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Qoelèt
12-04-02, 22:02
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Vita di Santa Maria Egiziaca
(Riproponiamo la Vita di Santa Maria Egiziaca nel celebre volgarizzamento di Domenico Cavalca)

CAPITOLO I
Incomincia la Vita di santa Maria Egiziaca, e in prima dell'abate Zozima, della vita sua, e poi in che modo e ove la trovò nel diserto.

Fu in uno de' monisteri di Palestina un santissimo e
dottissimo monaco, lo quale avea nome Zozima, al quale come a
perfetto ed esperto e molto dotto, ed esercitato insino da picciolo
nelle battaglie e negli esercizi della vita spirituale, molti
ricorrevano per disiderio della sua dottrina e de' suoi consigli.
Era uomo di singulare astinenza e di continova orazione e
operazione, intantoché eziandio mangiando lavorava alcuna
cosa, e sempre orava colla mente; e com'egli stesso diceva, in
quel monistero dalla sua madre insino da picciolo fu offerto. Ed
essendovi stato già anni cinquantatrè, e vedendosi perfetto
monaco in ogni osservanza monacile, vennegli un pensiero di
superbia, e diceva infra se stesso: «Ecco perfetto sono in ogni
cosa, e non ho bisogno d'altrui dottrina, e nullo è nel diserto,
che mi exceda in alcuna virtù, o che mi potesse insegnare cosa che io non sappia». E pensando così,
apparvegli un santo padre, e dissegli: «Zozima, ben hai combattuto, e se' diventato perfetto, ma sappi
che niuno uomo da se medesimo ha vera perfezione, che sappi che assai sono gli altri stati e vie di
salute maggiori che il tuo, li quali se vuogli apprendere, esci di queste tue contrade, e della vicinanza
di questi tuoi parenti, e viene con meco ad un monistero, ch'è dilungi di qui assai, ed è presso e
allato al fiume Giordano». E incontanente Zozima si levò e andògli dietro, e venendo al fiume
Giordano sentissi chiamare ad una boce di quel monistero, nel quale Iddio voleva che stesse, e quegli
che l'avea menato disparve. E andando Zozima al monistero picchiò alla porta, e ‘1 portinaio andò per
l'abate incontanente, e venuto che fu l'abate, fecegli aprire, e vedendo Zozima uomo di gran riverenza
e santità pure alla vista, gittossi in terra e fecegli onore e reverenza secondo l'usanza de' monaci; e
fatta l'orazione insieme, levandosi l'abate, lo cominciò a dimandare donde e perché era venuto a loro;
e Zozima rispuose: - Onde io vegno non mi pare necessario di dire, ma perché sono venuto dico.
Sappiate ch'io sono venuto per imprendere da voi, e per edificarmi della vostra dottrina ed esempri,
perciocché ho udito di voi grandi e mirabili cose -. E disse l'abate: - Iddio, fratel mio, lo quale solo può
curare l'umana fragilità, insegni a te e a noi di fare e compiere la sua volontade, che veramente
uomo uomo edificare non può, se Iddio non vi si adopera. Ma tuttavia perciocché la carità di Cristo
t'ha invitato e provocato a vicitarci e vederci, avvegnaché siamo imperfetti, statti e rimanti con noi, se
ti piace, e spero che della grazia dello Ispirito Santo ci sazierà e ammaestrerà tutti quel buon Pastore
Gesù Cristo, lo quale puose la sua vita per nostra redenzione. Le quali parole udendo Zozima, gittossi
anche in terra ringraziando Iddio, ringraziandolo e accettando lo stallo, e orò alquanto, e l'abate
simigliantemente. E poi si levorono e Zozima rimase, e abitava con loro, e considerava diligentemente
le virtudi di quei monaci, vedendogli ferventi in ispirito, assidui pernottare e vigilare in continove
orazioni, e sempre lavorare; mai di loro bocca non uscire una parola secolare, e non avere rendite
annuali, né sollecitudine di cose temporali, e che tutto e solo lo studio loro era di mortificarsi
perfettamente al mondo, e lo cibo dell'anime loro era orare e parlare con Dio, e quello del corpo pane
e acqua. Le quali tutte cose Zozima considerando edificavasi, e cresceva in divozione, e ringraziava
Iddio assiduamente. La porta del munistero stava sempre chiusa, e non si apriva sanza grande
cagione, perocché era il luogo molto diserto, e poco conosciuto non solamente da quelli da lunga, ma
eziandio da quelli da presso; onde tutti erano intesi pure a Dio contemprare, e in lui pace avere.

La regola e l'usanza di quel munistero era questa: la prima domenica della quaresima ragunavansi
insieme tutti all'uficio nella chiesa, e detta la messa ciascuno si comunicava prendendo il Corpo e 'l
Sangue del Nostro Signore Iesù Cristo, e poi mangiando un poco insieme in caritade. Congregavansi
anche all'oratorio e stavano in orazione dopo desinare; e compiuta l'orazione davansi la pace insieme,
e poi ciascuno la dava all'abate, e abbracciandol tutti raccomandàvansegli che orasse per loro, li quali
uscivano alla battaglia col nimico per lo diserto; e dopo questo l'abate faceva aprire la porta, e
uscivano tutti fuori cantando quel bel salmo: Dominus illuminatio mea, et salus mea, quem tímebo? et
cetera. Cioè: Iddio è mio lume e mia salute e mio protettore, non temerò chi mi faccia battaglia. E
partendosi tutti eccetto uno o due che rimanevano nel munistero, non per guardare, che non vi aveva
cosa, che i furi avessono che torre, ma per non lasciare lo monistero sanza uficio, portavasi ciascuno
alcuna cosa che mangiare per la quaresima: chi pani, chi fichi secchi, chi datteri e chi legumi
infusurati, e alcuni non portavano nulla, ma erano contenti dell'erbe che trovavano per lo diserto; e
tutti passando lo fiume Giordano si dispergevano per lo diserto in diverse parti ciascuno per sé, e
l'uno non andava all'altro, e l'uno non sapea l'astinenzia né la vita dell'altro. E per questo modo
stavano insino a domenica dell'Ulivo sempre orando e dicendo salmi, e in quel dì ciascuno tornava al
monistero, riportando ciascuno lo frutto della sua fatica e vittoria nell'arca della buona coscienza; e
per maggiore umiltà volendo a solo Iddio piacere, avevano ordinato che l'uno non dovesse domandare
l'altro, né l'uno dire all'altro né della vita, ch'avesse menata, e delle grazie e vittorie e battaglie,
ch’avesse avute, sapendo che la vista e le lode degli uomini fa molto danno alle buone opere. E
insieme cogli altri Zozima, venendo la quaresima, uscìo al diserto portando con seco molto poco che
mangiare, e ognindì si metteva più adentro per lo diserto, andando infaticabilmente e poco
mangiando e poco dormendo, se non quanto la necessità naturale lo costrigneva; e quivi dormiva, ove
la notte il sonno lo coglieva, e andava pure oltre per disiderio di trovare alcuno santo padre antico e
solitario, che lo edificasse.

E poiché fu ito venti giornate, un giorno in sulla sesta, ponendosi ginocchione a orare verso
l'oriente, secondo che avea in uso di fare ognindì a dire l'ore sue, e guatando in su verso la mano
diritta, parvegli vedere quasi un'ombra di corpo umano levato in aria; della qual cosa maravigliandosi
e spaventandosi, e immaginandosi che fosse fantasia per operazione del nimico fecesi il segno della
croce tre volte, e compiute ch'ebbe l'ore sue fecesi più innanzi, ed ebbe veduto andare verso il
meriggio come una persona nuda col corpo nero e secco per lo sole, e coi capelli canuti e bianchi
come lana, e non erano lunghi se non infino al collo; della qual cosa Zozima maravigliandosi, fu molto
allegro e incominciòe fortemente a correre per giugnere questa persona, immaginandosi di trovare un
gran santo padre antico. E questa era Maria Egiziaca, e Zozima non lo sapeva; la quale vedendosi
correre Zozima dietro, perocch'era ignuda, incominciò a fuggire; e Zozima più rinforzando il corso, e
quasi dimenticandosi la sua vecchiezza per lo grande desiderio avendola già presso che giunta, sicché
la poteva udire, incominciò a gridare fortemente, e dire: «Or perché mi fuggi, servo di Dio, perché
fuggi questo vecchio peccatore, aspettami per Dio, ti priego, chiunque tu se'; io ti scongiuro per quello
Iddio, per lo cui amore tu stai in questo eremo, che tu mi aspetti e parlimi, e non mi fuggi». E
andando Zozima dicendo queste parole con lagrime, e sempre correndo amendue pervennono ad una
ripa d'un torrente secco, e Maria corse dal lato di là e stette. E giungendo Zozima di qua, e
riposandosi un poco, perché non potea così salire quella ripa, incominciò a fare maggior pianto,
pregando che si lasciasse parlare. Allora quella parlò, e disse: «Abate Zozima, perdonami per Dio,
perocch'io non mi posso rivolgere verso di te, perché sono femmina nuda, ma gittami il pallio tuo col
quale io mi possa coprire, e verrò a te volentieri per ricevere la tua benedizione». Allora Zozima
maravigliandosi, che si udì nominare, e pensando come savio che quella non potea sapere lo suo
nome, se non per revelazíone di Dio, conciossiacosaché mai veduto non lo avesse, ispogliossi
incontanente un panno vecchio, ch'egli avea addosso, e volgendosi la faccia addietro gliele gittò, lo
quale ella cignendosi e coprendosi come poteva, volsesi a Zozima e sì gli disse: «Per che cagione, o
abate Zozima, se' venuto con tanta fatica per vedere una peccatrice?» Alle quali parole Zozima non
rispondendo, gittossi in terra adorandola, e domandandola ch'ella in prima lo benedicesse e orasse
per lui. Ma quella per umiltà non volendo ciò fare, faceva simigliantemente a lui, e stavano in questa
contenzione, e non dicevano altro, se non che l'uno diceva all'altro: «Padre, benedicimi». E poiché
furono stati per grande ora in questa santa contenzione per reverenzia l'uno dell'altro, disse Maria: -
Abate Zozima, a te si conviene di dare la benedizione e orare, perciocché più anni se' stato prete, e
celebrando a' santi altari hai piena la mente di sante orazioni -. La qual parola udendo Zozima fu
molto più maravigliato, e disse: - Certamente veggio, o madre, che piena se' della divina grazia,
poiché '1 nome e l'uficio mio m'hai così detto, che certo la grazia ispirituale non si dà per l'ordine del
sacerdozio o per altra degnità, ma cattasi per le virtudi e per le buone opere; onde per Dio ti
scongiuro, che tu in prima mi dia la tua benedizione - Allora Maria lasciandosi vincere, rispuose una
cotale parola, e disse: «Benedetto Iddio redentore dell'anime nostre»; e Zozima rispuose: «Amen».

E levandosi ciascuno di terra, disse Maria a Zozima: - Priegoti, padre, che mi dichi, perché se'
venuto a me con tanta fatica? - Rispuose Zozima: - Questo non è stato tanto per mia volontà, quanto
per divina dispensazione e dono e provedenza, la quale ci ha fatto così insieme trovare -. Allora disse
Maria: - Or ti priego, se così è, come tu dici, che per divina grazia ci siamo così trovati insieme, che
mi narri lo stato e la condizione della cristiana religione, e de' regi e prelati della Chiesa, perciocché
già sono molti tempi ch'io non vidi creatura umana -. E Zozima rispuose, e disse: - Lasciando le molte
cose, che si potrebbono dire, brievemente ti rispondo, che '1 nostro Signor Gesù Cristo ha conceduto
ferma e vera pace alla Chiesa sua. Ma priegoti che prieghi Iddio che la mantenga, e mandi pace fra
tutto il mondo, e che prieghi Iddio per li miei peccati -. E disse Maria: - Questo si conviene a te, abate
Zozima, lo quale hai l'uficio sacerdotale e l'abito e a pregare per li peccatori se' ordinato; tuttavia
volendo ubbidire al tuo comandamento, avvegnach'ío sia peccatrice, farò orazione a Dio, secondoché
m'hai detto -. E incontanente ponendosi in orazione, levando gli occhi e stendendo le mani verso
l'oriente incominciò a orare con silenzio, sicché Zozima, avvegnaché vedesse menarle le labbra, nulla
parola udire potea, ma disse poi che orando Maria molto prolissamente, la vide per fervore di spirito
levare in alto, e stare sospesa da terra bene un gomito; per la qual cosa disse che gli entrò sì grande
paura, che cadde in terra, e quasi tutto istupefatto trangosciando e sudando non potea altro dire, se
non Kyrie eleison; ma poi dopo grande ora incominciandosi a confortare, vedendo costei così levata in
aere, incominciò a dubitare e pensare che forse era ispirito, che avea presa quella forma, e
infignevasi e dava vista d'orare. E in questo mezzo Maria tornò a terra, e compié la sua orazione, e
levò Zozima di terra, che stava ancora pauroso e pensoso, e dissegli: - Abate Zozima, or come ti lasci
così conturbare ai pensieri del cuore tuo, intantoché ti se' iscandalezzato in me, e hai creduto ch'io
sia ispirito, ch'abbia per inganno presa questa vista e fatta questa orazione. Dio te ne rischiari e
mostritene la verità. Io non sono spirito, ch'abbia preso corpo fantastico, ma sono femmina peccatrice,
avvegnaché battezzata, e non abbo in me alcuna opera di maligno spirito -. E dette queste parole si
fece il segno della croce alla fronte e al petto e agli occhi, e orò e disse: - Iddio onnipotente, o abate
Zozima, ci liberi dal nimico dell'umana generazione, e diaci lo suo aiuto, che veramente molte e gravi
battaglie ci dà -- E udendo Zozima queste parole, gittoglisi a' piedi piangendo e disse: - Per Cristo
onnipotente, lo quale per la salute degli uomini prese carne e sostenne morte, per lo cui amore tu
sostieni questa nudità, e hai così afflitta la tua carne, ti scongiuro e priego che tu mi dichi e reveli
per ordine chi tu se', e quando ci venisti, che in verità non per vanagloria, ma per edificazione te ne
dimando; e veramente credo che perciò Cristo mi ci fece venire acciocché tu a sua gloria e
edificazione delle genti mi narri la tua mirabile conversazione, che sii certa che se questo a Dio non
piacesse non m'avrebbe permesso ch'io t'avessi trovata, e non mi avrebbe lasciato sostenere tanta
fatica invano.
CAPITOLO II
Come narrò all'abate Zozima tutta la sua vita, e quando e in che modo era pervenuta in quel diserto.
Allora Maria levando l'abate Zozima di terra, sì gli disse: «Laida e vergognosa cosa mi pare, abate
Zozima, di narrarti le mie opere vergognose; ma priegoti che mi perdoni, e al tutto ti scoprirò li miei
fatti. E no gli volea io tacere per paura di vanagloria, anzi per vergogna, perocché tali sono state le
mie opere, che non me ne posso gloriare, ma confondere, e temo che se io ti comincerò a dire li miei
mali, tu mi fuggirai come serpente, e non ti potrà patire lo cuore d'udire tante iniquitadi;
neentedimento poiché tu pure vuogli, io lo ti dirò; ma priegoti, padre, che prieghi la divina
misericordia che mi perdoni le mie grandi miserie». Allora Zozima si puose in orazione per lei con
lagrime, e Maria incominciò a narrare la sua vita per ordine, e disse: «Io, padre mio, fui nata, in
Egitto, e essendo me pervenuta ad etade d'anni dodici, vivendo ancora mio padre e mia madre, come
vaga e dissoluta giovane fuggi' in Alessandria, dove in quanta disonestà vissi, e come insaziabilmente
servi' alla corruzione non te 'l potrei dire con lingua, ma dirolti come potrò in brieve. Diciassette anni
fui meritrice pubblica, e sì disonesta e libidinosa, che non m'inducea a ciò cupidità o necessità di
guadagno, come suole addivenire a molte, ma sola cupidità di quella misera dilettazione, intanto ch'io
m'andava proferendo impudicamente, e non volea altro prezzo da' miei corruttori, riputandomi a
prezzo e a soddisfazione sola la corruzione della lussuriosa vita; onde gli giuochi, l'ebrietadi e altre
cose lascive, induttive a quel peccato riputava guadagno, e spesse volte rinunziava al guadagno e ai
doni per trovare più corruttori, sicché nullo si scusasse né lasciasse di peccare con meco per non
avere che darmi; e questo non faceva perch'io fossi ricca, ma avvegnach'io fossi indigente, sommo mio
disidero e diletto era stare in risi e in giuochi e in disonesti conviti e'n corruzione continova.

Or avvenne che una fiata dopo la Pasqua della Resurressione standomi in tanti mali, vidi molte
genti d'Egitto e di Libia e di diverse parti andare inverso 'l porto come pellegrini, e non sapendome
dove andassono, accostaimi ad uno, e domandailo dove andavano, e que' mi rispuose che andavano in
Gerusalemme al perdono dell'Esaltazione della Croce, e a vicitare li luoghi santi. E io rispuosi a
quell'uomo, e dissigli: - Dimmi, priegoti, s'io vi volessi venire, credi che costoro mi lasciassono andare
con loro? - E que' mi rispuose: - Se tu hai di che pagare lo navilio e di che fare le spese, nullo ti può
vietare la via -. Allora io come leggiadra e disperata femmina gli dissi: - Veramente, fratello mio, non
abbo né spese né navilio, ma io pure sarrò insu uno di questi legni, e poich'io sarò infra 'l mare,
bisogno fia che mi notrichino, e 'l corpo mio fia loro per navilio -. E non volea io andare con loro per
cura ch'io avessi di perdono, ma, come sa Iddio, solamente per avere con loro peccato e dimestichezza
disonesta. Perdonami, abate Zozima, sai che io ti pregai che non mi facessi dire. Credo veramente
che ti venga puzza e orrore di tanti mali, e non solamente gli tuoi orecchi, ma eziandio l'aria riceva
infezione di questo parlare». Alla quale Zozima fortemente piangendo rispuose, e disse: «Per Dio ti
scongiuro, suora mia, che tu narri sicuramente le tue opere per edificazione de' peccatori». Allora
Maria anche riprese le parole, e disse: «Quell'uomo, lo quale io domandai dove andava la gente,
udendo le mie cattive e disoneste parole, sorrise e partissi, e io velocemente me n'andai alla riva del
mare, e trovaivi dieci giovani marinari, che giucavano e sollazzavano vanamente, e espettavano li
compagni per navicare, perciocché molta gente era già salita insul legno loro, e io come isfacciata me
n'andai in mezzo di loro, e dissi: "Menatemi con voi dove voi dovete andare, e io vi prometto che io non
vi sarò disutile". Li quali vedendomi così vana e impudica, come giovani lascivi volentieri mi
ricevettono, e per tutto quel viaggio la mia vita non fu altro, se non ridere e dissolvermi in canti e in
giuochi vani, e inebriarmi, e fare avolterî e fornicazioni, ed altre cattive e laide cose e parole dire e
fare, le quali tutte sufficientemente la lingua non può esplicare. E non mi ritraeva da tanti mali né
paura di tempesta di mare, né vergogna della gente, che v'era; ma era sì sfrontata e lieve, che
eziandio uomini gravi e onesti invitava a corruzione, e facevagli cadere, sicché veramente la mia
fetidissima carne era esca del diavolo a tirare l'anime in abisso e in perdizione. Onde quando io mi
ripenso, mi maraviglio non poco come il mare sostenne tante mie iniquitadi, e come la terra in prima
o poi non si aperse, e inghiottimmi viva viva. Ma come io veggio, l'onnipotente e piatoso Iddio
m'aspettava a penitenza, perché non si diletta della morte del peccatore, ma vuole che si converta e
viva.

Or navicando pervenimmo dopo alquanti giorni in Gerusalèm innanzi la festa, e tutti quei giorni
innanzi alla festa feci simiglianti opere e peggiori, sforzandomi di mal fare in perdizione dell'anime. E
venendo la festa della Esaltazione della Croce, vedendo la turba grande andare al tempio, perché si
dovea mostrare lo legno della Croce, andai loro dietro insino alla porta del tempio, e appressimandosi
l'ora quando si dovea mostrare lo legno della Croce, volli entrare dentro, e io mi senti' sospignere
indietro. E per più volte così m'addivenne, sicché io in nullo modo potea entrare dentro cogli altri,
anzi quando era in sull'uscio e credevami poter entrare, una divina potenza mi cacciava addietro. E
avvenendomi così più volte, e io pure volendomi mettere per entrare, stancai, sicch'io rimasi tutta
rotta del corpo, e dolorosa e afflitta dell'anima; e così piena d'amaritudine puosimi in un cantone
molto istanca, e pensava piangendo per che cagione questo m'avvenisse. E aprendomi Iddio lo cuore,
cognobbi che per le mie sordide iniquitadi non permettea Iddio che io così immonda e iniqua entrassi
nel suo tempio. Allora incominciai a piangere, e percuotermi il petto colle mani, e gittare bene dal
cuore grandi voci e dolorosi sospiri, e guardando ebbi veduto una figura della immagine della nostra
Donna quivi presso dirimpetto a me, alla quale mi botai e dissi: " Santissima Vergine, che portasti lo
Figliuolo di Dio nel tuo ventre, confessoti che io non sono degna, essendo laida di tante brutture e
piena di tante iniquitadi, di guatare la tua Immagine; ma certa sono, che perciò Iddio prese di te
carne, e venne in questo mondo: per chiamare i peccatori a penitenza. Aiutatemi, dunque, Madre di
Dio, perciocch'io non ho altro soccorso, e datemi grazia ch'io possa entrare nella chiesa. Pregoti,
Madonna, che sie mia pagatrice appo Dio, e che 'l prieghi che mi lasci entrare cogli altri a vedere e
adorare lo venerabile legno della santa Croce, nel quale lo nostro Signore Giesù Cristo Figliuolo tuo
per la salute nostra fu confitto; e io ti prometto, Madonna, dinanzi a Dio, che da ora innanzi non
macolerò la mia carne, ma incontanente ch'io averò veduto lo salutifero legno della Croce, e
adoratolo, se tu me lo permetti, rinunzierò al secolo e a tutte le sue opere e andrò dovunque tu mi
mostrerai per cercare la salute mia". E dicendo queste cose e facendo queste promesse, concependo
una gran fiducia che la Vergine Maria per me sarebbe avvocata, e impetrerebbemi la grazia ch'io
addimandava, levaimi di quel luogo dove io orava, e mescolaimi fra la gente ch'entrava nel tempio, e
non mi senti' più sospignere addietro come solea, e entrai nel tempio. Allora per grande allegrezza
incominciai a lagrimare e quasi tremare, e temere d'una reverenzia, vedendomi così
miracolosamente in quel santo luogo, nel quale la mia iniquitade in prima non m'avea lasciato
entrare. E poiché a grande agio ebbi veduto e adorato lo legno della Croce, e veduto e vicitato gli altri
devoti luoghi del tempio, tornai alla predetta immagine della Vergine Maria, alla quale m'era botata,
e inginocchiandomi incominciaile a parlare per questo modo: "Madonna, tu m'hai fatto misericordia, e
hai asalditi gli miei prieghi, e per te sono stata degna di vedere la Croce santa, e le gloriose cose di
Dio, onde per te glorifico e ringrazio lo misericordioso Iddio Figliuolo tuo Gesù Cristo, ricevitore de'
peccatori. Parmi tempo oggimai, o Madonna, di compiere la mia promessa, d'andare a fare penitenza
dovunque tu mi mostrerai; e però priegoti, Madonna, dirizzami e mostrami la via della salute e il
luogo della mia penitenza". E dicendomi queste cose, udi' una boce, che mi disse: " Se tu passi il
fiume Giordano, quivi troverai buon riposo". La qual boce intendendo io essere detta per me,
incominciai a piangere fortemente, e dissi gridando: "Santissima Madre di Dio non mi abbandonare,
ma abbi guardia di me, e guidami, e difendimi".

E dette queste parole mossimi per andare. E vedendomi così andare, un piatoso divoto uomo si
mi diè per limosina tre danari piccioli, de' quali io comperai tre pani per portarli meco; e domandai
quell'uomo, da cui io comperai il pane, qual fosse la via d'andare al fiume Giordano. E mostrandomi
egli la porta, per la quale s'andava verso il fiume, uscii della città e andava piangendo per gran
contrizione; e quando io mi parti', adorata la Croce del tempio, era in sulla terza, e poi la mattina
seguente, innanziché '1 sole si levasse, fui giunta ad una chiesa di san Giovanni Batista posta in
sulla ripa del fiume Giordano; e quivi mi comunicai, e per divozione mi lavai le mani e i piedi e la
faccia dell'acqua di quel fiume, e mangiai mezzo l'uno di quei pani, e bevvi dell'acqua, e puosimi a
giacere in terra, e riposaimi e dormìi, perch'era molto istanca. E il giorno seguente raccomandandomi
più divotamente alla Vergine Maria, che mi dirizzasse in via di salute, passai di là dal fiume in una
barchetta che v'era, e misimi per lo diserto, e pervenni a questo eremo. E da allora in qua mi sono
stata qui solitaria alla speranza di Dio, lo quale salva e sovviene quelli che in lui sperano». E
domandandola Zozima quanti anni erano, che v'era stata, rispose che secondo il suo parere erano
quarantasette anni. E disse Zozima: - Che cibo è stato il tuo poiché ci venisti? - E Maria rispuose: -
Com'io già ti dissi, due pani e mezzo avea quando io passai il fiume Giordano, li quali disseccando
molto per lo sole e indurando come pietre mi bastarono molti anni, perocché ognindì ne prendea pure
un poco -. E disse Zozima: - Or dimmi, se' tu passata sanza molte tentazioni e fatiche? Non hai tu
avuto gran fatica e gran pena per lo subito mutamento della vita tua? - E quella rispuose e disse: - Tu
m'addomandi di cosa, abate Zozima, che tutta triemo quando me ne ricorda, che veramente s'io mi
volessi recare a memoria li pericoli delle tentazioni e de' pensieri, ch'io ho sostenuti, temo che non
mi si rinnovellassono da capo queste piaghe - E Zozima disse: - Di' sicuramente, non temere, e non
mi nascondere nulla della tua vita - Allora questa disse: - Or mi credi, abate Zozima, che per
diciassette anni continovi nel principio quando in questo diserto entrai, fui sì crudelmente e
duramente impugnata e tentata di cogitazioni carnali, e della memoria delle mie prime sozzure e
dilizie e lascivie ed ebrietadi, che quasi ognindì era in sul cadere, ma io incontanente percotendomi
il petto, orando e piangendo amaramente, mi riducea a memoria lo beneficio della Vergine Maria, e la
'mpromessa, ch'io le avea fatta, e immaginandomi di stare innanzi alla sua immagine di Gerusalèm,
sì la pregava lagrimando che mi liberasse, e cessasse da me queste laide e disoneste immaginazioni,
che 'l diavolo mi recava innanzi; e così piangendo e orando sentia incontanente lo suo conforto, e
vedevami tutta circondare d'un mirabile lume, e la mente mi si rappacificava; e così quasi ogni giorno
rinnovellandosi le battaglie, intantoché tutto il cuore parea che mi si struggesse e la carne si
disordinasse, ricorrea all'arme della orazione, e gittavami in terra con pianto, pregando la mia
avvocata e pagatrice, cioè la Vergine Maria, che mi soccorresse. E spesse volte istava in questo pianto
colla faccia in terra un giorno e una notte continova, e mai non me ne levava infino che io non
sentiva lo splendore e il lume, che di sopra dissi, lo quale cacciava tutta la tentazione. E per questo
modo difesa e confortata dalla Vergine Maria, passai anni diciassette; e da quel tempo in qua per li
meriti della mia avvocata ebbi pace - E disse Zozima: - Or non hai tu avuto bisogno, poi che tu ci
entrasti, di cibo e di vestimento? - E quella rispuose: - Consumati quelli pani, de' quali ti dissi, che mi
durarono un buon tempo mangiandone me un poco per dì, mangiai dell'erba di questo diserto anni
diciassette, e le vestimenta mie, colle quali io passai al diserto, in brieve tempo si guastarono e
infracidarono per la brinata, e per lo caldo, onde rimanendomi nuda fui molto tribulata per tutto il
predetto tempo di verno dal freddo e dalla brinata, e di state dal disordinato caldo; ma da quel tempo
in qua la divina misericordia ha liberato lo mio corpo e la mia anima da ogni pericolo; e quante volte
mi ricordo e ripenso di quanti mali, e di quanti pericoli la divina grazia m'ha campata, crescemi una
grande speranza e una gran letizia e fervore; ma mio cibo e mio vestimento è la parola di Dio. E
veramente pruovo che, come disse Cristo, "Non in solo pane vive l'uomo, ma in ogni parola, che
procede dalla bocca di Dio". E incominciolli ad allegare la Scrittura, volendogli provare che chi è
ispogliato del vestimento delle iniquitadi è ben vestito e difeso da Dio. E vedendo Zozima ch'ella gli
allegava la Scrittura, maravigliossi, e dimandandola dissele: - Or mi dì, sai tu leggere? o hai tu avuti
libri di Profeti e de' Salmi? - E quella rispuose: - Credimi, uomo di Dio, che poiché io entrai in questo
diserto, non vidi né bestia né altro animale né uomo altri che te, e mai libro non ebbi, né lessi, e mai
lettera non impresi da uomo; ma il Figliuolo di Dio. vivo m'ha insegnato, lo quale a tutti può insegnare
sapienza. Ecco, padre, abboti spianato la vita mia iniqua. Onde ti priego come feci insino di prima, per
lo Figliuolo di Dio incarnato e morto per noi, che ti degni di pregare Iddio incessantemente per me
misera peccatrice -.

E fatto ch'ebbe fine al parlare Maria per lo predetto modo, l'abate Zozima s'inginocchiòe in terra
e cominciò a piangere, e disse ad alta boce: «Benedetto Iddio, lo quale solo fa cose grandi e mirabili e
gloriose e innumerabili. Benedetto sia tu, Messere Signor mio Iddio onnipotente, lo quale a me
peccatore se' degnato di rivelare li beni e le grazie, ch'hai fatte a questa tua ancilla e fai
continovamente alli tuoi servi; lo quale non abbandoni quelli che ti vanno cercando».

CONTINUA....

Qoelèt
12-04-02, 22:05
Allora Maria levò
Zozima di terra, e dissegli: - Per Gesù Cristo nostro Salvatore, ti priego e scongiuro, servo di Dio, che
queste cose, le quali ti abbo detto, non riveli a criatura, mentre ch'io sono viva. Partiti ora e va' in
pace, e '1 seguente anno ci vedremo insieme colla grazia di Dio; onde ti priego che allora non passi il
fiume Giordano, secondo l'usanza del munistero tuo; sappi che, se tu pur volessi, non potresti - E
udendo Zozima ch'ella sapeva l'usanza del munistero, maravigliossi, e non poteva dire altro se non:
«Gloria sia a te Signore, lo quale fai mirabili cose agli amici tuoi». E partendosi Zozima, Maria anche
gli disse: «Stieti a mente, che tu non esca del munistero quest'altro anno, ma il Giovedì santo, fatto
l'uficio del Vespro, prendi il Corpo del nostro Signore Gesù Cristo in un vasello mondissimo e vieni
con esso al fiume Giordano, e quivi m'aspetta, acciocché di tua mano lo prenda e comunichi, perocché
da allora in qua, ch'io mi comunicai nell'Oratorio di san Giovanni Batista in sulla ripa del fiume
Giordano, quando venni in prima al diserto, come di sopra ti dissi, non presi questo Santissimo
Sagramento. Ond'io ti priego, padre carissimo, che non dispregi me peccatrice, ma recami, secondo
ch'io t'ho detto, a questo altro anno questo Santissimo Sacramento, del quale il nostro Signor Gesù
Cristo nella cena del Giovedì santo gli suoi discepoli fece partefici. E all'abate Giovanni rettore del
tuo monistero sì di', che si porti cautamente, e sia sollecito della sua congregazione, perocché vi si fa
alcuna cosa che si vorrebbe correggere». E poi gli disse: «Ora per me, padre»; e tornossene verso il
diserto, e lasciò andare l'abate Zozima.

CAPITOLO III
Come l'abate Zozima si partì, e poi tornò a comunicarla, e poi a soppellirla.

E poiché fu partita Maria, l'abate Zozima per divozione baciava la terra, dove eran stati li piedi
di Maria; e poi lodando e benedicendo Cristo tornò al suo monistero, e giunsevi appunto quel giorno
che gli altri, secondo l'usanza, cioè il sabato d'Ulivo; e non disse di questo fatto alcuna cosa ad alcuna
persona. E '1 seguente anno la domenica prima della quaresima uscendo gli frati al diserto secondo
l'usanza, a Zozima entrò una febbricella, e rimase nel munistero. E ricordandosi della predetta parola
di Maria, che gli disse che non si potrebbe partire; e poi in pochi giorni essendo confortato,
sopravvenendo il Giovedì santo, prese lo Santissimo Corpo e Sangue del nostro Signor Gesù Cristo, e
alquanti datteri e fichi secchi e lenticchie infusurate, e andossene al fiume Giordano, ed aspettava
che Maria venisse. E indugiando ella a venire, Zozima guardava verso il diserto con gran desiderio
per vedere se venisse, e diceva: «Forse che i peccati miei non hanno permesso ch'ella ci venga, o
forse ci venne e non trovandomi tornò addietro». E pensando, e dicendo infra se stesso queste cose,
con gran dolore e pianto levò gli occhi al cielo e orò, e disse: «Signor mio Idio, re e fattore d'ogni
creatura, non mi fraudare del mio desiderio, ma concedimi ch'ío vegga ancora questa tua santissima
ancilla, la quale aspetto». E poi incominciò a pensare infra sé, e dire: «Or che farò io s'ella viene, che
non ci è navicella da poter passare? Oimè, come sono fraudato del mio desiderio». E dicendo così,
ecco subitamente Maria fu giunta dall'altro lato del fiume, la quale Zozima vedendo rallegrossi molto,
e lodò Iddio. E pensando egli com'ella potesse passare a lui, vide che Maria faccendo il segno della
croce sopra all'acqua di quel fiume, venne e passò a lui andando sopra essa come sopra alla terra. La
qual cosa egli vedendo, gittossi in terra per adorarla; ma ella gridando lo vietòe e disse: «Guarda! non
fare, conciossíacosaché tu se' sacerdote, e porti lo Santissimo Sagramento». E poiché fu giunta a
Zozima domandolli la sua benedizione. E Zozima tremando e con reverenza la benedisse, e poi disse:
«Certamente so che la verità di Dio mai non mente; per la quale promesse che chi in lui
perfettamente credesse farebbe simiglianti maraviglie a sé. Gloria sia a te Cristo Signor nostro, che
non m'hai fraudato del mio desiderio, e haimi mostrato per la tua misericordia nell'esempro e nella
dottrina di questa tua santissima ancilla quanto io sia ancora dilungi dalla perfezione, la quale in
prima come superbo mi credeva avere». E dette queste parole disse il Credo in Deo e 'l Paternostro a
petizione di Maria, e dielle pace, e poi la comunicò. E poiché fu comunicata, Maria levò le mani al
cielo, e disse: Nunc dimittis, Domine, ancillam tuam, secundum verbum tuum in pace, quia viderunt oculi mei
salutare tuum. E poi disse a Zozima: «Va' ora in pace. Ma priegoti che quest'altr'anno venghi a me in
quel luogo, nel quale prima io ti parlai, acciocché tu veggia come io sono piaciuta a Dio». E
promettendo Zozima volentieri d'andarvi, pregolla che si degnasse di mangiare un poco con lui per
carità di quelle cose, ch'avea recate seco. Allora Maria volendoli condiscendere prese tre granella di
lenticchie; e ringraziando Iddio le mangiò, e disse: «Bastiti la grazia dello Ispirito Santo, per la quale
possiamo osservare li comandamenti di Dio innocentemente»; e poi soggiunse: «Per Dio ti priego, o
padre, ora per me, e ricordati di me». Allora Zozima volendosi partire le si gittò a' piedi, e disse:
«Priegoti che faccia orazione a Dio per la santa Chiesa e per lo 'mperio de' cristiani e per me
peccatore», e dopo queste parole accomiatandosi l'uno dall'altro, la santissima Maria segnò l'acqua del
fiume come innanzi, e passò il fiume, andando sopra l'acqua come sopra la terra, come fece di prima.

E tornando Zozima al munistero riprendeva se medesimo che non l'avea domandata del nome
suo, e passato quell'anno Zozima fu sollecito di tornare all'eremo secondo l'usanza, e andò tante
giornate quante in prima quando la trovò la prima volta, e aspettava con gran desiderio ch'ella gli
apparisse, ma non vedendola venire incominciò a piangere, e oròe e disse: «Signore mio Gesù Cristo,
rivelami questo tuo tesoro, lo quale hai nascoso in questo ermo, che sai ch'io non te 'l posso furare;
dimostrami questo tuo agnolo, del quale il secolo non è degno». E orando, e andando tuttavia
pervenne ad un luogo, nel quale era già stato torrente, e mirando vide da una parte verso l'oriente
quasi uno splendore di sole come quando si leva la mattina, e correndo per sapere quello che fosse,
trovò lo corpo di Maria, ch'era già passata di questa vita, così appunto e assettato e acconcio le mani
e' piedi, come si sogliono acconciare i morti. E vedendo questo Zozima puosesi a' piedi, e fece sì
grande pianto, che gliel bagnò di lagrime, e null'altra parte del corpo suo presumea di toccare. E
faccendole l'uficio, e cantando certi salmi come potea, incominciò a pensare e dire infra se stesso: «Io
mi pensava di soppellire questo santissimo corpo, ma temo che non dispiacesse a questa santissima
femmina». E pensando così, vide a capo di questo corpo una scritta, che dicea: «Abate Zozima
seppellisci in questo luogo lo corpicello di me misera Maria, e ora per me a Dio; per lo cui
comandamento del mese d'aprile passai di questa vita». Per la quale iscrittura Zozima conoscendo lo
suo nome, lo quale infino allora non avea saputo, fu molto allegro, e computando bene lo tempo della
sua morte, cognobbe che incontanente ch’egli l'anno precedente l'ebbe comunicata al fiume Giordano,
corse questa santissima al predetto luogo, dove giaceva morta e passòe di questa vita incontanente
che fu giunta, e che a quel deserto e a quel luogo al quale egli era ito in venti giornate Maria era ita
in una ora e incontanente era morta.

E volendo Zozima soppellire questo santissimo corpo, secondoché la iscrittura contenea,
dolevasi che non avea con che fare la fossa, e non sapea che si fare. E stando così, ebbe veduto in
terra un pezzo di legno, e prendendolo per cavare la terra non poteva perciocch'era troppo salda e
dura; e affaticandosi e pure isforzandosi per poter cavare, poiché fu assai sudato e stanco, levossi
sospirando vedendo che non potea bene fare questa fossa; e com'egli si rizzò, sì vide un leone molto
grande a' piedi di Maria, che gli leccava e facevagli reverenza secondo il modo suo, lo quale vedendo
temette molto, massimamente ricordandosi che Maria gli avea detto che mai fiera nulla in quel
diserto avea veduta; ma pure affidandosi fecesi il segno della croce, credendo che per li meriti di quel
santissimo corpo Iddio non permetterebbe che gli facesse male. E lo leone mirando verso Zozima
facevali vista che si fidasse, e mostravagli segni di mansuetudine. Allora Zozima gli parlò, e disse:
«Questa santa femmina mi comandò ch'io soppellissi lo suo corpo, e io sono vecchio e non posso fare
la fossa, spezialmente perché la terra è dura, e io non ho ferramento da cavare, onde tu fa' questa
fossa colle branche, sicché la possiamo soppellire». E incontanente lo leone incominciò a fare la fossa,
e poiché fu fatta bene sufficientemente, Zozima prese quel santissimo corpo, lo quale era nudo,
eccetto ch’era coperto un poco dal bellico in giù con quella parte del pallio, ch'ei le avea dato quando
la trovò in prima, e soppellillo con gran reverenza. E poiché fu soppellita, lo leone si partì
mansuetamente come fosse uno agnello e Zozima tornò al suo monistero lodando e ringraziando
Iddio, e disse a tutti li frati per ordine ciò che incontrato gli era.

Qoelèt
12-04-02, 22:09
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Santa Neomartire Caterina

Per quanto la forma di martirio più diffusa nel XX secolo, in
Europa – ad esclusione di quanto avvenne nei paesi dell’Est sino
alla caduta del regime comunista - , non sia quella del sacrificio
cruento offerto con il proprio sangue che ebbero a patire i santi del
cristianesimo delle origini, tuttavia, la Chiesa Ortodossa greca del
Vecchio Calendario e le altre Chiese Ortodosse tradizionali
annoverano, tra i loro fedeli, molti testimoni che, per la difesa della
vera fede, furono disposti a consegnare la propria vita ai carnefici,
come vittime sacrificali. La santa neomartire Caterina, donna di
umili origini, entra a far parte di questa eletta schiera nel 1927,
all’età di ventisette anni. Caterina nasce nel 1900 in un villaggio
dell’Attica da una famiglia povera. A ventidue anni si sposa con un
giovane del suo stesso paese e, pochi anni dopo, nascono due figli.

Nel frattempo, la famiglia sceglie di rimanere fedele alla Tradizione
dei Padri, aderendo al movimento vecchio-calendarista. La Chiesa
di Grecia aveva introdotto in modo non canonico il calendario
gregoriano nel Marzo del 1924 ed a questa decisione si era opposta
in modo massiccio gran parte dei fedeli. Ma i testimoni della verità non hanno, tuttavia, vita facile: il
governo greco, istigato dalla Chiesa di Stato (Nuovo Calendario), si impegna, con ogni mezzo, per
impedire il moltiplicarsi delle adesioni al gruppo dei Veri Cristiani Ortodossi. Ma torniamo alla
narrazione degli avvenimenti che precedettero il glorioso martirio di Caterina. La sera della Vigilia
della festa dei santi Arcangeli, nel piccolo villaggio dell’Attica, alcune donne, tra le quali la santa
neomartire, avevano appena terminata la pulizia della chiesa e attendevano l’arrivo del celebrante.
Non era facile, infatti, poter disporre, ad ogni occasione, di un sacerdote, in quanto le comunità di
fedeli vecchio calendaristi erano molte ma i sacerdoti non erano in numero sufficiente da soddisfare
tutte le richieste. Giunto il celebrante, iniziarono i Vespri; la chiesa era affollatissima ed era grande
la commozione dei fedeli. Nel frattempo, all’esterno, la chiesa era stata circondata dai soldati inviati,
ufficialmente, dalle autorità di governo, ma che, di fatto, obbedivano agli ordini dell’Arcivescovo di
Atene. Mentre all’interno si svolgeva nel raccoglimento più assoluto la Divina Liturgia, i soldati
cercavano di abbattere le porte e di penetrare in chiesa per interrompere la sacra funzione.
Terminata la Liturgia, temendo che le guardie potessero aggredire il prete, un gruppo di donne si
schierò attorno al celebrante per scortarlo sino a casa. Caterina, dopo essersi assicurata che i figli e
il marito fossero in salvo, si unì alla pia schiera delle fedeli. L’esercito, costatando che non era
possibile rompere tale baluardo di difesa umana, imbracciò le armi e partirono i primi colpi di fucile.
Uno di questi colpì la tempia di una giovane, ferendola gravemente anche se non a morte, ma tale
gesto ebbe come unico risultato quello di consolidare ancor più lo schieramento delle donne e di
rendere ancora più alte le grida di disprezzo nei confronti dei soldati. Un gendarme, tuttavia,
mirando al sacerdote, fece improvvisamente fuoco ma Caterina frappose il proprio corpo, come uno
scudo, a quello del celebrante, salvandone così la vita e perdendo la sua. Cadde a terra in un lago di
sangue, mormorando il nome della Tuttasanta Deipara. Restò in agonia per sette giorni e nel primo
giorno della Quaresima di Natale, il 15 novembre del 1927, rimise l’anima a Dio per raggiungere il
coro dei santi martiri. Al suo funerale, parteciparono moltitudini di fedeli che sfilarono in processione
come se fossero in presenza della celebrazione di una grande festa.