PDA

Visualizza Versione Completa : Impegno FEMMINILE nella societa' ... e Movimento Femminile Repubblicano (MFR)



nuvolarossa
30-05-02, 19:03
http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Enzo/LOGOFORUM03BIG.sized.gifhttp://xoomer.virgilio.it/francesco.rinaldi29/KAR_ITALIANE/Camaleonti/Camaleonti_-_Eternita'.mid

Impegno femminile
a cura di Gabriella Argnani

Questa sezione, dedicata al dibattito attuale sul femminismo, nasce con la speranza che la conoscenza e il dialogo portino alla composizione di un tessuto sociale all'interno del quale interagiscano e cooperino individui consapevoli del fatto che le differenze rappresentano una ricchezza inesauribile per la comunità, così che sia più facile la soluzione dei problemi.
Non è sempre immediato valutare i movimenti femministi in modo completamente positivo, perché, pur riconoscendo ad essi di aver compiuto una vera e propria rivoluzione che in pochi anni ha cambiato completamente la condizione femminile, sia in campo sociale e nella espressione della propria personalità, sia in quello giuridico e politico, questi movimenti (in questo caso si considerano solo le realta presenti nelle società democratiche occidentali) sono tendenzialmente rivolti a un esiguo numero di persone che quindi rappresentano una elite privilegiata, e fra questi vi sono i movimenti separatisti che rappresentano elementi di divisione sociale, mentre sarebbe auspicabile tendere a non discrimimare, non confondendo mai le differenze con le ineguaglianze.
Le differenze sono infatti fonte incessante di arricchimento e di crescita, palestra privilegiata di dialogo, di tolleranza e di solidarietà, basi indiscutibili della moderna democrazia.
In questi ultimi anni sono stati moltissimi i temi legati alle donne che hanno fatto discutere il mondo accademico e quello politico: uno fra tutti, quello della rappresentanza.
Come e in quale percentuale le donne devono essere rappresentate?
Un maggior numero di donne elette può essere davvero la soluzione dei tanti problemi?
Quanto, le donne che raggiungono posti di responsabilità, hanno accettato e concesso alla logica "maschia" che governa la politica, per essere accettate?
Come non notare che, in questo caso, anche l'abbigliamento ha mutuato forme e colori da quello maschile, divenendo via via sempre più rigoroso e disadorno, come se camaleonticamente dovessero mimetizzarsi con una realtà ritenuta inospitale e immodificabile?
La risposta dovrebbe essere, prima che politica, culturale.
Qualcuno potrebbe contrastare questa affermazione, dicendo che proprio i movimenti femministi hanno tentato di cambiare la condizione femminile attraverso un'operazione culturale e educativa e ciò è innegabile, se si accetta di identificare l'educazione semplicemente con la mera istruzione, con il sapere come tale.
E così, come John Dewey afferma nel 1899 in Scuola e società, "ne consegue che scorgiamo dovunque intorno a noi la divisione fra persone colte e lavoratori, la separazione della teoria dalla pratica".
Le cosidetete donne comuni, che affrontano coraggiosamente la maternità e seguono, accudiscono ed educano i figli, che più spesso di quanto non si creda subiscono violenze di ogni tipo confinate fra le mura domestiche, che lavorano e svolgono la loro professione con sforzi maggiori di quelli che dovrebbe fare un uomo nella stessa condizione, che curano la casa e che troppo spesso non riescono neppure a ritagliarsi mezz'ora per leggere un quotidiano, non si sentono certo capite da quella ristretta elite di intellettuali che studiano i loro problemi, né tutelate da chi nelle sedi preposte emana leggi.
Queste donne, che rappresentano la stragrande maggioranza, sono sopraffatte dalla paura e la paura finisce per creare servi: persone che vivono con il capo chino e lo sguardo rivolto a terra, persone che per necessità di sopravvivenza apprendono l'arte della furbizia.
È vero che oggi le donne sono più libere di fare cose che un tempo non molto lontano non potevamo neppure pensare ed è altrettanto vero che sono libere da impedimenti ed ostacoli un tempo insuperabili.
Ma, pur essendo la condizione femminile migliorata non si deve cadere nell'inganno che questa sia una condizione di vera libertà.
Sicuramente le donne non sono libere dalla volontà arbitraria degli uomini i quali, come afferma Elizabeth Kamarck Minnich, " avevano determinato che la propria esperienza dovesse rappresentare l'esperienza umana universale. Il fatto di rappresentarsi come l'intero è stata la via critica di una parte per mantenere il suo potere e la sua egemonia".
Esiste una soluzione?
È difficile sperare in soluzioni immediate. Si possono però proporre suggerimenti: se si provasse a far sì che cultura e lavoro, cioè teoria e pratica, coincidano?
Se i cittadini pretendessero dalla scuola di fornire ai giovani "gli strumenti di un effettivo autogoverno" così da avere "la più profonda e migliore garanzia di una più grande società rispettabile, amabile e armonica."
Da queste considerazioni e dalla magnifica disponibilità di Joan Tronto, di Julie Mostov e di tutti coloro che, per amore di educazione democratica, accetteranno di offrire il proprio contributo, è nata questa sezione dedicata all'universo femminile e ai suoi intrecci con quello maschile.

Joan C. Tronto è Professor of Political Science e Coordinator of the Women's Studies Program all'Anter College, City University of New York. L'ultimo libro che ha pubblicato per i tipi della Routledge, New York - London, è "Moral Boundaries" dal significativo sottotitolo "A political argument for an Ethic of Care".
Julie Mostov è Associated Professor of Political Science e Director of Institute of Umanities alla Drexel University.

mga

--------------------------------------------------------------
tratto da il
Pensiero Mazziniano (http://www.domusmazziniana.it/ami/)

nuvolarossa
01-06-02, 08:44
Dialogo fra Joan Tronto e Gabriella Argnani
Femminismo e politica

Joan, anzitutto: cosa ne pensi del femminismo e come hai deciso di dedicare i tuoi studi a questo argomento? Quali opere hanno influito maggiormente sulla tua biografia intellettuale?

Ho deciso di occuparmi di questioni di genere una volta completata l’università. Fino ad allora avevo creduto che i problemi delle donne potessero essere risolti in maniera piuttosto semplice, con il solo aggiungere le donne a istituzioni e strutture preesistenti.
In tutta onestà, penso che sia stata una questione di biografia personale, più che intellettuale, ad aiutarmi a fare questo cambiamento. Allorché ammisi a me stessa di essere lesbica, e cominciai a pensare più positivamente alla vita delle donne, mi accorsi quanto diffusamente i problemi, gli interessi, i modi d’essere delle donne fossero ignorati. Per questa ragione lessi i primi scritti femministi della seconda ondata: Simone de Beauvoir, Betty Friedan, di pensatrici più radicali come Shulamith Firestone, e il corpo emergente di scritti di femministe socialiste negli Stati Uniti. Ma fu il fatto di pensare alla vita delle donne che conoscevo, per lo più lavoratrici, appartenenti ad una varietà di gruppi religiosi, etnici, e razziali, a condurmi alla decisione di prendermene cura seriamente.
Gli studi delle donne sono in sé una disciplina importante. Non esisteva quando ero studentessa: è uno straordinario fiorire di idee. Gli studi delle donne sono stati strumento per tre importanti interventi nella vita intellettuale: per prima cosa, il genere è una categoria che deve sempre rientrare nelle nostre analisi della vita umana; in secondo luogo vi si trova una fruttuosa interazione fra il sé, la soggettività e l’autoriflessione con la conoscenza “oggettiva”. Se è vero che questo ultimo punto non è peculiare agli studi delle donne, sono stati però questi i primi a portare questa idea alla vita accademica, riaprendo tutta una serie di questioni epistemologiche che erano date per risolte. Il terzo momento principale è stato descritto da Elizabeth Kamarck Minnich nel suo libro Transforming Knowledge, ove identifica il “problema radicale” che le femministe dovettero affrontare: alcuni uomini avevano determinato che la propria esperienza dovesse rappresentare l’esperienza umana universale. Il fatto di rappresentarsi come l’intero è stata la via critica di una parte per mantenere il suo potere e la sua egemonia.

A tuo parere, quali sono stati i risultati più significativi e quali invece gli inconvenienti più gravi che il movimento femminista ha portato con sé?

Vorrei parlare in primo luogo del movimento delle donne negli Stati Uniti, poiché è il caso che meglio conosco. Il risultato principale del femminismo della seconda ondata fu di porre fine alle barriere di casta che tenevano le donne al di fuori di molte sfere della vita. Professioni, circoli, scuole, e altre istituzioni, che prima erano esclusivamente o prevalentemente maschili, furono aperte. È difficile sottovalutare quanto questo abbia cambiato le cose, sia in termini di benefici alle donne (che hanno avuto più opportunità), sia nei termini di opportunità che prima esistevano per gli uomini in ambienti solo (o quasi solo) maschili, di prendere decisioni e formulare giudizi che si accordavano esclusivamente con la loro visione del mondo. La capacità delle donne di controllare il proprio corpo, la riproduzione, la sessualità, sono importanti manifestazioni del fatto che le donne non avrebbero più accettato un simile controllo. Il principale inconveniente di questo movimento è la sua continuata ristrettezza: le donne che sono riuscite a professionalizzarsi, o ad “avere successo”, spesso sono impegnate in pratiche oppressive simili, non appena ammesse alle istituzioni di potere. Le divisioni razziali e di classe rimangono forti negli Stati Uniti, ed ora le differenze di genere vengono rimodellate – ancora una volta – secondo quelle linee. Per questo, il compito femminista non è stato completato. Ora, ciò che è importante tenere presente, è che i movimenti politici realizzano i propri obiettivi non solo sul terreno di idee forti e di modi di essere nel mondo che siano convincenti, ma anche a seconda che le forze sociali, politiche, economiche che li circondano spingano nella loro direzione. Il fatto che i mutamenti dell’economia politica, negli ultimi trent’anni, abbiano richiesto più lavoratori altamente qualificati ha significato per le donne avere molte opportunità, ma non ha significato che le donne abbiano conquistato questo successo da sole.

Pensando al futuro, quali sono le prospettive del movimento femminista? Temi degenerazioni o arretramenti di prospettiva?

Il problema principale per il movimento delle donne è come andare oltre il proprio ristretto terreno di conquiste per abbracciare le istanze di donne e di uomini. Le organizzazioni nazionali delle donne negli Stati Uniti, per esempio, sono ancora piuttosto intrappolate dal tipo di idee che usavano vent’anni fa. Non vedono che alcuni mutamenti decisivi nella natura della vita sociale comportano una vita divenuta più difficile per alcune donne. Per esempio, l’opportunità per donne della classe media di lavorare al di fuori della ambito domestico è stato un grande miglioramento per alcune di esse. Ma questo vantaggio ha anche prodotto alcuni effetti negativi che i movimenti delle donne non hanno osservato. Come prima cosa, la diseguaglianza economica è aumentata: due professionisti ben pagati (i più si sposano all’interno della propria classe sociale) possono ora avere famiglia, mentre la condizione di disagio per una coppia di lavoratori meno retribuiti persiste. Inoltre, il lavoro di servizio sociale si è incessantemente modificato con gli eventi, ma il valore di questo lavoro non è salito: sono ancora le donne a lavorare in misura sproporzionata a supporto e nella cura di altre persone, e ricevono una paga sproporzionatamente bassa. Infine, i cambiamenti nella famiglia non sono solo il risultato di richieste di parte femminista, ma comunemente sono esse ad essere biasimate per ogni cambiamento negativo nella famiglia, e non si dà loro credito di alcunché di positivo. Alcuni uomini pensano anche di essere stati, come Susan Faludi ha chiamato il suo libro, “bastonati”. Hanno sopportato il peso della critica e non hanno avuto alcun beneficio anche quando hanno tentato di cambiare, e adattarsi alle donne nella loro vita, in larga parte perché il mondo intorno a loro è cambiato, diventando meno ospitale anche per gli uomini, fatta eccezione per i migliori professionisti. Uno dei primi argomenti usati dal femminismo era che gli uomini fossero condizionati e limitati, in qualche modo, dalle strutture della mascolinità quanto le donne lo sono per le strutture della femminilità. È una vergogna che le femministe non abbiano proseguito sulle linee di questa intuizione.

Il movimento femminista ha chiesto e ottenuto il riconoscimento di importanti diritti, ma le teoriche del femminismo hanno riflettuto sulla stretta connessione fra diritti e doveri?

Diritti e doveri: no, non molte femministe si sono interessate al tema dei doveri. In parte, perché nel contesto statunitense nessuno ne parla molto. Accade anche che i doveri di cui si discute non appartengano alla medesima sfera quanto i diritti. Il diritto all’occupazione senza discriminazione e il diritto al controllo della propria sessualità, per prendere due esempi, hanno dei doveri corrispondenti, ma al tempo stesso questi non sono doveri civili.

Può esistere una “politica al femminile”?

Certo, ci può essere una politica femminile, ma questa questione solleva un punto interessante: che cosa sarebbe una politica femminile? Credo che tu intenda qualcosa di più di una donna che continui ad agire in modo femminile anche quando ottiene il potere. Il che può certamente avvenire, ma c’è qualcosa di più sinistro nel “potere femminile”, sotto un certo aspetto. Sara Ruddick apre il suo libro Maternal Thinking con una poesia inglese della fine del diciannovesimo secolo, in cui l’autore narra la storia di un uomo che è stato dominato da una Madre soffocante. Quando si sposa, la moglie gli domanda fedeltà, e chiede che egli decapiti sua Madre. Egli la uccide, e a quel punto la testa della Madre gli domanda: “oh, figliolo, ti sei fatto male?”.
Elizabeth Janeway ha trattato il tema che lei stessa ha denominato “il potere del debole”, e questa è una forma che il potere femminile ha spesso assunto. Nella mancanza di potere formale, le donne spesso ricorrevano a modi di detenere il potere che risultavano ingannevoli, manipolanti, forse persino aggressivi passivi. È un modalità di far politica, ma non una buona modalità, e non è raccomandabile certo in una società democratica.

Quale interpretazione prevale negli studi femministi dell’espressione “eguaglianza sociale”?

Buona domanda quella sull’eguaglianza. Ci sono un gran numero di definizioni femministe di eguaglianza: nel suo più recente libro, Love’s Labor, Eva Feder Kittay ne delinea alcune. L’autrice elenca quattro aree di disaccordo a riguardo del miglior modo di intendere l’eguaglianza. La critica della differenza, in primo luogo, sostiene che rendere le donne formalmente uguali agli uomini senza riconoscere le differenze fra uomini e donne, fa sì che queste si trovino a competere in condizioni di ineguaglianza. La critica del dominio, invece, vede il problema reale della maggior forza e del maggior potere che gli uomini hanno nella società; così che eguaglianza significa superare il loro dominio. Ed ancora, la critica della diversità vede il problema reale nell’assunto che tutti gli uomini sono uguali, tutte le donne sono uguali, ma si ignorano le differenze fra loro. Infine, la critica della dipendenza (è la visione di Kittay) nasce dal fatto che la maggior parte dei critici dell’eguaglianza presumono che coloro che sono resi eguali sono esseri autonomi, razionali. Ma tutti gli esseri umani, qualche volta – la maggior parte di essi spesso, e alcuni di loro per tutta la propria vita – sono altamente dipendenti dagli altri: che cosa può significare l’eguaglianza in una tale circostanza? Secondo me, una teoria femminista coerente deve tener conto di tutte queste nozioni di eguaglianza.

Cosa si intende per “etica della cura”?

L’“etica della cura” è stato usato, come termine, per la prima volta da Carol Gilligan, nelle sue opere fondamentali dei tardi anni ’70 e dei primi anni ’80. Per lei, un’etica della cura è caratterizzata dall’attenzione a preservare le relazioni piuttosto che dall’affermare diritti individuali; è basata cioè su un’analisi del bisogno piuttosto che su una lettura dei diritti. Altre ricercatrici da subito usarono questo termine in maniera leggermente diversa. Patricia Hill Collins, un’autrice afroamericana, lo utilizzò per fare riferimento all’impulso etico di permettere ad ogni individuo di svilupparsi nel proprio unico modo: un uso molto bello di questo concetto. Quando utilizzo io questo termine, mi riferisco ad un tipo di orientamento e di pratica politica e morale che riguarda la cura, ciò che facciamo per mantenere e dare seguito al mondo in modo da poterci vivere il meglio possibile; in questo senso, è un valore umano fondamentale. Non mi piace il modo che viene utilizzato, secondo cui il termine “etica della cura” implica che l’“etica” risulti essere più centrale della “politica”; la cura è un’istanza sociale e collettiva, non individuale. Ma continuo ad utilizzare questo termine come del resto hanno fatto altri.

Esiste una relazione fra “cura” e “sympatheia”?

La simpatia è una delle due: nel XVIII secolo, era intesa come un sentimento naturale che tutti avevano. In tempi più recenti, è stata riferita ancora ad un’emozione di “sentire con” gli altri, ma non è più comunemente percepita come naturale. La ragione per cui distinguo la cura dalla simpatia è che la cura consiste tanto in una serie di pratiche sociali complesse, quanto nella disposizione che ci consente di impegnarci positivamente in quelle pratiche. Una delle cose che impariamo dal lavoro di cura e di servizio sociale, è proprio come “prendersi cura”, provare simpatia. Ma, ancora una volta, non è il prodotto naturale dei lavori di servizio e di cura; ci viene richiesto di stabilire delle istituzioni appropriate.

A tuo parere, i movimenti femministi creano distanza fra il mondo maschile e il mondo femminile?

Il femminismo non dovrebbe allargare la distanza fra il mondo maschile e quello femminile, ma ciò che farà, nel migliore dei mondi possibili, sarà confondere la distinzione fra i due.

Che cosa intendi, tu, per seduzione?

Non sono sicura di sapere cosa significa questa domanda. La “seduzione” può essere riferita ad atti di soggezione sessuale, che può essere un piacere, ma può anche essere connessa all’inganno, o alla forza. Alcune femministe sono piuttosto puritane, io non lo sono affatto; credo che il piacere sia uno splendido aspetto della vita umana. Ma, a mio modo di vedere, il consenso deve in qualche modo essere parte della seduzione sessuale; questo è ciò che distingue la seduzione dalla forza. C’è anche tutta un’ampia letteratura sulla teoria della seduzione di Freud, e se essa sia basata su una menzogna, poiché egli rifiutò di credere alle giovani donne che gli dissero di essere state oggetto di abusi sessuali. Le femministe hanno idee diverse su questa lettura: le più puritane si schierano contro Freud.

Se è vero che la madre gioca un ruolo essenziale nell’educazione dei figli, quale effetto ha, questo, nella società di oggi? E qual è la posizione dei movimenti femministi riguardo alla relazione madre-figlio, madre-figlia?

Ci sono molti annosi dibattiti femministi sul ruolo delle madri nell’educazione dei figli, ragazzi e ragazze, e sull’effetto che questo ha nella società. Una risposta sintetica alla seconda parte della questione può essere questa: separando vita pubblica e privata nel modo in cui si è fatto nell’ultimo secolo, si è rafforzato il ruolo pubblico degli uomini. Le donne esercitano questa sorta di potere passivo, dunque, nell’essere “la mano che dondola la culla”.

Questo non è auspicabile, sicuramente perché esclude le donne dalla vita pubblica, ma anche perché esclude gli uomini dalla vita privata, e dalle lezioni di vita che vi si possono apprendere.
Qual è la tua posizione a riguardo dell’educazione dei bambini all’interno della famiglia?

Le femministe hanno posizioni differenti anche sul valore dell’educazione della famiglia. La mia posizione su questo punto è complicata, per due motivi. Anzitutto, non sono una grande sostenitrice della famiglia nucleare. Credo che tutte le relazioni di cura debbano essere comprese nei termini delle dinamiche di potere che implicano. I prestatori di cura potenti spesso fraintendono le necessità dei loro incarichi e coloro di cui si prendono cura, col proiettare i propri stessi bisogni su di loro. Questa dinamica avviene spesso nelle famiglie nucleari: genitori che fanno fare ai figli cose che vanno incontro ai bisogni dei genitori, non dei figli. Ora, in culture dove la cerchia familiare è più estesa e informale, per i figli le cose vanno meglio: essi hanno infatti la possibilità di trovare altri adulti che possono proteggerli, o sostituire alcune delle preoccupazioni mal riposte. Nonni, zie e zii, sorelle e fratelli più grandi, cugini e amici possono avere questo ruolo. D’altra parte, però, l’educazione e la cura familiare è realmente importante proprio perché essa comunica valori, sensibilità, in una sfera di intimità e amore. Questa complessa interazione di amore e potere è ciò che rende la famiglia al tempo stesso così importante e così difficile.

Come dovrebbe essere il rapporto uomo-donna in un mondo femminista ideale? I movimenti femministi ritengono ancora necessario questo legame?

Faccio parte di una vecchissima scuola del pensiero femminista: non credo che vi siano differenze fondamentali fra uomini e donne di per sé. Non credo che le persone siano naturalmente eterosessuali, che gli uomini siano necessariamente più aggressivi delle donne, le donne più pacifiche o premurose degli uomini. Le differenze nel ruolo della riproduzione hanno portato la cultura umana a distinguere fra uomini e donne, ma queste differenze non possono più essere tanto importanti quanto nel passato. Per questo, nel mio mondo ideale, ogni persona avrebbe la possibilità di sviluppare la gamma di capacità e di personalità che gli sono proprie, a prescindere dal sesso o dal genere.

a cura di Gabriella Argnani

---------------------------------------------------------------
tratto da il
Pensiero Mazziniano (http://www.domusmazziniana.it/ami/)

nuvolarossa
29-08-02, 22:20
visiona direttamente l'articolo...: (http://www.url.it/donnestoria/testi/trame/whitenathan.htm)
--------------------------------------------------------------
FIGURA DI SARA NATHAN

La pubblicistica biografica di Jessie Mario (Vite di Sara Nathan e di Goffredo Mameli) è importante soprattutto in un momento in cui l'opinione pubblica sta perdendo l'entusiasmo per il Risorgimento e l'interesse nei confronti degli eroi dell'Unità d'Italia, sintomo di una mutazione di pensiero e di dimenticanza delle gloriose ideologie. La biografia di Sara Nathan è una ricostruzione minuziosa della vita dell'eroina mazziniana, perché la Mario concentra la propria attenzione sul ruolo della sua amica diletta non solo in politica ma anche nell'ambito familiare.

La Signora Nathan non è inglese, ma italiana, nata a Pesaro il 7 dicembre 1819 da modesta famiglia di negozianti. Da bambina impara a leggere, a scrivere e un po' di musica insieme alla sorella, ma continua a studiare lavorando. Rimane orfana di madre a 11 anni. A 16 anni sposa Meyer Nathan, tedesco naturalizzato inglese, che si innamora della sua bellezza e della sua bontà. Il marito è un uomo d'affari la cui fortuna economica subisce fasi alterne. Sara ha da lui dodici figli, che alleva con la stessa cura e la stessa serenità sia nei periodi di ristrettezze economiche che nella prosperità. Sara sostiene che «L'occhio e la mano della madre ci vuole per tener vivi e sani le nostre creature» e così riesce a crescere tutti i figli sani, sia i più robusti che i più gracili.

Nel 1837, a 18 anni, conosce Mazzini, da cui apprende i dolori e le speranze dell'Italia, e da quel momento si dedica, oltre che ai suoi figli, a tutti i figli della patria derelitta. La giovine madre e sposa si dedica da allora ad un doppio lavoro, domestico e patriottico, coinvolgendo nel suo amore per l'Italia anche il marito, che spende molti dei suoi denari per la causa mazziniana. Alla improvvisa e precoce morte del marito eredita la sua fortuna, che amministra per il bene dei figli, ma anche per la scuola fondata a Londra da Mazzini per i piccoli italiani derelitti, figli degli esuli.

Si trasferisce in Italia a Bellosguardo, poi a Genova, poi a Lugano, sempre governando la numerosa famiglia ed aiutando Mazzini e Garibaldi, che hanno per lei grande affetto e stima, a compiere l'Unità d'Italia.
Tra i suoi amici più cari ci sono anche Cattaneo, Quadrio, Bertani ed i coniugi Mario. Sara è modesta, cordiale, simpatica, sempre amabile sia nei momenti lieti che in quelli tristi, come la morte del marito, la morte della moglie del figlio Giuseppe con il suo neonato e poi la morte di Giuseppe stesso, che, dopo essere rimasto vedovo, ha dedicato la vita al riscatto delle donne più sprezzate della società. Molto devota, Sara prega operando e predicando - sorridente - il dovere di tutti a vivere per gli altri. Tutti subiscono l'influenza magica della sua fede tradotta in azione, così che molti giovani sono da lei persuasi a consacrare la propria attività a favore della patria. Alla morte di Giuseppe seguono la morte di Mazzini e di Maurizio Quadrio, l'istitutore dei suoi figli. Anche se affranta e ormai incapace di felicità personale, non cessa mai di dedicarsi all'insegnamento dei precetti mazziniani ai giovani. L'operosità, l'abnegazione e lo spirito di sacrificio non vengono mai meno e, anche tra le sofferenze per la malattia che la conduce alla tomba, continua a sorridere ed a incoraggiare tutti.

Lavora fino alla fine e muore il 19 febbraio 1882, all'età di 62 anni. Jessie White considera la sua morte una perdita senza nome, una sciagura per i figli, per gli amici, per la patria e per tutti e la sua vita un esempio per le fanciulle, uno sprone a studiare e lavorare e un dolce ammonimento alle tentazioni dell'egoismo e della pigrizia. Alle donne infatti spetta la cura della famiglia e della casa, le donne devono meritare la stima oltre all'amore del marito, dalle donne dipende se i figli diverranno o no buoni e laboriosi figli della patria. Non tutte le buone madri hanno buoni figli, ma è raro che gli uomini grandi abbiano cattive madri: Mazzini, Garibaldi, Cattaneo, Aurelio Saffi e Adriano Lemmi ed il più grande poeta vivente, Giosuè Carducci attribuiscono quanto è di buono in loro all'insegnamento e all'esempio delle loro madri.

------------------
tratto dal sito web
http://www.url.it/donnestoria/testi/trame/whitenathan.htm

nuvolarossa
13-11-02, 19:50
Le donne italiane hanno diritto di scelta

La storia italiana insegna che le donne nel nostro Paese hanno sempre espresso un grande senso di responsabilità e di attenzione ai problemi del Paese, del lavoro, della famiglia e posto la loro opera al sevizio della società, facendosi carico, in prima persona, dei gravi problemi derivanti dalla carenza di servizi sociali, di reti di protezione sociale e di politiche davvero efficaci nei confronti dell'infanzia, dei giovani e degli anziani.

Riteniamo pertanto inaccettabile l'espressione di chi attribuisce alle donne italiane caratteristiche di irresponsabilità nel caso della scelta consapevole della maternità e nell'accesso alle pratiche, legittime per l'ordinamento del nostro Paese, di interruzione della gravidanza, che non è mai e poi mai, per una donna, "una passeggiata".

Le donne italiane sceglieranno sulla base dei loro convincimenti etici, e le istituzioni devono porre in essere, così come previsto dalla legge e dalle regole della moderna democrazia, tutti gli strumenti utili affinché le cittadine che decideranno di effettuare l'interruzione di gravidanza, siano in grado di accedere alle tecniche ed ai trattamenti medici e farmacologici più sicuri e meno traumatici, che la ricerca scientifica ha reso possibili e accessibili, riducendo i rischi e i danni, fisici e psicologici.

Esprimiamo quindi il nostro pieno consenso alla iniziativa posta in essere dalla Regione Piemonte in merito all'utilizzo della RU486, già peraltro in uso in molti Paesi della Unione Europea, perché questa opzione consente alle donne di poter usufruire di un trattamento medico che rispetta la loro scelta evitando l'ulteriore dolore di un intervento cruento ed invasivo.

Lilia Alberghina
Anita Garibaldi
Loredana Pesoli

nuvolarossa
28-11-02, 19:56
'Donne, imparate da Anita'

«Anita Garibaldi, eroina del diciannovesimo secolo, diventa simbolo dell'odierna emancipazione femminile». Luisa Babini, consigliera regionale del Pri ha reso omaggio ad Anna Mania Ribeiro da Silva, vero nome di Anita, nella cascina di Mandriole dove l'eroina morì nel 1849. «E' una figura femminile — spiega Luisa Babini — che ci fa riflettere sul ruolo che oggi le donne ricoprono nella società, in particolar modo nella politica. Mi sembra infatti che sia in atto un processo involutivo che ci sta nuovamente emarginando dalla cosa pubblica». Da queste riflessioni nasce il progetto di uno studio nel quale Luisa Babini intende occuparsi dei diritti delle donne e del loro ruolo pubblico. Un'idea nata dopo un viaggio a Laguna, la città brasiliana che ha dato i natali ad Anita, dove Luisa Babini è stata investita di una significativa responsabilità: rappresentare la città sudamericana nella conservazione del patrimonio storico legato ad Anita Garibaldi e custodito nel nostri luoghi. «Anita è il punto di partenza — spiega Babini — per riflettere sull'odierna condizione femminile. Basta osservare in politica l'esigua presenza di donne per rendersi conto che la situazione negli ultimi tempi è peggiorata. Soprattutto da quando non c'è più la legge che obbligava ad inserire nelle liste delle candidature politiche un numero minimo di donne». Se nascesse la regione Romagna, osserva sempre la consigliera, nessuna donna occuperebbe i vertici del mondo politico. «In Romagna — spiega — nessuna donna è, ad esempio, presidente della Provincia. Quelle poche impegnate in politica vengono relegate a ruoli che rispecchiano una visione stereotipata della figura femminile, mi riferisco agli assessorati dell'istruzione, delle pari opportunità o dell'infanzia, solo per citarne alcuni». Secondo i dati forniti da Luisa Babini, nei comuni della provincia di Ravenna, su 106 assessori solo 25 ( 23,5 per cento) sono donne, mentre su 347 consiglieri le presenza femminili sono solo 66 (19,02 per cento). La maglia nera va sicuramente a Brisighella e Fusignano che hanno una giunta formata da assessori assolutamente al maschile, così come Casola Valsenio non ha nessun consigliere donna. Unico sindaco donna di tutta la provincia è invece a Riolo Terme. Anche nel palazzo della Provincia la situazione non è diversa: 2 sole donne su 10 assessori e sei consigliere su un totale di 30.

Annamaria Corrado

nuvolarossa
04-12-02, 18:56
Dominique Frischer, Che cosa sognano le ragazze, Milano, Pratiche Editrice, 2001, pp. 319, euro 14,46

Un percorso attraverso aspirazioni, speranze, modelli di vita nell’universo femminile. Tra desiderio di maternità (mai sopito e anzi rivalutato) e ipotesi di carriera nei settori più disparata alla ricerca di un’emancipazione e di una “parità” ancora da conquistare.
--------------------------------------------------------------------------------

tratto da il
Pensiero Mazziniano (http://www.domusmazziniana.it/ami/)

nuvolarossa
22-01-03, 20:42
Il consigliere Luisa Babini al Seminario sulle Pari Opportunità di Piacenza

Donne in politica: un'uguaglianza solo a parole?

Il Consigliere Regionale Luisa Babini parteciperà il 24 gennaio a Piacenza ad un seminario organizzato dall'Università Cattolica del sacro Cuore dal titolo
Donne in politica: un'uguaglianza solo a parole?
Fra i partecipanti vi saranno il Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Cattolica di Piacenza Giovanni Negri, il Presidente della Commissione Nazionale Pari Opportunità Marina Piazza, Miriam Mafai, il professor Alessandro Mangia dell'Università Cattolica di Piacenza, la Senatrice Emanuela Baio Dossi, il Senatore Domenico Nania, l'Onorevole Elena Montecchi.
Il seminario avrà come obbiettivo la definizione di proposte, idee e percorsi mirati atti a promuovere la presenza delle donne nei luoghi decisionali della politica quale elemento indispensabile al completamento del sistema democratico.

Anche ad una superficiale scorsa ai dati riguardanti la partecipazione delle donne alla vita politica in Italia ed in Europa, infatti, appare subito chiaro come la presenza femminile nelle istituzioni sia oltremodo esigua. Ciò che preoccupa maggiormente è il fatto che il numero delle donne che occupano i posti "dove si decide" sono in costante decremento. In un'epoca di modernizzazione e avanzamento della civiltà occidentale, con l'introduzione dei concetti di uguaglianza dei sessi e di pari opportunità, questo è un fenomeno che stupisce e preoccupa.

Alcuni dati: nel Parlamento Europeo la presenza femminile si attesta al 11,50%, nel Parlamento Italiano supera di poco il 10%; nella classifica mondiale, poi, l'Italia si colloca al 77° posto per numero di donne Parlamentari dopo Uganda, Mongolia e Zimbabwe con un 9,8% di deputati e un 7.8% di senatrici (dati che si riferiscono al 2002). Per quanto riguarda l'attuale percentuale nelle Regioni italiane, il dato scende ad un 11% di donne Assessori e un 8% di donne Consigliere, mentre nella tornata elettorale precedente erano il 13,7%. Nei Comuni la presenza femminile è la più bassa e le donne sindaco sono solo un 6% e il 72,3% di esse è eletto in Comuni con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti. Il Governo Italiano poi, ha oggi solo 2 donne Ministro su 22 contro le 4 del governo precedente e le 6 di quello ancora prima.

Confrontando queste cifre con quelle degli anni precedenti si rileva che dal 1994 la percentuale delle donne in Parlamento è calata del 6,4% e nei Consigli Regionali del 4,85. A contribuire a questo progressivo decremento c'è soprattutto l'abolizione delle quote obbligatorie riguardanti la presenza delle donne nei luoghi cardine delle istituzioni, che fissavano dei tetti minimi di partecipazione.

Questa tendenza al ribasso sia allarmante e qualcosa va fatto per favorire l'accesso delle donne al mondo della politica: le donne infatti hanno molto da dire, sono una risorsa intellettuale e sociale fondamentale in un paese moderno. La loro assenza dai luoghi decisionali viceversa, è un elemento che danneggia la stessa democrazia, in quanto l'eguaglianza delle possibilità di carriera e delle opportunità e l'equità delle regole sono una delle assi portanti su cui si fonda la nostra civiltà; non contribuire al rilancio del ruolo delle donne in politica significa tradire quegli stessi principi democratici. Per questo motivo si è voluta organizzare una discussione con l'obbiettivo di trovare delle risposte concrete al fenomeno della scarsa presenza femminile nel mondo istituzionale e garantire in questo modo al massimo grado le pari opportunità e la democrazia.
---------------------------------
tratto dal sito
http://www.pri.it/immagini/da%20inserire%20pri/logosinistra.jpg (http://www.pri.it)

nuvolarossa
16-02-03, 11:43
a cura di Gabriella Argnani

La sezione ospita in questo numero un saggio di Fernanda Missiroli, avvocato e, in passato, docente di diritto nelle scuola secondaria nonché Segretaria Nazionale del Movimento Femminile Repubblicano, membro della Commissione per le Riforme del Codice Civile riguardante il diritto di famiglia presso il Ministero di Grazia e Giustizia e membro del Comitato nazionale per le Pari Opportunità del Ministero del Lavoro. Nello scritto si esamina un importante periodo della storia d’Italia tenendo come filo conduttore l’impegno delle donne. Appare evidente, sotto questo profilo, quanto sia stata determinante la presenza femminile per Mazzini sia per la diffusione del suo pensiero tramite la frequentazione di salotti importanti animati da sue colte amiche, sia soprattutto per l’azione politica, come testimonia, per esempio, l’avanguardia femminile dei rivoltosi che fra il 1831 e il 1832 marciarono dalla Romagna su Roma.
Gli esempi significativi riportati nel saggio fanno riflettere sulla forza che il pensiero di Mazzini, insieme a quello di altri pensatori di quel periodo soprattutto nel mondo anglosassone (si pensi a John Stuart Mill), ha impresso allo sviluppo del movimento per l’emancipazione della donna.
----------------------------------------------------------------------------

Mazziniane per l’emancipazione: "due secoli d’ impegno"

Non credo di peccare di settarismo quando affermo che Mazzini fu, fra i politici, il primo a considerare la donna pari all’uomo.
Vi erano stati, precedentemente, numerosi casi di donne evolute e rispettate nei loro ambienti; ma si trattava di appartenenti alle classi "alte" che si facevano un merito nell’aprire i loro salotti a intellettuali, musicisti e artisti. Molti grandi pensatori, soprattutto illuministi, erano ospiti di famiglie in cui donne colte, talvolta per sola vanità, si contendevano i migliori "cervelli" di cui veniva celebrata la fama.
Si narra che Jean Jacques Rousseau rifiutò di accompagnare a Parigi la ricca dama, che pure lo aveva ospitato in uno chalet posto all’interno di un parco di sua proprietà; infatti, lo scrittore più discusso del suo tempo, dichiarò di non voler essere mostrato come un oggetto o un animale appartenente alla sua ospite.
è noto che Madame du Chatelet, amante ispiratrice di Voltaire, teneva un salotto che si onoravano frequentare i personaggi più eccellenti, anche se l’illustre dama restava nelle sue proprietà come padrona di casa, ma non seguiva Voltaire nei suoi viaggi, neppure quando il filosofo era ospite del grande Federico.
Le donne che possedevano la rara padronanza delle lettere e delle scienze appartenevano a famiglie che avevano permesso alle figlie di avere istitutori, di possedere libri e di ospitare, una volta sposate, la migliore società del tempo. Madame de Staël, considerata fra i precursori del Romanticismo, viaggiava liberamente (famose le sue lettere alla figlia dalla Germania), indifferente alle malignità sulla sua condotta morale, perché godeva di ricchezza, censo e dell’educazione ricevuta dal potente padre. Le donne, infatti, raramente potevano viaggiare sole, se è vero che George Sand, estimatrice e corrispondente di Mazzini, doveva vestirsi con panni maschili per poterlo fare. Comunque, i famosi salotti facevano parte di un costume di moda presso le famiglie abbienti e gratificavano donne ricordate dalla storia letteraria.
In Italia visse un’analoga sorte Giulia Beccaria, che aveva ricevuto un’educazione illuminata dal padre Cesare e dalla frequentazione dei fratelli Pietro e Alessandro Verri, coetanei e amici dell’autore di Dei delitti e delle pene. Com’è noto, essi avevano fondato a Milano l’Accademia dei Pugni e avevano animato il periodico "Il Caffè", trasferendo nel nostro paese concetti letterari, economici e politici ispirati dall’Illuminismo francese. Ciò aveva creato scandalo o, quanto meno diffidenza a causa dell’ambiente cattolico dominante; ne fu vittima Giulia Beccaria che, dopo il suo matrimonio con il conte Pietro Manzoni, codino e reazionario, se ne era separata per il grande contrasto delle idee che essa pretendeva di mantenere senza arrendersi all’obbedienza coniugale. Furono facili le malignità nei suoi confronti, ispirate dal bigottismo che si opponeva alle idee illuministe e all’emancipazione femminile, al punto di fare circolare la diceria che Alessandro Manzoni, figlio del conte Pietro e di Giulia, fosse, in realtà, il frutto di una relazione adulterina fra la madre e Alessandro Verri.
L’illuminismo e la Rivoluzione Francese avevano consolidato nelle donne più colte la volontà di evadere dal chiuso dei salotti riservati alle signore appartenenti alla nobiltà e all’alta borghesia.
Tale doveva essere il salotto londinese dei coniugi Carlyle, che ospitarono a più riprese l’esule Mazzini: lo scrittore inglese aveva idee liberali e progressiste, ma alcuni storici affermano che, alla fine, non gradisse più la presenza del grande italiano, forse per invidia intellettuale, forse per gelosia, probabilmente infondata.
Di tutt’altra natura, invece, fu l’amicizia che altre donne britanniche nutrirono per tutta la vita nei confronti di Mazzini: parlo di Jessie White, di Giorgina Craufurd e di Sarah Levi. Queste donne, intelligenti e coltissime, erano state conquistate, oltre che dagli ideali del grande pensatore, anche dalla sua convinzione di una parità fra i due sessi. Non si trattava di affermazioni salottiere dedicate alle donne di un ceto privilegiato, bensì di un principio praticato dal nostro maestro e enunciato anche negli scritti diretti alle classi più povere. Ne I doveri dell’uomo, libretto diretto agli operai, si trovano frasi di indubbio contenuto. Il famoso detto "la donna è l’angelo della famiglia", che ha suscitato equivoci da parte di chi riteneva che si trattasse di esortazione a restare fra le mura domestiche, è ben chiarito dalla frase "l’uomo e la donna sono le ali per il volo dell’umanità verso il progresso", frase che, al di là del lessico ottocentesco, chiarisce la convinzione della parità fra i due sessi.
Le amiche inglesi di Mazzini appartenevano a famiglie di elevata posizione sociale e di convinzioni liberali. Esse poterono manifestare la loro adesione agli ideali mazziniani apprezzando la posizione del grande italiano che non le ricacciava fra le mura domestiche o nei salotti, ma chiedeva la stessa collaborazione che sollecitava dagli uomini suoi seguaci.
In Italia, a quel tempo, prevalevano la soggezione alla Chiesa cattolica, più chiusa a differenza delle religioni protestanti, e una diffusa mentalità maschile, servile verso i sovrani e quasi schiavista nei confronti della donna. Tuttavia, gli ideali mazziniani cominciarono a fare presa anche fra le donne di umile condizione, soprattutto nello Stato Pontificio, a causa della durezza della vita di quelle popolazioni.
Fra il 1831 e il 1832 marciarono su Roma dalla Romagna, imponenti gruppi di rivoltosi che, durante il loro cammino, raccolsero rinforzi provenienti dalle Marche e dall’Umbria e furono fermati soltanto ad Amelia. Coloro che partirono dal forlivese furono preceduti e accompagnati da un folto plotone di donne, che marciarono per dieci chilometri, cioè da Forlì a Forlimpopoli. Le guidava Teresa Scardi Catani, la quale sventolava una bandiera tricolore; queste donne camminavano fieramente per aprire la strada agli uomini, senza incontrare ostacoli, essendo festeggiate lungo tutta la via dagli abitanti delle campagne circostanti.
Il fatto che l’avanguardia femminile ostentasse la bandiera tricolore, dimostra che la rivolta non era solamente provocata dalle condizioni economiche disumane (le stesse che avevano prodotto l’assalto ai forni in molte zone e in vari periodi), ma che era anche ispirata dalle convinzioni politiche sull’Unità d’Italia e sulla libertà: infatti, i primi mazziniani le avevano diffuse fra la popolazione. Ad esse aderivano spontaneamente quelle donne popolane.
Erano popolane anche quelle che a Roma si batterono con i loro uomini per difendere la Repubblica del 1849: fra esse Antonietta Colombi. Giuditta Tavani Arcuati, fu l’anima della resistenza di quaranta patrioti nel lanificio Aiani nel 1867. Ella insieme al marito e ai tre figli preparava munizioni da fornire ai rivoltosi in attesa dell’arrivo di Garibaldi; vennero scoperti dalla gendarmeria pontificia e trucidati in massa.
Vero è che il "popolino" romano considerava questo comportamento come il doveroso sostegno verso gli uomini.
Anche in Italia, Mazzini era apprezzato e amato da donne le cui famiglie appartenevano a una cultura non confessionale e a convinzioni politiche liberali: per esempio la madre di Giorgina Crauford che si trovava a Firenze con il marito diplomatico inglese e che apparteneva a quella famiglia Churchill, da cui discenderà il famoso primo ministro britannico.
Sarah Levi Nathan fu la straordinaria amica, oltre che di Mazzini, anche di Aurelio Saffi e di Carlo Cattaneo, che assisté durante la malattia fino alla sua morte. Successivamente, fu accanto a Mazzini di cui ricoprì il corpo con il plaid di Carlo Cattaneo, quando Mazzini si spense.
A lungo perdurò la leggenda che dell’ultimo figlio di Sarah fosse lo stesso Mazzini il vero padre: si trattava di Ernesto Nathan, primo sindaco democratico di Roma dopo la caduta dello Stato Pontificio. Non c’è nulla che possa suffragare questa leggenda, che tuttora perdura fra i mazziniani, molti dei quali ignorano il figlio che Mazzini ebbe da Giuditta Sidoli e che morì all’età di nove anni in Svizzera, nonostante le cure della famiglia cui era stato affidato.
Mentre i loro sposi, Alberto Mario e Aurelio Saffi, si trovarono a dissentire da talune idee di Mazzini, Jessie White e Giorgina Crauford non lo contestarono mai e apertamente disapprovavano questi atteggiamenti dei loro sposi. Era un’ennesima manifestazione di quella educazione che aveva inculcato nei mazziniani il rispetto per il diritto della donna alla parità.
Quando un critico malevolo insinuò sulla stampa che Alberto Mario fosse succubo della moglie, permettendole di scrivere opinioni in contrasto con quelle del marito, questi rispose fieramente che la moglie era dotata di un cervello e aveva il diritto di usarlo come lui stesso faceva con il proprio.
La convinzione dei mazziniani, dunque, partiva dal principio che il diritto dei popoli alla libertà risiedeva nell’esercizio individuale di tale libertà, indipendentemente dal sesso, dalle fedi religiose e dalla razza; questo esercizio individuale era indispensabile per la formazione dei cittadini e per la loro evoluzione, mano a mano che si emancipavano da quei pregiudizi che portano a creare situazioni di privilegio dei più forti sui più deboli. Non nego che nel prosieguo degli anni questa posizione si sia andata sfumando e che molti mazziniani non abbiano ritenuto di mantenere questo concetto alla base delle loro convinzioni politiche. Credo di poter affermare che gli epigoni di Mazzini, nel corso del secolo che seguì, abbandonarono la considerazione della parità fra uomini e donne e, impegnandosi nelle battaglie istituzionali e sociali, finirono per adagiarsi nella convinzione generalizzata dell’inferiorità della donna.
Anna Maria Mozzoni, riconosciuta universalmente come la prima femminista italiana, era profondamente pervasa dai principi mazziniani che ispirarono la sua polemica con Anna Kulisciof la compagna di Turati; mentre quest’ultima considerava l’emancipazione femminile all’interno della lotta di classe, la Mozzoni sosteneva le idee di parità fra i sessi come necessarie allo sviluppo autonomo della condizione femminile. Le sue posizioni, però, venivano considerate con un certo imbarazzo e spesso con dissenso dagli uomini che si dichiaravano seguaci delle idee mazziniane.
Tuttavia, fu proprio un mazziniano che firmò, insieme con un deputato liberale, la prima proposta di legge sul divorzio durante una delle prime legislature dopo l’Unità d’Italia. Il divorzio veniva considerato come un sistema che metteva alla pari i diritti dei due coniugi: tale fu sempre visto, infatti, dalle masse femminili, mentre gli uomini vi aderivano tiepidamente.
Il periodo fascista, che vedeva nella donna una massaia e un soldato, destinata a obbedire fedelmente, interruppe l’evolversi delle idee di liberazione femminile. Il codice Rocco, per la parte riguardante il diritto di famiglia, aveva un capitolo dal titolo "la donna, il minore e l’interdetto". Si impediva alle donne di prendere decisioni sull’educazione dei figli, sull’amministrazione del proprio patrimonio e su tutte le altre scelte che la vita proponesse.
Ci fu allora un mazziniano, insigne giurista, alieno da ogni prosopopea, Oronzo Reale, che pose mano alla riforma del Codice Civile riguardante il diritto di famiglia all’inizio degli anni sessanta. La coraggiosa proposta di Reale sconvolse quanti coltivavano gli antiquati pregiudizi sull’inferiorità delle donne, sull’indegnità dei figli nati fuori del matrimonio, sui limiti posti per ottenere la separazione che doveva essere concessa solo in caso di consenso delle due parti o per colpa di un coniuge; la colpa era più facile da addossare alla donna per il semplice sospetto di adulterio, per abbandono del tetto coniugale e per l’esercizio dei diritto al lavoro e al guadagno che le desse una posizione economica migliore di quella del marito.
La proposta di Reale trovò grande attenzione e sollevò accesi dibattiti, soprattutto fra le donne. Esse avevano ottenuto il voto nel 1945: questa concessione era stata il frutto sia di un calcolo da parte dei democratici cristiani che contavano sulla soggezione della maggioranza delle donne nei confronti del clero, sia da parte dei partiti di sinistra, riconoscenti per il grande apporto delle donne nella lotta antifascista. Anche numerose donne mazziniane vi avevano contribuito, dalla prima combattente contro le squadracce nel 1925, la forlivese Fernanda Flamigni, che provvedeva a caricare le armi per respingere l’assalto al circolo repubblicano di via Lunga, fino alle militanti di Giustizia e Libertà e dell’ORI (Organizzazione della Resistenza Italiana) fra cui la milanese Lina Mori, la romana Maria Teresa Bartoli Macrelli (che diventerà segretaria nazionale del movimento femminile repubblicano), le torinesi Matilde Di Pietrantonio e Giulia Parmentola, e numerosissime romagnole, fra cui va ricordata per il coraggio e l’abnegazione Tina Gori. Questo gruppo di antifasciste combattenti aveva formato il primo nucleo del movimento femminile repubblicano (MFR), che rivendicò, fin dal primo congresso, la propria autonomia politica e organizzativa e, per lunghi anni, prese posizioni distinte dal partito di cui era fiancheggiatore. Nonostante le perplessità degli uomini aderenti al PRI (che spesso dichiaravano di non essere mazziniani) il movimento femminile si era schierato a sostegno della laicità dello stato, della legge sul divorzio, per l’abolizione della pena di morte, per la difesa della scuola pubblica, per la depenalizzazione dell’adulterio, che riguardava soltanto le mogli. Fu naturale, quindi, l’appoggio al progetto Reale per la riforma del diritto di famiglia. Sottilmente, le forze politiche che erano maggiormente collegate alle istituzioni confessionali operarono per dividere il fronte dei partiti laici, fingendo di agevolare l’iter parlamentare della proposta di legge sul divorzio, presentata dai deputati Fortuna, socialista, e Baslini, liberale. Erroneamente, si era creata la convinzione che essa non avrebbe trovato l’appoggio della maggioranza dei parlamentari e si usava strumentalmente un’apparente disponibilità, per lusingare i sostenitori laici della legge stessa. Alle donne veniva anche obiettato che la proposta Reale non assicurava la totale parità fra i sessi; molte delle esponenti dei partiti laici erano cadute nella trappola e si battevano contro il progetto di Reale, senza stupirsi per le improvvise prese di posizione femministe, che contraddicevano la tradizionale chiusura della Chiesa cattolica, ispirata dalle teorie di San Paolo.
In quel periodo chi scrive era segretaria nazionale del movimento femminile, che rimaneva l’unica organizzazione di donne con autonomia politica, insieme all’Unione Donne Italiane (UDI), senza espliciti connotati di partito. Mentre riflettevo perplessa sulla contraddittoria posizione di partiti e istituzioni religiose, mi colpì il titolo di un articolo firmato dal direttore della rivista gesuita "Civiltà cattolica" che rivelava la vera natura dell’avversione al progetto Reale. Lo scritto era intitolato "I bastardi" e polemizzava violentemente contro uno degli articoli del progetto Reale, nel quale si affermava il diritto al mantenimento, all’istruzione e alla successione da parte dei figli nati fuori del matrimonio.
Quindici anni dovettero trascorrere dalla prima presentazione del progetto di riforma all’approvazione del Parlamento. Va riconosciuto che fu efficace l’accanita difesa della riforma portata avanti soprattutto dalle mazziniane italiane, che riuscirono a promuovere un’alleanza con le esponenti di varie forze politiche, iniziando una solidarietà femminile trasversale ai partiti che si è mantenuta nel tempo.
Tuttavia è giusto considerare che, se non fosse esplosa la rivolta femminista nelle piazze e nelle vie di tutta Italia dopo il 1968, probabilmente il Parlamento avrebbe continuato a rinviare l’approvazione della legge. Quante nostre giovani contemporanee ignorano che i diritti di cui oggi godono sono il frutto dell’iniziativa di quel giurista mazziniano, ironico, schivo di ogni enfasi, nemico della prosopopea, ma tenace assertore delle idee che gli erano state ispirate dalla sua condizione di discepolo del nostro maestro.
Da quella prima riforma conseguirono successivamente la legge 903, detta "delle pari opportunità" che riconosce il diritto della donna all’accesso a tutte le carriere e a percepire pari salario in caso di un lavoro pari a quello maschile.
Mi piace anche sottolineare che una grande sensibilità verso il diritto all’istruzione per tutti i cittadini e al dovere dello Stato di provvedervi con una scuola pubblica e laica, fa parte del bagaglio ideologico dei mazziniani, cui sono particolarmente sensibili le donne nella loro qualità di educatrici e di madri. Non fu un caso che Giorgina Saffi, oltre ad organizzare la prima associazione di donne artigiane, si preoccupò di istituire una scuola materna ispirata al concetto dell’educazione dell’infanzia, mentre le istituzioni confessionali si limitavano a concepire gli asili semplicemente come luoghi di custodia e di indottrinamento religioso dei bambini. Giorgina Saffi si era preoccupata, allo scopo di trasferire a Forlì gli stessi principi, di inviare una giovane presso una scuola già esistente in Bologna per apprendere come impartire ai bambini i primi elementi di un’educazione che li formasse come liberi cittadini.
Concludendo, mi pare di aver svolto in questo breve excursus una tesi, sia pure incompleta e frammentaria. L’emancipazione femminile in Italia va riconosciuta come il frutto delle idee mazziniane, accettate e praticate dalle donne amiche e seguaci del maestro. Anche le inglesi Jessie White (giornalista, scrittrice, combattente insieme ai garibaldini), Giorgina Crauford (traduttrice in varie lingue degli scritti di Mazzini) e l’americana Margherita Fuller (giornalista e attiva partecipe delle lotte risorgimentali), erano già portatrici delle idee di emancipazione femminile, ma dovettero riferirsi logicamente alla predicazione mazziniana per sviluppare tali idee nell’Italia oppressa e nell’Europa della Restaurazione.
Le donne italiane che avevano seguito le affascinanti teorie mazziniane non appartenevano soltanto all’aristocrazia o alla borghesia colta – fra questa è opportuno menzionare almeno Cristina Belgioioso – ma anche ai ceti di umile condizione, come le fiancheggiatrici degli uomini nelle lotte per la libertà. Probabilmente, esse trovavano, fra l’altro, anche il conforto della religiosità di Mazzini, dovendosi ribellare al giogo imposto dallo Stato Pontificio e dalla mortificante concezione dell’inferiorità femminile sostenuta da cattolici quali il Rosmini e il Lombroso.
Ancora oggi ci commuove l’affermazione di Mazzini sulla consolazione che le lettere delle amiche gli infondevano, superando lo sconforto delle continue avversità della sua impresa. Le donne furono per lui fedeli amiche e fiere seguaci; lui fu per le donne un amico sincero e un sostenitore impareggiabile.

Fernanda Missiroli


tratto da il
Pensiero Mazziniano
http://www.domusmazziniana.it/ami/r1.gifhttp://www.domusmazziniana.it/ami/r2.gif (http://www.domusmazziniana.it/ami/)
------------------------------------------

... nella sua riunione del 14 febbraio scorso la Direzione Nazionale del P.R.I. ha designato l'amica Raffaella Finamore quale Responsabile della riorganizzazione del Movimento Femminile Repubblicano (MFR) ...

nuvolarossa
20-02-03, 23:02
Il Senato modifica l'art. 51 della Costituzione sul ruolo delle donne

La dichiarazione di Loredana Pesoli

Il 20 febbraio 2003, con il voto definitivo del Senato, l'art. 51 della Costituzione italiana è stato modificato, con l'aggiunta, dopo il primo comma, del seguente periodo:

"A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le Pari Opportunità di accesso tra donne e uomini".

Le donne italiane, anche grazie all'impegno del ministro Stefania Prestigiacomo, hanno consegnato al Parlamento ed alle Regioni, il compito di realizzare questo principio, per mezzo di norme e leggi finalmente garantite dalla Costituzione, in merito all'accesso agli uffici pubblici ed alle cariche elettive.

Loredana Pesoli della Direzione Nazionale e componente della Commissione Pari Opportunità ha così commentato l'avvenimento: "E' una giornata importante per le donne e per tutti gli organismi di parità e le associazioni che hanno lavorato per anni a questo obiettivo".

"Per il Pri l'affermazione dei diritti civili è da sempre un valore assoluto e l'impegno a favore della partecipazione delle donne alla vita politica, economica e sociale del Paese, espresso fin dalle battaglie per il diritto di voto alle donne sarà, ancora e sempre, presente e determinante in questo cammino".

La Commissione Nazionale Pari Opportunità ha indetto per il prossimo 6 marzo una manifestazione in Piazza Montecitorio, alla quale parteciperanno i parlamentari, per la consegna delle firme raccolte sulla proposta di legge di iniziativa popolare per il riequilibrio della rappresentanza.
-------------------------------------------------------------------------------
tratto dal sito
http://www.pri.it/immagini/da%20inserire%20pri/logosinistra.jpg (http://www.pri.it)

nuvolarossa
27-02-03, 23:37
La Commissione Nazionale Parità e il Comitato Promotore consegnano alle parlamentari e ai parlamentari le firme raccolte a sostegno della Proposta di Legge di iniziativa popolare per l'approvazione di modifiche e integrazioni alle leggi elettorali atte ad assicurare alle donne ed agli uomini parità di accesso alle cariche elettive
.................................................. ..................

http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI164.JPG (http://www.pri.it)

nuvolarossa
07-03-03, 23:19
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI171.jpg

tratto da
http://www.frangipane.it/frangibanner234.gif (http://www.frangipane.it/index.html)

nuvolarossa
13-05-03, 17:05
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI244.gif

nuvolarossa
13-05-03, 17:07
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI245.gif

nuvolarossa
30-06-03, 19:35
http://www.corriere.it/images/newlogo.gif
ELZEVIRO Le radici della Repubblica

Chi dice donna dice Risorgimento

di GAETANO AFELTRA

L’Italia è donna, si dice, alludendo al fatto che, nell’iconografia ufficiale, la Repubblica Italiana è rappresentata da una statuaria figura femminile col capo cinto dalla corona turrita. E le donne, nelle imprese che hanno portato all’unità d’Italia, hanno compiuto azioni di grande coraggio e intraprendenza, forse non ancora conosciute quanto meriterebbero. Prendiamo, ad esempio, le Cinque Giornate di Milano: quanti sanno che nel marzo 1848, tra i patrioti accorsi da tante regioni d’Italia a combattere contro gli austriaci, c’era anche un contingente di 200 napoletani guidati dall'aristocratica rivoluzionaria Cristina di Belgioioso, detta la «principessa rossa» per il suo attivismo politico? Nata a Milano nel 1808, Cristina di Belgioioso fu cara amica di Giulia Beccaria, madre di Alessandro Manzoni. Dopo il fallimento dei moti del '31 si era stabilita a Parigi, dove il suo salotto era diventato un punto di riferimento per intellettuali ed esuli come Gioberti, Fauriel, Thiers, Poerio, Tommaseo, Maroncelli.
Oltre alla principessa di Belgioioso, le Cinque Giornate di Milano ebbero come protagoniste tante giovani patriote di ogni classe sociale. C’era Luisa Battistotti Sassi, moglie di un artigiano, che vestita con l’abito della guardia nazionale, la striscia tricolore al petto e la gonna a campana si batté valorosamente, salvando la vita a molti insorti rimasti accerchiati. O la diciassettenne Giuseppina Lazzaroni, scappata di casa per mettere la sua mira infallibile al servizio della difesa di Porta Comasina. Oppure Paola Pirola, che combatté per cinque giorni fino a quando, sfinita dalla stanchezza, il fucile le esplose fra le mani, amputandole due dita.
Gli innumerevoli episodi che videro protagoniste le patriote italiane impressionarono anche il maresciallo Radetzky, che così commentò le eroiche giornate milanesi: «Il carattere di questo popolo mi sembra cambiato, il fanatismo ha pervaso ogni età, ogni ceto, ogni sesso».
A raccontare le vicende che hanno segnato gli ultimi duecento anni della nostra storia è ora una nuova creazione dei «triumviri» della saggistica italiana Tarquinio Maiorino, Giuseppe Marchetti Tricamo e Andrea Zagami, un fortunato sodalizio editoriale che ha già dato alla luce vivaci ricognizioni di simboli e periodi «caldi» della storia d'Italia.
Il loro nuovo libro Viva l'Italia. Viva la Repubblica (Mondadori), ha come sottotitolo «Uomini, donne, luoghi dal sogno risorgimentale a oggi». Quali furono e cosa fecero le donne per la realizzazione del «sogno» risorgimentale? A questo proposito troviamo dei particolari che ci riempiono di stupore.
Ad esempio veniamo a sapere che, durante l’esperienza mazziniana della Repubblica Romana, le donne furono impegnate in operazioni militari ad alto rischio. Quando ancora non esistevano quei sofisticati congegni che si usano oggi per disinnescare gli esplosivi, le ausiliarie della Giovine Italia erano in prima linea nel raccogliere e disattivare bombe. In che modo? Lo racconta un giornale dell’epoca, citato nel libro: «Tengono pronte delle masse di creta, e non appena cade una bomba o una granata, la coprono con essa e ne impediscono lo scoppio».
Ma simili manifestazioni femminili di amor patrio non impedirono che, sul finire dell’Ottocento, il presidente del Consiglio Francesco Crispi si opponesse con queste parole alla proposta di voto alle donne: «Quando voi distaccate la donna dalla famiglia, e la gittate nella pubblica piazza, voi fate, o signori, della donna non più l’angelo consolatore della famiglia, ma il demone tentatore...». (http://nuvolarossa.ilcannocchiale.it/)

nuvolarossa
25-07-03, 04:52
Luisa Babini sull'accesso delle donne alle cariche elettive

"Finalmente una partita vinta"

Approvato in Commissione Statuto l'articolo sulla parità tra i due sessi

Luisa Babini
Consigliere regionale del P.R.I.
Emilia-Romagna

Il Consigliere Regionale Luisa Babini esprime la sua soddisfazione per l'approvazione all'unanimità in Commissione Statuto dell'articolo IX bis che fissa i criteri di parità tra i sessi nell'accesso alle cariche elettive. Secondo queste nuove disposizioni le liste elettorali dovranno contenere in eguale misura candidati uomini e donne e per queste ultime sarà dunque più facile inserirsi nel mondo politico.

"Finalmente una partita vinta" - ha dichiarato il consigliere Babini - "la strada verso le istituzioni e i posti di potere è ora per le donne spianata, si va verso un reale pluralismo ed equilibrio delle cariche fra uomini e donne. Del resto - prosegue la Babini -l'approvazione del nuovo articolo dello Statuto Regionale rispecchia chiaramente i cambiamenti che stanno avvenendo in seno alla nostra società, una società che diventa sempre più femminile. Le donne infatti sono sempre più protagoniste fin dai banchi di scuola dove spesso dimostrano di ottenere maggiori successi rispetto ai maschi, anzi secondo un recente studio americano riescono meglio in tutto e si prevede che in America le future generazioni vedranno il netto sopravvento delle ragazze sui ragazzi. Quello che era in passato considerato il "sesso debole" ora è diventato il sesso forte e le capacità dimostrate negli ultimi anni dalle donne stanno ora emergendo nella corsa ai posti di comando.

Nonostante le prospettive ottimistiche, tuttavia, i dati riguardanti l'Italia sembrano essere deludenti. Nel nostro paese, infatti, le percentuali delle donne in politica sono in costante decremento tanto che il nostro paese nella classifica mondiale si colloca 77° posto per numero di donne parlamentari dopo Uganda, Mongolia e Zimbawe. Nel 2002 la percentuale di donne senatrici è stata del 9,8% e di donne deputato del 7,8%, per le regioni si scende ad una media dell'8% con un dato in contro tendenza solo nei Comuni con una popolazione inferiore ai 5 mila abitanti. Sarà nel futuro una responsabilità di tutti uomini e donne, mobilitarsi per favorire un più agevole inserimento delle donne in politica per garantire le pari opportunità e la democrazia.

Il mondo femminile rappresenta una risorsa dell'intera società e la Regione Emilia-Romagna con l'approvazione dell'Articolo IX bis mostra di averne piena consapevolezza. La nostra Regione ancora una volta da prova di saper rispondere al cambiamento dei tempi e alle esigenze della società in evoluzione decidendo di mettere in gioco le ricche potenzialità del mondo femminile ."

Luisa Babini
Consigliere regionale del P.R.I.
Emilia-Romagna
(http://nuvolarossa.ilcannocchiale.it/)
tratto dal sito web del
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
21-01-04, 15:21
Il centenario del Consiglio Nazionale Donne Italiane: un numero speciale

Per celebrare il centenario del CNDI è stato stampato un volume di 170 pagine, con la presentazione della presidente nazionale Paola Bernardini Mosconi e con la premessa della responsabile del progetto Maria Pia Roggero. Il “Numero Speciale” ricco di documentazione storica e iconografica inedita, si divide in cinque sezioni:
1) Il passato; 2) il presente; 3) tra memoria, vita presente, sguardi in prospettiva. Studiose, donne impegnate nelle istituzioni, amiche del CNDI riflettono; 4) Alcune iniziative di rilievo del secondo periodo (dal 1946 ad oggi); 5) Momenti e volti della vita associativa dagli inizi ai nostri giorni.
Chiude il volume un “chi è?” delle autrici degli articoli e dei contributi.
(http://utenti.lycos.it/nuvolarossa44/)

nuvolarossa
23-01-04, 23:09
Infibulazione: inaccettabile con qualsiasi modalità

Il Pri contesta e respinge in modo netto e deciso ogni tentativo di rendere accettabile e addirittura "assistito" il feroce rito della infibulazione, in qualsiasi forma e "misura".

Non permetteremo alla Regione Toscana di calpestare i diritti alla salute ed alla dignità delle donne, di qualunque nazionalità e provenienza, e di attentare, in via istituzionale, alla salute mentale e fisica di bambine indifese.

Se l'Assessore alla Sanità (?!) della Regione Toscana avesse chiesto il parere della Commissione Regio-nale per le Pari Opportunità, delle donne delle associazioni e delle donne impegnate in politica e nel volontariato, e soprattutto delle donne vittime delle mutilazioni genitali, tutte ignorate, non avrebbe potuto immaginare tale possibilità come lecita.

Se si vuole perseguire l'abbandono delle pratiche di mutilazione genitale nel nostro Paese, oltre che la repressione del reato, occorre porre in essere "buone pratiche" e azioni positive nelle quali coinvolgere le comunità di immigrati e immigrate, dando forti strumenti alle donne delle comunità, per realizzare con loro un percorso di consapevolezza e trasformazione del rito cruento in una forma cerimoniale che preveda, in modo ineludibile, l'abbandono delle pratiche violente; solo queste modalità risolveranno il problema e avranno il nostro consenso.

Ogni altra soluzione ci vedrebbe complici e carnefici.

Lilia Alberghina
Luisa Babini
Gianna Parri
Loredana Pesoli

nuvolarossa
13-02-04, 01:36
Messina: costituito il coordinamento del Mfr/Un contributo ad una svolta qualitativa della politica

Rafforzare la presenza delle donne

Costituito a Messina, il Coordinamento Provinciale del Movimento Femminile Repubblicano (M.F.R.)

Il movimento, si propone di contribuire in maniera forte e decisiva alla svolta qualitativa della politica, che non può continuare ad esprimere mediocrità e mistificazione, generando nella popolazione messinese confusione e smarrimento e un senso di disorientamento, che non giova di certo alla crescita sana della nostra città. E' necessario rilanciare Messina e la sua Provincia attraverso un approccio che sappia coniugare ideali e pragmatismo contro ogni deleteria forma di sterile "scambio" e clientelismo.Le linee progettuali tracciate nel corso dell'incontro, riguardano principalmente la necessità di avere più donne negli organi politici ed istituzionali considerata la edottissima presenza "ROSA" al Comune e alla Provincia, al fine di dare risposte coerenti alle diverse ed emergenti problematiche della città, e allo stesso tempo concretizzare l'esigenza di stimolare la crescita di una nuova imprenditoria femminile attraverso il giusto sostegno ed una accurata informazione che costituisca un serio inizio alla lotta all'esclusione sociale della donna ed un volano di crescita economica per la nostra città. E'chiara secondo il M.F.R la responsabilità di intere classi politiche se oggi la città di Messina è agli ultimi posti tra le città italiane per qualità della vita e sviluppo.

Un'approccio deciso della donna alle tematiche sociali con particolare riferimento alle nuove povertà, ed al disagio vissuto dai diversamente abili, alle tematiche della scuola e della sanità pubblica e privata, può certamente arricchire di bellezza e nuova sensibilità anche il dibattito politico-culturale che all'inverso spesso langue. Il M.F.R. di Messina si propone infine di promuovere il "cambiamento" reale attraverso la dura ma sicuramente appagante fatica dello studio serio e approfondito dei problemi e dell'impegno.

Il M.F.R. che è parte integrante del movimento Repubblicano Nazionale, Regionale e Messinese si pone tuttavia in posizione dialettica ed autonoma al PRI del quale per esempio non condivide l'appiattimento all'interno della CdL e la mancanza di una forte posizione critica rispetto alla politica della stessa che in provincia di Messina è carente e spesso inadeguata alle esigenze della comunità.

All'incontro era presente oltre ad alcuni esponenti regionali e comunali del PRI, il dott. Franco De Luca candidato repubblicano della provincia di Messina alle prossime elezioni europee. Del coordinamento del M.F.R fanno parte: Antonella Costa, Fazio Maria, Mariella Privitera, Costa Manuela, Masuri Giovanna, Masuri Stefania, Francesca Bonarrigo, Santina Leto, De Luca Jole, De Salvo Antonella, Barrigo Francesca, Bertaccio Loredana, Pirri Katia, Mondi Maria, Crea Lucia, Ruggeri Giusy, Verboso Melania, Lombardo Caterina.

Federazione Provinciale Pri Messina
(www.nuvolarossa.org)

nuvolarossa
23-02-04, 22:17
Verso le elezioni europee con le "quote" per le donne e le 3 preferenze/L'impegno degli organismi locali per la composizione delle liste dell'Edera

Un comitato unitario per le candidature

La direzione nazionale nella riunione di venerdì 20 c.m. ha approvato la relazione del segretario nazionale sulla chiusura della verifica di governo ed ha esaminato le modifiche e gli adempimenti elettorali per le prossime elezioni amministrative ed europee.

Secondo il disegno di legge approvato nell'ultima riunione del Consiglio dei Ministri, si voterà, sia per le amministrative che per le europee, sabato 12 giugno, dalle ore 15 alle 22, e domenica 13, dalle ore 8 alle 22; i seggi saranno aperti di sabato e chiusi domenica, in quanto per il rinnovo del Parlamento europeo le operazioni, per tutte le nazioni che concorrono alla competizione , devono essere concluse entro la sera del 13.

In Italia dovranno essere eletti con il sistema proporzionale 78 parlamentari (prima erano 87) suddivisi in 5 circoscrizioni: Italia Nord-occidentale (Valle d'Aosta-Piemonte-Lombardia- Liguria, candidati n 20), Italia Nord-orientale (Veneto–Trentino Alto Adige-Friuli Venezia Giulia-Emilia Romagna, candidati n. 15) Italia centrale (Toscana–Umbria-Marche-Lazio, candidati n 15) Italia meridionale (Abruzzo- Molise-Campania-Puglia-Basilicata-Calabria, candidati n 19) Italia insulare (Sicilia- Sardegna, candidati n 9); si potranno esprimere sino a 3 preferenze per i candidati di ciascuna lista di ogni circoscrizione (prima le preferenze variavano secondo l'ampiezza della circoscrizione). La motivata opposizione del Pri, nelle riunioni di maggioranza, ha contribuito ad impedire il possibile varo di una soglia di sbarramento che avrebbe annullato le potenzialità del sistema proporzionale utilizzato per queste elezioni, e vanificato il già difficile sforzo elettorale delle liste dell'Edera. Inoltre, per le elezioni europee, ciascuna lista non potrà avere più di 2/3 di candidati dello stesso sesso: rispetto alle precedenti esperienze, in cui le liste erano composte quasi esclusivamente da uomini, almeno un terzo dei candidati dovranno essere donne. Il Governo, ha approvato un apposito disegno di legge delle "quote rosa", in quanto la presenza delle donne è allo stato molto bassa: nello stesso governo le donne sono 8 (due ministri); a Strasburgo le europarlamentari italiane sono 10 su 87; nel parlamento italiano ci sono 26 senatrici su 321 e 71 donne su 630 deputati; nel 2001 alle elezioni politiche su 4.910 candidati le donne furono 635.I partiti che non si adegueranno rischiano di perdere fino alla metà del rimborso elettorale.

Novità anche nel campo delle incompatibilità in quanto il Governo ha recepito la decisione unanime del Consiglio europeo di Strasburgo del 2002. Il mandato di parlamentare europeo, già incompatibile con la carica di Presidente del Consiglio e di Ministro, con quella di presidente, assessore e consigliere regionale da quest'anno, per la prima volta, lo sarà con quella di parlamentare nazionale, di Presidente di Provincia e di Sindaco di Comune superiore ai 15.000 abitanti.

Sono oltre 36 milioni gli elettori chiamati al voto il 12 e il 13 giugno per rinnovare, oltre il Parlamento europeo, 63 Province , 4.506 Comuni e il Consiglio regionale della Sardegna. Dei comuni chiamati al voto 235 sono quelli superiori ai 15.000 abitanti, 4.271 al di sotto; 30 sono le città capoluogo di Provincia impegnate nell'elezione.

Gli eventuali ballottaggi per Comuni e Province si svolgeranno sabato 26 e domenica 27 giugno.

Nella riunione della Direzione il segretario Nucara ha ribadito le tappe di preparazione per le elezioni, con particolare riferimento a quelle europee: sono state predisposte quasi tutte le schede sui temi stabiliti dalla Direzione e le stesse saranno alla base di un programma che verrà discusso dalla Direzione e definito e approvato in una riunione del Consiglio nazionale, assieme alle bozze delle liste per le europee. A tale proposito il segretario ha ribadito ai responsabili delle organizzazioni regionali l'invito a identificare , entro la fine del mese di febbraio, i candidati e le candidate disponibili per le europee, in maniera da coprire tempestivamente la quota delle presenze previste per ciascuna regione nella lista dell'Edera delle 5 circoscrizioni. La scelta è affidata alle organizzazioni locali del partito che dovranno indicare le candidature più rappresentative e in grado di raccogliere il massimo di consensi, cercando di proporre, oltre ai rappresentanti impegnati nelle istituzioni locali, anche personalità della società civile vicine al partito.

Alle elezioni europee il Pri sarà presente - come dice il documento approvato dalla Direzione nazionale -, con il simbolo dell'Edera e questa sarà l'occasione, al di là delle diverse valutazioni politiche, per un grande sforzo unitario.

In questo quadro un Comitato di segreteria, rappresentativo anche della minoranza, con il compito di coordinare la presentazione delle liste e delle candidature e curare la campagna elettorale, sarà proposto dal segretario nei prossimi giorni.

Pino Vita

nuvolarossa
27-02-04, 22:13
Elezioni europee: l'intervento di Loredana Pesoli sulle "quote"/Un dibattito della "Voce" sul riequilibrio della rappresentanza femminile

La Costituzione ora apre maggiori spazi

Nei giorni scorsi la "Voce" ha pubblicato le modifiche elettorali introdotte dal recente Consiglio dei Ministri per le elezioni europee del 13 giugno: tra queste le cosiddette "quote" per le donne.
Nel pubblicare un intervento dell'amica Loredana Pesoli, componente della Commissione Pari Opportunità, riteniamo utile aprire sul tema del riequilibrio della rappresentanza un confronto a più voci.

L'anomalia italiana in merito alla presenza delle donne nelle assemblee elettive è un fatto noto e grave; l'11% è la percentuale di presenza femminile nel Parlamento italiano, il 10% quella nel Parlamento europeo, nel quale alcuni Paesi sfiorano un tasso di rappresentanza femminile del 50% .

Ci si è interrogati a lungo su cosa fare per riequilibrare questo assetto così poco rispondente alla presenza delle donne nella società italiana, donne vincenti soprattutto nei settori dove più forte è la selezione meritocratica.

La risposta della pubblica opinione è stata sempre favorevole alla introduzione di meccanismi correttivi, che incidessero soprattutto nella possibilità di partecipazione paritaria alle competizioni elettorali, che può essere interpretata come una sollecitazione ai partiti a svolgere un ruolo di maggiore coinvolgimento di una parte tutt'altro che minoritaria della popolazione: la proposta di legge di iniziativa popolare che prevede la presenza paritaria (50%) di donne e uomini nelle liste elettorali proporzionali e anche nel sistema maggioritario ha raccolto decine di migliaia di firme con una mobilitazione che seppur povera di supporti mediatici, ha trovato nel contatto diretto con la cittadinanza il suo più ampio riscontro. Continuo ad essere convinta che questo sia l'obiettivo a cui tendere, e sarà decisivo intervenire su più fronti; le leggi elettorali, le regole interne dei partiti, l'implementazione del mainstreaming e l'applicazione di norme antidiscriminatorie nel caso delle nomine derivanti da decisioni politiche.

La raccolta delle firme, nel 2003, era stata realizzata con il patrocinio della Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra Uomo e Donna della Presidenza del Consiglio, organismo ora abrogato per decreto e non ancora ricostituito nella sua veste di gruppo di lavoro interno al Dipartimento Pari Opportunità; alla Commissione va certamente il merito di avere in venti anni di attività contribuito a formare, nel nostro Paese, una nuova cultura sulle pari opportunità e sulla efficacia delle affirmative actions, nonché aperto le porte al Ministero per le Pari Opportunità nel Governo del nostro Paese; ora il cammino intrapreso non si può e non si deve fermare, poiché ancora incompiuto.

La riforma dell'art.51 della Costituzione ha eliminato l'ultimo alibi di quanti si erano fin qui aggrappati ad una distorta interpretazione della parità di accesso alle cariche elettive per donne e uomini, già presente nella nostra Carta Costituzionale, per ricacciare indietro il Paese di venti anni; ora è doveroso dare attuazione alla modifica, realizzata da questo Governo, ma frutto di anni di impegno delle donne, e rispondere alle aspettative che sono sia a sinistra, storicamente, che a destra più recentemente ma in modo consistente, vista la riforma costituzionale decretata, condivise.

Alle proposte di legge già presentate si è aggiunto l'intervento nel ddl proposto dalla Ministra per le Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo, nel quadro della riforma della legge elettorale europea. Anche se il ddl del Governo presenta un profilo minore in termini di contenuto (2/3 di presenza per ciascun sesso, sanzione pecuniaria progressiva per liste non conseguenti), rispetto a quanto non fosse stato già rappresentato nelle proposte depositate dagli On.li Mastella-Dentamaro e altri (50% di presenza con alternanza di ciascun sesso e irricevibilità delle liste non conseguenti) e dagli On.li Amato-Dato e altri (30% e irricevibilità delle liste non conseguenti), il ddl assume, come possiamo tutti comprendere, una forte valenza di "riequilibrio sostenibile" fatti i conti con la realtà parlamentare, in termini di presenza di genere (89% uomini, 11% donne) e ciò sta a confermare come, anche in molti altri campi, inevitabilmente l'agenda politica e le sue priorità siano formulate da un punto di vista sbilanciato, pesantemente, verso uno solo dei generi.

Dal mio punto di vista, considerata la gravità della situazione e l'essere l'Italia fanalino di coda in Europa e nel mondo, ritengo che tutto sia auspicabile tranne il mantenimento dello status quo, quindi approverei anche liste di sole donne, atteso che questo non leda il rispetto del novellato art. 51, per cercare di raggiungere un maggiore quorum di presenza femminile nelle assemblee elettive, essendo peraltro pervenuta al convincimento che la quantità produrrà anche la qualità. A questo riguardo ritengo utile sottolineare che, essendo le assemblee elettive per loro natura rappresentative, il risultato finale sarà inevitabilmente di una presenza variegata; se valesse il solo indicatore dell'eccellenza, molti dei nostri parlamentari sarebbero posti in seria difficoltà.

Per tornare alla questione posta, non nascondo la mia preoccupazione che una proposta al "ribasso", per così dire, quale quella di fonte governativa, possa consentire una ulteriore riduzione della previsione nel corso del dibattimento; comunque vada, e qualcosa succederà, un compito in più attende i Segretari di tutti i partiti; essi saranno chiamati a rendere appetibile una candidatura femminile e dovranno anche farlo in tempi brevi e con argomenti convincenti, visto che la riforma arriva a ridosso dell'appuntamento elettorale e troppo tempo è andato perso, in questi anni, in entrambi gli schieramenti, nell'indifferenza riguardo alla necessità di intercettare il consenso e la volontà delle donne di fare politica e di farla sul serio; forse un "vincolo esterno", ancora una volta, potrà rivelarsi utile.

Loredana Pesoli

nuvolarossa
08-03-04, 20:45
8 MARZO

L'emancipazione femminile italiana più lenta rispetto ad altri Paesi europei

In libreria il volume “La donna italiana” della scrittrice piacentina Emilia Sarogni

E le donne entrarono nella storia
Il lungo cammino verso i diritti civili e politici

di LUIGI GALLI

A guardare indietro per i secoli, e neanche tanto lontani, ci si stupisce e spaventa. Possibile? Nell'Europa antesignana di civiltà, trascorsi il Settecento dei lumi, la Rivoluzione francese, il Risorgimento con la nuova fisionomia a tante nazioni, ancora la donna era considerata poco più d'una schiava. Schiava domestica se si vuole, della famiglia o dei beni, ma pur sempre senza lo straccio d'un diritto. Tra gli intelletti generati da Settecento ed Ottocento per iniziare la contemporaneità, quasi nessuno aveva considerato le donne, di fatto assenti da ogni Codice Civile. Come entità giuridica significativa, come titolare di diritti, la donna non esisteva. Nessuno s'accorgeva, o voleva accorgersi, del suo contributo alla civiltà ed al lavoro, nessuno teneva conto dei sacrifici, a volte sovrumani, che la compagna dell'uomo ogni giorno intraprendeva. Insomma, donne che offrivano tutto e non ricevevano nulla. Un'ingiustizia storica da brividi. Guardando indietro vien da pensare: com'è potuto accadere? Succedono, certe cose. Parevano idee giuste, allora. Le stesse donne non ne portavano lucida coscienza, anzi parevano desiderare la condizione d'esclusa. Non sapevano ancora. La constatazione critica non era diventata loro patrimonio. Mancava una coscienza di condizione, una cultura, le scuole per il risveglio dal coma civile. Di quest'incredibile cammino racconta nel suo bel volume, in vetrina da poco, la scrittrice piacentina Emilia Sarogni. Era già nota per il romanzo “Torino addio. Quando gli dei amano”, recensito anche da Libertà. Il testo presenta un titolo significativo: “La donna italiana. 1861-2000. Il lungo cammino verso i diritti” (Ed. Net) e passa in rassegna l'emancipazione femminile italiana, più lenta, commenta l'autrice, rispetto ad altri paesi europei ed alle democrazie degli altri continenti, con modi del tutto autonomi, a volte persin disperante, ma inarrestabile, tenace, continua. Emilia Sarogni ha potuto documentare con precisione i progressi della donna italiana, stante la professione. Infatti, ha esercitato la carica di direttore al Senato della Repubblica, sostenendo per molti anni la responsabilità del Servizio internazionale. Gli archivi parlamentari, di fatto, le erano famigliari, di modo che n'è venuta una preziosa documentazione di supporto. Il discorso prende avvio dai secoli bui, allorché “qualche giurista del XIII secolo si chiese persino se il marito fosse obbligato a passare alimenta et medicina alla donna che fosse senza dote o n'avesse ricevuta una troppo esigua”. Da fatto a fatto, di citazione in citazione, si giunge in breve al 1861, alla nascita del Regno d'Italia. Nel Codice Civile italiano del 1865, nulla cambia per la donna: “La moglie era costretta a seguire il marito ovunque questi ritenesse opportuno fissare la sua residenza; n'assumeva il cognome e la condizione civile; era sottomessa al marito; non poteva compiere da sola gli atti giuridici più rilevanti, neppure per le cose di sua proprietà; non poteva esercitare il commercio senza esplicito consenso del coniuge; non poteva intentare una causa; non poteva testimoniare; non poteva far parte del consiglio di famiglia”. Insomma, non poteva e basta. Vigeva la legge del più forte… Un progresso ad ogni modo ci fu in quel Codice. Riconosciuta la maggiore età anche per la donna, al ventunesimo anno, cadde l'antica norma del consenso paterno per le nozze della figlia. I tempi correvano e s'affacciavano, ormai, sulla scena della storia italiana pensatrici e pensatori che avrebbero impegnato l'esistenza per l'emancipazione femminile: Anna Maria Mozzoni, figura indomita di risorgimentale, repubblicana e mazziniana; Salvatore Morelli, nobile difensore, sin al sacrificio, dei diritti delle donne nel Parlamento dell'Ottocento, promotore della prima legge sulla capacità giuridica delle italiane; l'intrepida Anna Kuliscoff che si batté per il voto alle donne e la loro tutela sul lavoro. Così, agli inizi del '900 maturano le prime conquiste. Nel 1902, durante il governo Zanardelli, verrà votata, il 23 marzo dalla Camera dei Deputati con 136 voti favorevoli e 50 contrari (presenti e votanti 236) e dal Senato il 12 giugno dello stesso anno, la legge n.242. Una conquista, perché “vieterà il lavoro di fanciulli d'entrambi i sessi d'età inferiore a 12 anni, nelle industrie, edilizia e miniere, stabilendo però che potranno continuare il lavoro i bambini e le bambine di 10 e 11 anni già occupati. Il divieto di lavoro notturno per le donne è posticipato a 5 anni dall'entrata in vigore della Legge. Il congedo per maternità è limitato ad un mese solo dopo il parto. Si stabiliscono interruzioni nella giornata lavorativa femminile, che però può superare anche le 11 ore, e un giorno di riposo obbligatorio la settimana”. La Sarogni, accorta, testimonia di tante violazioni della legge. I testi tuttavia cominciano ad esistere e la strada dell'emancipazione s'avvia. Occorreranno ancora tanti anni, tante pene, tanto impegno per approdare al diritto di voto politico per le donne, riconosciuto dal decreto legislativo luogotenenziale n.23, del 1° febbraio 1945. Infine, il libro analizza, con accuratezza, la legislazione repubblicana che condurrà alle ben note conquiste civili: la parità di remunerazione tra uomini e donne; l'abolizione della regolamentazione nella prostituzione; la tutela delle lavoratrici madri; l'abolizione del delitto d'onore; la legge contro la violenza sessuale, considerata per la prima volta come reato contro la persona e non contro la morale, per dir solo d'alcune. La stima ed il rispetto civile per la donna hanno finalmente trovato la strada della legge. Meglio tardi che mai.

nuvolarossa
08-03-04, 21:01
Dappertutto le istanze femminili sono segnate da obiettivi comuni: dal rispetto della persona alla rappresentanza/Un appello agli amici e alle amiche affinché rendano note con ricerche e articoli le storie delle donne che hanno contribuito al progetto repubblicano

Anna Maria Mozzoni, mazziniana e prima autentica femminista d'Europa

L'8 marzo non è una data scelta a caso; è la data, più o meno precisa, per quanto è dato documentare, nella quale persero la vita 129 donne in un incendio sviluppatosi a Chicago in una fabbrica nella quale tutte le operaie erano state costrette ad una sorta di prigionia.

E' significativo riflettere sul fatto che una data indicata dalle donne dell'Internazionale Socialista nel loro Congresso del 1910 non sia stata mai strumentalizzata da alcuna parte politica ma presa a riferimento da tutte le donne del mondo, nel cammino della loro comune lotta per i diritti civili.

Ciò è dovuto al fatto che, nonostante i distinguo ed i diversi tempi e modi della battaglia sociale e politica, in ogni parte del mondo le istanze femminili sono segnate da un comune percorso che vede obiettivi condivisi; istruzione, rispetto della persona, rispetto della salute e in particolare modo della salute riproduttiva, rafforzamento della presenza e della rappresentanza, significanza e visibilità, sono "parole d'ordine" condivise che percorrono trasversalmente la politica e le reti delle donne.

Il nostro Paese ha visto donne impegnate nella emancipazione e nella crescita civile e sociale, donne di ogni parte politica , spesso sconosciute al grande pubblico; oggi vorrei cogliere l'occasione, dalle colonne del nostro giornale, per lanciare un appello a tutti gli amici e le amiche affinchè rendano note, con ricerche, articoli e notizie, le storie delle donne che nel territorio, ieri e oggi, hanno dato e danno un importante contributo alla realizzazione del progetto laico repubblicano, dalle origini mazziniane ai giorni nostri.

E inizierò io, oggi, raccontandovi di una donna eccezionale, che forse non tutti conoscono, ma che fa parte, a pieno titolo quanto tanti uomini, del nostro passato specifico ma soprattutto del patrimonio femminile ed emancipazionista del nostro Paese: Anna Maria Mozzoni.

Nata a Rescaldina , in provincia di Milano, il 5 maggio del 1837, Anna Maria fin da giovanissima repubblicana e mazziniana, dà vita ad una grande azione per il riscatto e l'emancipazione delle donne italiane, ancora oppresse da un clima di asservimento ed esclusione da qualsiasi elementare diritto.

Ella scrive, a soli 27 anni, la sua opera più importante. "La donna e i suoi rapporti sociali", pubblicando diversi anni prima del molto più famoso John Stuart Mill, a torto indicato come il primo "femminista" europeo,(anche a scapito del democratico emancipazionista italiano, il deputato Salvatore Morelli) un appassionato appello alla coscienza degli uomini politici italiani, in favore di una società più giusta.

Il suo rapporto con Giuseppe Mazzini fu di grande stima e ammirazione, ma fu anche contraddistinto dalle continue e pressanti richieste della Mozzoni per una più incisiva opera di Mazzini a favore delle donne. Egli infatti aveva più volte espresso la sua condivisione del problema .." Esamineremo, attentamente e cautamente, come esige l'incertezza in cui siamo finora la condizione sempre negletta della donna…(1840 _ Appello agli Italiani)" ma la priorità era l'unità' d'Italia:…" Prima la Repubblica subito dopo viene per noi la questione della donna (da "Unità italiana" del 3 febbraio 1864).

Le donne italiane sostennero la tesi di Mazzini secondo la quale la Repubblica sarebbe stata amica delle donne, e diedero un grande contributo alla realizzazione del progetto unitario ma Anna Maria Mozzoni, più pragmatica, teme il rischio di una vuota retorica che rinvii tutti gli impegni ad un futuro incerto.

Ella quindi nel 1864 indica espressamente e senza possibilità di equivoci, le priorità che ritiene ineludibili per la dignità femminile e che racchiude in diciotto richieste essenziali tra cui :

l'istruzione, con una completa riforma del sistema educativo;

la parità con gli altri cittadini al raggiungimento della maggiore età,

i diritti elettorali,

il diritto ad acquistare la cittadinanza anche senza matrimonio,

l'equilibrio tra i coniugi con la soppressione dei rapporti di ubbidienza e protezione;

un uguale trattamento dell'adulterio e del concubinato;

la separazione dei beni tra i coniugi;

l'esplicito mandato della moglie affinchè il marito possa rappresentarla in un atto legale

la possibilità per una moglie di non seguire il marito, previa consultazione di un consiglio di famiglia composto da entrambi i sessi;

il consenso della moglie perché il marito possa effettuare operazioni sulle proprie sostanze;

il diritto ad esercitare tutela anche per la madre;

la possibilità di produrre prove legali nella ricerca della paternità;

una legge severa sulla seduzione per proteggere le donne fino ai 25 anni;

uguaglianza di diritti per tutori e tutrici.

Non si tratta, ritengo, di un mero elenco di richieste bensì della prova di quanto il pensiero e l'azione mazziniana e repubblicana abbiano da sempre segnato il progresso, la coscienza e la lungimiranza al servizio del Paese; pensiero e azione dei quali dobbiamo essere consapevoli ed orgogliosi, come partito e come cittadine e cittadini.

Anche Anna Maria Mozzoni, come spesso accade nei documenti di rivendicazione femminile, dichiarerà le sue richieste non esaustive delle necessità( specie per quanto relativo alla sola possibilità di voto ma non di candidatura), ma limitate alla reale possibilità di accettazione, visto il contesto di riferimento, che esprimeva evidenti incapacità e contraddizioni: per la Mozzoni infatti era sotto gli occhi di tutti come …."questa creatura che si vuol fragile come una piuma di cigno, diviene d'un tratto d'una potenza erculea per affaticar tutto il giorno come l'uomo, e meno di lui retribuirsi..". Eccezionale Anna Maria Mozzoni; non solo rivendicava due secoli fa il diritto delle donne al lavoro, ma anche ad una pari retribuzione, per la quale siamo ancora in cammino, visto il risultato delle recenti inchieste che denunciano nonostante i diritti formali, una differenza retributiva, a parità di mansioni svolte, vicina al 27% a scapito delle donne.

E ancora in tema di lavoro, la Mozzoni sollevò il problema delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro e il diritto delle donne ad associarsi per difendere i propri diritti.

La Mozzoni aderirà nel 1867 alla prima iniziativa legislativa del deputato Salvatore Morelli ed entrerà nel Comitato femminile di ispirazione mazziniana e garibaldina, formatosi a Napoli per opera delle sorelle Caracciolo.

Nel 1870 si occuperà della traduzione del libro di J.Stuart Mill "La servitù delle donne", nel 1877 insieme a Giuseppe Nathan parteciperà al Congresso di Ginevra e, nominata componente della Commissione giuridica, si occuperà della richiesta di abolire le norme sulla prostituzione allora in vigore nei Paesi europei.

Nel 1871 sull'ultimo giornale diretto da Mazzini in Italia "La Roma del Popolo", la Mozzoni insiste sul definire le questioni femminili assolutamente integrate nelle più ampie battaglie sociali e l'11 febbraio del 1881, nel suo intervento all'Assemblea della Democrazia tenuta dalla Lega promotrice degli interessi femminili, da lei fondata, critica il concetto di "diritti del cittadino" che ella rivendica quali "diritti umani", inclusivi e non selettivi, concetto ancora oggi ripreso anche in sede di sollecitazione alla Convenzione europea dalle donne di tutta l'Europa per un uso più appropriato e meno sessista della lingua e del linguaggio, problema sul quale anche Luisa La Malfa ha espresso più volte la sua opinione, che ritroviamo nel lavoro della Commissione Nazionale Pari Opportunità degli anni ‘80/'90.

Ad Anna Maria Mozzoni, donna eccezionale che per tutta la vita si dedicò con passione allo sviluppo sociale e politico del nostro Paese attraverso la difesa dei diritti essenziali delle donne italiane, e che purtroppo non vide coronati in vita da successo i suoi sforzi, e nonostante la sua successiva adesione ad altri gruppi politici, da cui comunque si ritirò delusa, io proporrò agli amici ed alle amiche della sezione di cui sono Segretario, di intitolare la nostra sezione, e chiedo da queste colonne a tutti gli amici e le amiche nel Paese, di intitolare sezioni locali alle donne che hanno dato il loro contributo alla vita ed alla attività del PRI nella realtà locale e a livello nazionale, nonché di richiedere, ai Comuni di appartenenza, l'intitolazione di strade o scuole.

Per l'8 marzo del 2004 lo scenario è ovviamente molto diverso, ma proprio in virtù delle nuove ed emergenti necessità, vorrei concentrare la vostra attenzione su tre elementi che ritengo prioritari nella direzione di una democrazia davvero compiuta;

il primo si riferisce al riequilibrio della rappresentanza dei due generi nelle assemblee elettive e su questo credo che la mia posizione sia nota in merito alla necessità che i partiti, tutti, e quindi anche il nostro, rivedano le modalità di democrazia interna e la opportunità di favorire la presenza e la rappresentanza femminile nelle competizioni elettorali e negli organismi direttivi del partito, nel nostro caso nel Consiglio Nazionale e nella Direzione Nazionale, per favorire una ricaduta positiva su tutti gli organismi locali, affinchè anche l'agenda politica del Paese sia il riflesso di istanze dettate da una classe dirigente espressione reale della società nella sua composizione e nella sua espressione più partecipata;

il secondo punto si riferisce alle problematiche della conciliazione tra vita professionale e vita familiare, dalla cui soluzione dipendono il rispetto degli obiettivi di Lisbona in tema di occupazione femminile (raggiungimento di una percentuale di occupazione femminile del 60% entro il 2010, dalla quale ci separa un gap del 20%, essendo l'Italia ad un 40% scarso e dovendo realizzare pertanto circa 4.000.000 di posti di lavoro indirizzati alla occupazione femminile), il rilancio della economia nazionale in termini sia di reddito sia di consumi e soprattutto l'aumento di una natalità che nel nostro Paese sta toccando livelli tra i più bassi d'Europa;

terzo, ma non ultimo, l'ipotesi di una campagna di sensibilizzazione sulla condivisione delle responsabilità familiari e del lavoro di cura nei confronti di bambini, anziani e disabili, troppo ancora assicurato dalla assunzione di responsabilità delle donne, sia nell'ambito della propria famiglia che di quella d'origine in assenza di sufficienti servizi e politiche a favore delle famiglie, anche quelle non regolate dal matrimonio, che sappiamo essere una grande e diffusa realtà nel nostro Paese, una realtà che non è possibile escludere in un paese democratico.

Soprattutto il sistema della conciliazione si deve intendere oggi come un ecosistema complesso ed articolato, nel quale la definizione di nuove politiche deve ritenersi strategica per la qualità della vita non solo delle donne ma anche degli uomini, dei bambini, degli anziani: in tal senso l'occasione prossima delle elezioni europee, vista l'attenzione dell'Europa su questo tema, dovrà essere una occasione per aggiornare con proposte e suggerimenti, la nostra posizione ed il nostro programma elettorale.Non tralascio ovviamente di dichiarare il mio totale appoggio, e credo di parlare a nome di tutto il PRI, alle iniziative poste in essere in questi giorni a sostegno delle donne vittime di violenza in tutto il mondo, ricordando che troppo spesso tale violenza è inflitta tra le mura domestiche e proviene da persone legate da rapporti di amicizia e parentela con le vittime, e per questo molto più difficile da denunciare e sconfiggere.

Vorrei concludere con alcuni ringraziamenti tutt'altro che formali, poiché credo sia importante sottolineare e segnalare momenti importanti della vita del nostro Partito quando sono precisate posizioni chiare in merito alle politiche di genere e nella realizzazione di percorsi di democrazia: il primo, in ordine di tempo, al Presidente Giorgio La Malfa per il suo contributo alla realizzazione della modifica dell'art. 51 della Costituzione Italiana, con un intervento alla Camera dei Deputati del quale ripropongo uno stralcio .." esprimo quindi un appoggio pieno al provvedimento….con l'auspicio che la formulazione della norma……..consenta di approvare provvedimenti legislativi appositi, come recita il testo, che possono consentire la realizzazione di una condizione di uguaglianza nella rappresentanza.."), il secondo al Segretario Nazionale Francesco Nucara per l'adesione formale e sostanziale del PRI alla proposta di legge di iniziativa popolare per la presenza paritaria di uomini e donne nelle competizioni elettorali, che ha raccolto decine di migliaia di firme in tutta Italia, e il terzo al Senatore Antonio Del Pennino per la sua instancabile opera tesa al miglioramento della legge sulla fecondazione assistita per la quale la mobilitazione è ancora in atto e a cui siamo a fianco con convinzione, nell'opera di revisione della brutta legge approvata.

Un ringraziamento particolare all'amica Luisa Babini per il suo impegno nella riforma dello Statuto della Regione Emilia Romagna, per il quale è stato approvato in Commissione il principio di pari opportunità nella legge elettorale, alle amiche della provincia di Messina che hanno in questi giorni formalizzato la ripresa dell'attività del MFR, e sono pronte per la prossima sfida elettorale, all'amica Pina Arena che a Catania sta rilanciando l'attività del PRI nelle Pari Opportunità e a tutte le amiche che stanno preparandosi alla campagna elettorale locale ed europea, che ci attende nei prossimi mesi.

Il mio augurio e' di potere presto incontrarle tutte in una grande Conferenza Programmatica per dibattere, insieme a tutti gli amici repubblicani, le nostre proposte per il futuro dell'Italia e dell'Europa che le donne auspicano, nell'interesse di tutti.

Loredana Pesoli
Direzione Nazionale PRI

Note: le notizie sulla attività di A.M. Mozzoni sono tratte dal libro di Emila Sarogni "La donna italiana: il lungo cammino verso i diritti 1861-1994".
Si ringrazia l'autrice

nuvolarossa
11-03-04, 14:00
PRESENTATO IL LIBRO «NATE DAL MARE»
Anita, la pronipote di Garibaldi: «Ma che coraggio le mie antenate»

C'è un filo rosso al femminile nella storia d'Italia, ed è rappresentato da tre donne che hanno vissuto in prima persona l'epopea della famiglia Garibaldi: la brasiliana Anita, moglie di Giuseppe; l'inglese Costanza, moglie del loro figlio minore Ricciotti; l'americana Speranza, moglie di Ezio, nipote dell'Eroe dei due mondi. Le vicende che hanno visto protagoniste queste tre donne rappresentano il tema del libro «Nate dal mare», scritto da Anita Garibaldi, figlia di Ezio e Speranza e pronipote di Giuseppe Garibaldi, che è stato presentato nell'Oratorio novo della Biblioteca civica.
All'appuntamento, organizzato dall'assessorato comunale alla Cultura e dall'associazione culturale L'incontro, hanno partecipato, oltre all'autrice, gli assessori del Comune di Langhirano Francesco Copercini e Cristiano Casalini, Manlio Bonati dell'Istituto per la storia del Risorgimento, Vittorio Bertolini dell' Associazione mazziniana e Giancarlo Tedeschi dell'Associazione nazionale garibaldina.

Come ha ricordato Copercini, un testo storico come questo «è particolarmente importante nell'ambito delle iniziative per la giornata dell'8 marzo, dal momento che la storia, in genere, viene raccontata solo al maschile». Le tre storie narrate nel libro, mostrano, ha ricordato l'autrice, che «le donne entravano nella famiglia Garibaldi non solo come mogli, ma come compagne di vita di uomini votati alla difesa dei deboli e degli oppressi ovunque nel mondo. Perciò, hanno condiviso con i mariti ogni sorta di tribolazioni, ristrettezze economiche, pericoli e persecuzioni».

Anita Garibaldi ha poi illustrato con l'ausilio del materiale fotografico utilizzato nel libro, le storie delle tre protagoniste: dal 1820 al 1970, dal Risorgimento al dopoguerra. E ha ribadito come dal libro emerga soprattutto il ritratto finora inedito o misconosciuto di «tre donne coraggiose, coerenti nel testimoniare senza ombre i valori della dignità umana».

Simone Aiolfi

nuvolarossa
18-03-04, 00:06
Bari: Lucrezia Abadessa nominata responsabile del Movimento Femminile Repubblicano

Il coordinatore provinciale del Pri di Bari proseguendo nell'azione di ricostruzione del partito e alla luce delle ultime decisioni relative alla presenza delle donne nelle liste per le europee ha assunto la seguente decisione:

Cara Lucrezia, visto il Tuo impegno quotidiano e le energie da Te profuse nell'attività politica del Partito, ho il piacere di affidarti l'incarico di responsabile del Movimento Femminile Repubblicano di Terra di Bari.

Sicuro della Tua capacità e dei risultati che verranno, nell'ambito dell'Organizzazione delle risorse dell'universo femminile della Provincia di Bari, Ti auguro di poter presto convocare il Congresso Provinciale delle Donne Repubblicane e Ti invio i migliori auspici per un proficuo e sereno lavoro.

Giuseppe Calabrese

nuvolarossa
16-04-04, 20:12
Catanzaro venerdì 16 aprile h. 17,00
Sala consiliare Amministrazione Provinciale

Organizzato dal coordinamento provinciale Pri di Catanzaro

Convegno
"Donne e Welfare. Quali proposte per una diversa qualità dello sviluppo"

Presiede
Vincenzo Mazzei Segretario regionale Pri

Relazione
Caterina Salerno Assessore Servizi Sociali Provincia di Catanzaro

Intervengono
Maria Rita Acciardi Presidente Comm. Reg. Pari Opportunità
Marisa Fagà Consigliere Regionale di Parità
Michele Traversa Presidente Provincia di Catanzaro

Conclude
Loredana Pesoli Responsabile Naz.le Femminile Pri

barney (POL)
17-04-04, 12:56
L'AMICO GAMBI DI RAVENNA E' STATO OGGETTO DI UN INQUALIFICABILE ATTACCO PERSONALE SULLA VOCE E SUL SITO UFFICIALE DEL PARTITO.

L'articolo, le risposte, gli attestati di solidarietà di dissenso come di consenso, sono postati nel 3D repubblicani Emilia Romagna.

Non vi rubo ulteriore spazio ma ritengo di segnalare la cosa confidando in precise affermazioni, non mi interessa il segno o il contenuto, degli amici repubblicani che da anni conoscono Gambi come repubblicano e come uomo.

Ritengo che al di là di maggioranza o minoranza sarebbe molto bello che i repubblicani tutti facessero capire che c'è voglia di discutere, di confrontarsi non di offendere, o delegittimare, persone e realtà estremamente utili, e particolarmente in questa dificile campagna, alla crescita complessiva del partito.

Vi ringrazio per l'ospitalità

Barney

nuvolarossa
14-05-04, 18:56
Donne protagoniste nel mondo, in Italia e nel Pri

Sonia Gandhi vince le elezioni in India e sarà, è dato ritenere, Primo Ministro.

Roma Wta, le azzurre del tennis Silvia Farina e Francesca Schiavone qualificate ai quarti di finale; non accadeva da 15 anni.

Italia, la riforma del sistema pensionistico non è "neutra" ma riconosce il diritto all'uguaglianza tra uomini e donne che lavorano, con un approccio consapevole alle diverse realtà di vita familiare e lavorativa che intrecciano le loro vite.

Pri, è una donna, alla quale vanno i nostri migliori auguri di buon lavoro, a rappresentare il ritorno del PRI al governo locale di Brentonico.

E' un buon auspicio ed un risultato importante che darà forza a tutte le candidate al Parlamento europeo ed ai governi locali nelle liste del PRI.

Grazie Giovanna Dossi, sono certa che sarai la prima di una lunga serie!

Loredana Pesoli
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/NEWYORKNEWYORK.mid

nuvolarossa
28-05-04, 19:53
Adriana Roccamo nominata responsabile provinciale delle Donne repubblicane

CATANIA - Il segretario provinciale del Partito Repubblicano Italiano Francesco Zaccà, su indicazione della responsabile organizzazione Gloria Cutugno, ha nominato Adriana Roccamo responsabile provinciale "Donne Repubblicane" in seno al Pri catanese. Il nuovo ufficio si prefigge, in linea con gli obbiettivi della segreteria (che alle scorse elezioni provinciali, con una presenza femminile nelle proprie liste di oltre il 40%, ha inteso dare un forte segnale in questa direzione), di creare una rete di incaricate nei vari comuni del catanese che possano concretamente, attraverso il partito, avviare le donne a trovare sul territorio momenti di partecipazione alle istituzioni e alla vita sociale.

nuvolarossa
07-10-04, 19:13
Regione Emilia Romagna: un invito a rafforzare le Pari Opportunità/Le valutazioni di Luisa Babini sul peso femminile nella scuola, nelle università e nelle istituzioni

Il tasso di partecipazione delle donne va crescendo

Le recenti rilevazioni Istat segnalano che negli ultimi decenni il tasso di partecipazione delle donne all'università è in tutta Italia cresciuto a ritmi elevati. Nel 2003 su 94 mila laureati, 55 mila erano donne. Le ragazze sono più propense a continuare gli studi, si laureano mediamente prima e con voti più elevati. Il risultato sembrerebbe confortante, da una superficiale lettura dei dati, infatti, le giovani laureate parrebbero pronte ad affrontare il mercato del lavoro ad armi pari, con un elevato grado di istruzione e grande determinazione. Questo purtroppo però non avviene, perché nonostante i brillanti risultati in campo scolastico, le donne continuano a mantenere una condizione subalterna nel mercato del lavoro. Una ragazza impiega molto più tempo di un ragazzo per trovare un'occupazione e una volta trovatala, a parità di mansione arriva a guadagnare in media il 30% in meno. Certamente le motivazioni del fenomeno sono legate a fattori culturali e vanno ricercate in ambito sociale. Ma non è solo una questione di arretratezza mentale che privilegia il ragazzo, perché maschio, al momento del conferimento dell'incarico lavorativo, il problema sembra sorgere all'origine, al momento cioè della scelta dei percorsi formativi. Le ragazze, infatti, sembrano spinte da fattori ambientali e familiari a scegliere determinate facoltà in previsione di un lavoro – impiegatizio o dedito all'insegnamento - che favorisca la compatibilità fra lavoro e famiglia. L'immagine della ragazza rimane cioè proiettata e appiattita su quella di moglie e madre dunque anche la scelta del percorso di studi viene spesso orientata su questi criteri. Qualcuno ha giustamente parlato di "segregazione formativa", quella cioè che vuole, i ragazzi imboccare percorsi che portano a posti decisionali e di potere, mentre le ragazze a raggiungere una buona istruzione ma occupare posti subalterni tradizionalmente ritenuti "femminili". Il risultato sono facoltà, come Pedagogia, Lettere, Psicologia, Lingue, Conservazione dei Beni Culturali, che, frequentati per l'80-90% da ragazze, paiono essere i nuovi "ginecei". Queste facoltà sono le stesse che segnalano il tasso di occupazione più basso nei tre anni successivi alla laurea: in media solo metà dei laureati trova lavoro. Per i ragazze invece, orientati su facoltà come Ingegneria Gestionale, Ingegneria Elettronica, Informatica, Chimica Industriale o Scienze Statistiche, il lavoro è immediato e ben retribuito. Inutile dire che qualcosa va fatto per invertire questa tendenza e spingere il mondo femminile ad avvicinarsi ai settori tendenzialmente ritenuti più adatti agli uomini, come quello scientifico, tecnico e quello politico-decisionale; il luogo comune che vuole le donne buone per le lettere e gli uomini per la matematica e le posizioni di potere è solo un pregiudizio sociale che sfiora la discriminazione. Le ragazze vanno incoraggiate a scegliere percorsi formativi in ambito tecnico-scientifico anche attivando corsie preferenziali come le borse di studio, e allo stesso modo vanno incoraggiate ad avvicinarsi alla carriera politica facilitando il loro accesso alle liste elettorali. La società e le famiglie vanno educati ai valori delle pari opportunità anche in occasione della scelta del percorso formativo: non devono esistere mansioni prettamente maschili o femminili, l'indirizzo di studi deve essere preso in modo autonomo e consapevole, senza condizionamenti e pregiudizi. Solo evitando inutili "ghettizzazioni" e schematismi sociali possiamo contribuire alla costruzione di una società autenticamente moderna e democratica, dove donne e uomini vi contribuiscono in egual misura con le proprie peculiarità e specificità. La stessa situazione si riflette anche nel mondo politico. Gli Assessorati vengono spesso ripartiti secondo distinzioni di genere: agli uomini viene affidata la gestione del territorio, del bilancio, del finanze e dei lavori pubblici, alle donne i servizi sociali (dunque le politiche rivolte ad anziani e bambini), la formazione professionale e la Sanità. Si tratta purtroppo di un orientamento discriminatorio difficile da combattere perché radicato nella mentalità di una larga fetta della società.

Luisa Babini consigliere regionale Pri Emilia Romagna

nuvolarossa
07-12-04, 20:08
Catania: ciclo di conferenze su "Donne e potere" presso la sede della Federazione Provinciale Pri

Inaugurato presso la sede della Federazione Provinciale del Partito Repubblicano Italiano un ciclo di conferenze su "Donne e potere", la prima delle quali ha avuto per tema "Condoleeza Rice, dall’Alabama al Dipartimento di Stato".

Dopo i saluti dei padroni di casa - il segretario provinciale Francesco Zaccà e la responsabile per le Pari Opportunità Gloria Cutugno - il relatore, il politologo Carlo Lo Re, ha tratteggiato la figura del neosegretario di Stato americano Rice. Coloured e donna nel microcosmo razzista dell’Alabama degli anni Cinquanta e Sessanta, retto con ferocia dal tristemente noto governatore George Wallace, la Rice si è affermata nonostante tutto e tutti, con una volontà ed una determinazione granitiche.

Abbandonati gli studi di pianoforte per dedicarsi interamente a quelli di politica, la giovane figlia della middle class nera di Birmingham è divenuta rettore a Stanford ed è poi entrata nel consiglio d’amministrazione della multinazionale petrolifera Chevron-Texaco, prima del grande salto in politica con i due presidenti Bush.

Il cursus honorum della Rice - ha proseguito Lo Re - è la riprova che, anche nuotando controcorrente in un oceano di pregiudizi, nessun obiettivo è precluso a chi lo persegue con tenacia e professionalità. Nonostante i tanti ostacoli incontrati sul suo cammino, Condoleeza Rice è oggi sul tetto del mondo e già la si indica come uno dei probabili candidati repubblicani per il dopo Bush.

Giovedì 9 dicembre alle ore 17.00, presso la sede del Partito Repubblicano Italiano di via De Felice 14/e, a Catania, avrà luogo una conversazione con il politologo Carlo Lo Re sul tema "Donne e potere: Hillary Rodham Clinton, verso la prima donna alla Casa Bianca?".

nuvolarossa
21-02-05, 22:47
http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Enzo/LOGOFORUM03BIG.sized.gifhttp://xoomer.virgilio.it/francesco.rinaldi29/KAR_ITALIANE/Canti Popolari/Canto popolare-Sciuri sciuri.kar

Intervento della responsabile del Movimento femminile repubblicano/Un convegno romano che è stato dedicato al rapporto fra elezioni regionali e quote rosa

Donne in cammino per la democrazia compiuta

Il giorno 15 febbraio si è svolto a Roma un Convegno organizzato dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla Commissione Nazionale Pari Opportunità, alla presenza della Ministro per le Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo, dal titolo "Io voto donna: la sfida delle nuove Regioni e la rappresentanza femminile".

Alla tavola rotonda erano presenti parlamentari dei tutti gli schieramenti: Ermina Mazzoni (UDC) Vittoria Franco (DS) Francesca Martini (LEGA) M.Teresa Armosino (F.I. Sottosegretaria Ministero dell’Economia), chiamate a pronunciarsi sull’impegno delle donne e sulle azioni necessarie all’affermazione della presenza femminile nell’area dei partiti e della rappresentanza.

All’esame dell’incontro soprattutto le nuove disposizioni introdotte da alcuni Statuti Regionali e da alcune leggi elettorali regionali relative al recepimento del novellato art. 51 della Costituzione e del Titolo V sulla parità di accesso alle cariche elettive e alla parità di accesso ai ruoli apicali nelle istituzioni.

Solo alcune Regioni hanno a tutt’oggi rinnovato i loro Statuti, tra queste il Lazio, la Sicilia, la Toscana, la Puglia, l’Emilia Romagna; la Ministro Prestigiacomo ha comunque lanciato un forte appello a tutti i partiti politici affinché candidino nella prossima tornata elettorale una percentuale di donne pari a quella indicata dalla legge elettorale per le elezioni del Parlamento europeo, che ha fatto crescere in grande misura la presenza delle parlamentari italiane in Europa, ossia almeno il 30% della lista.

Tutte le parlamentari presenti hanno concordato sulla necessità di una più forte azione dei partiti e delle donne al loro interno, anche per preparare il terreno alle elezioni politiche del 2006, alle quali occorrerà prepararsi fin da subito con azioni di rivendicazioni legittime di spazi e di collegi per la rappresentanza femminile, finora troppo spesso relegata in ambiti residuali.

Tra gli Statuti quello della Regione Lazio, così come anche sottolineato dalla Consigliera Regionale del Lazio M.Annunziata Luna, Presidente della Commissione Attività Produttive, è certamente risultato molto avanti sulle posizione di genere.In alcuni tratti fondamentali infatti, ha espresso chiaro il proprio orientamento, frutto di tre anni di grande lavoro ed impegno di tutte le donne che lo hanno fortemente voluto, dalle Consigliere Regionali alla Consulta Regionale del Lazio, supportata dalla Commissione Nazionale per le Pari Opportunità presieduta da Marina Piazza che ha elaborato con il suo gruppo Rappresentanza molti degli emendamenti proposti, e che purtroppo non ha avuto il voto favorevole delle opposizioni di centro e di sinistra, che hanno preferito astenersi.

I punti più significativi del nuovo Statuto riguardano anzitutto il richiamo ai valori europei che sono per le donne sempre motivo di evoluzione, il rafforzamento del principio di uguaglianza, la rimozione di " ..ogni ostacolo che impedisca la piena parità delle donne e degli uomini nei vari settori di attività attraverso l’attivazione di azioni positive.Lo Statuto quindi garantisce le pari opportunità tra donne e uomini nell’esercizio delle funzioni regionali ed assicura l’equilibrio tra i sessi nelle nomine e designazioni di competenza degli organi regionali…(comma 6 art.6); stabilisce il diritto ad una degna soluzione abitativa alle fasce economicamente svantaggiate; incentiva lo sviluppo dell’attività sportiva per ciascun individuo; agevola e sostiene le iniziative e le attività di utilità sociale poste in essere da associazioni; con la legge elettorale inoltre "..promuove la parità di accesso tra uomini e donne alla carica di consigliere regionale, anche mediante azioni positive (art. 19 comma 2); garantisce nell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale una equilibrata presenza delle donne; dispone l’assegnazione di risorse aggiuntive ai gruppi consiliari in misura proporzionale alla presenza femminile nei gruppi stessi; nella composizione della Giunta dovrà essere assicurata un’equilibrata presenza dei due sessi, e comunque tale che il numero degli assessori appartenenti allo stesso sesso non sia superiore agli undici del massimo dei sedici previsti; attua, nell’ambito del proprio sistema organizzativo, azioni positive per garantire l’effettiva parità di opportunità tra donne e uomini.

Per quanto relativo alla legge elettorale della Regione Lazio è stata introdotta la norma che prevede che "…in ogni gruppo di liste nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati.."; .."la lista regionale è composta in modo che ci sia almeno un candidato residente per ciascuna delle province della Regione e che entrambi i sessi siano rappresentati in pari misura…". In caso di inadempienza nel primo caso saranno applicate sanzioni, nel secondo ci sarà l’inammissibilità della lista.

Grande soddisfazione è stata espressa dalla Consigliera Regionale della Sicilia Giuseppina Savarino che, seppure con una presenza femminile estremamente ridotta (3 consigliere donna in una assemblea regionale di 90 consiglieri) con una grande azione di mobilitazione con le donne dei partiti e le associazioni femminili sul territorio, hanno ottenuto l’introduzione di azioni positive e norme di garanzia nel nuovo Statuto della Regione Sicilia, per un futuro consolidamento della presenza femminile all’interno delle istituzioni. Al loro coraggio va tutto il nostro apprezzamento ed il ringraziamento per un risultato che incoraggia tutte le donne impegnate in questo inarrestabile cammino verso una democrazia compiuta.

Loredana Pesoli responsabile Mfr
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/PENNYLANE.mid

nuvolarossa
04-03-05, 13:21
« Mazzini, paladino delle donne »

Per una rilettura della figura umana, politica e storica di Giuseppe Mazzini il comitato di Parma della società Dante Alighieri, in collaborazione con il Centro Ignazio Silone e l'Associazione mazziniana italiana, ha voluto dedicare il primo incontro dell'anno al rapporto fra Giuditta Sidoli e questo importante protagonista del nostro Risorgimento. Dopo il saluto della presidentessa Liliana Chini Artusi, Francesco Quintavalla, presidente dell'Ami, ha voluto ribadire come Mazzini sia stato per troppi anni erroneamente proposto come una personalità fredda, ascetica, tutta volta alla triade Dio, Patria, Famiglia, contrariamente a quanto attestato dalle numerose fonti epistolari e dai pi ù recenti studi storiografici: « Mazzini - spiega - in realtà, fu uno dei costruttori delle idee democratiche in Europa, un rivoluzionario dotato di grande realismo e non un profeta o un sognatore. L'intuizione politica mazziniana consistette essenzialmente nella capacità di captare le speranze politiche della sua generazione, di rielaborarle nel contesto socio culturale della prima metà dell'Ottocento e di diffonderle nei ceti popolari con una didattica semplice e appassionata. Fu anche l'unico pensatore della sua epoca a riporre grande fiducia nelle donne e ad indicare la strada per la parificazione dei diritti fra esseri umani attraverso l'istruzione femminile » . Anna Ceruti Burgio, presidente del centro studi Ignazio Silone e relatrice della conferenza, ha approfondito il rapporto fra Giuditta Sidoli e Mazzini: « Fra le numerose donne frequentate da Mazzini, la Sidoli fu sicuramente la pi ù importante. Giuditta rappresentò per lui la donna angelo, idealizzata attraverso un perfetto sodalizio affettivo, spirituale e politico. Purtroppo a causa delle alterne vicende politiche i due amanti si trovarono ben presto separati ma la loro relazione continuò per via epistolare fino alla morte della Sidoli, avvenuta nel 1871, un anno prima di quella del Mazzini » . In conclusione Nicola Rossini, attore e pittore, ha letto alcune delle suddette lettere sottolineando, cosí, anche le doti di scrittore dell'uomo Mazzini. Raffaella Agresti

nuvolarossa
14-03-05, 23:15
In Consiglio Nazionale del PRI in rappresentanza MFR (Movimento Femminile Repubblicano):

PESOLI Loredana
MAGGIORE Giusy
VOGLIAZZI Patrizia

nuvolarossa
06-05-05, 18:55
Izzo e gli altri: la violenza come messaggio culturale

di Loredana Pesoli*

Delitto del Circeo: dai verbali delle indagini di quegli anni non si può non rilevare che i tre erano consacrati, dai fascisti estremisti, camerati, e che le frange più estreme di quelle deviate, tra loro, tendevano a minimizzare quanto avvenuto in quella villa sul mare. Non c'è stata neanche violenza carnale, che andate accusando?, scrivevano nei loro deliranti giornali. Il camerata dal nome celestiale (ironia della sorte!) andava giudicato per la sua militanza politica, scrivevano, "del resto non c'importa".

Perché si cerca oggi, a tragedia ripetuta, di rivisitare quegli anni, quegli ambienti e quel furore, quasi scusandoci dei giudizi di allora? Forse per darci un senso come di equidistanza e di ripensamento, ma perché? Non ci siamo sbagliati allora; non è vero che le cose allora fossero diverse da come erano, e tali devono restare nel ricordo e nella angoscia di ciascuno di noi, per ciò che è stato ai nostri occhi increduli e spaventati, e che oggi ripete il suo strazio.

Perché negare noi, oggi, verità che gli stessi protagonisti affermano? Erano quelli, in quegli anni e per quei personaggi, i "valori" che trasudavano dagli alti colli di camicia inamidati, dai maglioni neri con il collo alto e dagli occhiali scuri, dai grappoli di macchine scoperte parcheggiate nelle piazze di un quartiere, soprattutto uno, da dove si guardava al mondo con arroganza e disprezzo.

Lì si esibiva la violenza, del corpo e della mente, si accettava la brutalità quale indifferente espressione dell'individuo, si ospitava, proteggendola, la furia omicida, si teorizzava il crimine come mezzo di affermazione sociale, si accettava qualsiasi cosa servisse a pompare adrenalina in corpo, per non fare i conti con l'impotenza (di vario genere) e il fallimento, abilmente nascosti sotto il mantello nero-morte del tragico, grottesco, vagheggiato fantasma del SuperUomo.

Ci sarà pure un motivo, una somiglianza, una identificazione risolti, per quelli, nella scelta di una tappezzeria costellata di immagini di Hitler, nella ricerca di una rassomiglianza fisica e mentale con quegli anni e quegli eventi, o no?

Erano in quella piazza perché avevano la testa infarcita di delirio di onnipotenza fascista, e questo attecchiva nel terreno fertile del loro ritenersi invincibili e impunibili, come certificato dalla loro esperienza e dalla loro realtà; terreno fertile, che ha dato i suoi frutti.

Erano e restano, quelli del fascismo e del nazismo, a dispetto di qualunque revisionismo, brodi di coltura micidiali e totalizzanti che, versati in un humus favorevole, hanno effetti, assumono forme e sembianze diversi, ma il risultato è sempre lo stesso, mentre noi, distratti e lontani, indifferenti e pigri, rischiamo di accettare di sottrarci al giudizio perché tanto sono (ed erano) tutti criminali.

*responsabile Mfr

nuvolarossa
23-05-05, 19:36
Pari Opportunità: World Economic Forum assegna all'Italia il 45mo posto nel mondo e il penultimo in Europa

La classifica del World Economic Forum ha assegnato all'Italia il 45mo posto nel mondo ed il penultimo in Europa, in materia di Pari Opportunità fra uomini e donne; cosa ne pensano gli italiani e le italiane, per esempio in tema di "quote rosa"? Dal sondaggio APCOM-IPSOS emerge una forte insoddisfazione a conferma del dato e disaggregando poi per genere i risultati del test,come sempre occorrerebbe fare, rileviamo la diversa percezione tra uomini e donne. Sul quesito se sia o no giusto uno spazio paritario, pari al 50%, nelle liste elettorali il 68% delle donne è d'accordo, ma anche il 56% degli uomini, considerando la cosa positiva, perché consentirebbe alle donne di avere un ruolo politico che altrimenti faticherebbero a raggiungere. Il 35% degli uomini ed il 24% delle donne ne dà un giudizio negativo poiché tale scelta rischia di evidenziare la diversità tra uomini e donne. In generale sia gli uomini che le donne, al 75%, ritengono comunque che ci sia poco spazio in politica per le donne.

In campo lavorativo il 67% fra le donne intervistate e il 54% degli uomini dichiara che le pari opportunità stentano ad essere riconosciute. Il 33% delle donne e il 45% degli uomini pensano che la parità sia raggiunta; tra queste due fasce di intervistati il 34% delle donne ritiene che per combattere le disparità di genere le donne italiane debbano reclamare con più forza, come non hanno fatto in questi anni, perlomeno non con la stessa efficacia delle donne di altri Paesi.

I dati della ricerca sono disponibili sul sito www.apcom.it.

Loredana Pesoli responsabile MFR

nuvolarossa
08-06-05, 19:56
Roma: incontro dei quadri repubblicani sul referendum del 12/13 giugno/Presenti il sen. Del Pennino, il segretario regionale del Lazio Camerucci e Loredana Pesoli del Mfr

Un approfondimento che va oltre la propaganda

Protagonista incontrastata delle cronache dei nostri giorni, la campagna referendaria intorno ai temi della procreazione medicalmente assistita, ha coinvolto, nel pomeriggio di martedì scorso, le esponenti del Movimento femminile del Partito repubblicano italiano. In prima linea sin dagli esordi della discussione parlamentare della legge 40 del 2004, nonché promotrici del referendum abrogativo a fianco del Partito, hanno animato il dibattito la cui regia era affidata alla Segretaria del Movimento, l'instancabile Loredana Pesoli. Relatore "d'onore" al piccolo convegno, il senatore del Pennino particolarmente attivo nella formulazione degli emendamenti proposti per la legge in questione. Partecipe puntuale all'incontro anche il Segretario amministrativo del Partito, Giancarlo Camerucci, sempre attento alle esigenze del movimento femminile. La relazione - tanto misurata quanto circostanziata - dell'onorevole Del Pennino, ha messo in luce, al di là degli spot pubblicitari più o meno demagogici che hanno dominato la scena in questi ultimi tempi, le ragioni più equilibrate del voto referendario unitamente alle motivazioni del sì abrogativo. Queste ultime, ben oltre gli eccessi verbali ed iconografici che, dalle opposte fazioni, hanno caratterizzato talora il sostegno alle posizioni di adesione, di rigetto o di astensionismo, senza nulla chiarire in termini di essenzialità dei contenuti, hanno vestito i panni della ragione e, all'insegna dell'equilibrio, hanno spazzato via le ombre della così invocata "incomprensibilità" dei quesiti. In particolare, egli ha sottolineato il significato prioritario della battaglia sostenuta dal Partito in ordine alla salvaguardia di quella libertà di ricerca scientifica la cui dignità viene, in Italia, troppo spesso minacciata. Occorre coniugare le ragioni della scienza con la delicata tutela dei diritti inalienabili della madre e del nascituro nel pieno rispetto della libertà di scelta di ogni cittadino che norme restrittive non assicurano: questo, il sostanziale messaggio rivolto agli elettori, questo il senso ultimo del referendum. Il senatore ha poi riportato le dichiarazioni del Presidente del Senato circa le modifiche abrogative definite "affrettate ed incomplete" in palese contraddizione con la passata legislatura che aveva visto l'onorevole Pera sostenitore di emendamenti rispecchianti pressoché fedelmente gli attuali quesiti. Contraddittoria anche la proposta -fortemente sostenuta dai fautori della legge in vigore- di adozione degli embrioni crioconservati (poco meno di trentamila e destinati comunque alla perdita di vitalità) come alternativa alla donazione alla ricerca: gli stessi si schierano contro la fecondazione eterologa. E fondamentalmente contraddittoria, ancora, la difesa intransigente dell'embrione, che arriva a negare l'accesso a vere e proprie conquiste della medicina -quale la diagnosi preimpianto- o che delinea concreti profili di incompatibilità giuridica con la legge 194 sull'aborto. Impossibile non scorgere, a tal proposito, quegli aspetti di minaccia di una revisione riduttiva che la non affermazione del sì implica non solo a carico della legge 40 quanto, più gravemente, della stessa legge sull'aborto e che equivarrebbe a riportare indietro l'orologio del progresso e della democrazia nel nostro paese. Infine, Loredana Pesoli ha offerto alla platea un interessante spunto di riflessione rammentando, con ben riposto orgoglio, un frammento di "storia repubblicana": già negli anni settanta, il nostro Partito aveva predisposto una bozza di legge con la quale richiedeva che la Procreazione medicalmente assistita (allora si parlava più essenzialmente di fecondazione o inseminazione artificiale) potesse essere praticata a donne maggiorenni coniugate o nubili che fossero, anticipando di almeno trenta anni le problematiche odierne. Pochi, d'altro canto, hanno posto l'accento -nelle infinite diatribe di queste settimane- sui rischi e le sofferenze non sottovalutabili che le donne affrontano con il ricorso alla Pma; né sulla grande percentuale di insuccessi o il costo oneroso che queste tecniche comportano; né sulla inevitabile ripetitività dei tentativi accompagnata alle altrettanto inevitabili lunghe attese presso le strutture pubbliche. Un iter già doloroso e complicato: basterebbe. Vogliamo, forse, divenire "sterili per legge"?

v. r.

nuvolarossa
13-10-05, 21:15
Quote rosa: dichiarazione della responsabile Mfr Loredana Pesoli

Nel dibattito a Montecitorio sulla legge elettorale e sulle proposte per le "quote rosa", volte a garantire la presenza delle donne nelle liste elettorali, si è realizzata di fatto un connubio tra i due schieramenti di maggioranza e di opposizione. La presenza "dell'altra metà del cielo" nelle liste elettorale per regioni, province e comuni aveva già creato un contenzioso che era stato superato soltanto dopo l'intervento della Corte costituzionale. Il voto di ieri alla Camera, è stato commentato dall'amica Loredana Pesoli che ha anche partecipato quale responsabile del Mfr ad una conferenza stampa con i parlamentari di entrambi gli schieramenti, tenuta a Montecitorio.

Secondo la Pesoli, "molti certamente ricordano il trio televisivo arboriano, che sculettando e ammiccando, strappava un sorriso a tutti noi, per la capacità di porre con garbo e simpatia una realtà, quella omosex, ancora un po' avvolta nel mistero e nel peccato. Magari avessero avuto altrettanto gusto (almeno quello….) i deputati che ieri si sono abbracciati, "paccati" e congratulati al termine della votazione a dito pollice verso, contro la partecipazione democratica delle donne alla competizione elettorale. E' invece risultata una scena patetica, che certifica una sconfitta storica altro che una vittoria politica, e offre l'immagine più squallida e bieca di una monosessualità sociale, maggioritaria nel Parlamento italiano, che persegue l'esclusione, nella cittadella fortificata della politica, della maggioranza del paese, e che ripete, con ossessione patologica, destinata comunque alla sconfitta nel tempo, un "fatti più in là" dialetticamente violento oltreché patetico e anacronista".

Loredana Pesoli responsabile Mfr

nuvolarossa
14-10-05, 13:26
http://www.opinione.it/vignette/2005_232_B.jpg

nuvolarossa
14-10-05, 20:50
Rappresentanza femminile/Dubbi di incostituzionalità nella nuova legge della Camera

Se lo scontro è fra chi ha il potere e chi ne è privo

di Loredana Pesoli*

Nonostante il burka sul voto, il re è nudo. Quanto avvenuto alla Camera dei Deputati era nell'aria; grande batosta per le donne che confidavano nel centrodestra, su accordi al ribasso ma sicuri, perché "a noi gli uomini ci vogliono bene, portiamo i tacchi a spillo, e non siamo femministe". Errore, tacchi a spillo o mocassini, poco cambia, perché lo scontro è tra chi il potere ce l'ha e chi non ce l'ha, terreno storicamente sfavorevole alle donne.

Cosa fare per stabilire un accordo con chi occupa al 90% i luoghi del governo della cosa pubblica e ne determina, per legge, le modalità di accesso? Questo si sono chieste le donne in questi anni. Un contesto nel quale tali modalità sono appannaggio dei partiti politici, che determinano ambiti, presenze, candidature, spesso in forma ripartitoria. E quando i loro uomini (tanti) e le loro donne (pochissime) sono designati nelle istituzioni, nei governi, nelle amministrazioni, quale è il criterio che sottende alle presenze? La percentuale di rappresentanza, la forza numerica relativa, il potere contrattuale delle parti, insomma la quota. Le donne allora ritennero che il meccanismo più idoneo per entrare in comunicazione con questo mondo di troppi uomini, fosse quello, lì teorizzato e praticato, di quote, ripartizioni, accordi sui numeri, nella prospettiva di una futura e più giusta presenza paritaria.

Le quote insomma altro non sarebbero che il risultato di una trattativa per correggere una situazione sbilanciata a favore di uno solo dei sessi, lesiva della partecipazione democratica e della rappresentanza reale del paese. Una trattativa, in condizione di pari dignità, per occuparsi insieme della cosa pubblica, nella direzione di una democrazia compiuta, che ha funzionato in molti sistemi democratici.

E invece apriti cielo, le quote (se rosa) da noi diventano un insulto, la vergogna del genere femminile, fino alla bocciatura alla Camera del minimale emendamento alla legge elettorale con le liste bloccate e il successivo ritiro dallo stesso dai lavori del Senato, affinché "si eviti un altro bagno di sangue" - pare abbia mormorato una autorevole esponente della CdL. Insomma, a grande maggioranza, quel 90% ha decretato che il Parlamento è mio e lo gestisco io.

Se un percorso a tappe non è più prevedibile, allora da oggi le donne sosterranno con forza la loro legittima aspirazione al ruolo che proprio nella presenza istituzionale e nella candidatura alla gestione della cosa pubblica deve essere rivendicato in termini imprescindibilmente paritari; l'opportunità e la presenza non possono che essere uguali, perché così recita la Costituzione Italiana, agli artt. 3/51/117 - e la Costituzione Europea.

La percentuale di presenza femminile in Parlamento è attestata ad uno scarso 11%. Ad ogni obiettivo raggiunto, ci si opponevano altre richieste; abbiamo lottato e lavorato ancora, e non per sentirci dire da un Presidente - riparatore: "a voi ci penso io, state tranquille". La di-screzionalità del singolo è la negazione dello stato di diritto. E' pronto un appello per il Presidente Ciampi, presto sarà sui tavoli nelle piazze, per chiedere che non si firmi una legge elettorale in contrasto con la Costituzione Italiana.

Uno studio sul voto in Gran Bretagna ha evidenziato che in un sistema stabile il voto è condizionato dalla performance di media e lunga durata dei partiti politici, mentre in sistemi in movimento i migliori risultati li ottengono nuovi partiti che si presentino in campagna elettorale. Temo che la stangata inferta in questo caso in modo irresponsabile, volgare e violento alle nostre istituzioni ed all'immagine dei partiti politici tradizionali, vedrà la nascita di partiti a leadership e composizione maggioritaria femminile che si porteranno a casa un sacco di voti, segreti, nei quali le donne, e anche tanti uomini, restituiranno quel voto segreto ai loro ex parlamentari.

*responsabile Mfr

nuvolarossa
19-10-05, 14:38
I manifesti Ds condannano la “destra contro le donne” senza parlare del loro voto di massa nel segreto dell’urna

di Ferruccio Formentini

I diesse tappezzano il paese con un manifesto che recita: ”La destra ancora una volta è contro le donne. Vergogna”. Giusta la rampogna ma sbagliato il predicatore. Che un po’ più della metà dei deputati della CdL abbiano realizzato un “capolavoro di stupidità”, per dirla come Fini, nel votare contro le “quote rosa”, è fuori discussione. Ma che dire di quelli dell’Unione che hanno colto l’occasione del segreto dell’urna per affossare in massa la legge in questione? Vergogna? Ci sembra un po’poco. E’ un fatto, mentre hanno contribuito con la totalità o quasi dei loro voti a tenere fuori dal parlamento più donne possibile, sarà un’impressione, sembrano invece preferire i candidati gay. Nulla di male, basta però essere chiari. Eppoi tirato il sasso, non si nasconde la mano, come fanno i bambini, dando la colpa ai “macho” del centro destra.

nuvolarossa
10-11-05, 13:04
Mazzini e la Questione Femminile

“Giuseppe Mazzini e la questione Femminile”

e' il titolo di un Convegno di Studi organizzato a Roma il 10 Novembre. Verranno presentate relazioni a partire dalle ore 9.30, presso la sala convegni del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, Lungotevere de' Cenci,8. Il Convegno e' stato curato dall'A.M.I.

nuvolarossa
23-11-05, 21:04
Le mani sulla legge 194/Qualcuno vuole rendere ancor più difficile l'esistenza delle donne
I consultori? Pensiamo piuttosto a renderli decorosi

di Loredana Pesoli*

E' dall'inizio della legislatura che diversi esponenti della maggioranza si interessano alla legge 194, (naturalmente con l'intento di migliorarla…) ma sempre con una ambiguità di fondo, con la tattica del lancio del sasso e il repentino ritiro della mano, aizzando conflitti, parlando e straparlando, soprattutto gli uomini, col solo risultato di inasprire le posizioni, acuire i conflitti senza migliorare un bel niente. E intanto consultori, medici, donne, adolescenti, madri e padri, intere famiglie, tutti, abortisti e antiaboristi, sono scontenti, per servizi insufficienti, strutture inadeguate, personale carente, scarsezza di fondi, assenza di politiche a sostegno della maternità e della conciliazione vita/lavoro. Ora, poi, a confusione si aggiunge confusione. E, prima di mettere "volenterosi" di qualsiasi genere in certi fatiscenti consultori, non sarebbe il caso di renderli decenti e dotarli di personale e attrezzature necessarie?

Intanto, in questa gara a chi è più paladino delle donne, tra chi dà numeri sulla crescita del pil e chi quel pil lo deve produrre dentro e fuori casa, si sta concretizzando, inesorabile e dirompente, un nuovo, grande movimento delle donne che, all'affannarsi di uomini politici, tutti pervasi dall'ansia difendere la loro salute e il loro corpo (delle donne), contrappone determinazione e serietà per un cambiamento reale della politica. L'attacco alla 194, perché di questo si tratta, sta ricompattando una forza trasversale che unisce le donne, in un comune atteggiamento di riserva nei confronti di certi politici e di certi opinionisti neo-teo-con, che sono molto occupati, con questi giochi di prestigio tematici, a far distogliere lo sguardo da problemi molto seri legati alla vita quotidiana, emergenziali per milioni di persone.

L'ostinazione con la quale certi personaggi si accaniscono a rendere ancora più difficile la vita delle donne che affrontano scelte personali, spesso con vincoli dettati dall'emarginazione, dalla povertà, dalla violenza, dalla disoccupazione (guardare i dati), colpevolizzandole - invece di occuparsi di risolvere i drammi che stanno alla base di queste scelte - si risolve in un atteggiamento dissonante, immotivato, cattivo e classista. Farebbero molto meglio ad occuparsi seriamente di rimuovere le cause che sono alla base di tali dolorose scelte. Non vogliono aiutare le donne, evidentemente, ma perseguirne la demonizzazione, nel tentativo di scaricare dalle proprie spalle il peso di essere, sul tema, una classe politica e dirigente che si dimostra inadeguata, impreparata, inadempiente e disattenta, e provvede a lavare la propria coscienza con eserciti della salvezza in salsa nazionalpopolare, da somministrare nei consultori come l'aspirina.

Sono convinta che le donne non permetteranno un tale inganno, così come non dovranno permettere ai furbi di far cadere il disegno di legge del Governo sulle cosiddette quote rosa, rocambolesco tentativo di recupero in "zona Cesarini" che, seppure bruttino e malconcio, potrebbe consentire il raddoppio della presenza femminile in Parlamento (dal 10% al 20%: non ci basta - ma si faccia) già dalla prossima legislatura. Banco di prova per centrodestra e centrosinistra dunque; il ministro Prestigiacomo si dia una mossa per presentarlo in Parlamento. E poi vediamo se le intenzioni del centrodestra sono vere e se il centrosinistra sa dire solo no.

Intanto continua la raccolta delle firme per l'appello al Presidente Ciampi sulla incostituzionalità della legge elettorale che non rispetta l'art. 51 della Costituzione.

* responsabile Mfr

nuvolarossa
26-11-05, 21:48
Aborto/Del Pennino: si vuole trasformare legge in un calvario

''Nel dibattito apertosi in questi giorni sull'applicazione della legge 194, ci sembra difficile non rilevare il carattere pretestuoso e strumentale di alcune delle proposte avanzate''. Lo scrive in un articolo sulla 'Voce repubblicana' il senatore Antonio Del Pennino, che e' stato relatore di maggioranza nel 1978 alla legge 194 sull'aborto. La legge attuale, ricorda Del Pennino, prevede che i consultori possano avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base. ''Ora - prosegue l'esponente repubblicano - il volere imporre la scelta di una specifica organizzazione di volontariato ideologicamente qualificata a chi ha la responsabilita' della gestione dei consultori, appare una forzatura e una prova di sfiducia nei confronti degli attuali operatori che verrebbero inevitabilmente demotivati''. ''Il compito di informare la donna che intende interrompere la gravidanza per aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero a scegliere l'aborto, informandola dei diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui puo' fare ricorso, e' previsto dalla 194 come comune ai consultori, alle strutture socio-sanitarie e al medico di fiducia - sottolinea Del Pennino - quando nella stesura della legge prevedemmo tre tipi di interlocutori per le donne che intendevano interrompere la gravidanza, ed in particolare, superando molte resistenze, la figura del medico di fiducia, lo facemmo partendo da due ordini di considerazioni. Da un lato, l'inadeguata diffusione della rete di consultori sul territorio nazionale; dall'altro, il fatto che alla donna che gia' si trovava in uno stato di difficolta' e di turbamento sarebbe stato piu' semplice rivolgersi a un medico di fiducia che non a una struttura socio-sanitaria con le inevitabili complicazioni burocratiche''. ''Oggi - prosegue Del Pennino - con la motivazione di potenziare l'attivita' dei consultori per prevenire l'aborto, si intendono creare le premesse per un ridimensionamento del ruolo del medico di fiducia. Questa procedura rischierebbe di allontanare la donna anche dal contatto con il medico di fiducia e favorirebbe la ricaduta nella piaga dell'aborto clandestino. Ammesso che non sia invece il grimaldello per arrivare ad una modifica della legge che elimini addirittura il ruolo del medico di fiducia''. ''Un conto - rimarca il senatore del Pri - e' impostare una politica di potenziamento dei consultori per metterli in condizione di svolgere piu' adeguatamente le loro funzioni di prevenzione e di assistenza. Altro, come sembra delinearsi dalle proposte avanzate in questi giorni, e' pensare di fare dei consultori lo strumento per trasformare il percorso che la donna deve compiere per giungere ad una decisione in un vero e proprio calvario''.

Roma, 25 novembre 2005 (Asca)

nuvolarossa
02-11-06, 19:54
Reggio Calabria: costituito il Movimento Femminile del Pri

Si è costituito a Reggio Calabria il Movimento Femminile (MFR) del Partito Repubblicano Italiano. Il MFR si propone di promuovere attività di formazione politica e culturale, workshops, seminari, convegni, incontri informali con professionisti al fine di contribuire al dibattito sulle tematiche sociali contemporanee e di favorire iniziative dedicate allo sviluppo socio-culturale della provincia di Reggio Calabria.

Già sono state organizzate le prime riunioni nelle quali, alla presenza del Vicesindaco Giovanni Rizzica, sono stati affrontati i tempi dell'impegno del PRI nella città di Reggio Calabria e della riforma finanziaria in discussione al Parlamento.

Il MFR ha avuto impulso e sostegno dal segretario nazionale del PRI, On. Francesco Nucara, al quale il movimento riconosce grande determinazione nell'azione politica a favore dello sviluppo della provincia reggina. La riqualificazione ambientale, il problema della qualità e della quantità dell'acqua, la modernizzazione delle infrastrutture nel Paese sono temi da sempre cari al PRI. Su tali tempi il MFR porterà il suo contributo.

Gli incontri si svolgono il primo e il terzo lunedì di ogni mese alle 19,00 nella sede del PRI in Via Vollaro a Reggio Calabria. Si invitano alla partecipazione iscritte e simpatizzanti del Partito Repubblicano Italiano.

Nel prossimo incontro, lunedì 13 novembre 2006, si terrà un dibattito sul tema religioso, di grande attualità, alla presenza di esperti di storia delle religioni.

Maria Giovanna Iannizzi, Mfr Reggio Calabria

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
03-11-06, 19:38
Il Movimento femminile repubblicano si riunisce due lunedì al mese nella sede del Pri
Anche a Reggio si costituisce il Mfr

Si è' costituito nei giornis corsi a Reggio Calabria il movimento femminile (Mfr) del Partito repubblicano italiano.
Il Mfr si propone di promuovere attività di formazione politica e culturale, workshop, seminari, convegni, incontri informali con professionisti al fine di contribuire al dibattito sulle tematiche sociali contemporanee e di favorire iniziative destinate allo sviluppo socio-culturale della provincia di Reggio Calabria.
Già sono state organizzate le prime riunioni nelle quali, alla presenza del vice sindaco, Giovanni Rizzica, sono stati affrontati i temi dell'impegno del Pri nella città di Reggio Calabria e della riforma Finanziaria in discussione in Parlamento.
Il Mfr ha avuto impulso e sostegno dal segretario nazionale del Pri Francesco Nucara, al quale il movimento riconosce grande determinazione nell'azione politica a favore dello sviluppo della provincia reggina.
La riqualificazione ambientale, il problema della qualità e della quantità dell'acqua, la modernizzazione delle infrastrutture nel paese sono da sempre care al Pri.
Su tali temi il Mfr porterà il suo contributo. Gli incontri si svolgono il primo e il terzo lunedì di ogni mese alle 19,00 nella sede del Pri in Via Vollaro a Reggio Calabria.
Nel prossimo incontro, che si svolgerà lunedì 13 novembre, si terrà il dibattito sul tema religioso di grande attualità alla presenza di esperti di storia delle religioni.

tratto da http://www.ilquotidianocalabria.it/

Anita
04-11-06, 10:19
Ottima cosa
:-00002

nuvolarossa
06-03-07, 18:45
"8 marzo: festa della donna?"

Le origini della festa dell'8 Marzo risalgono al lontano 1908. La storia è nota a tutti: pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie di un' industria tessile scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. L'8 marzo venne appiccato il fuoco allo stabilimento e le 129 operaie morirono tra le fiamme, imprigionate all'interno dal proprietario Mr. Johnson che bloccò tutte le porte della fabbrica per impedirne l'uscita. Con il passare del tempo, questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale a favore delle donne da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia.
Le manifestazioni, che vedevano protagoniste rivendicazioni femminili, si moltiplicarono in tutto il mondo e da allora la data dell'8 marzo, oltre ad assumere importanza a livello planetario, divennero simbolo di riscatto per le oppressioni subite nel corso dei secoli.
L'8 marzo, però, nel corso dei decenni ha perso il suo vero significato, infatti la celebrazione della festa ha tralasciato i veri valori sui quali é fondata. I problemi che, ancora oggi, pesano sulla condizione della donna vengono messi in secondo piano dalle vendite industriali di mazzi di mimose (simbolo della giornata) e dalle feste (per alcuni "imperdibili") organizzate in disco, pub, ecc., all'insegna della trasgressione e dello spettacolo.
Ognuno è libero di festeggiare come crede, ma la festa associata al consumismo "comandato" e "ipocrita" appare davvero insopportabile.
Prevale così, a mio avviso, l'idea che questa ricorrenza non venga sfruttata come un'occasione per incentivare il dibattito e sensibilizzare l'opinione pubblica sulla condizione femminile ma, al contrario, che rimanga un giorno come un altro, dimenticato dopo l'euforia della semplice festa. Approfittare di questa giornata per concedersi una serata diversa, sminuisce le manifestazioni e le mobilitazioni che hanno dato in ambito politico, artistico e culturale un alto e indimenticabile contributo femminile.

Nessuno ricorda che, in teoria, questo dovrebbe essere un giorno per riflettere sulla condizione femminile e per organizzare lotte che migliorino le condizioni di vita della donna. In pratica, invece, il rispetto e la sensibilizzazione che l'8 marzo dovrebbe destare, viene smentito bruscamente dai dati Istat che ci informano riguardo i peggiori casi di violenza sulle donne, da quella sessuale a quella psicologica: strupro, intimidazione, emarginazione, umiliazione e cosi dicendo.

Da diverse ricerche emerge che in tutti paesi del mondo esiste la violenza alle donne esercitata soprattutto nell'ambito domestico, tra cui il maltrattamento, lo stupro nel matrimonio, che fino poco tempo fa era considerato in molti paesi un reato di gravità minore, come delitto d'onore. Le donne sono esposte nei luoghi pubblici e sul posto di lavoro a molestie sessuali e a ricatti sessuali, in molti paesi le ragazze giovani sono vittime di matrimoni combinati e vengono indotte alla prostituzione e al traffico sessuale. In alcuni paesi, come in India e in Cina esiste il fenomeno dell'aborto selettivo e le donne vengono indotte a partorire solo figli maschi, perché più riconosciuti e accettati socialmente. In molti paesi africani, esiste tuttora il fenomeno delle mutilazioni sessuali. In primo luogo le bambine e ragazze adolescenti sono esposte all' incesto e alle molestie sessuali.

Il problema maggiormente diffuso, anche nei paesi industrializzati, è che le donne spesso non denunciano né le violenze sessuali né quelle fisiche, per terrore, paura di essere giudicate e vergogna: questo, forse, per il semplice fatto che non si sentano protette da una società che dovrebbe tutelarle.

Inoltre, dopo grandi traguardi raggiunti, come il diritto di voto e leggi a sostegno delle donne lavoratrici, il livello delle pari opportunità é sicuramente migliorato e soddisfacente ma le differenze di sesso appaiono, ancora oggi, significative. Alcune attività sono ritenute esclusivamente femminili: mantenimento e cura dei figli ad esempio, che qualche volta creano ripercussioni nell'ambito lavorativo.

Infine, vorrei segnalare un fenomeno magari meno importante in confronto ai problemi citati sopra, ma in netta crescita. Inizia a delinearsi una mentalità sempre più diffusa che identifica l'immagine femminile come blanda "esibizione" di corpi (soprattutto nella nostra televisione). Nulla da dire sulla bellezza femminile, purchè venga esibita con garbo ed intelligenza evitando una sorta di intrattenimento superficiale, privo di significato, che incentiva un'idea maschilista riguardo la serierà della nostra immagine. Riconquistiamo il valore più bello e profondo che una donna può esprimere già dalle piccole cose, senza bisogno di "feste programmate".

di Carmen Attisano
tratto da http://www.fgr-italia.it/

nuvolarossa
08-03-07, 13:21
8 Marzo - Festa delle Donne
La FGR con le studentesse di Forlì e Cesena

In occasione della Festa delle Donne, la rinata Federazione Giovanile Repubblicana regalerà, all’uscita di alcune scuole superiori della provincia, mazzi di mimose alle studentesse.
Questo piccolo gesto vuole anzitutto essere una testimonianza di affetto nei confronti delle ragazze. Ancora oggi infatti sussistono, in Italia e nel resto del mondo, situazioni di gravissima discriminazione, indegne di uno Stato civile.

http://www.profumoterapia.it/images/foto_grandi/mimosa.jpg

Differenze negli stipendi, difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria, leggi che ancora reputano la donna un mero guardiano del focolare, e non un cittadino attivo a tutti gli effetti: vogliamo combattere contro queste vergognose rimanenze di un passato maschilista, misogino. Per troppo tempo stereotipi bigotti, pigli dell’integralismo religioso e del machismo politico, sono perdurati nel nostro Paese. Noi, nel nostro piccolo, ci battiamo affinché tutto questo venga cancellato.
Inoltre, quest’iniziativa vuole essere una dimostrazione del fatto che, in Romagna, è rinata un’associazione giovanile dall’orgoglioso passato, che mira ad avvicinare i ragazzi alla politica. Libertà di espressione e di pensiero, valorizzazione di qualsiasi idea, fiducia nelle idee democratiche e liberali, rispetto per le altre opinioni, sono le nostre parole d’ordine. Siamo convinti del nostro valore e della nostra intraprendenza, ed il dibattito politico locale, con noi, non potrà che arrichirsi.

8 marzo 2007 - tratto da http://www.fgr-fc.it/Home.htm

nuvolarossa
08-03-07, 19:24
8 Marzo - Festa delle Donne
"Più mimose per tutte..."


http://www.fgr-fc.it/immagini%20caricate/home/anna_politkovskaja2.jpg

Grande successo odierno per la distribuzione alle studentesse di Cesena e Forlì di 1500 piccoli mazzi di mimose, da parte della Federazione Giovanile Repubblicana (F.G.R.) Romagna, che ha così voluto sottolineare il proprio impegno politico nelle tematiche legate alla "parità di genere". Un tema che non si consideriamo superato, ma che deve essere onorato per sollevare ancora le questioni più rilevanti, nelle quali le donne sono ancora vittime di discriminazioni: sul lavoro, nelle politiche familiari, nella tutela giuridica in caso di violenza sessuale, nell'accesso ai contraccettivi, nella fecondazione assistita, nella presenza nelle istituzioni, e purtroppo tanto altro ancora ...

http://www.fgr-fc.it/immagini%20caricate/home/P1010172_bis.jpg

8 marzo 2007 - tratto da http://www.fgr-fc.it/Home.htm

Anita
14-03-07, 14:23
E' stata un'iniziativa veramente simpatica !
Complimenti agli amici forlivesi che l'hanno ideata.

nuvolarossa
07-01-08, 15:19
Il senso delle pari opportunità: il precariato femminile

di Maria Benedetta Errigo

Pubblichiamo il pensiero dell’amica Maria Benedetta Errigo.
Pur comprendendo le ansie che l’instabilità lavorativa può causare ad un giovane, soprattutto se donna, sottolineiamo tuttavia che la flessibilità non è un male in sé. Piuttosto occorre, nell’affrontare il delicato problema del mercato del lavoro, pensare a risolverne i veri problemi che non sono quelli emotivi individuali ma riguardano più in generale l’intero settore del welfare.
Difficilmente risolveremo i problemi del precariato e daremo risposta ai timori e allo sconforto di un’intera generazione senza affrontare una riforma seria che sappia comunque inserirsi nel solco tracciato dall’importantissima legge Biagi: occorre affrontare i problemi della inclusione nel mondo del lavoro esaminando le problematiche relative alla produttività del lavoro; occorre differenziare quanto accade nel settore privato rispetto al settore pubblico, (vigono, infatti, logiche del tutto diverse e spesso opposte, eppure il settore pubblico ha ampiamente utilizzato - in molti casi, abusato - forme contrattuali a tempo determinato come i co.co.co. o i co.co.pro.); occorre mettere mano ad una serie di istituti in grado di essere veri ammortizzatori sociali utili a reinserire nel circuito lavorativo, attraverso programmi di riqualificazione o di aggiornamento, coloro che ne sono usciti e non a “mantenerli” in maniera assistenziale, improduttiva o inefficiente; inoltre, occorre affrontare con decisione, e soprattutto coraggio, senza rinvii, il delicatissimo tema pensionistico, di certo non nel senso con cui lo ha fatto il Governo Prodi.

Vista la recente riforma del numero dei Ministeri, mi auguro davvero che il prossimo Governo faccia sparire quello delle pari opportunità. Ma spero che spariscano anche gli assessorati, i consigli di pari opportunità e quanto altro.
Quanto meno, almeno fino a che non vengano prese davvero in considerazione delle politiche reali di pari opportunità, che ora come ora non ci sono. Con buona pace della senatrice Lina Merlin, lei sì reale antesignana del ruolo paritario delle donne in politica, firmataria della Costituzione nella quale, a forza, fece inserire nell’articolo 3 le parole “senza distinzione di sesso”.

Chissà come avrebbe reagito davanti, per esempio, al problema del precariato femminile, che si inserisce nel più grande problema della flessibilità lavorativa per tutti i giovani. Intanto, chiariamo che il precariato non significa essere disoccupati, ma lavorare senza avere un posto fisso. I giovani, a partire dai trentenni, stanno soffrendo di questa flessibilità lavorativa esasperata, e sono soprattutto le donne a risentirne. Perciò, se sei giovane e donna non hai scampo: preparati a non avere mai un impiego stabile, ma solo tanti contratti a tempo determinato.
Le più recenti fonti Istat sottolineano che negli ultimi tempi sono più le donne che gli uomini impiegate nel precariato: un milione e 408mila donne rispetto a un milione e 327mila uomini. Tra l’altro è bene ricordare che le attività tradizionalmente prerogative delle donne riguardano i servizi alla persona, le pulizie e l’istruzione, dove i livelli retributivi sono solitamente i minimi previsti dalla legge. In linea di massima, si calcola che una donna percepisca il 30 per cento di salario in meno rispetto a un uomo parigrado.
E tu, donna: non azzardarti nemmeno a pensare di arrivare a cariche dirigenziali! Su, presto: in cucina coi bambini!
Già, a proposito: i figli. Fare figli in questo caso diventa un azzardo, o nel migliore dei casi un lusso che non ci si può permettere. Tante sono le donne che rimandano la maternità aspettando di firmare un contratto a tempo indeterminato. Maternità che comunque ancora oggi viene vista come arma a doppio taglio durante i colloqui di lavoro, visto che il datore di lavoro pensa alla potenziale lavoratrice che dovrà rimanere a casa in maternità. Comunque pagata. Dunque meglio prendere un uomo, no? E intanto la donna aspetta. Aspetta e spera, mia cara. Oppure riprova a fare presente la tua situazione di lavoratrice precaria ai prossimi uomini che, ci scommetto, siederanno ai posti più alti della piramide del potere.

Maria Benedetta Errigo - Sezione P.R.I. - Roma Repubblicana - Roma

tratto da http://www.fgr-italia.it/index.php?option=com_content&task=view&id=260&Itemid=1