimidire gli osservatori dell'Unione Europea e di uccidere dei soldati egiziani a cui Israele ha affidato il controllo del valico internazionale di Rafah.In queste difficili ore in cui ci stiamo congedando dal Sharon-politico è bene che tutti i buonisti, i pacifisti a senso unico, i filo-palestinesi di professione sappiano che ciò che concretamente i palestinesi hanno ottenuto lo si deve grazie alla ferrea lotta di Sharon contro il terrorismo che ha comportato erigere un muro a protezione di Israele e le esecuzioni mirate dei predicatori d'odio. Sappiano che lo Stato palestinese sarà possibile solo quando tutti insieme ci batteremo contro coloro che vorrebbero distruggere Israele. Questo è il testamento politico di Sharon: la battaglia contro il terrorismo di Israele ci concerne tutti, solo affermando il diritto all'esistenza di Israele potremo salvaguardare il diritto all'esistenza di tutti.

Lincoln (POL)
08-01-06, 22:19
l'analisi del FOGLIO sulle prese di posizione contro Sharon nel parlamento europeo. E' inutile aspettarsi autocritiche.

Ecco l'articolo:
Bruxelles. "Criminale", "terrorista", "guerrafondaio". I processi verbali del Parlamento europeo aiutano a comprendere l’alta opinione che avevano di Ariel Sharon i rappresentanti delle istituzioni europee. Non è una storia di odio e amore, come potrebbe apparire dalla corsa al capezzale. E’ storia di solo odio, a volte condito da antisemitismo, salvo accorgersi che alla fine quella di Sharon era l’unica politica di sicurezza e di pace possibile. Niente scuse, però, perché la superiorità morale europea non può essere discussa. Soltanto lezioni, soltanto sentenze. Ne è riprova il coro messo in scena dagli europarlamentari il 9 aprile 2002, anno di piena seconda Intifada terrorista, di autobus che esplodono a Tel Aviv e Gerusalemme, di conseguente rappresaglia israeliana. Quello di Sharon è "terrorismo di Stato", accusa una deputata nordica. "Sharon ha la guerra fissa in mente, come qualcosa di congenito", sputa il socialista spagnolo Emilio Menendez del Valle. "Sharon rivendica la deportazione della popolazione palestinese, anche quella dei cittadini arabi di Israele", vomita la comunista Luisa Morgantini. "Da Sabra e Chatila ai fatti di Jenin, Sharon deve riflettere se non vuole essere tra i primi clienti del Tribunale penale internazionale", minaccia il liberale britannico Graham Watson. "Israele non è più uno Stato di diritto", sentenzia l’ex presidente portoghese Mario Soares. In molti pensavano che, grazie a Sharon, Israele non fosse più una democrazia. Tanto che il Pe, dando credito alle fandonie sui crimini commessi dall’esercito israeliano a Jenin, chiese la sospensione dell’accordo di associazione tra e Israele, una misura mai adottata nemmeno contro le peggiori dittature. L’allora commissario europeo alle Relazioni esterne, Chris Patten, non era contrario, perché "gli israeliani non possono calpestare lo stato di diritto, le convenzioni di Ginevra e quelle che sono considerate norme accettabili senza fare un danno colossale alla loro reputazione". Peccato che il danno sia stato fatto alla verità e l’Ue non abbia pensato a nessuna riparazione per Israele, il suo esercito e il suo governo. La bufala di Jenin è solo un esempio: dall’assedio alla Muqata a quello alla basilica della Natività, dai checkpoint alla barriera difensiva, l’Ue ha sempre mostrato piena solidarietà a Yasser Arafat e ai palestinesi, nessuna comprensione a Israele e al suo popolo. Anzi, per il solito Patten – intervistato dalla Bbc il 18 aprile 2002 – le politiche di Sharon sono all’origine del "culto della morte" dei terroristi. Ecco, "tutta colpa di Sharon" è lo slogan della politica europea. Come quando Tsahal attaccò le infrastrutture del terrorismo, distruggendo le attrezzature palestinesi finanziate con il denaro europeo. Patten, che per anni si oppose a un’indagine sui fondi europei usati da Arafat per finanziare finanziare odio e terrorismo, aprì un’inchiesta contro Israele. Certo, non sono mancate le voci fuori dal coro. Quella di un manipolo di europarlamentari, guidati da Marco Pannella, e i sei mesi di presidenza italiana dell’Ue, che contribuirono a migliorare le relazioni con Israele. O ancora Mario Monti che, da commissario europeo, riconobbe la barriera difensiva come "accettabile". L’Ue seguì poi la ragionevolezza del professore, ma con ipocrisia: alla vigilia dell’udienza della Corte internazionale di giustizia sul muro, disse di essere contraria alla costruzione, tuttavia "rinviare la questione a un tribunale non sarebbe servito a far avanzare la pace". La più clamorosa marcia indietro è sul disimpegno da Gaza. Se nell’aprile 2004 l’Ue era contro il ritiro di Sharon perché "unilaterale", "limitato a Gaza" e "contro la road map", appena un mese dopo lo considerava "un’opportunità per far ripartire il processo di pace", mentre oggi è entusiasta per questo "passo avanti nell’implementazione della road map". L’Ue ha scoperto che Sharon lavora per la pace riconosce, come Jacques Chirac al capezzale, la sua "azione coraggiosa". Trema di fronte alla sua scomparsa senza comprendere che il problema non è questo o quel leader israeliano. "Gli europei devono essere più equilibrati nel loro atteggiamento verso Israele, gli arabi e i palestinesi", disse Sharon nel 2003. Altrimenti saranno sempre il "nulla".

Lincoln (POL)
09-01-06, 20:51
"Nel ricevere gli ambasciatori di tutto il mondo accreditati in vaticano, Papa Benedetto XVI ha affermato con parole chiare e inequivocabili il diritto all'esistenza dello Stato di Israele e ha esortato i palestinesi a sviluppare un sistema di vita democratico. Si è poi espresso ancora una volta con parole durissime contro il terrorismo internazionale di matrice fondamentalista islamica."

Toh,finalmente un Papa che usa un linguaggio chiaro e forte su Israele e la vicenda medio-orientale.
Speriamo sia di buon auspicio!

nuvolarossa
09-01-06, 21:29
"Nel ricevere gli ambasciatori di tutto il mondo accreditati in vaticano, Papa Benedetto XVI ha affermato con parole chiare e inequivocabili il diritto all'esistenza dello Stato di Israele e ha esortato i palestinesi a sviluppare un sistema di vita democratico. Si è poi espresso ancora una volta con parole durissime contro il terrorismo internazionale di matrice fondamentalista islamica."

Toh,finalmente un Papa che usa un linguaggio chiaro e forte su Israele e la vicenda medio-orientale.
Speriamo sia di buon auspicio!... il Papa precedente sapeva "sciare" ... ora finalmente un Papa ... che sa "navigare" ...

Lincoln (POL)
21-01-06, 20:00
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg

Deborah Fait risponde a Clara Sereni.

«Da ebrea israeliana a ebrea israeliana»

Il mio primo pensiero nel leggere la lettera di Clara Sereni "la colpa di essere ebrea", e' stato: " questa non ha capito niente", e il primo impulso e' stato di rabbia, sdegno e sconcerto.A Clara Sereni ha risposto Giorgio Israel, che deve aver provato piu' o meno le mie stesse sensazioni, poiche' a un certo punto della sua lettera ha scritto " Clara Sereni è in stato di catalessi da qualche decennio. Precisamente dal 1967, da quasi quarant’anni." Si, in effetti, dalle cose che scrive, puo' sembrare che la signora Sereni sia stata in letargo per una quarantina d'anni ma il mio timore invece e' che sia stata ben sveglia, sveglissima e che abbia condiviso la poltica comunista dal 1967 in poi nei confronti di Israele, politica di odio antiebraico, per molti di noi difficile da dimenticare e da perdonare. Improvvisamente Clara Sereni si e' resa conto di essere considerata diversa nel momento in cui e' stata presentata come "Clara Sereni , ebrea e scrittrice", cioe' si comunista, si di sinistra, si kompagna, si scrittrice ma, ahinoi, anche ebrea!La reazione, a quanto pare, e' stata devastante poiche' ha convinto la scrittrice della necessita' di scrivere di una lettera pubblica in cui si legge il dolore per essersi resa conto di non essere mai stata considerata "kasher' dagli esponenti del suo partito e del suo sindacato semplicemente perche' "ebrea", quindi facente parte del popolo che, secondo il pensiero distorto e razzista dei comunisti o ex comunisti, ha scacciato i palestinesi dalla loro terra.Il credo di Clara Sereni , che lei non denuncia ma continua ad esaltare, fa parte di quella ideologia che ha sempre condannato Israele in quanto Terra del Popolo Ebraico, che ha giustificato la barbarie dei palestinesi , che ha deformato e negato la verita', e che e' stata complice dei palestinesi quindi corresponsabile delle sofferenze di Israele aggredita, non solo da guerre esterne, ma dal terrorismo del piu' grande mistificatore della storia, terrorista e ladro che fu Yasser Arafat. Quest'uomo, che dal 1968 in poi ha reso la vita degli israeliani un inferno, e' stato amato, esaltato, protetto e portato in trionfo dalla sinistra mondiale , quella italiana in prima fila, e non mi risulta che Clara Sereni si sia mai opposta a questa ignominia. Dove era Clara Sereni durante le decine di manifestazioni filopalestinesi quando Israele veniva presentato come il demonio? Dove era quando e' stato ammazzato Stefanino Tache'? Dove era all'epoca dell'Achille Lauro? Dove era quando cittadini israeliani e semplicemente ebrei in Europa venivano ammazzati senza pieta' dalle bande di Arafat? Era forse vicino a Luciano Lama quando una bara nera venne gettata davanti alla Sinagoga di Roma?Non ha mai sentito i suoi kompagni urlare "Israele boia, Israele assassino, lo stato di Israele deve essere distrutto"?? E infine dove era Clara Sereni in questi ultimi 5 anni da incubo in cui Israele veniva colpita da piu' di 25.000 attentati terroristici?Dove era quando Massimo D'Alema, dopo le prime decine di attentati efferati in Israele effettuati dai criminali guidati da Arafat e Barghouti , diceva , al fianco del satrapo assassino, che Israele era un paese razzista? Era sveglia? approvava? Credo di si, se no si sarebbe sentita la sua voce fuori dal coro.Stranamente queste persone si offendono solo quando vengono toccate in prima persona, mai quando ad essere colpito e' il popolo cui , purtroppo per loro, appartengono.In gioventu' ho fatto parte del direttivo della CGIL e ne sono uscita alle prime avvisaglie di feroce quanto spietato antisemitismo che traspariva dalle parole dei miei "colleghi" di sindacato.La discriminazione e il razzismo antiebraico( per giustificarlo lo definiscono antisionista) sono parte della loro ideologia e io non faccio differenza tra i nazisti e i comunisti, i primi hanno voluto distruggere il popolo ebraico in Europa, i secondi vorrebbero distruggere la patria degli ebrei , Israele. Il risultato non cambia e l'odio nemmeno. A Gerusalemme ho assistito a un incontro tra esponenti della CGIL, FIOM, Morgantini e la comunita' ebraica italiana della Capitale e sono rimasta colpita dalla quantita' di falsita' di cui e' pieno e strapieno il loro bagaglio culturale e il livore che provano.Al posto di Clara Sereni, alla presentazione che l'ha tanto offesa io avrei risposto davanti al pubblico e a testa alta "Si mi chiamo Clara Sereni e, oltre a essere scrittrice, sono molto orgogliosa di essere ebrea".Avrebbe fatto tutt'altro effetto, ne conviene Clara? Avrebbe dato al pubblico una lezione di dignita', e avrebbe dato agli "ebrei di corte" una lezione di orgoglio della propria identita'e infine avrebbe fatto vergognare, forse , il presentatore della Tavola Rotonda. Certo, non tutti possono mangiare a colazione coraggio e orgoglio di se', ma anni fa Bruno Carmi, sindacalista della GCIL come la Sereni, vedendo le reazioni disumane e cosi' accanitamente antiisraeliane della CGIL durante la seconda intifada, con grande fierezza e lealta', scrisse una bellissima lettera di accuse a Cofferati dicendo di non poter piu' collaborare, in quanto ebreo, con un'organizzazizione dichiaratamente antisemita e antiisraeliana e dando le dimissioni dal sindacato. Vergognandosi di quell' "ebrea", la scrittrice ha solo dato ragione alla discriminazione dei kompagni e al loro razzismo ma che se ne sia accorta e' gia' un passetto avanti: benvenuta nel club, Clara Sereni, spero che questa esperienza le serva per capire meglio il suo Popolo e la Terra che potrebbe diventare il suo rifugio e la sua Patria, non si sa mai quello che riserba il futuro.

Deborah Fait

nuvolarossa
21-01-06, 20:21
La Colpa di essere Ebrea di Clara Sereni

C'è una gran voglia di semplificare, nel mondo.

Anche nel nostro mondo, il mondo della sinistra che in altri tempi aveva assunto il paradigma della complessità come strategia per interpretare la realtà e modificarla.
La caduta delle ideologie ci ha privato delle griglie di lettura che (nel bene e nel male) a lungo ci hanno indicato la via.
Per prendere posizione nei ...

..........................
tratto da http://www.sinistraperisraele.it/home2.asp?idtesto=356&idkunta=&idutente=

david777
22-01-06, 02:26
Le idologie per Israele sono come le strade imperiali: lunghe o brevi, spedite od impervie, portano tutte a Roma.

Israele può momentaneamente coesistere meglio o peggio con le forze politiche dei "Gentili", ma la sua natura e vocazione nel mondo e nella Storia sono talmente alternative ed essenziali, da non poter evitare di guardare al regno di Dio come sola e vera alternativa alla sua pace ed esistenza.

Veramente Israele crede che la destra nuova o vecchia sia la ritrovata pacificazione sotto il fico di casa, o che la sinistra in blocco sia il faraone cattivo?

Eppure di esperienze e ragioni per credere in tutti e nessuno ve ne sono a tonnellate. Il criterio di cooperazione e predilezione passa da una semplice regola: nella misura in cui le forze politiche, gli individui e le nazioni stesse sono compatibili con "i Tempi e la Legge", si può anche credere ed avventurarsi nella coesistenza e nell'affidabilità.

Coesistenze improprie con entità arrivate al potere con l'iniquità in Patria e l'arroganza verso i suoi cittadini, e che poi vengono a raccontare la favola di Cenerentola ad Israele, sono semplicemente un'irresponsabile illusione.

In Italia il Centro è in profonda crisi, unitamente ad una socialdemocrazia capace di Verità storica oltre che politica: da quì la necessità di selezionare a destra e sinistra le entità più conformi al principio dell'integrità, della giustizia, della libertà e della buona volontà.

Quando però le forze sono coalizzate in poli estremi si deve optare per il male minore nella speranza di salvare poi sia la capra che i cavoli, in quanto (tra l'altro) il male per Israele può arrivare anche da Tito più che dai neomarxisti.

nuvolarossa
27-01-06, 00:49
"Il cielo ha mutato colore"


Rispettiamo il voto ma la sicurezza di Israele viene prima di tutto. Siamo ben consapevoli del significato della sconfitta di Abu Mazen nelle elezioni palestinesi, a vantaggio del successo di una formazione che neppure riconosce Israele. Questo comporta un rischio profondo per le sorti del processo di pace, tale da poter cancellare in una sola notte gli sforzi fatti in tutti questi anni. Ma aspetteremmo a dare un giudizio politico pieno sulla scelta compiuta dal voto palestinese, se non altro perché in Hamas convivono due anime: la parlamentarizzazione e l'istituzionalizzazione di questo movimento potrebbe anche fare sì che venga abbandonata quella militare. Magari non subito, ma in prospettiva.

L'Europa deve essere molto chiara in proposito, non nascondere la testa dietro i suoi timori e dire, a chi ha vinto le elezioni in Palestina, di non avere tentazioni bellicose, che non sarebbero tollerate.

http://www.repubblica.it/2006/a/ARCHIVE/homepage/images/sezioni/esteri/moriente27/vincefatah_HM/ap_7465974_21440.jpg

Il rispetto per il libero voto dei palestinesi è dovuto. Ma la sicurezza di Israele viene prima di tutto. Questa deve essere la posizione europea, l'unica forse in grado di porre ad Hamas il problema di rappresentare il suo popolo senza aprire un conflitto con la comunità internazionale.

La nostra preghiera si rivolge anche alle forze politiche italiane, al fine di misurare bene gesti e parole, vista la particolare delicatezza del momento. Se Hamas non accetta di riconoscere Israele non può avere interlocutori in Occidente. Non riteniamo però che Hamas abbia vinto le elezioni sulla base della guerra eterna promessa allo Stato ebraico. Il suo successo elettorale nasce piuttosto dalle gravi responsabilità politiche di Arafat e dalla conseguente - ed inevitabile - perdita di prestigio di Al Fatah, fra ambiguità e scandali. Le ambiguità del vecchio capo dell'Olp hanno consentito di consolidare una deriva estremista. Gli scandali hanno piegato le resistenze dei moderati. Dispiace che del disastro compiuto da Arafat abbia fatto le spese il presidente Abu Mazen, che con convinzione aveva cercato di dare vita ad una fase nuova. Evidentemente era troppo tardi.

Speriamo davvero che non sia troppo tardi anche per i popoli palestinese ed israeliano, i quali hanno disperato bisogno di uscire dalla spirale di odio e di violenza che li attanaglia. Anche perché sarebbe ora che Hamas lo capisca: in questo vortice di attentati e rappresaglie non si sono visti vincitori, solo vinti.

Roma, 26 gennaio 2006
.................................
tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

nuvolarossa
27-01-06, 19:44
http://www.ilriformista.it/imagesfe/hamas11814_img.jpg

nuvolarossa
27-01-06, 22:15
La Malfa: "Posizione ferma su Hamas"

"Una svolta molto preoccupante". Giorgio La Malfa, ministro per le Politiche comunitarie, ha commentato così il trionfo di Hamas alle elezioni palestinesi. La Malfa ha definito Hamas come "un movimento che riporta l'orologio indietro di molti anni anche rispetto alla posizione di Arafat". "L'augurio - ha aggiunto il ministro - è che Hamas una volta assunta la responsabilità di governo possa cambiare le proprie prospettive. Ma questo - osserva - dipende anche dalla fermezza con cui ci si rivolge al movimento. L'Europa deve prendere posizione: se non rinuncia alla violenza - conclude - Hamas non può avere rapporti con noi".

nuvolarossa
27-01-06, 22:40
Giorno della memoria

Il vero banco di prova resta la difesa dello Stato ebraico. Siamo oggi, nel giorno del ricordo della Shoah, particolarmente vicini alla comunità ebraica italiana. E altrettanto lo siamo allo Stato di Israele, che è assediato da nuove minacce e vecchi fantasmi. Noi prendiamo atto delle solenni dichiarazioni, che provengono da quasi tutte le parti politiche, per ribadire il loro impegno civile e morale contro l'antisemitismo. Ne siamo lieti e le consideriamo importanti, tali da far apparire dei semplici rigurgiti quegli atti che nelle cronache a volte fanno pensare che il seme del razzismo sia ancora in qualche modo covato nel nostro vecchio continente, e non estinto.

http://www.repubblica.it/2006/a/sezioni/scuola_e_universita/servizi/giovanistoria/giornatamemoria/omni_7462439_21141.jpg

Ma il vero banco di prova, per l'Occidente democratico, per la nostra Europa nella quale si consumò la tragedia dell'Olocausto, resta la difesa di Israele. Ed a maggior ragione sosteniamo questo, dopo le minacce indegne che sono provenute dal presidente iraniano Ahmadinejad e dopo le elezioni recentissime, che hanno portato un mortale nemico di Israele, come il movimento integralista di Hamas, alla guida del futuro Stato palestinese.

Anche in questo caso abbiamo visto sdegno, preoccupazione, allarme da parte dei principali paesi europei. Quello che pretendiamo, però, sono fatti politici concreti. Per prima cosa l'Iran deve capire di aver sfidato, minacciando Israele, l'intera comunità internazionale. Noi possiamo mantenere ed attivare tutti i canali diplomatici che vogliamo, ma se l'Iran non rinuncia al nucleare, il deferimento alle Nazioni Unite proposto dal segretario di Stato americano Condoleezza Rice è un passo inevitabile. E non si potranno accettare ambiguità ed oscillazioni in merito. Altrettanto vale per Hamas. Se quell'organizzazione non rinuncia alla violenza con cui ha principalmente condotto la sua battaglia politica finora, non sarà possibile alcun dialogo, alcun rapporto con l'Europa.

Non ci sembrano possibili altre posizioni fuori da questi due capisaldi, indispensabili per affermare davvero che la lezione dell'Olocausto è stata compresa e che nessun paese democratico può consentire di vedere colpita ancora Israele senza reagire immediatamente e con la necessaria forza e determinazione. Siamo molto lieti che il governo italiano, senza eccezioni, sia interamente assestato su questa linea. E non sappiamo se un governo diverso, con tanti avversari di Israele al suo interno, possa fare un domani (che speriamo di risparmiarci) altrettanto.

Roma, 27 gennaio 2006

..........................
tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

la_pergola2000
28-01-06, 01:11
Mi frulla una idea per la testa.
Scenario uno :
Il nuovo governo palestinese appena insediato allaccia rapporti diplomatici e di cooperazione con l'Iran.
Non possono continuare attentati anche perchè un governo ufficiale non può sostenere i terroristi, ma aumenteranno sovvenzioni ( con i soldi dell'Europa ) per i terroristi sparsi.
Scenario due:
Le prossime elezioni in Egitto saranno a rischio di vittoria dei fratelli mussulmani, se vinceranno l'Egitto diventerà antiamericano e denuncerà gli accordi di Camp David.
Scenario tre:
L'Arabia Saudita cede all'accerchiamento e si allea con il feudalesimo dei suoi vicini.
.
Contemporaneamente in Europa vinceranno le elezioni raggruppamenti vicini ai terroristi, come ora in qualche cancelleria si fà.
A questo punto mi fermo e lascio a voi la discussione.

david777
28-01-06, 02:06
Mi frulla una idea per la testa.
Scenario uno :
Il nuovo governo palestinese appena insediato allaccia rapporti diplomatici e di cooperazione con l'Iran.
Non possono continuare attentati anche perchè un governo ufficiale non può sostenere i terroristi, ma aumenteranno sovvenzioni ( con i soldi dell'Europa ) per i terroristi sparsi.
Scenario due:
Le prossime elezioni in Egitto saranno a rischio di vittoria dei fratelli mussulmani, se vinceranno l'Egitto diventerà antiamericano e denuncerà gli accordi di Camp David.
Scenario tre:
L'Arabia Saudita cede all'accerchiamento e si allea con il feudalesimo dei suoi vicini.
.
Contemporaneamente in Europa vinceranno le elezioni raggruppamenti vicini ai terroristi, come ora in qualche cancelleria si fà.
A questo punto mi fermo e lascio a voi la discussione.

I tuoi scenari mi sembrano verosimili e simultanei e non escludono un terrorismo di sfiancamento sotto nomi nuovi.

Che il MO sia alla vigilia di una guerra mi sembra evidente. Un acerrimo nemico d'Israele ha vinto democraticamente le elezioni nel fraintendimento che la maggioranza democratica di un popolo ne giustifichi i suoi intenti.

La conseguenza per la politica interna è notevole ed imbarazzante: un governo si sx sarebbe incline a continuare un foraggiamento a detrimento della sicurezza d'Israele, ma la riconferma di una destra iperliberale ed in conflitto d'interesse sarebbe nel più lungo termine sia un pericolo più sistematico per Israele che uno sfascio globale per il Diritto e la democrazia mondiale.

Israele è consapevole che, come non nasce uva dalle spine, così i governi che provengono dall'iniquità e dalla corruzione, di qualunque colore e grado - e dunque anche di dx, possono sembrare un affare nel breve ma finiscono per produrre i soliti effetti del mutamento dei "tempi" e della "legge" della giurisprudenza ebraica: ossia tentativi di sterminio d'Israele.

Per quanto riguarda l'Italia, i risultati elettorali in Israele rafforzano la necessità di annunciare i programmi delle forze politiche. Se il CS non si spiega chiaramente sulla politica estera - mettiamo da parte per il momento le questioni di carattere etico generali - non si può rischiare di eleggere un'alternativa alla CDL sulla pelle d'Israele. E se le forze di CD non prendono in tempo le distanze da FI non si può credere di risolvere le questioni politiche e costituzionali in atto, pensando di far bene ad Israele sulla pelle della democrazia internazionale.

La danza continua e si complica nei suoi vortici passionali da tango argentino.

nuvolarossa
28-01-06, 16:00
Cosa e' cambiato ? Niente

Non capisco la sorpresa e la preoccupazione del mondo per la schiacciante vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi. Cosa e' cambiato? Niente. Oddio adesso ci sara' la guerra, dicono. - Perche' finora avevamo la pace? rispondo. Ma quelli vogliono distruggere Israele, dicono spudoratamente.

- Anche l'OLP voleva distruggere Israele e vuole ancora farlo ma non vi dava fastidio. Rispondo.
Ma quelli sono estremisti. Dicono ..
- Perche' gli altri cosa sono, moderati? Rispondo.

Israele ha reagito con calma alla vittoria di Hamas, nessuna meraviglia, nessuna paura, nessuna grande preoccupazione. I politici osservano e stanno all'erta e l'uomo della strada dice sarcastico " nu, ma hadash? " che letteralmente significa "allora, qualcosa di nuovo?" ma che vuol dire anche molte altre cose " non cambiera' niente, hamas e' come quelli che l'hanno preceduta, continuera' la guerra".
Certo, i parenti delle vittime di Hamas hanno sentito un brivido giu' per la schiena ma in Israele ci sono migliaia di vittime dell'OLP, della Jihad, dei Tanzim, delle Brigate Al Aqsa, tutti figli di Arafat, l'amato, il santo, l'uomo di pace dell'Europa.

http://www.repubblica.it/2006/a/sezioni/esteri/moriente27/schedaham/afp_7463244_40520.jpg

Lo statuto di hamas dichiara che il suo obiettivo è di sollevare la bandiera di Allah sopra ogni pollice di terra della Palestina eliminando lo stato di Israele (entita' sionista) fino all'ultimo centimetro di terra.
Lo statuto dell'OLP recita : " La nostra lotta e' la completa liberazione della Palestina e lo sradicamento fino all'ultimo centimetro di terra della presenza sionista".
Dove sta la differenza? Solo nel fatto che l'OLP e' fatta da fantici laici e Hamas da fanatici religiosi ma il loro fine e' comune: l'eliminazione di Israele.
Ancora dallo statuto di hamas, riferito a se stesso: “Allah è il suo obiettivo, il profeta il suo modello, il Corano la sua costituzione, la jihad il suo cammino e la morte in nome di Allah il più dolce dei suoi desideri” e da questa aberrante convinzione nascono i terroristi suicidi: morire ammazzando gli ebrei.
Niente di piu' dolce e santo per far contento Allah.
L'OLP ha invece sempre pensato, laicamente, che ammazzare senza suicidarsi fosse molto piu' dolce e soddisfacente quindi per 40 anni si e' dedicata con entusiasmo agli assassini senza affidarsi piu' di tanto ai kamikaze e bisogna dire che ha comunque ottenuto un grande successo sia in Israele che in giro per il mondo.
Morti ammazzati a migliaia sotto l'occhio comprensivo e affettuoso del mondo che dava la colpa a Israele.
L'Occidente innamorato ha costretto Israele a trattare inutilmente con gli assassini, ha dato irresponsabilmente il premio Nobel al loro capoccia e il risultato e' che siamo qua, al punto di partenza.
E adesso cosa fara' Hamas?
Ha bisogno dei soldi del mondo se no nel giro di una settimana, dice Wolfensohn, sara' bancarotta e la storia ci insegna che i palestinesi sono capaci di tutto pur di non rinunciare ad essere mantenuti dalla comunita' internazionale, fanno le capriole, mentono, fingono, si ammazzano tra loro, tutto pur di apparire agnellini occupati dall'orco Israele.
Si puo' quindi facilmente immaginare che fingeranno pragmatismo, cercheranno di tenersi il ministro dell'economia di Abu Mazen, metteranno in naftalina cappucci bianchi e candelotti esplosivi per qualche settimana fino a quando avranno imbrogliato abbastanza gli allocchi e ricominceranno a ricevere milioni di euro e di dollari che hamas usera' si per arricchirsi, fare qualche asilo e qualche campeggio per accattivarsi altre simpatie ma soprattutto per armarsi e continuare le stragi.
Puo' passare una settimana come un mese o un anno ma niente cambiera'.
Gli arabi non hanno fretta, loro confidano in Allah e nelle pance delle loro donne.
Carne da candelotti ci sara' sempre.
L'unica amara soddisfazione in questa tragedia che ci perseguita da ormai piu' di un secolo e' la prova che i palestinesi non vogliono la pace e nemmeno uno Stato, vogliono guerra, odio e morti .
La stupidita' e' la cosa che mi sconvolge di piu', la stupidita' di questo popolo che da 60 anni rifiuta sistematicamente di avere uno Stato per odio , un odio senza limiti, un odio che li rende incapaci di pensare, di preoccuparsi per i loro figli, anzi che in nome di quest'odio li sacrificano, che vivono senza futuro, senza dignita', senza lavoro, senza la vergogna di essere mantenuti come puttane.
Eppure questa gente infida continua ad avere la simpatia del mondo intero e anche di fronte a questa ennesima prova di idiozia e di voglia di guerra c'e' chi, piu' puttana di loro, dice che la colpa e' di Israele.

Deborah Fait
www.informazionecorretta.com

tratto da http://ilsignoredeglianelli.ilcannocchiale.it/post/833116.html

la_pergola2000
29-01-06, 00:56
Mi ha sorpreso l'intervento della Bonino alla notizia delle vittoria di Hamas, ha detto che bisogna trattare.
Beh è un bel modo di interpretare la politica!
Però la Bonino sa il fiume di soldi che arrivano in Palestina dall'Europa e dagli USA, ( sul Corriere di oggi si faceva vedere finalmente la quantità di soldi che il governo palestinese riceve )
Secondo la Bonino dobbiamo trattare i milioni di dollari che vengono versati ?
Ho sentito la Bonino ad 8 1/2 non ha mai pparlato dell'inizio del processo di pace, con Sharon, che sgomberando con la forza la striscia di Gaza aveva inaugurato un giro virtuoso che poteva portare buoni frutti.
La verità è che la malattia di Sharon e la vittoria di Hamas hanno cambiato lo scenario in poche settimane.
Bisogna ricominciare da capo , è pur vero che una maggioranza eletta dovrebbe farsi carico di responsabilità di Stato, ma i terroristi sapranno governare senza pensare agli attentati e alle armi?
Vedremo i prossimi giorni.

Lincoln (POL)
29-01-06, 12:22
che la vittoria elettorale di Hamas, sia un evento negativo per Israele e più in generale per l'Occidente.Anzi...
Di sicuro,lo sarà invece per i palestinesi,ma chi è causa del suo mal...

david777
29-01-06, 15:24
che la vittoria elettorale di Hamas, sia un evento negativo per Israele e più in generale per l'Occidente.Anzi...
Di sicuro,lo sarà invece per i palestinesi,ma chi è causa del suo mal...

Hamas è più pericoloso dell'OLP. Il pericolo non è soltanto per Israele, e dunque la recente vittoria elettorale è sia un evento negativo che positivo.
Il mondo può osservare con maggiore chiarezza i fatti della questione israelo-palistenese. I colpi di testa in MO ora sono più probabili, così come le reazioni a briglia sciolta. Ciò rimette in teoria la politica estera al centro della campagna elettorale in vista di Aprile. Se il CS supera questo esame potrà procedere alla demolizione delle leggi e delle riforme berlusconiane, altrimenti rischiamo di ritrovarci con un Berlusconi TRIS senza più scadenza.

la_pergola2000
29-01-06, 16:02
Abbiamo ragione tutti e tre perchè ancora si possono fare solo ipotesi e quindi è sulla teoria che discutiamo.
Comunque sone poche le ipotesi.
Prima bisogna osservare se il governo che ne uscirà fuori si metterà in contatto con l'Iran, dal punto di vista religioso è difficile, ma dal punto di visto politico è facilissimo visto il giudizio che danno su Israele, allora da lì nascerà un corto circuito che sarà foriero di non so quaoli scenari apocalittici
Per quanto riguarda gli effetti sulla politica italiana, ha ragione David, è un tema dibattibile ma non credo che durante la campagna elettorale sarà dibattuto, anche perchè sarà tutta imperniata sul'effetto Belusconi.
Sarà un tema che dovrà impegnare di più il cs in quanto tutto piegato sull'olp, ora che lo scenario è cambiato , in peggio, dovrà rivedere la propria politica, certamente i ds la staranno già elaborando e poi la faranno digerire a tutto il cs.
Ciao e buona domenica.

P.S. Ce ne sono delle ipotesi su cui ragionare.

david777
29-01-06, 16:29
Abbiamo ragione tutti e tre perchè ancora si possono fare solo ipotesi e quindi è sulla teoria che discutiamo.
Comunque sone poche le ipotesi.
Prima bisogna osservare se il governo che ne uscirà fuori si metterà in contatto con l'Iran, dal punto di vista religioso è difficile, ma dal punto di visto politico è facilissimo visto il giudizio che danno su Israele, allora da lì nascerà un corto circuito che sarà foriero di non so quaoli scenari apocalittici
Per quanto riguarda gli effetti sulla politica italiana, ha ragione David, è un tema dibattibile ma non credo che durante la campagna elettorale sarà dibattuto, anche perchè sarà tutta imperniata sul'effetto Belusconi.
Sarà un tema che dovrà impegnare di più il cs in quanto tutto piegato sull'olp, ora che lo scenario è cambiato , in peggio, dovrà rivedere la propria politica, certamente i ds la staranno già elaborando e poi la faranno digerire a tutto il cs.
Ciao e buona domenica.

P.S. Ce ne sono delle ipotesi su cui ragionare.

L'odio per Israele è più forte del desiderio di uno stato palestinese. Se l'Iran lo avesse voluto avrebbe potuto favorire la creazione di uno stato palestinese in un momento di eccezionale opportunità quale il "ritiro" da Gaza. Invece la preoccupazione era che veramente l'esistenza d'Israele potesse o dovesse essere politicamente inevitabile. Israele vuole concludere le trattative, ma la controparte parla di riappropiazione dell'intero territorio in equivalenza al concetto di genocidio...

Mi sembra che la questione non riguarda più soltanto la trattativa per uno stato palestinese, bensì l'interrogativo dottrinale, per l'Islam di Hamas e del leader iraniano, se sia ortodosso non opporsi all'esistenza d'Israele.

Bombe e microfoni sono in mani troppo leste ormai, ed i colpi di testa possono essere dietro l'angolo.

Buona Domenica

david777
30-01-06, 02:06
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=ARKINT&TOPIC_TIPO=I&TOPIC_ID=47109

D'Alema chiarisce la sua linea in politica estera facendo intendere che Hamas deve rinunciare al terrorismo e che l'Europa deve fare la sua parte.
Il principio dell'equidistanza però non regge più. Il CS affronta la questione israelo-palestinese e MO in genere ancora secondo i vecchi parametri "socio-economici". Israele è obiettivo a prescindere dalle spiegazioni politiche e dalla creazione di uno stato palestinese. Finchè questo non sarà chiaro nel suo giusto contesto storico, il CS non capirà nè Bush, nè tantomeno quel liberismo moderato che vede la necessità di giustizia sociale e diritto internazionale, senza però sottovalutare e fraintendere i problemi e le questioni legate alla sicurezza ed alla difesa.
In sostanza: il CS deve prendere le distanze dall'EQUIDISTANZA ed avvicinarsi a chi è moderato, affidabile e democratico, evitando la confusione tra conservatorismo giudeocristiano ed estremismo islamico in base all'idea che ogni fondamentalismo cuoce nella stessa pentola.
Caro D'Alema, senza i conservatori giudeocristiani avremmo in Europa già i primi segni e candidati della Repubblica [teocrazia] Islamica e nonostante partigiani e neofascisti!
L'identità dei neocon previene il fraintendimento che il laicismo (o la laicità) europea significhi che dal punto di vista spirituale l'Occidente sia terra di nessuno e rampa di lancio per la riconquista di Gerusalemme.
Ai tempi di Berlinguer dissi che il PCI doveva aprirsi ad una riforma politica liberale e progressista, mentre oggi dico che il DS e l'Unione devono aprire gli occhi e rendersi conto che esiste un conflitto culturale e spirituale, con Israele quale palio e posta in gioco.
Ed "Israele" non è soltanto (bensì anche) l'Israele visibile e nazionale.
Quando il mondo arabo si avvicina alla democrazia ed al diritto internazionale non compie una manovra soltanto politica: l'essenza spirituale di tale operazione scatena reazioni che prendono una forma politica ed infine "militare". Da troppe parti si vuole la fine d'Israele, perchè senza la sua sparizione in troppi devono rassegnarsi all'estinzione ed alla bocciatura della Storia.
Ecco perché l'Europa non può essere equidistante e neppure gli arabi di buona volontà possono esserlo.

Se il CS chiarisce meglio la questione, ci sarà meno spazio per la demagogia elettorale e le scuse della nuova destra economica, il cui alibi attira anche la vecchia destra come il miele con le api.

I crimini economico-finanziari saranno più facilmente individuabili e denunciabili, in quanto le regole del mercato iperliberale non potranno più facilmente vestirsi di alibi e pretesti ad esclusivi fini di sfruttamento ed arricchimento.

http://www.bbc.co.uk/africalives/images/girl150x150.jpg

In campagna elettorale consiglio di guardarsi un film di David Yates e prodotto da Hilary Bevan Jones: "The Girl in the Cafè". Per smascherare i conflitti d'interesse in politica e l'illegale massimazione del profitto, è necessario svestire i criminali economici dei loro alibi. Una corretta posizione nei confronti d'Israele aiuta il mondo a diventare più giusto e vivibile, ed a capire che non tutti i poveri e rivoluzionari hanno ragione e non tutti i ricchi e potenti conservatori hanno torto.

http://www.misrule.com.au/serendipity/archives/277_The_Girl_in_the_Cafe.html

http://www.bbc.co.uk/africalives/features/girl.shtml

nuvolarossa
30-01-06, 12:29
Caro David777, lo Stato di Israele rimane, come da sempre, accerchiato da vecchi e nuovi nemici, mille sono le motivazioni, da quelle piu' arcaiche che risalgono nella notte dei tempi, a quelle piu' moderne o moderniste.
Se leggi in giro, sui media, moltissimi sono quelli che, a parole, si dichiarano impegnati civilmente e moralmente a suo favore, ma poi, se vai a vedere, all'atto concreto, tutti mettono le chiappe al muro, si tratta solo di dichiarazioni buoniste di cortesia ma non di atti politici concreti.
La sinistra "sedicente" eccelle in questo: per non scontentare la sinistra massimalista e radicale piu' apertamente schierata a favore del terrorismo palestinese, anche se in modo mascherato, di fatto tiene mano, almeno qui in Italia, al clima di sospetto e di malumore nei confronti della questione israeliana.
La verita' e' che il seme del razzismo e' stato seminato da secoli ed ormai e' germinato dappertutto, sino sull'asfalto della strada della democrazia e della liberta'. Mi fanno veramente pieta' quelli che si limitano a pellegrinaggi nei luoghi della Shoah, come recentemente Veltroni, e poi mantengono stretti rapporti di collaborazione politica con quelle forze che sono funzionali e collaterali ad una politica antisionista ed antiebraica ... e quindi antidemocratica ... predicare bene e razzolare male ... e' il peccato mortale che non perdono alla "sedicente" sinistra italiana ... come nel caso della questione morale dove i ladri sono sempre gli "altri" ... ma non quelli che volevano impossessarsi di una Banka ... con metodi fuori dalla legalita' e soprattutto in barba ai lavoratori che dicono (come al solito a parole) di volere difendere ...
Ecco perche' occorre difendere questa coalizione di Governo ... per la politica estera che conduce ... a garanzia della difesa dell'Italia e dei valori della "democrazia" nel mondo ... e valga solo questo a farci dimenticare tutte le cose insicure e tentennanti che non ha saputo fare in altri campi.
Un fraterno saluto .... mazziniano ...

david777
30-01-06, 13:12
Caro David777, lo Stato di Israele rimane, come da sempre, accerchiato da vecchi e nuovi nemici, mille sono le motivazioni, da quelle piu' arcaiche che risalgono nella notte dei tempi, a quelle piu' moderne o moderniste.
Se leggi in giro, sui media, moltissimi sono quelli che, a parole, si dichiarano impegnati civilmente e moralmente a suo favore, ma poi, se vai a vedere, all'atto concreto, tutti mettono le chiappe al muro, si tratta solo di dichiarazioni buoniste di cortesia ma non di atti politici concreti.
La sinistra "sedicente" eccelle in questo: per non scontentare la sinistra massimalista e radicale piu' apertamente schierata a favore del terrorismo palestinese, anche se in modo mascherato, di fatto tiene mano, almeno qui in Italia, al clima di sospetto e di malumore nei confronti della questione israeliana.
La verita' e' che il seme del razzismo e' stato seminato da secoli ed ormai e' germinato dappertutto, sino sull'asfalto della strada della democrazia e della liberta'. Mi fanno veramente pieta' quelli che si limitano a pellegrinaggi nei luoghi della Shoah, come recentemente Veltroni, e poi mantengono stretti rapporti di collaborazione politica con quelle forze che sono funzionali e collaterali ad una politica antisionista ed antiebraica ... e quindi antidemocratica ... predicare bene e razzolare male ... e' il peccato mortale che non perdono alla "sedicente" sinistra italiana ... come nel caso della questione morale dove i ladri sono sempre gli "altri" ... ma non quelli che volevano impossessarsi di una Banka ... con metodi fuori dalla legalita' e soprattutto in barba ai lavoratori che dicono (come al solito a parole) di volere difendere ...
Ecco perche' occorre difendere questa coalizione di Governo ... per la politica estera che conduce ... a garanzia della difesa dell'Italia e dei valori della "democrazia" nel mondo ... e valga solo questo a farci dimenticare tutte le cose insicure e tentennanti che non ha saputo fare in altri campi.
Un fraterno saluto .... mazziniano ...

Caro Nuvolarossa

comprendo, condivido in larga misura, ma c'è un punto che rende il CS attendibile in politica interna, benchè a rischio in quella estera: il Cavaliere, da cui i suoi alleati non riescono a staccarsi perché cementati da forze non solo politiche... e che spiegherebbero - se non spiegano - la sua ascesa al potere a la sua forza nonostante tutto.

Faccio fatica persino per amor d'Israele a deglutire il boccone di un CD che non "staccandosi" mi costringerebbe al conflitto tra necessità interne improrogabili e strategie di sicurezza internazionali e MO.

la_pergola2000
30-01-06, 17:47
Non fai fatica, perchè la tua intelligenza è al servizio di qualcosa di superiore.

Mi è piaciuto il tuo intervento, anche se a sembra "bipartisan" in realtà non lo è in quanto ha un occhio attento alla incolumità di Israele.
Mi sembra che condividi con noi che la salvezza di Israele oggi è la salvezza del mondo.
Lo si è visto con Sharon, in ISRAELE c'è un'aria di capire gli estremismi e più consapevolezza a interpretare la coesistenza pacifica con i palestinesi.
L'aver decsio di allontanare i coloni ha la dignità di una abiura e di un convincimento profondo che per Israele non significa imperialismo , ma ricerca continua della propria patria, così per loro così per i palestinesi, quando i due, nel teatro del medio oriente si riconoscono in politiche comuni , la strada che deve essere percorsa è meno ripida.
Per quanto riguarda la politica del cs , siamo d'accordo , è molto indietro e D'Alema che è un politico vero, ha fatto bene a porre l'accento su quelle che sono e saranno le posizioni future della nostra politica estera.
Ma di bocconi ne dovrai ingoiare parecchi.
Per quanto riguarda Berlinguer, faceva di tutto e di più, ma secondo me non era sufficentemente affrancato.
Ora ti devo lasciare e scusami per il poco approfondito intervento.
Ciao.

nuvolarossa
30-01-06, 17:55
Hamas vince? Certo, sono i “degni” eredi di Arafat

di Stefano Magni

I nemici dell’esportazione della democrazia gongoleranno. In Palestina si sono tenute le prime vere libere elezioni dopo la morte di Arafat e a vincerle è stato un gruppo totalitario e terrorista: Hamas. Non si tratta di definizioni ideologiche: Hamas è totalitario nel senso che nel suo programma, islamista, è prevista la pianificazione sistematica della vita spirituale dei cittadini palestinesi. È terrorista perché ha sempre promosso il terrorismo suicida in Israele, con l’intento razzista di uccidere più Ebrei possibili: dopo un po’ di tentennamenti diplomatici Hamas è stato inserito nella lista nera delle organizzazioni terroristiche sia dagli Stati Uniti che dall’Unione Europea. Di primo acchito si può pensare che questo non sia affatto un bello spot per le nascenti democrazie arabe: lasciateli votare ed eleggeranno gli islamisti. La democrazia sorge solo dopo un lento processo di maturazione e non può essere trapiantata al di fuori di chi condivide una “cultura della democrazia”? Così dicono... però la vittoria degli estremisti non avviene negli Stati dove le dittature sono state rovesciate negli anni scorsi dalle forze armate americane: in Afghanistan e in Iraq non vincono gli islamisti, anche se parte della popolazione locale rimane simpatizzante di quell’ideologia.

E così è sempre stato: in Italia gli anglo-americani hanno rovesciato la dittatura fascista ed è sorta una democrazia; in Germania il Reich è stato sconfitto, la popolazione de-nazificata e solo allora è stata ripristinata la democrazia; in Giappone la democrazia è nata per la prima volta in una Nazione non liberale e non occidentale in seguito al trauma di una guerra persa, due bombe atomiche e la fine dell’impero. Lo storico Victor Davis Hanson fa notare come le democrazie nascano quasi sempre in seguito a processi violenti, dopo rivoluzioni o guerre. Sono rari i casi in cui dalla dittatura si passa alla democrazia senza spaccature e traumi: nella Spagna di Franco, nel Cile di Pinochet, a Taiwan e nella Corea del Sud. In tutti questi casi il regime autoritario non era rivoluzionario. La preparazione del passaggio alla democrazia nelle dittature autoritarie di destra è avvenuto con graduali iniezioni di cultura liberale. Per ora, invece, non è mai avvenuto che una dittatuta totalitaria, rivoluzionaria, lasciasse il posto a una democrazia stabile senza essere rovesciata con la forza, da una rivoluzione o da una guerra.

I totalitarismi si sono sempre dimostrati impermeabili alle riforme, perché sono caratterizzati da una visione del mondo messianica, da obiettivi di lungo termine che vanno raggiunti senza compromessi. Questo era il regime di Arafat: non ammetteva critiche al suo operato, il suo scopo era la conquista di tutto il territorio dal Giordano al Mediterraneo per il popolo palestinese (previa distruzione dello Stato di Israele), indottrinava la sua popolazione fin dalle scuole elementari per renderla un unico, compatto, disciplinato esercito da scagliare contro Israele, educandolo anche all’uso dell’arma estrema del suicidio-omicidio. “Chiedi la morte e vi sarà data la vita” recitava uno slogan trasmesso continuamente alla Tv pubblica palestinese. Il regime di Arafat e la sua ideologia non sono mai stati sconfitti, mai delegittimati, mai messi in discussione, né dai Palestinesi, né dalle diplomazie europee che hanno mediato per la transizione palestinese alla democrazia. È normale che ora vinca Hamas: gli islamisti predicano le stesse idee che si ripetevano nella propaganda del regime arafattiano e le portano coerentemente alle loro estreme conseguenze.

la_pergola2000
30-01-06, 23:03
Va bene il quartetto ha deciso.
Speriamo che l'Onu e LìEuropa decidano anche per le posizioni del ns cs.

kid
31-01-06, 19:02
di Riccardo Bruno

La sensazione che si può avere dopo aver visto l’ultimo film di Steven Spielberg, "Munich", è quella di una profonda vanità della difesa dello Stato ebraico o, di converso, l’impossibilità della pace in Medio Oriente. Il dubbio del protagonista del film, il capo del commando che ha eliminato i principali responsabili dell’attentato alle Olimpiadi del ‘72, è infatti che, nemmeno colpiti i membri di Settembre nero, questi siano già stati sostituiti. E da gente ancora più feroce. La risposta dell’agente del Mosad, per il quale le unghie vanno tagliate anche se ricrescono, è di effetto, ma insufficiente. Perché queste sue parole semmai confermano il dato che il fenomeno terrorista è destinato ad intensificarsi, nonostante lo si reprima. Il “Munich” di Spielberg appare così dare non pochi problemi allo Stato israeliano e forse, pensando alla vittoria di Hamas, cade anche in un momento politico poco opportuno. Ambientato negli anni del governo di Golda Meir, il film affronta la rappresaglia che seguì alla strage compiuta da Settembre nero a Monaco, mettendo sostanzialmente sullo stesso piano sia l’attentato palestinese sia la reazione allo stesso. Perché se è vero che i palestinesi colpiscono con la violenza dei civili innocenti, lo Stato ebraico persegue degli obiettivi con la finalità di eliminarli, fuori dalle leggi democratiche e da un giusto processo. Gli israeliani hanno soldi a sufficienza per localizzare i loro obiettivi. I palestinesi no, e si arrangiano come possono. Questo problema nel film è perfettamente tematizzato, tanto che un membro del commando ebraico si suiciderà, convinto che il metodo seguito nella loro missione fosse contrario al senso di giustizia del popolo ebreo. Crisi di identità che colpisce poi anche il capo stesso del commando: prima si abbandona alla vendetta, uccidendo un sicario estraneo al gruppo di Monaco, e poi si convince sulla illegittimità della sua operazione. “Voglio le prove”, dirà al suo contatto nel Mosad: cioè che le persone uccise fossero effettivamente implicate nella strage. Non avendo quelle prove, non fidandosi della stessa natura della missione, il capo del commando rompe con il suo stesso Paese. Si sa che sono i palestinesi a sostenere che la “lista di Golda” non fosse legata a Monaco, ma alla necessità di colpire il movimento palestinese nel suo insieme.
Ed ecco il punto vero della questione. Quando la madre del capo del commando lo rivede dopo la clandestinità, gli dice che non vuole sapere cosa ha fatto: l’importante per lei, unica sopravvissuta di una grande famiglia europea spazzata via negli anni ’40, è di avere un patria “dove gli ebrei non sono sottoposti a nessuno e vivono liberi”. Come si ottenga questa condizione è insignificante. L’eroe del film vuole invece essere comunque nel giusto. Anche perché una patria, a qualunque costo, è la stessa cosa che chiedono i terroristi palestinesi. E terroristi palestinesi e commando ebraici vivono nella stessa maniera, al punto di dormire nel medesimo appartamento in Turchia, salvo poi spararsi addosso la sera dopo.
Non sono pochi gli ebrei che hanno lo stesso tormento dell’eroe di Spielberg, senza aver compiuto le sue azioni. Basta pensare ad un ministro del governo Sharon che, dopo aver visto una vecchia palestinese cercare le sue cose fra le macerie dell’abitazione in cui viveva, fu costretto a confessare che quell’immagine gli ricordava sua madre durante la guerra in Europa. Il problema è un altro. Spielberg ha detto che sarebbe disposto a morire per Israele. Non ne avrebbe bisogno se Israele rinunciasse a quello che ha fatto finora, anche contrariamente ai suoi principi: perché altrimenti sarebbe già stato distrutto. Mentre l’interpretazione suggerita da "Munich" è che bisogna abbandonare Israele al suo destino, andare a vivere altrove, rinunciare al sogno sionista del popolo ebraico. Non c’è un’altra soluzione. Infatti il protagonista del film resterà in America, i cui servizi, secondo una tesi nota, pagavano i terroristi dopo Monaco per non avere noie. Possiamo consolarci che, così come quella della rappresaglia di Golda Meir, anche la strategia della Casa Bianca di allora non è servita. Gli americani le noie, poi, le hanno avute lo stesso. Forse, anche qui, l’errore è stato di sostenere Israele.

la_pergola2000
01-02-06, 16:34
la Voce a mettere la discussione sul tema proposto da Spielberg, anche perchè quando si parla di Spielberg, si intende ebrei americani, e New York Times
Fino a quando gli ebrei americani sosterranno Israele?
Non lo sappiamo, ma qualche incrinatura è sembrato di vederla, per ora solo sensazioni di incrinature.
Come avrete tutti visto e sentito la proposta della Bonino di trattare e fatta propria dai ministri degli esteri europei ha sortito l'effetto contrario.
Ora ci do mandiamo come mi sono domandato alcuni giorni fa , cosa fra trattenere l'Iran a offrire aiuti economici alla palestina di Hamas?
Cari Europei cosa vuol dire "trattare" con i terroristi?

Per quanto riguarda l'Iran ancora non si è creta una strategia comune da parte dell'Europa, degli USA e della Russia di Putin che ha partorito la proposta, un pò avventata, di ospitare le centrali nucleari iraniane in territorio russo.

Spero che il governo italiano non abbia dato l'assenso alla "biondona" presidente dei ministri degli esteri europei, se l'ha dato non si capisce perchè Buttiglione non è stato gradito come ministro europeo.

Gli sviluppi,caro David,sono ancora di là da venire.
Se fossero sulla scena politica mondiale l'India e la Cina potremo dibattere con più argomenti.

Ciao a tutti

kid
01-02-06, 16:37
per me i palestinesi hanno diritto a tutta la terra che vogliono. Basta che scavino.

nuvolarossa
01-02-06, 20:43
Ai ferri corti

Ora l'importante è che Europa ed Usa si mostrino compatti. La crisi diplomatica con l'Iran è sul punto di precipitare, ed è inutile farsi illusioni a proposito. Il presidente Ahmadinejad ha dimostrato dal primo momento di respingere ogni timida apertura all'Occidente, come pure era disposto a fare ... il suo rivale sconfitto Rafsanjani. Ha così sbandierato un programma nucleare capace di mettere i brividi financo a Germania e Francia, che sappiamo dotate di un grande sangue freddo in queste circostanze, forti dei loro rapporti commerciali con i paesi del Medioriente.

http://www.repubblica.it/2006/a/sezioni/esteri/iranucle3/nonpieg/stor_7495596_09550.jpg

Lo stesso presidente iraniano, per essere ancora più convincente nei suoi propositi, ha minacciato Israele con toni degni di un nuovo Hitler. A Tel Aviv, prima ancora di preoccuparsi della vittoria di Hamas, erano già allarmati dalla svolta di Teheran. L'Iran ha sempre finanziato e sostenuto il terrorismo antiebraico, in particolare con gli Hezbollah libanesi, ma già nel 2001 la nave Karin A intendeva rifornire Arafat. Abbiamo sinceramente sperato che la guerra occidentale ad un nemico giurato dell'Iran come Saddam Hussein provocasse un'apertura politica a Teheran. Ma questa è avvenuta nel vecchio gruppo dirigente, non in quello legato direttamente alla rivoluzione khomeinista, che probabilmente, truccando le elezioni, ha preso il potere. Si tratta di una cricca di fanatici irresponsabile, capace di qualunque mossa azzardata, non certo di intraprendere un dialogo costruttivo.

L'Europa sta ancora cercando una strada diplomatica, ma sinceramente non vediamo nessuna condizione al momento per una sua realizzazione positiva. Siamo ai ferri corti e nelle prossime ore la situazione potrà aggravarsi.

Si è molto discusso della legittimità della guerra preventiva e dei suoi effetti, oltre che dei rischi che comporta. Molti si sono dimenticati che il regime di Saddam ha avuto più di dieci anni, dopo la prima guerra del Golfo, per ritornare in sintonia con l'Occidente e la comunità internazionale. Un tempo sprecato inutilmente. Dubitiamo che Teheran possa avere a disposizione tutto questo tempo, utile solo a dotarsi di un programma nucleare che non possiamo permettergli di realizzare. L'opzione militare in queste condizioni sta diventando inevitabile.

Speriamo possa essere limitata e soprattutto che il mondo occidentale mantenga quella compattezza dimostrata finora.

Roma, 1 febbraio 2006

.............................
tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

david777
02-02-06, 02:31
la Voce a mettere la discussione sul tema proposto da Spielberg, anche perchè quando si parla di Spielberg, si intende ebrei americani, e New York Times
Fino a quando gli ebrei americani sosterranno Israele?
Non lo sappiamo, ma qualche incrinatura è sembrato di vederla, per ora solo sensazioni di incrinature.
Come avrete tutti visto e sentito la proposta della Bonino di trattare e fatta propria dai ministri degli esteri europei ha sortito l'effetto contrario.
Ora ci do mandiamo come mi sono domandato alcuni giorni fa , cosa fra trattenere l'Iran a offrire aiuti economici alla palestina di Hamas?
Cari Europei cosa vuol dire "trattare" con i terroristi?

Per quanto riguarda l'Iran ancora non si è creta una strategia comune da parte dell'Europa, degli USA e della Russia di Putin che ha partorito la proposta, un pò avventata, di ospitare le centrali nucleari iraniane in territorio russo.

Spero che il governo italiano non abbia dato l'assenso alla "biondona" presidente dei ministri degli esteri europei, se l'ha dato non si capisce perchè Buttiglione non è stato gradito come ministro europeo.

Gli sviluppi,caro David,sono ancora di là da venire.
Se fossero sulla scena politica mondiale l'India e la Cina potremo dibattere con più argomenti.

Ciao a tutti

Per Israele non ci può essere altra terra per poter sperare di esistere.
Se ci fosse questa possibilità sarebbe un sogno lasciare tutto agli arabi e vederli finalmente contenti e convinti della loro proverbiale ospitalità.
Sarebbe bello trattare con l'Australia o l'Argentina ed ottenere un territorio dove ricostruirsi tutto ciò che Israele si è faticosamente e laboriosamente rimesso in piedi molte volte nella terra donata da Dio ad Abramo ed ai suoi discendenti.

Se ti dimentico, Gerusalemme,
si paralizzi la mia destra;
mi si attacchi la lingua al palato,
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non metto Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.
http://www.sanpietrodisorres.it/Salmo137.htm

http://newsimg.bbc.co.uk/media/images/41281000/jpg/_41281052_gaza_currency_afp203b.jpg

Direi proprio che la cosa è impossibile. Hamas ed i suoi amici vogliono le sovvenzioni americane ed europee, i milioni attesi dalla Banca Mondiale ed i 55 milioni da Israele per pagare 130.000 lavoratori palestinesi.

http://www.repubblica.it/2006/a/sezioni/esteri/iraq78/zawascampa/este_30194439_45510.jpg

Allo stesso tempo Hamas non intende riconoscere neppure il diritto d'Israele ad esistere. Al Zawahri predica a George Bush e gli chiede di diventare Mussulmano per farsi perdonare. Al Zawahri dice bene che l'ora della morte la decide solo l'Onnipotente, ma si sbaglia tragicamente nel credere che la forza e l'aiuto di Dio siano schierati dalla sua parte per battere l'America ed Israele.

Poi l'Iran gentilmente e teneramente ci ricorda che l'Olocausto è una fantasia e che, se fosse vero, gli Ebrei dovrebbero ritornare in Europa, per scampare un genocidio in casa d'altri...

Naturalmente, Hamas ed Al Zawahri considerano ortossamente Israele scaduto/a da Dio e rimpiazzato dal Popolo dell'Islam. Dico, c'è qualche altra richiesta o dichiarazione: si può aggiungere qualche altro servizio... thè, cappuccino, cioccolatino sul vassoio dei milioni di dollari e della devota riconsegna della Terra d'Abramo prima di gettarsi umilmente nel Mediterraneo presso le spiagge di Tel Aviv?

Al Zawahri commette tragici errori esegetici e teologici in genere - per non parlare di quelli politici.

Magari se ne riparlerà, ma una cosa vorrei commentare a proposito della Sovranità di Dio sottolineata da Al Zawahri: non soltanto la vita e la morte sono nelle mani di Dio, ma pure la licenza di libertà d'azione dei nemici.

La Storia d'Israele dimostra che la spiegazione biblica dell'esistenza e dell'azione del nemico è autentica. L'esilio biblico - quando Israele non aveva voglia di cantare presso i fiumi di Babilonia e ricordava Gerusalemme - è la conclusione naturale di scelte politico-spirituali e procedimenti di corruzione o resistenza alla volontà di Dio, tali da determinare il rafforzamento del nemico e la riduzione della propria forza spirituale.

Quando biblicamente Israele è nelle condizioni suggerite da Dio nel Deuteronomio, allora è l'Angelo dell'Eterno che si occupa di tenere a bada il nemico.

Nell'era recenta giudeocristiana, si è aggiunto un'altro elemento interattivo con la dinamica della forza d'Israele, tale che, quando la vera Chiesa giudeocristiana è in crisi etico-spirituale, nella dimensione invisibile delle sfere celesti Israele s'indebolisce e cade più facilmente preda del nemico.

Allora il semplice suggerimento è che l'Occidente, nonostante l'apparenza, stà facendo delle scelte etiche e politiche tali da pregiudicare il proprio carattere spirituale. Inoltre, con l'approssimarsi della fine dei "Tempi dei Gentili" Israele non più rimandare una seria e sincera ricerca delle ragioni spirituali per cui stà diventando sempre più difficile tenere a bada un avversario che oltre alla Terra Promessa reclama pure la fine d'Israele.
E' vero infatti che i tempi in cui i giudeocristiani non saranno tranquilli neppure in America sono dietro l'angolo - il surriscaldarsi del clima porterà grandi sorprese nella riconferma degli amici...

La soluzione esiste e profeticamente Israele la troverà quando l'avrà cercata con tutto il cuore.

Nel frattempo si tira a campare, così come ai tempi di 1Samuele capitolo 8, quando Israele voleva un re come tutte le altre nazioni, barcamenandoci tra politica interna, sicurezza internazionale e richieste inconcepibili di gente irragionevole a cui non rimane che servire thè e cappuccino.

Cari Saluti

P.S. Ipotesi di accordi esistono, ma a naso si tratta di soluzione insincere e pronte a colpire a tradimento...
Come ci si può fidare di chi vuole la tua morte ed allo stesso tempo diventare compropietario della tua casa?
Purtroppo sarà persino questo inevitabile!

la_pergola2000
03-02-06, 00:03
Anche la Cina si è accodata nella condanna del presidente dell'Iran, dopo anche la Russia ha abbandonato la sua leggera proposta.

ORA ASPETTIAMO L'INDIA E IL PRESIDENTE IRANIANO E LE SUE MINACCE SARANNO CIRCONDATE COMPLETAMENTE.

" Apertura del secondo fronte subito" da Churchill . Storia della seconda guerra mondiale.


Cara Bonino altrochè trattare, qui si fa la vera politica internazionale, no scioperi della fame o della sete.
E i pacifisti stanno a guardare.

david777
03-02-06, 01:45
Anche la Cina si è accodata nella condanna del presidente dell'Iran, dopo anche la Russia ha abbandonato la sua leggera proposta.

ORA ASPETTIAMO L'INDIA E IL PRESIDENTE IRANIANO E LE SUE MINACCE SARANNO CIRCONDATE COMPLETAMENTE.

" Apertura del secondo fronte subito" da Churchill . Storia della seconda guerra mondiale.


Cara Bonino altrochè trattare, qui si fa la vera politica internazionale, no scioperi della fame o della sete.
E i pacifisti stanno a guardare.

Speriamo bene, ma ben sapendo "a chi appartiene il pelo", non credo che il lupo cambierà il vizio. Tutto questo aiuterà il Nuovo Ordine Mondiale e per Israele e MO ci sarà un refrigerio di qualche anno. L'errore sarà non ascoltare Churchill, ed i carboni ancora vivi sotto la cenere riemergeranno più nefasti di prima...
Perlomeno speriamo che si tiri a campare! Vedremo anche la Cina scendere in forze in MO tra Haifa e Damasco...

david777
03-02-06, 17:13
http://www.unita.it/images/2006febbraio/0202caricatura.jpg

Si và da un estremo all'altro: prima si preferiscono i mussulmani ai cristiani nelle assunzioni a basso costo del nuov occidente mercantile; poi ci si sveglia di soprassalto scoprendo che la moglie è sì ubriaca ma la bottiglia è vuota.

Cosa volete: il mercato li ha voluto, ed ora se li tenga gli "extracomunitari"...
Si è perfino voluto paragonare la teocrazia giudeocristiana a quella islamica e poi si è scoperto che non si può far sfoggio d'ironica superiorità laica nei confronti dei mussulmani, come molto spesso si è fatto coi cristiani.

La regina danese si è svegliata ed ha intravisto il "pericolo"...
Il metodo però è errato e pericoloso. Anzichè scherzare con Maometto fornendo alibi all'slam radicale, bisognerebbe prenderlo estremamente sul serio e ricordare ai paesi islamici che mentre da noi i mussulmani si sono collocati con pari diritti, da loro la persecuzione civile, politica e religiosa non ha fatto sconti.

La regina danese ed i vari enti e testate che rispondono al "LA" della Danimarca hanno una sola e vera maniera per occuparsi seriamente ed efficacemente della questione in ballo: comunicare tramite le ambasciate europee che d'ora in poi ogni regime di mancata reciprocità internazionale in questioni di diritto e libertà civile e religiosa non sarà più tollerato, pena la rispedizione calibrata a domicilio dei casi patologici e la chiusura progressiva delle immigrazioni clandestine e non.

Se dovesse servire, non è difficile fare il conteggio delle decine di migliaia di martiri, a cui oltre al diritto è stata tolta la vita negli ultimi anni in quei paesi che hanno una mano lunga ed un'altra corta.

Le barzellette mettono soltanto la benzina sul fuoco e mobilitano gli estremisti da Gaza a Giacarta. Invece si deve passare ai fatti senza più barzellette, chiedendo anche a Mubarak di quale diritto e libertà parla.

jmimmo82
03-02-06, 17:43
Vi siete accorti che nella sinistra italiana non esiste alcun Dario Fo o Paolo Rossi che osi burlarsi della vita di Maometto? Mentre, su Gesù Cristo abbiamo visto e udito tanta irrispettosa satira di esclusiva matrice comunista ...

david777
05-02-06, 00:06
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


Vi siete accorti che nella sinistra italiana non esiste alcun Dario Fo o Paolo Rossi che osi burlarsi della vita di Maometto? Mentre, su Gesù Cristo abbiamo visto e udito tanta irrispettosa satira di esclusiva matrice comunista ...

Per tutti le vittime ed i martiri nei paesi islamici non si è gridato in Occidente al vilipendio della religione. L'Islam reagisce ai suoi vilipendi senza alcuna reciprocità per i vilipendi e le umiliazioni che quotidianamente vengono inflitti ai cristiani. La cosa non può andare avanti, anche se i danesi hanno sbottato male... Diciamolo francamente: l'Occidente sopporta perché teme una guerra di religione, ma, reagendo con le caricature "laiche" invece che con la Pari Oppurtunità frutto di una riscoperta identità spirituale, non fà altro che mettersi dalla parte del torto ed innescare il ritorno alla forza dell'antica Roma pagana. Se non sarà un occidente giudeocristiano a reagire correttamente e legalmente, una transizione al nazifascismo di nuova marca e simbiosi iperliberale sarà inevitabile - cosa che al Cavaliere è ben nota...

lucrezio (POL)
05-02-06, 01:08
per me i palestinesi hanno diritto a tutta la terra che vogliono. Basta che scavino.

calvin , secondo te se qualcuno avesse scritto ( magari volendoi fare lo spiritoso) "per mi gli israeliani hanno diritto a tutta la terra che vogliono . Basta che scavino" come avrebbero reagito la pluricitata deborah Fait, come avresti reagito tu, anzi permettimi come avrebbe reagito tutta la gente civile , me compreso ?

la_pergola2000
05-02-06, 03:33
il tuo vaticinio è pesante e non sarà solo la parte giudeocristiana che saprà reagire correttamente a quello che sta succedendo oggi nei rapporti con l'islam,per favore non vaticinarlo e non fare passi avanti su possibili connubi con l'iperliberale Berlusconi.
Berlusconi fra meno di cinque anni sarà fuori dalla politica mentre il problema sarà sempre più cogente.
Perciò essendo un problema serio anzi serissimo è meglio non scherzarci sopra.
Più in alto avevo scritto che una soluzione era circondare l'area di hamas e soci con stati non disposti a subire il ricatto del petrolio.
Bush nel discorso all'Unione ha specificato quali sono i punti programmatici in materia di politica energetica per gli Stati Uniti nei prossimi venticinque anni.
Noi dovremo fare lo stesso , quando non ci saranno più Berlusconi o Prodi.
Allora lo sfruttamento dei pozzi sarà limitato al solo consumo interno dei paesi dell'Opec e questo porrà un freno anche agli estremisti islamici.
Saluteremo lo sfruttamento delle nuove energie come la speranza per un nuovo mondo.
Ciao

Lincoln (POL)
05-02-06, 13:08
C'è sempre una cosa che potresti fare per i poveri palestinesi.
Dargli una mano a scavare...:D
Ti troverai vanga a vanga con quelli di Hamas ma non preoccuparti.Sono gente civile loro!:D :p

la_pergola2000
06-02-06, 02:11
ma bisogna riflettere molto di più sulle posizioni di Hamas.
E' il partito che vinto le elezioni il presidente iraniano.
Democrazia ed estremismi non sono solo ricordi del passato, qualcuno dovrebbe riflettere su ciò

david777
06-02-06, 03:58
il tuo vaticinio è pesante...

Don Andrea Santoro ucciso sull'altare della messa. Le reazioni di sgomento non sono di sopresa: i martiri sono cosa di normale amministrazione e non fanno testo ormai nella denuncia di vilipendio ed a confronto con le vignette dissacranti/pretesto per ritorsioni che l'avversario non può attuare in guerre convenzionali.

Ho appena spedito un messaggio in risposta, ma in fase di trasmissione, e nonostante tutte le severe protezioni antivirus, è andato perso per un attacco.
Devo riprovare a ricostruirne la sostanza come meglio posso, ma temo di dovermi accontentare soltanto di una sua sintesi.

I governi occidentali rischiano di farsi coinvolgere in una spirale di violenza a causa di un circolo vizioso di pretesti senza fine e senza memoria della sua causa scatenante.
Questo circolo vizioso deve essere spezzato in tempo e rimpiazzato con oggetive prese di posizioni legali. In altre parole si deve capire che abbiamo a che fare con un odio ormai inveterato in cerca di pretesti per commettere stragi, stermini e giustificazioni della mancata reciprocità in questioni di diritto e pari opportunità.

L’odio inveterato che prende forma nelle entità estremistiche è dovuto a varie ragioni.

In primo luogo è da sottolineare il disagio nell’affrontare il Giudeocristianesimo sul terreno apologetico, tanto è senza speranza ogni ipotesi di annullamento del canone biblico, del messaggio evangelico e dell’elezione d’Israele.
L’odio crescente è dovuto anche al perfezionamento della macchina di produzione e massimazione del profitto del capitalismo occidentale ed ai malumori che ciò genera nelle masse di diseredati ed oppressi.
Nelle frange sempre più radicali e crescenti di estremismo islamico, l’idea che i giudeocristiani siano al potere assieme ai neoliberali ed alle potenti multinazionali si è mutata in veleno e mortale antagonismo, coinvolgendo nella viscerale protesta anche i governi islamici ritenuti corresponsabili e corrotti.
Siccome la reazione non può prendere forma in un conflitto bellico convenzionale – tanto le forze sono sproporzionate – è importante per i governi occidentali capire che le strategie in atto sono le sole teoricamente possibili senza rischiare tragiche perdite:

1.Mantenere relazioni convenienti con l’Occidente, in modo da garantire l’emigrazione, il profitto commerciale, la penetrazione strategica del territorio, l’espansione demografica utile alla diffusione veloce della religione, la quale non potendo contare sulla conversione dei giudeocriostiani punta a quella degli “indecisi”, “confusi” e “scontenti”, oltre che sulla proliferazione massiccia dei propri adepti.
2.Servirsi della democrazia a senso unico per poi a suo tempo provocarne la morte per asfissìa. Prendere senza dare, a mo’ di una mano lunga e l’altra corta, è parte di tale strategia. Un esempio è quello di gridare allo scandalo per una vignetta, per poi distaccarsi dalle responsabilità del popolo estremista che mette fuoco alle ambasciate, tanto è chiaro che i governi occidentali non potranno addebitare ai governi islamici le colpe della reazione del popolo arrabbiato. La voce grossa in Occidente quando si tratta di acquisire diritti e quella lieve quando è il caso di reciprocare è anche tipica di questa strategia. Anzi, la tendenza è di non reciprocare affatto servendosi di una fitta rete di pretesti e provocazioni di conflitti locali attraverso l’attivazione di continui disordini ed uccisioni mirati a confondere le acque in un circolo vizioso di cause ed effetti. Allo stesso tempo la propria religione è elevata a Stato e Diritto Teocratico nei propri territorio, mentre in Occidente si pretendono norme e leggi (Racial & Religious Vilification Bills) per prevenire la libertà di parola e predicazione dei gruppi giudeocristiani più temuti, in grado allo stesso tempo di costruire colleges e templi senza reciprocità di chiese e sinagoghe in patria.
3.Cogliere l’occasione dei pretesti per infliggere distruzioni, strage e stermini. Non credo che sia necessario ricordare che è necessario evitare con ogni scrupolo qualsiasi pretesto e scusarsi immediatamente nel caso di errori. Le scuse però devono lasciar spazio ad azioni diplomatiche e giuridiche mirate ed efficaci, la cui caratteristica deve essere quella di centrarsi sul conecetto della Reciprocità e Pari Opportunità Internazionale, i cui effetti non siano applicabili sia in senso razziale che religioso ed ideologico. Marcello Pera in questo ha le idee chiare, ma sbaglia quando ritiene giusto di non doversi scusare per le vignette danesi e francesi.
http://www.repubblica.it/2006/b/sezioni/esteri/moriente30/moriente30/moriente30.html

Fornite le scuse e rivista la macchina mediatica del laicismo, il quale ha fin troppo approfittato della buona grazia della tutt’altra pasta dei giudeocristiani, è indispensabile venire ai “ferri corti” ormai imposti dalla controparte: e la maniera di farlo è quella di calibrare il principio della reciprocità nella misura in cui il medesimo principio è tutelato dalla controparte, dando luogo a formali proteste e procedimenti di legge volti a limitare privilegi, opportunità ed immigrazioni, previo formali notificazioni tramite i canali diplomatici e le ambasciate all’estero.

Questo è il momento di avere al governo ed ai ministeri dell’Occidente gente che non sia in conflitto d’interesse e che pensi solo al proprio portafoglio. Il massimo della prudenza, dell’oggetività e della determinazione sono indispensabili per affrontare la ben nota crisi in atto.

La sx deve rendersi conto che una cosa sono le cause sociali e la giustizia economica, ed un’altra rischiare di allearsi con i nemici dell’Occidente e dei suoi valori, favorendoli e persino foraggiandoli.

Se la sx non dimostra di rendersi conto del pericolo, dovrà rassegnarsi al ritorno di un nazifascismo di marca (questa volta) iperliberale.

Si teme un conflitto esteso, e dunque si tengono certe informazioni scottanti ben custodite, ma se il conflitto deve verificarsi non deve essere addebitandone indiscriminatamente la responsabilità all’Occidente ed alla componente giudeocristiana obiettivamente stabile e potente in senso alla massime cariche occidentali.

Solo nel 1996 – il dato non è aggiornato ma sarà sicuramente sorprendente – ci sono stati circa 160.000 cristiani martirizzati, di cui vi lascio il privelegio d’immaginare dove la quasi totalità del crimine è stata attuata. Lasciamo da parte i processi, le calunnie e le accuse fasulle e pretestuose, così come anche le violenze, gli strupri, le violazioni, le umiliazioni e le oppressioni.

Tutto è scritto nei libri di Dio, il cui tribunale non mancherà di esaminare per emettere le sue sentenze e destinazioni presso i più pertinenti paradisi per ciascuno.

Nel frattempo è necessario darsi una svegliata e rendersi conto che lo scetticismo laico ha fin troppo coperto ed affossato la verità delle cose e della natura delle forze in gioco.

L’Apostolo Pietro è tra coloro che ci ricorda la vera natura del conflitto, ma il secolo crede di sapere meglio e più scientificamente: 1Pietro 5:6-11.
Dovremmo approfondire questo argomento... Nel frattempo confermo il pesante vaticinio, ed anzi c'è dell'altro... molto altro che Israele col crescere della tensione prenderà sul serio. Parola d'ordine per le credenziali che i rabbini conoscono bene: La dissacrazione dei "TEMPI e la LEGGE"...

Il governo pakistano ha convocato gli ambasciatori europei per una bella strigliata ed ammonirli che simili cose (le vignette) non si ripetano più.

http://www.persecution.com.au/countries/country.asp?cid=paki
http://www.persecution.com.au/news/article.asp?artID={20F05F4E-6149-4F0D-9351-8939BC114B15}
http://www.persecution.com.au/countries/country.asp?cid=egyp

I governi europei farebbero bene a scusarsi col Pakistan (come con tutti gli altri governi offesi) e subito dopo dovrebbero convocare gli ambasciatori dei medesimi paesi (restricted nations*) che si ritrovano in situazioni di conflitto col diritto internazionale alla pari del Pakistan, e di altri in aree di ostilità quali l'Egitto**, il cui governo parla tanto di diritti.

*Restricted Nation

Restricted nations are those in which political and/or religious groups impose national, legislated, and organised restrictions upon the expression and promotion of the Gospel of Jesus Christ, resulting in harassment, fines, violation of human rights and property, violence, imprisonment, torture, or death. Generally these nations are significantly controlled by Communism, totalitarian dictatorships or nationalised religious groups that either outlaw Christianity or severely restrict its organisation, expression and access to Bibles and Christian literature. We at Voice of the Martyrs believe that God has given us the responsibility to work in the specialised area of Restricted Nations, but not to the exclusion of Hostile Nations.

**Hostile Area

Hostile nations are those in which Christians experience significant discrimination, harassment, hostility or violence in the common expression and promotion of their faith, despite legislated freedom of religion. The hostility generally occurs somewhat randomly and at a local level, by disaffected religious and/or political groups. Such hostility is not usually organised, legalised or institutionalised at a national level, but is sometimes deliberately ignored by national authorities.


L'Arabia Saudita poi esige una convocazione a parte - come ben si sà siamo al cuore della questione ma anche degli affari...
http://www.persecution.com.au/countries/country.asp?cid=saua
La buona lettura del sito è vivamente raccomandata a chi vuole scrivere e difendere le barzellette religiose, ed allo stesso tempo governare l'Occidente. Nel frattempo i Cristiani in Siria ed in Libano più degli altri stanno pagando il prezzo delle barzellette (pretesto naturalmente) laiche.

david777
06-02-06, 15:27
Interessante articolo sul Telegraph che spiega i retroscena e la messinscena della crisi delle vignette dissacranti. Anzi lo immortalo per non rischiare di perderlo in successivi dowloads. Si vuole lo scontro, perché certuni si sentono perdenti nel confronto con la democrazia occidentale e la libera circolazione del pensiero e della Fede. La Danimarca inoltre è all'avanguardia nella discussione dei problemi legati alla pari opportunità e dei diritti negati da molti paesi islamici...

Si cela un grande sogno dietro la crisi montata, che consiste nell'imporre all'Europa la cessazione delle libertà individuali


ed una succesiva fase di recrudescenza del conflitto nel momento in cui ci si crede finalmente in grado di venire ai ferri cortissimi in casa europea e non sul fronte convenzionale.
http://www.freewillblog.com/

http://www.freewillblog.com/protest4.jpg

http://www.telegraph.co.uk/opinion/main.jhtml?xml=/opinion/2006/02/04/do0402.xml&sSheet=/opinion/2006/02/04/ixopinion.html

If you get rid of the Danes, you'll have to keep paying the Danegeld
By Charles Moore
(Filed: 04/02/2006)

It's some time since I visited Palestine, so I may be out of date, but I don't remember seeing many Danish flags on sale there. Not much demand, I suppose. I raise the question because, as soon as the row about the cartoons of the Prophet Mohammed in Jyllands-Posten broke, angry Muslims popped up in Gaza City, and many other places, well supplied with Danish flags ready to burn. (In doing so, by the way, they offered a mortal insult to the most sacred symbol of my own religion, Christianity, since the Danish flag has a cross on it, but let that pass.)

Why were those Danish flags to hand? Who built up the stockpile so that they could be quickly dragged out right across the Muslim world and burnt where television cameras would come and look? The more you study this story of "spontaneous" Muslim rage, the odder it seems.

The complained-of cartoons first appeared in October; they have provoked such fury only now. As reported in this newspaper yesterday, it turns out that a group of Danish imams circulated the images to brethren in Muslim countries. When they did so, they included in their package three other, much more offensive cartoons which had not appeared in Jyllands-Posten but were lumped together so that many thought they had.

It rather looks as if the anger with which all Muslims are said to be burning needed some pretty determined stoking. Peter Mandelson, who seems to think that his job as European Trade Commissioner entitles him to pronounce on matters of faith and morals, accuses the papers that republished the cartoons of "adding fuel to the flames"; but those flames were lit (literally, as well as figuratively) by well-organised, radical Muslims who wanted other Muslims to get furious. How this network has operated would make a cracking piece of investigative journalism.

Now the BBC announces that the head of the International Association of Muslim Scholars has called for an "international day of anger" about the cartoons. It did not name this scholar, or tell us who he is. He is Sheikh Yusuf al-Qaradawi. According to Ken Livingstone, the Mayor of London, Qaradawi is like Pope John XXIII for Catholics, "the most progressive force for change" in the Muslim world.

Yet if you look up Qaradawi's pronouncements, you find that he sympathises with the judicial killing of homosexuals, and wants the rejection of dialogue with Jews in favour of "the sword and the rifle". He is very keen on suicide bombing, especially if the people who blow themselves up are children - "we have the children bomb". This is a man for whom a single "day of anger" is surely little different from the other 364 days of the year.

Which leads me to question the extreme tenderness with which so many governments and media outlets in the West treat these outbursts of outrage. It is assumed that Muslims have a common, almost always bristling, view about their faith, which must be respected. Of course it is right that people's deeply held beliefs should be treated courteously, but it is a great mistake - made out of ignorance - to assume that those who shout the loudest are the most representative.

This was the error in the case in Luton, where a schoolgirl's desire to wear the jilbab was upheld in the erroneous belief that this is what Islam demands. In fact, the girl was backed by an extremist group, and most of the other Muslims at the school showed no inclination to dress in full-length gowns like her. It's as if the Muslim world decided that the views of the Rev Ian Paisley represented the whole of authentic Christianity.

There is no reason to doubt that Muslims worry very much about depictions of Mohammed. Like many, chiefly Protestant, Christians, they fear idolatry. But, as I write, I have beside me a learned book about Islamic art and architecture which shows numerous Muslim paintings from Turkey, Persia, Arabia and so on. These depict the Prophet preaching, having visions, being fed by his wet nurse, going on his Night-Journey to heaven, etc. The truth is that in Islam, as in Christianity, not everyone agrees about what is permissible.

Some of these depictions are in Western museums. What will the authorities do if the puritan factions within Islam start calling for them to be removed from display (this call has been made, by the way, about a medieval Christian depiction of the Prophet in Bologna)? Will their feeling of "offence" outweigh the rights of everyone else?

Obviously, in the case of the Danish pictures, there was no danger of idolatry, since the pictures were unflattering. The problem, rather, was insult. But I am a bit confused about why someone like Qaradawi thinks it is insulting to show the Prophet's turban turned into a bomb, as one of the cartoons does. He never stops telling us that Islam commands its followers to blow other people up.

If we take fright whenever extreme Muslims complain, we put more power in their hands. If the Religious Hatred Bill had passed unamended this week, it would have been an open invitation to any Muslim who likes getting angry to try to back his anger with the force of law. Even in its emasculated state, the Bill will still encourage him, thus stirring the ill-feeling its authors say they want to suppress.

On the Today programme yesterday, Stewart Lee, author of Jerry Springer: The Opera - in which Jesus appears wearing nappies - let the cat out of the bag. He suggested that it was fine to offend Christians because they had themselves degraded their iconography; Islam, however, has always been more "conscientious about protecting the brand".

The implication of the remark is fascinating. It is that the only people whose feelings artists, newspapers and so on should consider are those who protest violently. The fact that Christians nowadays do not threaten to blow up art galleries, invade television studios or kill writers and producers does not mean that their tolerance is rewarded by politeness. It means that they are insulted the more.

Right now, at the fashionable White Cube Gallery in Hoxton, you can see the latest work of Gilbert and George, mainly devoted, it is reported, to attacks on the Catholic Church. The show is called Sonofagod Pictures and it features the head of Christ on the Cross replaced with that of a primitive deity. One picture includes the slogan "God loves F***ing".

Like most Christians, I find this offensive, but I think I must live with the offence in the interests of freedom. If I find, however, that people who threaten violence do have the power to suppress what they dislike, why should I bother to defend freedom any more? Why shouldn't I ring up the Hon Jay Jopling, the proprietor, and tell him that I shall burn down the White Cube Gallery unless he tears Gilbert and George off the walls? I won't, I promise, but how much longer before some Christians do? The Islamist example shows that it works.

There is a great deal of talk about responsible journalism, gratuitous offence, multicultural sensitivities and so on. Jack Straw gibbers about the irresponsibility of the cartoons, but says nothing against the Muslims threatening death in response to them. I wish someone would mention the word that dominates Western culture in the face of militant Islam - fear. And then I wish someone would face it down.

nuvolarossa
06-02-06, 15:38
... i retroscena e la messinscena della crisi delle vignette dissacranti ...

... caro david777 ... bisogna proprio essere dei fanatici senza cervello per incavolarsi per una dozzina di vignette satiriche dedicate a Maometto.
Cosa dovrebbe dire allora la Chiesa cattolica che viene regolarmente presa per i fondelli in tutte le salse ?
Anche il cerchiobottismo di vari personaggi sia di destra che di sinistra ... che hanno belato in questi giorni reclamando la contemporaneita' della libera espressione della stampa e della satira e del rispetto della religione ...
L'una cosa elide l'altra ... un irrispettoso esercita la sua liberta' ... non so se ti ricordi gli anni in cui in Italia si pubblicava "Il Male" ... se ne vedevano di quelle da chiodi ... ma tutti ci si rideva sopra.
Fanno bene i giornali a pubblicare le vignette come gesto di solidarieta' verso il collega danese "licenziato" ... non e' la satira che offende l'Islam ... sono i coglioni fanatici che offendono l'intelligenza umana ...
La prima ricetta per combattere il terrorismo ... e' combattere l'ignoranza umana ...

kid
06-02-06, 15:53
lucrezio, scusa quelli non lo scrivono. Lo fanno.

david777
06-02-06, 16:34
...
La prima ricetta per combattere il terrorismo ... e' combattere l'ignoranza umana ...


Caro Nuvolarossa

la sceneggiata è stata montata proprio perché non vogliono che l'ignoranza venga combattuta. L'Islam radicale si sente accerchiato da stampa, televisioni, satelliti che portano decine di canali cristiani 24 su 24 a centinaia di milioni in Medio ed Estremo Oriente. In aggiunta governi quali quello danese hanno aperto gli occhi sul significato e le implicazioni delle persecuzioni ideologiche e specialmente religiose in giro per il mondo - ad esempio l'Egitto ne ha fatto oggetto di malessere contro la Danimarca - fino a fare pressioni per l'implementazione della pari opportunità. Ecco che i perdenti preferiscono lo scontro non convenzionale ma piuttosto quello più conveniente del pretesto scassa e scappa. L'offesa e la rabbia nascondono il rancore per il fiatone nel non riuscire a tenere il passo coi media ed i sistemi di comunicazione planetaria, senza presagire la perdita di adepti e potere.

E' un periodo per essere prudenti ma anche per decidersi ad affrontare sul piano politico e diplomatico le inaccettabili regole giuridiche, le leggi ed i comportamenti protezionistici dei governi integralisti che stanno dietro la filosofia della provocazione e dello scontro.

Coi cristiani e gli ebrei il problema coi media non esiste se non nei casi più gravi - quando il troppo sfocia nell'ignobile e nel disgusto più totale. Con i mussulmani è diverso, perché oltre alle barzellette ci sono sotto serie preoccupazioni di egemonia religiosa e finanche di geopolitica. Quelli più estremisti poi, si sentono talmente accerchiati e - talvolta a buona ragione ma solo a metà - frustrati, da preferire lo scontro piuttosto che la capitolazione culturale.
E dunque ecco il pericolo: rischiare di fornire comodi alibi e pretesti in una fase cruciale del confronto politico e diplomatico coi paesi integralisti per indurli a democraticizzare le proprie leggi ed i comportamenti.
Se l'operazione non riesce l'Occidente si sposterà all'estrema destra pur conservando l'ineluttabile ed ormai strutturale legale col neoliberismo.
Anch'io mi muoverò, e pur conservando valori e ricordi centristi ed "unionisti" ritornerò laddove la condivisione è al più alto grado: il repubblicanesimo conservatore americano in simbiosi col Giudeocristianesimo.
Ma vediamo come riesce l'operazione! La speranza è quella di ridurre il più possibile il numero delle vittime e di vite spezzate su entrambi i versanti.
Vediamo anche cosa fà l'Iran e se sia possibile disinnescare le procedure e le avvisaglie di guerra. Vediamo come si schiereranno i paesi islamici e quanti intendono veramente coesistere sulla base di regole civili e multilaterali.

Dopo aver visto il necessario giocheremo tutti la nostra partita e ci sposteremo dove è più logico e congruente.