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Visualizza Versione Completa : Convegno sulla musica "alternativa"



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11-06-02, 00:13
Dal Corriere della sera
www.corriere.it

Appuntamento a Roma per gli «addetti ai lavori»: «I dischi li autoproduciamo e li vendiamo quasi in clandestinità». Rapporto di amore-odio con la cultura: «Ci sembra una parolaccia»

La canzone politica di destra a convegno, e a sorpresa si loda Guccini


ROMA - Non ce n’è uno tra loro che con la musica ci viva. «Non possiamo permettercelo: i dischi ce li autoproduciamo. E li vendiamo quasi in clandestinità», spiega Mario Bortoluzzi che è la voce della «Compagnia dell’Anello», professione costruttore di banche, nel senso edilizio del termine. Il suo è un gruppo che è storia nel panorama della musica politica di destra o, meglio, della musica alternativa, come la chiamano loro, gli organizzatori di un convegno sul tema che ieri a Roma ha fatto arrivare un po’ tutti i protagonisti di questo genere noto soltanto agli addetti ai lavori. Perché bisogna citare lo scomparso Massimo Morsello (e ricordare che per farsi ricordare si era autodefinito il "De Gregori nero") per segnalare un picco di vendita (20 mila copie del suo "Punto di non ritorno") ineguagliato e difficilmente eguagliabile. «Quando i nostri autori si stampano e riescono a vendere mille-duemila copie sono molto più che soddisfatti», ammette l’organizzatore del convegno, Guido Giraudo, oggi direttore di «Lorein», il portale internet nato apposta per raccogliere e conservare questo patrimonio musicale che non ha mai conosciuto la luce della ribalta. «Il problema è il rapporto di amore-odio che noi abbiamo con la cultura. Cultura: quando sentiamo questa parola ci sembra quasi una parolaccia». Anche Leo Valeriano è un nome che è storia, il suo debutto nel 1965 al Bagaglino è per cantare le vicende di un ragazzo, soldato per la Repubblica sociale: «Soldato in una guerra sbagliata», dice adesso Leo. Ma rapidamente spiega: «Sbagliata soltanto per gli altri».
Già, gli altri. Ovvero quelli dall’altra parte, quelli a sinistra che con la canzone spopolano da sempre e non hanno ancora smesso di farlo e Francesco Mancinelli ci ha provato a raccontarla la storia dalla parte sua con «Generazione ’78», ma se le sono riascoltate soltanto tra di loro le parole di quei ricordi: «...E ti svegli una mattina e ti chiedi cosa è stato rigettare i tuoi pensieri sulle cose del passato, prendi un fazzoletto nero che conservi nel cassetto...».
Ed è proprio lui, Mancinelli, che ammette di aver preso la chitarra tra le mani non già per una passione musicale, ma per cercare di strappare alla sinistra l’egemonia delle sei corde. Ma poi sono state proprio le canzoni di quei cantautori lì che lo hanno reso popolare nel suo ambiente: «Francesco Guccini più di tutti, a tal punto che alla fine chi mi stava intorno e non conosceva le canzoni di Guccini ha pensato che fossero mie quelle lì che cantavo».
Come dire? Suona strano sentire acclamare Guccini da chi per parlare di una grande canzone di amore cita «Boia chi molla», degli «Zetapiemme» oppure non esita a celebrare «Claretta e Ben», ma anche decide di fare del rock e chiamare il suo gruppo «Ddt», quando l’insetticida non c’entra nulla e l’acrostico sta per Dodicesima disposizione transitoria (che nella costituzione vieta la ricostituzione del partito fascista). Ma tant’è. E anche il costruttore-cantautore Mario Bortoluzzi decanta le lodi di Guccini, che pure ha costruito la sua celebrità con canzoni inequivocabilmente segnate da titoli come «Eskimo» o parole come «trionfi la giustizia proletaria». Ma Bortoluzzi si vanta: «In fondo ai nostri concerti succede come nei suoi, proprio quando Guccini canta la Locomotiva: basta l’accenno delle note di un nostro inno, "Il domani appartiene a noi", che tutti si alzano in piedi e cominciano a cantare: "La Terra dei Padri la Fede immortal nessuno potrà cancellar il popolo vinca dell’oro il signor il domani appartiene a noi...». Come se l’unica differenza fosse davvero la mano aperta e tesa o il pugno chiuso.

Alessandra Arachi