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Visualizza Versione Completa : La Dittatura del proletariato è dittatura e basta



19-05-02, 14:55
Originally posted by S.P.Q.R.
[QUOTE]Originally posted by gdr

La democrazia non è la dittatura della maggioranza. [/QUOTE




Hai perfettamente ragione la democrazia è la dittatura del proletariato

La cosiddetta "dittatura del proletariato" contiene già, in sè, la sua essenza: è dittatura e basta
. Ma perchè mettete in bocca scemenze alla gente che non conoscete? Tu, probabilmente hai concepito il seguente pensiero:
-gdr non è di destra
-scrive sul forum di rifondazione
-ergo è comunista

Peccato che scrivere su un forum non significhi condividerne gli assunti. Altrimenti, dove andrebbe a fiinire il dibattito?

Non credo, comunque che, fra gli obiettivi di rifondazione, vi sia l'instaurazione della dittatura del proletariato. Per quello che ne so io, almeno, non facendo parte di questo partito e non avendo nessuna voglia di farne parte in futuro.

Roderigo
19-05-02, 15:04
Originally posted by gdr
Non credo, comunque che, fra gli obiettivi di rifondazione, vi sia l'instaurazione della dittatura del proletariato. Per quello che ne so io, almeno, non facendo parte di questo partito e non avendo nessuna voglia di farne parte in futuro.
No, non ne fa parte. Anche se ogni tanto il compagno Ferrando prova ad infilarcelo nelle tesi congressuali. :)

Piccola disgressione:

In verità, si tratta di una formula che ha avuto significati diversi. In Marx era semplicemente il potere della maggioranza, in una situazione in cui il potere era della sola minoranza borghese (un decimo della società), e non esisteva nè il suffragio unersale, nè la democrazia parlamentare del '900.
In Lenin, invece, che al proletariato non riconosceva reale autonomia, la dittatura del proletariato, altro non era che la dittatura del partito del proletariato.

Oggi, è una formula che non avrebbe alcun senso.

R.

19-05-02, 15:07
Originally posted by Roderigo

No, non ne fa parte. Anche se ogni tanto il compagno Ferrando prova ad infilarcelo nelle tesi congressuali. :)

R.

Chi è questo Ferrando? Uno che crede di vivere nell'Ottocento? :D

Roderigo
19-05-02, 15:14
Originally posted by gdr
Chi è questo Ferrando? Uno che crede di vivere nell'Ottocento? :D
E' il leader della minoranza interna (20%).
Non credo, che su questo punto abbia davvero tutto il consenso della sua corrente. Egli è di formazione trotzkysta ortodossa, cioè ancora più a sinistra dei trotzkysti della Lega Comunista Rivoluzionaria (Maitan). E, nell'ambito del partito, tende a legittimarsi appunto come rappresentante di una ortodossia rivoluzionaria.
Probabilmente, non condividerebbe questo modo di rappresentare le sue posizioni, ma pe spiegarmi in poche battute, a me pare sostanzialmente sia così.

R.

19-05-02, 15:19
Originally posted by Roderigo

E' il leader della minoranza interna (20%).
Non credo, che su questo punto abbia davvero tutto il consenso della sua corrente. Egli è di formazione trotzkysta ortodossa, cioè ancora più a sinistra dei trotzkysti della Lega Comunista Rivoluzionaria (Maitan). R.

Beh, allora, se non nell'Ottocento, sarà convinto di vivere nella prima metà del Novecento :D

Roderigo
19-05-02, 15:29
Originally posted by gdr
Beh, allora, se non nell'Ottocento, sarà convinto di vivere nella prima metà del Novecento :D
Qui è possibile conoscerlo meglio:
http://www.geocities.com/capitolhill/lobby/3545/P24/P23FERRANDO.html
Siamo però al congresso del 1998, e ci sono anche i link della sua rivista.

R.

19-05-02, 15:35
Originally posted by Roderigo

Qui è possibile conoscerlo meglio:
http://www.geocities.com/capitolhill/lobby/3545/P24/P23FERRANDO.html
Siamo però al congresso del 1998, e ci sono anche i link della sua rivista.

R.

Ti ringrazio del pensiero, ma credo che mi addormenterei dopo tre minuti ;)

19-05-02, 15:37
Sempre più liberal, eh? Fra un po', ti convincerai di essere la reincarnazione di John Stuart Mill ;)

soviet999
19-05-02, 20:34
Mh....dittatura del proletariato un termine senza senso??...forse in Italia, ma nel terzo mondo è l'unica via di liberazione!

Cmq, come ha precisato Roderigo, per Marx il termine "dittatura del proletariato" significava semplicemente "governo del proletariato" (le due parole erano allora sinonimi); Lenin ha semplicemente specificato che non si tratta esattamente di una dittatura di classe, ma di una dittatura dell'avanguardia del proletariato, ciò che è il partito comunista. Con Stalin è diventata una dittatura personale.

Ad ogni modo (non nei paesi industralizzati, altrove...) la dittatura del proletariato rappresenta una dittatura democratica (dittatura perchè nn lascia adito a proteste della borghesia, democratica perchè rappresenta la maggioranza) il che è l'unica via per una democrazia vera, partecipativa e senza alcuna delega.

PS: una dittatura democratica è sempre meglio di una democrazia dittatoriale...non trovate??:p

Tovarish
19-05-02, 20:56
La dittatura del proletariato rappresenta semplicemente il sovvertimento dell'ordine borghese, della dittatura borghese.
Non esiste la democrazia tout-court, deve sempre essere aggettivata. O al potere vi sono gli sfruttatori e i capitalisti, e siamo nella dittatura borghese, o il popolo si ribella e distrugge gli affamatori e impone la propria dittatura democratica popolare.

Giuseppe Stalin: sulla dittatura del proletariato

Non si può considerare la rivoluzione socialista come un colpo improvviso e di breve durata; essa è una lunga lotta delle masse proletarie che sconfiggeranno la borghesia e conquisteranno le sue posizioni. E poiché la vittoria del proletariato sarà al tempo stesso dominio sulla borghesia vinta, poiché, durante lo scontro delle classi, la sconfitta di una classe significa il dominio dell'altra, la prima fase della rivoluzione socialista sarà il dominio politico del proletariato sulla borghesia.
Dittatura socialista del proletariato, la conquista del potere da parte del proletariato: ecco come deve incominciare la rivoluzione socialista.
Ma ciò significa che finché la borghesia non è completamente vinta, finché non le sarà confiscata la ricchezza, il proletariato deve necessariamente avere a propria disposizione la forza armata, deve necessariamente avere una "guardia proletaria",
mediante la quale respingerà gli attacchi controrivoluzionari della borghesia morente, proprio come avvenne per il proletariato parigino durante la Comune.
La dittatura socialista del proletariato è necessaria perché grazie ad essa, il proletariato possa espropriare la borghesia, confiscare a tutta la borghesia la terra, i boschi, le fabbriche e le officine, le macchine, le ferrovie, ecc.
L'espropriazione della borghesia: ecco a che cosa deve condurre la rivoluzione socialista.
Questo è il mezzo principale e decisivo grazie al quale il proletariato abbatterà l'ordinamento capitalistico moderno.

Stalin, Anarchia o socialismo, dicembre 1906 aprile 1907 - Opere complete, vol. 1, p. 389

soviet999
19-05-02, 21:06
Si, ma...dopo la dittatura del proletariato???? Ci sarà il comunismo, l'anarchia, la democrazia.

Pieffebi
19-05-02, 21:25
Si sta facendo una gran confusione.
La formula "dittatura democratica degli operai e dei contadini" fu prevista da Lenin, in contrapposizione alla tesi menscevica che voleva lasciare ai liberali la direzione della rivoluzione borghese nella Russia zarista, e alla concezione trotzkysta della "rivoluzione permanente" che prevedeva l'impossibilità per il proletariato, assunta come voleva Lenin, le direzione del movimento rivoluzionario "borghese", di fermarsi alla fase "democratica" del processo senza iniziare ad assumere provvedimenti SOCIALISTi, instaurando pertanto la Dittatura del proletariato, pur alleato dei contadini.
E' noto che con le Tesi di Aprile del 1917 Lenin, ritornato in Russia dopo la rivoluzione di febbraio, mutò profondamente la linea strategica del partito bolscevico, assumendo una posizione, almeno di fatto, convergente con l'ipotesi di Trotzky (che invece si allineò a Lenin riguardo alla concezione del partito e ad altre questioni).
La dittatura rivoluzionaria del proletariato, nella concezione marxista è la forma che assume lo Stato nel periodo di transizione fra il capitalismo e il comunismo. Ora, per Marx ed Engels, lo Stato è il prodotto dell'antagonismo sociale fra le classi e, in regime capitalistico, l'organo del dominio politico della classe economicamente dominante, il "comitato d'affari" della borghesia e il "capitalista collettivo ideale". Gramsci sintetizza il tutto con l'espressione "ogni Stato è una dittatura".
Per Lenin, che ribadisce la concezione marxista dello Stato contro i "revisionisti" socialdemocratici e poi contro "il rinnegato Kautsky", la dittatura rivoluzionaria del proletariato è esattamente la forma che assume lo Stato proletario, ossia "l'organizzazione della classe operaia in classe dominante".
Questa visione marxista si congiunge in Lenin alla sua evoluzione del marxismo riguardo alla "teoria del partito" e della formazione della coscienza politica di classe.
Ne consegue che la dittatura di classe del proletariato non può non attuarsi che sotto la ferrea direzione dell'avanguardia cosciente e rivoluzionaria della classe, ossia il partito.
Lenin taccia di estremismo e di infantilismo qualsiasi concezione "democraticista" del processo rivoluzionario, criticando radicalmente anche, a destra, ogni "svilimento liberale della dittatura proletaria" (il rinnegato Kautsky) e della concezione marxista dello Stato, fino a denunciare il "cretinismo parlamentare" dei centristi e degli opportunisti, proponendo la tattica della partecipazione alle elezioni borghesi nell'ambito dell'utilizzazione di tutte le armi possibili contro il nemico di classe (combinazione del lavoro legale con quello illegale), nella fattispecie l'utlizzazione del seggio parlamentare quale "tribuna rivoluzionaria".
La dittatura rivoluzionaria e il terrore rosso non sono concepiti da Lenin come "casi particolari" della rivoluzione russa in quanto rivoluzione in un paese arretrato e non democratico. Anzi, la previsione leninista è che mentre in russia la guerra civile ha seguito la presa del potere rivoluzionario da parte della classe operaia, che ha ancora compiti democratici da compiere, proprio in ragione dell'arretratezza del paese (doppia rivoluzione, secondo Bordiga - rivoluzione permanente secondo Trotzky - rivoluzione contro "il Capitale" di K. Marx secondo il giovane Gramsci), in occidente la presa del potere rivoluzionario sarà successiva ad una lunga guerra civile di classe.
La giustificazione della dittatura del partito e del terrore rivoluzionario da parte di Lenin e Trotzky, assume caratteri generali ed universali, sebbene certamente si evidenzi come in occidente la lotta sarà diversa, e per certi versi assai più aspra proprio a cagione della forza della borghesia, della sua ideologia, e delle superstizioni piccolo borghesi e democraticiste che si impongono alla classe operaia (che va conquistata in maggioranza al partito).
Contro gli eccessi palesemente antidemocratici, illiberali e terroristici del bolscevismo, si leverà anche la socialista di sinistra Rosa Luxemburg, che in uno scritto, lasciato tuttavia per molto tempo nel cassetto, accuserà Lenin e Trotzky di soppressione della democrazia, ricordando loro come la libertà fosse comunque la libertà "di chi pensa diversamente".
ll modello dittatoriale sovietico sarà esaltato dal movimento comunista internazionale, ed assunto, pur nelle varie "specificità nazionali", quale esempio universale ed indicazione della "forma dello Stato" nel periodo di transizione al comunismo.
Le cose peggioreranno nettamente con lo stalinismo, ove ogni residua libertà politica fu soppressa anche all'interno del partito, e ove con la teorizzazione dell'acuirsi della lotta di classe man mano che il partito procedeva a costruire il socialismo "in un paese solo" si diede il via, dal punto di vista teorico, alla fossilizzazione dogmatica del totalitarismo comunista nella concezione "marxista-leninista" della dittatura proletaria, e dal punto di vista pratico.....al terrore di massa, anche contro il partito stesso.
Ne' si può dire che, se ben esaminata, l'elaborazione gramsciana sull'egemonia, pur intellettualmente e culturalmente superiore allo stalinismo (e filosoficamente dipendente dall'idealismo italiano di Croce e soprattutto di Gentile, oltre che da Marx e Hegel) rappresenti una visione meno totalitaria del potere proletario, anche se in Gramsci è ben presente la complessità delle società occidentali rispetto all'arretrata Unione Sovietica.
Con la vittoria sulle dittature fasciste e naziste, che vide l'URSS comunista alleata delle democrazie occidentali, la parola dittatura, divenuta invisa alle masse, fu gradualmente abbandonata nella propaganda ufficiale, e conservata solo, per alcuni lustri, nei testi teorici. Si preferirono le locuzioni "egemonia", "democrazia popolare" (che di fatto ha altre origini e altro significato), o forme ibride e transitorie come "democrazia progressiva" (che di fatto è una transizione alla ....transizione della dittatura proletaria), o...infine..."democrazia proletaria" e "socialista". Il contenuto ultimo però rimase sempre, in tutto il movimento comunista internazionale al potere, la DITTATURA del partito. In quello non al potere......la doppiezza imperò fino quasi alla fine, quando con l'eurocomunismo prevalsero ipotesi revisioniste sempre più spinte, ma mai definitivamente oltre....le vecchie tentazioni.

Saluti liberali.

19-05-02, 21:31
Originally posted by soviet999
Mh....dittatura del proletariato un termine senza senso??...forse in Italia, ma nel terzo mondo è l'unica via di liberazione!



Perchè, quelli del terzo mondo sono inferiori a noi? Perchè non devono godere anche loro della libertà di pensiero, di stampa, di opinioni politiche, di scelte sessuali eccc...? Perchè un gruppo ristretto deve decidere per loro? E se questo gruppo li porta alla fame e alla rovina, perchè devono vivere sotto una dittatura, dove chi si ribella rischia anche la morte?

anton
20-05-02, 09:55
Originally posted by gdr


Perchè, quelli del terzo mondo sono inferiori a noi? Perchè non devono godere anche loro della libertà di pensiero, di stampa, di opinioni politiche, di scelte sessuali eccc...? Perchè un gruppo ristretto deve decidere per loro? E se questo gruppo li porta alla fame e alla rovina, perchè devono vivere sotto una dittatura, dove chi si ribella rischia anche la morte?
===========
credo sia ben detto.
Rimane però la solita confusione sul significato delle parole.
Che i cosiddetti uomini liberi siano indotti dai media a condannare questa presunta pericolosa "dittatuta del proletariato", quando nessuno sa cosa significhi con precisione, e un fatto evidente.
Dal tuo assunto si deduce inoltre che una dittattura delle oligarchie è sicuramente più pericolosa e da temere.
Se poi questa dittatura delle oligarchie esite ma è occulta, celata, pesante ma negata di fatto sui media, che la definiscono con buonismo "una democrazia imperfetta", è evidente che una vera sana dittatura del proletariato, sarebbe più auspicabile e utile in quanto le masse sono sempre "proletariato", e sempre succcubi delle "oligarchie".

Roderigo
20-05-02, 15:28
Originally posted by soviet999
Mh....dittatura del proletariato un termine senza senso??...forse in Italia, ma nel terzo mondo è l'unica via di liberazione!
Cmq, come ha precisato Roderigo, per Marx il termine "dittatura del proletariato" significava semplicemente "governo del proletariato" (le due parole erano allora sinonimi); Lenin ha semplicemente specificato che non si tratta esattamente di una dittatura di classe, ma di una dittatura dell'avanguardia del proletariato, ciò che è il partito comunista. Con Stalin è diventata una dittatura personale.
Ad ogni modo (non nei paesi industralizzati, altrove...) la dittatura del proletariato rappresenta una dittatura democratica (dittatura perchè nn lascia adito a proteste della borghesia, democratica perchè rappresenta la maggioranza) il che è l'unica via per una democrazia vera, partecipativa e senza alcuna delega.
PS: una dittatura democratica è sempre meglio di una democrazia dittatoriale...non trovate??:p
Secondo me, usare l'espressione "dittatura del proletariato" oggi non avrebbe alcun senso, per due ragioni: 1) abbiamo alle spalle l'esperienza dei regimi totalitari dell'est che, immediatamente, si associa a "dittatura", in ogni parte del mondo, anche nel terzo mondo; 2) non viviamo più, in questa parte del mondo, in una democrazia liberale ibridata con l'ancien regime, ma in una democrazia dello stato sociale, nella quale, sia pure per vie diverse, si è realizzato gran parte del programma del manifesto del partito comunista.

Tra Marx e Lenin esiste una discontinuità. Lenin è revisionista di Marx. In Marx, la Rivoluzione è l'esito dello sviluppo capitalistico ed il proletariato il soggetto rivoluzionario. In Lenin, la Rivoluzione è un atto politico volontaristico ed il partito il soggetto rivoluzionario.

Nella fase dell'imperialismo si determina un rafforzamento del capitalismo ed un miglioramento progressivo delle condizioni di vita della classe operaia a cui corrisponde una integrazione dei partiti socialdemocratici e laburisti nello stato. Entra in crisi l'idea che il capitalismo morirà presto e spontaneamente. Da qui sorgono le tesi revisioniste. Per Berstein se il capitalismo non muore, bisogna conviverci e riformarlo attraverso la via democratico-parlamentare. Per Lenin, se il capitalismo non muore, bisogna ucciderlo. E questo non possono farlo, ne le masse contadine arretrate, nè la classe operaia dei paesi sviluppati, troppo attratta da miglioramenti economici immediati. Questo può farlo soltanto il partito rivoluzionario, rigidamente disciplinato.

L'impostazione di Lenin fu subito criticata da Rosa Luxembourg, la quale già prefigurava i rischi del regime che sarebbe venuto dopo la Rivoluzione. A mio parere, modestissimo, nessuna teoria rivoluzionaria, in nessuna parte del mondo, può prescindere dal tema della legalità istituzionale, senza rendersi immune dai rischi di una degenerazione autoritaria.

R.

20-05-02, 17:12
Originally posted by cciappas

===========
credo sia ben detto.
Rimane però la solita confusione sul significato delle parole.
Che i cosiddetti uomini liberi siano indotti dai media a condannare questa presunta pericolosa "dittatuta del proletariato", quando nessuno sa cosa significhi con precisione, e un fatto evidente.
Dal tuo assunto si deduce inoltre che una dittattura delle oligarchie è sicuramente più pericolosa e da temere.
Se poi questa dittatura delle oligarchie esite ma è occulta, celata, pesante ma negata di fatto sui media, che la definiscono con buonismo "una democrazia imperfetta", è evidente che una vera sana dittatura del proletariato, sarebbe più auspicabile e utile in quanto le masse sono sempre "proletariato", e sempre succcubi delle "oligarchie".

La dittatura del proletariato, secondo me, è sempre dittatura di un'oligarchia. L'aggravante è che, non avendo neanche la possibilità, sia pure quasi solo formale, di ribellarsi ed esprimersi (come è giocoforza che avvenga nelle democrazie imperfette , anche se, ripeto, quasi solo a livello formale) , perchè subito catalogati come nemici del popolo , la paura e la passività dei cittadini sono maggiori.

20-05-02, 17:17
Originally posted by soviet999
Si, ma...dopo la dittatura del proletariato???? Ci sarà il comunismo, l'anarchia, la democrazia.

Ti rispondo con una frase di John Maynard Keynes: A lungo termine, saremo tutti morti ;)

Pieffebi
20-05-02, 17:18
Non credo che la concezione leninista sia così..."volontarista".
Anzi, tutto il tentativo di Lenin teorico è quello di dimostrare, sul piano "scientifico", l'ineluttabilità delle crisi radicali del capitalismo, ancor più nella fase dell'imperialismo, crisi che costituiscono la base dell'azione cosciente del partito.
La stessa rivoluzione d'ottobre è concepita come "rottura dell'anello più debole della catena imperialistica" e come avvio della "rivoluzione socialista mondiale", nel contesto storico dell'immane crisi del capitalismo imperialistico che ha nella grande guerra mondiale il suo sintomo più evidente.
Il volontarismo di Lenin è pertanto relativo e correlato ad una concezione del capitalismo e dell'imperialismo che si fonda coerentemente sulle premesse marxiste.
Per Lenin, poi, la trasformazione che subisce la democrazia (e le parole d'ordine democratiche) nell'epoca dell'imperialismo è, in prospettiva, diametralmente opposta a quella suggerita da Roderigo.
Le parole d'ordine democratiche hanno senso per Lenin nei paesi arretrati, ove la rivoluzione all'ordine del giorno è senz'altro borghese e democratica nei suoi contenuti politici ed economici sociali. E qui rimando alla tesi (tattica) della "dittatura democratica degli operai e dei contadini" per la rivoluzione del 1905, del mio post precedente, più sopra.
Nella fase imperialistica la democrazia è "un paradiso per i ricchi ed una trappola ed un inganno per i poveri e gli sfruttati", e "il miglior involucro politico possibile per il capitalismo", una mascheratura della "dittatura del Capitale", che occorre impietosamente abbattere e sostituire con la dittatura proletaria che "è democratica in modo nuovo", ossia per la sola classe operaia e sotto la direzione granitica del partito rivoluzionario.
Il proletariato non ha compiti democratici nelle metropoli imperialiste, anche se è vero che per Lenin la formazione delle "aristocrazie operaie" determinate dai "sovraprofitti" generati dallo sfruttamento imperialistico del pianeta, costituisce la base oggettiva del revisionismo riformista socialdemocratico.
Il giudizio di Lenin su questo ultimo fenomeno è pero' radicale: "socialtradimento", "socialimperialismo", "cretinismo parlamentare" ....
E' vero che, a differenza degli estremisti semi-anarchici del "comunismo di sinistra" tedesco e olandese, e a differenza del settarismo bordighista, Lenin sostiene la necessità del "lavoro" dei comunisti nei "parlamenti borghesi", ma l'intento leniniano e' tattico e apertamente associato a quello del "lavoro nei sindacati reazionari". Per Lenin, in buona sostanza, i comunisti devono rifiutare l'infantilismo ed evitar di assumere atteggiamenti inutilmente autolesionistici privandosi "per principio" della possibilità di utilizzare tutti gli strumenti di lotta che il nemico di classe mette o lascia a disposizione.
I comunisti non devono aver paura di sporcarsi le mani utilizzando strumenti borghesi e "controrivoluzionari", nella misura in cui l'utilizzo giova alla rivoluzione, all'educazione delle masse, alla propaganda rivoluzionaria, alla destrutturazione delle posizione avversarie.
In questo ambito i comunisti devono saper "combinare il lavoro legale con quello illegale" e utilizzare il seggio parlamentare in modo proletario, quale "tribuna rivoluzionaria".
La dittatura rivoluzionaria del proletariato guidata dal partito comunista è per Lenin l'unica formula scientificamente fondata, per un marxista, di concepire la transizione al comunismo (fase del socialismo) . Anche se questa dittatura assumerà necessariamente molte forme diverse nei vari paesi, anche se in occidente seguirà piuttosto che precedere la dura guerra civile con la borghesia.
La trasformazione che subisce la democrazia borghese durante l'imperialismo è per Lenin negativa, si tratta di una democrazia sempre più di classe, sempre più reazionaria, sempre meno utilizzabile dal proletariato. Tuttavia Lenin reputa opportuno sfruttare ogni spazio legale, ogni occasione, per poter rivolgere gli strumenti istituzionali borghesi....contro la borghesia e preparare l'avvento della dittatura.
Affermare che la dittatura proletaria ha senso nel terzo mondo e non nelle metropoli e' dal punto di vista leninista, un sovvertimento totale della teoria marxista e un rovesciamento della realtà.

Saluti liberali.

anton
20-05-02, 19:53
Originally posted by gdr


La dittatura del proletariato, secondo me, è sempre dittatura di un'oligarchia. L'aggravante è che, non avendo neanche la possibilità, sia pure quasi solo formale, di ribellarsi ed esprimersi (come è giocoforza che avvenga nelle democrazie imperfette , anche se, ripeto, quasi solo a livello formale) , perchè subito catalogati come nemici del popolo , la paura e la passività dei cittadini sono maggiori.
========ù
la tua risposta pecca del solito difetto.
Tu razzoli nei sepolcri e da li non riesci ad uscire.
Una vera dittatura del proletariato, intesa come forma di stato moderna, che privilegia con leggi veramentre rioformiste i diritti delle masse, piuttosto di quelli privilegiati nelle democrazie imperfette, gestite dalle oligarchie , per me, ed anche in asoluto, è sempre preferibile.
la dittuatura del proletariato alla quale tu ti riferisci, e che imprigiona i tuoi incubi , si è potututa verificare proprio per la mancanza di leggi moderne, in un paese dove appena instaurata ha dovuto convivere con istituiti come la servitu dell gleba. Ovvero come giustamente tu dici senza parola,come sono ancora in buona parte, ancora oggi, i cittadini delle cosiddette democrazie imperfette o truccate, come sarebbe megglio dire.

soviet999
20-05-02, 20:39
Non avete capito cosa intendevo.
Per "dittatura del proletariato" intendo la concezione reale del termine e non le degenerazioni staliniste o maoiste. Quando dico che è l'unica via di liberazione del terzo mondo, parlo in termini di legittimazione. Le ingiustizie e le contraddizioni dovute al brutale sfruttamento imperialista rendono certamente attuale (e leggittima) in queste zone una prospettiva di rivoluzione armata; ad esso dovrà seguire la costituzine di un governo rivoluzionario che, se la rivoluzione sarà stata di carattere socialista, rappresenterà l'avanguardia cosciente della classe proletaria (piu o meno operaizzata) e dunque potrebbe instaurare una dittatura del proletariato, dove liberi consigli di operai e contadini decideranno la vita politica sul modello della Comune di Parigi e dei Soviet russi (che come idea di base erano una interpretazione somma del concetto di dittatura proletaria in transizione verso la democrazia comunista). Io come marxista sono convinto che se la Rivoluzione avvenuta sarà di carattere realmente socialista tutto porterà all'instaurazione del socialismo.
Il Partito Comunista Rivoluzionario, che rappresenta l'avanguardia cosciente del proletariato, ha come suo primo scopo non la semplice conquista del potere (attreverso metodi legali o illegali): il suo vero scopo è l'educazione al marxismo, l'allargamento della coscienza, della sua base; solo così potrà scattare la Rivoluzione, solo così prenderà il potere, solo così la dittatura sarà veramente democratica, solo così si eviterà il terrore.

Per quanto riguarda i paesi semiliberi-pseudodemocratici industrializzati la situazione è totalmente diversa. Qui è anacronistico parlare di "dittatura del proletariato", perchè il proletariato non esiste più, è stato inglobato, diviso, imbuonito. In questi paesi si deve attuare una politica di riforme rivoluzionarie, di radicale sovvertimento (nei limti della legge) dell'ordine, con particolare preminenza all'abolimento delle politiche imperialiste.

Sto ancora riflettendo (e giro la domanda a voi) su cosa accadrebbe però con una destabilizzazione delle politiche neocolonialiste. I paesi del terzo mondo godrebbero di "libertà", ma in essi non credo che la situazione migliorerebbe molto, perchè si darebbe vita allo sviluppo interno del capitalismo...bho.

Pieffebi
20-05-02, 21:02
Bene. Diceva Lenin che "il marxismo non è un dogma ma è una guida per l'azione". Tuttavia il marxismo ha anche la pretesa di essere "una scienza", ossia di conoscere, studiare la formazione economica sociale capitalistica, nel suo divenire, con la precisione delle scienze naturali, come "processo di storia-naturale".
La concezione della dittatura del proletariato non è fondata su una qualche idea morale dello sviluppo storico, ma si fonda su tutta l'analisi marxiana del capitalismo, nella sua intima natura, e sulla concezione marxista e....soprattutto engelsiana dello Stato.
Il proletariato è nell'accezione marxiana non la plebe pre-industriale del "terzmo mondo", ma appunto il proletariato industriale, il prodotto del capitalismo moderno e, in prospettiva, la sua "negazione dialettica", essendo la classe rivoluzionaria predestinata ad abbatterlo. Il proletariato non si definisce inoltre sulla base del "reddito" o dello "stile di vita", ma sulla posizione che assume nei rapporti sociali di produzione. Proletario è colui che dispone soltanto, quale mezzo di produzione, della propria forza lavoro che è costretto a vendere sul mercato al detentore del Capitale. Da questa relazione, tramite l'estorsione del "plusvalore" si realizzerebbe lo sfruttamento capitalistico.
Ne consegue che i contadini del terzo mondo, o gli artigiani, per quanto in miseria non sono, dal punto di vista marxista.....proletariato, sono plebi pre-capitalistiche semiproletarie, per certi versi sono anche, nelle masse enormi baraccate alla periferia delle metropoli dei paesi in via di sviluppo....sottoproletariato.
La dittatura del proletariato non è stata pensata per costoro, assolutamente. La dittatura del proletariato, in tutte le sue accezioni, da Marx a Lenin a Trotzky e persino a Stalin è stata formulata per il proletariato industriale delle metropoli capitalistiche avanzate.
E' vero però che, storicamente, la rivoluzione socialista si è realizzata in URSS, un paese capitalisticamente arretrato. Ma se si conosce anche solo approssimativamente la storia ideologica del bolscevismo si saprà senz'altro in quale contesto tanto Lenin che Trotzky concepivano la strategia rivoluzionaria in russia come momento iniziale della rivoluzione proletaria internazionale.
La rivoluzione permanente è una doppia rivoluzione: democratica-borghese e socialista, in un tempo, che può vincere definitivamente solo su scala internazionale, con l'estensione del processo rivoluzionario nei paesi capitalistici occidentali!
Ciò nondimeno la dittatura proletaria in Russia si deve realizzare in un paese a maggioranza contadino, conquistando l'alleanza con i contadini poveri, e mantenendo l'egemonia su questi ultimi.
Lenin nel 1905, contro Trotzky, parlava ancora di "dittatura democratica degli operai e dei contadini" non ancora di dittatura proletaria, anche perchè non esisteva nel 1905 il contesto internazionale che rendeva possibile la rivoluzione comunista mondiale, come si pensava durante la grande guerra "imperialistica" 1914-18.
Trotzky difese invece la dittatura proletaria già nel 1905, ma si sarebbe guardato bene di pensare che la sua tattica potesse essere isolata dal destino della rivoluzione in occidente, ove esisteva un grande proletariato industriale e ove la maturità economica del capitalismo, si riteneva, rendeva possibile e urgente il passaggio al socialismo.
Dunque...ancora una volta.....affermare che la dittatura proletaria è una dottrina per il terzo mondo.....anche oggi, anche attualizzando, è privo di fondamento sul piano di qualsiasi versione della dottrina marxista.
Se invece si ritiene che la dittatura del proletariato nei paesi sviluppati è assurda perchè manca....il proletariato....beh allora si deve rispondere al vecchio problema....diciamo marcusiano (?) di quali siano i nuovi soggetti rivoluzionari in occidente.
Se manca il proletariato in occidente.....vuole dire che il comunismo è morto e sepolto (nella sua possibilità storica), o che deve essere importato dal terzo mondo (terzomondismo radicale)?
Tutto questo è fondamentalmente anti-marxista, comunque si presenti.
In effetti io sono parzialmente d'accordo con l'assunto dell'estinzione del proletariato nelle società del capitalismo democratico, ma io non sono (più) marxista e ho altre definizioni per le classi sociali rispetto a quelle del "socialismo scientifico".

Il tutto rientra infatti nel fallimento storico delle previsioni (profezie?) marxiste che mi confermano nelle mie convinzioni a favore del capitalismo democratico e del liberalismo.
Ma questo è un altro discorso.

Saluti liberali.

soviet999
20-05-02, 21:35
Si, ma te per terzo mondo intendi il "quarto mondo", ovvero paesi dove, realmente, non esiste il proletariato. Ma situazioni come Corea Sud, Taiwan, Colombia, CINA, o (spostandoci a paesi piu "sviluppati") Argentina e Brasile, non sono marxisticamente potenzialmente esplosive?

Comunque hai toccato un nodo importante... mi hai messo molto in difficoltà!

Vorrei aggiungere, pero, che noi non ci troviamo nella fase massima di sviluppo capitalistico predetta da Marx, altrimenti questo rappresenterebbe il crollo definitivo delle teorie marxiste, dato che Marx sosteneva che questa fase fosse la piu "rivoluzionaria" immaginabile; cio di cui non ha tenuto conto (perche le variabili erano troppe) è lo sviluppo sovrannazionale del capitalismo (la globalizzazione) che ha portato l'imbuonimento del proletariato dei paesi industrializzati (che forse, come ricordi te, proletariato rimane...!), all'esaurimento di una prospettiva rivoluzionaria nei paesi sviluppati, e ad un trasferimento di questo nei cosiddetti paesi in via si sviluppo... termine che nasconde la loro reale condizione, che non li porterà mai ad un vero sviluppo, ma ad un sempre maggiore assoggiettamento nei confronti dell'Occidente e, in politica interna, ad una condizione di miseria del proletariato che porterà inevitabilmente una rivoluzione socialista.

anton
20-05-02, 22:11
IL COMUNISMO SE HA PERSO UNA BATTAGLIA NON VUOL DIRE CHE ABBIA FALLITO.
MARX è STATO L'ULTIMO PIù NOTO TEORICO DI UN MOVIMENTO E DI UN'IDEA CHE AFFONDA LE SUE RADICI MOLTO LONTANO NELLA STORIA.
Proprio perchè, comunque la si chiami, la prassi economica e sociale attuale è anch'essa identica a quella che nel mondo si è praticata da sempre: la rapina e il bottino
E anch'essa è scientificamente e dottrinariamente fallita.
Riamane in piedi solo per il condizionamento massiccia delle classi dominanti, ma è fallita.
Se uno stato è un contratto fra tutti i cittadini che lo compngono, vorrei che qualcuno mi dicesse, e mi giustificasse, perchè uno
stato debba garantire la ricchezza di pochi e ad altri neppure la sopravvivenza.
E sopratutto perchè chi non si vede garantita la sopravvivenza debba essere obbligato a rispettare le leggi che quei privilegiati si danno e gli impongono
Quando le masse capiranno l'inganno al quale vengono sottoposte il fallimento del liberismo e del mercato sarà evidente a tutti.

@@@@@
20-05-02, 22:54
Dichiararsi comunista non è come comprarsi un oggetto qualsiasi, ci sono delle condizioni....Non può abolire la dittatura del proletariato, è uno dei dogmi, dei fondamenti del pensiero marxista, leninista, maoista!!!
Se non rispetti le "parti" fondamentali della teoria comunista: Partito, Rivoluzione, Dittatura del Proletariato, Comunismo...
allora cambia schieramento.
Non è una critica, piuttosto un consiglio!
Di cretini che si dichiarano comunisti ce ne sono troppi in ITALIA...e nel mondo...

Vogliamo fare una bella lista?
Non basterebbero 100000000 di post... per elencare gli scemi che improvvisente urlano viva il comunismo senza sapere ciò che il comunismo è veramente e ciò che ha rappresentato!

IL PRIMO E' IL TUO AMICO BERTINOTTI.....
FERRANDO
MAITAN
GRISOLIA
COSSUTTA
DILIBERTO
GRASSI

ecc...


Poi se vogliamo tornare indietro nel tempo

OCCHETTO
D'ALEMA
BERLINGUER
NATTA
CAPANNA
TOGLIATTI
LAMA


ecc...



:lol :lol :lol

anton
21-05-02, 09:34
Originally posted by @@@@@
Dichiararsi comunista non è come comprarsi un oggetto qualsiasi, ci sono delle condizioni....Non può abolire la dittatura del proletariato, è uno dei dogmi, dei fondamenti del pensiero marxista, leninista, maoista!!!
Se non rispetti le "parti" fondamentali della teoria comunista: Partito, Rivoluzione, Dittatura del Proletariato, Comunismo...
allora cambia schieramento.
Non è una critica, piuttosto un consiglio!
Di cretini che si dichiarano comunisti ce ne sono troppi in ITALIA...e nel mondo...

Vogliamo fare una bella lista?
Non basterebbero 100000000 di post... per elencare gli scemi che improvvisente urlano viva il comunismo senza sapere ciò che il comunismo è veramente e ciò che ha rappresentato!

IL PRIMO E' IL TUO AMICO BERTINOTTI.....
FERRANDO
MAITAN
GRISOLIA
COSSUTTA
DILIBERTO
GRASSI

ecc...


Poi se vogliamo tornare indietro nel tempo

OCCHETTO
D'ALEMA
BERLINGUER
NATTA
CAPANNA
TOGLIATTI
LAMA


ecc...



:lol :lol :lol
====================
NEPPURE LA CHIESA FA PIù le crociate, ne L'INQUISIZIONE nè LA CACCIA ALLE STREGHE, in nome di un dio superiore.
Ci sei rimasto solo tu a farle, spacciando per verità assolute, immutabili e irrinunciabili, le parole di uomini che ora sono nella tomba e non erano dei immortali. Che hanno la fatto la storia nelle condizioni e con le conoscenze del loro tempo.
IL comunismo non è un cadevere, ma è rivoluzione permanente, è riformismo permanente, verso una dittatura del proletariato che è ccondizione essenziale per l'afftrancamento e la dignità delle masse oppresse dalla dittatura delle oligarchie.
Come quella che ora esiste in tutto il modo. e che viene spacciata per democrazia.
Sarebbe sufficiente che le oligarchie tenessero i piedi per terra, diventassero un po meno oligarchiche, e sarebbe già dittatura del proletariato.
Vedi che non è tanto difficile nè preoccuppante.
Purtroprpo capita spesso che quando i proletari entrano nelle stanze dei bottoni, si mettono in testa di essere diventati belli , intelligentissimi, infallibili e indispensabili .......

Pieffebi
21-05-02, 13:03
Originally posted by soviet999
Si, ma te per terzo mondo intendi il "quarto mondo", ovvero paesi dove, realmente, non esiste il proletariato. Ma situazioni come Corea Sud, Taiwan, Colombia, CINA, o (spostandoci a paesi piu "sviluppati") Argentina e Brasile, non sono marxisticamente potenzialmente esplosive?

Comunque hai toccato un nodo importante... mi hai messo molto in difficoltà!

Vorrei aggiungere, pero, che noi non ci troviamo nella fase massima di sviluppo capitalistico predetta da Marx, altrimenti questo rappresenterebbe il crollo definitivo delle teorie marxiste, dato che Marx sosteneva che questa fase fosse la piu "rivoluzionaria" immaginabile; cio di cui non ha tenuto conto (perche le variabili erano troppe) è lo sviluppo sovrannazionale del capitalismo (la globalizzazione) che ha portato l'imbuonimento del proletariato dei paesi industrializzati (che forse, come ricordi te, proletariato rimane...!), all'esaurimento di una prospettiva rivoluzionaria nei paesi sviluppati, e ad un trasferimento di questo nei cosiddetti paesi in via si sviluppo... termine che nasconde la loro reale condizione, che non li porterà mai ad un vero sviluppo, ma ad un sempre maggiore assoggiettamento nei confronti dell'Occidente e, in politica interna, ad una condizione di miseria del proletariato che porterà inevitabilmente una rivoluzione socialista.


Tu poni un ulteriore problema, che tuttavia contrasta ancora con le concezioni di Marx e soprattutto di Lenin.
Se è vero che il mondo, globalmente inteso, nel primo quarto del XX secolo era ancora in gran parte capitalisticamente arretrato e in condizioni....largamente preindustriali in interi continenti, è anche verò però che l'inernazionalizzazione capitalistica era già pienamente in atto. Per Lenin "l'imperialismo", ossia l'epoca del capitalismo monopolitico, del dominio del capitale finanziario, e della "spartizione del mondo" fra le potenze capitalistiche, è la "fase suprema del capitalismo", fase che era stata raggiunta, almeno, in Europa occidentale e in NOrd America.
Il capitalismo imperialistico, per il leninismo, in mancanza della rivoluzione proletaria entra necessariamente "in putrefazione". Non solo. Tu fai delle distinzioni fra terzo e quarto mondo, inserendo nel "terzo mondo" paesi che, come la Corea, sono ormai delle piccole potenze economiche. Lenin aveva previsto che tramite "l'esportazione di capitali nelle aree coloniali e semicoloniali" sarebbero sorte da ex colonie o comunque in paesi fino a poco tempo prima arretrati.....nuove potenze imperialistiche. Le contraddizioni dell'imperialismo con le periodiche guerre generali planetarie che il medesimo scatenava, ineluttabilmente, rendevano i comunisti certi non solo della raggiunta maturità del capitalismo imperialistico delle metropoli occidentali, e dunque dell'attualità assoluta della rivoluzione socialista in quei paesi, ma anche della necessità di saldare la lotta per il comunismo del proletariato occidentale con le rivoluzioni nazional-democratiche dei paesi coloniali e semicoloniali della aree "arretrate" del pianeta, ad iniziare dal turbinoso oriente (Cina, Turchia, India...).
La mondializzazioni capitalistica, conosciuta nelle sue espressioni elementari già nel 1847 dal "manifesto del partito comunista" ha subito recentemente un'acxelerazione senza precedenti, determinata anche dall'apertura dei nuovi spazi di espansione del mercato capitalistico, correlata al crollo del comunismo sovietico e dei suoi satelliti (diretti e indiretti) e dalla conversione al mercato della repubblica comunista di Cina (oltre un miliardo di potenziali consumatori...).
Escludo la la globalizzazione capitalistica, nel suo insieme, generi delle contraddizioni mortali per il sistema del libero mercato, sebbene ovviamente scateni delle dinamiche complesse con effetti sociali, nell'immediato, anche deleteri. Complessivamente però la globalizzazione, come direbbe Marx, è rivoluzionaria perchè distrugge modi di produzione arcaici e società fossilizzate, portando ovunque la modernizzazione e la civiltà (testuale il richiamo alla civiltà nel manifeso comunista, Marx non era "politicamente corretto"). Complessivamente dunque la globalizzazione svolge funzioni positive, "rivoluzionarie", che necessitano anche di essere governate, certamente, ma che determinano altrettanto certamente una moltiplicazione della produzione della ricchezza, e per quanto le diseguaglianze distributive subiscano un incremento, nell'insieme le aree del mondo che escono dalla miseria, seppur ancora troppo lentamente, aumentano di lustro in lustro. Il capitalismo democratico implica infine che la globalizzazione interessi anche quella che il vecchio determinismo dialettico marxiano avrebbe definito la "sovrastruttura".....
Non credo che neppure il XXI secolo sarà il secolo del socialismo o del crollo del capitalismo. Grazie a Dio.

Saluti liberali.

soviet999
21-05-02, 15:54
Dato che stai cercando di smontare cio un cui credo... cerco di aggrapparmi alla concezione di "capitalismo di stato" di cui tu non hai tenuto conto. Una concezione in perfetta sintonia con i principi Marxisti e Leninisti e sottolineata da Engles come "metodo per l'accumulo del capitale sociale e la costruzione del socialismo"; nel capitalismo di Stato (che corrisponderebbe alla NEP sovietica) il governo rivoluzionario prende in mano l'economia e cerca di trasformarla in socialista; potrebbe sembrare un sovvertimento della dipendenza della sovrastruttura rispetto all'economia, ma è stato Lenin stesso a elaborare questa teoria (egli precisava sempre che l'appellativo "Socialiste" del'Unione delle Repubbliche Sovietiche non stava assolutamente a rappresentare la reale situazione economica, ma il fine piu importante del governo ti tale federazione); inoltre il "socialismo" è stato definito come "sistema economico che mira a raggiungere lo scopo che il capitalismo ha sempra (utopisticamente) cercato: a ognuno secondo i suoi meriti". Un'economia pianificata sempre meno capitalistica porterà ad una giustizia sociale che automaticamente genererà il socialismo.
Detto questo, attraverso l'applicazione del capitalismo di stato il socialismo puo essere nascere ovunque, anche nei paesi postindustriali (dove servirebbe dapprima a migliorare sempre piu il capitalismo con politiche sociali (senza mai dimenticare il fine ultimo), poi a sovvertirlo) e nei paesi contadini (dove il capitalismo di stato svilupperebbe l'industria, accumulerebbe capitale sociale per non far risentire gli effetti negativi del capitalismo e, una volta raggiunto il grado necessario, passerebbe alla costruzione del socialismo.

Insomma, questa capitalismo di stato svolgerebbe un po la funzione di "aggiustatutto" in ogni situazione.


Per quanto riguarda Corea&co..... nn sono per niente d'accordo con Lenin (era un uomo, poteva sbagliare); questi stati diventeranno potenza economiche, ma non imperialiste, rimarranno sempre ancorate alla dipendenza dell'impero e la loro popolazione non godra mai della nostre condizioni di vita...... fino alla rivoluzione!

21-05-02, 16:03
Una domanda a tutti: non vi sembra che la vostra analisi sia ancorata alla prima metà del Novecento? A me sembra che vi sfuggano una serie di cose:

-la produzione dell'immateriale che ormai sopravanza di gran lunga quella materiale nei paesi più sviluppati

- il trasferimento della produzione industriale di merci sempre di più verso paesi con manodopera a bassi salari e scarsi diritti

- il capitale finanziario che si muove 24 ore su 24 con le nuove tecnologie ...
...insomma la società postindustriale.
In questa situazione, già discutere di dittatura del proletariato, di classi sociali così come erano una volta ecc...mi sembra quantomeno fuori dalla realtà, se non stravagante.

anton
21-05-02, 16:37
Originally posted by gdr
Una domanda a tutti: non vi sembra che la vostra analisi sia ancorata alla prima metà del Novecento? A me sembra che vi sfuggano una serie di cose:

-la produzione dell'immateriale che ormai sopravanza di gran lunga quella materiale nei paesi più sviluppati

- il trasferimento della produzione industriale di merci sempre di più verso paesi con manodopera a bassi salari e scarsi diritti

- il capitale finanziario che si muove 24 ore su 24 con le nuove tecnologie ...
...insomma la società postindustriale.
In questa situazione, già discutere di dittatura del proletariato, di classi sociali così come erano una volta ecc...mi sembra quantomeno fuori dalla realtà, se non stravagante.
?????????????
Non credo.
Il fatto stesso che ci siano le masse diseredate del terzo mondo significa che il proletariato esiste, è affamato, e sogna un riscatto.
Se poi le ristrette elites dei sacerdoti del denaro muovono quella massa di capitali, significa soltanto che in tutto il mondo, compreso sopratutto l'occidente, c'è una massa sterminata di ugualmente diseredati che con il lavoro e i loro consumi remunerano quei capitali.
Oggi le forze che contestano questo enorme sfruttamneto vanno sotto il nome di antiglobal, nome inventato dagli stessi padroni della terra, per non fare pubbliciità alla sinsitra e al comunismo, ma le spinte di fondo sono le stesse o assimilabili.
In politica e in economia le denomianzioni dei fenomeni e dei movimenti cambiano, ma la realtà è sempre stata una sola: c'è chi è in grado di prendersi tutto, e c'è chi non è in grado di farlo che dice giustamente che qualcuno ruba o ha rubato troppo.
Tutto durerà sino a quando l'evidenza non sarà tanto macroscopica che i politici che si nascondono sotto i simboli delle sinstre non saranno più in grado di tergiversare con inutili promesse e sproloqui.

Pieffebi
21-05-02, 17:09
Originally posted by gdr
Una domanda a tutti: non vi sembra che la vostra analisi sia ancorata alla prima metà del Novecento? A me sembra che vi sfuggano una serie di cose:

-la produzione dell'immateriale che ormai sopravanza di gran lunga quella materiale nei paesi più sviluppati

- il trasferimento della produzione industriale di merci sempre di più verso paesi con manodopera a bassi salari e scarsi diritti

- il capitale finanziario che si muove 24 ore su 24 con le nuove tecnologie ...
...insomma la società postindustriale.
In questa situazione, già discutere di dittatura del proletariato, di classi sociali così come erano una volta ecc...mi sembra quantomeno fuori dalla realtà, se non stravagante.


Sicuramente ne' Marx, ne' Lenin potevano prevedere l'attuale livello di sviluppo tecnologico, sebbene fossero positivisticamente e quasi fideisticamente propensi ad immaginare che la tecnica, la tecnologia, eccetera potessero risolvere quasi ogni problema, fino al punto di immaginare la quasi totale scomparsa della divisione del lavoro. Tuttavia è da dire che le analisi sul capitale finanziario e il suo dominio, con annessi e connessi, sono, guardacaso, non solo sul fronte marxista (si pensi al liberale Hobson) proprio degli inizi del XX secolo, esattamente come le avanguardie artistiche e letterarie....e come i presupposti delle "rivoluzioni scientifiche" (di cui parlano i filosofi e storici della scienza), indipendentemente dal fatto che importanti scoperte teoriche e....pratiche saranno fatte solo decenni dopo. I presupposti "paradigmatici" sono seminati proprio in quell'epoca feconda, ove le certezze dogmatiche, ad esempio, della fisica classica vengono superate e si aprono nuove frontiere epistemologiche....
Tornando a Lenin e Hilferding se si leggono le loro pagine si scoprirà che ne sapevano sui monopoli, sui trust, sul capitalismo finanziario molto più di quanto solitamente potremmo immaginare. Anzi, come i teorici ed economisti liberali, ebbero il vantaggio di assistere alla genesi del processo storico-sociale, potendo verificare i fenomeni non ancora celati dalla complessità delle fasi ulteriori. Sarebbe come aver potuto assistere in diretta al big bang, fin dai primi millesecondi di vita (inflazionaria?) dell'universo....
Gli errori di Lenin e dei marxisti non sono dunque imputabili, fondamentalmente o principalmente, al fatto che sono vissuti prima dell'era informatica e cibernetica o altro, sono errori intrinseci del metodo e dell'ideologia marxista, e della sua escatologia scientista....
In ogni caso io mi interesso di storia delle ideologie...e sotto questo profilo ho trattato gli argomenti proposti. Ovviamente non è l'unico taglio ne' punto di vista possibile. Credo però che capire con esattezza come stessero le cose dal punto di vista dei teorici della dittatura proletaria possa contribuire ad evitare grossolani errori interpretativi....moderni o equivoci persino un po'...comici.

Venendo alla questione del Capitalismo di Stato ne ho trattato diffusamente sul thread "il fascismo allo specchio" ancora rintracciabile sul forum dei comunisti nazionalitari, negli ultimi post. In effetti il mio punto di vista, dal punto di vista storico-ideologico, è abbastanza vicino a quello si Soviet999, anche se le implicazioni politiche che ne traggo.....sono opposte.

Saluti liberali

Roderigo
21-05-02, 17:14
Originally posted by Pieffebi
Gli errori di Lenin e dei marxisti non sono dunque imputabili fondamentalmente o principalmente al fatto che sono vissuti prima dell'era informatica e cibernetica o altro, sono errori intrinseci del metodo e dell'ideologia marxista, e della sua escatologia scientista....
Quali sarebbero gli errori?

R.

Tovarish
21-05-02, 17:16
Parole sante quelle di @@@@@, il proletariato esiste eccome, la dittatura del proletariato è una necessità, è la condizione fondamentale attraverso la quale la classe operaia può intraprendere la costruzione del socialismo....non si può costruire il socialismo se la borghesia non viene sconfitta ed espropriata del possesso dei mezzi di produzione, altro che riformismo!!

La dittatura del proletariato è attuale sia nella metropoli che nel quarto mondo, perchè il proletariato (lavoratori di fabbrica, lavoratori presso agenzie interinali, precari, immigrati, disoccupati,sfruttati di ogni tipo) esiste sia qui che nei paesi sottosviluppati. Che poi in occidente gli apparati ideologici e repressivi siano più sviluppati e che parti della classe operaia siano imborghesite, questo è vero, ma si tratta del vecchio trucco "divide et impera"!

Pieffebi
21-05-02, 17:20
Originally posted by Roderigo

Quali sarebbero gli errori?

R.

Veramente sono anni che ne parlo....in ogni caso ne sintetizzerò, al più presto alcuni.

Ciao.

anton
21-05-02, 17:24
Originally posted by Roderigo

Quali sarebbero gli errori?

R.
?????????
ma lascialo perdere,,,,,,,,,, è un fissato.......
a chi frega se pure hanno sbagliato, non erano dei ne profeti,,,,,,
Il guaio è che moltisbagliano troppo,,,,,,,,om fanno finta di sbaglaire......
Oggi per la prima volta su repubblica un alrticolo che dice che la fiat è in queste condizioni perchè il suo management ha fatto sbagli........
solo alla fiat??

Roderigo
21-05-02, 17:36
Originally posted by Pieffebi
Veramente sono anni che ne parlo....in ogni caso ne sintetizzerò, al più presto alcuni.
Ciao.
Purtroppo, non è sempre facile, mettere immediatamente a fuoco quello che scrivi. :) A volte, ahimè, rinuncio persino a leggerti.
Ma ti assicuro che la mia non era una domanda provocatoria.

R.

Pieffebi
21-05-02, 17:43
Strano ....io parlo, perchè così mi ....sono formato durante l'adolescenza, con linguaggio rigorosamente marxista.

Saluti liberali;)

Roderigo
21-05-02, 21:24
Originally posted by Pieffebi
Strano ....io parlo, perchè così mi ....sono formato durante l'adolescenza, con linguaggio rigorosamente marxista.
Veramente, mi riferivo, non a come parli, ma a quanto parli. :)
Capisco però, che trattando certi temi, è difficile essere sintetici. Più che tagliare, potresti prendere qualche accorgimento grafico, magari segnando in grassetto le frasi topiche.

R.

Roderigo
21-05-02, 21:37
Originally posted by Pieffebi
Non credo che la concezione leninista sia così..."volontarista".
Anzi, tutto il tentativo di Lenin teorico è quello di dimostrare, sul piano "scientifico", l'ineluttabilità delle crisi radicali del capitalismo, ancor più nella fase dell'imperialismo, crisi che costituiscono la base dell'azione cosciente del partito.
La stessa rivoluzione d'ottobre è concepita come "rottura dell'anello più debole della catena imperialistica" e come avvio della "rivoluzione socialista mondiale", nel contesto storico dell'immane crisi del capitalismo imperialistico che ha nella grande guerra mondiale il suo sintomo più evidente.
Il volontarismo di Lenin è pertanto relativo e correlato ad una concezione del capitalismo e dell'imperialismo che si fonda coerentemente sulle premesse marxiste.
Per Lenin, poi, la trasformazione che subisce la democrazia (e le parole d'ordine democratiche) nell'epoca dell'imperialismo è, in prospettiva, diametralmente opposta a quella suggerita da Roderigo.
Vorrei precisare un paio di cose.
"Le parole d'ordine democratiche nell'era dell'imperialismo" (anche se non ho usato questa espressione), le ho attribuite a Berstein e non a Lenin.
E' vero che Lenin non ha una concezione puramente volontaristica della Rivoluzione. Non ho usato il termine "volontarista" nel senso dispregiativo, in uso nella tradizione comunista. Intendevo solo dire che in Lenin è più rilevante l'autonomia del politico, la soggettività dell'organizzazione. La Rivoluzione è una possibilità, non più una nicessità, e lo è se la persegue e realizza l'avanguardia rivoluzionaria, certo in rapporto a condizioni storiche favorevoli. Tuttavia, Lenin non è dichiaratamente revisionista, anzi nella lotta interna al movimento socialista, sia contro i riformisti, sia contro le opposizioni di sinistra, egli mantiene sempre un profilo ortodosso.

R.

Roderigo
21-05-02, 21:39
Originally posted by Pieffebi
Sicuramente ne' Marx, ne' Lenin potevano prevedere l'attuale livello di sviluppo tecnologico, sebbene fossero positivisticamente e quasi fideisticamente propensi ad immaginare che la tecnica, la tecnologia, eccetera potessero risolvere quasi ogni problema, fino al punto di immaginare la quasi totale scomparsa della divisione del lavoro. Tuttavia è da dire che le analisi sul capitale finanziario e il suo dominio, con annessi e connessi, sono, guardacaso, non solo sul fronte marxista (si pensi al liberale Hobson) proprio degli inizi del XX secolo, esattamente come le avanguardie artistiche e letterarie....e come i presupposti delle "rivoluzioni scientifiche" (di cui parlano i filosofi e storici della scienza), indipendentemente dal fatto che importanti scoperte teoriche e....pratiche saranno fatte solo decenni dopo. I presupposti "paradigmatici" sono seminati proprio in quell'epoca feconda, ove le certezze dogmatiche, ad esempio, della fisica classica vengono superate e si aprono nuove frontiere epistemologiche....
Tornando a Lenin e Hilferding se si leggono le loro pagine si scoprirà che ne sapevano sui monopoli, sui trust, sul capitalismo finanziario molto più di quanto solitamente potremmo immaginare. Anzi, come i teorici ed economisti liberali, ebbero il vantaggio di assistere alla genesi del processo storico-sociale, potendo verificare i fenomeni non ancora celati dalla complessità delle fasi ulteriori. Sarebbe come aver potuto assistere in diretta al big bang, fin dai primi millesecondi di vita (inflazionaria?) dell'universo....
Belle queste osservazioni!

R.

Pieffebi
21-05-02, 22:13
Grazie. In effetti sono...sfacciatamente marxiste! Mi sono lasciato prendere la mano.......dovrò rimediare al più presto!
Già le conclusioni....mi redimono però.


Saluti liberali.

Roderigo
21-05-02, 22:20
Originally posted by Pieffebi
Grazie. In effetti sono...sfacciatamente marxiste! Mi sono lasciato prendere la mano.......dovrò rimediare al più presto!
Già le conclusioni....mi redimono però.
Saluti liberali.
Alcune persone, quando si lasciano andare, danno il meglio di sè.
Le conclusioni di un discorso, sono sempre, almeno in parte una forzatura, ed è naturale che in questa fase autocontrollo ed inibizioni facciano sentire di più il loro peso. :)

R.

Roderigo
21-05-02, 22:20
Originally posted by gdr
La cosiddetta "dittatura del proletariato" contiene già, in sè, la sua essenza: è dittatura e basta
Oggi, per la storia che abbiamo alle spalle, e per il significato corrente della parola "dittatura", la formula della "dittatura del proletariato" non può che suscitare diffidenza e penso perciò che sia giusto non usarla più.

Tuttavia, è giusto ricordare che, sia Marx, ma in parte anche Lenin, la usavano in una accezione diversa da quella che possiamo attribuirle noi. Nel marxismo, il termine "dittatura del proletariato" non designa propriamente un regime politico statale, quanto una condizione dei rapporti di egemonia e di dominio tra le classi, poichè ad essere determinante è il movimento economico-sociale.

Dal punto di vista marxista, lo stato è la "dittatura della borghesia sul proletariato", quindi la Rivoluzione, nella fase intermedia tra la distruzione dello stato borghese e l'estinzione dello stato, il sorgere della società senza classi, è il rovesciamento dei rapporti di forza tra le classi, quindi "la dittatura del proletariato sulla borghesia". Marx non precisò mai, e sosteneva non si potesse precisare la forma politica che avrebbe dovuto assumere una tale "dittatura". In Lenin le idee sono più precise, poichè egli traduce la "dittatura del proletariato" in "dittatura del partito politico del proletariato". Ma anche in Lenin, come in Marx, la forma del regime poiltico non viene designata, e come negli antichi, la parola "dittatura" indica un regime transitorio ed eccezionale.

Di Lenin è interessante questo passaggio, scritto in "Stato e rivoluzione" del 1918: "Le forme degli stati borghesi sono straordinariamente varie, ma la loro sostanza è unica: tutti questi stati sono in un modo o nell'altro, ma in ultima analisi, necessariamente, una Dittatura della borghesia. Il passaggio dal capitalismo al comunismo, naturalmente non può non produrre una enorme abbondanza e varietà di forme politiche, ma la sostanza sarà inevitabilmente una sola: la Dittatura del proletariato.

Da qui, prende spunto il punto di vista del filosofo liberal-socialista Noberto Bobbio: "Se accettiamo di chiamare Dittatura della borghesia qualsiasi regime in cui la classe borghese è la classe egemone, dobbiamo poi ammettere che questa Dittatura può essere esercitata in due forme molto diverse: con una forma di governo liberal-democratico e con una di tipo antiliberale e antidemocratico, alla quale soltanto il linguaggio politico comune riserva il termine specifico di Dittatura. E qualcosa di analogo si potrebbe dire per la Dittatura del proletariato". Per distinguere le due principali versioni di Dittatura di una classe su un'altra, Bobbio suggerisce di definire la versione democratica, sostituendo il termine Dittatura con quello gramsciano di Egemonia.

Credo di essere d'accordo con Bobbio. :)

R.

Pieffebi
21-05-02, 22:21
Originally posted by Roderigo

Vorrei precisare un paio di cose.
"Le parole d'ordine democratiche nell'era dell'imperialismo" (anche se non ho usato questa espressione), le ho attribuite a Berstein e non a Lenin.
E' vero che Lenin non ha una concezione puramente volontaristica della Rivoluzione. Non ho usato il termine "volontarista" nel senso dispregiativo, in uso nella tradizione comunista. Intendevo solo dire che in Lenin è più rilevante l'autonomia del politico, la soggettività dell'organizzazione. La Rivoluzione è una possibilità, non più una nicessità, e lo è se la persegue e realizza l'avanguardia rivoluzionaria, certo in rapporto a condizioni storiche favorevoli. Tuttavia, Lenin non è dichiaratamente revisionista, anzi nella lotta interna al movimento socialista, sia contro i riformisti, sia contro le opposizioni di sinistra, egli mantiene sempre un profilo ortodosso.

R.

Sì, così posso essere....meno in disaccordo. Tuttavia nemmeno in tale "versione" reputerei Lenin "volontarista" più di tanto (lo è indubbiamente ma completamente all'interno della concezione marxista della storia). A mio avviso Lenin è troppo...determinista (sebbene "dialettico") per poter essere considerato volontarista in altro modo. Il suo volontarismo è, in fin dei conti, più apparente che sostanziale, attiene più alla concezione "tatticista" dell'attività del partito e della "formazione della coscienza politica di classe" (portata "dall'esterno"), che alla concezione della rivoluzione come conseguenza determinata della crisi del capitalismo imperialistico. Il partito è decisivo e fondamentale nel saper condurre i compiti che la situazione oggettiva pone alla classe operaia, e questa spontaneamente non saprebbe portare a termine. Ciò non toglie che il partito "non può risolvere che i compiti che la storia gli pone innanzi" per usare un'espressione del Bordiga. E la storia pone la questione della rivoluzione su basi obiettive, in ragione delle contraddizioni insanabili del capitalismo, del conflitto interimperialistico, delle crisi cicliche ....e via discorrendo. La rivoluzione è tuttavia, in senso generale, ineluttabile. Ovviamente per l'utopista ed estremista Lenin...non per me....

Saluti liberali.

Pieffebi
21-05-02, 22:29
Originally posted by Roderigo

Oggi, per la storia che abbiamo alle spalle, e per il significato corrente della parola "dittatura", la formula della "dittatura del proletariato" non può che suscitare diffidenza e penso perciò che sia giusto non usarla più.

Tuttavia, è giusto ricordare che, sia Marx, ma in parte anche Lenin, la usavano in una accezione diversa da quella che possiamo attribuirle noi. Nel marxismo, il termine "dittatura del proletariato" non designa propriamente un regime politico statale, quanto una condizione dei rapporti di egemonia e di dominio tra le classi, poichè ad essere determinante è il movimento economico-sociale.

Dal punto di vista marxista, lo stato è la "dittatura della borghesia sul proletariato", quindi la Rivoluzione, nella fase intermedia tra la distruzione dello stato borghese e l'estinzione dello stato, il sorgere della società senza classi, è il rovesciamento dei rapporti di forza tra le classi, quindi "la dittatura del proletariato sulla borghesia". Marx non precisò mai, e sosteneva non si potesse precisare la forma politica che avrebbe dovuto assumere una tale "dittatura". In Lenin le idee sono più precise, poichè egli traduce la "dittatura del proletariato" in "dittatura del partito politico del proletariato". Ma anche in Lenin, come in Marx, la forma del regime poiltico non viene designata, e come negli antichi, la parola "dittatura" indica un regime transitorio ed eccezionale.

Di Lenin è interessante questo passaggio, scritto in "Stato e rivoluzione" del 1918: "Le forme degli stati borghesi sono straordinariamente varie, ma la loro sostanza è unica: tutti questi stati sono in un modo o nell'altro, ma in ultima analisi, necessariamente, una Dittatura della borghesia. Il passaggio dal capitalismo al comunismo, naturalmente non può non produrre una enorme abbondanza e varietà di forme politiche, ma la sostanza sarà inevitabilmente una sola: la Dittatura del proletariato.

Da qui, prende spunto il punto di vista del filosofo liberal-socialista Noberto Bobbio: "Se accettiamo di chiamare Dittatura della borghesia qualsiasi regime in cui la classe borghese è la classe egemone, dobbiamo poi ammettere che questa Dittatura può essere esercitata in due forme molto diverse: con una forma di governo liberal-democratico e con una di tipo antiliberale e antidemocratico, alla quale soltanto il linguaggio politico comune riserva il termine specifico di Dittatura. E qualcosa di analogo si potrebbe dire per la Dittatura del proletariato". Per distinguere le due principali versioni di Dittatura di una classe su un'altra, Bobbio suggerisce di definire la versione democratica, sostituendo il termine Dittatura con quello gramsciano di Egemonia.

Credo di essere d'accordo con Bobbio. :)

R.

No, non direi che si possa semplificare il tutto così, sebbene i presupposti generali siano corretti.
Non sono d'accordo con Bobbio sull'interpretazione del Gramsci, e dell'egemonia gramsciana. Altrove ho trattato dell'argomento, e anche più sopra....di sfuggita ho espresso la mia opinione. In buona sostanza.....non cambia molto fra "egemonia" e "dittatura". In effetti non è una questione meramente nominalistica. Si resta comunque fuori completamente dalla democrazia liberale, anche con Gramsci, nonostante Bobbio.

Saluti lbierali

21-05-02, 23:21
Originally posted by Pieffebi



Sicuramente ne' Marx, ne' Lenin potevano prevedere l'attuale livello di sviluppo tecnologico, sebbene fossero positivisticamente e quasi fideisticamente propensi ad immaginare che la tecnica, la tecnologia, eccetera potessero risolvere quasi ogni problema, fino al punto di immaginare la quasi totale scomparsa della divisione del lavoro.

Caro Pieffebi, tu sei troppo marxista per me ;) Io non mi riferivo al semplice sviluppo tecnologico: a me sembra che, quando la produzione dell' immateriale diventa dominante, non in senso quantitativo, ma in senso, come dite voi marxisti egemonico, allora si tratta di qualcosa di assolutamente imprevedibile, che cambia tutte la carte in tavola.

Tuttavia è da dire che le analisi sul capitale finanziario e il suo dominio, con annessi e connessi, sono, guardacaso, non solo sul fronte marxista (si pensi al liberale Hobson) proprio degli inizi del XX secolo, esattamente come le avanguardie artistiche e letterarie....e come i presupposti delle "rivoluzioni scientifiche" (di cui parlano i filosofi e storici della scienza), indipendentemente dal fatto che importanti scoperte teoriche e....pratiche saranno fatte solo decenni dopo. I presupposti "paradigmatici" sono seminati proprio in quell'epoca feconda, ove le certezze dogmatiche, ad esempio, della fisica classica vengono superate e si aprono nuove frontiere epistemologiche....

Il problema, secondo me, è che è cambiata la natura stessa del lavoro di tantissime persone, almeno nei paesi egemoni: sempre più gente si occupa di produrre qualcosa che non è misurabile nè quantificabile, in settori come il lavoro di cura, il tampo libero ecc...queste persone si occupano di produrre sensazioni, emozioni, informazioni...La loro' aggregazione, ovviamente, è altrettanto mobile contingente......come in un colloide, vi sono continui legami temporanei che si creano e si spezzano. Per questo motivo, non si può pensare alle classiche forme di aggregazione conosciute finora e questo impedisce anche che gli individui si riconoscano in una ferrea identità di classe: io, per esempio, non mi ci riconosco, e non perchè, come direbbe un il marxista, sono una piccolo borghese che oscilla di qua e di là (non credo cambierebbe molto se fossi un'operaia metalmeccanica). Semplicemente non posso avere un'identità rigida di classe. Ti dirò di più: la cosa non mi dispiace affatto. :) Lo stesso pc dove noi scriviamo è solo in minima parte Hard Disk: senza programmi dentro è un guscio vuoto (vedi l'immateriale?). Il capitale finanziario, rispetto a qualche anno fa, ha il vantaggio di potersi spostare in un attimo da Tokio, a New York, a Londra: tutto ciò, per esempio, ha creato masse di capitali semoventi, impersonali, che vanno dove gli fa comodo al di là di qualunque controllo



Tornando a Lenin e Hilferding se si leggono le loro pagine si scoprirà che ne sapevano sui monopoli, sui trust, sul capitalismo finanziario molto più di quanto solitamente potremmo immaginare. Anzi, come i teorici ed economisti liberali, ebbero il vantaggio di assistere alla genesi del processo storico-sociale, potendo verificare i fenomeni non ancora celati dalla complessità delle fasi ulteriori. Sarebbe come aver potuto assistere in diretta al big bang, fin dai primi millesecondi di vita (inflazionaria?) dell'universo....

In ogni caso io mi interesso di storia delle ideologie...e sotto questo profilo ho trattato gli argomenti proposti. Ovviamente non è l'unico taglio ne' punto di vista possibile. Credo però che capire con esattezza come stessero le cose dal punto di vista dei teorici della dittatura proletaria possa contribuire ad evitare grossolani errori interpretativi....moderni o equivoci persino un po'...comici.

E'proprio questo taglio che io trovo un po' obsoleto

Venendo alla questione del Capitalismo di Stato ne ho trattato diffusamente sul thread "il fascismo allo specchio" ancora rintracciabile sul forum dei comunisti nazionalitari, negli ultimi post. In effetti il mio punto di vista, dal punto di vista storico-ideologico, è abbastanza vicino a quello si Soviet999, anche se le implicazioni politiche che ne traggo.....sono opposte.

Perciò, sei troppo marxista per me. Saluti liberal :)

Saluti liberali

anton
22-05-02, 09:18
Il problema, secondo me, è che è cambiata la natura stessa del lavoro di tantissime persone, almeno nei paesi egemoni: sempre più gente si occupa di produrre qualcosa che non è misurabile nè quantificabile, in settori come il lavoro di cura, il tampo libero ecc...queste persone si occupano di produrre sensazioni, emozioni, informazioni...La loro' aggregazione, ovviamente, è altrettanto mobile contingente......come in un colloide, vi sono continui legami temporanei che si creano e si spezzano. Per questo motivo, non si può pensare alle classiche forme di aggregazione conosciute finora e questo impedisce anche che gli individui si riconoscano in una ferrea identità di classe: io, per esempio, non mi ci riconosco, e non perchè, come direbbe un il marxista, sono una piccolo borghese che oscilla di qua e di là (non credo cambierebbe molto se fossi un'operaia metalmeccanica). Semplicemente non posso avere un'identità rigida di classe. Ti dirò di più: la cosa non mi dispiace affatto. Lo stesso pc dove noi scriviamo è solo in minima parte Hard Disk: senza programmi dentro è un guscio vuoto (vedi l'immateriale?). Il capitale finanziario, rispetto a qualche anno fa, ha il vantaggio di potersi spostare in un attimo da Tokio, a New York, a Londra: tutto ciò, per esempio, ha creato masse di capitali semoventi, impersonali, che vanno dove gli fa comodo al di là di qualunque controllo



Tornando a Lenin e Hilferding se si leggono le loro pagine si
=============
IL FATTO CHE NON SENTA UNA IDENTITA DI CLASSE è ININFLUENTE.
Perche sia che tu lo senta o meno fai parte di una classe che non è oligarchia.
Nei dati statistici ufficiali tu sei una prestatrice d'opera, una categoria ben definita e quantificabile.
Sono solo il potere e le oligarchie che ti hanno convinta di poter essere diversa da una semplice prestatrice d'opera.
Sia tu che quelle alttre milgiaia o centinaia di figure che hai elencato non contribuiscono a quei movimenti di capitali che hai citato, ne si avvantaggiano dei privilegi, ma ne pagano la remunerazione., contribuendo ad allargare il potere di pochi e lo sfruttamento di molti.
Che paghi , utilizzando il tuo lavoro di prestatrice d'opera, anche ascoltando la radio, la televisione, leggendo i gionali e usando il tuo pc.
Se il tuo voto è sinora servito solo a facilitare l'allargamento di questa enorme forbice tra ricchi e poveri del mondo e del nostro paese, sei andata, sentendoti diversa, contro gli interessi della tua classe e contro i tuoi stessi interessi.
E' questa l'ultima trappola che ci ha teso il potere con i suoi condizionamenti.

Pieffebi
22-05-02, 12:46
Originally posted by gdr



Allora ti risponderò da marxista :K : Marx affermava che il capitalismo non può esistere senza rivoluzionare di continuo i mezzi di produzione e le forze produttive. Il "lavoro è cambiato" e molto, ma direbbe un marxista ortodosso: non è cambiata la natura dei rapporti sociali di produzione, è cambiata la forma fenomenica dei processi sociali, non sono cambiate le loro "leggi intrinseche".
Infine...la storia delle ideologie, come la storia in genere, non può essere obsoleta, non solo perchè, ed è banale dirlo, studiare il passato aiuta a comprendere il presente, ma anche perchè comprendere il passato ha la sua importanza....in sè.


Sulla questione dell'identità di classe hai ragione, ma hai ragione "in se'", indipendentemente dalle forme "moderne" dei rapporti sociali capitalstici che rendono assolutamente evidente la debolezza dell'analisi marxiana su questo come su altri punti. Avresti avuto ragione, in un certo qual modo, anche nel 1916. E' per questo che sono diventato....liberale "di destra".
Saluti "marxisti" e liberali di destra (non liberal, per carità!):)

Tovarish
22-05-02, 16:47
Questioni internazionali
LA DITTATURA DEL PROLETARIATO
E LA QUESTIONE NAZIONALE,OGGI

E' fuor di dubbio che, dopo la fine drammatica e vergognosa del socialimperialismo russo ( kruscioviano-brezneviano), ora appaia con tutta la sua violenza, il suo diktat e la sfacciata criminalità, l'imperialismo delle cristianissime " civiltà " delle fatiscenti metropoli. Tutti i problemi sono sul tappeto, non c'è aspetto della vita sociale che non sia minato dal cancro del profitto, che in modo forsennato e parassitario divora i lavoratori, i popoli, il pianeta. Ai comunisti si pone perciò il compito di stabilire, per questi problemi concreti, immediati, la strategia e le tattiche, i metodi e le forme della lotta per la dittatura del proletariato, il socialismo e il comunismo.
Se resta una ' conditio sine qua non ' il metodo di analisi scientifico della società, che per noi è il marxismo-leninismo, le questioni all'ordine del giorno sono dunque politiche.
La crisi del movimento comunista in alcune aree è perciò il frutto della mancanza di una Linea generale politica, mancanza che si riflette nella confusione, nell'arretratezza degli obiettivi, negli ondeggiamenti a destra e a "sinistra", e quindi nella mancanza di unità, di fronte alla globalizzazione, allo strapotere finanziario degli " arcani imperi", alle alleanze militari internazionali, fondate sul nucleare, il dominio planetario tecnico-scientifico delle fonti energetiche e alimentari.
Questa crisi non è sorprendente, come non lo è il voltafaccia di molti partiti e intellettuali, è una storia che si ripete. In questa situazione è ovvio che i capitalisti cerchino di alimentare la divisione e la confusione, non solo con il bieco anticomunismo, ma con politiche miranti a deviare le lotte della classe operaia, dei popoli e delle nazioni su vie sbagliate.
Qui vogliamo accennare a due questioni a nostro parere centrali per la crescita del Movimento Comunista; questioni che sottoponiamo al dibattito.
E precisamente: la dittatura del proletariato e la questione nazionale.
Noi riteniamo attuale e di grande valore strategico l'indicazione di Enver Hoxha che oggi la rivoluzione è una questione posta e che va risolta. Prospettiva che già Stalin nel 1929 indicava per tutto il mondo.
A qualcuno questo obiettivo politico, ad un'analisi superficiale, può apparire non proponibile.
Ma l'alternativa qual'è? Andare al carro della democrazia piccolo borghese e dell'aristocrazia operaia?
Al carro di un loro Governo che "dovrebbe" temperare il dominio delle " multinazionali " e dell'oligarchia finanziaria? Nell'illusione di partecipare al banchetto? Si badi, qui parliamo del programma del proletariato, della politica che i comunisti debbono agitare fra i lavoratori. Nulla a che vedere con le giuste e necessarie
tattiche di fronte Unito con le forze democratiche borghesi, per paralizzarle ( Stalin ) o per averle alleate nelle diverse fasi della lotta di classe.
Ma, nell'era della globalizzazione economica, finanziaria, tecnologica e scientifica, questo obiettivo, del potere proletario, è possibile e proponibile non solo nelle metropoli, ma anche, nel cosiddetto " terzo mondo"?
Senza dilungarci qui sui noti perchè le metropoli finanziarie vanno verso l'implosione, preannunciata dalle crisi e dalla recessione in atto da anni anche nell'interland e nelle periferie imperiali ( Giappone, Tigri Asiatiche, Messico, ecc. ) il quesito è: quale sbocco?
Vediamo dove hanno portato e portano le teorizzazioni di compromesso dei vari: Zyuganov, Ramiz Alia, Joaos Amazonas; cinesi, coreane, cubane, ecc. Quali " alternative" rappresentano i vari partiti riformisti in Polonia, nella Rep. Ceca, in Albania e via dicendo.
Quale futuro riservino per il popolo certi governi " nazionali " in Venezuela, in India, in Iran, in Cile, ecc. Come l'alternanza: fascismo-democrazia sia la tattica ormai arcinota del bastone e della carota.
Tutte queste "soluzioni" ( compreso i governi D'Alema e Amato) dimostrano la gravità della crisi generale del Sistema, e quindi l'attualità - per la classe operaia - dell'alternativa di potere. E' ovvio che non si intende che oggi si ponga il problema immediato del potere; si pone però per la classe il suo obiettivo, che va conosciuto, propagandato, praticato nel quadro delle lotte quotidiane per il lavoro, il salario, lo Stato sociale, la pace, l'indipendenza e la sovranità.
Certamente nel " terzo mondo" la forma del potere sarà per la classe, la dittatura democratica del proletariato, intesa come alleanza con i contadini e la piccola borghesia urbana e rurale lavoratrice.Ma la direzione dovrà essere nelle mani della classe operaia e del suo Partito.
Se in un determinato Paese esiste una situazione transitoria di " equilibrio" fra un fronte di forze e l'imperialismo, la classe operaia deve incalzare le classi intermedie, allargando lo schieramento di lotta, con un processo ininterrotto rivoluzionario.
Il Movimento Comunista soffre in certi paesi di inesperienza, di abitudini ereditate o dal vecchio revisionismo, o dal rivoluzionarismo piccolo borghese. Le conseguenze sono varie: separazione fra lotta economica e lotta politica, ( concepita solo nella forma parlamentare), confusione fra politica del Partito e politica di Fronte, militanza burocratica e conciliatrice nei sindacati e negli organismi di massa, oppure sua negazione settaria; ignoranza della necessità di lavorare per conquistare, ricostruire, proprie cinghie di trasmissione.
Una questione all'ordine del giorno è il lavoro per sviluppare, aggregare, confrontare tutte le forze che si dicono comuniste o antagoniste, con iniziative su vari livelli politici o ideologici.
Questo significa cercare giorno dopo giorno, l'unità di classe, senza rinunciare alla lotta ideologica contro l'opportunismo. Bisogna evitare l'effetto matrioska, cioè far si che possibili alleati trasformino i nostri partiti in cinghie di trasmissione del riformismo, e non il contrario, e cioè che noi nel quadro del Fronte Unico proletario e del Fronte Unito democratico, facciamo delle varie forze sociali e politiche, cinghie della politica rivoluzionaria (alleati permanenti o compagni di strada che siano). E'questa una questione che si vive specie nei paesi ex socialisti, e per quanto riguarda i sindacati anche in "occidente".
Sappiamo da sempre che nella lotta ci sono periodi di flusso, oppure di riflusso, e che ad essi corrispondono metodi e forme di militanza e di rapporto con le Istituzioni, differenti; comunque mai deve venir meno il principio che le varie tattiche sono la realizzazione concreta, quotidiana, della strategia, che la politica dirige l'economia, e la democrazia serve la rivoluzione. L'essenza dell'opportunismo togliattiano non stava nell'aver utilizzato tutti gli spazi democratici, ma nell'aver relegato la politica rivoluzionaria, la prospettiva socialista, nel lontano ( e istituzionale) futuro, separando ( e poi negando) la lotta di classe contro lo Stato per il potere.
Come oggi, l'opportunismo, ad esempio in Russia con il Partito di Zyuganov, consiste nel far sfociare la lotta di classe ( in una situazione sociale drammatica) nelle Istituzioni e nel porre come obiettivo politico non la dittatura del proletariato, ma il ritorno al "socialismo" burocratico brezneviano, al paradiso dei Boiardi di Stato, in un'economia mista, aperta al Capitale finanziario internazionale.
Patetica e forviante è quindi la parola d'ordine del ritorno alla vecchia Unione Sovietica; sarebbe come se gli operai tedeschi dell'est chiedessero il ritorno della Rep. Democratica, o il proletariato francese la restaurazione della Comune di Parigi.
E' evidente che per ogni Partito si pone, rispetto ai metodi e alle forme della lotta di classe, innanzi tutto il problema della Direzione della classe, e per questa, la questione dell'egemonia nel Fronte.
Sappiamo per esperienza che il nostro lavoro non è facile , che molti opportunisti sono acerrimi nemici dei comunisti, settari e intolleranti, ma noi dobbiamo fare molto affidamento sulle cellule ( riservate) che svolgono l'attività nelle realtà di massa.
E veniamo alla questione nazionale.
Accade che, per inesperienza, per sciovinismo di grande Stato, o per nazionalismo gretto, che si deformi il problema nazionale.
La sottovalutazione del ruolo delle nazioni nella lotta all'imperialismo è spesso il frutto di concezioni democratiche borghesi, le quali possono tuttalpiù proporre alle minoranze, l'obiettivo dell'autonomia.
In questo modo si restringe l'arco del fronte e si indebolisce il Partito e tutto il Movimento.
Lenin ha più volte ribadito che rispetto alle lotte nazionali progressiste, i comunisti devono giungere ad affermare il diritto all'indipendenza, ad uno Stato proprio. Questo era giusto ieri, e anche oggi, con la globalizzazione.
Certamente per i comunisti, per il proletariato in quanto classe, le lotte nazionali " sono una particella dell'assieme del movimento socialista" (Lenin), per cui noi lavoriamo affinchè queste lotte si fondino con la rivoluzione proletaria, che per sua natura è internazionalista.
Ma se in situazioni specifiche ( e sono numerose) le nazioni assestano un colpo di maglio all'imperialismo, è nostro dovere sostenerle.
Negare i diritti nazionali democratici fino all'indipendenza, significa perpetuare lo sfruttamento e l'oppressione delle nazioni ricche su quelle povere. Ignorare i diritti delle nazioni autoctone ( ad es. gli indios) significa negare la politica di dittatura democratica del proletariato.
Lo sciovinismo di grande Stato da cui non sono immuni diversi partiti di "sinistra", si maschera sotto varie etichette. Gli "interessi del Paese", "l'integrità dello Stato" e così via.
Il Movimento comunista deve far proprio il pensiero di Marx, Engels, Lenin e Stalin sulla questione nazionale. E cioè l'unità delle nazioni attorno al proletariato per l'emancipazione totale, politica, economica e culturale, da ogni oppressione. E nel contempo il diritto all'indipendenza delle nazioni.
" Ciò non vuol dire, naturalmente, ( scriveva Stalin) che il proletariato debba appoggiare qualsiasi movimento nazionale, sempre e dappertutto, in tutti i singoli casi concreti.Si tratta di appoggiare quei movimenti nazionali che tendono a indebolire, ad abbattere l'imperialismo e non a consolidarlo e a conservarlo".
La questione dei diritti delle nazioni è dunque una parte della questione generale della rivoluzione proletaria, è una parte subordinata al tutto.
Spetta ai comunisti sulla base dell'analisi concreta internazionale e nazionale, valutare se un determinato movimento serve alla rivoluzione, oppore all'imperialismo, o alla reazione.
Non di rado accade che una lotta nazionale si trovi fra due fuochi: l'imperialismo e la reazione interna, e che essi siano in lotta fra loro, per cui si ponga il problema di fare accordi o compromessi seppur temporanei, negare questa necessità è " sommamente ridicolo" ( Lenin).
La Storia è piena di questi accordi o compromessi, che vengono determinati in base alle priorità. Ma il Patto Ribbentrop - Molotov di non aggressione, non era un'alleanza, o il fare affidamento sul nemico di domani.
Come il fronte antifascista non significava - per il proletariato - rinunciare alla propria indipendenza politica, al socialismo, alla strategia. L'esperienza della Lotta di Liberazione in Albania, in Cina, in Viet-Nam sono stati esempi di coerenza e di duttilità tattica nella lotta per l'indipendenza.
Elemento decisivo che fa si che una lotta nazionale non sia manipolata dall'imperialismo o dalla reazione ( che comunque trovano prima o poi un terreno di accordo - si veda l'Iran, la Yugoslavia, ecc. ) è, specie in questa epoca, la direzione della lotta da parte del proeltariato e del suo Partito.
Se manca questa direzione, se la lotta di una nazione non è parte del tutto, della rivoluzione, può andare incontro ad amare sconfitte.
Dunque, la lotta per il Socialismo è attuale ovunque.
Sulla base quindi della strategia per il potere, si definiscono in sintonia con l'andamento della lotta di classe, le tattiche. Nella capacità di un Partito di adottare tutte le tattiche, di capire cioè nelle varie fasi i metodi e le forme della lotta, si verifica se questo Partito è veramente rivoluzionario e d'avanguardia.
Viceversa se subordina la strategia ai compromessi, se non utilizza metodi e forme opportune, se coltiva illusioni sulle congiunture, sui compromessi, se non ha chiaro l'obiettivo strategico e non lo realizza nel quotidiano, si incammina su una via sbagliata ed è votato ad un ruolo subordinato e alla sconfitta.
Vale il principio di Enver Hoxha, che non nega i compromessi : non ci si appoggia su un imperialismo per combattere l' altro imperialismo .

Pieffebi
22-05-02, 17:37
Certo che come marxisti Stalin ed Hoxa erano il massimo....

Saluti liberali.

Roderigo
22-05-02, 21:47
Originally posted by Pieffebi
No, non direi che si possa semplificare il tutto così, sebbene i presupposti generali siano corretti.
In cosa consiste la semplificazione?


Originally posted by Pieffebi
Non sono d'accordo con Bobbio sull'interpretazione del Gramsci, e dell'egemonia gramsciana. Altrove ho trattato dell'argomento, e anche più sopra....di sfuggita ho espresso la mia opinione. In buona sostanza.....non cambia molto fra "egemonia" e "dittatura". In effetti non è una questione meramente nominalistica. Si resta comunque fuori completamente dalla democrazia liberale, anche con Gramsci, nonostante Bobbio.
Si resta comunque fuori... dalla democrazia liberale ... borghese.

R.

Roderigo
22-05-02, 21:56
Originally posted by Pieffebi
Allora ti risponderò da marxista :K : Marx affermava che il capitalismo non può esistere senza rivoluzionare di continuo i mezzi di produzione e le forze produttive. Il "lavoro è cambiato" e molto, ma direbbe un marxista ortodosso: non è cambiata la natura dei rapporti sociali di produzione, è cambiata la forma fenomenica dei processi sociali, non sono cambiate le loro "leggi intrinseche".
Infine...la storia delle ideologie, come la storia in genere, non può essere obsoleta, non solo perchè, ed è banale dirlo, studiare il passato aiuta a comprendere il presente, ma anche perchè comprendere il passato ha la sua importanza....in sè.
Hai proprio ragione. :)


Originally posted by Pieffebi
Sulla questione dell'identità di classe hai ragione, ma hai ragione "in se'", indipendentemente dalle forme "moderne" dei rapporti sociali capitalstici che rendono assolutamente evidente la debolezza dell'analisi marxiana su questo come su altri punti. Avresti avuto ragione, in un certo qual modo, anche nel 1916. E' per questo che sono diventato....liberale "di destra".
Saluti "marxisti" e liberali di destra (non liberal, per carità!):)
Sono d'accordo anche qui, ma non vedo, su questo punto, dove stia la "debolezza dell'analisi marxiana". Forse Marx, ed il marxismo, non erano consapevole della precarietà dell'identità di classe? Non distinguevano tra la "classe in se" e la "classe per se"? Non diceva Marx che gli operai tendono ad associarsi in opposizione al capitalista, ma pure tendono a dividersi nella concorrenza tra loro?

R.

Roderigo
22-05-02, 22:37
Originally posted by gdr
Il problema, secondo me, è che è cambiata la natura stessa del lavoro di tantissime persone, almeno nei paesi egemoni: sempre più gente si occupa di produrre qualcosa che non è misurabile nè quantificabile, in settori come il lavoro di cura, il tampo libero ecc...queste persone si occupano di produrre sensazioni, emozioni, informazioni...La loro' aggregazione, ovviamente, è altrettanto mobile contingente......come in un colloide, vi sono continui legami temporanei che si creano e si spezzano. Per questo motivo, non si può pensare alle classiche forme di aggregazione conosciute finora e questo impedisce anche che gli individui si riconoscano in una ferrea identità di classe: io, per esempio, non mi ci riconosco, e non perchè, come direbbe un il marxista, sono una piccolo borghese che oscilla di qua e di là (non credo cambierebbe molto se fossi un'operaia metalmeccanica). Semplicemente non posso avere un'identità rigida di classe. Ti dirò di più: la cosa non mi dispiace affatto. Lo stesso pc dove noi scriviamo è solo in minima parte Hard Disk: senza programmi dentro è un guscio vuoto (vedi l'immateriale?). Il capitale finanziario, rispetto a qualche anno fa, ha il vantaggio di potersi spostare in un attimo da Tokio, a New York, a Londra: tutto ciò, per esempio, ha creato masse di capitali semoventi, impersonali, che vanno dove gli fa comodo al di là di qualunque controllo
In questo pezzo, scorgo qualcosa di "revelliano". :)

Cosa intendi per "identità rigida di classe"? E perchè è un bene che non ci sia? Cosa c'è al suo posto?

Gli insegnanti non appartengono alla piccola borghesia? :D
Se tu fossi una operaia metalmeccanica, il tuo lavoro sarebbe manuale, più faticoso, magari con i turni di notte, senza alcuna gratificazione culturale, per otto ore al giorno, più gli straordinari, e con la paura di poter essere licenziata. E il rispetto dei tuoi diritti sindacali e di lavoratrice dipenderebbe soprattutto dai rapporti di forza interni alla fabbrica.

Dici, che è cambiata la "natura" del lavoro di tante persone. Ma, è cambiato il suo essere lavoro salariato? E il suo essere lavoro alienato? Oggi, le persone, rispetto a venti anni fa, sono più libere di scegliere la professione che preferiscono, di conciliare lavoro e autorealizzazione? Aumentano le persone occupate, per esempio, nel lavoro di cura, ma tra queste vi sono anche le donne che tornano a fare le domestiche in casa altrui, magari mogli mature che devono surrogare il reddito del marito non ancora pensionato ma già licenziato, oppure "giovani" trentenni, ancora parcheggiate all'università, che racimolano qualche soldo come baby sitter. Vediamo poi che il lavoro di cura, tende a subentrare alla ritirata del pubblico dai compiti di assistenza, o attraverso le donne, che in famiglia assistono anziani e bambini, o attraverso associazioni di volontariato, il cui confine tra profitto e no-profit diventa labile, proprio come quello tra volontariato e sfruttamento. La domanda del lavoro di cura, non è oggi in primo luogo rivolta agli immigrati? Persino, per quanto riguarda gli infermieri.

E' vero, che l'hard disk senza programmi sarebbe un guscio vuoto, ma è pur vero che i programmi senza l'hard disk non sarebbero nulla. Tuttavia, questo cosa ci dice sulle condizioni di lavoro dei programmatori? Ne conosco alcuni che guadagnano molto bene, ma con orari di lavoro pazzeschi ed una disponibilità quasi illimitata.

Il capitale finanziario ha il vantaggio di muoversi rapidamente da una capitale all'altra e di sfuggire ad ogni controllo. Compreso quello fiscale, e questo è proprio un bel vantaggio. Le masse di capitali semoventi sono "impersonali". Nel senso che non si sa a chi appartengono, immagino. Ma i finanzieri sono persone in carne ed ossa e sono appena qualche migliaio in tutto il mondo.

Il mio capitale finanziario invece continua a mouoversi molto lentamente. Una volta al mese, dalla tesoreria del mio datore di lavoro al mio conto bancario, anzi postale. Non sfugge a nessun controllo, tanto che ogni voce contributiva viene immediatamente tassata alla fonte.
Sono troppo vetero?

R.

Pieffebi
22-05-02, 22:43
La semplificazione consiste nel mettere in secondo piano l'essenza della concezione marxista e soprattutto engelsiana e leninista dello Stato, per le quali ......lo Stato stesso è sempre "una dittatura" nel senso (negativo) che è "l'organizzazione della violenza", un organo del dominio e dell'oppressione di classe.
La democrazia rappresentativa moderna, anche in regime di suffragio universale, e persino di governo "socialdemocratico",l progressista, di sinistra, resta sostanzialmente "uno strumento per tenere sottomessa e sfruttare la classe oppressa".

L'onnipotenza della ricchezza, scrive Lenin, "è in una repubblica democratica tanto più sicura in quanto non dipende da un cattivo involucro politico possibile per il capitalismo" e Lenin stesso ricorda assai giustamente come Engels avesse definito "in modo categorico il suffragio universale come uno strumento di dominio della borghesia".

La sostanza della dottrina marxista della dittatura del proletariato consiste nel considerare, al contrario degli anarchici, indispensabile, da parte del proletariato, non soltanto abbattere lo Stato (dittatura) borghese, ma anche utilizzare "l'organizzazione della violenza e del dominio di classe" per distruggere la borghesia e avviare la trasformazione della società in senso socialista. Lo Stato è dittatura, violenza ed oppressione come dicono gli anarchici, ma per il marxismo e il leninismo il proletariato deve utilizzare la violenza, la dittatura e l'oppressione se vuole vincere la resistenza della borghesia e avviare l'immane trasformazione della società verso "il regno della libertà", il comunismo senza classi e senza Stato.
La democrazia socialista è democratica per la sola classe operaia, e "più democratica" di quella borghese in ragione del fatto che il proletariato costituisce la maggioranza della popolazione.
La dittatura del proletariato sarebbe pertanto l'utilizzo della violenza e dell'oppressione della maggioranza contro la minoranza. Ma non è proprio così.
COme per la "volontà generale" di Rousseau, il concetto di maggioranza e minoranza sono però, nel marxismo e più esplicitamente nel leninismo, completamente diversi dalla libera espressione (e somma) delle volontà individuali dei singoli componenti della classe sociale. Già Marx distingue fra "classe in sè" e "classe per sè", fra operai coscienti e operai succubi dell'ideologia borghese. Engels e soprattutto Lenin sono ancora più espliciti....
La volontà della classe operaia non è rappresentata dalla somma delle volontà individuali degli operai. La volontà della classe operaia è data dai suoi interessi immediati e storici concreti, conosciuti dagli operai coscienti (e solo da loro), dall'avanguardia rivoluzionaria. L'operaio non cosciente, soggetto alle "superstizioni" borghesi è senz'altro da conquistare ed educare, ma se....non si lascia "plasmare" e si ribella, va trattato come un controrivoluzionario. Il fatto che sia un operaio.....diventa addirittura una potenziale aggravante!
Il partito/avanguardia, il partito/coscienza, il partito/educatore, il partito/scienza rappresenta la classe operaia indipendentemente dal consenso che ha presso di questa. Ovviamente il partito cerca il consenso e cerca di portare alla classe "la coscienza socialista", ma questo attiene ai compiti pedagogici del partito, non a quelli .....democratici.
Lenin insiste sulla necessità di conquistare la fiducia non solo degli operai ma anche dei ceti semi-proletari. eccetera, ma lo fa in un'ottica strategica tutt'altro che...democratica.
Se dunque, in definitiva, la maggioranza degli operai, in regime di dittatura proletaria, ha opinioni in contrasto con la direzione del partito su questo o quell'argomento fondamentale....tanto peggio per la maggioranza della classe operaia.

Finchè esiste lo Stato, per Marx ed Engels, e per Lenin, questo non esiste nell'interesse della libertà. Marx deride l'idea di "Stato Libero popolare" del programma del partito operaio tedesco.
Lenin accoglie pienamente questa concezione e la sviluppa coerentemente.

La concezione occidentale, pluralistica e liberale della democrazia e dello Stato, fondandosi sulle libertà civili, politiche e sociali, PER TUTTI, fondandosi sui valori dell'individuo e della libertà e volontà individuale, e della volontà collettiva come somma di volontà e scelte individuali (da cui il principio di maggioranza), indipendentemente dalla classe, dalla razza, dalla religione, è inconciliabile con la concezione marxista e con quella leninista.

Questa concezione è borghese e capitalistica storicamente, ma questo depone a favore della borghesia e del capitalismo. Questa concezione si realizza anche per la pressione della classe operaia, che fortunatamente è, come diceva Lenin, spontaneamente soggiogata "dall'ideologia borghese".

Ma la democrazia borghese non è una dittatura di classe, non ha bisogno di esserlo. Possono esistere "governi di classe" in regime di democrazia. Possono esistere politiche "classiste" in democrazia. Ma lo Stato democratico non ha una natura di classe.
Lo Stato Operaio, essendo uno stato di classe che deve realizzare un progetto rivoluzionario classista di trasformazione della società in una direzione predeterminata, ed indipendentemente dalle opinioni individuali, essendo "la scienza marxista" garante del percorso da seguire, è invece necessariamente una dittatura di classe che non può permettere interruzioni alla rivoluzione (poniamo perchè la maggioranza della popolazione, viste le conseguenze economiche negative della socializzazione, reclama la restaurazione della proprietà privata e del mercato).

Dunque quello che dice Bobbio.....è una semplificazione che cela moltissimo dell'essenza della questione, riducendo tutto a un ...giuoco di parole intorno ai concetti astratti di dittatura, democrazia, classe.

Se la democrazia liberale è borghese ed è la dittatura della borghesia, allora la democrazia proletaria che deve sostituirla è senz'altro la dittatura del proletariato. Ne consegue che ha ragione Lenin: non basta cambiare il governo, bisogna cambiare la natura dello Stato, ossia annientare lo Stato attuale con le sue istituzioni.

Il problema dunque non è che "ogni Stato è una dittatura", per cui la dittatura del proletariato e quella della borghesia possono in astratto avere forme diverse. Il problema è che fra la dittatura (Stato) del prolatariato e dittatura (Stato) della borghesia vige la rottura radicale. Il proletariato deve infrangere lo Stato borghese ed annientarne le istituzioni, che sono istituzioni della classe nemica.

Sfortunatamente l'esito di questo processo è conosciuto, e previsto dai liberali fin dagli anni 40 del XIX secolo ( lo sconosciuto karl Heinzen insultato da Marx ed Engels), 70 anni prima della rivoluzione bolscevica: la via della schiavitù.

Saluti liberali

Tovarish
23-05-02, 11:37
Originally posted by Pieffebi
Certo che come marxisti Stalin ed Hoxa erano il massimo....

Saluti liberali.

Forse non al livello di Marx, Lenin o Mao ma comunque dei maestri del proletariato, che hanno applicato il marxismo-leninismo alle specifiche realtà locali.
Ad un livello inferiore come teorici potrebbero essere collocati Kim Il Sung e Ho Chi Minh...

saluti marxisti-leninisti

23-05-02, 18:32
QUOTE]Originally posted by Roderigo

In questo pezzo, scorgo qualcosa di "revelliano". :)


Beh, Revelli non è un vostro esponente? ;)


Cosa intendi per "identità rigida di classe"? E perchè è un bene che non ci sia? Cosa c'è al suo posto?
Gli insegnanti non appartengono alla piccola borghesia? :D

Vi sono insegnanti, mogli di primari ospedalieri, di imprenditori ecc.. che appartengono a quella che voi chiamate media, o a volte, addirittura alta borghesia. Altri, per abitudini, reddito, censo (per esempio quelli che devono mantenere famiglie monoreddito) sono assimilabili agli operai

Se tu fossi una operaia metalmeccanica, il tuo lavoro sarebbe manuale, più faticoso, magari con i turni di notte,
Sai bene che, salvo rarissime eccezioni, le donne non fanno i turni di notte. Per i miei ritmi circadiani, comunque, andrebbero benissimo. Quanto al faticoso, non credo proprio, a meno che non lavorassi in Cina o in Corea

senza alcuna gratificazione culturale,

Io ho gratificazioni culturali dal mio lavoro? E quali? Un ragazzo, oggi, si forma solo per il dieci-quindici per cento con quello che gli arriva dalla scuola.


per otto ore al giorno,

Io faccio venti ore di lezione a settimana di lavoro, è vero. Ma tu prova a calcolare sedici pacchi di compiti da correggere a quadrimestre (ho otto classi), la preparazione dei compiti stessi (non puoi prendere i problemi da un libro, altrimenti quelli lo vengono a sapere e copiano), otto inutili e ridicoli consigli di classe al mese (un'ora e mezza ciascuno), un'ora di ricevimento mattutino dei genitori, due ricevimenti annui dei genitori Con otto classi, vanno via come minimo otto ore per ognuno), minimo quattro collegi dei docenti da quattro ore ciascuno (terrificanti!), minimo 32 ore di scrutini, il documento del quindici maggio delle due quinte, la reazione finale per ciascuna delle altre sei classi, i debiti formativi da colmare, i recuperi, le inutilissime riunioni per materie, gli esami di maturità (con le commissioni interne ancora più inutili), il pof, la preparazione delle esperienze di laboratorio, i programmi da scrivere per tutte le otto classi, l'aggiornamento (se no mi chiedono, che so, della pecora Dolly e ci faccio una figuraccia), i libri di testo da consultare e, in caso di cambio, da giustificare mediante relazione


più gli straordinari,

da noi non esistono straordinari: se uno scrutino dura fino a mezzanotte (mi è capitato più di una volta), se una riunione sfora con l'orario, è tutto compreso nella funzione docente e non mi danno una lira in più Grazie, CGIL-scuola!

e con la paura di poter essere licenziata.

Io non ho paura di essere licenziata, ma molti miei colleeghi, sì. La Moratti medita, in tre anni, di licenziare sessantamila precari

E il rispetto dei tuoi diritti sindacali e di lavoratrice dipenderebbe soprattutto dai rapporti di forza interni alla fabbrica.


Perchè, nella scuola dell'autonomia, con i presidi-manager, no? (Grazie, Berlinguer!)

Dici, che è cambiata la "natura" del lavoro di tante persone. Ma, è cambiato il suo essere lavoro salariato? E il suo essere lavoro alienato? Oggi, le persone, rispetto a venti anni fa, sono più libere di scegliere la professione che preferiscono, di conciliare lavoro e autorealizzazione? Aumentano le persone occupate, per esempio, nel lavoro di cura, ma tra queste vi sono anche le donne che tornano a fare le domestiche in casa altrui, magari mogli mature che devono surrogare il reddito del marito non ancora pensionato ma già licenziato, oppure "giovani" trentenni, ancora parcheggiate all'università, che racimolano qualche soldo come baby sitter. Vediamo poi che il lavoro di cura, tende a subentrare alla ritirata del pubblico dai compiti di assistenza, o attraverso le donne, che in famiglia assistono anziani e bambini, o attraverso associazioni di volontariato, il cui confine tra profitto e no-profit diventa labile, proprio come quello tra volontariato e sfruttamento. La domanda del lavoro di cura, non è oggi in primo luogo rivolta agli immigrati? Persino, per quanto riguarda gli infermieri.


Per quanto mi riguarda, preferirei senz'altro fare la domestica a ore o la baby siter, piuttosto che la commessa o la cassiera in un supermercatoa

E' vero, che l'hard disk senza programmi sarebbe un guscio vuoto, ma è pur vero che i programmi senza l'hard disk non sarebbero nulla. Tuttavia, questo cosa ci dice sulle condizioni di lavoro dei programmatori? Ne conosco alcuni che guadagnano molto bene, ma con orari di lavoro pazzeschi ed una disponibilità quasi illimitata.


Scusa, ma chi ha detto che siamo nel migliore dei mondi possibili? Io descrivevo una situazione. Descrivere una cosa non significa che la si approvi


Il capitale finanziario ha il vantaggio di muoversi rapidamente da una capitale all'altra e di sfuggire ad ogni controllo. Compreso quello fiscale, e questo è proprio un bel vantaggio. Le masse di capitali semoventi sono "impersonali". Nel senso che non si sa a chi appartengono, immagino. Ma i finanzieri sono persone in carne ed ossa e sono appena qualche migliaio in tutto il mondo.

Il mio capitale finanziario invece continua a mouoversi molto lentamente. Una volta al mese, dalla tesoreria del mio datore di lavoro al mio conto bancario, anzi postale. Non sfugge a nessun controllo, tanto che ogni voce contributiva viene immediatamente tassata alla fonte.

ntanto, però, quelli fanno il bello e il cattivo tempo e noi ne paghiamo le oscillazioni nella nostra vita quotidiana, senza accorgercene


Sono troppo vetero?

Decisamente sì ;)

R. [/QUOTE]

Roderigo
23-05-02, 22:38
Originally posted by gdr
Semplicemente non posso avere un'identità rigida di classe. Ti dirò di più: la cosa non mi dispiace affatto.
(...)
Io non ho paura di essere licenziata, ma molti miei colleeghi, sì. La Moratti medita, in tre anni, di licenziare sessantamila precari
E voi, insegnanti di ruolo, difendete i vostri colleghi precari che rischiano il licenziamento? Fate vertenze per loro? Scioperate per loro? Cosa fate per loro? Insieme a loro.

R.

23-05-02, 23:25
Originally posted by Roderigo

E voi, insegnanti di ruolo, difendete i vostri colleghi precari che rischiano il licenziamento? Fate vertenze per loro? Scioperate per loro? Cosa fate per loro? Insieme a loro.

R.

Abbiamo scioperato contro l'articolo 18 in massa. Ora ci stiamo organizzando, anche perchè Moratti vuole licenziare padri e madri fi famiglia di quarant'anni, abilitati e vincitori di concorso, precari da decine di anni, buttarli in mezzo a una strada e addossare i loro carichi di lavoro a noi. Rivolto la domanda: cosa fa la Cgil-scuola? Nulla! Sta al tavolo contrattuale a discutere su un aumento di 16000 lire mensili (avete letto bene) contero le 38000 (anche qui avete letto bene) proposte da loro. Licenziamenti? Aumento dei carichi di lavoro ? What is this? :D

anton
24-05-02, 11:06
What is this? :D
============
solo lotta di classe di oligarchie contro il proletariato:lol

Roderigo
27-05-02, 14:58
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=10875

http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=11060

Tovarish
28-05-02, 18:26
Originally posted by cciappas
What is this? :D
============
solo lotta di classe di oligarchie contro il proletariato:lol

Giusto, gli insegnanti, anche quelli sedicenti "progessisti" appartengono in toto alla borghesia per mentalità, costumi e stile di vita!! Oltre che per collocazione sociale di classe, naturalmente....:mad: :mad:

Tutti gli insegnanti sono organici solo alla borghesia....e di questo dovranno rendere conto di fronte al proletariato!!:ò :ò

28-05-02, 20:07
Originally posted by Tovarish


Giusto, gli insegnanti, anche quelli sedicenti "progessisti" appartengono in toto alla borghesia per mentalità, costumi e stile di vita!! Oltre che per collocazione sociale di classe, naturalmente....:mad: :mad:

Tutti gli insegnanti sono organici solo alla borghesia....e di questo dovranno rendere conto di fronte al proletariato!!:ò :ò

Un insegnante a inizio carriera (cioè un supplente) guadagna meno di due milioni al mese: se è capofamiglia di una famiglia monoreddito ed ha un figlio o due, fa la fame, altro che mantenere i costumi e lo stile di vita della borghesia! E magari ha quarant'anni (non si fanno assunzioni da decenni) ed ha superato concorsi su concorsi. Al confronto, una famiglia di due operai senza figli con due stipendi, a due milioni al mese ciascuno, è una famiglia di nababbi. A chi dovrebbe rendere conto, costui? Ad un ragazzino che ripete slogans imparati a memoria? :D

swaption
28-05-02, 20:11
mah

Tovarish
31-05-02, 21:36
Originally posted by gdr


Un insegnante a inizio carriera (cioè un supplente) guadagna meno di due milioni al mese: se è capofamiglia di una famiglia monoreddito ed ha un figlio o due, fa la fame, altro che mantenere i costumi e lo stile di vita della borghesia! E magari ha quarant'anni (non si fanno assunzioni da decenni) ed ha superato concorsi su concorsi. Al confronto, una famiglia di due operai senza figli con due stipendi, a due milioni al mese ciascuno, è una famiglia di nababbi. A chi dovrebbe rendere conto, costui? Ad un ragazzino che ripete slogans imparati a memoria? :D

Io non ho imparato un bel niente a memoria visto che nella vostra merdosa scuola classista insegnate che il compagno Stalin era peggio di Hitler e che gli americani magari esagerano ma alla fin fine sono dalla parte del bene!!:lol :lol

Che tu sia dalla parte della borghesia lo affermi tu stessa quanto sostieni di non avere identità di classe, che la dittatura del proletariato è dittatura e basta, che i grandi leader del proletariato mondiale come Lenin, Stalin e Mao sono "bestie".
(Bestie che hanno costruito il socialismo e distrutto l'imperialismo).

Bestie (con tutto il rispetto per le bestie) saranno i vostri amici yankees e i vostri leaders psuedoprogressisti e "democratici" (non faccio i nomi, li sapete ben) bombardatori etici della Serbia.

Socialdemocratici! Siete solo revisionisti e traditori! Alla larga:mad: :mad: :mad:

02-06-02, 15:04
Originally posted by Tovarish


Io non ho imparato un bel niente a memoria visto che nella vostra merdosa scuola classista insegnate che il compagno Stalin era peggio di Hitler e che gli americani magari esagerano ma alla fin fine sono dalla parte del bene!!:lol :lol

Posso rispondere per me: io insegno genetica molecolare e termodinamica, struttura della materia ecc...

Che tu sia dalla parte della borghesia lo affermi tu stessa quanto sostieni di non avere identità di classe, che la dittatura del proletariato è dittatura e basta, che i grandi leader del proletariato mondiale come Lenin, Stalin e Mao sono "bestie".
(Bestie che hanno costruito il socialismo e distrutto l'imperialismo).

Hanno costruito il socialismo talmente bene che i loro epigoni sono alla testa di regimi dove gli operai muoiono di lavoro come nelle fabbriche del primo ottocento e la mafia dilaga e si arricchisce senza pudore sulle spalle della povera gente. Hanno distrutto l'imperialismo talmente bene che ora gli USA sono i gendarmi del mondo (cosa che non mi piace per niente)

Bestie (con tutto il rispetto per le bestie) saranno i vostri amici yankees e i vostri leaders psuedoprogressisti e "democratici" (non faccio i nomi, li sapete ben) bombardatori etici della Serbia.

Ti riferisci forse a quel barbiere di Gallipoli, il thatcheriano D'Alema? Sarebbe lui il mio leader? :D Tu c'eri alle manifestazioni contro la guerra in Irak, nella ex Jugoslavia e nel Kossovo? Io sì

Socialdemocratici! Siete solo revisionisti e traditori! Alla larga:mad: :mad: :mad:

Io non ho revisionato proprio niente e non ho tradito nessuno, per il semplice motivo che non sono, nè sono mai stata, marxista. Socialdemocratica, invece, sì e me ne vanto, ma certo non alla maniera dei ds, ultraliberisti da strapazzo per smania di legittimazione.

Ps: perchè mi dai del voi ? :D

Pieffebi
02-06-02, 18:08
Ecco il punto di vista espresso da Rosa Luxemburg nel 1899, in "Riforma Sociale o Rivoluzione?", contrastando il riformismo revisionistico di Bernstein:
"Nei rapporti politici, lo sviluppo della democrazia, in quanto trova terreno favorevole, conduce alla partecipazione di tutti gli strati popolari alla vita politica, cioè in una certa misura, allo "Stato popolare". Ma questo nella forma del parlamentarismo borghese, in cui gli antagonismi di classe, e il predominio di una classe, non sono aboliti, ma piuttosto dispiegati e messi a nudo. Giacché tutta l'evoluzione capitalistica si svolge in tal guisa per contraddizioni, bisogna, per estrarre il nocciolo della società socialista dall'involucro capitalistico che gli si oppone, avere anche per questo motivo ricorso alla conquista del potere politico da parte del proletariato e alla soppressione totale del regime capitalistico
Per la socialista d'estrema sinistra Luxemburg sono insostenibili le idee della destra socialdemocratica, che combatte in modo molto duro:
" Il progresso costante della democrazia che al nostro revisionismo come pure al liberalismo borghese, appare la legge fondamentale della storia umana, o almeno della storia moderna, visto più da vicino risulta essere una chimera . La Luxemburg associa il punto di vista revisionistico sulla democrazia al "liberalismo borghese" come quasi venti anni dopo farà Lenin nei confronti di Kautsky.
Eppure è Bernstein, sul piano dell'analisi, ad avere ragione nella misura in cui, partendo dai presupposti stessi dell'analisi marxiana, e prendendo atto della non realizzazione delle aspettative catastrofiche sullo sviluppo del capitalismo formulate da Marx stesso, tenta di correggere il punto di vista socialista, liberandolo dai retaggi giacobini e dallo storicismo hegeliano, e ancorandolo alla realtà sociale contemporanea.

Saluti liberali.

kid
03-06-02, 16:06
Bellissimo dibattito, come sempre o quasi leggo su questo forum. Due sole domande: ma esiste ancora il proletariato in occidente? E la dittatura di Mao e Stalin è stata del "proletariato" o dittatura pura, dura e basta?

Roderigo
03-06-02, 16:13
Originally posted by calvin
Bellissimo dibattito, come sempre o quasi leggo su questo forum. Due sole domande: ma esiste ancora il proletariato in occidente? E la dittatura di Mao e Stalin è stata del "proletariato" o dittatura pura, dura e basta?

1. Si, poichè esiste il lavoro salariato ed il lavoro parasubordinato.

2. No, è stata la dittatura di un partito unico.

R.

kid
03-06-02, 16:32
Poichè le risposte di Roderigo sono ineccepibili, la dittatura del proletariato in quanto tale non ha mia visto una sperimentazione e di conseguenza si può ancora proporre come formula di governo. L'unica mia obiezione in proposito e che quando veniva concepita, nella seconda metà dell'800, essa paradossalmente si collocava in una prospettiva democratica, in quanto il proletariato a fronte di un capitalismo selvaggio e detenuto in pochissime mani, era maggioranza. Oggi il proletariato in occidente è minoranza e in queste condizioni oggettive c'è da chiedersi che prospettive positive di sviluppo potrebbe provocare una sua eventuale dittatura? Non è meglio un concorso collaborativo del proletariato atto a migliorare le sue condizioni di bisogno? Non è il caso di seppellirla l'utopia dittatura, anche in base ai tentativi storici che si sono realizzati? Cioè, la realtà storica di questo secolo appena trascorso non seppellisce le utopie? Non c'è una dura lezione che tutti gli idealisti devono apprendere?

Pieffebi
03-06-02, 16:52
La dittatura del proletariato non può che essere la dittatura del partito "del proletariato", giacchè questi è l'unico che si pone l'obiettivo, lo indica alle masse e cerca di educarle per conseguirlo. Non è esistita mai, ne' poteva esistere, ne' può esistere altra forma politica "rivoluzionaria" che quella che storicamente si è realizzata in vari paesi a partire dalla rivoluzione d'ottobre.


Saluti liberali

Tovarish
03-06-02, 20:55
Originally posted by gdr
Posso rispondere per me: io insegno genetica molecolare e termodinamica, struttura della materia ecc...



Non importa quello che insegni, non è necessario insegnare storia o italiano. Per fare propaganda anticomunista bastano 5 minuti prima dell'intervallo con la scusa di discutere di argomenti d'attualità.


Hanno costruito il socialismo talmente bene che i loro epigoni sono alla testa di regimi dove gli operai muoiono di lavoro come nelle fabbriche del primo ottocento e la mafia dilaga e si arricchisce senza pudore sulle spalle della povera gente. Hanno distrutto l'imperialismo talmente bene che ora gli USA sono i gendarmi del mondo (cosa che non mi piace per niente)


Ma cosa ne sai tu cos'è stato il socialismo in URSS e Cina, paesi che hanno rappresentato un esempio per i popoli oppressi, dei baluardi antimperialisti. Bisogna essere accecati dall'anticomunismo più nero, tipico dei nemici del popolo, per affermare che la colpa dell'attuale situazione ricade sul socialismo. La verità è che la colpa del disastro russo ricade in toto sui revisionisti che hanno distrutto il capolavoro di Lenin e Stalin e sui nuovi magnati e zar tanto cari a voi borghesi che volete esportare la "democrazia"...:lol :lol


Ti riferisci forse a quel barbiere di Gallipoli, il thatcheriano D'Alema? Sarebbe lui il mio leader? Tu c'eri alle manifestazioni contro la guerra in Irak, nella ex Jugoslavia e nel Kossovo? Io sì
Io c'ero eccome...


Io non ho revisionato proprio niente e non ho tradito nessuno, per il semplice motivo che non sono, nè sono mai stata, marxista. Socialdemocratica, invece, sì e me ne vanto, ma certo non alla maniera dei ds, ultraliberisti da strapazzo per smania di legittimazione.

Il fatto stesso di essere dei socialdemocratici implica il tradimento della classe operaia in quanto ogni socialdemocratico è un anticomunista nemico del proletariato e un servo della peggior specie in quanto ha l'infame funzione di imborghesire la classe operaia e di deviarla dal suo obiettivo strategico, il socialismo e la rivoluzione, a tutto vantaggio della classe borghese e del suo putrido sistema di oppressione.

Roderigo
03-06-02, 22:32
Ho creato un topic tutto per voi: :)

http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=12209

R.

Roderigo
04-06-02, 16:14
Originally posted by calvin
Poichè le risposte di Roderigo sono ineccepibili, la dittatura del proletariato in quanto tale non ha mia visto una sperimentazione e di conseguenza si può ancora proporre come formula di governo. L'unica mia obiezione in proposito e che quando veniva concepita, nella seconda metà dell'800, essa paradossalmente si collocava in una prospettiva democratica, in quanto il proletariato a fronte di un capitalismo selvaggio e detenuto in pochissime mani, era maggioranza. Oggi il proletariato in occidente è minoranza e in queste condizioni oggettive c'è da chiedersi che prospettive positive di sviluppo potrebbe provocare una sua eventuale dittatura? Non è meglio un concorso collaborativo del proletariato atto a migliorare le sue condizioni di bisogno? Non è il caso di seppellirla l'utopia dittatura, anche in base ai tentativi storici che si sono realizzati? Cioè, la realtà storica di questo secolo appena trascorso non seppellisce le utopie? Non c'è una dura lezione che tutti gli idealisti devono apprendere?
Oggi, nessuno usa più l'espressione "dittatura del proletariato", sia per i comprensibili equivoci che il termine può generare, sia perchè lo stato non è più soltanto la "dittatura della borghesia", poichè, con il suffragio universale, la centralità del parlamento, i partiti di massa, l'associazionismo sindacale, la sua base si è allargata. Di quella formula resta valido il principio originario: il potere della maggioranza.
Non sono così convinto che il proletariato non sia più maggioranza. Bisogna intendersi su cosa significa proletariato. E' vero che esiste una piccola proprietà diffusa ed un largo ceto medio, ma resta è anche vero che i mezzi di produzione ed il potere economico-finanziario restano concentrati in poche mani. Pochè mani, che nell'ultimo ventennio neoliberista hanno accresciuto parecchio il loro status di ricchezza e potere, anche nei confronti dello stato, fino a far tornare di attualità la metafora di Marx, secondo cui lo stato altro non è che il "comitato d'affari della borghesia". Pensa a Berlusconi dire che il programma della Confindustria sembra pari pari copiato dal suo programma di governo. Non importa che il copione vero sia lui, quel che conta è l'identità d'intenti tra il governo della repubblica, presieduto da un imprenditore, e l'associazione degli imprenditori.

R.

gribisi
05-06-02, 20:53
Vorrei puntualizzare, se nessuno l' avesse già fatto, che anche ammesso che sia possibile una dittatura del proletariato (intesa come dittatura di una vasta maggioranza su una minoranza di detentori della proprietà), resterebbe il fatto che questa non sarebbe democrazia, ma dittatura di maggioranza.
Infatti la democrazia correttamente intesa non prevede solo il principio di maggioranza, ma anche i diritti della minoranza, che non possono essere violati nemmeno se lo decide la maggioranza con metodo formalmente democratico.

Roderigo
05-06-02, 21:25
Vero, ma una "Dittatura del proletariato" coerente con i principi di liberazione del comunismo, violerebbe, non i diritti, ma solo i privilegi della minoranza borghese. :)
Ho riassunto un ragionamento di Bobbio sul concetto di "dittatura del proletariato", in cui si sostiene che essa non è necessariamente in contraddzione con la democrazia.
Puoi leggerlo qui:
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=10875

R.

Pieffebi
05-06-02, 22:23
Il diritto di proprietà è un privilegio?
Bobbio? Ah ....

Roderigo
05-06-02, 22:49
Originally posted by Pieffebi
Il diritto di proprietà è un privilegio?

No, la proprietà è un furto! :D

R.

gribisi
06-06-02, 00:14
Originally posted by Roderigo


1. Si, poichè esiste il lavoro salariato ed il lavoro parasubordinato.

2. No, è stata la dittatura di un partito unico [ndr. con Stalin e Mao].

R. Dittatura di un partito solo, o dittatura di un uomo solo?
La dittatura di partito la vedrei + in Lenin, sotto il quale effettivamente ai vertici del partito c'era dibattito e decisioni a maggioranza.

Pieffebi
06-06-02, 20:50
La dittatura del proletariato, per il comunismo moderno così come sviluppatosi dalla "spinta propulsiva" della rivoluzione d'ottobre, è di fatto la dittatura del partito del proletariato. Il partito del proletariato è guidato "da un gruppo più o meno stabile di dirigenti". Su questo gruppo un individuo assume un ruolo principale, a volte preponderante in ragione della particolare autorevolezza (Lenin), a volte .....assumendo forme apertamente dispotiche.

Saluti liberali.

Roderigo
07-06-02, 13:40
Originally posted by gribisi
Dittatura di un partito solo, o dittatura di un uomo solo?
La dittatura di partito la vedrei + in Lenin, sotto il quale effettivamente ai vertici del partito c'era dibattito e decisioni a maggioranza.
Direi dittatura di un solo partito, anche se nella fase iniziale (stalinismo e maoismo), il partito a sua volta era sottoposto di fatto alla dittatura di un solo uomo. Tuttavia, non si può parlare di tirannia, perchè comunque esisteva una forma di legalità istituzionale ed il sistema sopravvisse alla morte dei suoi primi leader.

R.

Roderigo
07-06-02, 13:45
Originally posted by Pieffebi
La dittatura del proletariato, per il comunismo moderno così come sviluppatosi dalla "spinta propulsiva" della rivoluzione d'ottobre, è di fatto la dittatura del partito del proletariato. Il partito del proletariato è guidato "da un gruppo più o meno stabile di dirigenti". Su questo gruppo un individuo assume un ruolo principale, a volte preponderante in ragione della particolare autorevolezza (Lenin), a volte .....assumendo forme apertamente dispotiche.
Saluti liberali.
Messa così è una distorsione radicale del concetto marxiano di "dittatura del proletariato". La si ritrova nel leninismo, ma non in forma apertamente teorizzata, poichè lo stesso Lenin ammette che possono esistere infinite forme di "dittatura proletaria" (da qui il ragionamento di Bobbio), ed egli stesso deve aver cambiato idea più volte sulla forma istituzionale del nuovo stato.
Per quanto riguarda il comunismo moderno, in occidente, il modello sovietico, come via rivoluzionaria, e come forma statale, è stato di fatto abbandonato dagli anni venti, più consapevolmente dal secondo dopoguerra e dal 1956.

R.

Pieffebi
07-06-02, 14:27
Mi spiace ma io ho parlato espressamente di "comunismo moderno cosìcome nato dalla spinga propulsiva della rivoluzione d'ottobre". L'interpretazione bobbiana di Marx lascia il tempo che trova per un "marxista" (noto è iul dibattito fra lui e Togliatti qualche decennio fa)....ho altrove affermato ed illustrato le ragioni per le quali non è condivisibile se tradotta nelle affermazioni riportate da Roderigo. Ovviamente Marx non ha costruito nessuna teoria giuridico-borghese dello Stato, semplicemente perchè secondo lui lo Stato doveva essere soppresso, era un fatto storico determinato dall'antagonismo di classe e legato alla scissione della società in classi contrapposte...
Lo Stato della "dittatura rivoluzionaria del proletariato" è solo "transitorio", e corrisponde alla necessità di usare la violenza e le misure coercite per schiacciare la borghesia, e avviare il processo di trasformazione della società in società comunista: senza classi e senza Stato.
Quella sull'abbandono "di fatto" della dottrina sullo Stato negli anni venti spero sia solo una battuta, perchè altrimenti altro che di distorsione bisognerebbe parlare......
Non vorrei dover poi ripubblicare i lunghi post sull'intervista di Togliatti a "nuovi Argomenti" del 1956...che dimostrano l'opposto di quanto propagandato dai socialisti di sinistra autoconviti di essere "comunisti".....


Saluti liberali

Roderigo
07-06-02, 20:52
Originally posted by Pieffebi
Mi spiace ma io ho parlato espressamente di "comunismo moderno così come nato dalla spinga propulsiva della rivoluzione d'ottobre".
Dalla rivoluzione d'ottobre non è nato un solo "comunismo moderno", ma almeno tre "comunismi" (ammesso che l'uso di questa definizione sia appropriato): il comunismo sovietico; il comunismo anticoloniale; il comunismo occidentale.

R.

Roderigo
07-06-02, 20:52
Originally posted by Pieffebi
L'interpretazione bobbiana di Marx lascia il tempo che trova per un "marxista" (noto è iul dibattito fra lui e Togliatti qualche decennio fa)....ho altrove affermato ed illustrato le ragioni per le quali non è condivisibile se tradotta nelle affermazioni riportate da Roderigo. Ovviamente Marx non ha costruito nessuna teoria giuridico-borghese dello Stato, semplicemente perchè secondo lui lo Stato doveva essere soppresso, era un fatto storico determinato dall'antagonismo di classe e legato alla scissione della società in classi contrapposte...
Lo Stato della "dittatura rivoluzionaria del proletariato" è solo "transitorio", e corrisponde alla necessità di usare la violenza e le misure coercite per schiacciare la borghesia, e avviare il processo di trasformazione della società in società comunista: senza classi e senza Stato.
Nel passaggio che ho riportato, Bobbio non ha proposto una interpretazione di Marx, ha semplicemente constatato che se esistono varie forme di stato borghese - due in particolare: una propriamente dittatoriale ed una liberaldemocratica - allora si può ammettere l'esistenza di varie forme di stato proletario, compresa una variante democratica, per cui suggerisce la sostituzione della definizione di "dittatura del proletariato" con quella di "egemonia del proletariato", facendo così riferimento alla teoria di Gramsci.

R.

Roderigo
07-06-02, 20:53
Originally posted by Pieffebi
Quella sull'abbandono "di fatto" della dottrina sullo Stato negli anni venti spero sia solo una battuta, perchè altrimenti altro che di distorsione bisognerebbe parlare......
Non vorrei dover poi ripubblicare i lunghi post sull'intervista di Togliatti a "nuovi Argomenti" del 1956...che dimostrano l'opposto di quanto propagandato dai socialisti di sinistra autoconviti di essere "comunisti".....
Dagli anni venti, il comunismo occidentale ha di fatto abbandonato l'idea di fare come in Russia, e dal dopoguerra è diventato molto simile alle correnti di sinistra della socialdemocrazia. Perciò, è normale che io sembri un socialista di sinistra. :). Il punto di differenza tra i socialisti di sinistra ed i comunisti occidentali ha riguardato e riguarda l'anticapitalismo.

R.

Pieffebi
07-06-02, 20:56
La prima frase, mi dispiace, ma ne' dal punto di vista storico generale, ne' da quello storico politico, ne' tanto meno da quello di storia dell'ideologia......sta in piedi.

Saluti liberali.