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Visualizza Versione Completa : 28 de Abrili, Die Natzionale de su Pòpulu Sardu



Su Cuncordu
28-04-02, 05:53
28 de Abrili 1794
Die Natzionale de su Pòpulu Sardu.

Sos Sardos gherrant, binkint e iscatzant sos Italo-Piemontesos.

www.sucuncordu.net

tziku
28-04-02, 12:34
www.unionesarda.it

Oggi “Sa Die”

“Eleonora” rappresentata in quattro città e feste in piazza

Dopo la kermesse alla reggia di Barumini, altre due manifestazioni, oggi, inserite nei festeggiamenti per “Sa die de sa Sardigna”. Quattro compagnie sarde presenteranno contemporaneamente nei quattro capoluoghi di Provincia lo stesso testo: si tratta di Eleonora d’Arborea di Giuseppe Dessì. A Cagliari lo spettacolo andrà in scena al Bastione di San Remy e sarà allestito dai Figli d’arte Medas con la collaborazione del coro Su Cuncordu di Cuglieri per la regia di Gianluca Medas; a Sassari lo scenario sarà il Palazzo della Provincia, in piazza Italia, dove La botte e il cilindro e il coro Lachesos di Mores saranno guidati dalla regia di Sante Maurizi; a Nuoro Giovanni Carroni curerà in piazza Satta la versione del Bocheteatro con le musiche di Battista Giordano e Mauro Usai; a Oristano, naturalmente in piazza Eleonora, la compagnia Tragodia di Mogoro sarà in scena per la regia di Mariano Corda. I quattro spettacoli avranno inizio alle ore 11.
Ancora festeggiamenti in otto piazze della Sardegna con otto spettacoli diversi. Gruppi folkloristici, cori, poeti estemporanei, tenores, gruppi musicali in limba, si esibiranno domenica a Cagliari (piazza del Carmine), Sassari (piazza Italia), Oristano (piazza Corrias), Nuoro (piazza Satta), Sanluri (piazza san Pietro), Narcao (piazza Europa), Barisardo (piazza Repubblica) e Tempio (piazza Gallura) e proporranno il meglio della loro arte. L’appuntamento nelle piazze principali degli otto centri è fissato per le 18.

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Barumini.
Una grande giornata regalata da “Passavamo sulla terra leggeri”

Sa Die, emozioni di pietra
Nella Reggia dei Nuraghi la storia d’un popolo

dal nostro inviato
Barumini Intro de te haìa fattu nidu, intro de me haìas fattu nidu. Lia Careddu non è un’attrice. È “la moglie dell’emigrante” di Francesco Masala, e affida a una lettera il dolore dell’attesa. Rannicchiata in un angolo della camera del Nuraghe, è una macchia nera di rimpianto. Gli applausi degli spettatori che la circondano sembrano quasi ferirla. Avvolta nell’abito del lutto china il capo, come in preghiera, e aspetta che il pubblico esca per lasciare il posto a un altro gruppo. Poi riprende i suoi versi. Quelli di Masala, quelli di Juanna Elies, Maria Grazia Dessì, Maria Sale. Poetesse contemporanee. “Le indiane di Sardegna”, le chiama con orgoglio Paolo Pillonca.
Recita una, due, tre, cinque volte, tutte le volte che occorre, tutte le volte che qualcuno si arrampica su quelle pietre per vederla e sentirla. Lei, come Cristina Maccioni, che nella camera accanto si infuria, si arrabbia, si dispera con i versi di Maria Dore e Anna Cristina Serra, altre “indiane”. Anche lei quasi ostile all’applauso, al rumore. Nella terza camera - col grande pozzo centrale - Rino Gianbalvo legge i versi galluresi di Gavino Pes, palchi no torri, dì, tempu.
La mattinata trascorre da una camera all’altra, da un’emozione all’altra. Ogni verso ascoltato è un tesoro rubato a un luogo che di tesori è pieno. Come quella camera più piccola di tutte che accoglie “i canti della culla” di Elena Ledda e Simonetta Soro, Rossella Faa e Maria Grazia Bodio, Gisella Vacca e Luisa Massidda. Non sono in molti quelli che riescono a sentirli, ma che importa. Andare a teatro a Barumini, per la grande celebrazione de “Sa die de sa Sardigna” è un’impresa epica. Una ricerca delle radici che si nutre di luoghi e di pietre. E quando le radici hanno le ali, diventano liane e riescono a portare anche i più pigri su in cima.
I camminamenti sono stretti, scivolosi i gradini, chi va a teatro se lo deve meritare. Passare da una camera all’altra, non più di venti per camera, stando attenti a non sbattere la testa e a non fare troppo rumore. Non si può uccidere un’emozione con uno squillo di cellulare, l’unico chiasso permesso è quello, fragoroso, dei passeri che abitano il nuraghe da sempre. «È un inno alla gioia», commenta Vincenzo Santoni, che in quanto sovrintendente ai beni archeologici è il padrone di casa. Alla grande festa de “Sa die” ha invitato la sua collega romana, direttrice del museo etnografico “Pigorini”, e curatrice di una bella rassegna sull’Africa appena inaugurata al Lazzaretto di Cagliari. Maretta Fugazzola non conosce una parola di sardo, ma capisce tutto. E si entusiasma per la festa come per i pochi, preziosi mensoloni ancora “in sede” che il collega sardo le mostra, nella parte più antica dell’antichissima Reggia.
Passavamo sulla terra leggeri, recita Tino Petilli citando Sergio Atzeni, sulla scala che porta al Nuraghe. Con lui i vecchi del coro di Ovodda. Spetta a loro raccontare la Sardegna ai sardi che la amano, a quelli che non la conoscono, ai turisti che giungono a Barumini (seicento solo in mattinata, informa Giorgio Murru, archeologo e direttore della società Ichnusa). Tutti felicemente e gratuitamente invischiati nella trama.
La mano del regista - Marco Parodi - è la stessa delle ricostruzioni storiche del Castello di Cagliari, ma stavolta “Sa die de Sa Sardigna” non è la rievocazione della storia di un popolo. È la storia, semplicemente. Fatta di carne e di sangue, di parole e di musica, brullas, frastimos mutos, attittidos. Per raccontarla ci vuole almeno un giorno. E dopo un pranzo collettivo a Su Nuraxi, nuova occasione di festa, grazie ai tenores di Bitti, si ritorna laggiù, tra le pietre. Le attrici rimettono l’abito nero, qualcuna ha la sigaretta tra le mani, il processo di immedesimazione ha i suoi tempi. Ora non si recita dentro la reggia, ma davanti, sugli spiazzi erbosi di Sud Est. E sul Nuraghe che fa da quinta naturale, si staglia più emozionante del solito la figuretta nera di Elena Ledda. Canta la sua canzone d’amore, accompagnata dalla chitarra di Mauro Palmas. Clara Farina recita Feminas, di Vincenzo Pisano. Feminas de paneri tostau, feminas bellas de tittas . Piero Marras canta Armidda scritta con Pillonca, e Franco Madau Si enis , se vieni, di Antonio Corriga. Poeti antichi e poeti contemporanei, poeti logudoresi come Paolo Mossa e galluresi, campidanesi e catalani, come Rafael Sari.
Passavamo sulla terra leggeri , intonano per la seconda volta nella giornata i vecchi di Ovodda, e ricordano un uomo che è passato sulla terra leggero. Il sole comincia ad abbassarsi e sui campi si spegne il rosso dei papaveri. Terra, disperata terra di Benvenuto Lobina, è l’ultima preziosa pagina di una antologia che ha avuto per protagonisti la terra, il cielo, e un luogo capace di suscitare “il sacro timore dell’anima del cosmo”.

Maria Paola Masala

tziku
28-04-02, 12:36
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Oggi in piazza Eleonora la grande festa

Tubi innocenti e impalcature high tech. Per raccontare un pezzetto della storia isolana. In particolare oristanese. È questo il mix scelto per la scenografia della rappresentazione teatrale in programma oggi alle ore 11 e ancora alle 21 in piazza Eleonora. In uno scenario d’avanguardia allestito intorno alla statua della giudicessa, andrà in scena “L’Eleonora D’Arborea” di Giuseppe Dessì. A calcare le scene saranno attori e attrici dell’associazione culturale “Teatro Tragodia” di Mogoro, diretti dal regista e scenografo Mariano Corda e dall’aiuto regista Virginia Garau.
Organizzata per festeggiare “Sa Die de sa Sardigna 2002”, su iniziativa dell’assessorato regionale alla Pubblica Istruzione, Beni Culturali e Spettacolo, la manifestazione fa parte di un unico programma che coinvolgerà oltre che Oristano, anche Cagliari, Sassari e Nuoro. Nei quattro capoluoghi di provincia infatti si esibiranno quattro compagnie teatrali differenti, ma accomunate da un unico filo conduttore costituito dal testo di Giuseppe Dessì rivisto e rivisitato per l’occasione da Virginia Garau e Daniela Melis.
Allestito dalla compagnia Teatro Tragodia in collaborazione con l’équipe coordinata da Rino Meloni, lo spettacolo comprende due adattamenti: uno per fissato la mattina (che andrà in onda in diretta su Videolina), e uno per la sera, in cui luci e ombre contribuiranno a creare un’atmosfera suggestiva.
In questa rappresentazione saranno sette le attrici che vestiranno i panni di Eleonora. Una scelta spiegata così dal regista Mariano Corda. «L’abbiamo fatto per rendere palpabile il mistero che ancora aleggia sulla giudicessa, una donna che seicento anni or sono promulgò la Carta de Logu, una raccolta di leggi che ancora oggi rappresenta un prezioso patrimonio, una eredità per tutta l’isola»

tziku
28-04-02, 12:40
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Filippo Peretti

FOSFORO. Alla seduta su «Sa Die de sa Sardigna», cioè la «giornata della memoria», i banchi del Centrodestra in consiglio regionale erano quasi deserti. Un esponente del Centrosinistra ha detto: «Certi politici non hanno memoria». Ma non è vero. I numeri di telefono di Berlusconi non li dimenticano mai.

tziku
28-04-02, 12:41
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«Sa Die de sa Sardigna», una festa ormai declassata

di Giorgio Melis

Riecco dunque sa Die de sa Sardigna.
Nelle forme di festa-spettacolo, folklore e attrazione paraturistica, ripetitivo polpettone storico stile cappa e spada nella rievocazione in costume di un antico fatto di provvisoria liberazione e successivo, pronto auto-riasservimento.

Insomma, circenses mentre manca il pane del lavoro e della speranza: richiamando il passato nell'imbarazzo del desolante presente.

Per carità, niente guastafeste. Visto che c'è, ben venga un'occasione di distrazione e di svago popolare, godiamoci il sole, lo stare insieme: domani è un altro giorno e non ci sarà da ridere.

Da festeggiare c'è niente. Specie da parte di tanti protagonisti regionali: dovrebbero circolare col capo coperto dalle ceneri dell'autonomia che stanno portando alla decomposizione.

Ormai il 28 aprile è festa nazional-regionale e tanto vale provare a prenderla sul serio. Peccato che a non crederci sia proprio il nostro parlamentino. Si è riunito appositamente venerdì ed è riuscito a perpetuare il cronico assenteismo del Polo anche nella ricorrenza che avrebbe dovuto celebrare col plenum.

C'era tra metà e un terzo dei consiglieri: sotto il numero legale e la decenza. Perciò, quando un consigliere da loggione ha proclamato l'impegno di «noi legislatori», un brivido ha quasi tramortito tutti, soffocando le risate.

Non sono mancate le voci severe e responsabili, denunciando la crisi profonda dell'autonomia, refrattarie alla retorica bolsa. Il resto è ridicolo. Come il sussiegoso Serrenti, temerario nell'esaltare «il ceto politico» che «per quanto riguarda le questioni dell'identità è stato più lungimirante del resto della classe dirigente regionale».

Accidenti, ci erano sfuggiti questi avanguardisti della sardità e delle sue magnifiche sorti e progressive.

C'è stato un largo ricorso alla limba. Bene, se non fosse biforcuta in molti che predicano profeticamente e razzolano da bottegai del potere. Per la prima volta è risuonato un intervento in inglese, limba del mondo.

La nostra specificità - nelle parole del riformatore Vargiu - è diventata «peculiarity», in forza della quale «la Sardegna non è soggetta a dominazioni: è un pezzo di mondo che compete col resto del mondo».

Sulla stessa linea Mauro Pili: «Non è più tempo di parlare di invasori: nessuno potrà più attentare alla nostra autonomia perché possiamo confrontarci con chiunque».

E' vero che competiamo: peccato che perdiamo sempre. Vero che nessuno attenta dall'esterno alla nostra autonomia: ce la demoliamo da soli, a partire da quel «ceto politico» magnificato dall'improbabile Serrenti.

Che non ci siano invasori è in parte vero. Infatti li chiamiamo noi e li mettiamo a comandarci. Una bella fetta della politica sarda è teleguidata da Roma come non mai, anche attraverso proconsoli stanziali: riveriti e ubbiditi senza vergogna: ora se n'è acorto e protesta anche Cossiga.

Non c'è colonizzazione ma soprattutto antica e nuova autocolonizzazione.

Non possiamo perciò invocare un'altra «cacciata dei piemontesi»: dovremmo piuttosto organizzare una cacciata di sardi di buon comando, quelli segnati da cupidigia di servilismo con gli altri che pensano solo ai fattacci loro.

Lo crede e lo dice perfino il ministro Pisanu, ammonendo sul rischio «di mettere in mani estranee grandi decisioni che investono la società sarda». Ecco, così interpretata, la «sardinian peculiarity» è un «penalty», un calcio di rigore permanente contro i sardi.

E' ridicolo dire che il destino è nelle nostre mani quando ridiventiamo «oggetto» della nostra storia: al massimo saremo informati di quale sarà il nuovo padrone della Costa Smeralda, mentre si invoca (a vuoto) l'ottimo Aga Khan come un Padre Pio dispensatore di altri miracoli.

Ci sono grandi potenzialità ed energie in Sardegna ma si vive alla giornata, senza un disegno di sviluppo degno del nome. E infatti i giovani, i più combattivi, quelli che non reggono l'avvilimento, emigrano.

Qui possono al massimo aspirare, quand'anche abbiano buone qualità, a tendere la mano, a farsi clientes di un diffusissimo nuovo voto di scambio che premia solo la fedeltà, l'appartenenza e lo spirito gregario. Ecco, questa è la nuova «peculiarity» negativa che avanza da anni e ora si è fatta travolgente.

Sta liquidando l'autonomia e distrugge la speranza dei sardi. Non è con chiacchiere retoriche dei tromboni che si può nasconderla o contrastarla. Specie nel giorno della nostra misera festa nazionale.

Poteva coincidere con una rigorosa autocritica. E' stata invece declassata, specie dalla maggioranza immaginaria, a seduta ordinaria. Salvo poi essere sempre presenti a incassare per intero i venti milioni di appannaggio mensile.

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:fru
ma lo fa apposta, è un burlone... sta sempre per decollare, ecco quasi ce la fa... ecco ecco sta per farcela... :confused: noooooo!!!

INDIPENDENTZIA, INDIPENDENTZIA!

tziku
28-04-02, 12:43
www.lanuovasardegna.it

http://www.lanuovasardegna.quotidianiespresso.it/lanuovasardegna/arch_28/sardegna/24ore/sk108_01.jpg

Pec. Porcetti, vino, canti e una piccola morra

Ieri sa die sardo-kosovara dei 300 della Brigata Sassari

PEC. Anche se lontani dalla Sardegna in una missione per la pace come quella in Kosovo, per i circa 300 sardi impegnati nell'operazione "Joint Guardian" è motivo di far apprezzare le qualità umane e la solidarietà di un popolo di una terra antica quale la nostra isola. Molte sono le affinità tra popolo kosovaro sardo. Il rispetto e il senso dell'ospitalità fanno sì che i sardi operino ogni giorno nell'ambito dei reparti italiani della Brigata multinazionale ovest con spirito di sacrificio e capacità. E riescono a trasmettere anche quel pizzico di "sardità" che fa conoscere la Sardegna nella terra balcanica.
Ieri una cinquantina di Cossu, Argiolas, Corda, Casu, Sanna, Caddeo, Meleddu, Corongiu, Scalas, Porcella hanno festeggiato con tanti continentali (maialetti arrosto, vino, canti e una piccola morra) una Die sarda conclusa con la foto ricordo nella piazza Assemini, da due anni con targa a muro, e la nuova targa via Sardegna apposta nell'area del Comando a ricordo di questa giornata particolarmente... sardo-kosovara.

:ue

tziku
28-04-02, 21:45
Un commento di un lettore di www.unionesarda.it alle notizie su sa Die: http://www.unionesarda.it/unione/2002/28-04-02/SPETTACOLI/SPE01/A02.html

tziku
29-04-02, 11:30
www.unionesarda.it

Ieri in due piazze cittadine

Ben sette “Eleonora” in scena nel centro E poi un grande ballo

Oristano La città festeggia “Sa die e sa Sardigna”. Tutto il giorno, mattina e sera, gli oristanesi si sono stretti attorno ai due palchi preparati per accogliere recite, canti e balli. La festa è cominciata ieri mattina alle 11, quando in piazza Eleonora è arrivato il corteo che ha preceduto sette “Eleonora”. La scenografia era di tendenza, hi-tech, tubi innocenti e scale di metallo. Alla base un popolo sardo, stilizzato al massimo, che rivolto verso l’alto ha simboleggiato la riverenza verso la Giudicessa. Circa quaranta comparse in costume e sette Eleonora si sono snodate sulla chiocciola metallica, e la rappresentazione è partita con gli attori della compagnia “Tragodia” di Mogoro che hanno riproposto spaccati di vita medioevale. La rappresentazione, dal salotto della città, è andata anche via etere con la diretta di Videolina che ha riportato le immagini in tutta Europa. Gli oristanesi hanno gradito, circa mille i presenti, e molti di più la sera per la replica delle ventuno, quando le atmosfere sono state arricchite dallo splendido gioco di luci. Meno pubblico, ma d’altronde erano in pochi a saperlo, in piazzetta Corrias, dove alle diciotto, in contemporanea con Tempio, Barisardo, Sanluri, Narcao, Cagliari, Nuoro e Sassari, è partito lo spettacolo del popolo sardo. Nutrito il cast che si è esibito nella piazzetta: Gruppo folk di Oristano, coro polifonico “Su Condaghe” e gruppo folk “San Romualdo” di Bonarcado, Antioco Sias e Pietro Puddu, gruppo folk di Ula Tirso, i Tazenda, gruppo folk “Su Carrutzu” di Ghilarza, gruppo “Cantadores” logudoresi, coro “Su Contrattu de Seneghe”, i tenores “Corrasi” di Oliena. Alla fine della serata poi Angelica Lai, presentatrice ufficiale della manifestazione ha coinvolto tutti i presenti, artisti e spettatori in un unico gigantesco ballo, una sorta di grande abbraccio che ha idealmente unito tutto il popolo sardo. Una manifestazione questa de “Sa die” che ogni anno cresce e trova nuovi spunti per giustificare la sua celebrazione. Una manifestazione voluta dall’assessorato regionale alla Pubblica istruzione, che ha coinvolto per quanto riguarda la città, circa cinquecento persone tra attori, cantanti, musicisti, tecnici, registi, comparse e operai generici. Il tutto, coperto da sponsorizzazione regionale, è costato poco più di cinquantamila euro. Adesso l’appuntamento è fissato per il prossimo anno, con nuove e più sorprendenti iniziative. [Nanni Di Cesare]

tziku
29-04-02, 11:39
www.unionesarda.it

Sa die.
Il testo di Dessì è andato in scena contemporaneamente a Cagliari, Sassari, Oristano e Nuoro

La malinconica e umana parabola di Eleonora d’Arborea

Eleonora ha abbandonato le ricche vesti per indossare gli abiti semplici e aspettare con il popolo la Morte nera, la peste sterminatrice.
Non sarà più la “giudicessa” d’Arborea scelta per volontà popolare, regina mai ha voluto esserlo per disprezzo dei potenti stranieri; sarà semplicemente una donna che ha vissuto e che «non rifiuta la vita, anche se dura e senza un filo d’acqua», dice con voce stentorea Eleonora a padre Lorenzo. È a lui che chiede di tramandare le sue gesta perché ciò che ha fatto abbia un senso e non venga dimenticato dalla storia. E dai sardi.
Il canto del coro Su Concordu di Cuglieri fa calare un immaginario sipario sulla pagina di storia sarda che è andata in scena al Bastione di Cagliari. Quest’anno non sono state grida di gioia e libertà a celebrare Sa Die de sa Sardigna, ma la parabola malinconica della reggente del regno d’Arborea, rappresentata da quattro compagnie teatrali nel capoluogo e a Sassari, Nuoro e Oristano. «Il “giorno dei sardi” non deve essere occasione per festeggiare, ma per ricordare il passato», dice Gianluca Medas, regista della rappresentazione cagliaritana: «Le rivoluzioni, a volte, non sono fatte di vittorie ma di rinunce. Eleonora d’Arborea è un grande esempio». E la collaborazione tra le compagnie La Botte e il Cilindro, Boche Teatro, Tragodia e Figli d’arte Medas è stata un omaggio culturale all’unità dei sardi, che ha trovato il sostegno dell’assessorato regionale alla Cultura. La storia d’Eleonora è stata tratta liberamente dal testo di Giuseppe Dessì, scelto per raccontare non verità storiche, ma il dramma umano di una donna che, con il suo mito, ha varcato il mare.
Nel Bastione di Saint Remy la compagnia Medas ha allestito un semplice palco, con paglia sul pavimento e panche rustiche. Gli attori scendono in silenzio dal bastione di Santa Caterina e i bei costumi di Adriana Gerardo con il viola, beige, grigio e nero creano dei quadri di grande effetto. Gli spettatori sono tanti, nonostante il caldo. I tamburi dei percussionisti Francesco Ciminiello e Valerio Cugia annunciano che Ugone III è stato ucciso. Il popolo accoglie con orrore la notizia, sfugge le sue colpe e accusa i traditori stranieri pisani, aragonesi, genovesi. Memento, grida padre Lorenzo (Mario Medas), siamo tutti passeggeri sulla terra, ritorneremo cenere, non dimenticate. Ma neppure la Morte (Emma Medas) fa paura agli uomini.
Non dimentica certo Eleonora d’Arborea (Ambra Pintore) che vuole combattere in nome della libertà, pronta a rischiare come moglie, madre, giudicessa. Dura e decisa a difendere il titolo che il suo popolo le ha dato e la libertà del regno; pronta a scontrarsi come un uomo con Branca Doria (Carlo Antonio Angioni) - marito che potrebbe tradirla - con i soldati, con la Chiesa. Eleonora soffre, si tormenta, incita i soldati e odia il mare che è condanna per la Sardegna. Con coraggio e umiltà accetta la sconfitta aragonese: la sua rinuncia sarà una vittoria sulla Storia. [Serena Schiffini]