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Visualizza Versione Completa : Medio Oriente - No al terrorismo, ma nessuna equidistanza



Roderigo
11-06-02, 12:21
Onorevole Bertinotti, leggo oggi dai giornali la notizia dell'ennesima strage contro obiettivi israeliani, per l'aggiunta contro obiettivi civili. Lei al suo congresso ha detto, tra le altre cose, «…io sono ebreo…», nei giorni in cui parte della sinistra tra cui quella extra parlamentare che lei spesso indica come linfa vitale della sinistra andava in piazza sventolando bandiere palestinesi ed inscenando atti che ricordano gli isterismi di piazza di Ramallah con finti funerali per quelli che a seconda dei punti di vista sono martiri o vili assassini. All'indomani dell'11 settembre dichiarava anche che è contro tali atti terroristici, perché le tolgono la parola. Onorevole, concetto bello ma dopo il pensiero, quale azione? Non ricordo una sinistra che vada in piazza a protestare contro questi atti in modo non ambiguo, senza i ma, condannando in modo inequivocabile. Certo ricordo una sinistra che condanna, ma ogni volta aggiungendo postille, portando in piazza la bandiera palestinese dopo la rappresaglia. Non ricordo una sinistra in piazza con la bandiera israeliana, e solo quella, a dire no a questi atti barbari. La ricordo invece in piazza a manifestare contro la rappresaglia, spesso senza dare conto dei bambini e delle donne dilaniate dalla vile bomba mentre su un autobus andavano a lavoro, a scuola o tornavano agli affetti della casa. Le scrivo perché pur essendo politicamente avverso alla sua parte politica, le riconosco la buona fede nelle sue idee, la correttezza di alcune e l'onestà intellettuale. La invito quindi ad una riflessione su cosa pensa la sinistra di fronte a ciò, e su cosa fa la sinistra. Pensiero ed azione, in sintesi.

Michele Danieli via e-mail

Roderigo
11-06-02, 12:22
Caro Signor Danieli, le ribadisco con molta fermezza la mia condanna al terrorismo. E' vero, quest'ultimo toglie la parola alle forze della pace, della democrazia, della trasformazione. E' vero, questo precipita l'umanità nella barbarie alla stessa stregua del suo contraltare, il terrorismo del mercato, quello della primazia della logica del profitto e della impresa sopra ogni altra ragione. E' vero, alla violenza dell'oppressione di classe, alle risorgenti logiche del più brutale colonialismo, allo stato di guerra infinita e indefinita con il quale le potenti forze del capitale finanziario vogliono sottomettere il mondo per imporre la loro globalizzazione, non si può rispondere con la violenza indiscriminata, con il disprezzo della propria e dell'altrui vita, con il terrore quotidianamente impartito alle popolazioni civili. Non solo perché non è giusto, ma perché non sarebbe efficace ad ottenere gli obiettivi dichiarati. Proprio per questo considero il terrorismo come un progetto politico autonomo, completamente sbagliato, che non deriva né necessariamente né automaticamente da condizioni di disagio, di sofferenza, di oppressione, anche estreme. Il furore nichilista è un lato della barbarie, non può essere in nessun caso la sua alternativa.

Non ci limitiamo solamente ad affermare tutto questo. Al contrario cerchiamo di praticare in ogni campo e ad ogni latitudine una pratica nonviolenta. Questa non può essere confusa con una accettazione passiva dello stato di cose esistente, anzi ne è la migliore contestazione e comporta una capacità di iniziativa e rischio e pericolo per chi attivamente la pratica.

Molti di noi sono state e sono stati in Palestina, per creare una forza di interposizione a mani nude che potesse impedire i massacri della popolazione civile. Molti di noi hanno fatto cioè quello che dovrebbero fare i governi occidentali e l'Unione europea, se veramente volessero dare corso concreto alle loro spesso ipocrite dichiarazioni a favore della pace. Molti di noi avrebbero voluto esprimere la loro concreta solidarietà alla popolazione israeliana, raggiungendo i luoghi nei quali sono stati compiuti i più terribili attentati, ma è stato loro impedito, anche con brutalità, dalla polizia israeliana. Molti di noi hanno organizzato e partecipato a manifestazioni in Italia e in Europa organizzate con la parola d'ordine "due popoli e due stati", nel corso delle quali rappresentanti palestinesi e israeliani si sono abbracciati nel conforto di una generale commozione. Molti di noi continuano con tenacia a mantenere intensi rapporti con tutti gli esponenti della speranza di pace, sia che siano israeliani, che palestinesi.

Facciamo tutto questo con la profonda convinzione che la soluzione pacifica del dramma mediorientale è decisiva per affermare un senso di giustizia nell'umanità e per difendere la pace nel mondo intero.

Ma tutto questo, caro Signor Danieli, non solo non oscura, ma parte dal giudizio su quali siano le responsabilità prime e principali nell'attuale situazione. Esse risiedono nell'occupazione dei territori palestinesi da parte degli israeliani, nella negazione al popolo palestinese al diritto ad avere un proprio stato, nel tentativo dell'amministrazione di Sharon di ridurre la questione palestinese a un problema di terrorismo internazionale e di distruggere l'espressione politica e istituzionale del popolo palestinese.

Ogni soluzione pacifica non può non fondarsi sul pieno rispetto delle risoluzioni dell'Onu, sul ritiro di Israele dai territori occupati, dal ristabilimento, entro confini per entrambi sicuri, delle più elementari condizioni di vivibilità per i due popoli.

Su questo la sinistra di cui mi onoro di fare parte si impegna, e fino in fondo. La lotta contro il terrorismo, una volta riconosciuto che esso comunque non può essere giustificato per i motivi che ho detto, richiede anche di eliminare quelle condizioni che possono fornirgli un terreno fertile per prosperare. Comprendo perfettamente l'angoscia dei cittadini israeliani che sanno di essere un possibile quotidiano obiettivo di un attentato. Ma vorrei che lei comprendesse la condizione di un palestinese, senza una patria, senza una speranza di futuro, senza una libertà di movimento all'interno di quello che a piena ragione storica considera il suo territorio natale, spesso senza un lavoro, spesso in una situazione di miseria. Le è davvero difficile immaginare, pur rimanendo giustamente in disaccordo, come mai sia possibile in queste condizioni votare la propria vita e quella altrui alla distruzione?

Tutti noi, quindi, donne e uomini di buona volontà, dobbiamo operare per rimuovere le cause di tanta tragedia. E la prima tra queste è l'abbandono dei territori occupati da parte di Israele.


Fausto Bertinotti
Liberazione 9 giugno 2002
http://www.liberazione.it