Shaytan (POL)
02-05-02, 11:26
Respinte le richieste dell'azienda per la chiusura dello stabilimento
GIUSTIZIA E AMBIENTE
di Andrea Selva
TRENTO. Lo Stato non pagherà nemmeno un euro alla Sloi. Lo ha deciso il giudice Dino Erlicher che ha respinto la richiesta di risarcimento danni miliardaria avanzata dall'azienda chimica al ministero dell'Interno. La controversia si riferiva all'ordinanza di chiusura dello stabilimento firmata dal sindaco Giorgio Tononi dopo la fuoriuscita della nube di gas. Era il luglio del 1978 e secondo il giudice quel provvedimento - annullato poi dal consiglio di Stato - non procurò alcun danno economico.
Era il 14 luglio del 1978 quando alla Sloi - durante un forte temporale - un'infiltrazione d'acqua scatenò una serie di reazioni chimiche fino ad arrivare alla fuoriuscita di una nube di idrossido di sodio. L'incidente suscitò notevole allarme in città e il sindaco ordinò il sequestro dello stabilimento. Solo qualche tempo dopo si accertò che non c'erano stati pericoli per la popolazione. Ecco perché il consiglio di Stato annullò l'ordine firmato dal sindaco Tonioni.
Per quell'episodio la Sloi chiese i danni: gli vennero negati in primo e secondo grado, mentre la corte d'appello di Brescia accolse - era il 1999 - le ragioni dell'industria chimica ormai in liquidazione, delegando però al tribunale di Trento la quantificazione del danno.
Ora il danno è stato quantificato dal giudice civile Dino Erlicher che ha depositato nei giorni scorsi la sua sentenza. Quanti soldi sono? L'azienda aveva chiesto 20 miliardi in valuta del 1979, cifra che rivalutata al giorno d'oggi supera i 40 miliardi di lire. Il giudice non è stato d'accordo: zero lire. L'ordinanza era illegittima - è vero - ma per la Sloi non ci fu nessun danno. Anzi: i danni ci furono - eccome - ma non furono provocati dalla decisione del primo cittadino del tempo.
Vediamo perché. Subito dopo la fuoriuscita dei gas lo stabilimento chimico venne sequestrato per ordine della procura, che aveva ipotizzato una serie di reati. Il provvedimento del sindaco arrivò dopo, in un certo senso era superfluo anche se aveva un forte significato politico. Revocato il sequestro penale - siamo arrivati intanto al febbraio del 1979, l'anno successivo - rimase in vigore l'ordinanza di Tononi ma nel frattempo la Soli era stata già sciolta e messa in liquidazione da tempo (nel settembre del 1978) dai consiglieri d'amministrazione che ritenevano non ci fossero più prospettive per la ripresa della produzione.
I danni riportati dall'azienda si riferiscono - secondo il giudice Dino Erlicher - al primo periodo del sequestro, quello cioè stabilito dalla procura della Repubblica. Quando il sequestro penale venne revocato il danno ormai era già stato causato: si era avvantaggiata la concorrenza, erano stati persi clienti, gli impianti e le attrezzature avevano subito un rapido deterioramento. Ecco perché il giudice ha respinto la richiesta dell'azienda accogliendo le ragioni dell'Avvocatura di Stato. Inutile aggiungere che da allora la Sloi - società lavorazioni organiche inorganiche - non produsse più piombo nello stabilimento di Trento.
GIUSTIZIA E AMBIENTE
di Andrea Selva
TRENTO. Lo Stato non pagherà nemmeno un euro alla Sloi. Lo ha deciso il giudice Dino Erlicher che ha respinto la richiesta di risarcimento danni miliardaria avanzata dall'azienda chimica al ministero dell'Interno. La controversia si riferiva all'ordinanza di chiusura dello stabilimento firmata dal sindaco Giorgio Tononi dopo la fuoriuscita della nube di gas. Era il luglio del 1978 e secondo il giudice quel provvedimento - annullato poi dal consiglio di Stato - non procurò alcun danno economico.
Era il 14 luglio del 1978 quando alla Sloi - durante un forte temporale - un'infiltrazione d'acqua scatenò una serie di reazioni chimiche fino ad arrivare alla fuoriuscita di una nube di idrossido di sodio. L'incidente suscitò notevole allarme in città e il sindaco ordinò il sequestro dello stabilimento. Solo qualche tempo dopo si accertò che non c'erano stati pericoli per la popolazione. Ecco perché il consiglio di Stato annullò l'ordine firmato dal sindaco Tonioni.
Per quell'episodio la Sloi chiese i danni: gli vennero negati in primo e secondo grado, mentre la corte d'appello di Brescia accolse - era il 1999 - le ragioni dell'industria chimica ormai in liquidazione, delegando però al tribunale di Trento la quantificazione del danno.
Ora il danno è stato quantificato dal giudice civile Dino Erlicher che ha depositato nei giorni scorsi la sua sentenza. Quanti soldi sono? L'azienda aveva chiesto 20 miliardi in valuta del 1979, cifra che rivalutata al giorno d'oggi supera i 40 miliardi di lire. Il giudice non è stato d'accordo: zero lire. L'ordinanza era illegittima - è vero - ma per la Sloi non ci fu nessun danno. Anzi: i danni ci furono - eccome - ma non furono provocati dalla decisione del primo cittadino del tempo.
Vediamo perché. Subito dopo la fuoriuscita dei gas lo stabilimento chimico venne sequestrato per ordine della procura, che aveva ipotizzato una serie di reati. Il provvedimento del sindaco arrivò dopo, in un certo senso era superfluo anche se aveva un forte significato politico. Revocato il sequestro penale - siamo arrivati intanto al febbraio del 1979, l'anno successivo - rimase in vigore l'ordinanza di Tononi ma nel frattempo la Soli era stata già sciolta e messa in liquidazione da tempo (nel settembre del 1978) dai consiglieri d'amministrazione che ritenevano non ci fossero più prospettive per la ripresa della produzione.
I danni riportati dall'azienda si riferiscono - secondo il giudice Dino Erlicher - al primo periodo del sequestro, quello cioè stabilito dalla procura della Repubblica. Quando il sequestro penale venne revocato il danno ormai era già stato causato: si era avvantaggiata la concorrenza, erano stati persi clienti, gli impianti e le attrezzature avevano subito un rapido deterioramento. Ecco perché il giudice ha respinto la richiesta dell'azienda accogliendo le ragioni dell'Avvocatura di Stato. Inutile aggiungere che da allora la Sloi - società lavorazioni organiche inorganiche - non produsse più piombo nello stabilimento di Trento.