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Visualizza Versione Completa : Fatta l'Europa, facciamo gli Europei.



Sir Demos
16-04-02, 17:05
L'egemonia degli Stati Uniti prima e le tensioni antiglobal dopo, le spinte identitario-localistiche e la confusione delle teorie glocal : tra l'euro e l'Europa resta un oceano di ostacoli, rinvii, resistenze. Eppure, come sottolinea Maurice Aymard (sociologo francese, direttore della Maison de Sciences de l'Homme di Parigi) "Il Mediterraneo sarà il centro della politica di mediazione tra Occidente ed Islam nel nuovo secolo". Il Mediterraneo, ovvero l'Europa meridionale, potrebbe essere uno dei motori principali per la realizzazione di un nuovo ordine mondiale.

Del passaggio dall'Europa monetaria all'Europa politica si parlerà nella giornata di studi organizzata dalla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano e dalla Federazione delle Relazioni Pubbliche Italiana. Nel corso dell'incontro, intitolato Dall'Euro all'Europa Politica , studiosi, storici, economisti e opinionisti si confronteranno sul tema: "Quale passaggio dalla moneta unica all'Unione politica?" Le varianti che intervengono in questo percorso sono molteplici e spesso discordanti: il rapporto fra l'Unione Europea e i particolarismi delle singole nazioni, l'educazione culturale e i temi legati al lavoro. Lo storico Aymard sarà uno dei relatori della giornata di studi (divisa in due sezioni, una, in mattinata, alla Casa della Cultura e una, nel pomeriggio, alla sala Lauree della facoltà di Scienze Politiche), che diventa così l'occasione per analizzare le resistenze maggiori sul cammino che porta all'unificazione politica europea.

L'adozione dell'euro, resa obbligatoria dalle tensioni valutarie franco-tedesche, è stata solo il primo passo. Ma le recenti posizioni antiunitarie dei diversi partiti minori (non per questo poco influenti) hanno fatto sì che molti processi ritardassero. Al convegno, gli storici faranno il punto sui condizionamenti del passato e gli economisti illustreranno gli ostacoli più recenti. In primo piano, la scuola, il processo di comunicazione, l'incentivazione al turismo e allo scambio culturale. Obiettivo è l'Europa allargata, non più da considerarsi un'opzione, ma una necessità. Un obiettivo non solo da perseguire politicamente, ma anche da comunicare attraverso i canali massmediatici.




Chissà che non venga a trovarti, Alberich...

Alberich
16-04-02, 17:41
Mi sai dire quand'è?
Nell'eventualità -remota- che non venisse lui a cercare me vado io da lui, se riesco.
saluti

Spirit
16-04-02, 19:01
Fare gli europei? NO!!!.... Non si può continuare con le spinte uniformatrici destinate ad omologare i popoli e a renderli consumatori standard, soggetti interscambiabili e sradicati, poco attenti alla propria storia e completamente aperti a un futuro fatto di banche, cibi insapori, poteri inarrivabili, benessere sfrenato, relativizzazione dei valori, strenui sostenitori di una società che a forza di aprirsi diventerà rarefatta e atomizzata,che a forza di costruire "ponti" culturali dimenticherà ogni tradizione e ogni legame originario, che etichetterà come provinciale tutto ciò che è locale, che negherà l'importanza della famiglia e della comunità .Tanto prima i figli andranno a studiare via da casa tanto meglio sarà per chi li vuole manipolare ai fini della produzione e del pensiero globale, sottraendoli a un'educazione autentica e profonda. Tanto più l'individuo sarà europeo, tanto più la creazione di VALORI morali ed economici prenderà le distanze da quei tradizionali nuclei che non sono che impedimenti al mondo della produzione, dell'informazione e dei consumi.
E' inutile idealizzare quello che è un processo nato per servire al meglio la modernità e le sue dinamiche disumanizzanti.

ARI6
17-04-02, 01:34
Se 'sto thread lo vede Erasmus si fa una pippa... :D

Sir Demos
17-04-02, 14:28
"Seguendo il dibattito che si sta sviluppando intorno alla “Convenzione sul futuro dell’Europa” c’è da restare per lo meno perplessi. In un recente discorso al Parlamento europeo, Romano Prodi ha invocato una costituzione “per dar vita ad una entità politica europea” capace di far fronte efficacemente alle sfide del XXI secolo. Ciò non implica, secondo Prodi, la creazione di un superstato, di un’alleanza fra stati, e neppure di una federazione, ma piuttosto di “una democrazia sovranazionale avanzata che deve essere irrobustita”.

Continuando nelle sue argomentazioni, il Presidente della Commissione ha sottolineato che quella europea dovrà essere una costituzione diversa da tutte le altre perché deve rispettare il “metodo comunitario” e i diritti di tutti gli stati membri, piccoli o grandi che siano. Inoltre, la nuova Europa non dovrà ridursi ad una semplice cooperazione intergovernativa ma, nello steso tempo, il ruolo del Consiglio non dovrà essere in alcun modo limitato. Insomma, un bel maquillage per far brillare di nuova luce la superficie senza tuttavia intaccare la sostanza.

Dal canto suo il Vice Presidente della Convenzione Giuliano Amato ha rilasciato qualche giorno fa una lunga intervista nella quale indica, con una suggestiva immagine, il problema da risolvere: “La Convenzione deve porre l’asta al punto al quale gli stati europei devono compiere il salto. Volete avere il ruolo di attori globali nel mondo? Volete dare maggiori garanzie di sicurezza e stabilità ai vostri cittadini? Bene, questo è il minimo che dovete fare: prendere atto che ciascuno di voi nel mondo non conta nulla. Che la somma delle vostre sovranità nazionali è la somma delle vostre impotenze. Portiamo in giro per il mondo solo i nostri sorrisi e i nostri aerei di stato”.

Che fare, allora, per superare questa impotenza? La risposta più logica sarebbe quella di creare, in Europa, una vera unione politica, come esiste da oltre due secoli in America. D’altronde, durante l’ultimo viaggio negli Stati Uniti per partecipare ad un incontro promosso dal Council on Foreign Relations, un interlocutore americano gli ha fatto notare: “Noi parliamo con una sola voce, possiamo essere democratici o repubblicani, ma abbiamo un solo presidente, andando avanti così voi resterete in alto mare”.

Giuliano Amato non è rimasto insensibile di fronte a questa osservazione ma non ha trovato di meglio che proporre l’elezione, in seno al Consiglio europeo, di un presidente che rappresenti l’Unione europea non per sei mesi come accade ora, ma per due anni o più. La stessa rappresentanza unitaria dovrebbe essere estesa alle altre istituzioni internazionali (l’Onu, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale ecc.). Non si è chiesto, l’onorevole Amato, se è pensabile che la Francia, la Germania o anche la piccola Danimarca, deleghino la tutela dei loro interessi vitali al rappresentante di un altro paese? Dal momento che, come confessa nella sua intervista, sta leggendo gli scritti di Madison sulla Convenzione di Filadelfia, potrebbe fare un ulteriore sforzo e rileggersi anche quelli di Hamilton dove si spiega chiaramente che senza il meccanismo federale il problema americano (e, aggiungiamo noi, quello europeo) non sarebbe stato risolto.

Il fatto è che nella confusione concettuale che caratterizza il dibattito, federazione e confederazione, federazione di stati e di popoli, stato federale e superstato, vengono considerate etichette prive di significato perché la sostanza è un’altra: nessuno vuole rinunciare al simulacro di sovranità di cui ammantano ancora gli stati e si va perciò in cerca di soluzioni fantasiose. Ma le alternative non sono molte: o si decide di costruire lo stato federale europeo oppure, come spiegava l’interlocutore americano, l’Europa resterà davvero “in alto mare”. "

Un'integrazione politica, parallela a quella economica, è indispensabile più che necessaria... Ma questo non significa, che si debba andare anche verso un'integrazione culturale, che è aspetto ben diverso rispetto ai primi due, caro Zena...

Sir Demos
17-04-02, 14:30
Se 'sto thread lo vede Erasmus si fa una pippa...

:lol

Sir Demos
17-04-02, 14:32
Alberich, si dovrebbe tenere Venerdi 19 Aprile...

Ciao.

ARI6
17-04-02, 14:59
Originally posted by Sir Demos

Un'integrazione politica, parallela a quella economica, è indispensabile più che necessaria... Ma questo non significa, che si debba andare anche verso un'integrazione culturale, che è aspetto ben diverso rispetto ai primi due, caro Zena...

L'integrazione politica è dannosa perchè allontana sempre più le decisioni politiche dalla gente. Invece di dare potere alle autonomie locali si accorpano realtà diverse per formare un Superleviatano.
Non credo a questa idea di Europa e lo dico da tempo.

Alberich
17-04-02, 15:08
La creazione di organismi di governance sovrastatali, o meglio, organismi che superino le vecchie e anacronistiche divisioni degli stati-nazione -senza cancellarle- è una delle sfide fondamentali di questo periodo storico. Non è possibile continuare a pensare con criteri di stato-nazione o di stato etnico. Le nazioni stanno perdendo ogni potere e sono obbiettivamente insufficienti a reggere il peso di un equilibrio globale. Gli stati etnici, inoltre, non hanno modo di esistere, vista l’estrema mobilità di uomini e idee in questo periodo, mobilità destinata ad accrescersi e a dissolvere le supposte etnie, piaccia o non piaccia. Questo non significa affatto creare d’autorità una cultura standardizzata, piuttosto indica la presa di coscienza di una esigenza, quella di gestire la globalizzazione.
L’affidarsi ad unità statali sempre più piccole come reazione legittima alla globalizzazione è giusto, ma non deve essere una crociata culturale, bensì un giusto contrappeso che garantisca la libertà e la partecipazione alla vita associata, in tutti i sensi che ad essa si possono dare. Il processo di autonomismo non va inteso come frammentazione scissionistica di un tessuto statale, ma come un processo di bilanciamento.
L’Europa in questo senso offre un esempio unico, perchè il primo, di cessione di competenze da parte di organismi statali a favore di un organismo superiore. Spetta a noi capire quale saranno le necessità per il futuro e creare delle istituzioni che abbiano validità tra dieci, venti, cento anni.
La vera sfida odierna è quella di dare una sostanza a ciò che fino ad ora è stato fatto. Creare, cioè, uno stato federale, seppure di tipo nuovo, in Europa e, a livello mondiale, forme di progressiva integrazione politica, tali da garantire uno sviluppo equilibrato.
Appena ho tempo sarò più chiaro.
salut

ARI6
17-04-02, 15:15
Originally posted by Alberich
La creazione di organismi di governance sovrastatali, o meglio, organismi che superino le vecchie e anacronistiche divisioni degli stati-nazione -senza cancellarle- è una delle sfide fondamentali di questo periodo storico. Non è possibile continuare a pensare con criteri di stato-nazione o di stato etnico. Le nazioni stanno perdendo ogni potere e sono obbiettivamente insufficienti a reggere il peso di un equilibrio globale. Gli stati etnici, inoltre, non hanno modo di esistere, vista l’estrema mobilità di uomini e idee in questo periodo, mobilità destinata ad accrescersi e a dissolvere le supposte etnie, piaccia o non piaccia. Questo non significa affatto creare d’autorità una cultura standardizzata, piuttosto indica la presa di coscienza di una esigenza, quella di gestire la globalizzazione.
L’affidarsi ad unità statali sempre più piccole come reazione legittima alla globalizzazione è giusto, ma non deve essere una crociata culturale, bensì un giusto contrappeso che garantisca la libertà e la partecipazione alla vita associata, in tutti i sensi che ad essa si possono dare. Il processo di autonomismo non va inteso come frammentazione scissionistica di un tessuto statale, ma come un processo di bilanciamento.
L’Europa in questo senso offre un esempio unico, perchè il primo, di cessione di competenze da parte di organismi statali a favore di un organismo superiore. Spetta a noi capire quale saranno le necessità per il futuro e creare delle istituzioni che abbiano validità tra dieci, venti, cento anni.
La vera sfida odierna è quella di dare una sostanza a ciò che fino ad ora è stato fatto. Creare, cioè, uno stato federale, seppure di tipo nuovo, in Europa e, a livello mondiale, forme di progressiva integrazione politica, tali da garantire uno sviluppo equilibrato.
Appena ho tempo sarò più chiaro.
salut

L'hai detto: gestire la globalizzazione. Proprio l'errore più grosso, lo stato che regola il mercato...

Alberich
17-04-02, 15:23
Originally posted by ARI6


L'hai detto: gestire la globalizzazione. Proprio l'errore più grosso, lo stato che regola il mercato...

No, non deve gestire il mercato. Deve gestire la globalizzazione, per garantire che il mercato sia libero. Tu, ad esempio, sei contrario all'antitrust? Tu sei favorevole a lasciare il medio oriente a se stesso? Sei favorevole al fatto che in Giappone scarichino in mare i residui industriali tossici?
Io no.
Per fare fronte a tutti questi e ad altri problemi, diversissimi tra loro, sono necessarie forme di governance sovrastatale.

ARI6
17-04-02, 15:30
Originally posted by Alberich


No, non deve gestire il mercato. Deve gestire la globalizzazione, per garantire che il mercato sia libero. Tu, ad esempio, sei contrario all'antitrust? Tu sei favorevole a lasciare il medio oriente a se stesso? Sei favorevole al fatto che in Giappone scarichino in mare i residui industriali tossici?
Io no.


Io sì. O meglio, l'ultimo caso è da valutare. Se i residui tossici danneggiano qualcuno sono da punire, ma può farlo benissimo il Giappone.

Spirit
17-04-02, 21:00
Originally posted by Sir Demos
"Seguendo il dibattito che si sta sviluppando intorno alla “Convenzione sul futuro dell’Europa” c’è da restare per lo meno perplessi. In un recente discorso al Parlamento europeo, Romano Prodi ha invocato una costituzione “per dar vita ad una entità politica europea” capace di far fronte efficacemente alle sfide del XXI secolo. Ciò non implica, secondo Prodi, la creazione di un superstato, di un’alleanza fra stati, e neppure di una federazione, ma piuttosto di “una democrazia sovranazionale avanzata che deve essere irrobustita”.

Continuando nelle sue argomentazioni, il Presidente della Commissione ha sottolineato che quella europea dovrà essere una costituzione diversa da tutte le altre perché deve rispettare il “metodo comunitario” e i diritti di tutti gli stati membri, piccoli o grandi che siano. Inoltre, la nuova Europa non dovrà ridursi ad una semplice cooperazione intergovernativa ma, nello steso tempo, il ruolo del Consiglio non dovrà essere in alcun modo limitato. Insomma, un bel maquillage per far brillare di nuova luce la superficie senza tuttavia intaccare la sostanza.

Dal canto suo il Vice Presidente della Convenzione Giuliano Amato ha rilasciato qualche giorno fa una lunga intervista nella quale indica, con una suggestiva immagine, il problema da risolvere: “La Convenzione deve porre l’asta al punto al quale gli stati europei devono compiere il salto. Volete avere il ruolo di attori globali nel mondo? Volete dare maggiori garanzie di sicurezza e stabilità ai vostri cittadini? Bene, questo è il minimo che dovete fare: prendere atto che ciascuno di voi nel mondo non conta nulla. Che la somma delle vostre sovranità nazionali è la somma delle vostre impotenze. Portiamo in giro per il mondo solo i nostri sorrisi e i nostri aerei di stato”.

Che fare, allora, per superare questa impotenza? La risposta più logica sarebbe quella di creare, in Europa, una vera unione politica, come esiste da oltre due secoli in America. D’altronde, durante l’ultimo viaggio negli Stati Uniti per partecipare ad un incontro promosso dal Council on Foreign Relations, un interlocutore americano gli ha fatto notare: “Noi parliamo con una sola voce, possiamo essere democratici o repubblicani, ma abbiamo un solo presidente, andando avanti così voi resterete in alto mare”.

Giuliano Amato non è rimasto insensibile di fronte a questa osservazione ma non ha trovato di meglio che proporre l’elezione, in seno al Consiglio europeo, di un presidente che rappresenti l’Unione europea non per sei mesi come accade ora, ma per due anni o più. La stessa rappresentanza unitaria dovrebbe essere estesa alle altre istituzioni internazionali (l’Onu, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale ecc.). Non si è chiesto, l’onorevole Amato, se è pensabile che la Francia, la Germania o anche la piccola Danimarca, deleghino la tutela dei loro interessi vitali al rappresentante di un altro paese? Dal momento che, come confessa nella sua intervista, sta leggendo gli scritti di Madison sulla Convenzione di Filadelfia, potrebbe fare un ulteriore sforzo e rileggersi anche quelli di Hamilton dove si spiega chiaramente che senza il meccanismo federale il problema americano (e, aggiungiamo noi, quello europeo) non sarebbe stato risolto.

Il fatto è che nella confusione concettuale che caratterizza il dibattito, federazione e confederazione, federazione di stati e di popoli, stato federale e superstato, vengono considerate etichette prive di significato perché la sostanza è un’altra: nessuno vuole rinunciare al simulacro di sovranità di cui ammantano ancora gli stati e si va perciò in cerca di soluzioni fantasiose. Ma le alternative non sono molte: o si decide di costruire lo stato federale europeo oppure, come spiegava l’interlocutore americano, l’Europa resterà davvero “in alto mare”. "

Un'integrazione politica, parallela a quella economica, è indispensabile più che necessaria... Ma questo non significa, che si debba andare anche verso un'integrazione culturale, che è aspetto ben diverso rispetto ai primi due, caro Zena...


Il thread si intitola "fatta l'Europa, facciamo gli Europei". Questo cosa significa? Creare una nuova identità collettiva e CULTURALE. Inoltre....."Al convegno, gli storici faranno il punto sui condizionamenti del passato e gli economisti illustreranno gli ostacoli più recenti. In primo piano, la scuola, il processo di comunicazione, l'incentivazione al turismo e allo scambio culturale. Obiettivo è l'Europa allargata, non più da considerarsi un'opzione, ma una necessità. Un obiettivo non solo da perseguire politicamente, ma anche da comunicare attraverso i canali massmediatici".
Quando si parla di scuola e scambi culturali c'è di che preoccuparsi.

Rispondendo ad Alberich dico che le buone intenzioni sono lodevoli, ma la sussidiarietà alla quale tu fai riferimento deve essere bilanciata a favore delle comunità locali e che la globalizzazione deve essere gestita nel segno di una de-globalizzazione che restituisca la politica ai cittadini......Una sfida che si può vincere solo impostando un'alternativa fortemente autonomista e ascendente, di confederazione strategica ma non di omologazione.........

Alberich
17-04-02, 21:24
Le Confederazioni strategiche falliscono sul lungo periodo e sulle sfide vere di sviluppo, possono funzionare solo per fini limitati nel tempo e chiari nelle finalità.
L'omologazione culturale voglio ancora capire cosa significa e in che forme si esplica: secondo me si tratta di un normale progresso del progresso; le teorie contrarie a questa supposta omologazione culturale ricordano le dispute antigreciste nell'antica Roma. Gli scambi culturali sono stati ciò che hanno fatto progredire l'uomo.

Il bilanciamento di poteri tra lo stato e le autorità locali lo ho messo in luce da subito. Tuttavia le comunità locali non possono essere stati confederati, non si può aumentare il numero di comunità politiche indipendenti a questa maniera.

Sir Demos
19-04-02, 21:00
Proprio l'errore più grosso, lo stato che regola il mercato...

Quan mi cadi nell'errore più banale; il mecato deve essere regolato, disciplinato e coordinato, altrimenti tutto rischia di saltare...

Anzi, dove mancano controlli efficenti, succede che la Enron possa dichiarare migliaia di miliardi di utili, quando invece realmente stava andando incontro al baratro del fallimento, portando con se centinaia di famiglie statunitensi...

Rinnovo l'invito a ragionare con il cervello, piuttosto che continuare a ripetere a memoria le "filastrocche" che reggono i pensieri politici-economici più estremi.

Ciao.

Sir Demos
19-04-02, 21:03
Il mercato deve essere poi regolamentato, proprio per permettere l'applicazione del principio costituzionale, che enuncia la Libertà d'Iniziativa economica...

Devono essere rimossi gli ostacoli che si frappongono alla formazione di un mercato concorrenziale...

Ecc. Ecc. Ecc.

Ciao.

Sir Demos
09-06-02, 04:06
Gli scambi culturali sono stati ciò che hanno fatto progredire l'uomo.

Parole sante... :cool:

Alberich
09-06-02, 10:47
z:c

Sir Demos
10-06-02, 00:20
Quando si parla di scuola e scambi culturali c'è di che preoccuparsi.

Perchè?

Sir Demos
10-06-02, 00:23
L'hai detto: gestire la globalizzazione.

Sei ad essere buono un po' ingenuo... Non si può lasciare il mercato libero di agire... Questo lo sanno anche i muri... :fru

Pippo III
10-06-02, 00:54
Originally posted by Sir Demos


Sei ad essere buono un po' ingenuo... Non si può lasciare il mercato libero di agire... Questo lo sanno anche i muri... :fru

Si i muri keynesiani :fru

Cmq titolo pessimo, continuazione peggiore............vabbeh, visto che ho :ronf faccio finta di essermelo sognato...

Sa£udi serenissimi da Pippo III.

ARI6
10-06-02, 13:36
Originally posted by Sir Demos


Sei ad essere buono un po' ingenuo... Non si può lasciare il mercato libero di agire... Questo lo sanno anche i muri... :fru

I muri statalisti... :(

Spirit
10-06-02, 14:06
Originally posted by Sir Demos


Perchè?

Perchè attraverso la scuola e la cultura si crea l'identità della persona e delle comunità, ossia si determina il destino dei popoli, che non può essere altro, ritengo, dal legame che intercorre fra le genti e il rispettivo territorio.
Sul libero mercato, è chiaro che lo stato deve far rispettare le regole della libera concorrenza, far si che i lavoratori e il consumatore siano tutelati, impedire che settori strategici vengano privatizzati e far si che il grande capitale finanziario non tiranneggi i popoli dietro le scene di un'apparente libertà e di un falso umanismo.

PINOCCHIO (POL)
10-06-02, 18:32
Faccio notare una cosina: lo scambio culturale tra culture può esserci quando ci sono più culture diverse tra di loro.
con l'integrazione delle culture questa differenziazione (che non è altro che la nostra cara "concorrenza" questa volta vista in chiave culturale) si annulla e non ci può più essere scambio ne arrichimento.
Una unica e piatta cultura, è questo quello che volete?

saluti padani

Spirit
10-06-02, 21:15
Originally posted by PINOCCHIO
Faccio notare una cosina: lo scambio culturale tra culture può esserci quando ci sono più culture diverse tra di loro.
con l'integrazione delle culture questa differenziazione (che non è altro che la nostra cara "concorrenza" questa volta vista in chiave culturale) si annulla e non ci può più essere scambio ne arrichimento.
Una unica e piatta cultura, è questo quello che volete?

saluti padani

Concorrenza fra le culture? Voi veneziani mercifichereste anche le favole della buonanotte....E poi dicevano che erano i genovesi ad inseguir soldi su soldi...........

:D

ARI6
10-06-02, 21:20
:lol :lol :lol

PINOCCHIO (POL)
11-06-02, 12:47
Originally posted by ZENA


Concorrenza fra le culture? Voi veneziani mercifichereste anche le favole della buonanotte....E poi dicevano che erano i genovesi ad inseguir soldi su soldi...........

:D

ma che hai capito :D
intendevo dire che la crescità del genere umano c'e' stata perchè c'è stata lìespressione di una pluralità di culture...

saluti padani

Sir Demos
12-06-02, 03:03
Una unica e piatta cultura, è questo quello che volete?

No, vogliamo-voglio un incontro tra le varie culture che sia forirero di un arricchimento generale, sempre preservando le proprie identità specifiche...

Sir Demos
12-06-02, 03:10
I muri statalisti...

Ma cosa blateri??? Sai cosa sono la Consob o la società privata Borsa S.p.A.? Sono due tra le istituzioni più alte che sono preposte al controllo del mercato finanziario e ne debbono garantire la trasparenza, l'efficenza e la correttezza, pena il venir meno della fiducia dei risparmiatori e in ultima analisi del mercato stesso.

Ci può e ci deve essere regolamentazione dei mercati anche senza l'intervento dello Stato...

Sai qualcosa della differenza tra Monopolio e Concorrenza Perfetta e di come tendono a classificarsi i mercati se vengono lasciati liberi di agire? Sai cosa significa Antitrust?


Potrei continuare a lungo....


Impara a non sopperire alle lacune con i dogmi che il tuo credo politico ti impone... ( è solamente un consiglio... ;) )

Ciao.

ARI6
12-06-02, 11:09
L'antitrust è un'autorità illiberale, non si può difendere se si ha a cuore il capitalismo.
La salvaguardia della concorrenza a tutti i costi è la nuova religione degli statalisti un tempo devoti a Marx.
E poi ti prego, non cercare di convincermi con l'utilitarismo: chi crede che esistano diritti naturali non può rincorrere un presunto bene comune.

Alberich
12-06-02, 11:28
sai cos'è il dead weigth loss?