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Visualizza Versione Completa : La storia e le "caste"



Patrizio (POL)
07-06-02, 23:44
Ripropongo qui, un’estrapolazione da una discussione nata sul forum principale [thread: “Real tv continua a mostrare le bellezze della multirazzialità”], in cui il discorso è scivolato sul problema delle caste, e il cui taglio politico ed antropologico iniziale è diventato più storico – ovviamente dal punto di vista superordinante della Tradizione. Quindi penso di non fare cosa sgradita nel trasportarlo nel forum di Historia Magistra Vitae, dato che nel forum principale, per ovvie ragioni, certe discussioni vanno perse mentre necessiterebbero di una decantazione e di una riflessione sottratta alla frenesia delle discussioni più d’attualità.
Mi spiace se il post è diventato gigantesco: ho provato a dividere i singoli interventi; non so che chiarezza ne risulterà – perdonate la mia scarsa perizia tecnica.
Eccolo qui di seguito e … ridiamo il via alle danze.

Patrizio (POL)
07-06-02, 23:47
CASTE

[dal thread: <“Real tv” continua a mostrare le bellezze della multirazzialità>, forum principale di POL]

[…]

[Patrizio]
Non ho detto questo (nè lo si può dedurre dal mio post).
Vanno rigettate sia le sciocchezze utopiche roussoiane del "buon selvaggio", sia le pretese aggressive del laicismo occidentalista, in ogni salsa (liberista o marxiana che sia).
In effetti il problema dell'Africa e del c.d. "terzo mondo" è un problema praticamente irrisolvibile.

Irrisolvibile se si presentano ricette unicamente economiche (criminali e banditesche come quelle dell'Fondo Monetario Internazionale; o utopiche e livellatrici come quelle marxiane).

Irrisolvibile se li si "converte" a forza ad altri àmbiti culturali, cosa che funge soltanto da battistrada all'avanzata del consumismo occidentalista (mi dispiace per i missionari in buonafede, ma è così).

Irrisolvibile se li si lascia al loro stato, o se si volesse cercare di reintegrarli in loro tradizioni (probabilmente deterioratesi e decadute a primitività tribale), il che equivarrebbe a lasciare una barca senza vela in alto mare.

Altra cosa per l'Asia, che non appatiene al c.d. "terzo mondo" se non negli schemi mentali angusti del ragionamento economista occidentale, per cui se non giri con l'utilitaria, non sei vestito bene, e non hai il televisore e internet, sei un "poveraccio". In realtà esistono ambiti culturali che se ne fregano altamente del benessere consumista, senza per questo essere inferiori in alcun modo al cittadino occidentale, anzi. E' la saldezza nelle proprie tradizioni ininterrotte che costituisce la garanzia di un popolo - per quanto possano sembrare "aberranti" a noi fondamentalisti del pensiero illuminista e delle concezioni della Rivoluzione Francese (mi riferisco p.es. alle caste e alla condizione della donna nell'induismo, che solo un fondamentalista occidentalista potrebbe descrivere come "schiavitù" o altre sciocchezze simili) (si veda il diario dell'antropologo Mircea Eliade, "India" pubblicato da Bollati Boringhieri, e le sue interviste alle donne indù)..

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[Orazio Coclite:]
Quello dell'occidentalizzazione, indi laicizzazione e livellamento, forzata di tutto il globo terraceo, in nome di una società maggiormente equa e giusta per tutti, è una patologia manifesta di quella hybris tecnica e politica tipica della nostra vile e opulenta società, mirante alla formazione del pensiero unico planetario. Dove con la pretesa di aiutare e migliorare le condizioni di vita con un intervento diretto nelle forme societarie presenti del resto del mondo, non si fa altro che continuare in forma moderna la sopraffazione e l'obliazione delle culture tradizionali ancora miracolosamente esistenti (e resistenti).

A tal senso è interessante leggere un passaggio altamente chiarificatore, tratto proprio dal testo di Mircea Eliade indicato da Patrizio poco sopra:

"Ascoltate ora ciò che mi ha detto un'indiana.Trascrivo i frammenti di quanto ho udito un po' di tempo fa, una sera di febbraio, su una terrazza di Bhoswanipur. - Le nostre sorelle d'Europa e d'America sono abituate a compiangerci. Credono che le donne indiane siano asservite negli harem, prive di qualsiasi distrazione e libertà, desiderose di affrancarsi. E' vero che esistono casi del genere, ma non appartengono alla società indù. In realtà le europee vedono nella nostra vita un'esistenza priva di romanticismo, di avventura e di imprevisto. E ne concludono che siamo infelici. Ora, davvero ci sentiremmo infelici, afflitte, violentate, se dovessimo condurre la loro vita, nella libertà degli istinti e nella confusione sociale. In primo luogo, la libertà non ci interessa. E' un'illusione della quale ognuno si libererà prima o poi. La nostra vita è determinata dalla sorte, dal karman, e ogni evasione non fa che stringere ancora di più la catena del destino. D'altronde il romanticismo non ci sembra indispensabile alla felicità. Per noi la felicità non è un capriccio, un momento passeggero e irresponsabile, né una qualunque fatuità passionale o sentimentale. [...] La beatitudine e la liberazione finale esistono in quanto rinunciamo agli effimeri capricci passionali -nulla più che affanni- per cercare di raggiungere la perfezione delle nostre madri. [...] Ogni donna indiana sogna di imitare una delle eroine del Mahabharata o del Ramayana. Ognuna ambisce a divenire una dea. Con tali vertici davanti a noi, cosa ce ne faremmo della capricciosa libertà delle nostre sorelle europee? La getteremmo al vento come fiori di loto sul fiume, senza per questo abbandonare l'altare eretto a riva. Perché, vede, non esiste felicità passeggera, non c'è beatitudine che nell'eternità. Il resto è cinema e jazz."

[da "India" di Mircea Eliade]
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[Orazio Coclite:]
Difatti il sistema castale dell’India oltre a consentire il proseguimento della cultura indiana e una trasmissione ininterrotta della conoscenza sapienziale, si oppone allo svilimento dell'uomo attraverso il falso mito dell'uguaglianza universale. Caratteristica di ogni gruppo umano è la fierezza di appartenere a una specie. Sopravvive negli orgogli nazionali, la fierezza di essere Basco, Gallese, Bretone o Sardo, oppure Cristiano e Mussulmano. Come per tutte le specie animali, il bambino è sempre fiero del proprio gruppo e accetta l'ideale fisico, culturale e religioso dell'ambiente in cui è nato. E' blanda utopia, nonché crimine terribile, quello di pretendere un livellamento di tutte le differenze culturali esistenti in nome di una quanto mai irreale 'uguaglianza universale'.

Nello specifico dell'India, raramente si incontrano individui che non siano fieri della propria casta, o che desiderino appartenere ad un altro gruppo, come si incontra raramente un tedesco che vorrebbe essere, che so, francese, anche se magari critica violentemente il carattere e il sistema sociale dei suoi compatrioti. I barcaioli in India sono considerati di bassissima casta, eppure essi non accetterebbero mai di scambiare la propria appartenenza di casta con quella di un'altra differente. Non più di un cane che accetterebbe di diventare un gatto. Rappresentativo di questa mentalità quanto accaduto ad un giovane brahmano, discepolo di Gandhi. che aveva deciso, per mostrare il suo rifiuto per le caste, di sposare la bella figlia della donna delle pulizie. La madre arrivò indignata, minacciando Gandhi con la sua scopa: "Mia figlia sposerà un onesto giovane della sua casta, mai uno dei vostri brahmani corrotti!". Sono questi appunto dei chiari esempi di Fierezza Razziale inquadrati nella situazione ora presa in esame dell'India, ma facilmente adattabile ad altre situazioni e paesi lontani, con maggior facilità e laddove sia ancora possibile trovare una società ad orientamento tradizionale che non sia stata spazzata via dal colonialismo europoide o dal neo-colonialismo liberista all’occidentale.

Per accettarsi e difendersi, gli esseri umani hanno bisogno di raggrupparsi in base alla razza, alla tribù, alla funzione, alla lingua, al territorio, alla nazione, alla religione. Questo sfocia in conflitti a meno che non si trovi un sistema di coesistenza. Per l'India questo sistema, quali che siano i suoi ovvi difetti, è stato finora quello indù delle caste, sistema che la modernizzazione forzata e l'infiltrazione di religioni monoteiste e universaliste, quali quella cristiana e mussulmana, stanno iniziando ad intaccare.

Potremmo definire il sistema castale come un sistema razzista? Nella sua accezione negativa, razzista è l'imposizione di uno stile di vita alieno a popoli che da millenni basano la propria esistenza su forme societarie perfettamente funzionanti. Razzista è l'imposizione dei valori di una particolare civiltà considerata superiore. L'ideologia democratica permette difficilmente a gruppi etnici differenti di coesistere senza venire distrutti o assimilati. I principi egualitari sfociano nell'eliminazione dei recalcitranti oppure nella loro teorica assimilazione che ne fa, in realtà, cittadini si serie B, che è la forma più sottile e forse più perniciosa di genocidio. Il diritto alle differenze è un diritto fondamentale della specie come dell'individuo. L'antirazzismo vero non può essere basato che sul rispetto delle differenze fra individui come fra collettività, che si tratti di gruppi razziali, culturali, linguistici o altri, dei valori etnici, sociali, morali o religiosi. La soluzione che viene oggi proposta, sotto il nome di antirazzismo, prevede una soppressione del problema pretendendo di ignorare le differenze di attitudini delle razze, cercando di creare una umanità informe e uniforme di meticci, cosa che permette, in nome dei principi egualitari, di distruggere discretamente le razze, gli individui, le comunità che non possono o non vogliono adattarsi a questo modello ibrido. Una comunità di Sioux, di Boscimani o di Esquimesi (Inuit) muore miseramente quando le viene imposto un sistema di vita a cui non è adatta ed una competizione ineguale in una società che non è la sua. Vengono mantenuti, tutt'al più, dei giardini zoologici di interesse 'scientifico', chiamati "riserve", per rari esemplari di Irochesi o Aborigeni australiani, sforzandosi contemporaneamente di cristianizzarli o islamizzarli per assicurarsi la loro dipendenza. Se si analizzano i ragionamenti e le dichiarazioni degli antirazzisti, ci si accorge che sono incoerenti e sono sovente i più perfidi nemici dei gruppi, delle razze e delle civiltà minacciate. Sono spesso e volentieri manipolati da gruppi di interessi economici (multinazionali), politici (marxisti) o religiosi (cristiani, sionisti o mussulmani), che utilizzano l'antirazzismo come sistema di asservimento e di confisca dei territori dei popoli minacciati. Ciò che comunemente viene chiamato anti-razzismo propugna la generale riduzione della specie umana al sistema di vita occidentale considerato dagli occidentali come il migliore, il più evoluto.

Rilevante è anche la questione legata alla sessualità e alle unioni matrimoniali da parte di esseri appartenenti a identità razziali assai differenti. Che si tratti di bianchi che vogliano sposare nere, o di neri che vogliano sposare bianche, nessuno si preoccupa del risultato: la generazione di esseri ibridi, che si finisce col presentare come progresso genetico. La perversione, profondamente contraria all'ordine naturale, che spinge certi individui a volersi accoppiare con appartenenti ad un'altra razza, senza riguardo per il prodotto, il figlio, sembra uno dei principali moventi di certi antirazzisti mentre è giusto il timore istintivo di queste mescolanze che provoca in molti casi la xenofobia. Con la generalizzazione degli ibridi, vediamo, poco a poco, scomparire una gran parte dell'eredità genetica dell'umanità.

Fra le parole incantatrici che giocano un ruolo ipnotico nella magia verbale del nostro tempo e servono a manipolare l'opinione pubblica nella stessa misura in cui il loro senso ambiguo acquisisce un carattere sacro, il termine razzismo occupa un posto scelto. Si confonde del resto in questo termine il riconoscimento delle differenti famiglie umane aventi caratteristiche fisiche e attitudini distinte. Ed è grazie alla religione dell'antirazzismo che la stessa Europa sta andando incontro alla propria catastrofe. Il fanatismo che caratterizza le ideologie è sovente approdato in catastrofi. Il sacco di Roma ad opera dei barbari cristianizzati ha avuto luogo perché una fanciulla cristiana aprì loro la porta della Cittadella. Sono stati sovente dei comunisti locali, in nome di un idealismo cieco, a consegnare il proprio paese all'invasore sovietico.

Esiste un terribile parallelismo fra un certo razzismo che giustifica la conquista, la schiavitù, l'eliminazione dei popoli e delle culture, e un antirazzismo, che lo giustifica con l'assimilazione, la negazione delle differenze, sono queste a tutti gli effetti due facce della stesso fenomeno imperialista.

Importante notare come una società razzialmente e religiosamente eterogenea, quale quella indiana, sia stata in grado di far convivere e prosperare tante realtà differenti partendo proprio dal rispetto di ogni identità, tramite il riconoscimento delle necessarie differenze e il rispetto della diversità. Rispetto autentico dettato da autentica comprensione, maturata in millenni di storia, gli stessi che il pensiero unico occidentale (laicista, universalista o marxista), nato da poche centinaia di anni, vorrebbe cancellare per sempre in nome della propria intrinseca superiorità.

Per una breve ma molto ben scritta introduzione alla vera tradizione indiana, e di come l'egualitarismo e la soppressione del sistema castale stiano inesorabilmente uccidendo l'essenza autentica della millenaria cultura indiana, consiglio l'ottimo testo di Alain Daniélou 'Caste, egualitarismo e genocidi culturali', edito dalla Società Editrice Barbarossa, da cui ho tratto diverse delle riflessioni sopra riportate. Il prezzo è di circa € 5. Altrimenti, oltre allo stesso Daniélou, si leggano le varie disamine effettuate da Ananda K. Coomaraswamy, René Guénon o Mircea Eliade.

Questo dal sistema castale indiano è secondo me un ottimo paradigma per evidenziare l'assurdità e la pericolosità che una società multirazziale costruita su canoni egualitari, liberali e livellatori verso il basso. La società multirazziale e multiculturale, porterà lutti e disgrazie inenarrabili, in primis il dissipamento della nostra eredità genetica fondantesi sul sangue dei nostri avi, e lo svilimento della nostra cultura che si trasformerà in una poltiglia insapore e incolore senza alcuna specificità. E conscio di questi pericoli, e forte della mia identità culturale, mi sento ancora una volta di affermare: NO ALL’IMMIGRAZIONE, NO ALLA SOCIETA’ MULTIRAZZIALE.
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[Felix:]
bravi orazio e patrizio, concordo con voi al 100%.

Sulle caste indiane consiglio un classico dell'antropologia: Louis Dumont, Homo Hierarchicus. The Caste System and its Implications. (prima edizione in francese: Paris, Gallimard, 1966; trad. all'inglese nel 1970; non ho dati sull'edizione italiana).

Come chiosa aggiungo che non è l'India a dover apprendere dall'occidente egalitario e materialista, ma è l'occidente che dobrebbe imparare dall'India gerarchica e spiritualista.

sarebbe opporuno continuare questa discussione in un thread a parte.
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[Orazio Coclite:]
Tutto quanto reperibile in traduzione italiana di Louis Dumont si trova nel catalogo della mai troppo benemerita casa editrice Adelphi. Il testo da te citato lo conosco, ma non ne posseggo una copia anche a causa del prezzo elevato, 75.000 vecchie lirette se non erro. Però, visto che me ne hai ricordato, in settimana vado alla mia libreria di fiducia a ordinarmene una copia

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[Yurj:]
Esiste la casta degli xenofobi falliti? Forse hai qualche speranza...

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[Orazio Coclite:]
Io sono uno xenofobo, più per ammissione che per vanto. Difatti, nonostante le fanfare dell'egualitarismo a tutti i costi non abbiano smesso per un secondo di suonarmi nelle orecchie le sviolinate ammaliatrici del 'non esistono razze, siamo tutti uguali'. Ho comunque sempre accusato un sentimento di disagio e di non autentica accettazione della vulgata politicamente corretta, relativamente alla questione identitaria. Aiutato in ciò anche dal fatto di aver avuto la possibilità di viaggiare abbastanza, e di aver così potuto constatare di persona differenti situazioni sociali molto diverse da quelle limitate al mio piccolo mondo. Io sono xenofobo nel senso etimologicamente più corretto del termine, seguo il mio istinto che mi dice di diffidare dello straniero. E alla luce dei fatti, credo di averne ben donde.

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[gribisi:]
Le donne indiane (o forse solo quella intervistata) sono contente di essere relegate al ruolo obbligatorio di mogli e di madri? Non significa nulla.
Qualsiasi sistema sessista, razzista, schiavista, ecc... ha il suo Zio Tom che ha talmente introiettato i pregiudizi dei suoi oppressori da farli propri.

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[Dragonball:]
Il risultato del sistema delle caste in India...

Famose attrici indiane
http://utenti.lycos.it/Tomahawk2000/indiana-att.jpg
http://utenti.lycos.it/Tomahawk2000/indiana-att-2.jpg
Tipica indiana
http://utenti.lycos.it/Tomahawk2000/tip-ind.jpg
Attore indiano
http://utenti.lycos.it/Tomahawk2000/att-ind.jpg
Tipico indiano
http://utenti.lycos.it/Tomahawk2000/ind.jpg

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[Orazio Coclite:]
Da quando partecipo a questi forum non riesco a ricordare un intervento di dragonball che non sia men che inutile o fuori tema. Qualcuno saprebbe spiegarmi adesso che diavolo c'entrano le foto delle componenti razziali presenti in India?
Dragonball caro, ti consiglio di andare alla pagina dei links presenti sul tuo sito, alla sezione dedicata ai siti pornografici, e lascia i 'grandi' a discutere di questi temi così importanti.
Sù, sù, puoi andare ora.
PS - Visto che siamo in tema, personalmente trovo le ragazze indiane estremamente affascinanti…

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[Patrizio:]
Complimenti per le analisi di Orazio e degli altri (mi ha tolto la citazione di bocca).

Anch'io ho visto la traduzione italiana di quel testo (Dumont) in libreria, e ci ho dato un'occhiata: interessante - sicuramente - ma senza esagerare.

Purtroppo, cari amici tradizionalisti, va detto che quella società (l'indiana) non è affatto riuscita a preservare la propria eredità in maniera priva di gravi contaminazioni e snaturamenti - per ovvi motivi : la dominazione portoghese prima, islamica poi, e britannica in ultimo, che poi altro non sono che gli inneschi materiali di un processo di degenerazione già in atto in tutte le civiltà.
E' comunque straordinario il fatto che il sanatana dharma, o sistema induista, sia rimasto la più antica tardizione indoeuropea ininterrotta rimasta in vita! La prima forma di epoca storica derivata direttamente dalle nebbie del centro iperboreo, che ha passato attraverso l'intera età ultima, subendo mutamenti, gravi pericoli ed amputazioni, ma mai perdendo il contatto con il lascito degli antenati mitici.
Forse è questo che ne costituisce il fascino irresistibile: sembra di entrare in contatto direttamente con quelle epoche, ancora così vicine allo stato primordiale (ricordate in tutte le mitologie come uno stato di vicinanza col divino).

Purtroppo, dicevo, la corruzione c'è stata eccome. E' stato soprattutto quel maledetto spirito protestante - attraverso gli inglesi e l'imposizione del sistema scolastico anglosassone e dell'anglicanesimo - a inoculare i germi della modernità laica pure là. Gli esempi sono innumerevoli, e i "santoni" che vengono a rompere le palle qui in Occidente nel 90% dei casi non sono altro che impostoti ispirati all'antitradizione, e mandati dalla sovvesione per confondere le acque.
L'esempio più eclatante è il "Teosofismo" (la Theosophic Society di M.me Blavatsky, e tutte le sette da esso nate, Krishnamurti, l'Antroposofia, etc.), non per niente attaccato ferocemente sia da Guénon che da Evola.

Il nostro amico comunista e quello liberale hanno ragione - purtroppo - quando affermano che si è ormai formato un ampio strato su modello laicista occidentalista, che brama scimmiottarci nei nostri lati peggiori. Ma a quanto pare la Tradizione regge ancora, nonostante tutto.

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[Patrizio:]
quote:

Originally posted by Orazio Coclite

Caro Caracalla, tu come se nulla fosse tiri fuori una autentica bomba! E' difatti mio radicatissimo convincimento che gli europei dovrebbero lasciare le terre colonizzate queste ultime centinaia di anni per limitarsi solamente al continente aurasiatico. In quanto convinto assertore del differenzialismo fin nelle sue più drastiche ma necessarie conseguenze, auspico un'Oceania lasciata in mano ad aborigeni australiani e polinesiani, un'America del nord e del sud ridata ai legittimi proprietari, un'Africa decolonizzata (anche economicamente). Non credo nel 'Manifest Destiny' e supporto tutte le lotte partigiane ed identitarie, anche quelle che risultano scomode per una determinata 'area' di pensiero politico. Prendiamo ad esempio i Boeri Afrikaner, quelli sono allogeni, non hanno diritti da accampare in Africa!

So bene che queste mie parole sono pura utopia, però per correttezza e coerenza era giusto chiarire la questione nel suo insieme.



Già, in linea teorica sarebbe questa la logica conseguenza del ragionamento differenzialista (e mi sa che sia una necessità dettata dalle esigenze del'oggi, quella per gli europei di fare quadrato, concentrandosi sul solo proprio spazio vitale-natale). Conseguenza che dovranno accettare anche coloro che vorrebbero ancora una gerarchia coloniale, dato che le nostre spinte sono ormai esaurite e il movimento non è più centrifugo ma centripeto, di ritirata da tutti i fronti (non solo geografici ma interiori).
Ma tale tipo di ragionamento non tiene conto che la razza bianca, e specie il nucleo più ario, possiede nella proporzione maggiore di tutte lo spirito kshatrya, ovvero la tipologia umana del combattente e del conquistatore, colui che ha come destino vitale quello di occupare il livello orizzontale, quello geografico e politico, per garantire l'ordine necessario ad un'altra casta (quella brahmana) di instaurare i mezzi necessari per la risalita verticale (questo il significato della sinergia sacerdotale-regale dell'antichità e dell'ancient règime). (Nota terminologica: i due livelli, orizzontale e verticale, sono quelli della figurazione del simbolismo della croce; e la terminologia dei tipi umani è quella mutuata dal sistema castale indù, quella usata anche da Evola, ma si poteva usare anche terminologia latina, come fa De Giorgio...)
Quindi: impossibile impedire al nocciolo ario-kshatrya di esercitare la sua funzione di conquista, che prima o poi dovrà riprendere.

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[Dragonball:]
Sei proprio un poveraccio.
Tu sulle caste NON sai proprio nulla.

The Beginning of the caste system

The social historical theory explains the creation of the Varnas, Jats and of the untouchables. According to this theory, the caste system began with the arrival of the Aryans in India. The Aryans arrived in India around 1500 BC. The fair skinned Aryans arrived in India from south Europe and north Asia. Before the Aryans there were other communities in India of other origins. Among them Negrito, Mongoloid, Austroloid and Dravidian. The Negrito have physical features similar to people of Africa. The Mongoloid have Chinese features. The Austroloids have features similar the aboriginals of Australia. The Dravidians originate from the Mediterranean and they were the largest community in India. When the Aryans arrived in India their main contact was with the Dravidians and the Austroloids. The Aryans disregarded the local cultures. They began conquering and taking control over regions in north India and at the same time pushed the local people southwards or towards the jungles and mountains in north India.

The Aryans organized among themselves in three groups. The first group was of the warriors and they were called Rajayana, later they changed their name Rajayana to Kshatria. The second group was of the priests and they were called Brahmans. These two groups struggled politically for leadership among the Aryans. In this struggle the Brahmans got to be the leaders of the Aryan society. The third group was of the farmers and craftsmen and they were called Vaisia. The Aryans who conquered and took control over parts of north India subdued the locals and made them their servants. In this process the Vaisias who were the farmers and the craftsmen became the landlords and the businessmen of the society and the locals became the peasants and the craftsmen of the society.

In order to secure their status the Aryans resolved some social and religious rules which, allowed only them to be the priests, warriors and the businesmen of the society. For example take Maharashtra. Maharashtra is in west India. This region is known by this name for hundreds of years. Many think that the meaning of the name Maharashtra is in its name, Great Land. But there are some who claim that the name, Maharashtra, is derived from the Jat called Mahar who are considered to be the original people of this region. In the caste hierarchy the dark skinned Mahars were outcasts. The skin color was an important factor in the caste system. The meaning of the word "Varna" is not class or status but skin color.

Between the outcasts and the three Aryan Varnas there is the Sudra Varna who are the simple workers of the society. The Sudras consisted of two communities. One community was of the locals who were subdued by the Aryans and the other were the descendants of Aryans with locals. In Hindu religious stories there are many wars between the good Aryans and the dark skinned demons and devils. The different Gods also have dark skinned slaves. There are stories of demon women trying to seduce good Aryan men in deceptive ways. There were also marriages between Aryan heroes and demon women. Many believe that these incidences really occurred in which, the gods and the positive heroes were people of Aryan origin. And the demons, the devils and the dark skinned slaves were in fact the original residence of India whom the Aryans coined as monsters, devil, demons and slaves.

As in most of the societies of the world, so in India, the son inherited his father's profession. And so in India there developed families, who professed the same family profession for generation in which, the son continued his father's profession. Later on as these families became larger, they were seen as communities or as they are called in Indian languages, Jat. Different families who professed the same profession developed social relations between them and organized as a common community, meaning Jat.

Later on the Aryans who created the caste system, added to their system non-Aryans. Different Jats who professed different professions were integrated in different Varnas according to their profession. Other foreign invaders of ancient India - Greeks, Huns, Scythains and others - who conquered parts of India and created kingdoms were integrated in the Kshatria Varna (warrior castes). But probably the Aryan policy was not to integrate original Indian communities within them and therefore many aristocratic and warrior communities that were in India before the Aryans did not get the Kshatria status.

Most of the communities that were in India before the arrival of the Aryans were integrated in the Sudra Varna or were made outcast depending on the professions of these communities. Communities who professed non-polluting jobs were integrated in Sudra Varna. And communities who professed polluting professions were made outcasts. The Brahmans are very strict about cleanliness. In the past people believed that diseases can also spread also through air and not only through physical touch. Perhaps because of this reason the untouchables were not only disallowed to touch the high caste communities but they also had to stand at a certain distance from the high castes.

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[Patrizio:]
Sinceramente, Dragonball, non ho molto capito il senso del tuo intervento fotografico - mentre apprezzo l'ultimo articolo postato (da dove l'hai scaricato?).
Forse era stato scambiato da Orazio per una presa di posizione laicista contro le caste?
Rimaniamo in attesa di spiegazioni.

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[Dragonball:]
Ho postato le foto solo per far vedere che il sistema delle caste,alla sua base,non era di origine religiosa.E' col tempo che lo e' diventato e si e' anche articolato in modo + "classista".
L'ho scaricato da qui http://adaniel.tripod.com/castes.htm

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[Orazio Coclite:]
Un poveraccio?

Ammetto difatti di non essere un competente studioso di antropologia né di indianistica. Leggiucchio qua e là, però sappi che sulle caste qualcosina la so...

Invece immagino tu essere un dotto e preparatissimo studioso del sistema del Varnashram, che come sicuramente saprai designa appunto l'"Istituzione delle Caste". Talmente colto ed erudito in materia da scrivere di seguito un testo in lingua inglese così a mò di sfoggio di conoscenza linguistica.. Ma come sei bravo a fare i copiaincolla, complimenti. Una maestria non comune...

Mi consiglieresti qualche bel sito porno di quelli linkati sul tuo sito.

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[Orazio Coclite:]
quote:

Originally posted by Dragonball


Ho postato le foto solo per far vedere che il sistema delle caste,alla sua base,non era di origine religiosa.E' col tempo che lo e' diventato e si e' anche articolato in modo + "classista".


Ah, grazie, grazie infinite per questo contributo che oserei definire 'determinante' ai fini della discussione, tratto poi da un sito che tratta la questione castale in maniera assai approfondita e documentata.

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[Patrizio:]
quote:

Originally posted by Dragonball


Ho postato le foto solo per far vedere che il sistema delle caste,alla sua base,non era di origine religiosa.E' col tempo che lo e' diventato e si e' anche articolato in modo + "classista".
L'ho scaricato da qui http://adaniel.tripod.com/castes.htm



Ti ringrazio.
Comunque devo smentirti categoricamente: l'istituzione delle caste ha SIGNIFICATO SOLO ED ESCLUSIVAMENTE RELIGIOSO.
Ogni altra considerazione (sociale, antropologica, etc.) è ad essa collegata e subordinata.

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[Orazio Coclite:]
quote:

Originally posted by Patrizio


Ti ringrazio.
Comunque devo smentirti categoricamente: l'istituzione delle caste ha SIGNIFICATO SOLO ED ESCLUSIVAMENTE RELIGIOSO.
Ogni altra considerazione (sociale, antropologica, etc.) è ad essa collegata e subordinata.


Come ho scritto poco sopra, non essendo un conoscitore della materia quanto il noto indianologo Prof. Dragonball, mi avvarrò dell'aiuto della mia libreria. E stando a quanto riportano i testi che ho sottomano, esistono attualmente più teorie riguardo le origini del Varnashram. Fra le tante perfino una a base razziale, secondo la quale il sistema castale nasce principalmente a causa delle differenze di colore, inglobando successivamente anche elementi religiosi e sociali. Anche se, sempre secondo la mia modestissima opinione, è francamente poco credibile una separazione su base razziale all'interno di un territorio eterogeneo quale il subcontinente indiano.

Per tornare a quanto riportato da Patrizio, sempre stando al materiale cartaceo in mio possesso, la teoria comunemente accettata sull'origine delle caste è appunto di natura religiosa. Stando invece a quanto professato dagli induisti, le quattro caste: i Brahmani, i Kshatriya, i Vaisya e i Sudra, nascono rispettivamente dalla bocca, le braccia, le gambe e i piedi di Brahma. E Brahma stesso istituì il sistema castale basandosi sul concetto tutto hindù di Varna (termine sanscrito traducibile come 'colore'), ossia di predeterminazione e naturale posizione del singolo all'interno della moltitudine sociale.

Per quanti invece ritengono veritiera la AIT (Aryan Invasion Theory), sarà più facile accettare un'origine razziale del sistema castale, come istituzione voluta dai conquistatori Arya di pelle bianca nei confronti degli autoctoni Dravidiani di pelle scura. Diciamo una forma di apartheid ante litteram per mantenere le differenze fra i nuovi venuti e gli assoggettati.

Interessante anche notare come i colori di riferimento per ogni ordinamento castale siano dall'alto in basso:

Brahmani - bianco
Kshatriya - rosso
Vaisya - marrone
Sudra - nero

La casta più bassa è associata al nero, e quella più elevata al bianco. Non voglio fare congetture, ma sicuramente è un dato interessante.

Ma dal momento che le mie sono solo le divagazioni di un profano, chiedo quindi lumi al Prof. Dott. Gran. Lup. Mannar. Dragonball per una definitiva e dotta sentenza che risolva la questione qui trattata.

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[Orazio Coclite:]
quote:

Originally posted by gribisi
Le donne indiane (o forse solo quella intervistata) sono contente di essere relegate al ruolo obbligatorio di mogli e di madri? Non significa nulla.
Qualsiasi sistema sessista, razzista, schiavista, ecc... ha il suo Zio Tom che ha talmente introiettato i pregiudizi dei suoi oppressori da farli propri.



Ehm, e se invece ti dicessi che tu, come la stragrande maggioranza della popolazione del ricco e opulento occidente, non riesci a prendere in considerazione alcuna forma di pensiero che si discosti nettamente dalla convinzione che il sistema alla "occidentale" sia il migliore applicabile, e da imporre senza scrupoli nei confronti di questi poveri selvaggi che, sempre secondo il pensiero egalitarista moderno, vivono ostaggi di un sistema sessista, razzista e schiavista?

Un pò come il fascismo, che si fece amorevolmente carico della 'missione civilizzatrice' nei confronti dei boveri negri dell'Abissinia e territori limitrofi, tu pecchi della stessa arroganza disconoscendo la grande lezione di vita contenuta in quelle poche parole: "Perché, vede, non esiste felicità passeggera, non c'è beatitudine che nell'eternità. Il resto è cinema e jazz". Queste sarebbero le parole di una novella zia Tom indiana?

A noi occidentali moderni riesce inammissibile concepire una visione della vita che non sia in sintonia con la nostra concezione materiale del mondo. In quel caso, non riuscendo ormai a capire affatto la portata spirituale di tali affermazioni, le liquidiamo sbrigativamente come appunto manifestazioni d'ignoranza dettate da un sistema sociale iniquo. Non accettiamo alcun reale dissenso contro il modello laico, multirazziale e materialista di matrice protestante che abbiamo importanto ed imposto per tutto il globo. Questo è razzismo, questo è imperialismo.

E comunque prima di muovere delle critiche ad un libro, dovresti perlomeno leggerlo. Dopotutto stiamo parlando di Mircea Eliade, mica di un francesco alberoni o di un gilberto oneto qualunque! (scribacchini...)

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[felix:]
l'unico punto in cui mi dissocio totalmente da Orazio è la sua fantasmagorica proposta di de-colonizzazione planetaria. L'espansione europea è un evento storico irreversibile, ed è FONDATRICE, in quanto basata su epopee di conquiste e popolamenti improntati ai migliori valori della spiritualità e della volontà di potenza della Civiltà indo-europea.
Non ha NULLA a che vedere con l'attuale dispersione-colonizzazione non-europea, che assomiglia piuttosto a un'invasione di locuste fameliche.
Quindi gli europei ed i loro discendenti hanno tutto il sacrosanto diritto di tenersi i territori dove abitano, e di conquistarne dei nuovi, se riprenderà l'antico spirito ksatya.
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[gribisi:]
quote:

Originally posted by Patrizio


Ti ringrazio.
Comunque devo smentirti categoricamente: l'istituzione delle caste ha SIGNIFICATO SOLO ED ESCLUSIVAMENTE RELIGIOSO.
Ogni altra considerazione (sociale, antropologica, etc.) è ad essa collegata e subordinata.

Non conosco un gran che la questione, ma mi pareva che il sistema delle caste fosse stato imposto millenni fa da invasori indoeuropei ai danni delle popolazioni preesistenti nel subcontinente indiano.
Ti risulta?

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[Patrizio:]
Purtroppo non ho molto tempo per andare a rivedere i riferimenti, quindi anche questo intervento è a braccio e molto riduttivo.
Comunque,
il sistema castale è (stato) ANCHE basato sulla razza; ma non nel senso che credevo anch'io - rifacendomi alle interpretazioni nordicistiche otto-novecentesche - di una demarcazione dei sangui con intenti eugenetici o razzisti, bensì in vista dell'ordine; ordine umano (rtà) che deve rispecchiare quello cosmico.
La ripartizione tra i tipi umani corrisponde proprio a questa esigenza di giustizia (che si traduce in governabilità), poiché ognuno fa il suo compito e ad ognuno spetta ciò che gli compete, nel beneficio della comunità e per rimanere nella grazia del divino.
Se gli elementi fossero fuori posto, non sarebbe possibile (o sarebbe estremamente difficile) per gli stessi intraprendere il compito più importante per cui si è in vita: il percosro verso l'alto, il samadhi, l'unione (meglio: la riunificazione; con il divino, ovviamente). E difatti ogni gruppo possiede le sue proprie vie, pur all'interno di un ritualismo comune a tutto il ceppo della civiltà.
E guarda caso la ripartizione tradizionale viene a coincidere con le scoperte di Dumézil riguardo la "tripartizione indoeuropea" (v. L'ideologia tripartita degli indoeuropei).
E d'altronde la stessa cosa - mutati mutandis - non poteva mancare anche nelle altre civiltà tradizionali della grande famiglia aria, e nella stessa civiltà cristiana (vedasi, oltre allo Evola, massimamente Guido De Giorgio, che in La tradizione romana spiega bene le caste nel contesto di Roma).
Ovviamente poi le cose storicamente si sono terribilmente complicate, con l'instaurazione di un sistema di privilegi ereditari ma con la violazione sistematica delle barriere castali grazie a inumerevoli sotterfugi matrimoniali e di censo. E' una delle ragioni per cui oggi vi sono così tanti bramini di ceppo veddoide-australoide, e praticamente tutti i colori sono presenti all'interno anche delle caste alte.

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[Felix:]
quote:

Originally posted by gribisi
Non conosco un gran che la questione, ma mi pareva che il sistema delle caste fosse stato imposto millenni fa da invasori indoeuropei ai danni delle popolazioni preesistenti nel subcontinente indiano.
Ti risulta?



concordo con Patrizio.
Per dovere di correttezza mi permetto di tradurre la frase di gribisi, intrisa di linguaggio buonista:

"...il sistema delle caste fosse stato PORTATO millenni fa da CONQUISTATORI indoeuropei per SOTTOMETTERE le popolazioni MENO CIVILIZZATE preesistenti...".

se non si sta attenti, il buonismo si infiltra in modo orwelliano per stravolgere il significato stesso della lingua.

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[Patrizio:]
quote:

Originally posted by gribisi
Non conosco un gran che la questione, ma mi pareva che il sistema delle caste fosse stato imposto millenni fa da invasori indoeuropei ai danni delle popolazioni preesistenti nel subcontinente indiano.
Ti risulta?



Sì, è così. La ripartizione delle masse umane del subcontinente indiano è stata operata dagli invasori indoeuropei, che hanno portato il loro sistema patriarcale impostato sul riconoscimento della qualità, imposto sopra al sistema matriarcale promiscuo e più "mistico" della civiltà mediterranea preesistente (quella di Mohenjo Daro), a sua volta impostasi su una congerie di etnie e culture eterogenee melanesiane o australoidi.
Credo che l'AIT (Aryan Invasion Theory) conservi pur sempre la sua validità, nonostante alcune necessarie correzioni di tiro, e che gli anti-AIT siano troppo presi dalla foga di hybris anti-aria per poter essere obiettivi.

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[Dragonball:]
Tra l'altro faccio notare che la semantica del termine"indo-europeo"...

P.S.
Curiosita' che non centra molto col discorso ma che e' interessante: il nome "Iran" e' una storpiatura di "Aryan".

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[felix:]
xPatrizio

ho appena finito di leggere per l'appunto un saggio che nega l'ipotesi AIT:

Colin Renfrew, Archaeology and Language. The Puzzle of Indo-European origins. London, 1987.

secondo Renfrew le civiltà di Harappa e Moenjo-Daro erano... indoeuropee. Il punto è che la sua è solo un'ipotesi per la quale non apporta dati sostanziosi; sembra quasi dettata da un affanno per attaccare l'ipotesi AIT (l'autore è contrario, in generale, alle ipotesi migrazioniste). Oltretutto scarta a priori il contributo delle analisi paleoantropologiche, cioè non approfitta dei dati osteologici, che invece indicano chiaramente che la valle dell'Indo era popolata da dravidiani-australoidi prima della conquista indoeuropea, di cui i Veda sono con tutta probabilità il vestigio letterario.

saluti
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[Patrizio:]
quote:

Originally posted by Dragonball
Tra l'altro faccio notare che la semantica del termine"indo-europeo"...

Re: manca un pezzo forse?

P.S.
Curiosita' che non centra molto col discorso ma che e' interessante: il nome "Iran" e' una storpiatura di "Aryan".



Re: Vero. Inoltre vi è anche il superlativo dell'aggettivo greco "buono", quindi "ottimo", che fa àristos, ed ha la stessa radice di ariano. La radice è presente probabilmente anche in un altro paio di etnonimi : gli Alani, popolo iranico antico, e gli Alemanni, popolo germanico. E forse anche in Eire/Erinn, il nome dell'Irlanda - così dicono.
Per non parlare degli antroponimi germanici Arminio, Ermanarico, Ariovisto, Jormunrekr, e nel teonimo Ariman.

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[Patrizio:]
E' la seconda volta che prendiamo in mano lo stesso libro contemporaneamente: ho proprio il testo del Renfrew qui accanto al pc, appena preso in biblioteca.
Guarda, di ipotesi sugli indoeuropei ormai ce n'è una ridda. A mio parere rimangono valide le vecchie ipotesi, pur potendo essere integrate da apporti dei nuovi studiosi. E comunque, il punto di partenza - non dimentichiamolo - deve sempre essere la Tradizione, cosa che i nostri autori accademici (in genere, a parte un po' Dumezil e pochi altri) manco sanno dove stia di casa.

Se ti interessa, una conferma della compattezza antropologica degli Indoeuropei viene da un recentissimo libro pubblicato dal JIES:
John V. Day, IE Origins: The Antrhopological Evidence. L'ho appena ordinato (purtroppo costa $ 68), vediamo un po'.

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[felix:]
grazie Patrizio: cercherò il testo.
E visto che siamo in tema di scambi bibliografici ti suggerisco un testo che lessi un paio di anni fa:

J.P. Mallory, In Search of Indo-Europeans. Language, Archaeology and Myth, . London, 1991.

L'autore è, al contrario di Renfrew, migrazionista. E colloca l'Urheimat indoeuropea all'incirca dove la collocava la Gimbutas, ovvero nelle steppe ucraine (mentre Renfrew la colloca piuttosto in Anatolia). Dedidca anche qualche attenzione all'antropologia fisica degli antichi indoeuropei.
È un libro certamente migliore di quello di Renfrew.

saluti e buona lettura

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[Patrizio:]
Ti ringrazio.

Per quanto riguarda le caste - volevo accennare ad un solo testo che ne facesse comprendere il valore dal punto di vista tradizionale, quindi un testo non di taglio accademico o storicistico:
Frithjof Schuon, Caste e razze, All'insegna del Veltro, Parma (oppure "Es", Milano).
Credo che sia molto utile per comprendere la vera funzione di quei ragguppamenti umani per tipologia interiore ed esteriore, e il significato dei "colori" - che è simbolico (richiama infatti quelli dell'alchimia, p.es.).

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[Patrizio:]
“Caste” e classi.

Ecco una mia piccola rielaborazione e sinterizzazione del problema delle caste in base a quanto detto e a letture che cercano di unire il tradizionalismo alla letteratura scientifica.
La tripartizione “scoperta” da Dumézil per tutte le civiltà indoeuropee, in realtà è cosa ben nota a chi studi la costituzione naturale delle comunità europoidi, prima dello snaturamento basilare apportato dalla rivoluzione moderna (l’analisi degli strati romani è stata condotta dallo stesso Dumézil e da De Giorgio; la stratificazione dei Greci dal Guenther e altri; etc.).
Pur partecipando – in condizioni normali – di un formidabile solidarismo in funzione della comunità e dell’ordine umano e sovraumano, è impossibile non vedere nelle caste tre (o più) tipi umani completamente diversi, tanto da aver fatto pensare ad origini razziali diverse. Ma il paragone – come dicevo, sulla scorta di Schuon – è azzardato, poiché se le razze corrispondono a differenze formali, le caste corrispondono a differenze spirituali. In realtà i due ordini di idee si sono intrecciati, soprattutto per il fatto che gruppi etnici ristretti possono identificarsi in caste tout court, e questo spiega certe coincidenze tra varna (“colore” ma che simboleggia i tre diversi guna*) e “colore” della pelle/razziale degli indiani sottoposti. L’intersecazione dei due piani di idee quindi ha fornito il pretesto ai dominatori storici arii di fungere da strumento tradizionalmente regolatore delle masse che cadevano sotto la loro giurisdizione, rendendo visibile il concetto dei gunas.
Benché qui da noi nell’Europa cristiana romano-germanica medievale e dell’Ancient Règime post-medievale le “classi” non siano esattamente la stessa cosa delle caste, esse ne rappresentano sicuramente una continuazione su base ormai divenuta censitaria. In cui il clero riecheggia la casta dell’intelletto (brahmana, la chiamerei della funzione intellettuale, piuttosto che solo sacerdotale), l’aristocrazia quella del guerriero (kshatriya, i raja e i combattenti), e la borghesia quella dell’allevatore/mercante (vaysha, gli allevatori di vacche), nonché il proletario che dovrebbe corrispondere ai fuori-casta dell’àmbito indù, agli “scuri” soggiogati. (Con il problema del contadino, che nella Mitteleuropa non è certamente un “fuori-casta”, ma probabilmente un residuo della civiltà pre-aria dei megaliti). Senonché la mobilità liberale e la movimentabilità inter-professionale ha scombinato tutto, riempiendo le due caste alte di imbecilli (cf. il detto: “braccia rubate all’agricoltura”) e riempiendo il proletariato di alto-castali degeneri che non sanno più quello che sono.
Va da sé che l’appartenenza alle due caste alte è più un onere che un onore – ciò detto per prevenire la scontata reazione invidiosa dei “Klassenkaempfer” – e che i diversi compiti sono tutt’altro che una condanna, ma bensì il coronamento delle rispettive potenzialità.
Comunque per farla breve (si potrà ritornare sulle obiezioni alle critiche progressiste), se scorrete tutta la storia delle civiltà arie, troverete sempre questa costante delle tre (o più) componenti, che si contrappongono in un gioco fruttuoso per la comunità finché si armonizzano tra di loro, disastroso quando una o più di esse si svincola dal tutto, non capendo più il discorso tradizionale, e pretende di dettare una egemonia basata sulle proprie qualità umane, non riconoscendo quelle delle altre componenti.
Così tutti i grandi della civiltà occidentale cristiana ne ebbero consapevolezza. Se ne trovano le tracce in Dante (non vorrei azzardare una lettura tri-funzionale delle tre cantiche della Commedia, che più probabilmente riflettono i diversi stati dell’essere e le tre fasi che si ritrovano anche nell’ermetismo); in Shakespeare (nelle sue storie romane e non solo); e le si trovano in Goethe (basti vedere il preludio del Faust, a mio avviso leggibile tri-funzionalmente).
Con la fine del Medioevo e il Rinascimento inizia lo svincolamento della terza casta europea (il mercante, il borghese), che prima affranca dalla necessaria gerarchia e poi impone tutta la sua ottica alla vita sociale di tutti (l’utilitarismo contro il senso dell’onore dell’aristocrazia; l’anti-eroismo, sempre contro lo spirito aristocratico; il sentimentalismo e il moralismo come proprie categorie per il divino; l’invenzione del nazionalismo in funzione anti-imperiale; l’onnipotenza della finanza, e lo sfruttamento della natura in funzione commerciale).
Fino alla stessa “Lotta di classe” marxiana, che supera la ybris stessa del borghese arrivando ad auspicare una impossibile ybris/presa di coscienza e del potere da parte del fuori-casta (impossibile perché il borghese è l’ultima componente a partecipare dell’intelletto, al di sotto della terza componente vi è solo istinto massificato).

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[felix:]
interessante -e divertente- lanciare un sondaggio: a che casta pensate di appartenere (o vorreste appartenere)?!
potremmo scommetere un'abbondante presenza di Vayshas, di Sudras e (purtroppo) pochi Brahmana autentici e ancor meno Ksatrya in piena regola.
per parte mia, io mi ascriverei senza indugi a quella dei Brahmana.

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[Patrizio:]
Per quanto riguarda il toto-casta: interessante, e molto meno faceto di quel che si potrebbe pensare.
Però, per quanto riguarda i sondaggi, c'è sempre il problema del self-rating (auto-valutazione), per cui più che la risposta data (è chiaro che tutti si metterebbero nei brahmana o nei kshatriya, qualcuno nei vaysha, ma nessuno certo nei shudra), andrebbero analizzati i motivi per cui uno si inserisce nella data categoria, per capire veramente la sua essenza.

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[Patrizio:]
Un tale tipo di valutazione è estremamente difficile (anche se non impossibile) per il motivo che ho già detto più sopra, e cioè che l' Occidente moderno ha censizzato le diferenze di natura castale, per cui si equivoca la casta alta con quella che possiede di più denaro.

Andrebbe fatta una griglia di comparazione tra la situazione attuale e la tripartizione indoeuropea, o le caste induiste, magari aiutandosi con le bellissime ricerche di Dumézil (oltreché con gli scritti evoliani e guénoniani in proposito, e con l'opera di Schuon - sopr. il libro "Caste e razze", già citato).

Un lavoro - finora intentato - che reputo non impossibile, benché difficile, e utile più a comprendersi che non a tentare di re-instaurare un qualcosa di analogo alle "caste" (ormai impossibile, credo, anche perché il cristianesimo ha spostato l'attenzione completamente sul libero arbitrio individuale).

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[Patrizio:]
La storia contemporanea in termini castali

Ora, mi sembra sia possibile affermare con certezza (perché è unanimemente riconosciuto) che l’epoca attuale della civiltà occidentale (ovvero quella che si è andata imponendo dall’Illuminismo in qua) è caratterizzata “castalmente” dal tipo del vaishya, cioè, in termini occidentali, dal tipo del borghese.
Ma dato che non vi è stabilità, fissità, perché altrimenti non vi sarebbe moto storico, non vi sarebbe la progressione delle ère, possiamo individuare per ogni epoca i fattori di destabilizzazione “castale”. Se, molto brevemente, nell’epoca del brahmana/sacerdote (il Medioevo) il fattore destabilizzante era rappresentato dall’ansia di “emancipazione” della seconda casta, quella kshatriya/guerriero-aristocratica, e politicamente lo vediamo con la lotta per le investiture; nell’epoca successiva, quella rinascimentale di predominio della casta aristocratica, il fattore destabilizzante è rappresentato ovviamente dagli sforzi di emancipazione della casta successiva, la terza, quella del vaishya/commerciante-borghese, che difatti seppellisce l’aristocrazia e impone la sua etica, la sua civiltà, etc. Ora, con le rivoluzioni borghesi (poco importa se aiutate dal proletariato e perfino da certi aristòcrati degeneri) il borghese sembra imporre l’ultima e definitiva forma alla civiltà, dato che – come abbiamo detto – al di sotto della terza casta aria non vi è più la forma, ma la forma scompare nell’indistinto della materia massificata e nella scomparsa del nous (e questo spiegherebbe il fallimento dei tentativi di conquista del potere da parte della quarta casta - il fallimento del marxismo - visto che è sempre la borghesia a detenere le leve anche dopo gli intermezzi comunisti).
Nondimeno il periodo borghese presenta anch’esso delle “tentazioni” di superamento.
Per capire in che senso, vediamo un attimo una caratterizzazione veloce delle tre caste e dei fuori-casta: se il brahmana è caratterizzato da oggettività/fissità nello spirito, il kshatriya è caratterizzato da soggettività/mobilità nello spirito, il vaishya da oggettività/fissità nella materia, e il shudra (il fuori casta) da soggettività/mobilità nella materia. (Riepiloghiamo brevemente le definizioni della categorizzazione castale, dato che il nome sanscrito per molti potrebbe significare poco: brahmana= casta dell’intelletto/sacerdotale; kshatriya= casta dell’azione (guerresca)/aristocrazia; vaishya= casta del commercio/borghese, e di certo lavoro manuale; shudra= casta dei lavori che richiedono meno qualificazione e mera forza fisica, che sconfina nella pura massa bruta).
Ora, è chiaro che la fissità del borghese gli dona una calma analoga a quella del sacerdote, ma che NON può essere confusa con quella. L’analogia è solo apparente: la calma del borghese è nella materia e nell’interesse materiale (per lui significando ben poco i discorsi trascendenti), mentre la calma del sacerdote è incentrata nella non-materialità.
A lato della terza casta, abbiamo la mobilità dell’aristocrate-guerriero (è l’amore per l’azione e la conquista che caratterizza il kshatriya in rapporto al pacioccone borghese, amante della tranquillità per potere avere l’ambiente necessario per i suoi guadagni commerciali). La mobilità del guerriero è solo apparentemente analoga alla mobilità del proletario, essendo la prima incentrata sull’instaurazione di un ordine sopraumano e sulla ricerca di gloria e beni effimeri, mentre la mobilità del proletario è incentrata sulla materia, sulla ricerca di beni materiali; (il godimento del proletario è finalizzato al soddisfacimento dei sensi, cui non si sa sottrarre, mentre il godimento dell’aristocrate ha fini estetizzanti). E’ la mancanza di bussola tradizionale che ha permesso a molti kshatriya di cadere nell’equivoco di questa falsa analogia, e sentire il richiamo all’azione di totalitarismi massificanti; ed è lo stesso equivoco che permette di confondere le scazzottate dello scaricatore di porto con i duelli (pur brutali) del guerriero che affronta chi gli ha infangato l’onore.
Ebbene, le tentazioni di superamento della staticità borghese possono esprimersi verso le tendenze delle caste immediatamente confinanti con la terza: le tendenze all’azione, che come abbiamo visto appartengono sia al proletario ma anche all’aristocrate-guerriero.
Ecco che quando i comunisti usano il termine “borghese” con intento derogatorio, ciò non ha niente a che vedere con l’uso derogatorio del termine fattone in ambito fascista/conservator-rivoluzionario, o tradizionalista, i primi mirando a un superamento del borghese verso il basso, i secondi al contrario ad un superamento del borghese verso l’alto. E il borghese ovviamente è convinto dell’identità delle due minacce al suo ordine, e ridicolizza e umilia le ambizioni all’azione dello kshatriya mettendole nello steso calderone dell’agitazione proletaria.

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Patrizio (POL)
07-06-02, 23:52
Purtroppo sono scomparsi i neretti, i corsivi, e le barre di confine delle "quote", per cui bisogna un po' cercare di capire quando finisce la citazione del messaggio di un altro e quando comincia il testo di chi risponde.
Per il resto, penso si capisca abbastanza...

Orazio Coclite
13-06-02, 01:42
Rileggendo il tutto devo ammettere che ne è uscito proprio un bel 'thread'. Specialmente la parte finale in cui Patrizio riporta una serie di messaggi di estremo interesse ed erudizione. Un plauso sincero a tutti i partecipanti (meno che a uno, ovviamente).

Patrizio (POL)
14-06-02, 20:45
Ci si potrebbe chiedere, per continuare l’indagine, quanto dei gunas, o qualità interiori delle cose, (che, nell’uomo, determinano anche l’appartenenza castale) sia presente in ognuno. Dato che non si tratta mai del possesso puro di un singolo guna in un individuo (nel dominio della manifestazione, la natura dell’essere manifestato comporta sempre tutte e tre le qualità costitutive), e dato che le tre qualità potevano trovarsi in equilibrio perfetto soltanto nello stato Primordiale, si tratta di trovare quale di essi venga a prevalere nel composto umano di ogni individuo. Lavoro non facile per quanto riguarda gli occidentali, vista la realtà ormai estremamente ingarbugliata e mescolata dell’attuale fase della nostra storia (con le due grandi rivoluzioni cristiane della democraticizzazione anti-gerarchica e della mobilità sociale – solo termpraneamente mitigate dal medioevo romano-germanico).
Ma per sapere qual è il guna che dà l’indirizzo generale, e che quindi determinerebbe l’appartenenza castale (se, come abbiamo detto, esse esistessero ancora da noi), bisogna prima conoscere le caratteristiche di questi gunas (che altro non sono che la maniera con cui il Vedanta, la più alta speculazione metafisica orientale, risolve il problema della materia).
Sconsigliata una consultazione di testi New Age – nei quali si rischierebbe inesorabilmente di vedere trattati i gunas in ambito culinario/gastronomico/dietologico, o comunque in modo pasticciato – l’unica cosa da farsi è la consultazione delle fonti dirette, o dei divulgatori più qualificati. Guénon, ne “L’uomo e il suo divenire secondo il Vedanta” né dà una definizione secca e senza tanta logorrea: “I tre guna sono: sattwa, la conformità all’essenza pura dell’Essere, (Sat), che è identificata con la Luce intelligibile o con la Conoscenza, ed è rapresentata come una tendenza ascendente; rajas, l’impulso espansivo, in base al quale l’essere si sviluppa in un certo stato e, in qualche modo, a un livelo determinato dell’esistenza; infine tamas, l’oscurità, assimilata all’ignoranza, e rappresentata come uan tendenza discendente.”
E’ chiaro che il linguaggio di cui si serve la metafisica prende necessariamente in prestito immagini del mondo concreto, come “oscurità”, la caratteristica di tamas, che potrebbe benissimo essere resa con “pesantezza”.
Ora, abbiamo visto che una prevalenza del guna rajas determina l’appartenenza alla seconda casta, quella adempiente alla seconda funzione: la guerra, o, se vogliamo, l’azione espansiva in generale. Funzione che non serve di per sé ma che serve l’armonia dell’insieme comunitario, permettendo, dopo aver conquistato ed imposto l’ordine (si veda il motto latino si vis pacem para bellum) al brahmana (in cui prevale il guna sattwa) di perseguire la conoscenza e la custodia della dottrina, e alle altre caste (al vaishya, in cui prevale tamas non privo di una certa “luce”, tamas prevalendo potentemente solo nel shudra) la produzione materiale e organizzativa dei beni per il sostentamento.
Se la sistematicità indù presenta difficoltà che rendono necessarie tutta una serie di deroghe parziali e aggiustamenti, la confusione che regna nei corpi sociali occidentali è qualcosa di estremamente penoso. Individui che non sono al proprio posto, che impiegano decenni della propria vita per ritrovare una loro classificazione, anni perduti che potrebbero essere impiegati – qualora si nascesse già inseriti al proprio posto – fin da subito per percorrere il proprio sentiero realizzativo. Gunas non prevalenti, che vengono “ascoltati” al posto del prevalente, determinando auto-inganni, cui si potrà rimediare (quando vi si rimedi) dopo lunghi sforzi auto-conoscitivi. Interi settori “intellettuali” occupati da masse di individui in cui non prevale affatto sattwa, si pensi al sistema dell’istruzione instaurato dal giacobinismo, e imposto colla democrazia, con gli stessi diritti “conoscitivi” garantiti a tutti, e nella stessa maniera. Ma si pensi anche al nostro settore sacerdotale, che, essendo nelle religioni abramiche non più di casta, ma “aperto”, vede la necessità del dogmatismo per frenare il rischio di un’esplosione in molteplici interpretazioni (fatto che è effettivamente avvenuto con il protestantesimo, e che sta avvenendo con il cattolicesimo modernista). Per non parlare del militare coscritto e dell’esercito di popolo, altra aberrazione giacobina che giunge all’estrema snaturazione dei doveri castali. Per finire con la mobilità della dottrina politico-economica del liberismo (prodotto del borghese-[vaishya dissoluto*), già lumeggiata nelle arti liberali del Medioevo, fino alle estreme conseguenze della totale casualità della scelta lavorativa, nei lavori usa-e-getta, nei lavori interinali, nel precariato all’americana, etc. Senza parlare (ci sarebbero da scrivere interi trattati) della falsa categoria dell’operaio, creato dalla macchina, su cui prospera il marxismo. “Falsa” perché scoparirebbe nel momento stesso in cui venissero ripristinati i valori tradizionali, e alla tecnologia senz’anima si ri-sostituisse l’artigianato e la creazione materiale a dimensione umana.
In questo guazzabuglio casuale (**), l’uomo della Tradizione non solo non si lascia assorbire dall’indistinto, ma cerca continuamente il discrimine, non avendo certo in mente una pignoleria tassonomica, entomologica, ma il raggiungimento di una comprensione maggiore di sé e del da farsi.
Per tornare a far sì che la propria attività non sia agitazione dettata dalla fantasmagoria disordinata delle lucine del mondo materiale e del bisogno egoistico, ma attività lucidamente perseguita, e consapevolmente indirizzata a Dio.

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*(in senso etimologico, cioè staccato dalla totalità organica, incapace di vederne la neccesità, da cui l’imposizione a tutti di un ethos modellato sulle sue caratteristiche: l’epoca borghese).

(**) il caso è del Demonio, il fine è di Dio.

Orazio Coclite
21-06-02, 18:45
Patrizio, oggi, mentre mettevo ordine in una parte della mia libreria, mi sono imbattuto in alcuni fascicoli della rivista 'Convivium. Rassegna di studi tradizionali.', quella edita dalle Edizioni SeaR. Sfogliandone alcune copie ho trovato nei numeri 12 e 13, diviso in due parti, l'interessantissimo articolo di Giuseppe Acerbi intitolato "LE 'CASTE' SECONDO PLATONE. Analisi dei paralleli nel mondo indoeuropeo." Uno scritto contenente spunti decisamente inediti (perlomeno per me) e interessanti. Se ne avrò tempo vedrò di farne qualche estratto da postare qui quale contributo alla discussione.

Vale!