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Visualizza Versione Completa : Il litigioso arcipelago dell'ultradestra europea



Roderigo
07-05-02, 11:46
L´Internazionale del rancore dove tutti detestano tutti
I Republikaner tedeschi non accettano la solidarietà di Jean-Marie Le Pen e il leader del National Party contesta l´ammirazione del francese per Maggie

corrispondente da PARIGI

JEAN-MARIE Le Pen non vuole saper niente del povero Fortuyn e lo liquida con una battuta: «Non sappiamo nemmeno se è un assassinio politico o qualcos'altro...». Cosa? «Qualcosa legato alle sue abitudini». Fortuyn era gay e Le Pen gli omosessuali li metterebbe tutti sul treno per Londra insieme agli immigrati clandestini che aveva promesso di spedire a Tony Blair attraverso il tunnel della Manica. E infatti nel programma elettorale del leader dell'estrema destra francese c'era l'abolizione del Pacs, le famiglie di fatto, omosessuali comprese, alle quali il governo socialista di Lionel Jospin ha dato un minimo di riconoscimento civile. E' solo una battuta politicamente scorretta e umanamente spietata, questa di Jean-Marie Le Pen verso l'olandese Pim Fortuyn, ma in realtà la dice lunga sulla dimensione politica di quella che sbrigativamente si chiama l'onda di destra che spazza l'Europa. Sembrano uscire dal nulla personaggi senza storia che alzano una qualche bandiera e promettono di liquidare le vecchie élites. Parlano contro l'Europa spesso coltivando e gonfiando la menzogna di un'Europa onnipotente che non esiste. Ma detto questo, ognuno cammina per conto suo. Se Jean-Marie Le Pen ieri sera non ha avuto una parola di pietà per Pim Fortuyn, pochi giorni fa l'olandese non ne aveva avuta una sola di solidarietà per il leader del Front National, quando il vecchio destro di Francia era arrivato alla sfida dell'Eliseo: «Noi - disse Fortuyn - non abbiamo niente a che fare con un partito antisemita che considera l'Olocausto un 'dettaglio' della storia». La verità è che partiti, partitini, gruppuscoli, movimenti, formazioni che costituirebbero «l'onda» di destra, sono una diaspora di stati d'animo con un solo minimo comune denominatore: il rancore che si trasforma in risentimento politico, la paura per la casa, l'identità, l'album di famiglia e di paese. La paura degli stranieri e di tutto ciò che è diverso. Il ricordo di un passato che la memoria trasfigura. Ma così come non esiste l'Europa della politica, non esiste nemmeno l'Europa dell'antipolitica. Ognuno avanti, in ordine sparso. Prendiamo sempre Le Pen, visto che tra leader e leaderini, è quello che ha realizzato l'ultima spettacolare performance. Bene il capo del Front è sempre stato brutalmente respinto dal consesso dei destri e ha dovuto fare da solo. Nel 1997 dal norvegese Karl Hagen (partito del progresso) che aveva conquistato il 15 per cento alle elezioni politiche: Le Pen lo chiamò per felicitarsi, Hagen non prese nemmeno la telefonata. Franz Schonhuber, un ex SS capo dei «Republikaner» tedeschi, fin dal 1990 ha detto chiaro e tondo che non voleva avere niente a che fare con Le Pen: «Noi siamo contro il razzismo, l'antisemitismo, la xenofobia». E per venire alla settimana scorsa, anche Nick Griffin, capo, boss e profeta del British national Party che ha elettrizzato le elezioni amministrative a Oldham, periferia di Manchester, non ha voluto spingersi troppo oltre nelle similitudini con le Pen: «Ho anch'io un occhio di vetro - diceva per provare a incassare un po' del vento francese -, ma ci dividono molte cose a cominciare dal giudizio su Margareth Thatcher: lui l'ammira io la odio perchè è stata la prima a tradire gli operai inglesi, distruggendo le industrie e consegnandole alle multinazionali Usa». Sballottati essi stessi nella tempesta che contribuiscono ad alzare, gli uomini dell'ultradestra finiscono per farsi una guerra non solo di immagine. Nemmeno Jorg Haider, il capo dell'Fpo austriaco che quando entrò nel governo del democristiano Schussell provocò la sollevazione dell'Europa fino alle sanzioni, ha mai amato Le Pen. E tanto meno il francese ha amato lui. Ancora qualche giorno fa, in un'intervista alla tv quando cercavano di metterlo in difficoltà con le domande trabocchetto, Le Pen c'è andato giù pesante: «A proposito di antisemitismo Haider ha qualcosa da farsi perdonare in famiglia, io no». La verità è che poi sta nella natura di questi movimenti essere piccoli, particolari, estranei e nemici. Pia Kjarsgaard, piccola, bionda, sorridente, ma feroce capa del Partito del Popolo in Danimarca dov'è arrivata al 12 per cento nelle ultime elezioni politiche di novembre e condiziona la sopravvivenza del governo liberale non ha mai fatto un solo gesto di solidarietà o alleanza con Le Pen. Il portoghese Paulo Portas che alle ultime elezioni ha preso l'8,8 per cento e anche lui adesso sostiene il nuovo governo di centro-destra, s'è accontentato di trasmettere l'obbligo agli scolari di imparare a cantare l'inno nazionale, ma entrato nel governo ha già dato prova di solido pragmatismo. E nemmeno lui ha avuto nullla a che fare con Le Pen. Il 10 novembre scorso, in Austria, organizzato da uno di Haider, c'è stato un convegno di questi movimenti, presenti Filip Dewinter del «Vlaams Blok» (fiamminghi belgi) che ha preso il 15 per cento e che aspira ad amministrare Anversa (dove ha il 33 per cento) e l'ungherese Istvan Csurka, capo del Miep. Tra gli invitati c'era anche Bruno Mégret, l'ex luogotenente di Le Pen che nel '99 ha fondato il suo partito. Non il suo vecchio capo. In tutto ciò il povero Fortuyn era considerato da Jean-Yves Camus, studioso dell'estrema destra europea, un «ufo politico che mescola l'argomento della sicurezza al rifiuto del multiculturalismo». Insomma, un altro originale, insieme dentro e fuori l'«onda». Uno che però interessava molto la Lega, almeno a leggere la «Padania» che quando conquistò il 24 per cento alle municipali di Rotterdam, scrisse: «E' stato facile per i commentatori europei bollare subito Fortuyn di razzismo e xenofobia. Può darsi. Si tratta però di un personaggio più complesso...». Che resterà tale.

La Stampa 7 maggio 2002
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