PDA

Visualizza Versione Completa : Esoterismo e musica



Tomás de Torquemada
06-05-02, 22:38
Simboli massonici nella musica
di Nicola Sgro

Dal mito di Orfeo alle ricerche di Pitagora, dall’Illuminismo alle odierne comunità iniziatiche, la musica è stata sempre oggetto di analisi esoteriche e simboliche.
In stretta coerenza con il suo sistema filosofico basato sul numero, Pitagora indagò a fondo il rapporto tra i suoni concomitanti (i cosiddetti "suoni armonici"), prodotti dalla medesima corda messa in vibrazione.
Avvalendosi del monocordo, strumento di sua invenzione che consisteva di una corda tesa tra due sostegni, uno fisso e l’altro mobile, poggiati su una cassa di risonanza, il grande filosofo trovò conferma delle sue teorie cosmologiche anche nel mondo dei suoni governato da leggi fisiche, il cui significato simbolico costituisce uno dei campi più fecondi per la ricerca esoterica.
Stabilito che il rapporto tra un suono fondamentale e il suo "armonico" più importante dal punto di vista acustico è condizionato dalla presenza del numero 3, Pitagora approfondì la sua analisi riscontrando e commentando quei valori numerici che acquistano un profondo significato simbolico.
La "scala" dell’antica musica greca era di quattro suoni (un tetracordo) cui se ne aggiungevano altri tre per completare una "armonia", portando così a sette i suoni necessari a coprire l’intervallo tra un suono fondamentale e la sua riproduzione all’ottava (cioè quel suono generato dal raddoppio del numero di vibrazioni del suono-base).
Sette note, quindi, coprono lo spazio sonoro tra un suono e il suo omologo superiore (all’ottava alta) o inferiore (all’ottava bassa), quest’ultimo generato, ovviamente, dalla metà delle vibrazioni del suono fondamentale. Sette note; le sette note alle quali Guido d’Arezzo volle dare un nome, quasi un espediente mnemonico affinché potessero venire pronunziate dai cantori, traendolo dall’inno di San Giovanni: Ut queant laxis, Resonare fibris, Mira gestorum, Famuli tuorum, Solve polluti, Labii reatum, Sancte Ioannes.
È evidente il significato simbolico del numero sette, al quale la simbologia massonica ed esoterica attribuisce un valore particolarissimo: i giorni della creazione e l’adozione della settimana come periodo temporale scandito dalla ricorrenza del giorno del riposo dedicato al culto; la rappresentazione visiva del candelabro votivo ebraico a sette bracci (la menorah); le implicazioni derivanti dalla disposizione spaziale dei gruppi 3-1-3 e dalle simbologie diverse che tale suddivisione suggerisce (l’unità affiancata dalla perfezione, ecc.).
Pitagora non solo dispose in ordine, per grado congiunto, i sette suoni della scala musicale (disposizione che ancora rimane immutata dopo millenni), ma riuscì a misurare la distanza acustica che intercorre tra un suono della scala e l’altro quando questi suoni si trovano a distanza di un tono. Ancora oggi si parla di comma pitagorico quando ci si riferisce a quella frazione indivisibile che si interpone tra un suono e il successivo per grado congiunto. Quanti comma intercorrono tra un suono e l’altro che gli succede a distanza di un tono? Nove comma, cioè tre elevato alla terza potenza: la perfezione che supera se stessa!

Pitagora misurò anche lo spazio acustico che separa il suono fondamentale dalla sua ripercussione all’ottava. Qual è questa distanza? Dodici semitoni. Non penseremo certamente ai dodici Apostoli (anche se un significato vi è pure nel simbolismo cristiano), ma penseremo, a ragione, ai dodici mesi dell’anno e ai relativi segni zodiacali.
Purtroppo, l’immutabile perfezione del numero nove è stata causa di parecchi problemi per i musicisti. L’impossibilità di dividere per due il numero nove portò, infatti, a varie complicazioni nella teoria musicale. La distanza tra un tono e l’altro non poté dare luogo ad una ripartizione esatta delle frequenze acustiche quando si volle dividere tale distanza con un terzo suono che fosse esattamente intermedio e che rappresentasse la metà del tono: il semitono. Si dovette far violenza alla natura "temperando" e quindi alterando la distanza tra un tono e l’altro con un suono intermedio, che risulta acusticamente "stonato", ma che permette il passaggio da una scala musicale all’altra (la cosiddetta modulazione) o, come si dice con termine tecnico, da una tonalità all’altra. Quante sono le tonalità possibili nel sistema "temperato"? Non più di dodici!
È difficile spiegare, senza ricorrere a termini tecnici, il significato e l’utilità della moderna scala "temperata"; diciamo soltanto che il temperamento dei suoni è stato esaltato, sotto il profilo artistico soprattutto, anche se grandissima è la maestria tecnica, da Giovanni Sebastiano Bach nella sua monumentale raccolta di preludi e fughe per clavicembalo che si intitola appunto "Il clavicembalo ben temperato".
La simbologia, però, non si ferma ai rapporti tra i suoni nella successione per gradi o alla suddivisione delle frequenze acustiche all’interno delle distanze per gradi (tono e semitono), ossia all’interno dell’ottava (la successione di sette suoni con la riproduzione del primo – l’ottavo – a un valore di frequenze doppio rispetto al suono di base). Anche gli intervalli (o le "distanze") tra due o più suoni che vengono generati simultaneamente nelle cosiddette combinazioni armoniche (gli accordi) rimandano sempre al numero perfetto della simbologia esoterica: il tre.


http://www.instoneinc.com/gallery/La%20Musica%20V2-Smp-I.jpg
Immagine tratta dal sito http://www.instoneinc.com/

L’intervallo di terza che intercorre tra un suono fondamentale e quello che si trova al terzo posto nella scala rappresenta il legame su cui si fondano tutti gli accordi disciplinati dalle leggi armoniche. Riprodotti simultaneamente, il primo e il terzo suono di una scala danno origine a un bicordo di terza, che costituisce la base dell’accordo perfetto. Perché si abbia un accordo perfetto bisognerà sovrapporre a un bicordo di terza un altro bicordo di terza.
Altri numeri altamente simbolici definiscono la natura degli accordi; la numerica 3, 5 è alla base dell’accordo perfetto (la simbologia del 5 è spiegata anche con l’unione/separazione del 3 e del 2: il 3 elemento maschile, il 2 elemento femminile) che risulta dall’unione di tre suoni: quello fondamentale, la terza e la quinta.
Quando alla numerica 3, 5 si aggiunge un’altra cifra la natura dell’accordo si modifica radicalmente, in quanto un accordo di tre suoni diventa accordo di quattro (o più) suoni: dalla "perfezione" si passa a una "imperfezione dinamica", dalla quiete si genera il movimento. Gli accordi "di moto" definiti da una numerica particolare aggiungono alle cifre 3 e 5 il 7 o il 6 (sulla simbologia del 7 abbiamo detto qualcosa; il 6 è un numero piuttosto ambiguo e va trattato con rispetto). L’accordo cifrato con 3, 5, 7 viene definito "accordo di settima" ed è quello che di solito consente il passaggio da una tonalità all’altra; l’accordo di "quinta e sesta" ("accordo dissonante") è anch’esso un accordo "di moto" e si caratterizza per la "durezza" della percussione (sul pianoforte) simultanea di due note vicine: insomma, il numero sei provoca degli "urti" psicologici in chi ascolta.
Gli accordi servono, oltre che ad accompagnare la melodia (ovviamente), soprattutto a definire l’ambito tonale in cui tale melodia si dipana; l’ambito tonale (o tonalità) è caratterizzato dall’uso di note alterate che, segnate con particolari mezzi grafici (le alterazioni), acquistano anch’esse un valore simbolico.
Alla simbologia delle tonalità ricorre frequentemente Mozart, e non solo in quell’opera meravigliosa che dovrebbe essere considerata la Bibbia musicale della Massoneria: "Il flauto magico". Ci sarebbero da scrivere vari volumi sul significato simbolico ed esoterico della musica di Mozart, sommo musicista ed eccelso Massone.
Evitando approfondimenti e senza addentrarci in trattazioni complesse che impongono l’uso di un linguaggio tecnico comprensibile solo agli addetti ai lavori, diciamo che una tonalità (ad esempio Do maggiore, Mi minore, ecc.) viene determinata dall’uso di diverse "scale" modificate attraverso le "alterazioni" (il bemolle, il diesis e – ove occorra – il bequadro); queste alterazioni (o "accidenti" come si diceva un tempo) vengono segnate dall’inizio della composizione, subito dopo la cosiddetta "chiave" (di violino, di basso, di soprano, ecc.).

L’alterazione o le alterazioni che vengono apposte dopo la chiave costituiscono la cosiddetta "armatura tonale". Le sole due tonalità che non hanno alcuna armatura tonale sono Do maggiore (tonalità naturale per eccellenza: la sua scala è rappresentata dai soli tasti bianchi del pianoforte) e la sua relativa minore, cioè La minore. In pratica, è il numero di alterazioni che fissa la tonalità nella quale è composto il brano musicale.
Non solo Mozart, ma tanti musicisti massoni (Cherubini, Haydn, Spontini, Geminiani, Sibelius, ecc.) attribuiscono un chiaro significato simbolico alle tonalità, anzi al numero di alterazioni che le definiscono. Il numero tre rappresenta sempre la perfezione per cui le tonalità con tre bemolli (Mi bemolle maggiore o Do minore) o con tre diesis (La maggiore o Fa diesis minore) acquistano particolare significato; ma anche le tonalità con cinque bemolli (Re bemolle maggiore o Si bemolle minore) o cinque diesis (Si maggiore o Sol diesis minore) si caricano di significati esoterici.
Proprio ne "Il flauto magico" di Mozart la tonalità di Mi bemolle maggiore (o Do minore) si presenta con tre bemolli in chiave e diventa il substrato tecnico di un’espressione eccelsa che attinge il più alto livello di sacralità iniziatica. Anche la scansione ritmica acquista significati simbolici: i movimenti ternari sono preferiti a quelli di ritmo pari (4/4, 2/4), mentre le modifiche del ritmo acquistano particolari significati.
Altri aspetti simbolici attengono alla struttura delle composizioni musicali, le cosiddette "forme", tra le quali vengono privilegiate quelle ternarie: la forma di "Aria col da capo" e soprattutto la forma "Sonata" che, con la sua tripartizione in Esposizione, Sviluppo, Ripresa, sintetizza in maniera geniale la proposta, il conflitto e il superamento della conflittualità come pieno appagamento dell’ascoltatore nella serena contemplazione della bellezza.

Dal sito Dal sito http://www.grandeoriente.it/riviste/Hiram/indice.htm

Tomás de Torquemada
09-07-02, 01:03
Evoluzioni, influenze e contaminazioni
Esoterismo e oscurità: la musica rituale ed esoterica

È già stato sottolineato come una delle tematiche portanti di alcuni gruppi dell’area grigia, sia il riferimento a teorie esoteriche di varia origine, soprattutto quelle di Alastair Crowley, che nei molti saggi scritti ha mescolato elementi di astrologia occidentale ed orientale, teorie alchemiche, magia e sesso. Se tale elemento rivestiva comunque importanza spesso marginale nelle tematiche proposte dai primissimi gruppi, inizia ad assumere importanza di gran lunga maggiore con gli Psychic TV, anche se viene vista in maniera del tutto particolare, nell’ottica del TOPY; i Coil trattano invece il tema in maniera più approfondita e seria, facendone, per la prima volta, uno dei centri principali di attenzione fin dall’inizio. Questi due gruppi hanno costituito anche in tal senso un’ispirazione molto forte su un notevole numero di musicisti, tanto da generare una sorta di sottogenere, spesso indicato semplicemente come “musica esoterica” o “musica rituale”; le caratteristiche principali di questa forma musicale sono legate alle tematiche trattate nei testi, più che alla forma musicale. Questa è spesso molto variabile da gruppo a gruppo, anche se quasi sempre è presente una caratteristica comune di profonda oscurità: suoni decisamente inquietanti, spesso appoggiati su profondi drones o strutture sonore ripetitive dai toni bassi sulle quali si sovrappongono elementi tratti dalla musica sacra, suoni di organo, o qualunque cosa possa risvegliare il senso romantico del sublime. Anche la musica sacra dell’estremo oriente ha spesso forti influenze, specie i raga indiani che, con la ripetitività insita nella loro definizione e il senso di mistero che evocano, ben si adattano alla situazione. Il numero di gruppi che ha preso questa direzione è estremamente elevato, quindi diventa in questo caso assai difficile fare una scelta anche vagamente obiettiva: la cosa, già piuttosto complessa fino a questo momento, diventa da questo momento in poi praticamente impossibile; gli unici elementi possibili per dare alle scelte fatte una base, seppur minima, di obiettività è la particolarità della loro offerta musicale o dell’ambito in cui essi operano: i nomi scelti saranno, tranne alcuni casi decisamente imprescindibili, del tutto arbitrari, ed ovviamente saranno presenti gruppi quasi sconosciuti e la cui discografia è di non facile reperibilità affiancati a gruppi più affermati e che hanno prodotto discografie abbondanti.

Di fondamentale importanza nell'evoluzione di questo ramo della musica industriale è il progetto fondato a Newcastle (città che ha raccolto con “calore” il neonato movimento industriale, dando vita anche a gruppi della caratura di Hafler Trio e Zoviet France) nel 1981, le cui origini affondano comunque negli ultimi anni ’70, da Nigel Ayers e che risponde al nome di Nocturnal Emissions (o, come si trova su alcune produzioni, la traduzione in latino: Nocturnae Aemissiones). Caratterizzati inizialmente da un complesso sfondo teorico e da sonorità prossime a quelle dei Throbbing Gristle, hanno sperimentato durante la loro carriera numerose forme musicali, spesso anche molto diverse tra loro, giungendo, in un certo periodo della loro evoluzione, a creare una sorta di "new age nera" o al negativo: sonorità molto sottili ma allo stesso tempo inquietanti, che si rifanno ad un'ideologia di religiosità pagana e primordiale. Alla base della musica dei Nocturnal Emissions c’è in ogni caso la concezione del suono come strumento per evocare risposte spirituali e risvegliare il subconscio dell’ascoltatore. La loro discografia è molto vasta, più di venticinque le opere stampate, e non è scevra da lavori piuttosto sterili e marginali, alternati in maniera apparentemente casuale ad alcuni che sono a dir poco fondamentali. Tutti sono comunque poggiati sul complesso sfondo teorico creato da Ayers, che si è spinto verso lidi piuttosto estremi anche in tempi relativamente recenti (in un disco del 1991, "Mouth of babes", tutti i brani sono costituiti fondamentalmente dai suoni emessi da bambini di età inferiore ai sei mesi).

Nel 1982 nasce a Boston uno dei primi gruppi che hanno fatto dell'esoterismo e della magia sessuale il loro principale scopo. Il progetto, che si chiama Sleep Chamber , è incentrato su un personaggio di nome John Zewizz ed è caratterizzato da una produzione vastissima, inizialmente su numerose cassette, circa una ventina, e su 7", per poi passare all'incisione di vinili e CD, incidendo anche per l'etichetta italiana Musica Maxima Magnetica. I suoi lavori sono monumenti all'erotismo a sfondo magico ma non solo, e nella scelta della propria immagine, gli Sleep Chamber anticipano di parecchio le recenti tendenze "fetish", che tanto di moda vanno oggi negli ambienti gothic. Musicalmente, gli Sleep Chamber esprimono una musica molto tribale, oscura e potente; alcuni dei loro dischi sono strettamente dedicati all'aumento e all'accumulo delle energie sessuali, altri contengono frequenti anthem satanisti; i loro concerti sono spettacoli fetish caratterizzati spesso dalla presenza delle Barbitchuettes: il termine, inventato da Zewizz stesso, nasce dalla fusione di "barbiturates" e "bitch" e sta ad indicare ragazze, vestite in abiti fortemente erotici che si esibiscono sul palco allo scopo di aumentare l'effetto eccitante dei suoni. Nella miriade di produzioni degli Sleep Chamber, le cadute di stile non sono infrequenti: un po' a causa delle tematiche trattate, un po' a causa dei seri problemi di droga di Zewizz, in più di un caso i loro lavori sono caduti in una sorta di autocompiacimento sicuramente poco interessante. Ciò non toglie che il lavoro del gruppo di Boston ha costituito la base per una scena che, col tempo, sarebbe cresciuta in maniera rapida e dirompente, arrivando anche ad un buon successo commerciale con gruppi come i Die Form e gli Athamay.

Una conferma del fatto che nessuna barriera è stata in grado di bloccare il letale virus industriale, seppure nella sua versione esoterica e rituale, viene dal lavoro di un gruppo serbo chiamato Autopsia. Serbi di nascita, ma cechi di adozione, si dedicano ad una forma musicale le cui sonorità si avvicinano in molti casi a quelle della musica classica, basate quindi su tastiere che emulano strumenti come l'organo da chiesa, i violini o l'oboe. Non sono molte le informazioni che si possono trovare in giro riguardo a questo gruppo; la loro musica è caratterizzata da suoni oscuri e nebbiosi, lunghe ed agghiaccianti suite, marce funebri e qualunque altra cosa possa penetrare oltre lo schermo di gioia ed allegria che spesso ci costruiamo intorno e risvegliare quel senso di angoscia che, da qualche parte, ognuno di noi ha in fondo all'anima. Quello che vogliono esprimere è esattamente questo, l'angoscia del nostro stato, l'incertezza che sta alla base di tutto, radicata profondamente in noi dal momento stesso in cui ci rendiamo conto che, prima o poi, dovremo fare i conti con la morte. I brani si evolvono quindi lentamente, sostenuti da ritmi marziali e lenti, quasi fossero i battiti di un cuore ormai al limite dei suoi sforzi. Alcuni loro lavori contengono invece brani decisamente più ritmici, ma mai troppo vicini all'electro industrial da discoteca: rimane sempre e comunque quel fondo ostico e indigesto che caratterizza il loro suono, accompagnato però da ritmiche sintetiche e sincopate. Considerando che le loro prime incisioni risalgono alla prima metà degli anni '80, in qualche modo gli Autopsia fanno parte di quel piccolo gruppo di musicisti che hanno ispirato la nascita di quello che oggi viene considerato un genere a sé stante, chiamato in più modi di volta in volta, che mescola atmosfere oscure ed industriali a tematiche legate all'esoterismo, e che ha come princiale punto di riferimento l'etichetta norvegese Cold Meat Industry.

Altro esempio notevole di come le atmosfere oscure e legate all'esoterismo siano state ben recepite al di là della cortina di ferro è quello degli A.C.T.U.S. Questo gruppo ungherese, pur essendo attivo fin dalla seconda metà degli anni '80, ha prodotto solamente quattro lavori; questi sono caratterizzati da sonorità che ricordano a tratti quelle dei lavori più orchestrali dei Coil o quelle meno marziali dei Laibach, alle quali aggiungono però forti sensazioni medievali e momenti legati alla musica popolare dell'Europa centro orientale; i testi, scritti spesso in ungherese, si ispirano di volta in volta ai lavori di personaggi come Julius Evola o Alastair Crowley, e sono caratterizzati da una profonda oscurità. Il loro primo lavoro, esce nel 1990 ed è intitolato "A way to the empire of strenght and order": si tratta di una sorta di colonna sonora di un complesso rito, ed è accompagnato da un libretto che ne spiega il significato. Cinque anni dopo il gruppo pubblica il secondo lavoro, intitolato "Das unbanennbare" in cui le atmosfere sono meglio amalgamate e d'impatto; l'impianto teorico alla base del lavoro è meno complesso, ma le fonti di ispirazione non cambiano, e nel complesso il lavoro è notevole e decisamente meno ostico del precedente, ma anche del successivo "Again and again", contenente due soli brani piuttosto lunghi ed ambientali, uno dei quali è la ristampa di un lavoro precedente al primo CD. Pur non essendo sicuramente uno dei gruppi più innovativi di questo ambiente musicale, gli A.C.T.U.S. sono un progetto decisamente molto interessante per la loro capacità di fondere atmosfere complesse che mescolano piacevolmente diverse fonti di ispirazione, integrandole tra loro in maniera decisamente ammirabile.


http://img185.imageshack.us/img185/3522/siranipb7.jpg
Elisabetta Sirani, Allegoria della musica (1669?) - Immagine tratta dal sito http://www.accademiacarrara.bergamo.it/

Una delle realtà più strane e complesse nell'ambito della musica esoterica è senza dubbio il nucleo inglese che si nasconde dietro il nome di Zone : essi si autodefiniscono "un'unità creativa", e nascono all'inizio del 1988 dall'incontro di Chris Brandrick ed Andrew Cadmore. Più che un vero e proprio ensemble musicale, stiamo parlando di un gruppo di persone che condividono una particolare filosofia di vita, incentrata sulla visione delle differenze personali, sociali e religiose tra i popoli come permutazioni dell'eterna necessità dell'uomo di Amore, Vita e Luce; potremmo definirli una setta, senza dare a questa parola l'accezione negativa che molto spesso gli viene affibbiata. In maniera simile a quanto era stato fatto per il T.O.P.Y., essi si basano su una dichiarazione di intenti, che non ha però la rigida complessità dell'entità fondata da Genesis P-Orridge. La prima creazione del gruppo è un vinile uscito nel 1988, successivamente ristampato su CD grazie alla World Serpent, intitolato "Sword of fire" e contenente brani di elettronica industriale non lontana dai primi esperimenti dei pionieri del genere, ma caratterizzata anche da una vena cosmica che ricorda le sperimentazioni dei gruppi tedeschi nei primi anni '70. Il lavoro successivo è un libro, stampato inizialmente in 25 copie rilegate a mano, nel quale sono contenuti alcuni brani che descrivono la loro complessa filosofia insieme ad alcuni splendidi lavori di grafica: il libro è intimamente legato alle loro produzioni discografiche, costituendo, insieme al disco precedente e ai due successivi, un'unica entità. Il lavoro successivo esce nel 1991 e porta lo stesso titolo del libro, cioè "Beautiful Machine"; musicalmente è molto diverso dal precedente, nonché vario al suo interno: al primo brano, incentrato su una tecnica di canto monofonico simile a quello dei canti gregoriani, si alternano brani più folk ad altri più elettronici: tutti i brani sono caratterizzati da una forte luminosità, al contrario di quanto avviene nella gran parte dei gruppi di questo tipo, sempre attratti più dall'oscurità che dalla luce. Ancora diverso è "The divine simplicity", che conclude la trilogia: questo è costituito da due sole composizioni, molto lunghe e basate su ritmi potenti, come due infiniti raga che nella loro semplice e rotonda continuità stimolano la concentrazione e la meditazione riguardo alla semplicità della divinità espressa dal titolo del CD. L'ultimo lavoro, uscito all'inizio del 2000, porta ancora dei mutamenti nella forma musicale, aggiungendo influenze da parte del jazz d'avanguardia e delle più disparate forme musicali.

Tra il 1983 e il 1989 i Clock DVA sembravano essere scomparsi, e voci di un loro definitivo scioglimento avevano iniziato a girare tra i soliti ben informati. Un bell'aiuto a queste voci l'aveva dato anche il fatto che Adi Newton, mente creativa al centro di quella formazione, aveva iniziato a lavorare ad un altro progetto, noto come The Anti Group Conspiracy, o, più comunemente, T.A.G.C. Il progetto nasce allo scopo di scrollarsi di dosso una sorta di scomoda staticità che sembrava aver affetto il progettooriginario, e, durante la sua evoluzione, va cambiando rapidamente; i primi lavori sono fortemente ritmici e mescolano glaciali strumenti elettronici a percussioni acustiche, influenzati talvolta dalle musiche del vicino e dell'estremo oriente, ispirati alle tesi di Alastair Crowley e caratterizzati da brani brevi e ritmi sincopati. Molti di questi lavori escono su vinili 12" e vengono ristampati su CD in una compilazione intitolata "Audiphile" nel 1995. Il primo lavoro di lunga durata, "Digitaria", inizia a mostrare decisi segni di cambiamento: i brani si allungano e perdono quella potenza ritmica che aveva caratterizzato i primi; inizia ad inserirsi tra i loro suoni una caratterizzazione ambientale che sarà portata a compimento negli ultimi due lavori: "Iso-erotic calibrations" (brani molto ambientali a sfondo sessuale) e "Burning Water" (due lunghe suite struentali). In qualche modo l'Anti Group segna inizialmente la transizione dei Clock DVA dalle sonorità più prettamente industriali a quelle della techno-trance d'avanguardia, per poi diventare una sorta di progetto parallelo dedicato a sonorità più eteree e mistiche, focalizzando l'interesse nell'ambito della sessualità e della magia sessuale, laddove il progetto originario si incentra più spesso su tematiche misteriose ed oscure.

Un qualsiasi articolo che voglia parlare dell'evoluzione della musica postindustriale non può prescindere dalla citazione di un'etichetta che è diventata, negli anni '90, simbolo di questo genere musicale, in particolare per quanto attiene alla parte più oscura ed atmosferica, che viene talvolta indicata con più etichettature che permutano in varie maniere le parole dark, ambient, industrial, simphonic e chi più ne ha più ne metta. Nel 1987 un musicista svedese di nome Roger Karmanik, attivo già da un po' di tempo, decide di creare un'etichetta allo scopo di permettere la diffusione della sua musica ma anche di tutta la musica industriale scandinava, con una particolare attenzione ai progetti svedesi. Il nome scelto per l'etichetta è Cold Meat Industry. Data la scarsa commercialità dei lavori prodotti e la loro elevata qualità media, sia da un punto di vista musicale sia da un punto di vista grafico/estetico, le produzioni dell'etichetta non sono numerosissime: più o meno un'ottantina tra CD, vinili e singoli, più una decina di cassette in tredici anni di attività. Diversi i nomi interessanti tra i gruppi che incidono i loro dischi per la CMI: tra questi, i Brighter Death Now , progetto personale di Karmanic stesso, che si esprime attraverso un osticissimo suono industriale, scuro come la pece e privo di ogni possibile concessione alla melodia e all'orecchiabilità. Non si discostano molto da questa definizione i Deutsch Nepal, anche se si concedono talvolta a strutture ritmiche più semplici e sono meno oscuri, pur se altrettanto dolorosi. Raison D'Etre, progetto personale di Peter Andersson, sono ormai un vero e proprio punto di riferimento per tutta la scena: il loro mescolare fumosi sfondi industriali con atmosfere medievali, campionamenti di cori e canti gregoriani, suoni trovati e lavorati di campane, tempeste e quant'altro è stato un esempio per molti altri musicisti, ispirati da questi suoni che vanno a pizzicare le corde più profonde dell'animo. Una serie di lavori in continuo crecendo qualitativo, fino ad arrivare alla monumentale compilazioni "Collected Archive" e al suo, fino a questo momento, capolavoro uscito all'inizio del 2000 "The empty hollow unfolds". Un gruppo invece atipico nell'ambito dell'etichetta sono gli Arcana : la loro meravigliosa musica in stile medievale, caratterizzata da sonorità eteree e dalle splendide voci dei due membri del gruppo, si troverebbe in una compagnia più adatta all'interno di una delle due sub label create da Karmanik: la Cruel Moon, etichetta dedicata alle nuove forme del folk medievaleggiante, e per la quale hanno inciso gruppi del livello degli italiani Ataraxia o degli americani The Soil Bleeds Back. La seconda sottoetichetta, denominata Death Factory, è invece dedicata a gruppi che, da un punto di vista musicale, si avvicinano molto a quelli dell'etichetta madre, ma non provenienti dalla Scandinavia. La scena appena descritta è diventata, alla fine degli anni '90, piuttosto numerosa, e i gruppi che ne fanno parte provengono da un po' tutto il mondo, anche se senza dubbio una buona parte sono tedeschi o scandinavi. Anche le etichette che si occupano di questa nuova frontiera musicale sono diverse, ma senza dubbio la Cold Meat Industry rappresenta sia un centro di attenzione sia un punto di riferimento.

Dal sito Dal sito http://spazioinwind.iol.it/ankh/

Tomás de Torquemada
20-08-02, 07:48
Mas' ala fi' l-samàc
(Dell'ascoltar la musica)
LA TEORESI ARABA E GLI AFFETTI ED AFFETTI DELLA MUSICA (1)
del Prof. Stefano A. E. Leoni
Conservatorio A. Vivaldi (Alessandria)

Per poter apprezzare la specificità della teoresi musicale islamica è bene ricordare, almeno a grandissime linee, qual'è lo status della trattatistica occidentale. Si tratta di una situazione che pur nella sua complessità tende a delinearsi con forti connotazioni "antipragmatiche": esse la differenziano, in questo senso abbastanza nettamente, dalla produzione musicografica di cultura araba.

Nella trattatistica medioevale e rinascimentale cristiana vi è sicuramente una minore (se non nessuna) esplicitazione dell'ascolto, anche se il problema, specie nell'etica cristiana agostiniana e boeziana viene affrontato; certo ciò non avviene su basi mistiche, né estatiche: qualcosa di questo genere lo avremo con la mistica tardo-rinascimentale.

Tanto il pensiero cristiano medioevale, quanto quello arabo-musulmano, tendono a concepire le discipline musicali dividendo più o meno nettamente ciò che è pratica della musica da ciò che ne è concezione filosofica, ciò che è fatto compositivo-esecutivo da ciò che è immaginario musicale e storia dell'idea di musica.

In entrambi i casi, comunque, sono riscontrabili corrispondenze, quando non vere e proprie interconnessioni e influenze, tra oriente ed occidente mediterraneo.

La questione dei debiti, veri o presunti, che la cultura musicale occidentale ha contratto nei secoli nei confronti di quella araba, nell'ambito della pratica musicale, è stata a lungo dibattuta e, se è pur vero che per molti versi non è stata ancora detta una parola definitiva, è altrettanto vero che i contatti tra i due universi musicali sono più che attestati e son stati al pari studiati.

Volendo riassumere brevemente possiamo affermare che l'influenza nella pratica musicale che la cultura araba esercita su quella cristiana occidentale si esplica essenzialmente e circostanziatamente nel campo dell'organologia ed in quello delle forme.

Un discorso a parte meriterebbe la musica sacra araba e i suoi parallelismi con quella occidentale, a partirre dalla sostanziale impermeabilità del repertorio, o meglio della liturgia, che però trova esiti esecutivi assai diversi in ambito musicale come diverse sono le culture che professano l'Islam (2).

Varrebbe senz'altro la pena di affrontare con maggiore attenzione questo repertorio, pur sottolineando che ad una prima ricognizione paiono emergere più affinità ed analogie che vere e proprie reciproche influenze. Ma aldilà dell'interesse per le "interferenze" nella pratica musicale, un aspetto relativamente poco studiato, e per converso assai ricco di spunti, è quello della storia della teoria musicale, quella che in arabo vien definita al musîqî, come pure dell'immaginario musicale e della trattatistica in generale.

Nelle biblioteche europee, anche solo limitandoci ai secoli Xl-XIV, troviamo oggi copie di una ventina di trattati arabi per ogni secolo, per un totale di una novantina di titoli diversi; buona parte di essi riguarda strumenti e acustica, ma anche musica speculativa, cosmologie musicologiche e dottrine panarmoniche nonché questioni legate all'influenza della musica sul corpo e sulla mente umana e non.

Gli scritti di musica arabi da un lato si allineano ad una tradizione di omnicomprensività, persistente a lungo anche in Occidente, che arriva a concernere l'intero dominio della storia, della filosofia, della cosmologia, della medicina, della teologia, implicando vastissimi interessi nei confronti della Musica (musîqí) ma dall'altro prevedono pure una profonda venerazione per essa e per i suoi "misteri" dal punto di vista dell'ascolto (samàc), sia che si parli di pratica profana (tarab), sia sacra (samàc ; dhikr); basti pensare alla mistica musicale sufita legata alla pratica dell'estasi indotta anche attraverso la musica, attraverso il suo "ascolto", o le numerose pagine dedicate a questi argomenti da teorici arabi a partire dal Kitâb âdâb al-samâc wa al-wajd (Libro sui buoni usi dell'ascolto e della trance) di al-Ghazz âlî (3).

Al-Hudjwiri, vissuto nel X secolo, autore del più antico trattato persiano di mistica, il Kashf al-mahdjub, scrive nel capitolo dedicato alla musica che "chiunque dica di non trovare piacere nei suoni, nelle melodie e nella musica è o un bugiardo ed un ipocrita o è fuori di senno e si trova al di fuori della categoria dei viventi (uomini e bestie)" (4).

Infatti uno dei concetti prevalenti dai primi scritti sulla musica fino ai nostri giorni sarà quello legato agli arcani ed irresistibili poteri della musica, capace di esercitare un'influenza che va dal singolo individuo, alle società, all'intero ordine universale. Del resto un analogo occidentale, più tardo invero, si ritrova nella connessione tra i poteri della musica con gli 'spiriti', gli affetti e le affezioni melanconiche nel De Triplici Vita di Marsilio Ficino (5).

Comunque nella cultura araba, come per la Grecia o per l'Occidente cristiano più evoluto, lo studio della musica, più teorico che pratico, diviene obbligatorio per ogni uomo acculturato; dal X secolo fioriscono trattati di filosofi e letterati che indagano sulla natura della musica, sul suo fine, sul suo significato e la sua origine; ciascuno studioso fornisce risposte che riflettono il suo background intellettuale e ideologico.

Un vero e proprio turning point nella ricerca di carattere musicografico prende comunque avvio nel IX secolo come risultato della grande impresa di traduzione di un cospicuo numero di trattati greci, alcuni dei quali dal siriaco. Nascono in questo periodo i primi trattati arabi che appartengono a pieno titolo alla categoria della musica speculativa (6).

La mistica araba, che ha sostanzialmente origine già nel VII secolo e si organizza in quello successivo, aspira ad un'esperienza immediata e personale della realtà divina ricercando l'unità con l'essere superiore e tentando di superare la scissione dell'io attingendo alla pienezza dell'essere.

Il misticismo islanmico vede, nel corso dei secoli, atteggiamenti assai diversificati che trovarono nel sufismo un movimento, per quanto dinamico, sufficientemente unitario dove prevalgono, a partire dal IX secolo, due grandi scuole/tendenze, una più radicale, Khurasariana, che vede in Abn Yazid al-Bistami e in al-Hallaj due sicuri punti di riferimento, e una, quella di Baghdad, più integrata nel legalismo islamico (Al-Harith al-Muhasabi).

Con la traduzione in arabo dei classici greci e siriaci, l'influsso della filosofia plotiniana si fece gradatamente sentire e il neoplatonismo portò le correnti mistiche a riflettere sulle analogie macro-microcosmiche che si integrarono perfettamente con una visione magico-miracolosa della vita e del rito religiosi.

E' proprio dalla mistica, soprattutto dal sufismo che abbiamo le maggiori attestazioni dell'importanza della musica e del particolare connotato che assume il fare, ma ancor di più il disporsi ad ascoltare la musica: l'effetto della musica, le passioni, più ancora che le emozioni, prodotte dalla musica, l'estasi e la trance musicali. Il termine utilizzato in questo caso è alquanto ambiguo e pericolosamente instabile: samac.

Per l'Islam sufita sia la musica che agisce sull'ascoltatore che l'ascolto musicale sono samac, in contrasto con l'arte musicale profana, denominata in vario modo (ma che pur può portare ad una certa estasi: tarab ) e con la teoresi, la filosofia della musica o la normativa compositiva che vien chiamata, dal greco, mûsîqî.

Il samac è definibile, nell'ambito sufita, come la categoria degli oggetti d'ascolto(7). Scrive al-Ghazzàli fin dalla prima pagina del suo trattato: "Per l'estrazione delle cose segrete del cuore, non esiste altra via che l'acciarino dell'ascolto (samâc) e non vi è ingresso nel cuore se non attraverso l'anticamera delle orecchie"; la categoria delsamac si costituisce a livello del percettore; la trance estatica ha manifestazioni assai diverse a seconda che avvenga o meno durante ilsamac: in questo caso essa è rivelazione e ispirazione.

Il buon uso del samac consiste nel non abbandonarsi ad esso e nel dominare le sue manifestazioni e l'agitazione. Il superamento della trance (wajd), quando viene completamente controllato, dominato e sublimato giunge alle soglie dell'estasi (fanâc) che è uno stato di annullamento delle facoltà umane in Dio: spesso quest'estasi è il risultato di un'altra pratica, quella del dhikr.

Esso assume due forme: dhikr solitario o dei privilegiati o segreto e dhikr collettivo o volgare o pubblico.Il p rimo comporta tre livelli di ascesi e sfocia nell'estasi, il secondo è una ricerca della trance ad un solo livello di ascesi. Il primo è silenzioso, interiorizzato, il secondo ha a che vedere moltissimo con la musica e la danza: è quest'ultimo che può sfociare nelle danze dei dervisci o, al limite, nei fenomeni di fachirismo.

Ma poi, come sempre accade in un universo proteiforme e dinamico come quello islamico, non è facile stabilire dove inizia il dhikr e dove termina il samâc; dove l'uno sostituisca l'altro, dove vi siano analogie, dove contrapposizioni di casta o diversificazioni temporali o geografiche.

Nell'affrontare la questione del samac, infatti, non possiamo che considerare e non possiamo che riferirci a un'analogia sostanziale con l'immagine che ci vien data (e da sé stesso), nel corso dei secoli, e fin dalla scomparsa di Maometto (631/32 E.V.), dell'Islam.


http://www.arab.it/arte/images/musica_araba_ud.jpg
Ud ("legno"), strumento fondamentale nella musica araba - Immagine tratta dal sito http://www.arab.it/

Siamo di fronte all'emergere di un panorama di distinzioni, quando non di divisioni o di atteggiamenti scismatici che, oggettivamente, per ragioni diverse, non ultime quelle della genericità e soggettività del messaggio religioso e soprattutto della mancanza di un forte gerarchi sino centralizzato ecclesiastico (precocemente presente e vincente invece nella Chiesa Cristiana d'Occidente) che segna distintamente la storia dell'Islam.

E' vero infatti che, fors'anche per il fatto che nessuna religione rivelata è più facile da abbracciare dell'Islam, con la recitazione della ben nota professione di fede (shahada) che da accesso alla comunità dei credenti: "Non vi è altro Dio all'infuori di Dio e Maometto è l'inviato di Dio" e che implica la sottomissione (taslim) a Dio e l'imitazione (taqlid) del Profeta e che hanno nel Corano, quindi nella Sunna , con la tradizione dell'hadith (i detti) e della sira (la vita del Profeta), i testi di riferimento.

Ma già a questo punto le divergenze tra le varie sette si fan sentire, dalle differenze tra la sira sunnita e quella sciita e, prima ancora, financo sulla legittimità e preminenza della Sunna, fino alle divergenze riguardanti le fonti soggettive dell'Islam; per tutto ciò rimando, comunque, alla
ricca bibliografia disponibile anche in lingua italiana.

Ricorrendo peraltro tutte queste distinzioni e diversificazioni in una cultura che molto spesso fa coabitare, se non coincidere, l'ambito del sacro e del profano, religione e società, negli scritti di argomento musicale, in un'ottica più o meno lata, o che comunque di musica vengono ad occuparsi, ritroviamo le stesse polemiche, gli stessi contrasti e, talvolta, le stesse contraddizioni che hanno da sempre connotato l'Islam, sia all'intento della società civile come di quella religiosa.

Fino a produr re un lessico ricchissimo e di difficoltosa interpretazione anche per ciò che attiene il concetto di Musica visto da varie ottiche e varia mente connotato nel tempo, nello spazio e nelle occasioni. Così valga per il termine samâc, utilizzato essenzialmente in ambiente mistico come termine d'elezione per indicare sia l'ascol to musicale che la musica che vien ascoltata, il "concer to spirituale", come talora malamente, dato il conte sto, vien tradotto.

Vediamone l'utilizzazione nell'occidente arabo, un luogo geografico e culturale islamico per varie e ben note ragioni assai vicino, e non solo fisicamente, al rapporto con le altre "Genti del Libro" Contatti stretti tra mondo orientale e mondo cristiano vi sono in Spagna (ed il centro principale sarà Saragozza) dal IX-X secolo in poi, e non solo in Spagna, ovviamente.

Da un lato esistono comunque matrici comuni dal punto di vista speculativo, pur nelle differenze nella gestione del patrimonio culturale greco-bizantino che sta alla base dell'ars musica come della mûsîqî dall'altro persistono comuni matrici per ciò che attiene i processi compositivi, più ancora che le forme, che accomunano per lungo tempo le genti mediterranee.

Prima dunque delle Crociate esiste un'osmosi tra le due culture, o meglio, tra parti di esse, dovuta a fattori di vicinanza fisica, di relazioni politiche, culturali, mercantili.

Quel che è fondamentale della chiamata al Santo Sepolcro è l'opportunità di superare barriere geo-sociali da parte di strati sociali e di genti che non avevano un contatto diretto se non assai sporadico o ne godevano di uno for temente mediato, con il pensiero, i costumi, la lingua, di tutto il bacino meridionale e orientale del Mediterraneo: si tratta di riper cussioni sull'immaginario collettivo, di estrema importanza, oltreché di importazione di abitudini o di mezzi (strumenti); val la pena però di dimensionarne i portati.

Ma è pur vero che nella pratica musicale colta (documentabile) e nella Teoria Musicale, gli eventuali debiti alla cultura araba sono sostanzialmente collo cati in un ambito cronologico assai più vasto di quello dell'epoca delle crociate e soprattutto assai anteriore ad esso.

Dalla metà dell'XI e fino al XIII secolo si sviluppa in Europa una nuova atmosfera, un risveglio intellettuale che coincide con una prima idea di "europeismo", come qualità tipicamente europea, cui l'impresa politico-culturale federiciana darà un con tributo essenziale.

Accanto a rapporti commer ciali con l'Oriente si fa così strada l'idea di una vera e propria campagna di espan sionismo coloniale, che trova nelle crociate una forte giustificazione spirituale: si tratta anche di far presidiare e proteggere le basi mercantili europee in oriente da parte di guarnigioni.

Se dall' VIII secolo la Spagna era stata occupata dagli "arabi" e si stava ora conso lidando il piano di riconqui sta, sostanzialmente attuato intorno alla metà del XIII secolo e completato definiti vamente con la cacciata di "mori" ed ebrei tra la fine del XV e l'inizio del XVII secolo, ora gli Europei tentavano l'occupa zione di territori arabi.

Il sapere arabo, che è anche "traduzione" del sapere greco-romano entra sempre più in contatto con il cuore dell'Europa, non solo attraverso la parta pirenaica, non soltanto in zone ben delimitate lega te a traffici o schermaglie militari o all'assorbimento normanno della cultura siculo-araba.

Nella stessa idea di Università c'è forse più che un ricordo delle scuole arabo-persiane in oriente ma soprattutto in Spagna, con conseguente parziale affrancamento da un controllo estremamente rigido della Chiesa.

Non è questa la sede per ricordare l'origine araba di una pletora di vocaboli relativi alle scienze medievali. Anche la scienza musicale risente di questi influssi: forse meno di altre in quanto essa sola, tra le discipline quadriviali, mantiene un rapporto intenso con la cultura chiesastica che, nel bene e nel male, può rappresentare un freno a sincretismi arditi come quelli ponibili in opera da e attraverso il binomio mûsîqî- samâc.

Il continuo richiamo alla pratica, anche nel caso delle scuole più tradizionali, la continua sperimentazione sull' cud, nonché la conoscenza di alcuni trattati greci in cui vengono esposte non solo posizioni cosiddette "canoniste", ma anche "armoniste", hanno senz'altro segnato il destino della speculazione teoricomusicale.

Se da un lato essa ha mantenuto i suoi caratteri più cosmologico-etici, dall'altro ha affrontato il Problema Acustico relativo alla divisione degli intervalli dell'ottava musicale, ed al loro temperamento, con ampio anticipo rispetto alla trattatistica occidentale cristiana, pur non arrivando a nessun risultato definitivo fors'anche per ragioni di differenziazione razziale, culturale, politica, sociale che hanno caratterizzato ed ancora caratterizzano, anche da questo punto di vista, il mondo "arabo" attuale; giovi ricordare che solo nel 1932, nel corso di un Congresso Musicologico panarabo sono state fissate alcune direttive relative a forme, ritmi e modi, nonché accordature.

La questione dell'accettazione o meno del samâc nell'ambiente maghrebino e spagnolo è questione assai delicata: tende qui a prevalere, fin dall'VIII secolo dell'era cristiana la corrente malikita che si collegherà ad una precisa scuola giuridica e rimase il principale elemento costitutivo dell'identità religiosa della Spagna musulmana; è vero peraltro che fin dal IX secolo si diffondono in questi territori la teologia musulmana e il mutazilismo provenienti dall'ambiente persiano, con una amalgama di escatologia e teologia cristiana, mistica, profetologia e giurismo ebraici, idee neoplatoniche, sciite e sufi; pur se le tendenze mistiche vennero sempre viste con sospetto e ne fu contenuta al massimo ogni estemazione pubblica.

Nell'ambiente a noi forse più vicino, quello ispanicomaghrebino, abbiamo, nel corso del tempo, varie prese di posizione sul samac, vorremmo qui compendiarne alcune a dimostrazione della mutevolezza di atteggiamento nei confronti di questa pratica.

lbn al-`Arabi è uno dei massimi sufi che l'Islam abbia conosciuto, tanto da esser conosciuto come alshaykh al-akbar (il grande maestro). Nacque a Murcia nel 1165 E.C. e morì in Damasco nel 1240. All'età di otto anni si reca a Siviglia dove vive fino al 1194; lascia quindi la Spagna alla volta di Tunisi, Fez, la Mecca, dove resta due anni, visita quindi l'Egitto, Baghdad, ed infine Damasco, nel 1230.

La sua tomba, come spesso accadde per i grandi personaggi della religione islamica in odor di santità, fu oggetto di culto. Egli stesso ci dice d'aver scritto circa trecento lavori, di cui due, il futûhât al-makkiyya e il fusûs al-hikam gli diedero la fama di massimo tra i mistici. Si considerò illuminato da Dio e molti teologi rigoristi gridarono allo scandalo per le espressioni a volte ai limiti di un'apparente blasfemia, presenti nelle sue opere.

In diversi suoi scritti troviamo riferimenti al samâc: quattro capitoli dell' Akhlâk al-sufiyya (Modi e costumi dei sufi) sono dedicati a questa pratica. Nel XII esso vien lodato, ne viene stabilita la versione legittima, viene connesso alla poesia cantata, alla bellezza della voce, all'estasi, alla danza e ne viene esaltato il potere di influsso; nel capitolo seguente si commenta criticamente il sostanziale tradimento intellettuale e religioso che caratterizza il samâc eccessivo e spettacolare di certe categorie di mistici; nel XIV capitolo vien rigettato l'uso di qualsiasi mezzo artificiale nel samâc: si otterrebbe un estasi di conseguenza artificiale, quindi imperfetta: il mistico che raggiunge il grado di elevazione divina del samâc spirituale non necessita di altre stimolazioni o di esser eccitato esternamente (questo punto è poi ripreso nel futûhât al-makkiyya) .

Il XV capitolo reca una serie di indicazioni normative sulla buona condotta del samâc e sulla gestualità mistica di colui che conduce la pratica, lo shaykh. La summa della scienza mistica di Ibn al`Arabi è il testo intitolato al-Futûhât al-makkiyya, (Le rivelazioni della Mecca) scritto tra il 1202 e il 1231.

L'opera è divisa in sei grandi sezioni suddivise a loro volta in 560 capitoli che delineano un vero e proprio compendio descrittivo e normativo della scienza mistica. I capitoli 182 e 183 della seconda sezione sono dedicati al samâc vi si trattano le due categorie di samâc: il mutlak (libero o privo di suono) e il mukayyad (legato alla musica), quest'ultimo può esser di tre tipi: ilâhî (divino), rûhânî (spirituale) e tabîcî (naturale o sensuale).

Il samâc ilâhî è "da ogni cosa, in tutte le cose e per tutte le cose"; coloro che raggiungono questo livello parlano con Dio anche quando conversano con le sua creature, comprendono Dio perché Egli è in atto in tutto ciò che essi odono; il samâc spirituale consiste nell'udire con un orecchio spirituale come tutte le cose cantino la Gloria di Dio, nel cogliere e assaporare il loro senso; la vita passata è una pagina bianca, mentre il mondo e i suoi abitanti sono un libro scritto; le lingue delle creature sono le penne con cui Dio scrive la creazione: di conseguenza ci si deve comportare conformemente alle parole, suoni e lettere scritte dalle penne di Dio dopo averle udite con l'orecchio spirituale e aveme colto il significato; l'ascolto naturale o sensuale riguarda il samâc protocollare così come vien praticato dai sufi, esso è collegato, attraverso le quattro corde del cûd, ai quattro elementi e ai quattro temperamenti.

Nel capitolo 183 si dice che non si può rinunziare al samâc libero o privo di suoni (mutlak), quel che i sufi anziani abbandonano è il samâc mukayyad, legato alla musica. Dice al-Shiblî: "il samâc vien proibito al neofita e non è necessario all'anziano, solo la categoria di mezzo ne abbisogna", mentre segue un elenco di casi in cui il samâc non viene raccomandato.

Ibn a l-cArabî scrive anche un trattato sul microcosmo: alTadbîràt al-ilâhiyya fi islâh al-mamlaka al-insâniyya (Le regole divine nel riformare il regno umano).

Nell'ultimo capitolo, il ventunesimo, del libro, intitolato "Sulle cause dei gemiti, delle voci e dei movimenti del corpo connessi al samâc egli si occupa del samâc come di uno dei misteri divini, caratteristica dell'esistenza suprema; vengono enumerate due categorie di ascoltatori: coloro che ascoltano con l'anima e quelli che ascoltano con la mente; questi ultimi sentono in, da e attraverso ogni cosa, indipendentemente dalla musica in sé, la loro estasi si esprime in uno stato di stupore e immobilità; quelli invece che ascoltano con l'anima possono soltanto sentire attraverso ritmi e melodie piacevoli e la loro estasi viene esternata con il movimento del corpo.

Altre sono le posizioni di lbn al-Hâdjdj, giurista malikita del XIV secolo nato al Cairo e conosciuto per il trattato Introduzione alla venerabile legge (Madkhal al-shar ' al-sharf). L'intendimento di al-Hâdjdi è quello di divulgare, volgarizzare le proprie conoscenze nell'intento di collegare strettamente atti e intenzioni, azione e conoscenza.

Vi è nell'opera un capitolo dedicato al samâc , diviso in undici paragrafi, dove si leggono prese di posizione di rifiuto della pratica musicale estatica di ogni tipo: si rimprovera l'esagerazione dei praticanti il samâc contestandone il convincimento che la musica e la danza porterebbero ad uno stato di estasi e di unione mistica: l'autore ritiene che questo stato, una volta raggiunto grazie ad atti illeciti, sia piuttosto un'illusione diabolica.

Le pratiche legate a questo samâc andrebbero messe fuorilegge, così come va rifiutata la celebrazione del dhikr nelle moschee quando includa danze ed uso di strumenti (come il kadîb) inventati dai "senza dio" per far allontanare i musulmani dal Libro di Dio.

Vien condannata anche la musica come pratica artistica profana (ghina'), l'ascoltare il canto delle fanciulle, e gli strumenti musicali (malâhi). Di più: la musica ha un effetto distruttivo e dannoso sul comportamento e sulle capacità di giudizio e raziocinio, inducendo le persone a comportarsi come dei folli.

Malgrado questo sembra possibile, da parte di personaggi autorevolmente pii e devoti, praticare il sarnác o il dhikr. Un Kitâb al-imtâc wa'l-intifâc fi mas'alat samâc al-samâc
(Il libro della gioia e dell'utile nell'ascoltar la musica) viene attri buito dai più a Muhammad ben Ibrâhîm al-Shalahî, probabil mente un musicista spagnolo vissuto nel XIV secolo.

Il libro fu scritto per il Sultano almoravide Abû Yackûb ben abî Abd al-Hakk, che regnò tra il 1286 e il 1307. Da quanto dice il titolo stesso, si tratta di un'opera favorevole all'utilizzazione della musica, pur in un momento storico in cui, anche grazie alla pre senza almoravide in Spagna, il malikismo avverso alla pratica musicale tendeva a prevalere.

Non siamo di fronte ad uno scritto sufi, e la musica vi è trattata nei suoi aspetti più vari: organologi ci,sociali, religiosi, giuridici. Al termine del secondo dei tre capitoli in cui è diviso il lavoro si danno una serie di informazioni sul samâc sufita.

Fortemente avversa al samâc è peraltro una delle maggiori autorità giuridico-tradizioniste del mondo arabo, al-Turtûshî, nato a Tortosa, appunto, intorno alla metà dell'XI secolo. Studiò a Tortosa e a Saragozza per poi intraprendere il pellegrinaggio alla Mecca che lo portò pure a Baghdad, Bassora, Damasco, Gerusalemme, il Cairo ed Alessandria.

E' proprio da un suo trattato che prende il titolo questo lavoro: Mas'ala fi'l-samâc . E' una risposta ad una domanda relativa al samâc dei sufi, al loro canto con l'accompagnamento del kadîb, alla danza da loro praticata e alla trance. La risposta non ammette repliche: tutte le pratiche sufite sono vane, fallaci e stolte; l'unica dottrina dell'Islam è quella che fa assegnamento sul Libro di Dio e sulle nonne dettate dal Profeta.

La danza dei sufi è del tutto simile alla danza intorno al Vitello d'Oro che è tipica dei "senza dio", il battere ritmico del kadîb è un'invenzione manicheista per sviare i musulmani dalla via del Libro di Dio. Chiunque accetti il samâc è un eretico, un ateo e questa pratica dovrebbe esser bandita dalle moschee.

Ancora più chiara è la posizione di al-Turtûshî come si delinea nel Kitâb tahrîm al-samâc (Libro sulla proibizione dell'ascoltar la musica). Il rito malikita proibisce la musica e il suo ascolto: il canto e la danza vengono collegati al bere vino e alla fornicazione e han preso origine con Satana; gli strumenti sono proibiti e non è legittimo che i musicisti pretendano denaro per le loro empie prestazioni.

Gli effetti della musica son come quelli instupidenti, depravanti e degradanti del vino. In risposta poi a coloro che citano l'hadith in favore della musica, intesa come ghinâ' in quanto il termine sarebbe stato proferito dal Profeta stesso, al-Turtûshî spiega che il termine ghinâ', dal punto di vista etimologico, significa innalzamento della voce: è stato usato per il canto, e la musica in generale, solo per estensione.

Gli attacchi al samâc e al sufismo si sprecano: c'è troppo fasto nelle loro cerimonie estatiche, troppi eccessi, e i benefici effetti della musica sono inesistenti. Si tratta solo di alcune indicazioni, fortemente connotate geograficamente. Fiumi di parole son stati scritti da parte di letterati, giuristi, teologi, guide spirituali, sufi e filosofi sul samâc: Il dibattito ha visto posizioni assai diverse e divergenti che vanno dalla completa negazione alla totale ammissione di ogni forma o atteggiamento musicale, compresa la danza, passando per ogni possibile grado intermedio.

Saranno soprattutto gli ordini mistici, per i quali la musica e la danza rappresentano una parte cospicua degli esercizi spirituali e del cammino verso la trance estatica, a partecipare attivamente a polemi che infinite che non trovane nel Corano alcun modello comportamentale certo ed esemplare. Nessuna autorità giuridica o religiosa è in grado di proibire o autorizzare alcunchè a priori sulla base di una decisione personale: ogni argomentazione in un senso o nell'altro deve obbligatoriamente basarsi o su riferimenti precisi ai testi sacri, o sull'analogia.

E se il testo di maggior sacra lità è ovviamente il Corano, ad esso ricorreranno sia coloro che si oppongono, sia coloro che ricorrono alle pratiche musicali legate ad aspetti spirituali e/o estatici; il fatto è che nel Corano non viene fatto alcun riferimento esplicito alla musica e ci si rivolge così all'esegesi, citando la Sura XXXI,5 dove si dice che "Tra gli uomini vi è chi compra storie ridicole per traviare gli uomini dal sentiero di Allah e burlarsi di esso" (in alcune lezioni abbiamo "storie facete") e vedendo in questo un qualche richiamo alla musica che alcuni commentatori leggono come l'acquisto di donne canterine, altri interpretano come la preferenza accordata al canto e agli strumenti musicali piuttosto che al Corano; del resto questa sura, con altre 29, per una particolarità legata all' esegesi, conterrebbe versetti "non espliciti", la cui interpretazione allegorica è nelle mani di Dio.

Per converso, i sostenitori della musica (e qui intendiamo il samàc) fan riferimento alla Sura XXXV,1 : "Egli aggiunge alla creazione quello che vuole" riferendolo ad una voce meravigliosa, un tema lungamente discusso nella letteratura musicale araba, sia riferita all'ambito sacro che profano.

Così i versi della Sura XXXIX, 17-18 vengono riferiti al canto: "Così do buoni consigli ai miei servi che danno ascolto all' al-qawl (la parola parlata) e seguono quelle più amabili"; del resto, il termine al-qawl viene ancor oggi usato nella musica popolare per indicare l'intonazione cantata della poesia popolare; ma le traduzioni sono sempre approssimative, se quella italiana rivista e controllata dottrinalmente dalla Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia suona invece: "Annuncia la lieta novella ai Miei servi che ascoltano [attenti] la Parola é obbediscono a quanto di meglio essa contiene".

Gli argomenti son poveri dall'una e dall'altra parte, e fors'anche azzardati nell'interpretazione musicale: vien in mente, a proposito del primo, un passo molto conosciuto della mistica ebraica proveniente dal Talmud Babilonese, nel libro denominato Masseket Hagigah si parla dell'apostasia di Elishà ben Avuyàh, per ciò detto Aher, l'Altro; "il canto greco non cessò dalle sue labbra" si dice di lui; questa affermazione darà poi origine ad un apologo ben più tardo del Talmud, ove la ragione dell'abiura (per diventare forse gnostico dualista) starebbe nell'aver intonato troppe canzonette greche: nell'essersi troppo invischiato nelle questioni della filosofia, secondo qualche commento, superando ogni questione canora o musicale.

In mancanza di sicuri riferimenti coranici la polemica si sposta sull'hadîth, la raccolta dei detti del Profeta, di cui esistono varie versioni che raccolgono alcune migliaia di aneddoti scelti tra diverse centinaia di migliaia. Ma anche qui vi son frecce per l'arco di chiunque. La pratica del samâc non è quindi rappresentativa della concezione musicale di tutto l'Islam, né può o deve esser considerata una tradizione formante o generalizzata nel tempo e nello spazio.

La tendenza alla non separazione di un'autorità religiosa da un potere civile, la dottrina e la vocazione "sociale" dell'Islam, hanno tra l'altro contribuito, nel campo della musica, ad attenuare enormemente, fin dal VII secolo, la dicotomia riscontrabile invece in occidente tra musicus e cantor proponendo una figura di musicus perfectus che per esser tale deve possedere una naturale disposizione per la musica, creatività e virtuosismo tecnico, uniti ad una somma di conoscenze di carattere enciclopedico richieste dall'educazione del tempo.

La pratica musicale comunque non entra a far parte dell'iter educativo istituzionale per il sospetto generato nella generalità dei filosofi arabi dalle reazioni di sovraeccitazione e dalla carica di sensualità evocate dalla musica e viste quali elementi di disgregazione del ricercato equilibrio sia psicofisico che sociale; tra i non sufi il samàc, per esempio, è equiparato, in negativo, al mahâhî quale stato di distoglimento, come afferma il teologo e giurista Ibn abi` l-Dunyâ (IX sec).

L'atteggiamento nei confronti della musica è sempre stato dunque ambivalente proprio perché mai passivo, comunque coinvolgente, anche quando non si raggiungono parossismi collettivi o estasi private. In gruppi marginali i rituali collegati alla musica (samàc e dhikr) posso no prevedere comportamenti di tipo fachirico: i partecipanti si strappano le vesti, pervengono a stati di modificazione di coscienza che permettono il camminare sulla brace o il tener tra le labbra carboni ardenti, il masticar vetri, le automutilazioni.

Tra questi gruppi troviamo la comunità di esorcisti marocchini degli Hamâdîsha, i Bûrî tunisini, la confraternita nera degli Ghnâwî del Nord Africa, il gruppo errante degli Haddâwa del Marocco, i dervisci Qalandar "gioiosi in Dio", i Y azîdiyya. La gran parte delle comunità mistiche si limita però ad utilizzare i rituali di tipo musicale per giungere al wadjd, la trance.


http://sepiensa.org.mx/contenidos/historia_mundo/media/islam/que_es/img/ques_2.jpg
Dal sito http://sepiensa.org.mx/

Questa può esser "musicata" o "musicante" e cioè coinvolgere chi ascolta (o agisce danzando) o chi suona. Un esempio assai conosciuto è quello dato dai Mevlevi, i cosiddetti "dervisci rotanti" nel corso della cerimonia detta mukabele. I danzatori (semazen) si pongono sul palco attorno alla loro guida (semazen bashi) ed indossano ampie gonne bianche, mantelli neri e berretti appuntiti per simboleggiare nel corso della danza la vittoria nei confronti della morte e la connessione di ciò che è terreno al mondo celeste; la danza infatti prevede una sorta di trance (quando viene realizzata nelle cerimonie e non ad uso spettacolare) dovuta al roteare dei danzatori su loro stessi e al lento traslare attorno alla loro guida in una sorta di danza mimetica del movimento delle sfere celesti.

Questo rituale molto curato, intellettualizzato e fortemente spirituale talora contrasta con la trance frenetica che si ottiene nel corso del dhikr pubblico, anche se è pur vero che spesso le due pratiche tendono a confondersi.

Nella ricca letteratura sulla danza sacra ed estatica nei mistici possiamo rilevare che l'atto del danzare vien normalmente associato al cantare, al batter le mani e al suonare strumenti: un tutto composito che assume il nome di samâc . La danza estatica è un mezzo per raggiungere il sublime, aiuta coloro che hanno raggiunto un grado avanzato di gnosticismo a giungere più vicini a Dio, ma la sua pratica da parte di un neofita è da considerarsi pericolosa; in essa la concentrazione e la meditazione portano all'unione mistica.

Malgrado questo ci sono diversi maestri delle prime generazioni del misticismo che disapprovano la danza e l'eccitazione fisica come metodi per raggiungere la trance estatica, perché spesso essa vien come indotta artificialmente, o peggio simulata.

Così le autorità mistiche avversano fortemente certe pratiche considerate stravaganti, come le esibizioni intimamente false ed ingannevoli dei dervisci che danzano nelle piazze ed in luoghi pubblici, o danno spettacoli, di coloro che ostentano pratiche di fachirismo, come il sedere su carboni ardenti, il trangugiare cocci di vetro, o l'automutilarsi; essi abusano della cerimonia del samâc che ha tutt'altra profondità e motivazione.

E' ovvio che gli attacchi più violenti in questo senso vengano dai canonisti e teologi che considerano qualsiasi forma di danza una depravazione o peggio ancora, fino a vedere in essa i segni dell'eresia, del politeismo, dell'apostasia. Viene spesso fatto riferimento alla danza "atea" intorno al Vitello d'Oro.

Comunque sia, questo samàc' danzato contiene delle costanti che ci vengono, dall'una o dall'altra fonte, tramandate. Questa danza è in effetti, nei suoi aspetti più generali, un movimento fisico eseguito collettivamente da iniziati che stanno tutti in fila o in cerchio; spalla a spalla, qualche volta battendo le mani o ripetendo ossessivamente frasi prefissate, i fedeli ondeggiano avanti e indietro, alzandosi e abbassandosi, ciondolando energicamente il capo, seguendo la voce del precettore, talvolta, il pulsare ritmico di tamburi o altri strumenti.

Accanto a pratiche di questo tipo la mistica musicale araba pone rituali di guarigione (hadra) basati sull'eccitamento estatico del paziente dovuto sovente alla danza comune di guaritori e malati; gli Hamâdisha del Marocco ed altre comunità egiziane e sudanesi praticano danze, talvolta accompagnate da atti di automutilazione, di tipo esorcistico.

La questione dell'azione della musica sull'animo umano, pur appartenendo a tutte le culture, ha trovato nella società islamica un terreno particolarmente fertile affiancandosi a pratiche relative alla musica non religiosa e correndo su binari paralleli a quelli della musica sacra legata alla liturgia e innestandosi su di un substrato mistico particolarmente vivo e vitale che mette comunque l'uomo come essere percipiente e come destinatario finale del messagio divino, al centro dell'universo dei segni e dei sensi.

Shukran calâ kulli shay. Dumtum

Grazie di tutto. Vivete a lungo


Bibliografia essenziale

AL FARUQI, LOIS IBSIN, An Annotated Glossary of Arabic Musical Terms, London, Greenwood,1978

ALLEN, WARREN DWIGHT, Philosophies of Music History, New York,Dover Pubblications lire., 1962

FARMER HENRY GEORGE, "La musica dell'Islam", in Storia della Musica (The New Oxford History of Music), Milano, Feltrinelli,1962

FARMER HENRY GEORGE, Historical Facts for the Arabian Musical Influente, London, W. Reeves, 1930

GUETTAT, MAHMOUD, "La musique sacree dans le monde arabomusulman", in: Arcangeli P.G. (a cura di), Musica e liturgia nella cultura mediterranea, Firenze,Olschki,1988

HASSAN TOUMA, HABIB, La musica degli arabi, Firenze, Sansoni,1982

LAOUST HENRI, Gli scismi nell'Islam (tr. it. di S. Leoni), Genova, ECIG, 1990

LAPIDUS, IRA M., Storia delle società islamiche, 3 voll.,Torino, Einaudi,1993-95

LEON TELLO, FRANCISCO JOSE', Estudios de historia de la teoria musical, Madrid, Consejo superior de investigaciones científicas, Instituto espanol de musicologia, 1962

PALISCA, CLAUDE V., Humanism in Italian Renaissance Musical Thought, New Haven & London,Yale University Press, 1985

ROUGET, GILBERT, Musica e trance, Topino, Einaudi,1986 SALAR EL MANDI, La musique arabe, Paris, Leduc,1972

SHILOAH AMNON, Music in the World of Islam, Aldershot, Scolar Press, 1995

SHIL,OAH AMNON, The dimension of Music in Islamic and Jewish Culture, Aldershot, Varionun,1993

SHILOAH AMNON, The Theory of music in arabics writings, RISM, B X, Miinchen, Henle Verlag,1979

STEUENS, JOHN,Words and Music in the Mialdle Ages, Cambridge, Cambridge University Press,1986

1 Una versione ridotta, in inglese, di questo articolo è stata pubblicata in G:Stefani, E.Tarasti, L.Marconi, (a cura di), Musical Signification Between Rhetoric and Pragmatics. Proceeahngs of the 5th International Congress ori Musical Signification - BOLOGNA 14-16 NOV. 1996, Bologna, Clueb,1998, pp. 329 sgg.

2 Cfr., ad esempio: Mahmoud Guettat, "La musique sacrée dans le monde arabo-musulman", in: Arcangeli P.G. (a cura di), Musica e liturgia nella cultura mediterranea, Firenze,Olschki,1988

3 Si veda a questo proposito il capitolo "Musica e trance preso gli Arabi" in: Gilbert Rouget, Musica e trance, Torino, Einaudi,1986, pp. 343 e sgg.

4 al-Hujwiri, Kashf al-mahjub, tr. ingl. di R.A. Nicholson, London, 1911; cit. in: Amnon Shiloah, The Theory of musi c in arabic writings, RISM, BX, Miinchen, Henle Verlag,1979, p. 1.

5 Per Ficino l'universo è un essere vivente: in esso vi è un principio vitale universale, (Anima del Mondo, che infonde alle membra del corpo mondano una vita altamente organizzata, modulata da leggi aritmo-musicali. Ne risulta un generale vincolo di simpatia tra le membra del mondo e le forme di vita del mondo sensibile. La musica non è dunque più esclusivamente metafora di un universo matematico, ma una stupenda potenza cosmica, sottoponibile a qualsivoglia forma di empirismo. Attraverso la vis imaginativa il poeta-musico può "catturare" le emanazioni dei pianeti imitando con appropriati ritmi l`ethos' divino, e indurne benefici per lo spirito umano fruitore. Ecco concepita la connessione tra teoria e pratica musicale e concezioni praticoastrologiche che Ficino sfrutterà per spiegare in termini razionali gli `antichi effetti della musica sull'uomo. Cfr., tra (altro, Stefano Leoni, "La melanconia e i poteri della musica: affetti, spiriti, furori e passioni nel pensiero musicale occidentale", in Ars Regia, 111, 14, 1993.

6 Cfr., ha l'altro, per una visione d'insieme riassuntiva della teoresi musi cale in lingua araba, S. Leoni, "Kanz al tuhaf al-musîqî..: " in: IRASM, Intemational Review of Aesthetics and Sociology af Music, Zagreb, I, 1997, in pubbl

7 Cfr Rouget, loc cit

8 Cfr. per esempio: Ira M. Lapidus, Storia delle società islamiche, 3 voll.,Torino, Einaudi,1993-95 o Henri Laoust, Gli scismi nell'Islam (tr. it. di S. Leoni), Genova, ECIG, 1990.

Dal sito http://www.medicinealtre.it/index.php
(Dalla rivista "Anthropos & Iatria" - anno 3 - n0 2 - 1999 - De Ferrari editore)

Silvia
26-08-02, 21:30
MICHAEL MAIER E L’ATALANTA FUGIENS
di Stefania Quattrone

Enigmatico medico di derivazione paracelsana, Conte Palatino, alchimista, promotore di riforme, Maier fu uno tra i principali teorici della dottrina Rosa – Croce. La sua fama è indissolubilmente legata ad uno dei più celebri libri di “emblemi” della storia, l’"Atalanta Fugiens", opera apparentemente bizzarra nella quale la musica ed altri elementi “artistici” formano un tutt’uno con l’esposizione ermetica.


http://www.silviadue.net/alchimia/atalanta_fr.jpg

Michael Maier nasce nel 1568 a Rindsberg, nell'Holstein, da una famiglia di origine protestante o forse anche ebraica. Nel corso della sua vita, comunque, Maier si dichiarerà profondamente cristiano. Dopo aver compiuto i suoi studi in medicina, nel 1596 si laurea a Basilea dove ancora circolano le teorie fIlosofiche del mago-medico Paracelso; nell'anno successivo si laurea in filosofia a Rostock. Nell'anno 1608 viene chiamato dall'imperatore alchimista Rodolfo II a Praga, per ricoprire la carica di medico di Corte.
A questa dignità professionale se ne aggiungono in seguito delle altre; infatti la sua inclinazione intellettualistica e allo stesso tempo empirista, nonché il suo prediligere tutto ciò che è arcano ed esoterico, stimolano notevolmente l'attenzione di Rodolfo, appassionato fautore delle scienze occulte, soprattutto negli ultimi anni di vita, tanto che Maier viene insignito del titolo di Conte palatino e nominato segretario privato dell'imperatore. Durante i quattro anni precedenti la morte di Rodolfo Il , Maier ha modo di assorbire la singolare atmosfera della Corte, attraverso la quale nei tempi passati transitarono famose personalità, come, ad esempio, John Dee, Tycho Brahe e Keplero. Benché quelle presenze non siano ormai che un ricordo, l'ambiente della Corte rodolfina è ancora permeato dalle loro "teorie", essendo rimasto così idealmente immutato.

Alla Corte di Praga soggiornarono oltre al Maier, altri numerosi ed eccelsi alchimisti, fra i quali Ruland, Croll, Khunrath e Dee. La loro attenzione non era soltanto rivolta alla rigenerazione dei metalli mediante l' uso della pietra filosofale bensì il loro interesse principale era la rinascita morale e spirituale dell'umanità. Così l'alchimia poteva essere espressa con un “simbolo” o con un “segno” allusivo, anzi il messaggio mistico dell' alchimista poté essere svelato interamente per mezzo di un simbolismo concreto, come si può vedere nelle opere di Michael Maier. È importante sottolineare che tutta la mentalità occultistica, intesa nel suo senso più lato, appartiene senza dubbio al concetto di “cosmologia" presente in Europa sul finire del Rinascimento.

Dopo la morte di Rodolfo II, Maier lascia Praga, intorno al 1612, per viaggiare attraverso l'Europa. Visita più volte l'Inghilterra, dove entra certamente in contatto con i più importanti esponenti del "neoplatonismo" alchemico, tra i quali il celebre filosofo rosacrociano Robert Fludd. Nello stesso periodo, Maier pubblica la famosa Atalanta Fugiens, importante libro di "emblemi" in cui l'alchimia spirituale è realizzata in modo insolito. Tornato in Germania, Maier diventa medico di Corte di Maurizio d'Hesse, Langravio d' Assia, entrando così in stretti rapporti con la cerchia dell'elettore palatino, profondamente legato al misticismo alchemico dei Rosa-Croce, dei quali Maier diventa indubbiamente uno dei portavoce ufficiali. Sorpreso a Magdeburgo dalla guerra dei Trent'anni, Maier scompare nel 1622 senza lasciare alcuna traccia. […]


L’Atalanta Fugiens rappresenta un unicum nella storia dell' alchimia in quanto si può considerare il solo testo noto dove le arti «grafiche», «poetiche» e «musicali» risultano strettamente legate alla trattazione ermetica vera e propria. Tanta esplicazione estetica si connette così sicuramente agli ideali filosofici rosacrociani, come abbiamo inizialmente sottolineato, ossia di un'arte che da un lato sia considerata come mezzo educativo e dall' altro richiami aspetti metafisici ben precisi, il tutto pervaso dal mistero del magisterio-alchimistico. Non bisogna dimenticare che molti esponenti dell'entourage di Rodolfo II si dedicarono a stabilire dei nessi tra meccanica e musica. In questo periodo, infatti, ebbe grande valore una compiuta “teoria metafisica” contenuta nel Harmonces Mundi, opera pubblicata da Keplero nel 1619; questa teoria sulla musica fu ripresa in modo interessante dagli alchimisti, che la considerarono atta a creare quell'atmosfera propizia occorrente per operare le trasmutazioni dei metalli.


http://www.silviadue.net/alchimia/atalanta1.jpg

Maier, seguendo anche le teorie degli alchimisti medievali, che denominavano il loro magisterio Arte della Musica, divenne uno degli esempi più importanti di questa connessione musica-alchimia. Nell’ Atalanta Fugiens già il titolo sottolinea le valenze musicali del testo, anche se a prima vista esso non è che un riferimento al mito di Atalanta (Atalanta, figlia di Scheneo, re di Sciro, aveva un' agilità così grande da essere imbattibile nella corsa. Restia a maritarsi alle insistenze del padre accettò di prendere come sposo il pretendente che fosse riuscito a batterla in una gara di corsa, ma ponendo come condizione che gli sconfitti fossero messi a morte. Parecchi si cimentarono nell'impresa, fallendo, finche Ippomene riuscì a spuntarla grazie ad uno stratagemma suggeritogli da Venere: durante la gara lasciò cadere in terra tre mele d'oro e Atalanta si fermò a raccoglierle, sciupando tanto tempo prezioso da perdere la corsa).
Il titolo dell’ Atalanta Fugiens allude quindi alla storia di Atalanta che “fugge”, mito che per gli ermetisti aveva significato particolare, ma al tempo stesso è un' allusione alla parte musicale del testo, basata su quella forma musicale chiamata appunto fuga (elaborazione contrappuntistica di uno o più temi). Più precisamente Maier usa canoni musicali a tre voci ricorrenti in cinquanta fughe che accompagnano altrettanti emblemi; le une e gli altri costituiscono un insieme permeato di un complesso simbolismo. Gli emblemi presenti nell' Atalanta Fugiens vanno considerati indubbiamente i più belli della tradizione ermetica, e sono da attribuire quasi sicuramente al famoso Matthaus Merian, abile incisore svizzero.


http://www.silviadue.net/alchimia/atalanta2.jpg

Che si tratti di un libro di Emblemi Chimici riguardanti i segreti della Natura è annunciato già nel peculiarissimo frontespizio, dove appunto Maier scrive: Atalanta Fugiens, hoc est Emblèmata Nova ne Secretis Naturae Chymica, Accommodata partim oculis et intellectui, figuris cupro incisis, adjectisque sententiis, Epigrammatis et notis, partim auribus et recreationi animi plus minus 50 Fugis Musicalibus trium Vocum, quarum duae ad unam simplicem melodiam distichis canendis peraptam, correspondeant, non absq, singulari jucunditate videnda, legenda, meditanda, intelligenda, dijudicanda, canenda et audienda (Atalanta Fugiens, ovvero Nuovi Emblemi Chimici sui Segreti della Natura, adatta in parte agli occhi e all’intelletto attraverso immagini incise su rame con annesse sentenze, epigrammi e note, in parte al piacere dell’udito e alla ricreazione dell’animo attraverso circa 50 fughe musicali a tre voci, delle quali due corrispondono ad una semplice melodia adatta ad accompagnare dei distici cantati, non senza un singolar diletto nel vedere, nel leggere, nel meditare, nel capire, nel giudicare, nel cantare, nell’ascoltare). Si osservi a questo proposito come Maier, sintetizzando in sette specifiche fasi il percorso ermetico che l’attento lettore deve idealmente perseguire, si riferisce fin dal frontespizio dell’Atalanta Fugiens ai sette gradi del magistero alchimistico. Si noti inoltre come Maier in questo frontespizio, così come in altre sue esposizioni, tende ad usare il termine di “scienza chimica” al posto di “scienza alchemica”.


http://www.silviadue.net/alchimia/atalanta3.jpg


L’alchimia e la musica sono protagoniste anche di un'altra opera di Maier: l' Examen Fucorum Pseudo - Chymicorum Dectorum, pubblicata a Francoforte nel 1617. In questo scritto l'autore espone la sua particolare visione in base alla quale la scienza alchemica è da considerarsi come un compendio di numerose conoscenze che viene ad appoggiarsi, secondo le note concezioni classiche, a tutte le "Arti Liberali”. Così l'aspetto neoplatonico del discorso di Maier è ribadito quando, appunto, l'autore dichiara che il sapiente alchimista non soltanto deve essere profondamente edotto di tutte le arti, tra le quali la musica e la scienza medica, ma soprattutto deve aver raggiunto quella perfezione interiore necessaria al compimento della sua “ars-regia”. Del resto queste concezioni del pensiero rosacrociano, ossia lo studio dell'alchimia spirituale e del suo significato religioso, non solo trasparivano già nella famosa opera di John Dee Monas Hieroglyphica (1564), ma erano anche presenti nelle teorie filosofiche di Lutero.

È infatti all'inizio di questo XVII secolo che l'influenza ermetica raggiunge il suo apice e l'attesa renovatio, di cui tanto parlano i manifesti rosacrociani della Fama e della Confessio, si propone sostanzialmente di comporre una ricongiunzione degli aspetti sia spirituali che scientifici dell' umano operare, svelando così quella identità fondamentale tra interno ed esterno. Quest'idea secondo la quale nell' alchimia confluisce il senso di tutto il lavoro umano, o meglio, che nella sua essenza 1'”ars-regia" sia un' esaltazione dell’ ”homo-faber”, è espressa in maniera esemplare nell' Atalanta Fugiens, dove appunto Maier dice: ... Ricevi dunque in un solo libro quattro specie di cose: composizioni allusive, poetiche, allegoriche, emblemi nel venereo rame incisi e di venerea grazia adorni, verità chimiche secretissime che l'intelligenza tua sonderà, infine musiche delle più rare: fa buon uso di ciò che t'è qui dato. Se l'uso sarà più intellettuale che materiale, un dì ne trarrai maggior profitto, Ma se primi opereranno i sensi, ricorda: passar dai sensi all'intelligenza non è facile come traversar una porta. Niente, dicesi, è nell'intelletto che non fu in un senso, e l'intelligenza umana nata a questa vita pare una tavola rasa su cui nulla fu ancora scritto, ma dove tutto può scriversi coi sensi, com’essi fossero uno stilo. E si dice pure volgarmente: Non si brama ciò che si ignora…

Il sogno del medico-umanista Michael Maier di realizzare un mondo ideale come quello descritto da Johann Valentin Andreae nella sua utopistica città di Christianopolis, permea l' intera composizione dell' Atalanta Fugiens. Ma il concetto maieriano di una conoscenza tout-court, prendendo forma nel momento in cui stava per nascere il moderno pensiero scientifico, rappresentato da personalità quali Francis Bacon e Isaac Newton, era perciò fatalmente destinato a dissolversi, anche se gradualmente.
E nonostante si cominci ad avvertire nell' Atalanta Fugiens la difficile situazione storica del momento, nelle sue pagine troviamo gli ultimi echi di una atmosfera che conclude un ciclo ideale di pensiero filosofico: pochi anni dopo, infatti, la guerra dei Trent'anni distruggerà ogni speranza di rinnovamento.
La teoria maieriana di un’ utopia intellettuale comprendente una totale perfezione cosmica rappresenta un caso unico nella storia dell'alchimia; ed è una teoria ancor oggi verificabile assecondando le intenzioni del philosophus-alchimista Michael Maier che sono quelle di condurre il lettore all'interno di una storia ad episodi, partendo dal “Frontespizio” dell'opera e seguendo un percorso ideale fino al suo interno, dove appunto ogni singola figura contenuta negli emblemi, accompagnata da un brano musicale, corrisponde ad uno scopo ben preciso: parlare un suo proprio codice segreto simbolico-mitico-ermetico a chi vuole avventurarsi, come noi, nella sua esplorazione.


Dal sito: www.airesis.net

Qui (http://levity.com/alchemy/music.html) si possono ascoltare 18 delle 50 fughe e, cliccando a sinistra una volta aperta la pagina, osservare i relativi emblemi e leggere (purtroppo in inglese) i relativi epigrammi.


http://www.airesis.net/ArsRegia/ars%20regia%201/images/maier1.jpg
L'emblema XXXII dell'Atalanta Fugiens di M. Maier:
Come il corallo cresce sott'acqua e indurisce all'aria,
così è per la pietra.

Tomás de Torquemada
14-12-02, 02:55
Scoperta l'area del cervello che ama la musica

Individuata da un gruppo di ricercatori americani l'area del cervello che sa apprezzare la musica. Si tratta di un punto nella corteccia cerebrale prefrontale (ovvero poco dietro la fronte umana) dove già transitano le connessioni del sistema nervoso centrale deposte alle emozioni e alle funzioni di memoria.
Questa collocazione spiegherebbe il potere della musica di suscitare emozioni in chi ascolta.

I ricercatori del Dartmouth College, nel New Hampshire, guidati da Peter Janata, hanno fatto ascoltare una serie di brani musicali a otto persone con esperienza nel campo (tutti avevano studiato musica per almeno dodici anni).
I volontari erano collegati a un apparecchio a risonanza magnetica in grado di registrare le reazioni delle varie zone cerebrali agli stimoli musicali.
I ricercatori hanno scoperto che c'erano diverse zone 'attivate' dall'ascolto dei brani musicali ma anche che queste avevano tutte un punto di collegamento comune. Il punto cioè in cui verrebbero elaborate le reazioni di ciascuno alle più diverse melodie.

''I risultati delle nostre ricerche creano una base importante per spiegare i legami ancora misteriosi tra musica, emozioni e cervello'', afferma Peter Janata in un articolo pubblicato sul numero odierno della rivista Science.
I ricercatori ritengono che il punto individuato sia proprio quello che, in primo luogo, consente di distinguere una serie melodiosa di note da una sequenza di rumori, e, in secondo luogo, di apprezzare o meno un brano musicale.

''E' stato un po' come seguire il percorso di una macchina per ricostruire la mappa stradale di una città - ha spiegato uno dei partecipanti alla ricerca - noi abbiamo fatto la stessa cosa, seguendo il percorso dei brani musicali lungo la corteccia cerebrale, in modo da ricostruire la struttura esistente''.
Lo studio ha indicato che il cervello di quanti hanno partecipato al test reagiva ogni volta in un modo leggermente differente allo stesso stimolo musicale.

''Questo potrebbe spiegare perché la stessa musica, in situazioni diverse, può far scattare emozioni diverse'', afferma Janata.
La capacità di apprezzare suoni piacevoli è connaturata nelle persone non solo fin dalla nascita (neonati di quattro mesi hanno già differenti gusti musicali e persino il feto nel grembo materno risponde agli stimoli musicali) ma anche nell'uomo sin dagli albori della civiltà, affermano gli studiosi.
Anche l'uomo primitivo era in grado di apprezzare suoni armoniosi. E la prova sta ancora una volta nella localizzazione del punto in questione, che si trova in un'area strettamente collegata alle parti più antiche del cervello.

Dal sito www.ilnuovo.it

Silvia
19-07-03, 15:04
MUSICA SCIAMANICA (http://www.airesis.net/ArtedelleMuse/muse%201/muse%20zuffi.htm) di Stefano Zuffi

Dal sito www.airesis.net

:)

pcosta
19-07-03, 22:59
http://perso.club-internet.fr/hdelboy/entree_1.jpg
Qui Rosarium intrare conatur Philosophicum absque clave,
assimilatur homini ambulare volenti absque pedibus

Chi vuol entrare nel Giardino dei Filosofi senza la Chiave
è come un uomo che vuole camminare senza i piedi

(Michael Maier, Atalanta fugiens, Oppenheim, 1618,
EMBLEMA XXVII. De secretis Natura.)



L’Armonia Celeste



Pitagora scoprì che il tono di una nota musicale dipendeva dalla lunghezza della corda che la produce. Questo gli permetteva di mettere in relazione intervalli della scala musicale con semplici rapporti numerici. Quando un musicista suona una corda fermandosi esattamente alla metà della sua lunghezza, produce un’ottava. Quest’ottava ha la stessa qualità sonora della nota prodotta da una corda non fermata, ma, siccome vibra al doppio della frequenza, viene percepita ad un tono più alto. La relazione matematica tra la nota di chiave e la sua ottava viene espressa come una "proporzione di frequenza" di 1:2. In ogni modello di scala musicale, le note procedono in una serie di intervalli dalla nota di chiave all’ottava superiore o inferiore.

Note separate da intervalli di una perfetta quinta (2:3) e una perfetta quarta (3:4)sono sempre state i più’ importanti accordi nella musica occidentale. Nel ravvisare queste proporzioni, Pitagora scoprì le basi matematiche dell’ armonia musicale.

In un certo senso Pitagora ha anche inventato la scienza occidentale. Associando misurazioni di lunghezza con toni musicali, egli compì la prima riduzione conosciuta di una qualità (del suono) in una quantità. La comprensione della natura attraverso le scienze matematiche rimane un obiettivo primario per la scienza oggi. Ma Pitagora ha inoltre riconosciuto che l’ottava musicale è la più semplice e profonda espressione della relazione tra spirito e sostanza. Il "miracolo dell’ottava" consiste nel fatto di dividere l’interezza in due parti distinguibili all’udito, ma che restano riconoscibili come la stessa nota musicale - una manifestazione tangibile della massima ermetica "come in cielo, così in terra". Sebbene poco duratura, ma di grande influenza, la Scuola pitagorica cercò di unire "religione e scienza, matematica e musica, medicina e cosmologia, corpo, mente e spirito in una sintesi ispirata e luminosa".

I Pitagorici usavano la musica per curare il corpo e per elevare l’anima; inoltre essi credevano la musica terrena non fosse nient’altro che un flebile eco dell’universale "armonia delle sfere". Nell’antica cosmologia, le sfere planetarie si elevavano dalla Terra al Cielo come una scala a pioli. Si diceva che ogni sfera corrispondesse ad una nota differente di una grandiosa scala musicale. I particolari toni emessi dai pianeti dipendevano dalle proporzioni delle loro rispettive orbite, proprio come il tono di una corda della lira dalla sua lunghezza. Un altro genere di scala celeste collegava i toni dei pianeti alle loro apparenti velocità di rotazione attorno alla Terra. La musica delle sfere non fu mai un sistema fisso di corrispondenze. Esistevano molti schermi diversi proprio perché ogni filosofo tendeva ad avvicinarsi ad esso da prospettive leggermente differenti. Il muscologo Joscelyn Godwin commenta: "l’armonia celeste del sistema solare ... è di una portata e di una complessità musicale tale che nessun singolo tentativo di avvicinamento potrebbe spiegarla fin nei minimi dettagli. Il più vicino potrebbe arrivare a comprenderla come un tutt’uno considerando qualche grande opera musicale e pensare alla varietà di studi introduttivi che potrebbero essere fatti, nessuno dei quali capace di coglierne qualsiasi aspetto come parte di una unità."

Platone, Plinio, Cicerone e Tolomeo sono fra i filosofi del mondo antico che considerarono la musica delle sfere. La dottrina venne trasmessa all’Europa del MedioEvo, dove essa trovò la sua espressione più gloriosa nell’architettura delle maestose abbazie e cattedrali, deliberatamente disegnate per adattarsi alle proporzioni dell’armonia musicale e geometrica. L’ ermetico inglese Robert Fludd (1574-1637 ) immaginò grandi scale celesti che misuravano 3 ottave e livelli di esistenza collegati fra i mondi primitivi sub-planetari ai cori esultanti di intelligenze angeliche oltre le stelle. Le stupende incisioni che illustrano i lavori enciclopedici di Fludd sono annoverate tra le descrizioni più complete della cosmologia pre-Copernicana mai concepite.

Gli ideali di armonia pitagorica ispirarono lo stesso Copernico. Niccolò Copernico (1473-1543) spese la maggior parte della sua vita nella città fortificata di Frauenburg in Prussia adempiendo ai doveri amministrativi come canonico del capitolo cattedrale [ N.d.T.: collegio di ecclesiastici addetti ad una chiesa; se si tratta di una chiesa cattedrale, dicesi "capitolo cattedrale" e i suoi membri sono i canonici ] e dedicando il resto della sua esistenza alla contemplazione delle armonie del cosmo. Gli ingombranti principi matematici propri della speculazione pitagorica, con il suo labirinto di epicicli prodotti per innesto in modo da riconciliare le diverse discrepanze frutto di osservazioni, offesero il suo senso pitagorico della proporzione. Egli comprese che un sistema eliocentrico non solamente forniva previsioni migliori sul movimento dei pianeti, ma poteva venire anche espresso attraverso una geometria più elegante - per l’immensa gloria di Dio, il Creatore.

I primi entusiasmi di Keplero per il sistema Copernicano furono ispirati dallo stesso senso di idealismo. Egli poteva rapidamente accettare il Sole come centro del sistema planetario, ma la necessità di orbite circolari che si respingevano tra loro arrivò come uno shock. Il cerchio e’ un simbolo primitivo di armonia e perfezione; Keplero si allontanò disgustato quando un rigonfiamento sgradevole cominciò ad emergere dalla sua analisi dell’orbita di Marte. Inoltre le orbite ellittiche manifestavano alla fine uno schema di armonia celeste più sottile e profondo di qualsiasi altro in precedenza.

La Prima Legge di Keplero afferma che il moto dei pianeti ha la forma di un’ellisse e che il Sole non si trova esattamente al centro di queste orbite. Ogni pianeta si muove tra il punto più vicino al Sole, chiamato Perielio, e il punto più’ lontano ad esso, detto Afelio.

La Seconda Legge afferma che i pianeti si muovono più velocemente nei pressi del Perielio che in quelli dell’ Afelio. Keplero misurò la loro velocità angolare in questi due punti (cioè quanto velocemente essi vaggiavano in 24 ore in minuti e secondi di arco prendendo come riferimento il Sole) ed espresse questa proporzione come un intervallo musicale. Ad esempio, Saturno si muove ad una velocità di 106’’ al giorno nel punto di Perielio e a 135’’ all’Afelio. Bilanciando le due misurazioni, la proporzione 106:135 diverge solamente di 2 secondi da quella 4:5 - equivalente ad un intervallo di una terza maggiore. Keplero scoprì che le velocità angolari dei pianeti corrispondono in maniera molto precisa agli intervalli musicali. Quando egli confrontò i valori nei punti estremi per paia combinate di pianeti, i risultati furono ancor più sorprendenti, producendo gli intervalli di una scala completa. Perciò, il rapporto tra la velocità massima di Giove e la minima di Marte corrisponde ad una terza minore; l’intervallo tra la Terra e Venere ad una sesta minore. Piuttosto che la scala planetaria di toni prefissati degli schemi iniziali, le misurazioni di Keplero hanno rivelato corde ed armonie polifoniche in perenne cambiamento come i pianeti si muovono tra il Perielio e l’ Afelio. Inoltre egli ha avuto il merito di aver spostato il centro di attenzione sulle armonie celesti dalla Terra al Sole: "D’ora in poi non sarà più un’armonia creata a beneficio del nostro pianeta, ma la canzone che il cosmo suona al suo signore e al suo centro, il Sole-logos"

I materialisti scientifici sono stati inclini ad accantonare la dimensione spirituale del lavoro di Keplero, considerandola o come un residuo di un medioevalismo profondamente radicato che Keplero non fu capace di abbandonare, oppure, ancor meno benevolmente, come le fantasticherie di una mente troppo sfruttata. La sua visione della musica delle sfere, comunque, è basata su fatti concreti come le misurazioni astronomiche. L’ Astronomo Fred Hoyle concorda con il fatto che la corrispondenza tra rapporti musicali e velocità dei pianeti come descritta da Keplero sia "spaventosamente buona". L’allievo di Keplero Francis Warrain ha avuto il merito di ampliare le ricerche del proprio maestro e scoprire che la velocità angolare di Nettuno, Urano e Plutone, che non erano stati ancora scoperti durante la vita di Keplero, corrispondevano anch’essi a delle proporzioni armoniche. La musica delle sfere è molto di più di una stupenda intuizione poetica. Le dinamiche del sistema solare, enunciate per la prima volta dal genio matematico di Keplero, sono direttamente analoghe alle leggi dell’ armonia musicale.


Keplero e l’ Astrologia
Anche se egli divenne immediatamente famoso per l’accuratezza delle sue previsioni e registrò un numero impressionante di successi durante la sua carriera, il suo atteggiamento verso l’ Astrologia tradizionale fu ambivalente e complesso. Nel tentativo di districarlo, possiamo almeno cominciare comprendendo la nozione per la quale egli rifiutò l’Astrologia subito. Nella storia ufficiale del progresso scientifico, l’importanza dell’Età della Ragione e della Rivoluzione industriale venne proiettata in quelle brillanti menti matematiche che riuscirono a chiarire le leggi del moto dei pianeti. Sembrava inconcepibile che egli potesse esser stato contaminato dalla superstizione medioevale per l’ Astrologia. Come la passione di Isaac Newton per l’alchimia e la teologia, questa aberrazione venne interpretata erroneamente nel caso migliore, oppure, cosa che effettivamente accadde, travisata in una distorsione della verità.

La famosa metafora di Keplero che paragonava l’Astrologia alla "figlia impazzita" di una "madre saggia" (l’ Astronomia) viene spesso citata come una prova della sua incredulità. Vista nel suo contesto, comunque, questa figlia impazzita rappresenta un particolare tipo di Astrologia - l’Astrologia popolare - che non era la favorita di Keplero. Egli fu sempre estremamente attento a distinguere la sua visione riverente delle armonie celesti dalla pratica degli Astrologi poco professionali e degli "almanaccai" "che preferiscono occuparsi di vaneggiamenti deliranti per le masse ignoranti". L’Astrologia praticata da Keplero era completamente ad un altro livello. Prima di condannarlo per questo suo atteggiamento che potrebbe essere visto come un atto di evidente snobismo intellettuale, bisognerebbe comunque considerare quanti Astrologi "seri" odierni si relazionano nel suo stesso modo alle previsioni giornaliere sui periodici. Keplero non è stato il primo, né sarà l’ultimo astrologo a trattare in modo sprezzante coloro che praticano apparentemente forme inferiori di arte. La sua disapprovazione deriva dalla sua convinzione che l’ Astrologia sia una rivelazione divina, "una testimonianza del lavoro di Dio e ... in nessun modo una cosa frivola". Sfortunatamente, il suo stipendio di Matematico Imperiale venne pagato di rado (alla fine della sua carriera la tesoreria imperiale gli doveva 20000 fiorini); così egli fu obbligato a raggranellare dei guadagni attraverso le consultazioni di clienti facoltosi e redigendo gli Almanacchi Astrologici per quelle "masse ignoranti" che egli così tanto disprezzava. A malincuore Keplero riconobbe che "la madre sarebbe potuta morire di fame se sua figlia non avesse guadagnato nulla". In un altro modo di dire, egli voleva che quei professori acculturati che erano diventati scettici nei confronti dell’Astrologia gettassero, con molta probabilità, fuori casa la bambina insieme con l’acqua del bagno" se l’avessero rifiutato completamente.

Quindi Keplero fu senza dubbio un astrologo, seppur completamente irrispettoso della tradizione astrologica. Le sue idee possono sembrare radicali anche per gli standards dell’ Astrologia tradizionale odierna. Per prima cosa, egli rifiutò l’uso delle 12 case come "stregoneria araba". Sebbene accettasse l’importanza degli angoli, egli non riusciva a capire la giustificazione per la divisione convenzionale delle case. Ad uno dei suoi corrispondenti scrisse: "Dimostrami quelle case antiquate. Spiegami il loro numero, provami che non ce ne potrebbero essere di meno o di più ... portami degli esempi certi e sorprendenti dela loro influenza". Egli si spinse così oltre da dubitare della validità dei segni dello Zodiaco, sostenendo che essi provengono da una convenienza di ragionamento e di calcolo invece che da una divisione naturale dei cieli. Egli non aveva tempo per gli schemi elaborati della sovranità planetaria dei segni e non vedeva la ragione per cui alcuni pianeti potessero essere classificati come benefici e altri come malefici.

Keplero non lasciò nessuna consuetudine astrologica incontestata. Il suo continuo rigoroso esaminare suggerì un’ imponente riforma dell’Astrologia; Ken Negus l’ha paragonata alla Riforma che Martin Lutero portò nella Chiesa. Il tentativo di Keplero di epurare l’Astrologia sembra rimandare al concetto di Catarsi pitagorica - una purificazione frenetica dell’anima intrapresa per ripristinare l’armonia divina. Più prosaicamente, si dovrebbero considerare i monumentali cambiamenti avvenuti nell’Astronomia teorica durante il 16° e il 17° sec. Queste antiche dottrine aristoteliche che diedero una credibilità scientifica all’Astrologia stavano velocemente crollando. Copernico spostò la Terra dal centro dell’Universo; Tico dimostrò che i cieli "immutabili" erano soggetti a cambiamenti quando nuove stelle risplendevano in cielo; il telescopio di Galileo aprì dimensioni impensate da Tolomeo; lo stesso Keplero frantumò definitivamente i movimenti limpidi e circolari delle orbite planetarie. Egli intuì che l’Astrologia si sarebbe dovuta adattare alla nuova Astronomia se avesse voluto andare al passo con il progresso scientifico.



I Nuovi Aspetti
L’aspetto chiave della riforma proposta da Keplero e’ il suo approccio agli aspetti. L’Astrologia tradizionale ammette 5 relazioni significative, basate sulla divisione in dodici parti dei segni dello Zodiaco. Tolomeo insegnò che il loro significato derivava dall’analogia con i rapporti della scala musicale. La Congiunzione equivale alle stesse due note suonate all’unisono. L’Opposizione divide il cerchio in una proporzione 1:2, che corrisponde alle ottave. Il Sestile ( 5:6 ) corrisponde ad una terza minore, la Quadratura ( 3:4 ) ad una perfetta quarta, mentre il Trigono ( 2:5 ) ad una perfetta quinta. Mettendo meno enfasi sui segni zodiacali, inoltre, Keplero fu libero di esplorare le relazioni di nuovi aspetti nella sua ricerca della sintesi pitagorica della musica, della Geometria e dell’Astronomia.

I nuovi aspetti di Keplero si basano sulla teoria armonica e sono motivati dall’osservazione empirica degli effetti astrologici. Dal suo studio a lungo termine sulle condizioni atmosferiche associate agli angoli dei pianeti e da una dettagliata analisi della sua collezione di 800 date di nascita, Keplero concluse che ogni qual volta i pianeti formano aspetti equivalenti a particolari proporzioni armoniche, avviene una risonanza, sia nell’archetipo "Terra-Anima" che nelle anime di quegli individui nati sotto quelle configurazioni. Egli considerò questa "impronta celeste" più importante dell’enfasi tradizionale assegnata ai segni e alle case: "nel potere vitale degli esseri viventi che si è acceso alla nascita, proprio lì arde quell’immagine ricordata..." L’impronta geometrica armonica costituisce "la musica che spinge l’ascoltatore a danzare" come i movimenti dei pianeti, attraverso i transiti e le direzioni, fanno eco e rimandano al tema natale. In aggiunta agli aspetti di Tolomeo, Keplero propose il quintile ( 72°), il bi-quintile (144°) e il sesqui-quadrato ( 135°). Estendendo l’analogia della scala musicale, il quintile corrisponde all’intervallo di una terza maggiore (4:5), il sesqui-quadrato ad una sesta minore (5:8) e il biquintile ad una sesta maggiore (3:5)


Keplero si rese conto che molte altre configurazioni erano possibili, ma le rifiutò per ragioni estetiche. Gli aspetti di Tolomeo ed i 3 suoi nuovi diedero un’attraente corrispondenza con gli accordi della scala musicale, altri rapporti di aspetti avrebbero prodotto solamente disaccordo. I principi matematici dell’armonia musicale sono direttamente correlati alla geometria - che Goethe descrisse come "musica congelata". Keplero rifiutò aspetti basati su figure geometriche come l’ettagono a sette lati e l’ennagono a nove lati, perché non possono essere costruiti con la riga e il compasso - gli unici strumenti permessi nella Geometria classica. Egli giudicò simili "figure" come "inconoscibili" e dichiarò che "Dio non si avvale del ettagono e delle altre figure di questa specie per abbellire il mondo".


I nuovi aspetti furono prontamente adottati dagli Astrologi, sebbene forse non con quello spirito che Keplero si era augurato. William Lilly scrisse "Astrologia cristiana" nel 1647, meno di 20 anni dopo la morte di Keplero. Nel capitolo sugli "Effetti delle direzioni", Lilly diede le istruzioni per trovare non solo il quintile, il bi-quintile e il sesqui-quadrato, ma anche il semi-sestile (30°), il semi-quintile (36°), il semi-quadrato (45°) e il sesqui-quintile ( 108°). La sua lunga analisi delle direzioni nel tema di nascita di "un mercante inglese" diede dei primi esempi dei nuovi aspetti nell’interpretazione pratica. Ad esempio, la direzione dell’ M.C. di sesqui-quadrato a Marte "potrebbe mettere in pericolo, in qualche piccola misura, la fama del soggetto a causa di false calunnie". L’ascendente in quintile a Mercurio suggerisce che egli "dovrebbe ora correggere i suoi libri contabili e ricevere grande beneficio da uomini mercuriali". Gli aspetti basati sul quintile fanno emergere come "mitemente giovevoli" nei loro effetti; quelli invece basati sul quadrato come "leggermente nocivi" - che divenne il libro di testo standard sull’interpretazione degli "aspetti minori" dal tempo di Lilly a oggi.

Più in linea con l’atteggiamento radicale di Keplero sono gli insegnamenti della Scuola di Amburgo del 20° sec., che nacque nel 1913 quando l’appassionato di Astrologia Alfred Witte (1878-1941) fu invitato a tenere un discorso all’ Hamburg Kepler Circle. Il sistema dei "quadri planetari" di Witte, basato su combinazioni del punto medio, fu in seguito sviluppato da Rheinhold Ebertin (1901-1988), autore dell’indispensabile "Combinazione delle influenze stellari". Lo spirito di Keplero aleggia anche nell’Astrologia armonica sviluppata da John Addey (1920-1982), tuttavia con interessanti distinzioni nel fatto che, dove Keplero si interessò delle scale musicali e delle armonie, le forme dell’onda armonica di Addey sono più suggestive nel ritmo e nel tempo.
http://www.armonics.net/articoli/keptest.gif
Sebbene raramente articolato, il concetto di armonia universare fluisce come una corrente sotterranea attraverso la filosofia dell’Astrologia negli anni. In questo senso, Johannes Keplero, il primo astrologo moderno, appartiene ad una tradizione più ampia che collega pensatori apparentemente molto diversi fra loro come Pitagora e Tolomeo, Robert Fludd e John Addey, Gurdjieff e Rudolph Steiner. Nessuno può vantare un monopolio sulla verità. Ogni singolo astrologo, a dispetto di stile e tecnica, è sintonizzato con la sua propria straordinaria variazione della "canzone degli angeli", la musica delle sfere celesti che tutto permea.

(David Plant)

si veda anche MERSENNE, KEPLERO E FLUDD: LA MUSICA TRA PENSIERO MAGICO-SIMBOLICO E PENSIERO SCIENTIFICO. CON ALCUNE NOTE SU KEPLERO IN PARTICOLARE (http://www.vislink.it/stefanoleoni/pagina_forl.htm)

Silvia
20-07-03, 10:58
Originally posted by pcosta
Platone, Plinio, Cicerone e Tolomeo sono fra i filosofi del mondo antico che considerarono la musica delle sfere.

Tu odi quest'armonia che è formata da ineguali intervalli calcolati secondo proporzioni perfette, e riprodotti dai movimenti delle sfere. I suoni bassi si uniscono a quelli acuti in accordi sempre mutevoli, perché queste colossali rivoluzioni planetarie non saprebbero compiersi nel silenzio, e la natura esige che suoni chiari echeggino ad un estremo e suoni cupi rispondano dall'altro. Così il mondo degli astri che ha moto più rapido rotea con un precipitoso trillo argentino, mentre il corso lunare che gli sottosta emette un suono lento e cavernoso.
Così le sfere producono sette toni distinti, e il numero settenario e il nucleo di tutto quello che esiste. E gli uomini che sanno imitare sulla lira il concerto dei cieli hanno ritrovato il cammino che adduce a questo regno sublime, nella stessa maniera con cui altri si sono innalzati col genio alla conoscenza delle cose divine.

Le orecchie degli uomini, riempite da tale suono, sono diventate sorde. Nessun organo di senso, in voi mortali, è più debole: allo stesso modo là dove il Nilo, da monti altissimi, si getta a precipizio nella regione chiamata Catadupa, abita un popolo che, per l'intensità del rumore, manca dell'udito. Il suono, per la rotazione vorticosa di tutto l'universo, è talmente forte, che le orecchie umane non hanno la capacità di coglierlo, allo stesso modo in cui non potete fissare il sole, perché la vostra percezione visiva è vinta dai suoi raggi.

Dal Sogno di Scipione, frammento del "De re publica" di Cicerone

:)

Silvia
27-09-04, 00:13
MUSICA E MAGIA NELL'ANTICO EGITTO

La civiltà egiziana, nel corso della sua millenaria storia, fu indissolubilmente legata alla magia, come credenza nel potere delle parole magiche, negli incantesimi, negli oggetti e nella rappresentazione di cerimonie accompagnate dalla recitazione intonata di formule.
Nonostante non siano presenti tracce di una notazione musicale, in molti testi geroglifici, anche antichissimi, gli studiosi hanno riconosciuto caratteristiche tali da rivelare la presenza di canti e musiche.

Uno dei documenti più antichi e di maggior interesse è un Inno al Nilo (http://www.angelibuoni.it/egitto/inno_al_nilo.htm), che corrisponde a un incantesimo per ottenere la pioggia. Nell'ultima strofa si trova una serie di invocazioni ritmicamente disposte che testimoniano sia un´idea musicale sia il carattere magico.

Altro documento antichissimo è l'insieme delle iscrizioni nella piramide del faraone Unis della V dinastia. Nella camera mortuaria si trovano intere pareti di geroglifici: testi relativi al rituale dei defunti, preghiere, formule per guarire o preservare dal morso degli scorpioni e dei serpenti. Tutti si riallacciano a operazioni magiche nelle quali certi risultati dovevano essere ottenuti con l'aiuto della voce modulata e del ritmo. Secondo la testimonianza di Maspero, alcuni di questi testi sono "costruiti": sono composti cioè di versetti che comprendono un'invocazione, una formula destinata a sostituire un'azione reale, un supplemento di questa formula.

In alcune parti di testo è scritto di ripetere una determinata formula quattro volte (Unis regna sui quattro angoli dell´orizzonte, di conseguenza la formula deve essere ripetuta quattro volte come se si trattasse di quattro differenti persone). E' un particolare importante in quanto anche in musica la ripetizione gioca un ruolo fondamentale. Nella piramide di Unis la parola incantesimo è espressamente nominata ma, mentre per noi il termine "incantesimo" designa un qualsiasi atto magico, nella lingua egizia significa anche "cose cantate".

In quelle formule balza agli occhi evidentissimo tutto quanto può risvegliare l'idea musicale: ritmo, simmetria, opposizione, equilibrio dei membri della frase, allitterazioni, cozzi e "clicchettii" di sillabe. Maspero traducendo una parte di testo afferma: "Tutte queste formule sembrano destinate al canto: forse altro non furono in origine che canti di incantatori di serpenti".


http://kidslink.bo.cnr.it/irrsaeer/egizi/arpa/arpa.gif

Una diversa testimonianza dello stretto rapporto tra musica e magia nell'antico Egitto viene offerta dall'iconografia di alcuni strumenti musicali rinvenuti. E' nota l'arpa trovata nella tomba di Ramsete III a Tebe, che reca sulla cassa una testa di sfinge: per gli antichi egiziani tutti gli arredi del culto erano non solo consacrati come nella liturgia moderna, ma anche divinizzati. Essi avevano un'anima e talora ci si rivolgeva ad essi come ad esseri viventi. La testa umana, scolpita sulla cassa di un'arpa è immagine dello strumento-dio, il segno della sua funzione religiosa che discende dal potere magico, da cui è animato.
Le figure di esseri viventi rappresentate sopra strumenti musicali divennero a poco a poco, ma abbastanza tardi, semplici motivi di pura decorazione.


Dal sito http://web.tiscali.it/reggia/egitto/

Fenris
27-09-04, 03:04
Per gli amanti della musica "d'atmosfera" di vario genere consiglio i tedeschi Corvus Corax, autori di musica medievale molto bella, in particolare consiglio l'album "Mille anni passi sunt" (N.B.: cantano esclusivamente in latino), dedicato se non erro a Vlad l'Impalatore.

Del catalogo Cold Meat ho qualcosa degli Ataraxia, degli Arcana (molto bello l'album "Dark age of reason"), e di Mortiis, artista norvegese autore di musica piacevole anche se un po' ripetitiva, che vorrebbe richiamare le fredde atmosfere del nord.

Molto validi anche gli Hagalaz Runedance, tedeschi, autori di musica folkeggiante/medievale, a tratti sciamanica/tribale, ispirata alla Tradizione nordica.

Impossibile poi non citare Lorena McKennit, una delle punte di diamante della musica celtica riproposta al giorno d'oggi, incredibilmente mescolata, in alcuni episodi, con tonalità arabeggianti. Forti spunti narrativi nella sua musica sono tratti da Shakespeare, Tennyson, Enrico VIII, S.Giovanni della Croce, WB Yeats ecc., in un incredibile fusione tra sonorità antiche ed altre più moderne. Consigliatissima.

Per gli amanti dell'industrial più oscuro e meno "musicale", da non perdere gli MZ 412 (ancora Cold Meat), svedesi. Il loro album "Burning the temple of god" è quanto di più malsano mi sia capitato di ascoltare negli ultimi 10 anni.

Se infine amate le atmosfere glaciali, angoscianti ed angosciose, eteree ed oscure, non perdetevi le Aghast, duo femminile tedesco. L'album "Hexerei im Zweilicht der Finsternis" (tanto per cambiare, della Cold meat Industry) è una vera perla del genere, ma ocio agli effetti collaterali, l'umore potrebbe risentirne drasticamente! ;)

Silvia
27-09-04, 11:05
Lorena McKennit la conosco e mi piace molto. Tutto il resto è buio assoluto, ma vedremo di rimediare. Grazie. ;)

DD
28-09-04, 18:17
In Origine Postato da Fenris
Per gli amanti della musica "d'atmosfera" di vario genere consiglio i tedeschi Corvus Corax, autori di musica medievale molto bella, in particolare consiglio l'album "Mille anni passi sunt" (N.B.: cantano esclusivamente in latino), dedicato se non erro a Vlad l'Impalatore.

Del catalogo Cold Meat ho qualcosa degli Ataraxia, degli Arcana (molto bello l'album "Dark age of reason"), e di Mortiis, artista norvegese autore di musica piacevole anche se un po' ripetitiva, che vorrebbe richiamare le fredde atmosfere del nord.

Molto validi anche gli Hagalaz Runedance, tedeschi, autori di musica folkeggiante/medievale, a tratti sciamanica/tribale, ispirata alla Tradizione nordica.

Impossibile poi non citare Lorena McKennit, una delle punte di diamante della musica celtica riproposta al giorno d'oggi, incredibilmente mescolata, in alcuni episodi, con tonalità arabeggianti. Forti spunti narrativi nella sua musica sono tratti da Shakespeare, Tennyson, Enrico VIII, S.Giovanni della Croce, WB Yeats ecc., in un incredibile fusione tra sonorità antiche ed altre più moderne. Consigliatissima.

Per gli amanti dell'industrial più oscuro e meno "musicale", da non perdere gli MZ 412 (ancora Cold Meat), svedesi. Il loro album "Burning the temple of god" è quanto di più malsano mi sia capitato di ascoltare negli ultimi 10 anni.

Se infine amate le atmosfere glaciali, angoscianti ed angosciose, eteree ed oscure, non perdetevi le Aghast, duo femminile tedesco. L'album "Hexerei im Zweilicht der Finsternis" (tanto per cambiare, della Cold meat Industry) è una vera perla del genere, ma ocio agli effetti collaterali, l'umore potrebbe risentirne drasticamente! ;)

http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=21478

Aug83
28-09-04, 19:57
In Origine Postato da DD
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=21478

il disco che descrivi in quest 3d si trova bene, che tu sappia?

Mi hai messo una tale curiosità...:D

Lupus
28-09-04, 20:04
Mamma mia...
Terrificante!

Silvia
28-09-04, 20:13
In Origine Postato da DD
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=21478

Che onore, DD nel forum dei vampiri... Ci voleva la musica, eh? http://www.silviadue.net/smiles/Dracula.gif

;)

DD
28-09-04, 20:59
In Origine Postato da Aug83
il disco che descrivi in quest 3d si trova bene, che tu sappia?

Mi hai messo una tale curiosità...:D

I Cd della Cold Meat Industrie si trovano facile facile in Italia,dato che hanno una buona distrubuzione
In Italia vengono venduti da Audioglobe di Firenze
www.audioglobe.it

DD
28-09-04, 21:01
In Origine Postato da Silvia
Che onore, DD nel forum dei vampiri... Ci voleva la musica, eh? http://www.silviadue.net/smiles/Dracula.gif

;)

:D
http://drunkabilly.altervista.org/purple.jpg

Silvia
28-09-04, 22:58
Hai dimenticato l'aureola... http://www.silviadue.net/smiles/angelo.gif

Silvia
31-01-06, 19:40
LA DANZA DEI DERVISCI ROTANTI:
UN PONTE TRA CIELO E TERRA

http://www.silviadue.net/vari/dervish.jpg

La danza (Semà) dei Dervisci rotanti è il rituale dei Mevlevi, i sufi della Confraternita fondata da Jalâl âlDîn Rûmî (conosciuto in Occidente come Mevlana), e rappresenta una delle più intense espressioni della mistica islamica.

Attorno al XII secolo, a Konia, in Turchia, i Mevlevi danno vita a una musica colta che, grazie ad arcane assonanze e a particolari caratteristiche meditative, è in grado di allontanare la mente da qualsiasi contatto con le cose materiali, separando l’anima dal corpo, così da avvicinarsi a Dio.

Il rituale contempla anche una danza, nel corso della quale i Dervisci girano su se stessi vorticosamente, con il palmo della mano sinistra rivolto verso terra e quello della destra verso il cielo, a significare l’unione tra Microcosmo e Macrocosmo. La musica è pervasa e dominata dal nay (flauto verticale), dai kudum (piccoli timpani di cuoio ricoperti di pelle di capra) e dagli halile (piatti di rame). I ruoli dei partecipanti sono rigorosamente divisi fra danzatori che, volteggiando, aspettano la wajd (trance) e musicisti, che eseguono la musica senza venirne influenzati.

L’iniziazione dei Dervisci è molto rigida e prevede 1.001 giorni di penitenza a scopo purificatorio, durante i quali vengono praticati digiuno e meditazione. Per mantenere equilibrata e regolare la rotazione, gli iniziati sufi si allenano ad ancorare due dita del piede al pavimento. Roteando, appoggiano il peso corporeo sulle dita del piede sinistro, mentre la gamba destra dà slancio alla rotazione.

Mentre il flauto e i tamburi cominciano a suonare, i Dervisci depongono la sopravveste nera (riconducibile alla nigredo alchemica), simbolo del mondo nel quale l’anima è prigioniera. Poi inizia la danza, in cui ogni gesto racchiude specifici significati. La mano destra, aperta verso il cielo, rappresenta la coppa del cuore che accoglie la grazia divina, successivamente trasmessa al mondo materiale attraverso la mano sinistra, aperta verso terra. Il copricapo, un alto cilindro nero o marrone, simboleggia la pietra tombale che l’iniziato ha posto sulle passioni terrene. Il Cosmo, che ruota senza fine intorno al centro dell’Universo, è simboleggiato dall’ampia gonna che si schiude mentre il danzatore gira, a lungo, sempre attorno al proprio cuore, fino a raggiungere lo stato d’estasi: il centro del Tutto, massima espressione della Creazione.

Allora la musica si arresta, ma i danzatori continuano a roteare in un suggestivo silenzio estatico. Si dice che, quando i Dervisci raggiungono l’estasi, i loro piedi non tocchino più il suolo. E che poi, al suono di un flauto solitario, tornino lentamente alla realtà… e i loro piedi incontrino di nuovo la terra.


http://www.silviadue.net/vari/dervishes.jpg

"… Molte strade portano a Dio. Io ho scelto quella della danza e della musica…" (Mevlana)

harunabdelnur
31-01-06, 19:57
Dal sito http://www.medicinealtre.it/index.php

(Dalla rivista "Anthropos & Iatria" - anno 3 - n0 2 - 1999 - De Ferrari editore)

Mas' ala fi' l-samàc
(Dell'ascoltar la musica)
LA TEORESI ARABA E GLI AFFETTI ED AFFETTI DELLA MUSICA (1)

del Prof. Stefano A. E. Leoni
Conservatorio A. Vivaldi (Alessandria)

Per poter apprezzare la specificità della teoresi musicale islamica è bene ricordare, almeno a grandissime linee, qual'è lo status della trattatistica occidentale. Si tratta di una situazione che pur nella sua complessità tende a delinearsi con forti connotazioni "antipragmatiche": esse la differenziano, in questo senso abbastanza nettamente, dalla produzione musicografica di cultura araba.


Nella trattatistica medioevale e rinascimentale cristiana vi è sicuramente una minore (se non nessuna) esplicitazione dell'ascolto, anche se il problema, specie nell'etica cristiana agostiniana e boeziana viene affrontato; certo ciò non avviene su basi mistiche, né estatiche: qualcosa di questo genere lo avremo con la mistica tardo-rinascimentale.




Tanto il pensiero cristiano medioevale, quanto quello arabo-musulmano, tendono a concepire le discipline musicali dividendo più o meno nettamente ciò che è pratica della musica da ciò che ne è concezione filosofica, ciò che è fatto compositivo-esecutivo da ciò che è immaginario musicale e storia dell'idea di musica.


In entrambi i casi, comunque, sono riscontrabili corrispondenze, quando non vere e proprie interconnessioni e influenze, tra oriente ed occidente mediterraneo.


La questione dei debiti, veri o presunti, che la cultura musicale occidentale ha contratto nei secoli nei confronti di quella araba, nell'ambito della pratica musicale, è stata a lungo dibattuta e, se è pur vero che per molti versi non è stata ancora detta una parola definitiva, è altrettanto vero che i contatti tra i due universi musicali sono più che attestati e son stati al pari studiati.


Volendo riassumere brevemente possiamo affermare che l'influenza nella pratica musicale che la cultura araba esercita su quella cristiana occidentale si esplica essenzialmente e circostanziatamente nel campo dell'organologia ed in quello delle forme.


Un discorso a parte meriterebbe la musica sacra araba e i suoi parallelismi con quella occidentale, a partirre dalla sostanziale impermeabilità del repertorio, o meglio della liturgia, che però trova esiti esecutivi assai diversi in ambito musicale come diverse sono le culture che professano l'Islam (2).



Varrebbe senz'altro la pena di affrontare con maggiore attenzione questo repertorio, pur sottolineando che ad una prima ricognizione paiono emergere più affinità ed analogie che vere e proprie reciproche influenze. Ma aldilà dell'interesse per le "interferenze" nella pratica musicale, un aspetto relativamente poco studiato, e per converso assai ricco di spunti, è quello della storia della teoria musicale, quella che in arabo vien definita al musîqî, come pure dell'immaginario musicale e della trattatistica in generale.


Nelle biblioteche europee, anche solo limitandoci ai secoli Xl-XIV, troviamo oggi copie di una ventina di trattati arabi per ogni secolo, per un totale di una novantina di titoli diversi; buona parte di essi riguarda strumenti e acustica, ma anche musica speculativa, cosmologie musicologiche e dottrine panarmoniche nonché questioni legate all'influenza della musica sul corpo e sulla mente umana e non.


Gli scritti di musica arabi da un lato si allineano ad una tradizione di omnicomprensività, persistente a lungo anche in Occidente, che arriva a concernere l'intero dominio della storia, della filosofia, della cosmologia, della medicina, della teologia, implicando vastissimi interessi nei confronti della Musica (musîqí) ma dall'altro prevedono pure una profonda venerazione per essa e per i suoi "misteri" dal punto di vista dell'ascolto (samàc), sia che si parli di pratica profana (tarab), sia sacra (samàc ; dhikr); basti pensare alla mistica musicale sufita legata alla pratica dell'estasi indotta anche attraverso la musica, attraverso il suo "ascolto", o le numerose pagine dedicate a questi argomenti da teorici arabi a partire dal Kitâb âdâb al-samâc wa al-wajd (Libro sui buoni usi dell'ascolto e della trance) di al-Ghazz âlî (3).


Al-Hudjwiri, vissuto nel X secolo, autore del più antico trattato persiano di mistica, il Kashf al-mahdjub, scrive nel capitolo dedicato alla musica che "chiunque dica di non trovare piacere nei suoni, nelle melodie e nella musica è o un bugiardo ed un ipocrita o è fuori di senno e si trova al di fuori della categoria dei viventi (uomini e bestie)" (4).


Infatti uno dei concetti prevalenti dai primi scritti sulla musica fino ai nostri giorni sarà quello legato agli arcani ed irresistibili poteri della musica, capace di esercitare un'influenza che va dal singolo individuo, alle società, all'intero ordine universale. Del resto un analogo occidentale, più tardo invero, si ritrova nella connessione tra i poteri della musica con gli 'spiriti', gli affetti e le affezioni melanconiche nel De Triplici Vita di Marsilio Ficino (5).


Comunque nella cultura araba, come per la Grecia o per l'Occidente cristiano più evoluto, lo studio della musica, più teorico che pratico, diviene obbligatorio per ogni uomo acculturato; dal X secolo fioriscono trattati di filosofi e letterati che indagano sulla natura della musica, sul suo fine, sul suo significato e la sua origine; ciascuno studioso fornisce risposte che riflettono il suo background intellettuale e ideologico.


Un vero e proprio turning point nella ricerca di carattere musicografico prende comunque avvio nel IX secolo come risultato della grande impresa di traduzione di un cospicuo numero di trattati greci, alcuni dei quali dal siriaco. Nascono in questo periodo i primi trattati arabi che appartengono a pieno titolo alla categoria della musica speculativa (6).


La mistica araba, che ha sostanzialmente origine già nel VII secolo e si organizza in quello successivo, aspira ad un'esperienza immediata e personale della realtà divina ricercando l'unità con l'essere superiore e tentando di superare la scissione dell'io attingendo alla pienezza dell'essere.


Il misticismo islanmico vede, nel corso dei secoli, atteggiamenti assai diversificati che trovarono nel sufismo un movimento, per quanto dinamico, sufficientemente unitario dove prevalgono, a partire dal IX secolo, due grandi scuole/tendenze, una più radicale, Khurasariana, che vede in Abn Yazid al-Bistami e in al-Hallaj due sicuri punti di riferimento, e una, quella di Baghdad, più integrata nel legalismo islamico (Al-Harith al-Muhasabi).


Con la traduzione in arabo dei classici greci e siriaci, l'influsso della filosofia plotiniana si fece gradatamente sentire e il neoplatonismo portò le correnti mistiche a riflettere sulle analogie macro-microcosmiche che si integrarono perfettamente con una visione magico-miracolosa della vita e del rito religiosi.





E' proprio dalla mistica, soprattutto dal sufismo che abbiamo le maggiori attestazioni dell'importanza della musica e del particolare connotato che assume il fare, ma ancor di più il disporsi ad ascoltare la musica: l'effetto della musica, le passioni, più ancora che le emozioni, prodotte dalla musica, l'estasi e la trance musicali. Il termine utilizzato in questo caso è alquanto ambiguo e pericolosamente instabile: samac.


Per l'Islam sufita sia la musica che agisce sull'ascoltatore che l'ascolto musicale sono samac, in contrasto con l'arte musicale profana, denominata in vario modo (ma che pur può portare ad una certa estasi: tarab ) e con la teoresi, la filosofia della musica o la normativa compositiva che vien chiamata, dal greco, mûsîqî.


Il samac è definibile, nell'ambito sufita, come la categoria degli oggetti d'ascolto(7). Scrive al-Ghazzàli fin dalla prima pagina del suo trattato: "Per l'estrazione delle cose segrete del cuore, non esiste altra via che l'acciarino dell'ascolto (samâc) e non vi è ingresso nel cuore se non attraverso l'anticamera delle orecchie"; la categoria delsamac si costituisce a livello del percettore; la trance estatica ha manifestazioni assai diverse a seconda che avvenga o meno durante ilsamac: in questo caso essa è rivelazione e ispirazione.


Il buon uso del samac consiste nel non abbandonarsi ad esso e nel dominare le sue manifestazioni e l'agitazione. Il superamento della trance (wajd), quando viene completamente controllato, dominato e sublimato giunge alle soglie dell'estasi (fanâc) che è uno stato di annullamento delle facoltà umane in Dio: spesso quest'estasi è il risultato di un'altra pratica, quella del dhikr.


Esso assume due forme: dhikr solitario o dei privilegiati o segreto e dhikr collettivo o volgare o pubblico.Il p rimo comporta tre livelli di ascesi e sfocia nell'estasi, il secondo è una ricerca della trance ad un solo livello di ascesi. Il primo è silenzioso, interiorizzato, il secondo ha a che vedere moltissimo con la musica e la danza: è quest'ultimo che può sfociare nelle danze dei dervisci o, al limite, nei fenomeni di fachirismo.


Ma poi, come sempre accade in un universo proteiforme e dinamico come quello islamico, non è facile stabilire dove inizia il dhikr e dove termina il samâc; dove l'uno sostituisca l'altro, dove vi siano analogie, dove contrapposizioni di casta o diversificazioni temporali o geografiche.


Nell'affrontare la questione del samac, infatti, non possiamo che considerare e non possiamo che riferirci a un'analogia sostanziale con l'immagine che ci vien data (e da sé stesso), nel corso dei secoli, e fin dalla scomparsa di Maometto (631/32 E.V.), dell'Islam.


Siamo di fronte all'emergere di un panorama di distinzioni, quando non di divisioni o di atteggiamenti scismatici che, oggettivamente, per ragioni diverse, non ultime quelle della genericità e soggettività del messaggio religioso e soprattutto della mancanza di un forte gerarchi sino centralizzato ecclesiastico (precocemente presente e vincente invece nella Chiesa Cristiana d'Occidente) che segna distintamente la storia dell'Islam.


E' vero infatti che, fors'anche per il fatto che nessuna religione rivelata è più facile da abbracciare dell'Islam, con la recitazione della ben nota professione di fede (shahada) che da accesso alla comunità dei credenti: "Non vi è altro Dio all'infuori di Dio e Maometto è l'inviato di Dio" e che implica la sottomissione (taslim) a Dio e l'imitazione (taqlid) del Profeta e che hanno nel Corano, quindi nella Sunna , con la tradizione dell'hadith (i detti) e della sira (la vita del Profeta), i testi di riferimento.


Ma già a questo punto le divergenze tra le varie sette si fan sentire, dalle differenze tra la sira sunnita e quella sciita e, prima ancora, financo sulla legittimità e preminenza della Sunna, fino alle divergenze riguardanti le fonti soggettive dell'Islam; per tutto ciò rimando, comunque, alla
ricca bibliografia disponibile anche in lingua italiana.


Ricorrendo peraltro tutte queste distinzioni e diversificazioni in una cultura che molto spesso fa coabitare, se non coincidere, l'ambito del sacro e del profano, religione e società, negli scritti di argomento musicale, in un'ottica più o meno lata, o che comunque di musica vengono ad occuparsi, ritroviamo le stesse polemiche, gli stessi contrasti e, talvolta, le stesse contraddizioni che hanno da sempre connotato l'Islam, sia all'intento della società civile come di quella religiosa.


Fino a produr re un lessico ricchissimo e di difficoltosa interpretazione anche per ciò che attiene il concetto di Musica visto da varie ottiche e varia mente connotato nel tempo, nello spazio e nelle occasioni. Così valga per il termine samâc, utilizzato essenzialmente in ambiente mistico come termine d'elezione per indicare sia l'ascol to musicale che la musica che vien ascoltata, il "concer to spirituale", come talora malamente, dato il conte sto, vien tradotto.



Vediamone l'utilizzazione nell'occidente arabo, un luogo geografico e culturale islamico per varie e ben note ragioni assai vicino, e non solo fisicamente, al rapporto con le altre "Genti del Libro" Contatti stretti tra mondo orientale e mondo cristiano vi sono in Spagna (ed il centro principale sarà Saragozza) dal IX-X secolo in poi, e non solo in Spagna, ovviamente.


Da un lato esistono comunque matrici comuni dal punto di vista speculativo, pur nelle differenze nella gestione del patrimonio culturale greco-bizantino che sta alla base dell'ars musica come della mûsîqî dall'altro persistono comuni matrici per ciò che attiene i processi compositivi, più ancora che le forme, che accomunano per lungo tempo le genti mediterranee.


Prima dunque delle Crociate esiste un'osmosi tra le due culture, o meglio, tra parti di esse, dovuta a fattori di vicinanza fisica, di relazioni politiche, culturali, mercantili.


Quel che è fondamentale della chiamata al Santo Sepolcro è l'opportunità di superare barriere geo-sociali da parte di strati sociali e di genti che non avevano un contatto diretto se non assai sporadico o ne godevano di uno for temente mediato, con il pensiero, i costumi, la lingua, di tutto il bacino meridionale e orientale del Mediterraneo: si tratta di riper cussioni sull'immaginario collettivo, di estrema importanza, oltreché di importazione di abitudini o di mezzi (strumenti); val la pena però di dimensionarne i portati.


Ma è pur vero che nella pratica musicale colta (documentabile) e nella Teoria Musicale, gli eventuali debiti alla cultura araba sono sostanzialmente collo cati in un ambito cronologico assai più vasto di quello dell'epoca delle crociate e soprattutto assai anteriore ad esso.


Dalla metà dell'XI e fino al XIII secolo si sviluppa in Europa una nuova atmosfera, un risveglio intellettuale che coincide con una prima idea di "europeismo", come qualità tipicamente europea, cui l'impresa politico-culturale federiciana darà un con tributo essenziale.


Accanto a rapporti commer ciali con l'Oriente si fa così strada l'idea di una vera e propria campagna di espan sionismo coloniale, che trova nelle crociate una forte giustificazione spirituale: si tratta anche di far presidiare e proteggere le basi mercantili europee in oriente da parte di guarnigioni.


Se dall' VIII secolo la Spagna era stata occupata dagli "arabi" e si stava ora conso lidando il piano di riconqui sta, sostanzialmente attuato intorno alla metà del XIII secolo e completato definiti vamente con la cacciata di "mori" ed ebrei tra la fine del XV e l'inizio del XVII secolo, ora gli Europei tentavano l'occupa zione di territori arabi.


Il sapere arabo, che è anche "traduzione" del sapere greco-romano entra sempre più in contatto con il cuore dell'Europa, non solo attraverso la parta pirenaica, non soltanto in zone ben delimitate lega te a traffici o schermaglie militari o all'assorbimento normanno della cultura siculo-araba.


Nella stessa idea di Università c'è forse più che un ricordo delle scuole arabo-persiane in oriente ma soprattutto in Spagna, con conseguente parziale affrancamento da un controllo estremamente rigido della Chiesa.


Non è questa la sede per ricordare l'origine araba di una pletora di vocaboli relativi alle scienze medievali. Anche la scienza musicale risente di questi influssi: forse meno di altre in quanto essa sola, tra le discipline quadriviali, mantiene un rapporto intenso con la cultura chiesastica che, nel bene e nel male, può rappresentare un freno a sincretismi arditi come quelli ponibili in opera da e attraverso il binomio mûsîqî- samâc.


Il continuo richiamo alla pratica, anche nel caso delle scuole più tradizionali, la continua sperimentazione sull' cud, nonché la conoscenza di alcuni trattati greci in cui vengono esposte non solo posizioni cosiddette "canoniste", ma anche "armoniste", hanno senz'altro segnato il destino della speculazione teoricomusicale.


Se da un lato essa ha mantenuto i suoi caratteri più cosmologico-etici, dall'altro ha affrontato il Problema Acustico relativo alla divisione degli intervalli dell'ottava musicale, ed al loro temperamento, con ampio anticipo rispetto alla trattatistica occidentale cristiana, pur non arrivando a nessun risultato definitivo fors'anche per ragioni di differenziazione razziale, culturale, politica, sociale che hanno caratterizzato ed ancora caratterizzano, anche da questo punto di vista, il mondo "arabo" attuale; giovi ricordare che solo nel 1932, nel corso di un Congresso Musicologico panarabo sono state fissate alcune direttive relative a forme, ritmi e modi, nonché accordature.


La questione dell'accettazione o meno del samâc nell'ambiente maghrebino e spagnolo è questione assai delicata: tende qui a prevalere, fin dall'VIII secolo dell'era cristiana la corrente malikita che si collegherà ad una precisa scuola giuridica e rimase il principale elemento costitutivo dell'identità religiosa della Spagna musulmana; è vero peraltro che fin dal IX secolo si diffondono in questi territori la teologia musulmana e il mutazilismo provenienti dall'ambiente persiano, con una amalgama di escatologia e teologia cristiana, mistica, profetologia e giurismo ebraici, idee neoplatoniche, sciite e sufi; pur se le tendenze mistiche vennero sempre viste con sospetto e ne fu contenuta al massimo ogni estemazione pubblica.



Nell'ambiente a noi forse più vicino, quello ispanicomaghrebino, abbiamo, nel corso del tempo, varie prese di posizione sul samac, vorremmo qui compendiarne alcune a dimostrazione della mutevolezza di atteggiamento nei confronti di questa pratica.


lbn al-`Arabi è uno dei massimi sufi che l'Islam abbia conosciuto, tanto da esser conosciuto come alshaykh al-akbar (il grande maestro). Nacque a Murcia nel 1165 E.C. e morì in Damasco nel 1240. All'età di otto anni si reca a Siviglia dove vive fino al 1194; lascia quindi la Spagna alla volta di Tunisi, Fez, la Mecca, dove resta due anni, visita quindi l'Egitto, Baghdad, ed infine Damasco, nel 1230.


La sua tomba, come spesso accadde per i grandi personaggi della religione islamica in odor di santità, fu oggetto di culto. Egli stesso ci dice d'aver scritto circa trecento lavori, di cui due, il futûhât al-makkiyya e il fusûs al-hikam gli diedero la fama di massimo tra i mistici. Si considerò illuminato da Dio e molti teologi rigoristi gridarono allo scandalo per le espressioni a volte ai limiti di un'apparente blasfemia, presenti nelle sue opere.


In diversi suoi scritti troviamo riferimenti al samâc: quattro capitoli dell' Akhlâk al-sufiyya (Modi e costumi dei sufi) sono dedicati a questa pratica. Nel XII esso vien lodato, ne viene stabilita la versione legittima, viene connesso alla poesia cantata, alla bellezza della voce, all'estasi, alla danza e ne viene esaltato il potere di influsso; nel capitolo seguente si commenta criticamente il sostanziale tradimento intellettuale e religioso che caratterizza il samâc eccessivo e spettacolare di certe categorie di mistici; nel XIV capitolo vien rigettato l'uso di qualsiasi mezzo artificiale nel samâc: si otterrebbe un estasi di conseguenza artificiale, quindi imperfetta: il mistico che raggiunge il grado di elevazione divina del samâc spirituale non necessita di altre stimolazioni o di esser eccitato esternamente (questo punto è poi ripreso nel futûhât al-makkiyya) .


Il XV capitolo reca una serie di indicazioni normative sulla buona condotta del samâc e sulla gestualità mistica di colui che conduce la pratica, lo shaykh. La summa della scienza mistica di Ibn al`Arabi è il testo intitolato al-Futûhât al-makkiyya, (Le rivelazioni della Mecca) scritto tra il 1202 e il 1231.


L'opera è divisa in sei grandi sezioni suddivise a loro volta in 560 capitoli che delineano un vero e proprio compendio descrittivo e normativo della scienza mistica. I capitoli 182 e 183 della seconda sezione sono dedicati al samâc vi si trattano le due categorie di samâc: il mutlak (libero o privo di suono) e il mukayyad (legato alla musica), quest'ultimo può esser di tre tipi: ilâhî (divino), rûhânî (spirituale) e tabîcî (naturale o sensuale).


Il samâc ilâhî è "da ogni cosa, in tutte le cose e per tutte le cose"; coloro che raggiungono questo livello parlano con Dio anche quando conversano con le sua creature, comprendono Dio perché Egli è in atto in tutto ciò che essi odono; il samâc spirituale consiste nell'udire con un orecchio spirituale come tutte le cose cantino la Gloria di Dio, nel cogliere e assaporare il loro senso; la vita passata è una pagina bianca, mentre il mondo e i suoi abitanti sono un libro scritto; le lingue delle creature sono le penne con cui Dio scrive la creazione: di conseguenza ci si deve comportare conformemente alle parole, suoni e lettere scritte dalle penne di Dio dopo averle udite con l'orecchio spirituale e aveme colto il significato; l'ascolto naturale o sensuale riguarda il samâc protocollare così come vien praticato dai sufi, esso è collegato, attraverso le quattro corde del cûd, ai quattro elementi e ai quattro temperamenti.


Nel capitolo 183 si dice che non si può rinunziare al samâc libero o privo di suoni (mutlak), quel che i sufi anziani abbandonano è il samâc mukayyad, legato alla musica. Dice al-Shiblî: "il samâc vien proibito al neofita e non è necessario all'anziano, solo la categoria di mezzo ne abbisogna", mentre segue un elenco di casi in cui il samâc non viene raccomandato.


Ibn a l-cArabî scrive anche un trattato sul microcosmo: alTadbîràt al-ilâhiyya fi islâh al-mamlaka al-insâniyya (Le regole divine nel riformare il regno umano).


Nell'ultimo capitolo, il ventunesimo, del libro, intitolato "Sulle cause dei gemiti, delle voci e dei movimenti del corpo connessi al samâc egli si occupa del samâc come di uno dei misteri divini, caratteristica dell'esistenza suprema; vengono enumerate due categorie di ascoltatori: coloro che ascoltano con l'anima e quelli che ascoltano con la mente; questi ultimi sentono in, da e attraverso ogni cosa, indipendentemente dalla musica in sé, la loro estasi si esprime in uno stato di stupore e immobilità; quelli invece che ascoltano con l'anima possono soltanto sentire attraverso ritmi e melodie piacevoli e la loro estasi viene esternata con il movimento del corpo.


Altre sono le posizioni di lbn al-Hâdjdj, giurista malikita del XIV secolo nato al Cairo e conosciuto per il trattato Introduzione alla venerabile legge (Madkhal al-shar ' al-sharf). L'intendimento di al-Hâdjdi è quello di divulgare, volgarizzare le proprie conoscenze nell'intento di collegare strettamente atti e intenzioni, azione e conoscenza.


Vi è nell'opera un capitolo dedicato al samâc , diviso in undici paragrafi, dove si leggono prese di posizione di rifiuto della pratica musicale estatica di ogni tipo: si rimprovera l'esagerazione dei praticanti il samâc contestandone il convincimento che la musica e la danza porterebbero ad uno stato di estasi e di unione mistica: l'autore ritiene che questo stato, una volta raggiunto grazie ad atti illeciti, sia piuttosto un'illusione diabolica.


Le pratiche legate a questo samâc andrebbero messe fuorilegge, così come va rifiutata la celebrazione del dhikr nelle moschee quando includa danze ed uso di strumenti (come il kadîb) inventati dai "senza dio" per far allontanare i musulmani dal Libro di Dio.


Vien condannata anche la musica come pratica artistica profana (ghina'), l'ascoltare il canto delle fanciulle, e gli strumenti musicali (malâhi). Di più: la musica ha un effetto distruttivo e dannoso sul comportamento e sulle capacità di giudizio e raziocinio, inducendo le persone a comportarsi come dei folli.


Malgrado questo sembra possibile, da parte di personaggi autorevolmente pii e devoti, praticare il sarnác o il dhikr. Un Kitâb al-imtâc wa'l-intifâc fi mas'alat samâc al-samâc
(Il libro della gioia e dell'utile nell'ascoltar la musica) viene attri buito dai più a Muhammad ben Ibrâhîm al-Shalahî, probabil mente un musicista spagnolo vissuto nel XIV secolo.


Il libro fu scritto per il Sultano almoravide Abû Yackûb ben abî Abd al-Hakk, che regnò tra il 1286 e il 1307. Da quanto dice il titolo stesso, si tratta di un'opera favorevole all'utilizzazione della musica, pur in un momento storico in cui, anche grazie alla pre senza almoravide in Spagna, il malikismo avverso alla pratica musicale tendeva a prevalere.


Non siamo di fronte ad uno scritto sufi, e la musica vi è trattata nei suoi aspetti più vari: organologi ci,sociali, religiosi, giuridici. Al termi ne del secondo dei tre capitoli in cui è
diviso il lavoro si danno una serie di informazioni sul samâc sufita.



Fortemente avversa al samâc è peraltro una delle maggiori autorità giuridico-tradizioniste del mondo arabo, al-Turtûshî, nato a Tortosa, appunto, intorno alla metà dell'XI secolo. Studiò a Tortosa e a Saragozza per poi intraprendere il pellegrinaggio alla Mecca che lo portò pure a Baghdad, Bassora, Damasco, Gerusalemme, il Cairo ed Alessandria.


E' proprio da un suo trattato che prende il titolo questo lavoro: Mas'ala fi'l-samâc . E' una risposta ad una domanda relativa al samâc dei sufi, al loro canto con l'accompagnamento del kadîb, alla danza da loro praticata e alla trance. La risposta non ammette repliche: tutte le pratiche sufite sono vane, fallaci e stolte; l'unica dottrina dell'Islam è quella che fa assegnamento sul Libro di Dio e sulle nonne dettate dal Profeta.


La danza dei sufi è del tutto simile alla danza intorno al Vitello d'Oro che è tipica dei "senza dio", il battere ritmico del kadîb è un'invenzione manicheista per sviare i musulmani dalla via del Libro di Dio. Chiunque accetti il samâc è un eretico, un ateo e questa pratica dovrebbe esser bandita dalle moschee.


Ancora più chiara è la posizione di al-Turtûshî come si delinea nel Kitâb tahrîm al-samâc (Libro sulla proibizione dell'ascoltar la musica). Il rito malikita proibisce la musica e il suo ascolto: il canto e la danza vengono collegati al bere vino e alla fornicazione e han preso origine con Satana; gli strumenti sono proibiti e non è legittimo che i musicisti pretendano denaro per le loro empie prestazioni.


Gli effetti della musica son come quelli instupidenti, depravanti e degradanti del vino. In risposta poi a coloro che citano l'hadith in favore della musica, intesa come ghinâ' in quanto il termine sarebbe stato proferito dal Profeta stesso, al-Turtûshî spiega che il termine ghinâ', dal punto di vista etimologico, significa innalzamento della voce: è stato usato per il canto, e la musica in generale, solo per estensione.

Gli attacchi al samâc e al sufismo si sprecano: c'è troppo fasto nelle loro cerimonie estatiche, troppi eccessi, e i benefici effetti della musica sono inesistenti. Si tratta solo di alcune indicazioni, fortemente connotate geograficamente. Fiumi di parole son stati scritti da parte di letterati, giuristi, teologi, guide spirituali, sufi e filosofi sul samâc: Il dibattito ha visto posizioni assai diverse e divergenti che vanno dalla completa negazione alla totale ammissione di ogni forma o atteggiamento musicale, compresa la danza, passando per ogni possibile grado intermedio.


Saranno soprattutto gli ordini mistici, per i quali la musica e la danza rappresentano una parte cospicua degli esercizi spirituali e del cammino verso la trance estatica, a partecipare attivamente a polemi che infinite che non trovane nel Corano alcun modello comportamentale certo ed esemplare. Nessuna autorità giuridica o religiosa è in grado di proibire o autorizzare alcunchè a priori sulla base di una decisione personale: ogni argomentazione in un senso o nell'altro deve obbligatoriamente basarsi o su riferimenti precisi ai testi sacri, o sull'analogia.


E se il testo di maggior sacra lità è ovviamente il Corano, ad esso ricorreranno sia coloro che si oppongono, sia coloro che ricorrono alle pratiche musicali legate ad aspetti spirituali e/o estatici; il fatto è che nel Corano non viene fatto alcun riferimento esplicito alla musica e ci si rivolge così all'esegesi, citando la Sura XXXI,5 dove si dice che "Tra gli uomini vi è chi compra storie ridicole per traviare gli uomini dal sentiero di Allah e burlarsi di esso" (in alcune lezioni abbiamo "storie facete") e vedendo in questo un qualche richiamo alla musica che alcuni commentatori leggono come l'acquisto di donne canterine, altri interpretano come la preferenza accordata al canto e agli strumenti musicali piuttosto che al Corano; del resto questa sura, con altre 29, per una particolarità legata all' esegesi, conterrebbe versetti "non espliciti", la cui interpretazione allegorica è nelle mani di Dio.


Per converso, i sostenitori della musica (e qui intendiamo il samàc) fan riferimento alla Sura XXXV,1 : "Egli aggiunge alla creazione quello che vuole" riferendolo ad una voce meravigliosa, un tema lungamente discusso nella letteratura musicale araba, sia riferita all'ambito sacro che profano.


Così i versi della Sura XXXIX, 17-18 vengono riferiti al canto: "Così do buoni consigli ai miei servi che danno ascolto all' al-qawl (la parola parlata) e seguono quelle più amabili"; del resto, il termine al-qawl viene ancor oggi usato nella musica popolare per indicare l'intonazione cantata della poesia popolare; ma le traduzioni sono sempre approssimative, se quella italiana rivista e controllata dottrinalmente dalla Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia suona invece: "Annuncia la lieta novella ai Miei servi che ascoltano [attenti] la Parola é obbediscono a quanto di meglio essa contiene".



Gli argomenti son poveri dall'una e dall'altra parte, e fors'anche azzardati nell'interpretazione musicale: vien in mente, a proposito del primo, un passo molto conosciuto della mistica ebraica proveniente dal Talmud Babilonese, nel libro denominato Masseket Hagigah si parla dell'apostasia di Elishà ben Avuyàh, per ciò detto Aher, l'Altro; "il canto greco non cessò dalle sue labbra" si dice di lui; questa affermazione darà poi origine ad un apologo ben più tardo del Talmud, ove la ragione dell'abiura (per diventare forse gnostico dualista) starebbe nell'aver intonato troppe canzonette greche: nell'essersi troppo invischiato nelle questioni della filosofia, secondo qualche commento, superando ogni questione canora o musicale.


In mancanza di sicuri riferimenti coranici la polemica si sposta sull'hadîth, la raccolta dei detti del Profeta, di cui esistono varie versioni che raccolgono alcune migliaia di aneddoti scelti tra diverse centinaia di migliaia. Ma anche qui vi son frecce per l'arco di chiunque. La pratica del samâc non è quindi rappresentativa della concezione musicale di tutto l'Islam, né può o deve esser considerata una tradizione formante o generalizzata nel tempo e nello spazio.


La tendenza alla non separazione di un'autorità religiosa da un potere civile, la dottrina e la vocazione "sociale" dell'Islam, hanno tra l'altro contribuito, nel campo della musica, ad attenuare enormemente, fin dal VII secolo, la dicotomia riscontrabile invece in occidente tra musicus e cantor proponendo una figura di musicus perfectus che per esser tale deve possedere una naturale disposizione per la musica, creatività e virtuosismo tecnico, uniti ad una somma di conoscenze di carattere enciclopedico richieste dall'educazione del tempo.


La pratica musicale comunque non entra a far parte dell'iter educativo istituzionale per il sospetto generato nella generalità dei filosofi arabi dalle reazioni di sovraeccitazione e dalla carica di sensualità evocate dalla musica e viste quali elementi di disgregazione del ricercato equilibrio sia psicofisico che sociale; tra i non sufi il samàc, per esempio, è equiparato, in negativo, al mahâhî quale stato di distoglimento, come afferma il teologo e giurista Ibn abi` l-Dunyâ (IX sec).


L'atteggiamento nei confronti della musica è sempre stato dunque ambivalente proprio perché mai passivo, comunque coinvolgente, anche quando non si raggiungono parossismi collettivi o estasi private. In gruppi marginali i rituali collegati alla musica (samàc e dhikr) posso no prevedere comportamenti di tipo fachirico: i partecipanti si strappano le vesti, pervengono a stati di modificazione di coscienza che permettono il camminare sulla brace o il tener tra le labbra carboni ardenti, il masticar vetri, le automutilazioni.


Tra questi gruppi troviamo la comunità di esorcisti marocchini degli Hamâdîsha, i Bûrî tunisini, la confraternita nera degli Ghnâwî del Nord Africa, il gruppo errante degli Haddâwa del Marocco, i dervisci Qalandar "gioiosi in Dio", i Y azîdiyya. La gran parte delle comunità mistiche si limita però ad utilizzare i rituali di tipo musicale per giungere al wadjd, la trance.


Questa può esser "musicata" o "musicante" e cioè coinvolgere chi ascolta (o agisce danzando) o chi suona. Un esempio assai conosciuto è quello dato dai Mevlevi, i cosiddetti "dervisci rotanti" nel corso della cerimonia detta mukabele. I danzatori (semazen) si pongono sul palco attorno alla loro guida (semazen bashi) ed indossano ampie gonne bianche, mantelli neri e berretti appuntiti per simboleggiare nel corso della danza la vittoria nei confronti della morte e la connessione di ciò che è terreno al mondo celeste; la danza infatti prevede una sorta di trance (quando viene realizzata nelle cerimonie e non ad uso spettacolare) dovuta al roteare dei danzatori su loro stessi e al lento traslare attorno alla loro guida in una sorta di danza mimetica del movimento delle sfere celesti.


Questo rituale molto curato, intellettualizzato e fortemente spirituale talora contrasta con la trance frenetica che si ottiene nel corso del dhikr pubblico, anche se è pur vero che spesso le due pratiche tendono a confondersi.


Nella ricca letteratura sulla danza sacra ed estatica nei mistici possiamo rilevare che l'atto del danzare vien normalmente associato al cantare, al batter le mani e al suonare strumenti: un tutto composito che assume il nome di samâc . La danza estatica è un mezzo per raggiungere il sublime, aiuta coloro che hanno raggiunto un grado avanzato di gnosticismo a giungere più vicini a Dio, ma la sua pratica da parte di un neofita è da considerarsi pericolosa; in essa la concentrazione e la meditazione portano all'unione mistica.


Malgrado questo ci sono diversi maestri delle prime generazioni del misticismo che disapprovano la danza e l'eccitazione fisica come metodi per raggiungere la trance estatica, perché spesso essa vien come indotta artificialmente, o peggio simulata.


Così le autorità mistiche avversano fortemente certe pratiche considerate stravaganti, come le esibizioni intimamente false ed ingannevoli dei dervisci che danzano nelle piazze ed in luoghi pubblici, o danno spettacoli, di coloro che ostentano pratiche di fachirismo, come il sedere su carboni ardenti, il trangugiare cocci di vetro, o l'automutilarsi; essi abusano della cerimonia del samâc che ha tutt'altra profondità e motivazione.


E' ovvio che gli attacchi più violenti in questo senso vengano dai canonisti e teologi che considerano qualsiasi forma di danza una depravazione o peggio ancora, fino a vedere in essa i segni dell'eresia, del politeismo, dell'apostasia. Viene spesso fatto riferimento alla danza "atea" intorno al Vitello d'Oro.

Comunque sia, questo samàc' danzato contiene delle costanti che ci vengono, dall'una o dall'altra fonte, tramandate. Questa danza è in effetti, nei suoi aspetti più generali, un movimento fisico eseguito collettivamente da iniziati che stanno tutti in fila o in cerchio; spalla a spalla, qualche volta battendo le mani o ripetendo ossessivamente frasi prefissate, i fedeli ondeggiano avanti e indietro, alzandosi e abbassandosi, ciondolando energicamente il capo, seguendo la voce del precettore, talvolta, il pulsare ritmico di tamburi o altri strumenti.


Accanto a pratiche di questo tipo la mistica musicale araba pone rituali di guarigione (hadra) basati sull'eccitamento estatico del paziente dovuto sovente alla danza comune di guaritori e malati; gli Hamâdisha del Marocco ed altre comunità egiziane e sudanesi praticano danze, talvolta accompagnate da atti di automutilazione, di tipo esorcistico.


La questione dell'azione della musica sull'animo umano, pur appartenendo a tutte le culture, ha trovato nella società islamica un terreno particolarmente fertile affiancandosi a pratiche relative alla musica non religiosa e correndo su binari paralleli a quelli della musica sacra legata alla liturgia e innestandosi su di un substrato mistico particolarmente vivo e vitale che mette comunque l'uomo come essere percipiente e come destinatario finale del messagio divino, al centro dell'universo dei segni e dei sensi.

Shukran calâ kulli shay. Dumtum

Grazie di tutto. Vivete a lungo


Bibliografia essenziale




AL FARUQI, LOIS IBSIN, An Annotated Glossary of Arabic Musical Terms, London, Greenwood,1978


ALLEN, WARREN DWIGHT, Philosophies of Music History, New York,Dover Pubblications lire., 1962


FARMER HENRY GEORGE, "La musica dell'Islam", in Storia della Musica (The New Oxford History of Music), Milano, Feltrinelli,1962


FARMER HENRY GEORGE, Historical Facts for the Arabian Musical Influente, London, W. Reeves, 1930


GUETTAT, MAHMOUD, "La musique sacree dans le monde arabomusulman", in: Arcangeli P.G. (a cura di), Musica e liturgia nella cultura mediterranea, Firenze,Olschki,1988


HASSAN TOUMA, HABIB, La musica degli arabi, Firenze, Sansoni,1982


LAOUST HENRI, Gli scismi nell'Islam (tr. it. di S. Leoni), Genova, ECIG, 1990


LAPIDUS, IRA M., Storia delle società islamiche, 3 voll.,Torino, Einaudi,1993-95
LEON TELLO, FRANCISCO JOSE', Estudios de historia de la teoria musical, Madrid, Consejo superior de investigaciones científicas, Instituto espanol de musicologia, 1962

PALISCA, CLAUDE V., Humanism in Italian Renaissance Musical Thought, New Haven & London,Yale University Press, 1985


ROUGET, GILBERT, Musica e trance, Topino, Einaudi,1986 SALAR EL MANDI, La musique arabe, Paris, Leduc,1972


SHILOAH AMNON, Music in the World of Islam, Aldershot, Scolar Press, 1995


SHIL,OAH AMNON, The dimension of Music in Islamic and Jewish Culture, Aldershot, Varionun,1993


SHILOAH AMNON, The Theory of music in arabics writings, RISM, B X, Miinchen, Henle Verlag,1979




STEUENS, JOHN,Words and Music in the Mialdle Ages, Cambridge, Cambridge University Press,1986




1 Una versione ridotta, in inglese, di questo articolo è stata pubblicata in G:Stefani, E.Tarasti, L.Marconi, (a cura di), Musical Signification Between Rhetoric and Pragmatics. Proceeahngs of the 5th International Congress ori Musical Signification - BOLOGNA 14-16 NOV. 1996, Bologna, Clueb,1998, pp. 329 sgg.

2 Cfr., ad esempio: Mahmoud Guettat, "La musique sacrée dans le monde arabo-musulman", in: Arcangeli P.G. (a cura di), Musica e liturgia nella cultura mediterranea, Firenze,Olschki,1988

3 Si veda a questo proposito il capitolo "Musica e trance preso gli Arabi" in: Gilbert Rouget, Musica e trance, Torino, Einaudi,1986, pp. 343 e sgg.

4 al-Hujwiri, Kashf al-mahjub, tr. ingl. di R.A. Nicholson, London, 1911; cit. in: Amnon Shiloah, The Theory of musi c in arabic writings, RISM, BX, Miinchen, Henle Verlag,1979, p. 1.

5 Per Ficino l'universo è un essere vivente: in esso vi è un principio vitale universale, (Anima del Mondo, che infonde alle membra del corpo mondano una vita altamente organizzata, modulata da leggi aritmo-musicali. Ne risulta un generale vincolo di simpatia tra le membra del mondo e le forme di vita del mondo sensibile. La musica non è dunque più esclusivamente metafora di un universo matematico, ma una stupenda potenza cosmica, sottoponibile a qualsivoglia forma di empirismo. Attraverso la vis imaginativa il poeta-musico può "catturare" le emanazioni dei pianeti imitando con appropriati ritmi l`ethos' divino, e indurne benefici per lo spirito umano fruitore. Ecco concepita la connessione tra teoria e pratica musicale e concezioni praticoastrologiche che Ficino sfrutterà per spiegare in termini razionali gli `antichi effetti della musica sull'uomo. Cfr., tra (altro, Stefano Leoni, "La melanconia e i poteri della musica: affetti, spiriti, furori e passioni nel pensiero musicale occidentale", in Ars Regia, 111, 14, 1993.

6 Cfr., ha l'altro, per una visione d'insieme riassuntiva della teoresi musi cale in lingua araba, S. Leoni, "Kanz al tuhaf al-musîqî..: " in: IRASM, Intemational Review of Aesthetics and Sociology af Music, Zagreb, I, 1997, in pubbl

7 Cfr Rouget, loc cit

8 Cfr. per esempio: Ira M. Lapidus, Storia delle società islamiche, 3 voll.,Torino, Einaudi,1993-95 o Henri Laoust, Gli scismi nell'Islam (tr. it. di S. Leoni), Genova, ECIG, 1990.

Hai citato un ottimo lavoro,appena avrò tempo vedrò di ampliare il tema della musica. Grazie Harunabdelnur

uqbar (POL)
01-02-06, 01:04
La distanza tra un tono e l’altro non poté dare luogo ad una ripartizione esatta delle frequenze acustiche quando si volle dividere tale distanza con un terzo suono che fosse esattamente intermedio e che rappresentasse la metà del tono: il semitono. Si dovette far violenza alla natura "temperando" e quindi alterando la distanza tra un tono e l’altro con un suono intermedio, che risulta acusticamente "stonato", ma che permette il passaggio da una scala musicale all’altra (la cosiddetta modulazione) o, come si dice con termine tecnico, da una tonalità all’altra. Quante sono le tonalità possibili nel sistema "temperato"? Non più di dodici!
È difficile spiegare, senza ricorrere a termini tecnici, il significato e l’utilità della moderna scala "temperata"; diciamo soltanto che il temperamento dei suoni è stato esaltato, sotto il profilo artistico soprattutto, anche se grandissima è la maestria tecnica, da Giovanni Sebastiano Bach nella sua monumentale raccolta di preludi e fughe per clavicembalo che si intitola appunto "Il clavicembalo ben temperato".


Consiglio a tutti di avvicinarsi alla monumentale opera di Bach "il clavicembalo ben temperato".
Per ogni nota della scala temperata (12 note) vi è un preludio e una fuga : si va dal carattere mistico al carattere allegro e spensierato al tragico.
E' composta da 2 libri e quindi alla fine si ottengono 24 preludi e 24 fughe.

La migliore interpretazione in assoluto è a mio avviso quella per pianoforte di Glenn Gould (pianista canadese parecchio stravagante).

Una cosa curiosa: sulle sequenze armoniche del 1° preludio del 1° libro Gounot compose la nota Ave Maria che si canta nei matrimoni.

In ossequio al clavicembalo ben temperato di Bach, F. Chopin aprì la sua serie di "studi" con un pezzo in do+ costituita da soli accordi proprio come quel fantastico preludio di Bach.

Tutti i pezzi del Clavicempbalo ben temperato sono di una perfezione e di un rigore contrappuntistico e polifonico quasi maniacale ..... ciònonostante il preludio in la- del 2° libro sfocia in sequenze cromatiche dissonanti tanto da sembrare in alcuni punti un pezzo di musica contemporanea.

Straordinaria la fuga mistica in do#- del 1° libro con un tema (e non sto scherzando!) di sole 4 note.

Ma tutto .. tutto bello .....belissimo .... divino

PS:
se qualcuno volesse avvicinarsi alla fughe di Bach consiglio di stare attenti al tema iniziale che esordisce con una sola voce.
Questa voce iniziale viene poi rincorsa da altre voci che riproducono il tema ma ad accordi diversi.
L'abilità dell'ascoltatore sta proprio nel saper individuare la riproposizione del tema iniziale che è nascosto in tutta un insieme di varie voci (polifonia) alcune delle quali riproducono il tema iniziale mentre altre riproducono vari contro-soggetti.
Insomma è una fantastica ricreazione per l'intelletto.

Tomás de Torquemada
03-02-06, 14:00
Hai citato un ottimo lavoro,appena avrò tempo vedrò di ampliare il tema della musica. Grazie Harunabdelnur

Grazie a te per i contributi che vorrai offrire... :)

Tomás de Torquemada
03-02-06, 14:01
Consiglio a tutti di avvicinarsi alla monumentale opera di Bach "il clavicembalo ben temperato".
Per ogni nota della scala temperata (12 note) vi è un preludio e una fuga : si va dal carattere mistico al carattere allegro e spensierato al tragico.
E' composta da 2 libri e quindi alla fine si ottengono 24 preludi e 24 fughe.

La migliore interpretazione in assoluto è a mio avviso quella per pianoforte di Glenn Gould (pianista canadese parecchio stravagante).

Una cosa curiosa: sulle sequenze armoniche del 1° preludio del 1° libro Gounot compose la nota Ave Maria che si canta nei matrimoni.

In ossequio al clavicembalo ben temperato di Bach, F. Chopin aprì la sua serie di "studi" con un pezzo in do+ costituita da soli accordi proprio come quel fantastico preludio di Bach.

Tutti i pezzi del Clavicempbalo ben temperato sono di una perfezione e di un rigore contrappuntistico e polifonico quasi maniacale ..... ciònonostante il preludio in la- del 2° libro sfocia in sequenze cromatiche dissonanti tanto da sembrare in alcuni punti un pezzo di musica contemporanea.

Straordinaria la fuga mistica in do#- del 1° libro con un tema (e non sto scherzando!) di sole 4 note.

Ma tutto .. tutto bello .....belissimo .... divino

PS:
se qualcuno volesse avvicinarsi alla fughe di Bach consiglio di stare attenti al tema iniziale che esordisce con una sola voce.
Questa voce iniziale viene poi rincorsa da altre voci che riproducono il tema ma ad accordi diversi.
L'abilità dell'ascoltatore sta proprio nel saper individuare la riproposizione del tema iniziale che è nascosto in tutta un insieme di varie voci (polifonia) alcune delle quali riproducono il tema iniziale mentre altre riproducono vari contro-soggetti.
Insomma è una fantastica ricreazione per l'intelletto.

Molto interessante... mi sto preparando psicologicamente, da qualche settimana, a un serio approccio con l'opera omnia di Bach. Grazie per le utilissime indicazioni... :)

Tomás de Torquemada
03-02-06, 14:05
LA MUSICA ALLA CORTE DI FEDERICO II
a cura di Patrizia BALESTRA

http://www.stupormundi.it/musica.html

Dal sito http://www.stupormundi.it/

Silvia
17-05-07, 11:11
Mentre il flauto e i tamburi cominciano a suonare, i Dervisci depongono la sopravveste nera (riconducibile alla nigredo alchemica), simbolo del mondo nel quale l’anima è prigioniera. Poi inizia la danza, in cui ogni gesto racchiude specifici significati. La mano destra, aperta verso il cielo, rappresenta la coppa del cuore che accoglie la grazia divina, successivamente trasmessa al mondo materiale attraverso la mano sinistra, aperta verso terra. Il copricapo, un alto cilindro nero o marrone, simboleggia la pietra tombale che l’iniziato ha posto sulle passioni terrene. Il Cosmo, che ruota senza fine intorno al centro dell’Universo, è simboleggiato dall’ampia gonna che si schiude mentre il danzatore gira, a lungo, sempre attorno al proprio cuore, fino a raggiungere lo stato d’estasi: il centro del Tutto, massima espressione della Creazione.



ocIdOzMzw0U&

vnunfciSr7k&

Silvia
20-05-07, 11:52
Fino al VI secolo i canti venivano trasmessi oralmente. Poi si iniziò a usare una "notazione" di origine greca che utilizzava le lettere dell'alfabeto e che, nei paesi anglosassoni, è ancora in uso (A = la, B= si, C = do, D = re, E = mi, F = fa, G = sol).

I nomi delle note come li conosciamo noi, invece, risalgono al XII secolo e corrispondono alle sillabe iniziali dei primi sei versetti dell’inno a San Giovanni Battista composto da Paolo Diacono.

UT queant laxis
REsonare fibris
MIra gestorum
FAmuli tuorum
SOLve polluti
LAbii reatum,
Sancte Iohannes

Fu Guido d'Arezzo a notare che ciascun versetto corrispondeva a una diversa tonalità e a utilizzarne le iniziali per definire le note. Si dovrà attendere però il XVI secolo prima che la sillaba "Ut" venga sostituita da "Do", l'inizio della parola Domine, e il XVII prima che la settima nota abbia un nome definitivo (Si, dalle iniziali di Sancte Iohannes). All’inizio, i trattatisti musicali non seppero includere convenientemente nelle scale la nota Si naturale, motivo per cui la sostituivano con una di più facile intonazione, il Si bemolle.


http://www.silviadue.net/vari/music_gerona_gradual_lg.jpg

I teorici medievali proibirono l'intervallo musicale di quarta eccedente Fa-Si perché considerato dissonante: "Si contra Fa est diabolus in musica". Il Diabolus in musica, parente del Caos e del Demonio, ossia il tritono: quell'intervallo di tre toni interi che si doveva assolutamente evitare. Quindi, quando si veniva dal Fa, il si doveva essere "bemollizzato", per produrre quella che oggi si chiama quarta giusta.

Nel 1725, J.J. Fux stigmatizzò duramente l'uso di questa triade perversa in un intero trattato, Gradus ad Parnassum. Ma il Diabolus in musica venne utilizzato da diversi compositori per la sua particolare durezza, estremamente efficace per creare nell'ascoltatore sentimenti di angoscia, di turbamento, di morte.

tenates
20-05-07, 14:59
http://www.youtube.com/watch?v=SsRTwVTtvmE

Regina di Coppe
23-05-07, 15:43
Straordinaria la fuga mistica in do#- del 1° libro con un tema (e non sto scherzando!) di sole 4 note.

.


... lo stesso nome di BACH è un tema musicale di 4 note...

Frescobaldi
26-07-07, 00:12
... lo stesso nome di BACH è un tema musicale di 4 note...


I nomi latini delle note musicali, così come li stabilì Guido d'Arezzo, non vennero mai adottati dai paesi di lingua tedesca e inglese, che scelsero una nomenclatura alfabetica:
A B C D E F G H con le varianti: ES FIS GIS ecc.
la sib do re mi fa sol si naturale mib fa# sol# ecc.
Il nome di Bach (che in lingua tedesca significa "ruscello") è quindi anche una melodia:
B A C H = sib la do si naturale
Johann Sebastian stesso la utilizzò nell'ultima (incompiuta) composizione della sua "Arte della Fuga", e in seguito moltissimi altri compositori - fra cui Albrechtsberger, Schumann, Liszt, Brahms, Reger, Schönberg - utilizzarono questa melodia in onore del grande Maestro.

Tomás de Torquemada
26-07-07, 23:18
Ringrazio di cuore il mio amico Frescobaldi, fra l'altro musicista di altissimo livello, per il dotto e suggestivo intervento... :)

E benvenuto nel forum! ;)

Frescobaldi
27-07-07, 18:18
Ringrazio di cuore il mio amico Frescobaldi, fra l'altro musicista di altissimo livello, per il dotto e suggestivo intervento... :)

E benvenuto nel forum! ;)


:-:-01#19Grazie a te....:)....come sempre troppo buono...;)

Tomás de Torquemada
09-10-07, 00:12
L'esoterismo di Scrjabin

Negli scritti di Skrjabin si manifesta l'adesione del musicista alla teoria delle corrispondenze («In alto come in basso», si legge nella Tabula smaragdina attribuita ad Ermete Trimegisto, nome dato dai greci a Thoth, dio egizio della luna e della scrittura):
Lo spazio e il tempo è un processo creatore nel quale ogni unità di rappresentazione data è, per la sua parte, una porzione di un Tutto illimitato, una parte che non esiste dunque che in relazione con il Tutto. Ogni granello di polvere partecipa al processo creatore. (…) Per impiegare una analogia con la natura, direi che la sostanza del mondo è simile all'oceano composto di una moltitudine di gocce di cui ognuna è la rappresentazione perfetta del tutto, come lo è l'oceano intero. L'oceano dell'immaginazione crea, cioè dà a quasi tutte le gocce una differente colorazione. Gli basta quindi attribuire un qualsiasi colore ad una sola goccia, perché le altre gocce prendano necessariamente gli altri colori complementari, perché un colore non può esistere che in funzione di tutti gli altri. Secondo il principio dell'Analogia, questo ci fa comprendere un poco l'Atto Creatore ed il suo effetto sull'Universo.
Si può concepire il mondo sia come un sistema di corrispondenze, immobile ad ogni istante dato, sia come un sistema in continua trasformazione nel tempo e nello spazio. Quando uno stato di coscienza passa ad un altro, si può dire che si è trasformato e che questa trasformazione ha causato a sua volta delle modifiche in tutto il sistema di analogie.
La concezione di analogia universale risale ad un'epoca molto antica, tanto da fare parte del passato mitico dell'uomo. Fuori dall’ambito mitico, si possono enumerare svariate fonti storiche, si tratti del Timeo di Platone o di autori alessandrini come Plotino che, come prova della simpatia naturale delle cose, dell'armonia del mondo, afferma che “se si fa vibrare la corda di una lira, tutte le altre vibrano insieme, perché appartengono ad uno stesso sistema armonico”.
Dal XIII secolo la Tabula smaragdina divenne un costante punto di riferimento per alchimisti e occultisti. Citiamo a titolo di esempio un testo di Swedenborg:
II regno del cielo è il regno delle cause. L'azione si riproduce nel cielo e di là nel mondo, e, per gradi, nell'infinitamente piccolo della terra; gli effetti terrestri legati alla loro causa fanno sì che tutto sia corrispondente e significante. L'Uomo è il termine medio tra il naturale e lo spirituale.
La teoria delle corrispondenze o Analogia universale è per Skrjabin la legge che governa tutto l'Universo: poiché infatti tutto si corrisponde, il microcosmo (l'Uomo) al macrocosmo (l'Universo), deve essere possibile agire «magicamente» su quest'ultimo attraverso una vibrazione, in modo che ogni minimo gesto divenga altamente significante.


http://www.russisches-musikarchiv.de/images/skrjabin-portrait-01.jpg
Aleksandr Skrjabin - Immagine tratta dal sito http://www.russisches-musikarchiv.de/

Un lungo passo degli Appunti, intitolato Della vibrazione, è dedicato all'esposizione di questa idea: Ogni stato di coscienza è in relazione con tutti gli altri. Per conseguenza l'immaginazione di qualcosa significa la negazione di tutto il resto, ossia il conflitto con la rappresentazione di 'tutto il resto' che abita in me inconsciamente. Da un lato vive in me la coscienza, dall'altro lato vive in me 'tutto il resto', con il suo desiderio di appropriarsi della mia coscienza. Il grado di intensità di questo conflitto determina la qualità interiore dello stato da me vissuto (per esempio quella di diversi colori come impressioni di un certo numero di vibrazioni in un'unità di tempo data). La rappresentazione del 'resto' non è altro che la negazione dello stato da me vissuto ed è determinata da una vibrazione, che è un certo grado di attività. Le cose si distinguono fra loro per il grado di intensità e attività, cioè per il numero di vibrazioni in una unità di tempo data [...] Ogni istante dato della storia è la negazione di tutto il passato dell'umanità. Ogni istante successivo determina dunque un più alto grado di intensità dell'attività in rapporto a quello che lo precede. Più è viva la rappresentazione del passato più velocemente si impadronisce della coscienza e uno sforzo tanto maggiore è necessario per escluderla dalla sfera della coscienza. Tutta la storia dell'umanità è perciò una intensificazione e, in ultima analisi, un'estasi.
Ogni stato di coscienza è un punto limite nel movimento vibratorio. La vibrazione lega gli stati di coscienza e rappresenta la loro unica essenza. Lo schema delle loro opposizioni e delle loro identità ci è dato dalle loro fluttuazioni apparenti.
Ogni stato di coscienza è in sé una sfera chiusa che non può essere penetrata da un altro stato di coscienza: questo condiziona la molteplicità della coscienza unificata, in cui tutti gli stati sono contenuti in origine. Nel movimento vibratorio i punti estremi di ogni vibrazione sono dei momenti che non possono essere percepiti che come limiti del movimento vibratorio. È impossibile percepirli perché sono dei momenti; con ciò si spiega anche il fatto che ogni stato di coscienza non può esistere che in un sistema di corrispondenze e che è impensabile all'infuori di questo.
La differenziazione dei punti limite di ogni vibrazione contiene l'idea di tempo e di spazio. Ogni stato di coscienza è la negazione di tutti gli altri.
Sistematizzando il reale con la riduzione al fenomeno vibratorio, Skrjabin trasforma l'universo in un vasto sistema di combinazioni, la cui manipolazione è sottomessa alla volontà dell'artista, che diviene perciò il Demiurgo, il Grande Architetto per eccellenza. Scopo di Skrjabin è la realizzazione di un’opera d'arte totale come modello cosmologico in miniatura, un Microcosmo attraverso il quale l'artista possa influenzare il Macrocosmo, in virtù della legge dell'analogia universale: dall'affinità fra tutti i fenomeni si deduce infatti che egli possa agire per mezzo di una vibrazione su diversi piani della realtà.
Dagli scritti di Skrjabin è possibile determinare i due principi su cui poggia l'edificio del suo pensiero: 1) la teoria delle corrispondenze; 2) tutto è vibrazione.

http://digilander.libero.it/initlabor/grasso1/Esoterismo-Scrjabin.htm

Dal sito http://digilander.libero.it/initlabor/

Frescobaldi
22-12-07, 16:32
Consiglio a tutti di avvicinarsi alla monumentale opera di Bach "il clavicembalo ben temperato".
Per ogni nota della scala temperata (12 note) vi è un preludio e una fuga : si va dal carattere mistico al carattere allegro e spensierato al tragico.
E' composta da 2 libri e quindi alla fine si ottengono 24 preludi e 24 fughe.

La migliore interpretazione in assoluto è a mio avviso quella per pianoforte di Glenn Gould (pianista canadese parecchio stravagante).

Una cosa curiosa: sulle sequenze armoniche del 1° preludio del 1° libro Gounot compose la nota Ave Maria che si canta nei matrimoni.

In ossequio al clavicembalo ben temperato di Bach, F. Chopin aprì la sua serie di "studi" con un pezzo in do+ costituita da soli accordi proprio come quel fantastico preludio di Bach.

Tutti i pezzi del Clavicempbalo ben temperato sono di una perfezione e di un rigore contrappuntistico e polifonico quasi maniacale ..... ciònonostante il preludio in la- del 2° libro sfocia in sequenze cromatiche dissonanti tanto da sembrare in alcuni punti un pezzo di musica contemporanea.

Straordinaria la fuga mistica in do#- del 1° libro con un tema (e non sto scherzando!) di sole 4 note.

Ma tutto .. tutto bello .....belissimo .... divino

PS:
se qualcuno volesse avvicinarsi alla fughe di Bach consiglio di stare attenti al tema iniziale che esordisce con una sola voce.
Questa voce iniziale viene poi rincorsa da altre voci che riproducono il tema ma ad accordi diversi.
L'abilità dell'ascoltatore sta proprio nel saper individuare la riproposizione del tema iniziale che è nascosto in tutta un insieme di varie voci (polifonia) alcune delle quali riproducono il tema iniziale mentre altre riproducono vari contro-soggetti.
Insomma è una fantastica ricreazione per l'intelletto.



http://www.liberliber.it/audioteca/b/bach/immagini/ritratto.jpg (http://www.liberliber.it/audioteca/b/bach/immagini/ritratto.jpg)


Da Guida al clavicembalo ben temperato di J.S.Bach di G.Barblan, Ed Curci


Il do diesis minore sembra introdurci nel segreto recinto dell’espressione più intima.



All’assorta linearità del preludio fa seguito il tema implorante e misterioso, di sole cinque note in tempo grave, con cui si annuncia la fuga: una delle due fughe a cinque voci che troviamo in tutta l’opera, e ambedue nel primo Libro. In essa sembra riflettersi la potenza architettonica con la quale furono innalzate le superbe cattedrali che documentano le grandi tappe della civiltà; di quelle cattedrali la fuga in do diesis minore ripete, oltre alla solidità strutturale, anche l’arcana presenza di Dio. Sezionandone i vari momenti, è sorprendente rilevare come questo maestoso edificio, costruito con un tema e tre controsoggetti, sfrutti l’impiego del breve ma fecondo soggetto, e dei controsoggetti*. Il primo di questi accompagna discretamente e quasi sempre solo con la sua parte finale il soggetto nell’esposizione e nella contro-esposizione, per dare poi posto al secondo, che intesse una ghirlanda di fluttuanti crome che si snodano in rimarchevole contrasto col tema. Alla battuta 49 fa la sua entrata il terzo incisivo controsoggetto, dell’importanza di un vero e proprio soggetto: di qui in poi tre elementi (tema, e secondo e terzo soggetto) vengono intrecciati superbamente, arricchendosi successivamente di stretti e, nelle ultime quattro battute, di un pedale di tonica raddoppiato all’ottava. Difficilmente, però, anche la più attenta analisi potrà spiegarci donde segretamente nasca la imponente religiosità di questa pagina.




* E’ interessante notare come il Riemann e il Busoni accentrino la loro attenzione sul secondo e il terzo controsoggetto: il Busoni, pur riconoscendo il primo come “controsoggetto che compie nella prima parte dell’esposizione un’importante funzione”, chiama i due seguenti “primo e secondo controsoggetto”: mentre il Riemann definisce quest’ultimo addirittura “un autentico secondo tema”, e ne chiarifica il compito attribuendogli il termine di Gegenthema (contro-tema).

sideros
30-12-07, 00:17
E' risaputo che Fellini fu un regista legatissimo all'esoterismo, frequentava periodicamente Rol, Enel, Insegui per anni Castaneda, conosceva e frequentava Verginelli e Rota.....
Già in Otto e mezzo iniziò una sua ricerca ormai palese "magico onnirica" corredata di sogni e "visioni". In Amarcord scelse in sintonia con Rota di riprendere una musica che era stata bandita per secoli dalla chiesa che era ritornata dal cosidetto accordo "satanico". Rota con la grande preparazione musicale che aveva riuscì
nella grande semplicità a far entrare il motivo come colonna portante di tutto il racconto autobiografico di Fellini, fuse immagini e musica in un tutt'uno, quasi a sottolineare gli immensi interessi esoterici che accupavano la mente del grande regista riminese.

Abequar
03-01-08, 19:56
Buon anno a tutti,
Vi segnalo un argomento che sta girando molto nel mondo della musica. Io riporto da pappagallo scusate... tratto dal sito di www.automiribelli.org/?p=116
ciao Abequar
---------------------------------------------------------------------

Se vi dicessi qualcosa che davvero non sapete. Se vi dicessi che una causa predominante del disequilibrio armonico della nostra società è dato anche da una disarmonia di frequenze musicali voluta da Roma. Se vi dicessi che una grossa parte di questa conoscienza arcaica perduta sta riaffiorando nuovamente in uno stato di veglia coerente. Se vi dicessi che possiamo ristabilire ordine e armonia in questo caos, DA ORA, sappiate che non sono uscito per niente di “melone”.
Sì amici. Al centro di questa “cospirazione” c’è proprio il Diapason a 440hz (oscillazioni al secondo), lo strumento utilizzato per l’accordatura standard di tutti gli strumenti musicali. Potrei elencare quì tutte le motivazioni su cui si basano queste mie affermazioni, ma preferisco ne veniate a conoscenza scaricando il pacchetto di documenti allegato in fondo a questo post.
E’ un accorato appello quello che faccio rivolto a tutti i musicisti che attraversano questo Blog, ma anche coloro che sono semplici curiosi, a prendere lettura di questi documenti, perché uniti assieme possiamo ristabilire CONCRETAMENTE armonia nella società, DIVULGANDO questi documenti in modo del tutto GRATUITO e soprattutto senza RESTRIZIONI, a patto che non vengano alterati e/o venduti.
Questi documenti contengono INFORMAZIONI PRATICHE IMPORTANTI che qualcuno, ripeto a Roma, HA VOLUTO DI FATTO SOPPRIMERE, come si evince da una lettera di Giuseppe Verdi del 1884, durante un dibattito su un diapason armonico a 432Hz contro un diapason a 440Hz. Questa rivoluzione è in grado di smuovere davvero enormi quantità d’energia.
Tra i sostenitori di questi studi, partiti dalle importanti ricerche e rivelazioni di Ananda Bosman (http://phoenix.akasha.de/%7Eaton/Unidance.html) (vedi anche qui (http://www.automiribelli.org/?p=103)), troviamo anche il noto leader dei Rolling Stones Mick Jagger, e vogliamo anche voi a bordo di questa ricerca sulla quale potete cominciare da subito la sperimentazione! Personalmente posso confermarvi risultati VISIBILI nelle reazioni positive del pubblico, nello stesso momento in cui eseguirete queste frequenze.
La Rivoluzione Omega è un trattato che vi introduce alle armoniche in armonia con:
1. Il cuore umano (ritmi cardiaci)
2. La doppia elica del DNA (frequenza di replicazione)
3. Il massimo funzionamento cerebrale (sincronizzazione biemisferica)
4. Il battito cardiaco fondamentale del pianeta (risonanza fondamentale di cavità Schumann)
5. La geometria musicale della creazione
ESPERIENZA di FLAVIA VALLEGA sulle frequenze a 432Hz
E’ in atto una vera e propria rivoluzione sonora implicata nel totale cambiamento e potenziamento delle capacità e possibilità umane e planetarie. Sono veramente felice di avere la possibilità tramite questo mezzo incredibile, di poter collaborare all’espansione del grande potenziale evolutivo nascosto in ognuno di noi e nei nostri talenti naturali.
L’Universo risponde ed appaga ogni nostra richiesta se sincera ed evolutiva; ho chiamato a suo tempo, richiedendo una possibilità per poter agire nel mondo profondamente calata nel condividerne gli aspetti così apparentemente distruttivi. Musica ed ancora musica che per quanto bella, raffinata o istintiva coinvolgeva solo a tratti la nostra sensibile interiorità. A quel punto incontrai Ananda Bosman, un essere incredibile e veramente speciale!
E fu subito innamoramento a prima vista, una grande affinità elettiva e risposta totale a ciò che stavo cercando! Ho avuto la fortuna di condividerne i giorni attraverso una profonda amicizia, i progetti ed il suo mandato esteso in molti campi, immergendomi nella sperimentazione della Rivoluzione Omega 432Hz, applicando le frequenze in performance musicali con la sua musica e cantando insieme.
Ho applicato, conseguentemente i dettami frequenziali aurei nella mia musica e nella mia escursione vocale, ed è stato… ed è fantastico! Il suono che si produce è un balsamo ed un potenziatore e trasmutatore fin nelle nostre più microscopiche cellule; qualsiasi musica si esegua in questa fase diviene viva e straordinariamente attiva! Ho sperimentato l’accordatura 432 con i miei allievi di canto che, entusiasti, in sole poche lezioni hanno esteso il loro potenziale canoro acquisendo un’estensione vocale ampia, potente e corposa su tutte le ottave nel loro range naturale, non avendo più lo “scoglio, scalino” del cosiddetto “passaggio di registro” che comunemente si produce cantando sulla frequenza dell’accordatura 440, essendo una forzatura alla nostra natura calibrata e strutturata nella proporzione aurea dei 432Hz. Cantare con questa frequenza è anche risuonare interiormente, al punto tale da espandere tutte le capacità espressive, liberando l’emozionale dai pesi delle incrostazioni e dai blocchi energetici che del tempo, attraverso i condizionamenti, imposizioni ed uno considerato uso del mentale non diretto dalla coscienza, hanno creato massa alla nostra natura libera ed espansa.
I bambini e gli sciamani così, come i monaci tibetani, i cantori magici tuvani, i cantori sufi ecc.; liberi da queste masse mentali emettono suoni e frequenze trasmutanti e di guarigione per l’anima e per il corpo che entrando in frequenza di fase auto-guaritrice e siscioglie in questa informazione le strutture massificate.
Non zittite i vostri bambini quando emettono suoni o canti apparentemente inarticolati, la loro coscienza libera sa quello che
essi stanno facendo, seguiteli e non zittiteli, cantate e ridete insieme a loro!
In passato diverse personalità artistiche hanno conosciuto questa realtà frequenziale dimostrandone gli effetti e le potenzialità, ad esempio Giuseppe Verdi che chiamava la frequenza del diapason la 432 “l’accordatura scientifica”, da questa calibratura sonora utilizzata per la sua orchestra, uscirono le famose “voci verdiane” piene, potenti e corpose, avendo eliminato la forzatura dell’emissione fonetica del canto a 440Hz.
E’ nostra intenzione espandere queste possibilità attraverso una diffusione globale, poichè è giunto il tempo in cui possa rifiorire la possibilità umana grazie alla bellezza e alla forza proveniente dalla meraviglia di ciò che realmente siamo: esseri cosmici che cocreano meraviglie! La musica ed il canto sono i mezzi più potenti perchè questo possa essere realizzato poichè il suono è la librazione primaria attraverso la quale è stato creato e continuamente ricalibrato l’Universo tutto!
LA MUSICA E’ VITA RIACCENDETELA E FATELA VOSTRA!
Il Team 432Hz è completamente disponibile per concerti, conferenze, stages, simposi in tutto il mondo! CONTATTATECI!
Flavia Vallega
compositrice, cantora, ricercatrice sonora, insegnante di canto 432Hz, terapista, divulgatrice Rivoluzione Omega, Partner di Ananda Bosman.

Referenti del Team 432:
Flavia Vallega (Milano tel. 0239210681 – 3470955398)
email: flaviavallega@tin.it
Korinna Muller (Sovazza-Stresa tel. 0322900726 – 3487295466)
email: emmanuelzeropoint@libero.it – emmanuel@teachers.org
Andrea Doria
email: 432hz@automiribelli.org
Carlo Oetheimer (Francia tel. 0033478503882)
email: carlo.oetheimer@club.fr
Kristian (Slovenia tel. 0038651808800)

http://www.automiribelli.org/wp-content/plugins/downloadmanager/images/drive_go.gif 432Hz Rivoluzione Omega + brani (http://www.automiribelli.org/wp-content/files/432Hz_Rivoluzione_Omega.zip)
Per chi avesse qualche dubbio circa la coerente interazione tra SUONO (onde) e MATERIA (vibrazione), eccovi un classico degli esperimenti di fisica: Il Tubo di Rubens, e un estratto dal meraviglioso film di Franco Battiato “Musikanten”