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Visualizza Versione Completa : Napoli - Poliziotti fuori. Dalla legge



Roderigo
23-05-02, 22:02
Alla caserma Raniero «condotte abnormi e assolutamente ingiustificabili, violazione di norme penali, abuso di autorità». Ma non era sequestro di persona. Il tribunale della libertà di Napoli spiega perché ha annullato la custodia cautelare per i sei agenti e i due funzionari della questura. Contava sulla sospensione dal servizio, che invece è stata subito ritirata. Poi i giudici chiariscono: i testimoni delle violenze sono credibili

ANDREA FABOZZI

I poliziotti? I loro comportamenti sono stati «abnormi e assolutamente ingiustificabili». I manifestanti? Le loro accuse devono essere considerate «complessivamente attendibili». Il tribunale del riesame di Napoli ha depositato ieri mattina le motivazioni dell'ordinanza con cui l'11 maggio scorso ha revocato gli arresti domiciliari per i sei agenti e i due funzionari della questura accusati delle violenze alla caserma Raniero. Concludendo per la non sussistenza delle esigenze cautelari, e dunque la liberazione degli otto poliziotti, «anche tenuto conto che, allo stato, gli indagati risultano comunque sospesi dal servizio». Solo che, appena liberati, gli otto sono stati trionfalmente riammessi in servizio. Per imprevista, ma indiscutibile decisione del capo della Polizia e del ministro dell'Interno. Non sono una piacevole lettura, le 29 pagine redatte dalla dodicesima sezione del tribunale delle libertà di Napoli (presidente Marina Ferorelli, giudici Irma Musella e Stefania Daniele), per quanti avevano visto nella decisione di annullare gli arresti la sconfessione dell'inchiesta della procura napoletana. Ispirate dal procuratore Cordova, legioni di peones parlamentari, sottosegretari e infine ministri avevano sentenziato: è la prova che i no global hanno mentito accusando i poliziotti per le violenze seguite al Global forum del 17 marzo 2001. E invece il riesame la pensa diversamente. «E' indubbio - si legge nell'ordinanza - che tutta l'operazione sia stata connotata da evidente disorganizzazione, confusione e mancanza di raccordi con le altre autorità impegnate nello svolgimento del servizio e che, in particolare, siano state poste in essere condotte violente, vessatorie e in palese violazione delle norme di legge». Ma i giudici non hanno ritenuto fondata l'ipotesi accusatoria avanzata dai pm Mancuso, Cascini e Del Gaudio: sequestro di persona. «Tali condotte - scrivono - appaiono riconducibili ad altre ipotesi delittuose», vale a dire violenza privata e lesioni. Per le quali non sono necessarie le misure cautelari. Anche perché, sostengono i giudici, «indubbiamente i reati contestati rivestono un carattere di rilevante gravità, in quanto commessi da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni. Tuttavia - aggiungono - va sottolineato che si tratta di persone incensurate e prive di carichi pendenti». E quindi «non può non valutarsi il tempo decorso dalla consumazione dei reati contestati, oltre un anno ad oggi, e la circostanza che in tale arco temporale non breve non risultano siano state poste in essere ulteriori analoghe condotte».

Il riesame considera non necessario il provvedimento di custodia cautelare, anche perché non emergono «specifici elementi da cui desumere la concreta possibilità degli indagati di incidere negativamente sulle attività investigative». Ma l'elemento che fa propendere i giudici per la cancellazione degli arresti domiciliari è un altro: «Le predette considerazioni - concludono i magistrati - inducono quindi a ritenere l'inattualità delle esigenze cautelari, anche tenuto conto che, allo stato, gli indagati risultano comunque sospesi dal servizio». Un inganno che è durato poche ore.

Quel sabato di 12 giorni fa, infatti, quando i giudici presero la loro decisione, gli otto poliziotti erano sospesi dal servizio. E i loro avvocati, nella camera di consiglio, avevano assicurato che sarebbero rimasti lontani dalla placca e dalla pistola, come promesso dal capo della polizia, fino alla conclusione dell'inchiesta e - eventualmente - del processo. Invece quello stesso pomeriggio, Gianni De Gennaro ordinò, e il ministro Scajola approvò, l'immediato rientro in servizio dei sei agenti e dei due funzionari.

Per il tribunale la decisione di annullare la custodia cautelare è una conseguenza obbligata del venir meno dell'ipotesi di sequestro di persona. Scrive infatti: «Presso la caserma si è proceduto a svolgere operazioni di polizia giudiziaria di identificazione, perquisizione, sequestro e fotosegnalamento di quasi tutte le persone ivi condotte: tali attività, sia pure condotte in palese violazione di norme penali, con abuso di autorità, senza informare il pm, senza che gli venissero trasmessi nei termini i relativi verbali e senza contatti con i difensori, non appaiono sufficientemente sintomatiche per connotare l'operazione nei termini ritenuti dal giudice della cautela».

Molto spazio nelle motivazioni rese pubbliche ieri è dedicato all'attendibilità dei testimoni e degli accusatori della squadra mobile. Le tesi della procura, secondo i giudici, «appaiono allo stato e fatti salvi tutti gli ulteriori sviluppi investigativi, complessivamente attendibili». Per il riesame le testimonianze «provengono non solo da coloro che hanno affermato di aver subito violenze, o che sono stati denunciati, ma anche da coloro che, pur non essendo oggetto di particolari forme di violenza, sono stati in grado, in quanto presenti in caserma, di riferire sui fatti verificatisi». I giudici dimostra che le dichiarazioni «hanno trovato un sia pur parziale riscontro nelle acquisizioni probatorie», citando verbali dell'interrogatorio, foto e referti ospedalieri. E spiegano: «Oltre a risultare convergenti sulla tipologia degli abusi posti in essere, si intersecano tra di loro in modo non contraddittorio». In sostanza, e sfortunatamente per i teorici della gracilità dell'impianto accusatorio (Cordova in primis) «non appare sussistere un intento calunnatorio».

Queste motivazioni, commenta da Roma il consigliere del Csm Nello Rossi, «fanno giustizia di molte strumentalizzazioni politiche che sono state fatte sulla vicenda napoletana. E confermano che sono state assolutamente doverose le indagini dei sostituti Cascini e Del Gaudio e dell'aggiunto Mancuso». I quali, lette con attenzione le carte, a questo punto difficilmente faranno a meno di proporre ricorso in cassazione.


il manifesto 23 maggio 2002
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