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30-04-02, 13:13
Malagistizia paradossale e informazione
Pera criticò Violante e Caselli: lui assolto, la giornalista no
Si può condannare un giornalista perché ha riferito frasi di un parlamentare autorevole, quando lo stesso parlamentare però viene assolto? Pare di sì. Anche se paradossale.
Ecco i fatti.
La giornalista di Panorama Marcella Leone aveva intervistato Marcello Pera (ora presidente del Senato, nel febbraio
'98 parlamentare di Forza Italia) riportando alcuni suoi giudizi politici critici su Violante, indicato come colui che aveva provocato il rinvio a giudizio di Andreotti, determinato da "una richiesta fatta firmare al procuratore di Palermo, Caselli".
Era stato Caselli a querelarli, per espressione diffamatoria del suo onore, della sua reputazione e della sua identità civile e professionale. La giornalista si difese invocando il diritto di cronaca, Pera aveva sostenuto la verità dei fatti e l'insindacabilità delle opinioni espresse nell'esercizio dell'attività parlamentare. E il Senato aveva confermato, con delibera, le prerogative di Pera. "L'intervista del senatore Pera", hanno scritto i giudici nella motivazione, "concerne la figura dell'allora presidente della Camera Violante, accreditato di un new deal ideologico quanto a temi di natura storica, giuridica, politica generale.
Pera non crede a tale presunto nuovo corso ed espone le sue convinzioni in forma filosofica e mitologica. Sul finire dell'intervista, il tenore diviene meno raffinato e alato e l'ironia còlta si abbassa sino a raggiungere vieti stilemi della polemica politica, con l'accenno alla cattura (da parte di Violante magistrato) di Edgardo Sogno, messo 'in galera senza prove' e al provocato (da parte di Violante deputato) rinvio a giudizio di Andreotti, con una richiesta fatta firmare da Caselli".
L'addebito a Violante è dunque quello di "avere influenzato l'autorità giudiziaria, straripando dai compiti istituzionali affidatigli in sede parlamentare".
SOTTOLINEATA LA LICEITÀ DELLA CRITICA all'on. Violante, ne discende l'insussistenza del reato. "L'accenno a Caselli
è del tutto strumentale all'attacco politico e logicamente inscindibile". Però "il diritto di critica politica appare sicuramente intrasmissibile a soggetti estranei". La giornalista, secondo i giudici, doveva attenersi "alla continenza delle dichiarazioni riportate e a una pur sommaria verifica di attendibilità delle medesime, se non altro in relazione alla autorevolezza della fonte". Ne consegue che l'accenno a Caselli fatto da Pera "ha funzione strumentale e posizione defilata nella logica della polemica invettiva"; mentre, per quanto riguarda la giornalista, la stessa espressione diventa di "natura intrinsecamente diffamatoria (palesando l'influenzabilità e la scarsa autonomia di giudizio del magistrato rispetto a pressioni o suggestioni istituzionali, se non anche a condizionamenti personali e ideologici". Conclusione: Caselli è stato condannato a rifondere a Pera le spese di giudizio (14 milioni 680 mila lire); la giornalista della Mondadori dovrà versare a Caselli poco meno di 23 milioni per risarcimento danni e spese di giudizio. Salomone, forse, avrebbe fatto di meglio.
Da virusgiornale
Pera criticò Violante e Caselli: lui assolto, la giornalista no
Si può condannare un giornalista perché ha riferito frasi di un parlamentare autorevole, quando lo stesso parlamentare però viene assolto? Pare di sì. Anche se paradossale.
Ecco i fatti.
La giornalista di Panorama Marcella Leone aveva intervistato Marcello Pera (ora presidente del Senato, nel febbraio
'98 parlamentare di Forza Italia) riportando alcuni suoi giudizi politici critici su Violante, indicato come colui che aveva provocato il rinvio a giudizio di Andreotti, determinato da "una richiesta fatta firmare al procuratore di Palermo, Caselli".
Era stato Caselli a querelarli, per espressione diffamatoria del suo onore, della sua reputazione e della sua identità civile e professionale. La giornalista si difese invocando il diritto di cronaca, Pera aveva sostenuto la verità dei fatti e l'insindacabilità delle opinioni espresse nell'esercizio dell'attività parlamentare. E il Senato aveva confermato, con delibera, le prerogative di Pera. "L'intervista del senatore Pera", hanno scritto i giudici nella motivazione, "concerne la figura dell'allora presidente della Camera Violante, accreditato di un new deal ideologico quanto a temi di natura storica, giuridica, politica generale.
Pera non crede a tale presunto nuovo corso ed espone le sue convinzioni in forma filosofica e mitologica. Sul finire dell'intervista, il tenore diviene meno raffinato e alato e l'ironia còlta si abbassa sino a raggiungere vieti stilemi della polemica politica, con l'accenno alla cattura (da parte di Violante magistrato) di Edgardo Sogno, messo 'in galera senza prove' e al provocato (da parte di Violante deputato) rinvio a giudizio di Andreotti, con una richiesta fatta firmare da Caselli".
L'addebito a Violante è dunque quello di "avere influenzato l'autorità giudiziaria, straripando dai compiti istituzionali affidatigli in sede parlamentare".
SOTTOLINEATA LA LICEITÀ DELLA CRITICA all'on. Violante, ne discende l'insussistenza del reato. "L'accenno a Caselli
è del tutto strumentale all'attacco politico e logicamente inscindibile". Però "il diritto di critica politica appare sicuramente intrasmissibile a soggetti estranei". La giornalista, secondo i giudici, doveva attenersi "alla continenza delle dichiarazioni riportate e a una pur sommaria verifica di attendibilità delle medesime, se non altro in relazione alla autorevolezza della fonte". Ne consegue che l'accenno a Caselli fatto da Pera "ha funzione strumentale e posizione defilata nella logica della polemica invettiva"; mentre, per quanto riguarda la giornalista, la stessa espressione diventa di "natura intrinsecamente diffamatoria (palesando l'influenzabilità e la scarsa autonomia di giudizio del magistrato rispetto a pressioni o suggestioni istituzionali, se non anche a condizionamenti personali e ideologici". Conclusione: Caselli è stato condannato a rifondere a Pera le spese di giudizio (14 milioni 680 mila lire); la giornalista della Mondadori dovrà versare a Caselli poco meno di 23 milioni per risarcimento danni e spese di giudizio. Salomone, forse, avrebbe fatto di meglio.
Da virusgiornale