Tomás de Torquemada
01-06-02, 22:39
Dal sito http://www.marianotomatis.it/
NESSUN TESORO SOTTO OAK ISLAND
L'ombra della massoneria sulla leggenda canadese
di Mariano Tomatis
“C’è stato improvvisamente un rinnovato interesse
per il mistero di Oak Island, e sono sorte
nuove teorie riguardanti il leggendario tesoro
che si troverebbe nell'antro dell'isola:
a Oak Island si troverebbe il tesoro perduto
del Cavalieri Templari, che comprenderebbe
addirittura il Santo Graal.”
Dall’articolo del The Calgary Herald “Cacciatori di tesori ritrovano il Santo Graal”
Oak Island è una piccola isoletta canadese situata presso la Mahone Bay, in Nova Scotia. E’ meta ogni anno di ricercatori di tesori ed appassionati del mistero, ed è definita sui moltissimi libri che la riguardano come sede della “più lunga e costosa ricerca di un tesoro”, di “uno dei più profondi e costosi scavi archeologici”, o ancora come “il più celebre mistero canadese” e addirittura come “uno dei più grandi misteri della terra”. Essa deve la sua celebrità principalmente ad un pozzo che ha preso il nome di “Money Pit” (“pozzo del denaro”), e che riassume in sé il principale enigma dell'isola. Alcuni sostenitori della “Linea Archeologica” non hanno dubbi: sul suo fondo si nasconderebbe il Sacro Graal. Per addolcire il naturale scetticismo che coglie chiunque di fronte ad una affermazione tanto paradossale (che cosa potrebbe legare, infatti, Gerusalemme con il lontano Canada?) essi riportano dati ed eventi storici a prima vista precisi.
Come nacque la leggenda del Money Pit di Oak Island? Tutto cominciò nel 1795, quando un giovanotto di nome Daniel McInnis (o McGinnis) si imbatté in una profonda depressione del terreno mentre passeggiava per Oak Island. Sopra la buca, appesa al ramo di una grande quercia, si trovava una vecchia carrucola. McInnis tornò sul posto il giorno successivo con due amici che conoscevano molto bene le leggende locali sui pirati e sui tesori. Insieme, decisero di intraprendere uno scavo. Scoprirono uno strato di pietre e, sotto dieci piedi (3 metri), un altro strato composto da frammenti di quercia marci. Proseguirono ancora per altri quindici piedi (4,6 metri) nello scavo di ciò che ai loro occhi appariva come un pozzo realizzato da qualcuno prima di loro, ma - esausti dalla fatica - decisero di abbandonare il lavoro in attesa di aiuto da parte di qualcun altro. Non riuscirono, però, a trovare nessuno disponibile a dar loro una mano, un po’ per lo scetticismo e un po’ per il timore superstizioso della popolazione locale. Il supposto nascondiglio fu abbandonato fino al principio del secolo successivo, quando il trio fu contattato da un uomo d'affari, tale Simeon Lynds, proveniente dalla città di Onslow. Le sue intenzioni erano quelle di realizzare un consorzio di cercatori di tesori chiamato Onslow Company. I lavori presso il pozzo cominciarono tra il 1803 e il 1804 (una fonte dice 1810). Trovarono diversi strati di legno di quercia ad intervalli esatti di dieci piedi (3 metri) l'uno dall'altro, oltre che strati di argilla, carbone e un materiale fibroso identificato con il guscio delle noci di cocco. Quindi, a novanta piedi (27,4 metri) dissero d'aver trovato una pietra piatta recante questa indecifrabile iscrizione:
Subito dopo, esplorando il terreno sottostante con un piede di porco, colpirono qualcosa di duro che poteva essere uno scrigno di legno. A questo punto i lavori vennero interrotti perché si stava facendo notte. La mattina dopo, però, il pozzo venne trovato allagato per sessanta metri di profondità. Pur cercando di svuotare lo scavo con dei secchi, si accorsero che il livello dell'acqua rimaneva sempre lo stesso, e furono costretti ad abbandonare definitivamente gli scavi. L'anno successivo si tentò di evitare l'acqua creando un pozzo parallelo dal quale si voleva creare un passaggio che raggiungesse direttamente il presunto tesoro. Anche questo scavo si allagò, costringendo la Onslow Company a porre fine alla spedizione.
Il nascondiglio tornò alla ribalta nel 1849, quando un altro gruppo, la Truro Company, ripresero gli scavi del pozzo originale. Incontrata l'acqua, essi crearono una piattaforma e, per mezzo di una trivella, tentarono di forare ed eliminare i vari strati di materiale. Trovarono di nuovo argilla, pezzi di legno e tre anelli di una catena d'oro, che considerarono la prova della presenza di un tesoro nascosto. La Truro Company scavò, inoltre, altri pozzi nelle vicinanze, ma anche questi vennero inondati dall'acqua, e i lavori cessarono nell'autunno del 1850. Altri tentativi seguirono dal 1858 al 1862, durante i quali uno degli uomini coinvolti morì bruciato per la rottura di una caldaia.
Il lavori furono ripresi dalla Oak Island Association, che tentò di intercettare il tunnel che presumibilmente alimentava d'acqua il pozzo. Quando un primo scavo di 120 piedi (36,6 metri) fallì nell'impresa, ne fu scavato un altro ad una distanza di 18 piedi (5,5 metri) dal Money Pit (come si incominciò a chiamarlo). Tuttavia l'acqua cominciò ad allagare anche questo. Fu intrapresa una imponente operazione di prosciugamento del pozzo, durante la quale il Money Pit collassò. Alcuni dissero che il pozzo era stato progettato proprio per difendere il presunto scrigno, che in tale occasione sarebbe sprofondato in un profondo baratro. L'opera dell'associazione fu ripresa nel 1866 dalla Oak Island Eldorado Company, ma senza risultati significanti.
Passarono diversi decenni, e nel 1897 la Oak Island Treasure Company (nata quattro anni prima) localizzò il ricercatissimo "tunnel dei pirati" che portava dalla Smith's Cove al Money Pit. Il tunnel fu portato alla luce con la dinamite. In seguito alla scoperta di un frammento di pergamena sulla quale erano state vergate due lettere (forse "RI") ci furono numerose lamentele a causa del metodo violento usato per portare alla luce quel passaggio. Furono, inoltre, trovate tracce di una pietra (o una specie di cemento) di un materiale simile al gesso. Nello stesso anno un altro operaio impegnato nei lavori di scavo morì per la rottura di una corda alla quale era stato fissato mentre si trovava issato nel pozzo.
Le ricerche continuarono anche nel nuovo secolo con lo scavo di innumerevoli pozzi, che resero irriconoscibile la topografia della zona, rendendo, così, assolutamente inutili tutte le vecchie carte. Ancora nel 1965 morirono quattro uomini in un pozzo, soffocati dai gas di un motore.
Nel 1966 un imprenditore edilizio proveniente dalla Florida, Dan Blankenship, si unì all'uomo d'affari di Montréal David Tobias per riprendere la ricerca. Incominciarono una estesa operazione di trivellazione, scavando qualcosa come sessanta pozzi in un solo anno, arruolando un gran numero di investitori in quella che chiamarono Triton Alliance. Sfortunatamente diversi problemi di natura meccanica, il crollo della borsa del 1987 e altri problemi, compreso il fallimento di uno dei due fondatori, posero fine al “Grande Scavo” da 10 milioni di dollari messo in progetto. Una volta che fu aperto ai turisti, il sito fu praticamente abbandonato.
Nei secoli la leggenda di un possibile tesoro ha attirato l'attenzione di rabdomanti, scrittori automatici, chiaroveggenti, medium, lettori di Tarocchi, interpreti di sogni, psicometristi e molti altri visionari e veggenti, oltre che eccentrici inventori di oggetti come il "Raggio a onde minerali" e l'aeroplano dotato di un "rivelatore di tesori".
E’ evidente che al crescere delle difficoltà nell’opera di scavo, crescevano anche le aspettative nei confronti del contenuto del pozzo: si pensava che una protezione del genere sarebbe stata messa in atto per proteggere qualcosa di estremamente prezioso. Si sosteneva, infatti, che l’immenso lavoro richiesto per costruire il pozzo e per predisporre il tunnel dal quale proveniva l’acqua fosse la prova del fatto che sul fondo non si trovasse soltanto il bottino di qualche pirata, ma addirittura il tesoro della corona francese, i manoscritti originali di Shakespeare, i segreti del Continente Perduto di Atlantide, il “tesoro perduto” dei Cavalieri Templari o addirittura il Sacro Graal.
Ma al fondo del pozzo, si trova davvero un tesoro? E’ verosimile che il Graal sia finito proprio lì? I sostenitori di questa teoria si rifanno ad un fatto legato alle molte leggende sorte in seguito all’arresto dei Templari avvenuto nel 1307: si narra, infatti, che la mattina del 12 settembre di quello stesso anno, due giorni prima che il re di Francia facesse partire gli ordini di arresto, una flotta di Cavalieri salpò dal porto atlantico di La Rochelle verso una destinazione ignota. Secondo alcuni, essi raggiunsero la Scozia dove furono assoldati da Robert Bruce per sconfiggere le armate inglesi del Re Edoardo. I Cavalieri erano in rapporto di stretta amicizia con il principe Henry St. Clair, il terzo Lord di Roslin. Con l'aiuto dei Templari, il principe scozzese costruì una cappella, la Rosslyn Chapel, che contiene a tutt’oggi centinaia di simboli relativi ai Templari e al Sacro Graal impressi nelle sue volte e colonne, sui pavimenti e sulle lastre tombali. Andrew Sinclair, uno scrittore che afferma di essere diretto discendente di Henry St.Clair, sostiene che i suoi presunti antenati, insieme ai Templari, avrebbero intrapreso già nel 1398 – quasi un secolo prima di Cristoforo Colombo – una spedizione verso il continente americano, ove desideravano creare una nuova Gerusalemme fuori dalla portata pontificia, dalla quale operare una vasta missione evangelizzatrice. Essi avrebbero fondato due colonie, una a Newport nel Rhode Island, una a Louisburg in Nova Scotia. Proprio in Nova Scotia avrebbero scavato il Money Pit, sul fondo del quale sarebbe stato custodito il tesoro che i Templari avevano accumulato nel corso dei secoli in Terrasanta. E forse tale tesoro comprendeva anche il Sacro Graal.
Tali teorie non sono affatto supportate da prove convincenti. Al contrario esiste uno studio (pubblicato sul numero di The Skeptical Inquirer del marzo 2000) a cura di Joe Nickell, membro dello CSICOP, che analizza in dettaglio i vari avvenimenti legati alla leggenda di Oak Island proponendo uno scenario molto più verosimile, che non scomoda tesori perduti o trappole segrete appositamente predisposte, ma si limita a considerare con occhio critico gli elementi che compongono la complessa vicenda del Money Pit.
Nickell si occupa del mistero di Oak Island dal 1982. Dovendo tenere una conferenza nei dintorni di New Brunswick, decise di non farsi sfuggire una visita alla tanto celebrata isoletta della Nova Scotia. Prima di raggiungerla, tentò di contattare senza successo uno dei due membri della Triton Alliance, David Tobias. Riuscì, però, ad avere un colloquio con Jim Harvey, un ex ufficiale della polizia canadese all’epoca investigatore privato che era responsabile della sicurezza su Oak Island, da cui seppe che l’accesso all’isola era ormai vietato ai visitatori. Harvey gli disse, inoltre, che sarebbe stato pericoloso tentare anche solo di raggiungere l’isola; sembrava chiaro che l’ex ufficiale di polizia si riferisse non troppo velatamente al risaputo caratteraccio di Dan Blankenship, l’altro membro della Triton Alliance che viveva ancora su Oak Island. Costui, infatti, alcuni anni prima era balzato alla cronaca per un fatto increscioso, avvenuto con un altro residente dell’isola, Frederick Nolan. Secondo i resoconti che furono dati, Blankenship si era minacciosamente diretto verso Nolan con un fucile in mano, e la situazione sarebbe presto degenerata se non fosse intervenuta la polizia a confiscargli l’arma.
Jim Harvey offrì comunque a Nickell la possibilità di circumnavigare l’isola con il suo motoscafo. Fu con un po’ di trepidazione che nel pomeriggio del 1° luglio 1991 Nickell raggiunse la strada che congiungeva Oak Island con il continente. Il ponte fu costruito nel 1965 in modo che una grande macchina scavatrice potesse raggiungere la zona degli scavi più agevolmente. Attualmente reca la scritta: “Privato / Divieto di caccia e di accesso / Pericolo”.
Dan Blankenship probabilmente era stato messo sulla difensiva da un articolo che era uscito sulla stampa canadese, a proposito di uno “scettico di professione” che stava raggiungendo Oak Island. Nickell, comunque, era riuscito a contattare il ricco uomo d’affari che lo aveva cortesemente invitato a visitare la sua casa. Qui, Blankenship gli aveva mostrato reperti, fotografie, articoli e un video realizzato da una telecamera calata in un pozzo, tutti frutto di 35 anni di ricerche che avevano fatto guadagnare all’uomo il titolo di “Oak Island’s most obsessive searcher” (“Il più ossessivo ricercatore di Oak Island”). Il video rivelava l’interno di un tunnel, decorato con delle assi di legno apparentemente integre, nel quale si intravedeva uno scrigno, un secchio ed altri presunti reperti. Blankenship disse di aver localizzato il luogo con tecniche rabdomantiche.
Il giorno successivo Nickell circumnavigò l’isola con Jim Harvey, riuscendo – così – a farsi un’idea anche sul resto dell’isola. Nel suo studio The Secrets of Oak Island scrisse: “Man mano che i miei studi si intensificavano su Oak Island, il mio scetticismo aumentava. Altri mi avevano preceduto nell’individuare i due principali elementi dell’enigma, benché nessuno fosse stato in grado di unirli: uno riguardava la natura del Money Pit, l’altro la fonte di alcuni strani elementi della saga, come la presunta pietra impressa con misteriose iscrizioni.”
Sorgono dubbi già sul resoconto che fu dato della scoperta della depressione del terreno, fatta nel 1795 da Daniel McInnis. Potrebbe essere apocrifo il particolare della vecchia carrucola penzolante sopra il cratere: esso si baserebbe sull’ipotesi – sorta successivamente – che all’interno del pozzo sottostante fosse stato calato un tesoro. Nondimeno alcuni autori sono insolitamente precisi nel descrivere le caratteristiche della carrucola. Secondo alcuni, la vecchia carrucola proveniva da una nave, era stata appesa ad un ramo di quercia biforcato ed era stata fissata su un chiodo di legno disposto tra le due estremità della biforcazione, a formare un piccolo triangolo. Altri sostengono che sull’albero ci fossero incisi alcuni strani segni.
Al contrario di quanto affermato da costoro, è asssolutamente impensabile che dei pirati o chiunque desiderasse nascondere un tesoro lasciasse dei segni così evidenti che avrebbero tradito in modo così palese la presenza di un nascondiglio.
Per rispondere a questa critica, alcuni autori sostengono che in realtà McInnis vide soltanto un ramo tagliato e capì dalla conformazione del legno che in passato si trovassero delle corde e una carrucola, ma si tratta di una ipotesi che pare un po’ forzata.
Anche il fatto che ad intervalli regolari di dieci passi di profondità si fossero trovate da nove a undici piattaforme viene riportato da resoconti molto successivi ai primi scavi, e sembra più che altro essere il risultato di un mosaico eterogeneo di voci e notizie che si sono accumulate negli anni. Un resoconto del 1864 parla di uno strato di foglie a due piedi (60 centrimetri) di profondità “evidentemente ivi disposte da qualcuno” e di alcune travi di legno di quercia a dodici piedi (3,6 metri) di profondità. Poi, per oltre quindici piedi (4,6 metri) di profondità, non si troverebbe più nulla. James McNutt, che scavò nello stesso periodo (1863) descrisse una differente disposizione dei vari strati incontrati.
Nel 1911 un ingegnere di nome Henry L. Bowdoin, che aveva a lungo scavato sull’isola, giunse alla conclusione che non vi fosse alcun tesoro. Mise in dubbio l’autenticità di diversi presunti reperti (come la pietra cifrata e la catena d’oro) e attribuì la conformazione del Money Pit a fenomeni naturali. Altri affermarono che in realtà il leggendario pozzo non fosse altro che una gola causata dal naturale cedimento delle rocce sottostanti. Effettivamente la falda che si estende sotto Oak Island è composta principalmente da calcare ed anidrite, la cui presenza spesso si accompagna con la formazione di grotte e anfratti. L’aspetto superficiale di queste caverne sotterranee è costituito oltre che da crepe anche da depressioni o gole.
A conferma di ciò si può riportare il fatto che il Money Pit non sia l’unica depressione sull’isola: nel 1878 Sophia Sellers stava arando quando improvvisamente il terreno sprofondò sotto il suo bue.
Lo stesso geologo E. Rudolph Faribault trovò numerose gole naturali nei territori di fronte all’isola, e in un rapporto stilato nel 1911 concluse che c’erano “forti elementi” a sostegno del fatto che le presunte strutture artificiali di Oak Island fossero in realtà cavità naturali. Ulteriori conferme a questa teoria vennero nel 1975, quando a meno di un chilometro a nord dell’isola fu realizzato un sistema per la rimozione delle acque luride. Gli operai ruppero con i propri macchinari uno strato di pietre sotto il quale si trovava una caverna profonda oltre 16 metri.
Fred Nolan riporta ancora il fatto che, quando nel 1969 la Triton Alliance scoprì una caverna nei pressi del tanto favoleggiato tesoro ad una profondità di 165 piedi (50,2 metri), Blankenship e Tobias sostennero si trattasse di una caverna realizzata da alcuni uomini, quando in realtà le probabilità che lo fosse realmente sono pressoché nulle. Il fatto è confermato da Mark Finnan, convinto che il sottosuolo di Oak Island sia unicamente di natura geologica e che le sue profondità non abbiano avuto alcun intervento umano. Questo fatto rende poco plausibile l’idea di trappole nascoste per proteggere un tesoro sull’isola.
I diversi strati di legname rinvenuti si spiegherebbero, poi, con periodici allagamenti del pozzo seguiti dallo sprofondamento nello stesso di alberi caduti, che nel corso dei secoli avrebbero assunto l’aspetto di piattaforme di travi marce; è interessante notare che un pozzo dalle caratteristiche simili a quelle del Money Pit fu scoperto nel 1949 sulla spiaggia della Mahone Bay, otto chilometri a sud di Oak Island.
Si scrisse a proposito di questo ritrovamento che a circa 60 centimetri di profondità fu rinvenuto uno strato di pietre, sotto il quale erano stati rinvenuti pezzi di quercia e abete in forma di travi ad intervalli regolari. Alcuni pezzi di legno erano addirittura bruciacchiati. Si sospettò subito di aver trovato un altro Money Pit.
Al giorno d’oggi, dopo due secoli di ricerche, la parte orientale dell’isola è stata rastrellata con cura per mezzo di trivelle, tunnel, scavi che si sono diretti da e verso ogni direzione immaginabile, complicando ulteriormente la topologia sotterranea della zona e rendendo difficile determinare la natura del pozzo originale.
I ricercatori di tesori e coloro che guadagnano vendendo misteri fanno presto, comunque, a respingere qualunque teoria che spieghi il pozzo e le depressioni di Oak Island in termini di formazioni naturali. Gli elementi portati a sostegno delle loro ipotesi sono diversi; si chiedono, ad esempio, quale sia l’origine delle iscrizioni sulle pareti del Money Pit, dei frammenti di pergamena e del materiale fibroso proveniente dal guscio del cocco, un tempo usato sulle navi per proteggere i carichi, tutti ritrovati all’interno del pozzo principale. E ancora, da dove viene la pietra incisa con strane iscrizioni, ritrovata nel pozzo nel 1803, o il triangolo equilatero di tre metri per lato realizzato con pietre, rinvenuto nel 1897, o ancora la croce megalitica che Fred Nolan trovò sulla spiaggia meridionale nel 1981?
Come è già stato evidenziato in precedenza nel caso della vecchia carrucola appesa alla quercia, molti elementi della storia degli scavi di Oak Island sono poco attendibili; a conferma di ciò si può constatare come la teoria della depressione naturale possa spiegare il modo in cui oggetti del genere abbiano potuto raggiungere le profonde caverne sotto l’isola.
E’ ancora Nickell a far notare come diversi elementi che compongono lo scenario appena presentato sembrino avere qualche riferimento alla storia della Massoneria.
La Massoneria è una società segreta che fu fondata a Londra nel 1717 e che presto di diffuse in Europa e ina America. Le sue origini risalgono alle corporazioni medievali inglesi e tedesche di liberi muratori. Generalmente ispirata agli ideali illuministici di tolleranza religiosa, libertà di pensiero ed eguaglianza sociale, si è arricchita nel corso dei secoli di un complesso sistema allegorico-simbolico, che fa spesso riferimento alla costruzione del Tempio di Re Salomone.
Una di queste allegorie parla di una cripta segreta, nella quale Salomone avrebbe fatto custodire dei preziosi segreti. Si racconta di tre pellegrini che, trovandosi presso le rovine del Tempio, avrebbero scoperto la stanza sotterranea e trovato una cassetta contenente l’Arca dell’Alleanza.
L’immagine della cripta segreta è stata utilizzata da diversi scrittori, e così il suo simbolismo che fa riferimento a segreti perduti e tesori nascosti. Uno per tutti Sir Arthur Conan Doyle, massone dichiarato, che in diverse storie di Sherlock Holmes fece allusioni alla cripta. In “The Adventure of Shoscombe Old Place” il detective raggiunge una vecchia cappella di proprietà degli Shoscombe, e passando attraverso un muro cedevole (nel testo originale “masonry”, che significa anche “massoneria”) percorre una scalinata che scende verso una cripta. Il suo cliente, non a caso chiamato “Mister Mason”, Holmes trova la chiave che gli permette di risolvere una serie di strani misteri.
Altri autori si cimentarono con l’allegoria della cripta segreta massonica, e alcuni furono presi alla lettera dai lettori. Jonathan Swift, ad esempio, scrisse un racconto intitolato “Lost Silver Mine of Eastern Kentucky” (“La miniera d’argento perduta del Kentucky orientale”). La narrazione, però, era molto verosimile: sosteneva, infatti, di aver esplorato la regione prima di Daniel Boone, e di aver inciso su un albero i simboli del compasso, della cazzuola e della squadra – di chiaro stampo massone – e di aver scoperto proprio in quella regione una miniera d’argento (la cui presenza, secondo i geologi, è molto dubbia). Swift disse d’aver conservato il tesoro in una grotta e di averla chiusa con un lavoro di muratura (“masonry form”).
Un altro massone della Virginia pubblicò i Beale Papers, nei quali descrisse la storia di un tesoro perduto che era stato nascosto di nuovo in una cripta, questa volta decorata con “pietre allineate”. Né si può dimenticare il cosiddetto mistero della Cripta delle Isole Barbados: secondo gli innumerevoli, ma storicamente dubbi, resoconti, ogni volta che la cripta in questione fu aperta tra il 1812 e il 1820, le bare all’interno furono trovate in uno strano stato di confusione. Riordinate le casse, la cripta fu chiusa da un gruppo di massoni, ma dopo un po’ di tempo le bare furono trovate di nuovo in disordine. Si racconta un fatto simile risalente al 1943, ma questa volta la cripta conterrebbe la bara del fondatore della Massoneria nelle Barbados.
Diventano ora evidenti le connessioni tra i racconti ispirati a questa simbologia massonica e la leggenda di Oak Island: il Money Pit sembra essere direttamente collegato con l’immagine della cripta segreta. Le strane iscrizioni che sarebbero state trovate sulla quercia nei pressi del pozzo ricordano l’iconografia massonica.
I tre giovani che scoprirono il Money Pit sembrano far riferimento ai tre pellegrini che scoprirono la cripta segreta di Salomone.
Esiste un particolare rituale massonico per il quale il candidato viene calato con una corda giù per un pozzo, attraverso una serie di botole: è notevole la somiglianza di questo rito con i racconti sugli operai che si calarono nel Money Pit incontrando le presunte piattaforme di legno ad intervalli regolari. Durante la cerimonia, il candidato porta con sé vanga, piccone e palanchino, strumenti da lavoro simbolici di un particolare grado della massoneria.
Altri elementi si ricollegano direttamente ai rituali massoni: si racconta che nel 1803 gli operai analizzarono il fondo del pozzo con un piede di porco e colpirono quello che pensavano si trattasse di uno scrigno; la descrizione è identica a quella relativa alla leggenda della cripta segreta, rinvenuta colpendo il terreno con un piede di porco.
La pietra morbida, il carbone e l’argilla trovate nel pozzo si rifanno implicitamente ai tre elementi citati nel rituale massone del grado dell’Entered Apprentice, “Gesso, Carbone e Argilla”, che rappresenterebbero le tre virtù “libertà, entusiasmo e zelo”.
Gli stessi artefatti trovati nel pozzo o nei suoi pressi non sono probabilmente altro che resti degli antichi abitanti dell’isola. E’ innegabile comunque la natura sospetta di alcuni di essi: secondo un resoconto, gli anelli della catena d’oro rinvenuti nel 1849 furono portati sul posto dagli stessi operai, per incoraggiare ulteriori scavi.
Uno dei ritrovamenti più suggestivi è certamente la pietra cifrata, che scomparve intorno al 1919. Il testo fu variamente interpretato (Barry Fell, uno zoologo improvvisatosi epigrafo, sostenne che ad esempio si trattava di linguaggio Copto, e che il messaggio diceva di volgere il pensiero a Dio per evitare la morte) anche se si trattava di un semplice codice cifrato: “Forty Feet Below Two Million Pounds Are Buried” (Quaranta piedi in profondità sono sepolti due milioni di Pounds).
Molti ricercatori di Oak Island ritennero il testo una burla, anche considerando il fatto che i rituali massoni parlano di un messaggio cifrato da decodificare, trovato nella cripta segreta.
Altri artefatti sembrano avere significati rituali per i rituali massoni; tra questi il triangolo di pietra, la grande croce cristiana e la pietra modellata a forma di cuore.
Anche una vecchia squadra di metallo ritrovata alla Smith's Cove potrebbe legarsi ai rituali della Massoneria: si racconta, infatti, che nella cripta segreta si troverebbero “tre piccole squadre”, e in genere – insieme al compasso – la squadra è un chiaro elemento massone.
Su Oak Island ci sono diverse pietre incise con iscrizioni chiaramente massoniche.
Nel 1936 Gilbert Hedden ne rinvenne una presso la Joudrey's Cove, che recava incisa una croce decorata da una H e un cerchio con un punto al centro. Le incisioni rappresentano, nella simbologia massone, la lettera ebraica per Jehovah e il cosiddetto “Punto dentro il cerchio”, incisione che si riferisce all’umanità (il punto) immersa nella creazione di Dio (il cerchio).
Un’altra incisione massone fu trovata nei pressi del Cave-in Pit nel 1967. Capovolta da un bulldozer che stava scavando, recava sulla faccia sottostante la lettera “G” inscritta in un rettangolo. Secondo la simbologia massone il rettangolo (che viene detto “quadrato allungato”) contenente una “G” rappresenta il Grande Geometra dell’universo, Dio stesso (“God” in inglese).
A proposito di questo simbolo Mark Finnan scrisse che si tratta del “più diffuso e familiare di tutti i simboli della Massoneria” e fa notare come la sua presenza su Oak Island e la sua disposizione – si trova sul versante orientale dell’isola, visto come la sorgente della luce negli insegnamenti massoni – indica che un gruppo di individui con una profonda cultura massone devono aver visitato nei tempi passati l’isola.
La stessa ricerca del tesoro di Oak Island è stata portata avanti a lungo da massoni della Nova Scotia. Finnan, che ebbe accesso ad alcuni archivi massoni, poté ricostruire alcuni avvenimenti chiave della storia dell’isola. La Massoneria giunse in Nova Scotia nel 1738, ed è quasi certo che gli organizzatori del primo scavo furono proprio massoni. Così nel corso dei secoli diversi individui che collaborarono agli scavi erano legati a logge massoniche, e alcuni di questi raggiunsero anche i gradi di iniziazione più alti. Tra questi, A. O. Creighton, il ricercatore della Oak Island Association che partecipò alla rimozione della pietra incisa nel 1865, e Frederick Blair, la cui famiglia fu coinvolta nelle ricerche dal 1863.
Blair, che nel 1893 costituì la Oak Island Treasure Company, era un importante membro della loggia di Amherst, in Nova Scotia.
Così il ricercatore William Chappell era un altro attivo massone, e suo figlio Mel raggiunse il grado di Gran Maestro Provinciale della Nova Scotia, carica che mantenne dal 1944 al 1946.
Sono molti altri i massoni che intervennero nelle ricerche: tra questi Gilbert Hedden of Chatham, del New Jersey, che collaborò alle ricerche dal 1934 al 1938, succeduto fino al 1944 dal Professor Edwin Hamilton. Hedden si preoccupò per tutta la durata dei lavori di tenere informato il massone re Giorgio VI di Inghilterra, mentre Hamilton, che coprì la carica di Gran Maestro della Grande Loggia del Massachusetts, diede il via ad una fitta corrispondenza con il presidente Franklin Roosevelt, altro massone dichiarato. Lo stesso Roosevelt partecipò agli scavi durante l’estate e l’autunno del 1909.
Altri massoni eminenti, coinvolti nelle ricerche di Oak Island, furono l’esploratore dei poli Richard E. Byrd e l’attore John Wayne.
E’ significativo anche il fatto che il primo a scrivere un libro completo su Oak Island su ordine di Frederick Blair fu Reginald Harris, avvocato di Blair ed Hedden. Anche costui era un massone del 33° grado, Gran Maestro provinciale dal 1932 al 1935. L’investigatore Ron Rosenbaum scoprì tra le carte di Harris frammenti di una rappresentazione in costume che accompagnava il rito di iniziazione al 32° grado. L’allegoria era ambientata nel 1535 presso l’abbazia di Glastonbury; qui il Primo Ministro sta tentando di confiscare il favoloso tesoro dell’Ordine. Ma dal tesoro manca un pezzo, il più prezioso: il Santo Graal. I massoni vengono, così, sospettati di averlo nascosto per metterlo al sicuro.
E’ forse questa allegoria che ha generato le voci intorno alla possibile presenza del Graal su Oak Island. I sostenitori di questa teoria ipotizzano che il calice si trovasse tra i tesori dei Cavalieri Templari, precursori dei più moderni massoni.
Da qualunque parte li si osservi, tutti i fatti relativi all’enigma di Oak Island sembrano indicare una stretta implicazione della Massoneria. Le conclusioni cui si può ragionevolmente giungere sono due: in primo luogo il “Money Pit” e i cosiddetti “tunnel dei pirati” non sono altro che naturali formazioni; in secondo luogo, moltissimi dei resoconti fatti su ciò che avvenne su Oak Island sono basati sulla simbologia massone, e trovano innumerevoli punti di contatto con l’allegoria della “cripta segreta”. Sarà forse impossibile capire con esattezza se elementi massonici si siano appoggiati su una preesistente leggenda riguardante un tesoro o se invece sia stata la Massoneria stessa a generare la leggenda. I contorni della vicenda sono, comunque, chiari: nessun calice riposa sul fondo del Money Pit.
NESSUN TESORO SOTTO OAK ISLAND
L'ombra della massoneria sulla leggenda canadese
di Mariano Tomatis
“C’è stato improvvisamente un rinnovato interesse
per il mistero di Oak Island, e sono sorte
nuove teorie riguardanti il leggendario tesoro
che si troverebbe nell'antro dell'isola:
a Oak Island si troverebbe il tesoro perduto
del Cavalieri Templari, che comprenderebbe
addirittura il Santo Graal.”
Dall’articolo del The Calgary Herald “Cacciatori di tesori ritrovano il Santo Graal”
Oak Island è una piccola isoletta canadese situata presso la Mahone Bay, in Nova Scotia. E’ meta ogni anno di ricercatori di tesori ed appassionati del mistero, ed è definita sui moltissimi libri che la riguardano come sede della “più lunga e costosa ricerca di un tesoro”, di “uno dei più profondi e costosi scavi archeologici”, o ancora come “il più celebre mistero canadese” e addirittura come “uno dei più grandi misteri della terra”. Essa deve la sua celebrità principalmente ad un pozzo che ha preso il nome di “Money Pit” (“pozzo del denaro”), e che riassume in sé il principale enigma dell'isola. Alcuni sostenitori della “Linea Archeologica” non hanno dubbi: sul suo fondo si nasconderebbe il Sacro Graal. Per addolcire il naturale scetticismo che coglie chiunque di fronte ad una affermazione tanto paradossale (che cosa potrebbe legare, infatti, Gerusalemme con il lontano Canada?) essi riportano dati ed eventi storici a prima vista precisi.
Come nacque la leggenda del Money Pit di Oak Island? Tutto cominciò nel 1795, quando un giovanotto di nome Daniel McInnis (o McGinnis) si imbatté in una profonda depressione del terreno mentre passeggiava per Oak Island. Sopra la buca, appesa al ramo di una grande quercia, si trovava una vecchia carrucola. McInnis tornò sul posto il giorno successivo con due amici che conoscevano molto bene le leggende locali sui pirati e sui tesori. Insieme, decisero di intraprendere uno scavo. Scoprirono uno strato di pietre e, sotto dieci piedi (3 metri), un altro strato composto da frammenti di quercia marci. Proseguirono ancora per altri quindici piedi (4,6 metri) nello scavo di ciò che ai loro occhi appariva come un pozzo realizzato da qualcuno prima di loro, ma - esausti dalla fatica - decisero di abbandonare il lavoro in attesa di aiuto da parte di qualcun altro. Non riuscirono, però, a trovare nessuno disponibile a dar loro una mano, un po’ per lo scetticismo e un po’ per il timore superstizioso della popolazione locale. Il supposto nascondiglio fu abbandonato fino al principio del secolo successivo, quando il trio fu contattato da un uomo d'affari, tale Simeon Lynds, proveniente dalla città di Onslow. Le sue intenzioni erano quelle di realizzare un consorzio di cercatori di tesori chiamato Onslow Company. I lavori presso il pozzo cominciarono tra il 1803 e il 1804 (una fonte dice 1810). Trovarono diversi strati di legno di quercia ad intervalli esatti di dieci piedi (3 metri) l'uno dall'altro, oltre che strati di argilla, carbone e un materiale fibroso identificato con il guscio delle noci di cocco. Quindi, a novanta piedi (27,4 metri) dissero d'aver trovato una pietra piatta recante questa indecifrabile iscrizione:
Subito dopo, esplorando il terreno sottostante con un piede di porco, colpirono qualcosa di duro che poteva essere uno scrigno di legno. A questo punto i lavori vennero interrotti perché si stava facendo notte. La mattina dopo, però, il pozzo venne trovato allagato per sessanta metri di profondità. Pur cercando di svuotare lo scavo con dei secchi, si accorsero che il livello dell'acqua rimaneva sempre lo stesso, e furono costretti ad abbandonare definitivamente gli scavi. L'anno successivo si tentò di evitare l'acqua creando un pozzo parallelo dal quale si voleva creare un passaggio che raggiungesse direttamente il presunto tesoro. Anche questo scavo si allagò, costringendo la Onslow Company a porre fine alla spedizione.
Il nascondiglio tornò alla ribalta nel 1849, quando un altro gruppo, la Truro Company, ripresero gli scavi del pozzo originale. Incontrata l'acqua, essi crearono una piattaforma e, per mezzo di una trivella, tentarono di forare ed eliminare i vari strati di materiale. Trovarono di nuovo argilla, pezzi di legno e tre anelli di una catena d'oro, che considerarono la prova della presenza di un tesoro nascosto. La Truro Company scavò, inoltre, altri pozzi nelle vicinanze, ma anche questi vennero inondati dall'acqua, e i lavori cessarono nell'autunno del 1850. Altri tentativi seguirono dal 1858 al 1862, durante i quali uno degli uomini coinvolti morì bruciato per la rottura di una caldaia.
Il lavori furono ripresi dalla Oak Island Association, che tentò di intercettare il tunnel che presumibilmente alimentava d'acqua il pozzo. Quando un primo scavo di 120 piedi (36,6 metri) fallì nell'impresa, ne fu scavato un altro ad una distanza di 18 piedi (5,5 metri) dal Money Pit (come si incominciò a chiamarlo). Tuttavia l'acqua cominciò ad allagare anche questo. Fu intrapresa una imponente operazione di prosciugamento del pozzo, durante la quale il Money Pit collassò. Alcuni dissero che il pozzo era stato progettato proprio per difendere il presunto scrigno, che in tale occasione sarebbe sprofondato in un profondo baratro. L'opera dell'associazione fu ripresa nel 1866 dalla Oak Island Eldorado Company, ma senza risultati significanti.
Passarono diversi decenni, e nel 1897 la Oak Island Treasure Company (nata quattro anni prima) localizzò il ricercatissimo "tunnel dei pirati" che portava dalla Smith's Cove al Money Pit. Il tunnel fu portato alla luce con la dinamite. In seguito alla scoperta di un frammento di pergamena sulla quale erano state vergate due lettere (forse "RI") ci furono numerose lamentele a causa del metodo violento usato per portare alla luce quel passaggio. Furono, inoltre, trovate tracce di una pietra (o una specie di cemento) di un materiale simile al gesso. Nello stesso anno un altro operaio impegnato nei lavori di scavo morì per la rottura di una corda alla quale era stato fissato mentre si trovava issato nel pozzo.
Le ricerche continuarono anche nel nuovo secolo con lo scavo di innumerevoli pozzi, che resero irriconoscibile la topografia della zona, rendendo, così, assolutamente inutili tutte le vecchie carte. Ancora nel 1965 morirono quattro uomini in un pozzo, soffocati dai gas di un motore.
Nel 1966 un imprenditore edilizio proveniente dalla Florida, Dan Blankenship, si unì all'uomo d'affari di Montréal David Tobias per riprendere la ricerca. Incominciarono una estesa operazione di trivellazione, scavando qualcosa come sessanta pozzi in un solo anno, arruolando un gran numero di investitori in quella che chiamarono Triton Alliance. Sfortunatamente diversi problemi di natura meccanica, il crollo della borsa del 1987 e altri problemi, compreso il fallimento di uno dei due fondatori, posero fine al “Grande Scavo” da 10 milioni di dollari messo in progetto. Una volta che fu aperto ai turisti, il sito fu praticamente abbandonato.
Nei secoli la leggenda di un possibile tesoro ha attirato l'attenzione di rabdomanti, scrittori automatici, chiaroveggenti, medium, lettori di Tarocchi, interpreti di sogni, psicometristi e molti altri visionari e veggenti, oltre che eccentrici inventori di oggetti come il "Raggio a onde minerali" e l'aeroplano dotato di un "rivelatore di tesori".
E’ evidente che al crescere delle difficoltà nell’opera di scavo, crescevano anche le aspettative nei confronti del contenuto del pozzo: si pensava che una protezione del genere sarebbe stata messa in atto per proteggere qualcosa di estremamente prezioso. Si sosteneva, infatti, che l’immenso lavoro richiesto per costruire il pozzo e per predisporre il tunnel dal quale proveniva l’acqua fosse la prova del fatto che sul fondo non si trovasse soltanto il bottino di qualche pirata, ma addirittura il tesoro della corona francese, i manoscritti originali di Shakespeare, i segreti del Continente Perduto di Atlantide, il “tesoro perduto” dei Cavalieri Templari o addirittura il Sacro Graal.
Ma al fondo del pozzo, si trova davvero un tesoro? E’ verosimile che il Graal sia finito proprio lì? I sostenitori di questa teoria si rifanno ad un fatto legato alle molte leggende sorte in seguito all’arresto dei Templari avvenuto nel 1307: si narra, infatti, che la mattina del 12 settembre di quello stesso anno, due giorni prima che il re di Francia facesse partire gli ordini di arresto, una flotta di Cavalieri salpò dal porto atlantico di La Rochelle verso una destinazione ignota. Secondo alcuni, essi raggiunsero la Scozia dove furono assoldati da Robert Bruce per sconfiggere le armate inglesi del Re Edoardo. I Cavalieri erano in rapporto di stretta amicizia con il principe Henry St. Clair, il terzo Lord di Roslin. Con l'aiuto dei Templari, il principe scozzese costruì una cappella, la Rosslyn Chapel, che contiene a tutt’oggi centinaia di simboli relativi ai Templari e al Sacro Graal impressi nelle sue volte e colonne, sui pavimenti e sulle lastre tombali. Andrew Sinclair, uno scrittore che afferma di essere diretto discendente di Henry St.Clair, sostiene che i suoi presunti antenati, insieme ai Templari, avrebbero intrapreso già nel 1398 – quasi un secolo prima di Cristoforo Colombo – una spedizione verso il continente americano, ove desideravano creare una nuova Gerusalemme fuori dalla portata pontificia, dalla quale operare una vasta missione evangelizzatrice. Essi avrebbero fondato due colonie, una a Newport nel Rhode Island, una a Louisburg in Nova Scotia. Proprio in Nova Scotia avrebbero scavato il Money Pit, sul fondo del quale sarebbe stato custodito il tesoro che i Templari avevano accumulato nel corso dei secoli in Terrasanta. E forse tale tesoro comprendeva anche il Sacro Graal.
Tali teorie non sono affatto supportate da prove convincenti. Al contrario esiste uno studio (pubblicato sul numero di The Skeptical Inquirer del marzo 2000) a cura di Joe Nickell, membro dello CSICOP, che analizza in dettaglio i vari avvenimenti legati alla leggenda di Oak Island proponendo uno scenario molto più verosimile, che non scomoda tesori perduti o trappole segrete appositamente predisposte, ma si limita a considerare con occhio critico gli elementi che compongono la complessa vicenda del Money Pit.
Nickell si occupa del mistero di Oak Island dal 1982. Dovendo tenere una conferenza nei dintorni di New Brunswick, decise di non farsi sfuggire una visita alla tanto celebrata isoletta della Nova Scotia. Prima di raggiungerla, tentò di contattare senza successo uno dei due membri della Triton Alliance, David Tobias. Riuscì, però, ad avere un colloquio con Jim Harvey, un ex ufficiale della polizia canadese all’epoca investigatore privato che era responsabile della sicurezza su Oak Island, da cui seppe che l’accesso all’isola era ormai vietato ai visitatori. Harvey gli disse, inoltre, che sarebbe stato pericoloso tentare anche solo di raggiungere l’isola; sembrava chiaro che l’ex ufficiale di polizia si riferisse non troppo velatamente al risaputo caratteraccio di Dan Blankenship, l’altro membro della Triton Alliance che viveva ancora su Oak Island. Costui, infatti, alcuni anni prima era balzato alla cronaca per un fatto increscioso, avvenuto con un altro residente dell’isola, Frederick Nolan. Secondo i resoconti che furono dati, Blankenship si era minacciosamente diretto verso Nolan con un fucile in mano, e la situazione sarebbe presto degenerata se non fosse intervenuta la polizia a confiscargli l’arma.
Jim Harvey offrì comunque a Nickell la possibilità di circumnavigare l’isola con il suo motoscafo. Fu con un po’ di trepidazione che nel pomeriggio del 1° luglio 1991 Nickell raggiunse la strada che congiungeva Oak Island con il continente. Il ponte fu costruito nel 1965 in modo che una grande macchina scavatrice potesse raggiungere la zona degli scavi più agevolmente. Attualmente reca la scritta: “Privato / Divieto di caccia e di accesso / Pericolo”.
Dan Blankenship probabilmente era stato messo sulla difensiva da un articolo che era uscito sulla stampa canadese, a proposito di uno “scettico di professione” che stava raggiungendo Oak Island. Nickell, comunque, era riuscito a contattare il ricco uomo d’affari che lo aveva cortesemente invitato a visitare la sua casa. Qui, Blankenship gli aveva mostrato reperti, fotografie, articoli e un video realizzato da una telecamera calata in un pozzo, tutti frutto di 35 anni di ricerche che avevano fatto guadagnare all’uomo il titolo di “Oak Island’s most obsessive searcher” (“Il più ossessivo ricercatore di Oak Island”). Il video rivelava l’interno di un tunnel, decorato con delle assi di legno apparentemente integre, nel quale si intravedeva uno scrigno, un secchio ed altri presunti reperti. Blankenship disse di aver localizzato il luogo con tecniche rabdomantiche.
Il giorno successivo Nickell circumnavigò l’isola con Jim Harvey, riuscendo – così – a farsi un’idea anche sul resto dell’isola. Nel suo studio The Secrets of Oak Island scrisse: “Man mano che i miei studi si intensificavano su Oak Island, il mio scetticismo aumentava. Altri mi avevano preceduto nell’individuare i due principali elementi dell’enigma, benché nessuno fosse stato in grado di unirli: uno riguardava la natura del Money Pit, l’altro la fonte di alcuni strani elementi della saga, come la presunta pietra impressa con misteriose iscrizioni.”
Sorgono dubbi già sul resoconto che fu dato della scoperta della depressione del terreno, fatta nel 1795 da Daniel McInnis. Potrebbe essere apocrifo il particolare della vecchia carrucola penzolante sopra il cratere: esso si baserebbe sull’ipotesi – sorta successivamente – che all’interno del pozzo sottostante fosse stato calato un tesoro. Nondimeno alcuni autori sono insolitamente precisi nel descrivere le caratteristiche della carrucola. Secondo alcuni, la vecchia carrucola proveniva da una nave, era stata appesa ad un ramo di quercia biforcato ed era stata fissata su un chiodo di legno disposto tra le due estremità della biforcazione, a formare un piccolo triangolo. Altri sostengono che sull’albero ci fossero incisi alcuni strani segni.
Al contrario di quanto affermato da costoro, è asssolutamente impensabile che dei pirati o chiunque desiderasse nascondere un tesoro lasciasse dei segni così evidenti che avrebbero tradito in modo così palese la presenza di un nascondiglio.
Per rispondere a questa critica, alcuni autori sostengono che in realtà McInnis vide soltanto un ramo tagliato e capì dalla conformazione del legno che in passato si trovassero delle corde e una carrucola, ma si tratta di una ipotesi che pare un po’ forzata.
Anche il fatto che ad intervalli regolari di dieci passi di profondità si fossero trovate da nove a undici piattaforme viene riportato da resoconti molto successivi ai primi scavi, e sembra più che altro essere il risultato di un mosaico eterogeneo di voci e notizie che si sono accumulate negli anni. Un resoconto del 1864 parla di uno strato di foglie a due piedi (60 centrimetri) di profondità “evidentemente ivi disposte da qualcuno” e di alcune travi di legno di quercia a dodici piedi (3,6 metri) di profondità. Poi, per oltre quindici piedi (4,6 metri) di profondità, non si troverebbe più nulla. James McNutt, che scavò nello stesso periodo (1863) descrisse una differente disposizione dei vari strati incontrati.
Nel 1911 un ingegnere di nome Henry L. Bowdoin, che aveva a lungo scavato sull’isola, giunse alla conclusione che non vi fosse alcun tesoro. Mise in dubbio l’autenticità di diversi presunti reperti (come la pietra cifrata e la catena d’oro) e attribuì la conformazione del Money Pit a fenomeni naturali. Altri affermarono che in realtà il leggendario pozzo non fosse altro che una gola causata dal naturale cedimento delle rocce sottostanti. Effettivamente la falda che si estende sotto Oak Island è composta principalmente da calcare ed anidrite, la cui presenza spesso si accompagna con la formazione di grotte e anfratti. L’aspetto superficiale di queste caverne sotterranee è costituito oltre che da crepe anche da depressioni o gole.
A conferma di ciò si può riportare il fatto che il Money Pit non sia l’unica depressione sull’isola: nel 1878 Sophia Sellers stava arando quando improvvisamente il terreno sprofondò sotto il suo bue.
Lo stesso geologo E. Rudolph Faribault trovò numerose gole naturali nei territori di fronte all’isola, e in un rapporto stilato nel 1911 concluse che c’erano “forti elementi” a sostegno del fatto che le presunte strutture artificiali di Oak Island fossero in realtà cavità naturali. Ulteriori conferme a questa teoria vennero nel 1975, quando a meno di un chilometro a nord dell’isola fu realizzato un sistema per la rimozione delle acque luride. Gli operai ruppero con i propri macchinari uno strato di pietre sotto il quale si trovava una caverna profonda oltre 16 metri.
Fred Nolan riporta ancora il fatto che, quando nel 1969 la Triton Alliance scoprì una caverna nei pressi del tanto favoleggiato tesoro ad una profondità di 165 piedi (50,2 metri), Blankenship e Tobias sostennero si trattasse di una caverna realizzata da alcuni uomini, quando in realtà le probabilità che lo fosse realmente sono pressoché nulle. Il fatto è confermato da Mark Finnan, convinto che il sottosuolo di Oak Island sia unicamente di natura geologica e che le sue profondità non abbiano avuto alcun intervento umano. Questo fatto rende poco plausibile l’idea di trappole nascoste per proteggere un tesoro sull’isola.
I diversi strati di legname rinvenuti si spiegherebbero, poi, con periodici allagamenti del pozzo seguiti dallo sprofondamento nello stesso di alberi caduti, che nel corso dei secoli avrebbero assunto l’aspetto di piattaforme di travi marce; è interessante notare che un pozzo dalle caratteristiche simili a quelle del Money Pit fu scoperto nel 1949 sulla spiaggia della Mahone Bay, otto chilometri a sud di Oak Island.
Si scrisse a proposito di questo ritrovamento che a circa 60 centimetri di profondità fu rinvenuto uno strato di pietre, sotto il quale erano stati rinvenuti pezzi di quercia e abete in forma di travi ad intervalli regolari. Alcuni pezzi di legno erano addirittura bruciacchiati. Si sospettò subito di aver trovato un altro Money Pit.
Al giorno d’oggi, dopo due secoli di ricerche, la parte orientale dell’isola è stata rastrellata con cura per mezzo di trivelle, tunnel, scavi che si sono diretti da e verso ogni direzione immaginabile, complicando ulteriormente la topologia sotterranea della zona e rendendo difficile determinare la natura del pozzo originale.
I ricercatori di tesori e coloro che guadagnano vendendo misteri fanno presto, comunque, a respingere qualunque teoria che spieghi il pozzo e le depressioni di Oak Island in termini di formazioni naturali. Gli elementi portati a sostegno delle loro ipotesi sono diversi; si chiedono, ad esempio, quale sia l’origine delle iscrizioni sulle pareti del Money Pit, dei frammenti di pergamena e del materiale fibroso proveniente dal guscio del cocco, un tempo usato sulle navi per proteggere i carichi, tutti ritrovati all’interno del pozzo principale. E ancora, da dove viene la pietra incisa con strane iscrizioni, ritrovata nel pozzo nel 1803, o il triangolo equilatero di tre metri per lato realizzato con pietre, rinvenuto nel 1897, o ancora la croce megalitica che Fred Nolan trovò sulla spiaggia meridionale nel 1981?
Come è già stato evidenziato in precedenza nel caso della vecchia carrucola appesa alla quercia, molti elementi della storia degli scavi di Oak Island sono poco attendibili; a conferma di ciò si può constatare come la teoria della depressione naturale possa spiegare il modo in cui oggetti del genere abbiano potuto raggiungere le profonde caverne sotto l’isola.
E’ ancora Nickell a far notare come diversi elementi che compongono lo scenario appena presentato sembrino avere qualche riferimento alla storia della Massoneria.
La Massoneria è una società segreta che fu fondata a Londra nel 1717 e che presto di diffuse in Europa e ina America. Le sue origini risalgono alle corporazioni medievali inglesi e tedesche di liberi muratori. Generalmente ispirata agli ideali illuministici di tolleranza religiosa, libertà di pensiero ed eguaglianza sociale, si è arricchita nel corso dei secoli di un complesso sistema allegorico-simbolico, che fa spesso riferimento alla costruzione del Tempio di Re Salomone.
Una di queste allegorie parla di una cripta segreta, nella quale Salomone avrebbe fatto custodire dei preziosi segreti. Si racconta di tre pellegrini che, trovandosi presso le rovine del Tempio, avrebbero scoperto la stanza sotterranea e trovato una cassetta contenente l’Arca dell’Alleanza.
L’immagine della cripta segreta è stata utilizzata da diversi scrittori, e così il suo simbolismo che fa riferimento a segreti perduti e tesori nascosti. Uno per tutti Sir Arthur Conan Doyle, massone dichiarato, che in diverse storie di Sherlock Holmes fece allusioni alla cripta. In “The Adventure of Shoscombe Old Place” il detective raggiunge una vecchia cappella di proprietà degli Shoscombe, e passando attraverso un muro cedevole (nel testo originale “masonry”, che significa anche “massoneria”) percorre una scalinata che scende verso una cripta. Il suo cliente, non a caso chiamato “Mister Mason”, Holmes trova la chiave che gli permette di risolvere una serie di strani misteri.
Altri autori si cimentarono con l’allegoria della cripta segreta massonica, e alcuni furono presi alla lettera dai lettori. Jonathan Swift, ad esempio, scrisse un racconto intitolato “Lost Silver Mine of Eastern Kentucky” (“La miniera d’argento perduta del Kentucky orientale”). La narrazione, però, era molto verosimile: sosteneva, infatti, di aver esplorato la regione prima di Daniel Boone, e di aver inciso su un albero i simboli del compasso, della cazzuola e della squadra – di chiaro stampo massone – e di aver scoperto proprio in quella regione una miniera d’argento (la cui presenza, secondo i geologi, è molto dubbia). Swift disse d’aver conservato il tesoro in una grotta e di averla chiusa con un lavoro di muratura (“masonry form”).
Un altro massone della Virginia pubblicò i Beale Papers, nei quali descrisse la storia di un tesoro perduto che era stato nascosto di nuovo in una cripta, questa volta decorata con “pietre allineate”. Né si può dimenticare il cosiddetto mistero della Cripta delle Isole Barbados: secondo gli innumerevoli, ma storicamente dubbi, resoconti, ogni volta che la cripta in questione fu aperta tra il 1812 e il 1820, le bare all’interno furono trovate in uno strano stato di confusione. Riordinate le casse, la cripta fu chiusa da un gruppo di massoni, ma dopo un po’ di tempo le bare furono trovate di nuovo in disordine. Si racconta un fatto simile risalente al 1943, ma questa volta la cripta conterrebbe la bara del fondatore della Massoneria nelle Barbados.
Diventano ora evidenti le connessioni tra i racconti ispirati a questa simbologia massonica e la leggenda di Oak Island: il Money Pit sembra essere direttamente collegato con l’immagine della cripta segreta. Le strane iscrizioni che sarebbero state trovate sulla quercia nei pressi del pozzo ricordano l’iconografia massonica.
I tre giovani che scoprirono il Money Pit sembrano far riferimento ai tre pellegrini che scoprirono la cripta segreta di Salomone.
Esiste un particolare rituale massonico per il quale il candidato viene calato con una corda giù per un pozzo, attraverso una serie di botole: è notevole la somiglianza di questo rito con i racconti sugli operai che si calarono nel Money Pit incontrando le presunte piattaforme di legno ad intervalli regolari. Durante la cerimonia, il candidato porta con sé vanga, piccone e palanchino, strumenti da lavoro simbolici di un particolare grado della massoneria.
Altri elementi si ricollegano direttamente ai rituali massoni: si racconta che nel 1803 gli operai analizzarono il fondo del pozzo con un piede di porco e colpirono quello che pensavano si trattasse di uno scrigno; la descrizione è identica a quella relativa alla leggenda della cripta segreta, rinvenuta colpendo il terreno con un piede di porco.
La pietra morbida, il carbone e l’argilla trovate nel pozzo si rifanno implicitamente ai tre elementi citati nel rituale massone del grado dell’Entered Apprentice, “Gesso, Carbone e Argilla”, che rappresenterebbero le tre virtù “libertà, entusiasmo e zelo”.
Gli stessi artefatti trovati nel pozzo o nei suoi pressi non sono probabilmente altro che resti degli antichi abitanti dell’isola. E’ innegabile comunque la natura sospetta di alcuni di essi: secondo un resoconto, gli anelli della catena d’oro rinvenuti nel 1849 furono portati sul posto dagli stessi operai, per incoraggiare ulteriori scavi.
Uno dei ritrovamenti più suggestivi è certamente la pietra cifrata, che scomparve intorno al 1919. Il testo fu variamente interpretato (Barry Fell, uno zoologo improvvisatosi epigrafo, sostenne che ad esempio si trattava di linguaggio Copto, e che il messaggio diceva di volgere il pensiero a Dio per evitare la morte) anche se si trattava di un semplice codice cifrato: “Forty Feet Below Two Million Pounds Are Buried” (Quaranta piedi in profondità sono sepolti due milioni di Pounds).
Molti ricercatori di Oak Island ritennero il testo una burla, anche considerando il fatto che i rituali massoni parlano di un messaggio cifrato da decodificare, trovato nella cripta segreta.
Altri artefatti sembrano avere significati rituali per i rituali massoni; tra questi il triangolo di pietra, la grande croce cristiana e la pietra modellata a forma di cuore.
Anche una vecchia squadra di metallo ritrovata alla Smith's Cove potrebbe legarsi ai rituali della Massoneria: si racconta, infatti, che nella cripta segreta si troverebbero “tre piccole squadre”, e in genere – insieme al compasso – la squadra è un chiaro elemento massone.
Su Oak Island ci sono diverse pietre incise con iscrizioni chiaramente massoniche.
Nel 1936 Gilbert Hedden ne rinvenne una presso la Joudrey's Cove, che recava incisa una croce decorata da una H e un cerchio con un punto al centro. Le incisioni rappresentano, nella simbologia massone, la lettera ebraica per Jehovah e il cosiddetto “Punto dentro il cerchio”, incisione che si riferisce all’umanità (il punto) immersa nella creazione di Dio (il cerchio).
Un’altra incisione massone fu trovata nei pressi del Cave-in Pit nel 1967. Capovolta da un bulldozer che stava scavando, recava sulla faccia sottostante la lettera “G” inscritta in un rettangolo. Secondo la simbologia massone il rettangolo (che viene detto “quadrato allungato”) contenente una “G” rappresenta il Grande Geometra dell’universo, Dio stesso (“God” in inglese).
A proposito di questo simbolo Mark Finnan scrisse che si tratta del “più diffuso e familiare di tutti i simboli della Massoneria” e fa notare come la sua presenza su Oak Island e la sua disposizione – si trova sul versante orientale dell’isola, visto come la sorgente della luce negli insegnamenti massoni – indica che un gruppo di individui con una profonda cultura massone devono aver visitato nei tempi passati l’isola.
La stessa ricerca del tesoro di Oak Island è stata portata avanti a lungo da massoni della Nova Scotia. Finnan, che ebbe accesso ad alcuni archivi massoni, poté ricostruire alcuni avvenimenti chiave della storia dell’isola. La Massoneria giunse in Nova Scotia nel 1738, ed è quasi certo che gli organizzatori del primo scavo furono proprio massoni. Così nel corso dei secoli diversi individui che collaborarono agli scavi erano legati a logge massoniche, e alcuni di questi raggiunsero anche i gradi di iniziazione più alti. Tra questi, A. O. Creighton, il ricercatore della Oak Island Association che partecipò alla rimozione della pietra incisa nel 1865, e Frederick Blair, la cui famiglia fu coinvolta nelle ricerche dal 1863.
Blair, che nel 1893 costituì la Oak Island Treasure Company, era un importante membro della loggia di Amherst, in Nova Scotia.
Così il ricercatore William Chappell era un altro attivo massone, e suo figlio Mel raggiunse il grado di Gran Maestro Provinciale della Nova Scotia, carica che mantenne dal 1944 al 1946.
Sono molti altri i massoni che intervennero nelle ricerche: tra questi Gilbert Hedden of Chatham, del New Jersey, che collaborò alle ricerche dal 1934 al 1938, succeduto fino al 1944 dal Professor Edwin Hamilton. Hedden si preoccupò per tutta la durata dei lavori di tenere informato il massone re Giorgio VI di Inghilterra, mentre Hamilton, che coprì la carica di Gran Maestro della Grande Loggia del Massachusetts, diede il via ad una fitta corrispondenza con il presidente Franklin Roosevelt, altro massone dichiarato. Lo stesso Roosevelt partecipò agli scavi durante l’estate e l’autunno del 1909.
Altri massoni eminenti, coinvolti nelle ricerche di Oak Island, furono l’esploratore dei poli Richard E. Byrd e l’attore John Wayne.
E’ significativo anche il fatto che il primo a scrivere un libro completo su Oak Island su ordine di Frederick Blair fu Reginald Harris, avvocato di Blair ed Hedden. Anche costui era un massone del 33° grado, Gran Maestro provinciale dal 1932 al 1935. L’investigatore Ron Rosenbaum scoprì tra le carte di Harris frammenti di una rappresentazione in costume che accompagnava il rito di iniziazione al 32° grado. L’allegoria era ambientata nel 1535 presso l’abbazia di Glastonbury; qui il Primo Ministro sta tentando di confiscare il favoloso tesoro dell’Ordine. Ma dal tesoro manca un pezzo, il più prezioso: il Santo Graal. I massoni vengono, così, sospettati di averlo nascosto per metterlo al sicuro.
E’ forse questa allegoria che ha generato le voci intorno alla possibile presenza del Graal su Oak Island. I sostenitori di questa teoria ipotizzano che il calice si trovasse tra i tesori dei Cavalieri Templari, precursori dei più moderni massoni.
Da qualunque parte li si osservi, tutti i fatti relativi all’enigma di Oak Island sembrano indicare una stretta implicazione della Massoneria. Le conclusioni cui si può ragionevolmente giungere sono due: in primo luogo il “Money Pit” e i cosiddetti “tunnel dei pirati” non sono altro che naturali formazioni; in secondo luogo, moltissimi dei resoconti fatti su ciò che avvenne su Oak Island sono basati sulla simbologia massone, e trovano innumerevoli punti di contatto con l’allegoria della “cripta segreta”. Sarà forse impossibile capire con esattezza se elementi massonici si siano appoggiati su una preesistente leggenda riguardante un tesoro o se invece sia stata la Massoneria stessa a generare la leggenda. I contorni della vicenda sono, comunque, chiari: nessun calice riposa sul fondo del Money Pit.