Shaytan (POL)
18-06-02, 12:27
Ma è allarme degli esperti per gli effetti sulla salute: la diossina prodotta causa tumori
EMERGENZA RIFIUTI
di Enrico Pucci
TRENTO. L'unica certezza è che l'inceneritore di rifiuti si farà. Tutto il resto - dimensioni, caratteristiche, localizzazione dell'impianto ed effetti nocivi sulla salute dei cittadini - resta controverso anche dopo 6 ore di conferenza di informazione sul problema dei rifiuti, 11 relazioni scientifiche, altrettanti interventi politici e una contestazione dei no global, ieri pomeriggio nell'aula magna dell'Itc, a Trento. Dellai, comunque, non esclude di ridimensionare l'impianto e di legarlo a un bio-essicatore.
L'inceneritore (o meglio, termoriduttore con recupero energetico) si farà senz'altro, negli intendimenti del presidente della Provincia Lorenzo Dellai, che ha chiuso i lavori della conferenza organizzata dal Consiglio provinciale liquidando come «leggenda metropolitana» quella del bioessicatore, il metodo di smaltimento dei rifiuti presentato nei mesi scorsi come alternativo e meno impattante. Le relazioni di ieri hanno fatto capire che si tratta semmai di un metodo complementare: «E' un pre-trattamento dei rifiuti, che alla fine devono essere condotti a incenerimento», ha detto Dellai, citando l'esperienza di Venezia, dove questo metodo combinato si sfrutta per produrre energia per la centrale Enel. Alla fine persino Giorgio Rigo, a nome di ben 23 associazioni ambientaliste, ha dato ragione al presidente della Provincia: «E' assodato che il quarto gradino della filiera dei rifiuti è un impianto di termo-trattazione, prima del quinto gradino che è la discarica». Il presidente di Italia Nostra ha aggiunto che si tratta però di discutere la dimensione dell'inceneritore (ben al di sotto delle vociferate 280 mila tonnellate). E la localizzazione: «Non può essere a Ischia Podetti».
Ma hanno destato impressione, ieri, le relazioni di due esperti che hanno parlato di concreti rischi per la salute causati dall'inceneritore. Il primo, Federico Valerio, responsabile del laboratorio di chimica ambientale dell'Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova, ha paragonato la diossina emessa dalla ciminiera a 70 milioni di auto non catalizzate, a 2 milioni e 400 mila litri di latte non commerciabile (la diossina si assume specialmente attraverso gli alimenti). In Francia, nella Savoia, hanno dovuto addirittura chiudere un impianto e abbattere 2187 capi di bestiame contaminati. Il secondo esperto è un trentino, Silvano Piffer, responsabile dell'osservatorio epidemiologico dell'Azienda sanitaria. Ha illustrato una serie di studi, fatti in tutto il mondo, sui lavoratori negli inceneritori o sulla popolazione residente nelle zone limitrofe, da cui emerge un eccesso di tumori (gastrici, al polmone, alla vescica), alterazioni delle funzioni epatiche, eccessi di neonati di basso peso, anemie e via di questo triste passo. Anche se poi l'esperto ha precisato che «non è il caso di impressionarsi» perché si tratta di studi fatti in maggior parte su impianti vecchi e con limitato rigore. Dellai ha replicato chiedendo quale sia, allora, la conoscenza epidemiologica delle discariche e di altre alternative. Il presidente della Provincia ha bollato come leggenda anche quella secondo cui l'inceneritore non incentiva la raccolta differenziata. E ha confermato gli obiettivi della Provincia (arrivare al 35 per cento entro marzo 2003, al 50 per cento nel 2007, dall'attuale 18 per cento), anche attraverso «azioni straordinarie». Ha quindi garantito una «doppia valutazione di impatto ambientale» sull'inceneritore, una sul progetto preliminare (pronto entro quest'anno), l'altra sul definitivo. E all'interno della "via" si studieranno l'eventuale ridimensionamento dell'impianto e l'abbinamento alla bioessicazione (sulla quale Dellai resta scettico). «Non vogliamo correre nessun rischio legato a impianti sovradimensionati - ha detto al termine il presidente conversando con i cronisti -. Fra noi e gli ambientalisti non ci sono distanze incolmabili». Dellai non escluderebbe settimane di fermo dell'impianto, se lo consiglierà la forza dei venti. E neppure di riconsiderare il sito dei Lavini di Marco, qualora si rendesse necessario. Per il Comune di Trento, il sindaco Alberto Pacher ha confermato la disponibilità «non incondizionata» a ospitare l'impianto.
EMERGENZA RIFIUTI
di Enrico Pucci
TRENTO. L'unica certezza è che l'inceneritore di rifiuti si farà. Tutto il resto - dimensioni, caratteristiche, localizzazione dell'impianto ed effetti nocivi sulla salute dei cittadini - resta controverso anche dopo 6 ore di conferenza di informazione sul problema dei rifiuti, 11 relazioni scientifiche, altrettanti interventi politici e una contestazione dei no global, ieri pomeriggio nell'aula magna dell'Itc, a Trento. Dellai, comunque, non esclude di ridimensionare l'impianto e di legarlo a un bio-essicatore.
L'inceneritore (o meglio, termoriduttore con recupero energetico) si farà senz'altro, negli intendimenti del presidente della Provincia Lorenzo Dellai, che ha chiuso i lavori della conferenza organizzata dal Consiglio provinciale liquidando come «leggenda metropolitana» quella del bioessicatore, il metodo di smaltimento dei rifiuti presentato nei mesi scorsi come alternativo e meno impattante. Le relazioni di ieri hanno fatto capire che si tratta semmai di un metodo complementare: «E' un pre-trattamento dei rifiuti, che alla fine devono essere condotti a incenerimento», ha detto Dellai, citando l'esperienza di Venezia, dove questo metodo combinato si sfrutta per produrre energia per la centrale Enel. Alla fine persino Giorgio Rigo, a nome di ben 23 associazioni ambientaliste, ha dato ragione al presidente della Provincia: «E' assodato che il quarto gradino della filiera dei rifiuti è un impianto di termo-trattazione, prima del quinto gradino che è la discarica». Il presidente di Italia Nostra ha aggiunto che si tratta però di discutere la dimensione dell'inceneritore (ben al di sotto delle vociferate 280 mila tonnellate). E la localizzazione: «Non può essere a Ischia Podetti».
Ma hanno destato impressione, ieri, le relazioni di due esperti che hanno parlato di concreti rischi per la salute causati dall'inceneritore. Il primo, Federico Valerio, responsabile del laboratorio di chimica ambientale dell'Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova, ha paragonato la diossina emessa dalla ciminiera a 70 milioni di auto non catalizzate, a 2 milioni e 400 mila litri di latte non commerciabile (la diossina si assume specialmente attraverso gli alimenti). In Francia, nella Savoia, hanno dovuto addirittura chiudere un impianto e abbattere 2187 capi di bestiame contaminati. Il secondo esperto è un trentino, Silvano Piffer, responsabile dell'osservatorio epidemiologico dell'Azienda sanitaria. Ha illustrato una serie di studi, fatti in tutto il mondo, sui lavoratori negli inceneritori o sulla popolazione residente nelle zone limitrofe, da cui emerge un eccesso di tumori (gastrici, al polmone, alla vescica), alterazioni delle funzioni epatiche, eccessi di neonati di basso peso, anemie e via di questo triste passo. Anche se poi l'esperto ha precisato che «non è il caso di impressionarsi» perché si tratta di studi fatti in maggior parte su impianti vecchi e con limitato rigore. Dellai ha replicato chiedendo quale sia, allora, la conoscenza epidemiologica delle discariche e di altre alternative. Il presidente della Provincia ha bollato come leggenda anche quella secondo cui l'inceneritore non incentiva la raccolta differenziata. E ha confermato gli obiettivi della Provincia (arrivare al 35 per cento entro marzo 2003, al 50 per cento nel 2007, dall'attuale 18 per cento), anche attraverso «azioni straordinarie». Ha quindi garantito una «doppia valutazione di impatto ambientale» sull'inceneritore, una sul progetto preliminare (pronto entro quest'anno), l'altra sul definitivo. E all'interno della "via" si studieranno l'eventuale ridimensionamento dell'impianto e l'abbinamento alla bioessicazione (sulla quale Dellai resta scettico). «Non vogliamo correre nessun rischio legato a impianti sovradimensionati - ha detto al termine il presidente conversando con i cronisti -. Fra noi e gli ambientalisti non ci sono distanze incolmabili». Dellai non escluderebbe settimane di fermo dell'impianto, se lo consiglierà la forza dei venti. E neppure di riconsiderare il sito dei Lavini di Marco, qualora si rendesse necessario. Per il Comune di Trento, il sindaco Alberto Pacher ha confermato la disponibilità «non incondizionata» a ospitare l'impianto.