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Visualizza Versione Completa : stop marocco , la rabbia e l'odio cresce in noi



swaption
31-05-02, 21:38
Drammatico E Straziante Sfogo Di Una Ragazza Vicentina.....
/ Dal Vicentino, la drammatica storia di un giovane travolto
dall'auto di un extracomunitario malavitoso senza patente
"Quel marocchino resterà impunito
dopo aver ucciso il mio amato"
Egregio direttore, mi permetto con questa lettera di pormi alla sua attenzione, sebbene capisco che per lei questi giorni siano sicuramente pieni di impegni spero con tutto il cuore che lei trovi un attimo di tempo per leggere queste mie righe che scrivo con il cuore. Mi chiamo Franca Zarantonello, sono residente a Trissino in provincia di Vicenza e lavoro a Recoaro Terme come estetista, ho da poco acquistato con tanti sacrifici un locale e lavoro in proprio; il mio fidanzato lavorava come operaio in una ditta metalmeccanica e alla sera per quattro anni è andato a scuola per avere un diploma di perito meccanico, come molti nelle nostre vallate del Veneto. Con il sogno nel cassetto di andare avanti, di migliorare a volte sacrifichiamo anche gli anni migliori... Poi la mattina del 1° maggio mentre mi stava venendo a prendere, un immigrato marocchino ubriaco fradicio, senza patente, ha invaso a velocità folle la sua corsia sfracellandolo. Ci sono volute due squadre dei vigili del fuoco per estrarlo dalle lamiere contorte; il mio compagno, Fabio, di 28 anni, ha vissuto una settimana in coma profondo, nel suo corpo martoriato solo il cuore batteva ancora di sua volontà, io e i suoi genitori gli abbiamo tenuto le mani sul suo flebile cuore finché il 7 maggio 2002 dopo una sofferta agonia ha cessato di battere. La disperazione, la pena ci dilania giorno dopo giorno. Quello che le ho raccontato con fatica in questa lettera, lo voglio collegare in qualche maniera alla situazione attuale in Italia riguardo l’immigrazione sfrenata senza regole né rispetto verso il paese che ospita questa gente. Purtroppo gran parte si dedica alla delinquenza, trova nel nostro paese terra fertile, rovinando intere famiglie. Non le sto parlando solo del mio caso, ma sono storie di tutti i giorni quello che combinano qui da noi nelle strade, nelle fabbriche, nelle case. Il marocchino che ha ucciso il mio amato fa parte di un gruppo di extracomunitari nullafacenti dediti alla malavita, di cui la gente della nostra zona ha paura; uno di questi acquista le vetture usate e le presta ai suoi connazionali (uno di loro con una di queste vetture ha ucciso il mio fidanzato): quattro di queste sono nel parcheggio rottami-incidenti dell’Aci di Cornedo Vicentino assieme ora a quella del mio ragazzo. E pure c’è la beffa che non è in arresto e in tribunale, quando ci sarà il processo, potrà patteggiare la pena e tornare libero subito come se non fosse successo nulla (ma è omicidio!!!). Se lo facciamo noi italiani, questo, ci levano anche il pane di bocca (!), ma a loro no, perché tanto non hanno niente da perdere di proprio e «cosa ci vuoi fare?»: così ci dicono le autorità; tornano liberi di fare quello che fanno sempre, sono tutelati più di noi! È giustizia, questa? Non sono razzista, penso che se una persona viene qui da un altro paese per sfamarsi, se ha buona volontà e voglia di lavorare, senz’altro troverà ospitalità, lavoro e rispetto specialmente nelle nostre industriose zone. Anche noi nel Veneto abbiamo avuto molti emigranti ma mi permetta di dire che il raffronto fatto durante una recente manifestazione tenutasi qui a Vicenza di immigrati stranieri per la rivalsa dei loro diritti, mi fa rabbrividire: è tutt’altra cosa! Molti di loro si sono ammalati nelle miniere, perdevano il posto se scioperavano o si lamentavano, ricordiamoci questo! Mi rivolgo a lei direttore del giornale di un partito che con le proprie idee ci rappresenta nella nostra dignità di popolo libero; il rispetto verso il nostro paese lo pretendiamo da tutti (non siamo una pattumiera!); non si può permettere che nordafricani, slavi ecc. gente molte volte con cultura di violenza nel sangue, facciano i loro porci comodi, senza essere puniti. In nessun paese civile si entra ed esce così; ci vuole una regolamentazione nei soggiorni che siano vincolati a lavoro, casa, vita morale e sociale, nelle strade non si può far circolare gente senza patente o contratta in paesi dove le strade sono carrettiere e si gira con i cammelli, le nostre sono diverse! Loro conoscono bene i loro diritti in Italia e se ne approfittano, ma facciamogli riconoscere bene anche i loro doveri! Sono in casa nostra, per Dio! Vorrei chiederle, attraverso il suo giornale, di informare sempre la gente su queste cose, di cercare di combattere assieme al suo partito la delinquenza; che il governo faccia regole, leggi che ci tutelino; vorrei con tutto il cuore che questa lettera potessero leggerla i nostri ministri Bossi e Berlusconi, e la signora Emanuela Dal Lago; glielo chiedo per favore, perché ogni volta che sento notizie alla televisione o nei giornali di queste brutte cose, il mio Fabio muore ancora un’altra volta; quando muore la persona che più si ama, muore anche una parte di noi! Non si vive più, si riesce solo a sopravvivere: scrivere questa lettera a lei è stato per me come restituire un po’ di dignità alla sua orribile, assurda morte. La ringrazio vivamente e la saluto con l’auspicio di buon lavoro.
Franca Zarantonello e i genitori di Fabio Trissino (Vi)
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Maledetto......!!!!!!!

Roderigo
31-05-02, 22:02
E' una vicenda dolorosa. Ma cosa c'entra il Marocco? Cosa c'entra l'immigrazione? Forse tra gli italiani non ci sono pirati della strada? Forse tra gli immigrati non ci sono vittime investite? Quando non di violenze tutt'altro che accidentali.

R.

yurj
01-06-02, 12:10
Originally posted by Roderigo
E' una vicenda dolorosa. Ma cosa c'entra il Marocco? Cosa c'entra l'immigrazione? Forse tra gli italiani non ci sono pirati della strada? Forse tra gli immigrati non ci sono vittime investite? Quando non di violenze tutt'altro che accidentali.

R.

il problema e' che c'e' la percezione dell'impunita'. Se e' vero che *se veramente c'e' una colpa reale di chi ha investito* erstera' impunito, io lo trovo scandaloso.

Hai ragione, non c'entra il Marocco, ma ogni volta che quel cittadino vedra' qualsiasi cosa che gli possa ricordare il fatto *altri "scuri", altri che si riuniscono e non si sa bene come vivano* non avra' pensieri positivi.

Sappiamo che il razzismo si inserisce proprio in questi meccanismi di identificazione. Se il politico ruba e uccide, non viene imputato il modus vivendi alla classe dei politici. Se succede, c'e' sempre il richiamo alla stabilita' politica, etc etc.

Lo stesso vale se qualcuno accusa alcuni che si definiscono "ebrei" di aver finanziato Hitler durante la seconda guerra mondiale, gli stessi che comprarono l'80% delle terre israeliane. L'accusa e' di antisemitismo, tramite la AdL.

Quindi io difendo la mancanza di giustizia che ha subito la ragazza.

Roderigo
01-06-02, 20:49
Anch'io rivendico giustizia per il reato subito dalla ragazza, ma non assecondo qualisiasi uso venga fatto di tale rivendicazione. E' l'uso che ne viene fatto sul quel giornale e su questi forum è fin troppo evidente: incitamento al razzismo.

Ogni vittima deve avere giustizia, ed ogni colpevole deve essere giudicato e condannato, indipendentemente dall'appartenenza etnica, religiosa, di genere, ecc.

R.

falcorosso
02-06-02, 15:46
La realtà dice, secondo i dati del POL-Strada, che ben il 93% dei pirati della strada è di origine italiana, dovremmo quindi odiare l'impunità dei nostri compatrioti più che quella degli extracomunitari, se un marocchino uccide o investe un italiano tutti si gettano sulla notizia come lupi famelici, se avviene l'inverso, e sempre per la POL-Strada, la seconda è la realtà maggiore in assoluto, una notiziola e poi nel dimenticatoio, è su questo uso dei media che nasce il razzismo popolare.

Roderigo
02-06-02, 20:24
Inserisco due articoli che trattano di vicende e atteggiamenti simili a quelli rappresentati nel post di apertura.

R.

Roderigo
02-06-02, 20:27
di GIUSEPPE D'AVANZO

CHI si può odiare liberamente e in pubblico? A chi si può gridare "Uccidete, quel bastardo" e sentirsi in pace: in pace nella tua comunità, in pace con i tuoi figli e con la tua faccia al mattino riflessa nello specchio? "I gruppi di persone che si possono odiare continuando a sentirsi per bene sono ormai pochi. Quello dei pedofili è perfetto", scriveva Decca Aitkenhead del Guardian due anni fa da Yeovil, South West England. Era accaduto che il pedofilo Sidney Cooke era stato scarcerato e rimandato a casa e una folla di nonne, adolescenti, donne d'affari stringeva d'assedio il commissariato della Contea di Somerset senza neppure avere la certezza che Cooke fosse lì nascosto o protetto. "L'ignoranza di quelle donne era seconda soltanto alla loro determinazione a fare qualcosa", scrisse Aitkenhead. Gridavano: "Uccidete quel bastardo". Non sapevano come era fatto Sidney Cooke, se fosse davvero un pedofilo, se fosse davvero colpevole, che cosa avesse fatto o che cosa era accusato di aver fatto. Sapevano che esisteva, sapevano che si diceva che fosse un pedofilo e tanto bastava. "Uccidete quel bastardo", allora.
Questa scena, la stessa scena di Yeovil, si è ripetuta ieri a Caserta. Bita Panajot era rinchiuso in Questura e la gente ha assediato la Questura. "Uccidete quel figlio di puttana", ha gridato qualcuno. Bita Panajot è un albanese e gli albanesi, come i pedofili, sono un gruppo "perfetto": li si può odiare sentendosi assai per bene. Non che sia perbene Bita Panajot, e per dirla tutta non è "un figlio di puttana". E' peggio. Probabilmente è uno di quegli uomini che vive e prospera e si arricchisce vendendo il corpo delle donne che schiavizza.

MA non è per questo che la folla di Caserta ha ieri assediato la Questura. Avete mai visto l'assedio di una Questura o di una caserma per un pappone italiano? C'è chi dirà che la caserma è stata assediata perché Bita Panajot ha ucciso il piccolo Alessandro Conti. (Era in bicicletta, Alessandro, e Bita lo ha travolto con la sua auto, lo ha schiacciato sull'asfalto e se ne è andato via). Ma ripeto: avete mai visto l'assedio di una caserma per un pirata della strada con la carta d'identità italiana?
Bita Panajot non si è fermato per aiutare Alessandro. Bita Panajot è stato arrestato, processato, condannato e incarcerato. Come accade a (quasi) tutti i pirati della strada italiani. Anzi nessun pirata della strada italiano è stato mai condannato a cinque anni in primo grado per omicidio colposo. In genere l'affare va diversamente. Ammazzi in un incidente stradale e per tua colpa un povero diavolo, patteggi la pena (da un minimo di uno a un massimo di cinque anni) e la riduci di un terzo, con le attenuanti ancora di un terzo e, se sei scappato via (omissione di soccorso), la condanna peggiora, è vero, ma soltanto di tre mesi. Non di più. Ieri l'avvocato di una delle più grandi compagnie di assicurazioni ha ricordato che qualche anno fa un camionista investì una colonna di auto ferme uccidendo tre persone. Soltanto per il numero delle vittime fu condannato a due anni.
Anche Bita Panajot in appello è stato condannato a due anni e, come tutti, come quel camionista, dopo otto mesi ora è libero. Sia detto con tutto il rispetto per il dolore di chi non potrà più vivere accanto ad Alessandro, c'è una linearità e una correttezza formale e sostanziale nell'affare penale di Bita Panajot. Ha pagato il suo conto e, al mercato corrente dei delitti e delle pene, lo ha pagato salato. E allora che cosa vogliono e gridano quelli là fuori alla caserma? Gridano contro l'albanese, contro quel "figlio di puttana di albanese".
Finalmente, come a Yeovil per Sidney Cooke, ognuno può uscire dalla prigione del suo privato, liberarsi per un pomeriggio del suo destino malsicuro, della sua vita provvisoria, respirare oltre quell'onnipresente nebbia di ansia, paura, insicurezza che rende ogni ombra pericolosa e ogni giorno inquieto. Di Bita Panajot conosciamo la faccia. L'abbiamo vista al tiggì della sera. Sappiamo chi è, come vive, da dove viene. E' albanese, lo si può odiare alla luce del sole. Bita è soprattutto concreto, di una concretezza che fa piazza pulita della mia onnipresente angoscia senza oggetto, sfuggente e sfocata. C' è un oggetto della mia paura. E' un corpo, quel corpo può essere tormentato, rinchiuso, segregato, spezzato.
Ecco perché sono lì a gridare davanti alla Questura. Ma quel grido può legittimare la vertiginosa deformazione delle regole e del dibattito pubblico? Quella protesta può giustificare la rincorsa dei protagonisti politici della scena pubblica?
Il ministro della Giustizia Piero Fassino chiede il fascicolo del processo di Bita Panajot, come se a suo favore avesse giocato la decisione dei giudici e non contro di lui una severa pena. Di peggio fa il ministro dell'Interno Enzo Bianco. Scatena contro l'albanese la polizia e i carabinieri.
Il "bastardo" viene fermato e ancora fermato. Gli perquisiscono la casa, e l'auto. Gli ritirano la patente. Si cerca, e per il momento non si trova, l'occasione per sbatterlo di nuovo in galera o quando tutto manca di rimandarlo sui monti da dove è venuto. Non soddisfatto, il ministro va in televisione e promette: "Oggi ha un regolare permesso di soggiorno, valuterò la possibilità di revocarlo". Sembra che le regole non possano valere per quel "bastardo" di Bita Panajot. E' un albanese, un cittadino di serie Z, prigioniero di un diritto minore che prevede leggi che si possono cambiare come meglio conviene per rasserenare l'opinione pubblica.
E quando quella folla vociante troverà un altro "gruppo perfetto per essere odiato" che cosa faranno ministri e governo?

Repubblica 6 dicembre 2000

Roderigo
02-06-02, 20:30
Sfasci la Bmw di papà? C'è pronto un capro espiatorio, slavo

MANUELA CARTOSIO

Riempite di botte il marito cornuto che vi sorprende in flagrante? Infierite con 97 coltellate su mamma e fratellino? Sfasciate la preziosa Bmw e avete paura che papà vi sgridi? Ci sono sempre "gli albanesi" a cui dare la colpa. Ripugna mettere insieme lo smisurato orrore della villetta color salmone di Novi e un piccolo contrattempo del vivere come un incidente stradale. Li unisce la moda dilagante degli albanesi come capro espiatorio.
Castelli Calepio (Bergamo), le 4 di domenica mattina, una Bmw esce di strada e finisce contro la centralina di un metadonotto. A bordo un 29enne (alla guida) e un 21enne che stanno rientrando a casa, a Ponte San Pietro. Escono indenni dal botto, si allontanano a piedi per qualche centinaio di metri, chiamano con l'immancabile tefoninino il 112. La fola la raccontano prima al 112 e poi ai carabinieri giunti sul posto: "Un'auto ci ha tagliato la strada costringendoci a fermarci, sono saltati giù due albanesi armati di coltello, ci hanno intimato di scendere, se ne sono andati con le due auto. Saranno stati quelli della banda delle Mercedes". La Bmw "rubata" viene tosto ritrovata e i carabinieri cominciano a sentire puzza di bruciato. I due prodi bergamaschi si ingarbugliano nei particolari, il coltello diventa un bastone, e vanno a nanna con una denuncia per simulazione di reato e procurato allarme. Per il guidatore, che non passa la prova del palloncino, scatta anche il ritiro della patente per guida in stato di ebbrezza.
Così un quotidiano locale, che per ogni catenina rubata titola "Forse un albanese", ieri con imbarazzo è stato costretto a dar conto della modesta fantasia di due bergamaschi, senza però specificare nel titolo la nazionalità dei simulatori e senza fornirne nell'articoletto le generalità. Perbacco, siamo in uno stato di diritto che tutela la privacy e non considera un'aggravante l'essere bergamaschi.

il manifesto 27 febbraio 2001
http://www.ilmanifesto.it