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Perdu
07-06-02, 02:25
L'Italia non esiste.

di Sergio Salvi.

Edizioni Camunia. Firenze 1996.

A questo punto ci corre l’obbligo di un risarcimento perlomeno morale nei confronti dei sardi (quelli veri [non quelli del Regno “italiano di Sardegna”, ndr]) e del loro sfortunato regno, istituito una prima volta dall’imperatore nel 1164 e ritagliato su misura per il «giudice» di Arborea, il sardo Barisone: il quale venne sì incoronato ma perse subito la corona poiché non possedeva la somma di 4.000 marchi d’argento (che ne era il prezzo) e non gli riuscì di racimolarla in tempo debito. E, per i sardi almeno, la corona fu persa per sempre.

Il regno venne infatti istituito, una seconda volta, dal papa, nel 1239, col nome di Regnum Sardiniae et Corsicae ma riservato a Enzo, figlio illegittimo di Federico II. Nemmeno Enzo ne entrò mai in possesso. Il titolo venne addirittura restituito, in seguito, a papa Bonifacio VIII che nel 1297, lo concesse al re d’Aragona (purché restituisse la Sicilia agli angioini di Napoli). L’accettazione da parte del re di Aragona fu, all’inizio, soltanto formale: ci vollero molti anni, infatti, perché gli aragonesi si decidessero a sbarcare nell’isola (rinunciando però alla Corsica, che rischiò di finire, come regno separato, nelle mani del granduca di Toscana nel XVI secolo).

I sardi, da tempo in armi contro gli «italiani» (genovesi e pisani), lottarono in seguito accanitamente, per preservare la loro libertà anche contro gli aragonesi. Ma alla fine li accettarono (anche se si ribellarono ancora molte volte). Il regno era del resto una entità politica formalmente sovrana (anche se il re risiedeva a Barcellona), dotata di Parlamento, di moneta, di milizie, di leggi, di tribunali propri (che giudicavano in base al codice della Carta de logu, in lingua sarda, promulgata da Eleonora d’Arborea nel 1388): anche se, a partire salla seconda metà del XV secolo, lingua ufficiale dell’isola diventò il catalano e, subito dopo, il castigliano.

Nel 1718, per effetto del Trattato di Londra, il Regno di Sardegna fu inopinatamente assegnato al duca di Savoia, del Monferrato e di Aosta nonché conte di Nizza e di molti altri luoghi assai meno conosciuti, che aveva regnato per appena cinque anni sulla Sicilia in virtù della Pace di Utrecht (quella che aveva trasferito la Lombardia dalla Spagna all’Austria: 1713). Le isole vennero, insomma, scambiate per i soliti giochi politici tra le grandi potenze.

Il sovrano sabaudo, per non tornare soltanto «duca e conte» e mantenere quindi un titolo regale qualsiasi, acconsentì, sia pure a malincuore, allo scambio. Riuscì però a impossessarsi della sua nuova isola soltanto due anni dopo, grazie alla Pace dell’Aia: e vi mantenne, per qualche tempo, l’autonomia tradizionale compreso lo strapotere dei feudatari spagnoli, limitandosi a esercitare una pressione fiscale crescente.

Poi cominciò a erodere i privilegi del regno e a trattare l’isola come fosse una colonia. Impose l’italiano quale lingua ufficiale nel 1764.

Nel 1793, i francesi sbarcarono nell’isola con l’intento di istituirvi la «Repubblica sarda una e indivisibile». Tra essi c’era il giovane napoleone Buonaparte. Il Parlamento sardo, che non era mai stato riunito dal re sabaudo, si autoconvocò e, obbedendo ai suoi ordini, le milizie sarde ributtarono a mare i francesi. Fiero di questo successo militare, il Parlamento chiese al re, che stava a Torino, di riunirlo almeno una volta ogni dieci anni, di riservargli la nomina dei vescovi nelle diocesi dell’isola, di permettere ai sardi di ricoprire, nella loro patria, le maggiori cariche pubbliche esclusa quella di viceré, di istituire un Ministero per gli affari sardi a Torino e un Consiglio di Stato a Cagliari. Il re rifiutò tutte le proposte.

Il Parlamento ricorse allora, di nuovo, alle proprie milizie, e cacciò dall’isola i rappresentanti del re. Era il 28 aprile 1794.

Per venire a oggi, si dirà che due anni fa, in un soprassalto di orgoglio e di dignità isolani, la Regione autonoma della Sardegna ha dichiarato il 28 aprile Sa die de sa Sardigna («il giorno della Sardegna»), una sorta di 14 luglio ad uso dei sardi.

Torniamo al 1794. Purtroppo, la «rivoluzione sarda» finì presto e male. Coloro che, uniti, avevano cacciato i sabaudi, si divisero subito e si affrontarono in armi. Il leader dei «democratici», l’indipendentista Giovanni Maria Angioi (che voleva istituire la Repubblica sarda), dopo avere sconvolto i tre quarti dell’isola alla testa di un esercito di contadini e di pastori, venne sconfitto dalle milizie speditegli contro dal Parlamento di Cagliari, impaurito dalla sua predicazione sociale e sobillato dai grandi feudatari e dai vescovi tramite i quali si era messo, nel frattempo, in contatto col re (che aveva acconsentito al perdono).

Paradossalmente, nel 1799, cacciato dalla sua Torino da Napoleone, che ne incamerò il tesoro, il re si rifugiò nell’isola dove rimase per dodici anni, a spese di questi suoi sudditi ombrosi ma, in fondo, generosissimi.

I Savoia, una volta rimessi in sella a Torino, dimenticarono ogni gratitudine e ripresero a interferire nelle vicende dell’isola (nel 1815, con la Restaurazione, avevano ottenuto anche la repubblica di Genova e si sentivano sempre più forti). Nel 1820, emanarono l’Editto delle chiudende col quale venne disposta la recinzione, a favore dei proprietari, dei pascoli fino ad allora lasciati liberi per le esigenze dei pastori..

I proprietari si guardarono bene dal coltivare queste tancas («recinti») e le lasciarono, però affidandole a caro prezzo, al godimento (si fa per dire) dei soliti pastori.

Nel 1827, venne abrogata la Carta de logu, il monumento giuridico del popolo sardo, che aveva regolato la vita dell’isola, nella sua lingua materna, per trecentoventinove anni. Caddero di conseguenza anche i diritti allo sfruttamento delle terre comuni da parte dei contadini e dei pastori. Ciò portò alla sanguinosa rivolta detta de su connottu («del conosciuto»).

Nel 1847, alla vigilia della «prima guerra di indipendenza» italiana, una delegazione di notabili sardi, priva di ogni investitura (fosse essa parlamentare o popolare), chiese al re che il regno fosse abolito. Lo fece nell’intento di fruire dei diritti commerciali e fiscali concessi agli «Stati sardi» di terraferma (Savoia, Aosta, Piemonte, Nizza e Genova) e dai quali l’isola era stata esclusa.

Carlo Alberto accettò di buon grado. Con una vera e propria rapina giuridica, che prese il nome di «fusione perfetta», il Parlamento di Cagliari (che il re, in centotrenta anni, non aveva mai riunito) venne sciolto. L’isola perse così gli ultimi due «privilegi» che le erano rimasti: quello di battere moneta e quello dell’esenzione dal servizio militare dei suoi abitanti.

Il Regno di Sardegna, lungi dallo scomparire, venne trasferito fisicamente in Piemonte. E in suo nome vennero compiute quelle regie annessioni che portarono al ripudio del nome stesso.

Il re restò re: ma d’Italia. I sardi riottennero così l’uso esclusivo del loro nome ma restarono le prime vittime (le più innocenti e inconsapevoli) del Risorgimento, rischiando seriamente di apparirne i protagonisti.


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Perdu
07-06-02, 02:28
Da “Profilo storico della Sardegna catalano-aragonese”, in “Medioevo, saggi e rassegne”. ETS, Pisa, 1982.

...la lotta tra l’Arborea e l’Aragona fu generale e ad oltranza, condotta con la partecipazione popolare per oltre sessant’anni, dal 1353 al 1420, che mal si spiega se si seguita a pensarla alimentata da motivi puramente personali dei Bas-Serra.

L’intuibile presenza della “corona de logu de Arborea” nella dichiarazione di guerra all’Aragona (presenza che si palesa nell’effimera pace del 1388 e negli ultimi drammatici anni di vita del giudicato) dimostra che si trattò, invece, di uno scontro fra due Stati che non potevano convivere nel ristretto spazio di un’isola, con l’Arborea che geograficamente tagliava in due e condizionava la vita del regno di Sardegna e Corsica, e che coltivava aspirazioni ed interessi diametralmente opposti a quelli degli Aragonesi.

Questi ultimi pretendevano di attuare almeno la parte sarda del “regnum Sardiniae et Corsicae” come logico sviluppo dell’espansione Mediterranea della Corona d’Aragona. Gli Arborea, invece, cercavano di difendere il proprio diritto all’esistenza attaccando, come sempre; e nell’impeto tendevano a realizzare, forse, un antico sogno1 di unità nazionale risalente al tempo di Barisone I, nel XII secolo.

Più volte compare nelle fonti catalane e pontificie del 1364 e del 1378 il disegno di Mariano IV e di Ugone III di farsi nominare sovrani del regno di Sardegna e Corsica al posto del re di Aragona, così da ottenere con l’autorizzazione papale l’appoggio del guelfismo europeo per scacciare gli iberici dall’isola, e per unire finalmente sotto l’insegna dell’“Albero diradicato” tutte le popolazioni dei campidani e delle barbagie. E pare pure, da una cauta lettura2 dei documenti barcellonesi, che la maggior parte dei Sardi, per la prima ed unica volta nella storia3, fossero consapevoli o istintivamente d’accordo con i conterranei Arborea, e disposti a farsi sottomettere4 per costituire un unico grande stato-nazione5 isolano, tutto indigeno6 [pp. 30-31].



1. Chissà perché un “sogno” dei Sardi del passato non possa esser tale anche per i Sardi di oggi…

2. Se una “cauta lettura” porta ad affermare tutto ciò, a quali conclusioni porterebbe una lettura “azzardata” o anche soltanto un po’ più coraggiosa?

3. Suggeriamo… “per la prima e non ultima (certamente) volta nella storia”.

4. Soltanto chi non sa sognare [vedi nota 1] può pensare che la propria libertà sia una “sottomissione”.

5. “Unico! Grande! Stato-nazione!” sembra più indipendentista di noi.

6. No comment.



Ma continuiamo a leggere… […] ...dalla resa di Alghero in poi [1353 ndr] tutta la Sardegna precipitò in un clima di guerra generalizzata fin quasi alla metà del ‘400, difficile da sunteggiare perché la storia si frantuma in miriadi di scontri, episodi d’arme, battaglia ed avvenimenti particolari che convergono fatalmente verso la soluzione finale: la caduta del giudicato d’Arborea nel 1410/20 e la vittoria del “regno di Sardegna e Corsica catalano-aragonese”… […] Ma, prima di giungere a ciò esso [il regno sardo-corso, ndr] passò attraverso settantasette anni di guerra nazionalista, dal 1353 al 1420, seguìti da un periodo di rivolte organizzate, culminate con la sconfitta di Leonardo de Alagon nel 1478, e da una sotterranea ma diffusa e costante resistenziale sardista ancora individuabile in epoca moderna e contemporanea [pag 33].

...gli avvenimenti militari che occupano gli anni dal 1364 al 1376, fino alla morte di Mariano, sono importanti ma senza risultati politici conclusivi, anche se si ha l’impressione che la lotta assuma ora un carattere più nazionale e diretto, con la partecipazione, verosimilmente deliberata in “corona de logu” del popolo giudicale e dalla maggior parte dei Sardi regnicoli in rivolta [pag 39].

[a proposito di Eleonora, ndr] Insomma, fu una governante rispettabile ma non eccezionale, divenuta più celebre di Benedetta di Cagliari, di Adelasia di Torres e di Elena di Gallura (del secolo XIII) solo perché visse in un periodo di lotte indipendentiste, in un’epoca di edificazione statuale e di ricupero d’identità nazionale [pag 47].

Se si analizzano con attenzione le fonti indigene di quegli anni, come la famosa pace dell’88, ci si accorge che almeno dal 1364 facevano parte integrante del giudicato tutti quei territori e quei popolo liberati i quali, per loro volontà, con giuramento di “corona de curadorìa” formavano insieme all’Arborea la nuova «Nazione Sarda»; e precisamente: le curatorìe ultragiudicali di Nuràminis e Cixerri nel cagliaritano; di Montifèrru, Planàrgia, Màrghine, Dore-Orotèlli, Gocèano, Montacùto, (Bitti?), Nughèdu, Meilògu, Caputàbbas, Costavàlle, Anglòna, Romàngia e Figulìna, nel Logudoro.

Furono i Sardi di Oristano e di quelle contrade, avvicinati da Eleonora durante le visite locali di governo (nel medioevo le corti erano itineranti) o ricevuti nella curia della capitale, che indussero la giudichessa ad abbandonare eventuali interessi personali o velleità totalitarie (non assunse, come il fratello, attributi sospetti) e a proseguire nella guerra nazionalista che, si ricordi, doveva concludersi con la fine di una delle due entità politiche per giustificare la propria ragion d’essere.

Non si spiega altrimenti il fatto che malgrado Brancaleone si trovasse nelle mani di Pietro il Cerimonioso ed i Catalano-Aragonesi stessero da tempo quieti nelle loro estreme roccaforti sarde, la «Nazione» riprendesse la lotta ad oltranza per la redenzione dell’isola intera.

Evidentemente si era formata, o si stava formando, fra i più, una coscienza unitaria che impegnava fino al sacrificio supremo: gli avvenimenti fino al 1410/20 ed oltre, almeno fino al 1478, lo dimostrano… [pp. 48-49]


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Perdu
07-06-02, 02:30
Is Sçardanas

La provenienza di questo popolo dall’Asia e più precisamente dalla Lydia, sembra ormai accettata dalla maggioranza degli studiosi, ma... c’è un ma. Salvo alcuni coraggiosi e più attuali scrittori, la maggior parte li fanno originari di Sardi, la capitale appunto della Lydia, patria del leggendario Creso. Pensiamo che più vicina alla verità sia la tesi del Carta Raspi, il quale li fa provenire dall’Anatolia si, ma molti anni prima della fondazione di Sardi stessa. A dargli un notevole contributo sono alcuni documenti, soprattutto di fonte Egiziana.

Vi si parla a più riprese dei Popoli del Mare e degli Shardana in particolare, già dai tempi di Amenophis I e Amenofis III e di Tuthmosis III, intorno al 1400 a.C. Di essi parlano ampiamente le iscrizioni nel tempio rupestre di ABU SIMBEL, in quello di KARNAK e di MEDINET-HABU, i papiri di HARRIS e gli scritti di Wilbour. Ma l’assurdo diventa ridicolo se si pensa che Sardi sarebbe stata distrutta insieme all’impero ittita dei cui domini faceva parte sicuramente, essendo situata nell’area d’influenza di Hattusa, durante l’ultima terribile invasione dei Popoli del Mare, intorno al 1.200 a.C..

Come avrebbero potuto essi distruggere la loro città d’origine? Non risulta infatti nessuna città risparmiata dalla furia devastatrice di tale immane invasione. Fortunatamente nuovi studiosi stanno prendendo più seriamente il fatto che tale Popolo abitasse la Sardegna già dal secondo o addirittura terzo millennio a.C. Sappiamo ad esempio che il bronzo, di cui gli Shardana avevano il monopolio, era lavorato in Sardegna già dal 1500 in forme artistiche di rara bellezza e che nello stesso periodo vennero conquistate la Corsica e le Baleari, ad opera di popoli provenienti dalla Sardegna.

Gli Egizi ne danno anche una collocazione geografica ben precisa, chiamandoli i re delle Isole dell’Occidente, tale è infatti la posizione della Sardegna rispetto all’Egitto, cosa che invece non risulta per quanto riguarda la città di Sardi, posta chiaramente ad Oriente. D’altronde Sardi da un’indagine archeologica condotta in Turchia, risulta fondata intorno al 1000 a.C. Mentre le ultime scoperte avvenute tra Haifa e Tel-Aviv confermano insediamenti Shardana già dal 1.150 a.C.. Essa era inoltre situata a circa 150 km. dal mare e per un popolo di navigatori e di pirati la cosa risulta alquanto insolita.

Gli antichi testi comunque rendono loro giustizia e confermano che essi già esistevano dai tempi più remoti: è parere comune che i misteriosi Hyksos appartenessero anch’essi ai Popoli del Mare quando invasero l’Egitto intorno al 1700 a.C. Sargon (dal nome familiare) non diede forse origine alla dinastia SANDANIDE (o Sardanide in asianico) nel 2350 a.C.? Creta venne distrutta dagli Achei (Akaiasa, componenti la coalizione dei Popoli del Mare) nel 1400.

Facciamo un piccolo escursus storico:
· 2.350 Sargon di Akad fonda la dinastia Sandanide.
· 1.700 gli Hiksos di razza indoeuropea con mescolanze di razza semitica, invadono l’Egitto.
· Tuthmosis I sconfigge il Mitanni e la Siria fra le cui fila militavano contingenti Shardana.
· 1.500 il bronzo è lavorato in Sardegna con tecniche già di rara bellezza e perfezione. La Corsica e le Baleari sono conquistate da un Popolo proveniente dalla Sardegna.
· 1.400 gli Akaiasa e i loro alleati distruggono Creta e l’impero Minoico.
· 1.341 ambasciatori dei Popoli del Mare portano doni al faraone Akhenaten e alla regina Nefertiti, invitandoli a tornare al culto del Grande Dio.
· 1.294 battaglia di Qadesh: Ramses si salva dall’attacco degli Ittiti con l’aiuto di un contingente di mercenari Shardana. Altri Shardana combattono al fianco degli Ittiti stessi, Ramses li chiama Shardana del mare, dal cuore ribelle.
· 1.278 Esodo: gli Ebrei, al comando di un principe egiziano di origini ebraiche, lasciano l’Egitto, con loro parte probabilmente un contingente numeroso di mercenari Shardana che li difenderanno nel lungo cammino. Mosè li include nella misteriosa tribù di DAN.
· 1.220 Meneptah deve affrontare una guerra con i re libici spalleggiati da alcune tribù venute dalle Isole del Nord: Akawasa (Achei), Thursha (Etruschi), Sakalasa (Siculi), Wasasha (Corsi’) e Shardana. Questi ultimi provvedevano anche al vettovagliamento e al trasporto truppe.
· 1.200 l’invasione più devastante e definitiva dei Popoli del Mare ai quali si sono aggiunti nel frattempo DENEN, FRISONI, SAKSAR E PHELETS (Filistei). Distrutte Micene e Corinto, gli imperi Ittita e Miceneo sono cancellati, intere città sono rase al suolo e gli abitanti passati a fil di spada. Gli Shardana e i loro alleati si riversano sull’Asia Minore mettendo tutto a ferro e a fuoco. Lo stesso Egitto è attaccato, ma Ramses III trova un accordo con la mediazione dei mercenari shardana al soldo delle truppe regie. (si vanterà poi di aver sconfitto per la prima volta i terribili Shardana).
· 1.000 fondazione di Sardi e ricostruzione delle città fenicie, che cominceranno le loro avventure sulle antiche rotte tracciate dai Popoli del Mare, fondando nuove colonie.
· 900 i Lidi, governati dagli Eraclidi, sbarcano in Italia e si uniscono agli Umbri (Erodoto) - I loro lucumoni sono designati fra i dignitari Sardi (Strabone), Reges soliti sunt esse Etruscorum, qui Sardi appellantur (Festo).
· 814 fondazione di Cartagine.
· 540 Malco, generale cartaginese, è sconfitto in battaglia campale da un esercito sardo. Nello stesso periodo avviene la battaglia navale nel Mare sardo tra gli abitanti di Aleria, colonia greca in Corsica, e la flotta etrusca.
Gli scrittori greci chiamano in causa continuamente i Shardana chiamandoli di volta in volta Pelasgi, Eraclidi o Tirreni. I sovrani egizi descrivono i Shardana come alleati o come terribili nemici, chiamandoli i re delle isole, I capi dei paesi stranieri, Shardana n p iam (Shardana del mare), venuti dalle isole e dalla terra ferma posta sul grande cerchio d’acqua (Ramses II).

E ancora: venuti dal nono arco (52° - 56° parallelo) e dall’Isola Basileia, alta, con rocce rosse, bianche e nere, ricca di rame” Facciamo notare che, per chi sbarcasse sulle coste orientali sarde, nel golfo di Orosei, troverebbe sicuramente una costa alta a strapiombo sul mare, con rocce di granito rosso, bianco e nero..Inoltre sappiamo che la Sardegna è ricca di miniere di rame.

Mentre il riferimento al nono arco è chiaramente rivolto agli alleati DENEN (o DANEN), ai SAKSAR (Sassoni?) e ai FRISONI, probabili abitatori dei paesi nordici, chiamati dai Greci col nome di IPERBOREI. A più riprese i Shardana, a capo di una coalizione conosciuta nell’antichità col nome di Popoli del Mare, assalirono e devastarono i territori del Mediterraneo orientale e l’Egitto stesso. L’ultima invasione, la più terribile, annientò l’impero Ittita e quello Micenèo, rase al suolo Ugarit e Micene, Biblos e Tirinto, invase la Laconia e dilagò nell’Asia Minore tutto bruciando e distruggendo, mentre una parte della flotta con a capo gli stessi Shardana piombò sul Delta con la chiara intenzione di invadere anche l’Egitto.

Ramesse III li affrontò, riuscendo a fermarli e convincendoli a desistere, anche per il probabile intervento di mediazione dei mercenari che militavano da tempo agli ordini dei faraoni. Dopo questa invasione alcuni gruppi si stabilirono nelle terre conquistate: Shardana, Phelets e Tjeker si stabilirono in Libano e in Palestina, a Cipro e a Creta, in Laconia, nell’Anatolia dove intorno all’anno 1.000 a.C. fondarono Sardi.

Un altro contingente tornò nelle loro città in Sardegna carico di bottino, mentre una parte dei Tursha occupò i territori dell’attuale Toscana, estendendosi poi a Umbria e Lazio e divisero coi Shardana le zone d’influenza del Mediterraneo, dando il loro nome alla parte a oriente della Sardegna, mentre i Shardana continuavano i loro traffici a occidente, nel mare che ancora oggi prende il loro nome. Finchè i Shardana detennero il monopolio del commercio del bronzo, i Tursha tennero un atteggiamento quasi di sudditanza, accettando persino il fatto che i loro re fossero scelti fra i dignitari Sardi. In seguito con la diffusione del ferro gli equilibri cambiarono e le città sarde cominciarono un lento, ma inesorabile declino.

www.shardana.org

O'Rei
07-06-02, 22:36
sei senza speranza!!!:ue :ue

Perdu
08-06-02, 01:28
Originally posted by O'Rei
sei senza speranza!!!:ue :ue

o scemo, questo è un forum di storia, se non hai argomenti storici, torna nel fondoscala dove sei più a tuo agio!!! :D

O'Rei
11-06-02, 12:22
Originally posted by Perdu


o scemo, questo è un forum di storia, se non hai argomenti storici, torna nel fondoscala dove sei più a tuo agio!!! :D

quando finisco la maturità ti illustro i miei argomenti storici...sicuramente saranno meno ripetitivi dei tuoi (sardegna, sardo, sarda...) :D :D

Perdu
11-06-02, 13:04
Originally posted by O'Rei


quando finisco la maturità ti illustro i miei argomenti storici...sicuramente saranno meno ripetitivi dei tuoi (sardegna, sardo, sarda...) :D :D


ognuno cerca di diffondere quello che sa meglio, io sono specializzato in questi argomenti, e dal momento che poca gente conosce la storia della sardegna e dal momento che questo è un forum storico, ho deciso di dare un mio contributo.
mi sa che tu sei fuori posto, non io.
buona maturità:rolleyes:

Delaware
28-10-02, 22:01
Ottimo excursus !

Ed ecco l'epilogo :

1848 : fine del Regno di Sardinia = in occasione dell’ondata patriottarda che scuote l’Italia , una esigua minoranza di formazione liberale chiede e ottiene dal sovrano la “eguaglianza con gli stati continentali “ : ciò che significa la abolizione del Parlamento sardo e l’integrazione della rappresentanza sarda nel Parlamento di Torino | conseguentemente scompare pure la figura istituzionale del Vicerè , tèrminano le guarentigie risalenti al periodo spagnolo , il Paese è declassato da Regno a “provincia” , insomma un decadimento in termini di prestigio internazionale e una sostanziale perdita di liberta’ in termini di usi e tradizioni proprie | naturalmente , quando poi il Piemonte si “allarga” e incòrpora tutta l’italica penisola e la Sicilia , nessuno chiede ai sardi (come del resto neppure ai piemontesi) se sono d’accordo a entrare sotto la cappa di caserma-Italia ...