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Visualizza Versione Completa : Sardegna: terra di pastori, banditi, pensatori e filosofi. I Lumi sardi.



tziku
13-05-02, 12:11
www.unionesarda.it

Approfondito dibattito nel Centro studi italo-francesi a Roma

Il secolo dei lumi sardi: un’Isola di teorizzatori e critici

Che la Sardegna sia stata terra di pastori ce lo hanno sempre raccontato; dimenticando spesso di dirci che l’Isola, oltre ad essere stata fucina di uomini di fatica (e di banditi), fu anche - tra la metà del Settecento e la fine dell’Ottocento - culla di grandi pensatori e filosofi. Un aspetto, quest’ultimo, forse limitatamente dibattuto fra gli studiosi contemporanei e che pure, se opportunamente approfondito e divulgato, ribalterebbe molti luoghi comuni: a cominciare dagli stessi stereotipi che imposero alla Sardegna un lungo isolamento rispetto alle influenze culturali internazionali.
Quale fu, quindi, il rapporto che l’Isola ebbe con le grandi correnti filosofiche europee? Se n’è discusso nei giorni scorsi a Roma, nel Centro studi italo-francesi, con il contributo dei docenti Federico Francioni, Gabriella Farina e Antonio Areddu (questi ultimi della facoltà di Filosofia della Terza Università della capitale) e di Antonio Delogu, che insegna morale nell’ateneo sassarese ed è autore del volume La Sardegna e i suoi filosofi.
Dall’interessante dibattito (sviluppatosi davanti a un folto e attentissimo pubblico) è emersa l’alquanto falsa immagine di un’isola lontana e addirittura esclusa dai circuiti della cultura internazionale. Immagine che vacilla e cade davanti alle enormi biblioteche dei feudatari che in Sardegna erano farcite di testi di Voltaire, Rousseau e Montesquieu; fino a svanire nella poderosa quantità di scritti di Domenico Alberto Azuni e nelle riflessioni di Giovanni Maria Dettori e Giovan Battista Tuveri. Nei cui lavori - ma anche in quelli dell’abate Antonio Porqueddu e di Giovanni Maria Angioy fra gli altri - sono presenti riferimenti alle opere di Vico, Newton, Mablieu: spie di un interesse per l’illuminismo e il positivismo che portarono, come afferma il professor Francioni, «ad un processo di formazione della cultura sempre in termini critici verso il potere».
Fu un libraio marsigliese, Jean Joseph Calamant, il tramite tra la Francia rivoluzionaria e la Sardegna feudale. Fu lui a vendere alle librerie private i testi degli enciclopedisti, dei grandi filosofi d’oltralpe, del secolo dei lumi. E i pensatori dell’Isola non si limitarono ad acquisire nuove idee, diversi impianti filosofici; furono essi stessi teorizzatori e critici, alimentatori e divulgatori di nuova cultura. Anche grazie a loro si arrivò ai tumulti cagliaritani e alla cacciata dei Francesi alla fine dell’Ottocento.
Nel 1770 l’Abate Reinard scrisse un trattato sui crimini del colonialismo. Testo che, ritrovato fra gli oltre cinquemila volumi della biblioteca Simon, diede ulteriore slancio alla causa anti-piemontese sfociata nel triennio di rivolte 1793-96. «Ma stranamente - spiega il professor Areddu - di questi importanti rivolgimenti non si trova cenno in nessuno degli scritti dei filosofi e degli intellettuali sardi di fine secolo».
Ci sono, invece, le numerose riflessioni di Giovan Battista Tuveri sul federalismo. Un’idea, quella del decentramento dei poteri amministrativi, che nacque in lui dallo studio degli Stati Uniti d’America e della Svizzera. Antonio Areddu ricorda che Tuveri propose «oltre ad un sistema di risoluzione della questione sarda, anche una federazione di stati europei.»
La teorizzazione della situazione politica internazionale fu del resto largamente dibattuta in Sardegna. Proprio da tali riflessioni nacque infatti la forte critica di Domenico Alberto Azuni nei confronti della guerra tra nazioni. E non a caso le sue riflessioni culminarono nella redazione dell’Elogio della pace (1749), trattato in cui affiorano concetti già espressi da Immanuel Kant nel Progetto di pace perpetua.
Ma lo stesso Azuni che ripudiava la guerra «sostenne attivamente anche il dispotismo riformista di Napoleone»: è l’osservazione della professoressa Evelyn Olèon, mentre il professor Antonio Delogu conclude che, insomma, «i sardi ebbero sempre un’innata capacità di anticipare i tempi, e solo l’idea di essere isola ha frenato ulteriori sviluppi delle scienze filosofiche».[Giacomo Bassi]