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Visualizza Versione Completa : La RIFORMA degli Istituti Previdenziali....e le PENSIONI ... (Riforme Istituzionali)



nuvolarossa
18-06-02, 23:28
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Una indicazione dalla vicenda INAIL: accelerare la riforma degli istituti previdenziali

Ora che i riflettori della stampa sembrano essersi spenti sul recente scandalo che ha coinvolto l'INAIL e spinto la Procura di Potenza a chiedere l'autorizzazione a procedere nei confronti di alcuni parlamentari, e in attesa che l'iter giudiziario faccia il suo corso, vorremmo svolgere alcune considerazioni che riguardano l'intero settore previdenziale e il suo assetto, a prescindere dalle specifiche misure che investono l'istituto e il suo ventilato commissariamento.

La materia è stata affrontata nei giorni scorsi ancora una volta sotto la spinta dell'emergenza e se ne è parlato più per la notorietà delle persone direttamente o indirettamente coinvolte - magari attraverso discutibili intercettazioni telefoniche - che per la volontà di assicurare una definitiva sistemazione agli istituti.

Le stesse interrogazioni parlamentari, com'era prevedibile, si sono incentrate sull'emergenza e sui provvedimenti d'urgenza. Trascurando il fatto che dal 28 dicembre 2001 giace in Parlamento un disegno di legge delega al governo a procedere al riordino del sistema previdenziale.

Il disegno di legge impegna il governo a muoversi "lungo tre direttrici principali". La terza riguarda appunto "il riordino degli enti pubblici di previdenza e assistenza obbligatoria". Perché non imboccare allora la via maestra già definita e delineata dal disegno di legge, uscendo dall'emergenza e dai provvedimenti tampone?

Tanto più che esso si propone come obiettivo "una maggiore funzionalità ed efficacia dell'attività" demandata "agli istituti e una complessiva riduzione dei costi gestionali". Da perseguire anche eliminando ogni "sovrapposizione di funzioni e separando i compiti di indirizzo e vigilanza dalla gestione amministrativa e da quella operativa".

In altre parole la riforma si propone tra l'altro, facendo anche chiarezza nei rapporti tra i diversi organi e le loro funzioni, di evitare sprechi, ridurre i costi, accrescere l'efficienza degli istituti. Perché una volta tanto, allora, non affrontare subito i problemi alla radice, visto che già esiste, in Parlamento, lo strumento idoneo?

Roma, 18 giugno 2002

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tratto dal sito web del
Partito Repubblicano Italiano (http://www.pri.it)

nuvolarossa
20-06-02, 21:55
PRI: accelerare la riforma degli istituti previdenziali

"Ora che i riflettori della stampa sembrano essersi spenti sul recente scandalo che ha coinvolto l'INAIL" rileva la nota "sarebbe bene che l'intera materia venisse affrontata al di fuori della logica emergenziale. Dal 28 dicembre 2001 giace in Parlamento un disegno di legge che delega il governo perché proceda a riordinare la disciplina del sistema previdenziale".
La delega impegna il governo a muoversi "lungo tre direttrici principali". La terza riguarda appunto "il riordino degli enti pubblici di previdenza e assistenza obbligatoria". Perché non imboccare allora la via maestra già definita e delineata, uscendo dall'emergenza e dai provvedimenti tampone?
Perché una volta tanto non affrontare subito i problemi alla radice, visto che già esiste, in Parlamento, lo strumento idoneo?

Roma, 19 giugno 2002
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tratto dal sito web del
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
16-10-02, 19:03
La riforma previdenziale: una priorità indispensabile

Il recente intervento del Governatore della Banca d'Italia sulla spesa previdenziale - e per altro verso quello della magistratura contabile sulla spesa sanitaria - hanno riproposto il problema dei conti pubblici.

E' vero che in sede europea si delineano una politica meno restrittiva ed un'applicazione più elastica del patto di stabilità. Ma è altrettanto vero che sarebbe un errore - analogo a quello già commesso nel precedente quinquennio, quando a governare era il centrosinistra - se le risorse che dovessero rendersi libere venissero utilizzate per alimentare o ripianare spese correnti (come in effetti sono la spesa pensionistica e quella sanitaria) piuttosto che fare finanziare nuovi investimenti.

Si ripropone quindi il problema - per qualche tempo accantonato - di un innalzamento dell'età pensionistica e più in generale di una revisione dell'intero sistema. Problema che tra l'altro era certamente all'attenzione del governo, se tra i collegati alla finanziaria dello scorso anno c'è anche un disegno di legge delega sulla revisione della previdenza.

Questo disegno di legge giace ora in Parlamento. Abbiamo già avuto modo di sottolinearne - in occasione del recente scandalo che ha investito l'INAIL - l'importanza e l'urgenza per le modalità con cui affronta il problema della necessaria ristrutturazione degli enti previdenziali. Come è ora evidente anche dal richiamo del Governatore, è però l'intera materia che deve essere rivisitata a fondo.

Da qualche tempo l'attenzione del Ministero del Lavoro è concentrata - anche giustamente - sulla riforma del mercato del lavoro. Che rappresenta, con quella pensionistica, la chiave di volta per rendere più moderno e competitivo l'assetto economico-sociale del paese. I fatti stanno dimostrando che gli scontri sono inevitabili ad ogni politica di cambiamento; e che le intese saranno comunque possibili, almeno con quei soggetti che sono disposti a discutere ed a trattare.

Avanti, allora, con la riforma previdenziale. Che non può più attendere e che il governo deve iscrivere quanto prima nella sua agenda.

Roma, 28 giugno 2002

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tratto dal sito web del
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
16-10-02, 19:06
Guardando alle riforme ....

Abbiamo sottolineato, nei giorni scorsi, l'esigenza di guardare, oltre la finanziaria, alle riforme di cui il paese ha bisogno. Tra queste - e forse al primo posto - si colloca la riforma del sistema previdenziale.

Ricercare le ragioni reali della crisi che ha investito a tutto campo gli enti previdenziali, in un momento in cui Confindustria, Banca d'Italia e Corte dei Conti richiamano l'attenzione - sia pure con accenti diversi - sul risanamento dei conti pubblici, deve costituire momento di attenzione della classe politica e del Governo.

E vogliamo sottolineare che la riforma riguarda - e deve riguardare - anche gli enti e la loro struttura. Il principio della separazione tra indirizzo politico e gestione amministrativa predicato con il decreto legislativo 479/94, non ha funzionato in concreto, come hanno dimostrato di recente le vicende dell'INAIL. La politica invasiva di forze politiche e sindacali prosegue.

Il Governo deve affrontare, con la riforma previdenziale, anche quella degli enti. Non di uno solo, ma quella generale del riordino del sistema con l'obiettivo di contenerne i costi sia attraverso la razionalizzazione degli enti minori, sia con la eliminazione di ogni sovrapposizione di funzioni, sia infine separando realmente i compiti d'indirizzo e vigilanza dalla gestione amministrativa e da quella operativa con una forte cura "dimagrante" degli organi confluenti nei Consigli di Amministrazione e negli organi di vigilanza.

Roma, 16 ottobre 2002
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tratto dal sito web nazionale
http://www.pri.it

nuvolarossa
25-10-02, 14:37
Il presidente dell’Inpdap
Familiari: «In pensione non prima dei 65 anni. E’ venuto il momento di rivedere l’anzianità»

ROMA — Le pensioni di anzianità vanno riformate perchè l'età media di vita si sta innalzando e perchè si comincia a lavorare molto più tardi rispetto al passato. Il nuovo allarme sulle pensioni arriva dal presidente dell’Inpdap, Rocco Familiari, convinto della necessità di portare a «non meno di 65 anni»l'uscita dal lavoro con la pensione di vecchiaia.
«Sarebbe importante - ha detto - garantire la massima flessibilità in uscita. L'attuale età media di pensionamento però è troppo bassa. Bisognerebbe pensare a non meno di 65 anni».
Familiari ha ricordato che non si tratta di un problema di spesa perchè la percentuale di spesa sociale italiana è del 25% del pil, inferiore quindi al 26% medio europeo.
«Sarà inevitabile - ha spiegato Familiari - arrivare ad un'uscita dal lavoro per vecchiaia a 65 anni per tutti. Certo poi bisognerà tenere conto dei lavori usuranti e dei lavoratori precoci. Non bisogna considerare una tragedia il fatto che si viva di più, è una festa che ciò accada, ma ne dobbiamo tenere conto». Secondo Familiari, l'inserimento delle pensioni di anzianità nel nostro sistema previdenziale ha avuto la motivazione storica di proteggere quelle fasce di lavoratori che cominciavano molto presto a lavorare. «Non ci sono più questi presupposti - ha spiegato - l'istituto va cambiato. Oggi la pensione di anzianità è anti-storica. Dobbiamo ripensarlo tenendo conto della sostenibilità sociale e della compatibilità finanziaria».
Si tratta di «affermazioni estemporanee» è il secco commento del segretario generale aggiunto della Uil, Adriano Musi. «Su questa materia sono d'accordo con Maroni - ha detto - le pensioni di anzianità non vanno riformate. Il Governo fa bene a non intervenire in questo campo mentre credo siano sbagliate le decisioni sulla decontribuzione e sul passaggio dell'Inpdai al'Inps. Queste due cose rischiano di creare problemi ai conti dell'Istituto»

nuvolarossa
03-11-02, 10:48
L'Inps chiude il 2002 con 2,2 miliardi di utile

ROMA — Migliorano più del previsto i conti dell'Inps che dovrebbe chiudere il 2002 con un avanzo economico di 2.171 milioni di euro. Rispetto alle previsioni approvate alla fine del 2001 — che indicavano un disavanzo nel 2002 di 8 milioni di euro — si tratta un balzo in avanti di 2.179 milioni. Dunque, per il secondo anno consecutivo, il principale istituto previdenziale farà registrare un attivo.
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nota di N.R.
(oltre quattromila miliardi di vecchie lire)

nuvolarossa
05-11-02, 16:17
http://www.frangipane.it/archivio/ottobre2002/20021016.jpg

tratto da
http://www.frangipane.it/archiviox.gif (http://www.frangipane.it/index.html)

nuvolarossa
23-12-02, 18:19
http://www.adnkronos.com/bottoni/img/sx/banner_adn.gif
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Enti Previdenziali/Pri: modificare meccanismi nomina vertici

Il problema non e' solo e non e' tanto quello di cambiare gli uomini, ma soprattutto quello di modificare gli attuali meccanismi''. Cosi' la Segreteria nazionale del Partito repubblicano italiano ha commentato il rinnovo dei vertici negli istituti previdenziali. ''Il sistema duale introdotto agli inizi novanta per un verso perpetua l'ingerenza di politici e sindacalisti nella gestione degli enti e per altro verso genera sprechi di risorse, contrapposizioni interne, confusioni decisionali. C'e' bisogno quindi, anche alla luce dei recenti e ripetuti scandali, di porre mano con decisione alla riforma previdenziale e di riportare gli enti a quei criteri di economicita', di gestione e di contenimento dei costi sui quali ha insistito anche di recente il Presidente del Consiglio''.

nuvolarossa
02-01-03, 17:38
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E Parigi affronta il nodo pensioni. «Non fare la riforma sarebbe un grande rischio»

PARIGI - «Il 2003 sarà un anno d’azione», ha promesso Chirac, presidente della Repubblica francese, durante il discorso di fine anno.
Tra molti impegni presi durante la campagna elettorale e ripetuti nel corso del messaggio augurali, ecco il passaggio chiave: «Dovremo arrivare alla riforma del sistema previdenziale, che riguarda tutti e che è l’unico modo per garantire a ogni francese una buona pensione.
È un’occasione per tutti, e non farla sarebbe un grande rischio». Chirac ha promesso di farsi garante «dell’imperativo della giustizia», in modo che la riforma sia realizzata «nell’interesse di tutti», senza però fornire indicazioni sui contenuti delle modifiche.

nuvolarossa
08-01-03, 18:58
questa segnalazione e' di FRANCO
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Ieri, è uscita una dichiarazione di GLM per l'abolizione immediata delle pensioni di anzianità, sia su Repubblica che sul sole 24 ore.
Credo che sia una presa di posizione significativa sia per ristabilire il patto tra generazioni e sia in considerazione delle prese di posizione assistenziali-clientelari della Lega Nord, visto che le pensioni di anzianità sono concentrate nel nord del Paese.
E' interessante notare come Repubblica continui nell'opera di delegittimazione scrivendo che GLM è un ex-leader del PRI.
Oggi sulla Stampa di Torino vi è sempre una dichiarazione di GLM per una riforma complessiva del sistema pensionistico e non di piccoli aggiustamenti.

nuvolarossa
08-01-03, 20:34
ecco uno degli articoli citati da FRANCO
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http://www.lastampa.it/common/_img/lastampalavoro_banner.gif
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LE MODIFICHE VERREBBERO INSERITE NELLA LEGGE DELEGA. SINDACATI SCETTICI, MOLTI DETTAGLI ANCORA DA DEFINIRE
Maroni e Tremonti preparano il bonus pensioni
Stipendio più alto sino al 30% per chi resta al lavoro grazie agli sgravi

ROMA - Torna a farsi caldo il tema delle pensioni.
Mentre tra Roma e Bruxelles si fa strada l´idea di un nuovo intervento di «correzione» della riforma Dini, in Parlamento staziona la delega presentata nel lontano novembre del 2001 dal ministro del Welfare Roberto Maroni. Adesso il provvedimento - contestato dai sindacati, anche se non contiene giri di vite sulle anzianità o disincentivi per chi decide di abbandonare il lavoro - è in discussione presso la commissione Lavoro della Camera, ma Maroni e il ministro dell´Economia Giulio Tremonti stanno valutando una possibile modifica del testo, con l´obiettivo di rendere più «interessante» per i lavoratori con i requisiti per andare in pensione la scelta di continuare a restare in azienda. La bozza - due articoli, rispettivamente di quattro e sette commi - è già stata messa a punto: e prevede tra l´altro un taglio dei contributi previdenziali del 10% che aumenterà dell´8,5% le buste paga per chi deciderà di continuare a lavorare rinunciando ad incamerare l'assegno della pensione di anzianità. Tuttavia, in cambio di una busta paga più consistente, e della «certificazione» che quando andrà in pensione l´assegno Inps verrà calcolato con le regole vigenti al momento della scelta, il lavoratore che rinuncia alla pensione non godrà più di eventuali indennità di disoccupazione o di cassa integrazione. Un percorso problematico, quello dell´Esecutivo. Nel merito, innanzitutto: è tutto da vedere che un aumento dello stipendio (sia pure di quasi il 10%) possa convincere davvero le legioni dei potenziali pensionati d´anzianità a lasciare la certezza di una pensione sicura oggi per continuare a lavorare ancora per qualche anno. Per questo al ministero dell´Economia si cerca di calcolare anche il costo di possibili ulteriori benefici, sotto forma di un taglio del prelievo fiscale che farebbe salire il «bonus» dall´8,5% al 30%. Un intervento sul fisco, però, sarebbe non solo decisamente oneroso per le casse dello Stato, ma sarebbe esposto secondo alcuni osservatori a possibili obiezioni di costituzionalità. Il problema più serio però è quello politico, nel rapporto con Cisl e Uil. Il governo, infatti, attende da Bruxelles un segnale di via libera verso un intervento generalizzato a livello europeo di revisione dei sistemi pensionistici. In questo caso bisognerebbe convincere le parti sociali a disincentivare in qualche modo le pensioni di anzianità, e generalizzare il metodo di calcolo contributivo. Prospettive che assolutamente non vanno bene a Cisl e Uil, sindacati firmatari del Patto per l´Italia, che peraltro osteggiano decisamente alcune parti della delega Maroni, come la decontribuzione per i nuovi assunti e l´obbligo di versare il Tfr dei lavoratori nel fondo pensione. E la Cgil - che da sempre sostiene la tesi della generalizzazione del metodo contributivo - impegnata in un durissimo scontro generale col governo Berlusconi adesso si dichiara indisponibile. Insomma, i ministri ancora devono decidere in che modo «lanciare» i due articoli sugli incentivi all´opzione del lavoro, che dovranno trasformarsi in emendamenti alla delega: se avviare una fase di confronto con le parti sociali - a costo di rallentare ulteriormente il già lentissimo iter del provvedimento - oppure se decidere di andare avanti direttamente in Parlamento. In questo caso, sindacati e imprenditori potrebbero dire la loro soltanto nel corso delle audizioni parlamentari. E c´è da giurare che i sindacati di Pezzotta e Angeletti non apprezzerebbero questo nuovo «blitz» dell´Esecutivo. Per un percorso più «mediato» si pronuncia il ministro delle politiche agricole Gianni Alemanno: «la riforma delle pensioni - dichiara - non può essere fatta unilateralmente dall'Esecutivo, ma occorre che emerga in un quadro di concertazione». Una tesi su cui presumibilmente si schiereranno anche i centristi dell´Udc.
Di diverso avviso il presidente della Commissione Finanze della Camera Giorgio La Malfa, che chiede una riforma complessiva delle pensioni.
Intanto, i sindacati lanciano l´allarme. «Il governo deve riaprire al più presto il confronto con le parti sociali sulle pensioni per fare definitivamente chiarezza», afferma il numero due della Uil, Adriano Musi, che chiude la porta su disincentivi e contributivo.
«Bisogna cancellare dalla delega la norma sulla decontribuzione - spiega il segretario confederale Pier Paolo Baretta - e accantonare definitivamente ogni ipotesi di disincentivare le pensioni di anzianità». La Cgil, con Beniamino Lapadula, ribadisce il suo «no», e vede un rischio: «uno scambio tra governo e opposizione tra riforme istituzionali e riforma delle pensioni». Per il centrosinistra, «sarebbe un tragico errore».

Roberto Giovannini

nuvolarossa
15-01-03, 20:16
Schema relazione del Prof.
Tommaso Edoardo Frosini

Presento lo schema che seguirò nella relazione sulle riforme istituzionali, che terrò al Consiglio Nazionale del Partito Repubblicano Italiano il 17 gennaio 2003.

a) La questione del metodo per fare le riforme costituzionali. Il percorso parlamentare previsto dall'art.138 della Costituzione, nella sua duplice prospettiva: maggioranza di due terzi dei componenti delle Camere oppure maggioranza assoluta degli stessi? Il ruolo del referendum confermativo finale, quale strumento in mano alle minoranze e non certo della maggioranza che ha approvato la modifica costituzionale. Il "precedente" della riforma costituzionale creato dalla maggioranza della scorsa legislatura, con la modifica dell'intero Titolo Quinto della Costituzione a maggioranza assoluta e con richiesta di referendum ad effetto plebiscitario. Precedente pericoloso da abbondare oppure precedente innovatore da confermare?

b) La questione della forma di governo. I modelli di forma di governo nelle democrazie occidentali: luci ed ombre. La vicenda italiana pre e post 1994. L'importanza della modifica del sistema elettorale in senso maggioritario, e gli sviluppi politico-istituzionale che ha determinato; con particolare riguardo alla nomina del Premier, che scaturisce dal voto elettorale. Perché cambiare la forma di governo? E' veramente necessario? Sì, ma il modello che meglio si presta alla situazione italiana è quello del Premierato, come "naturale" evoluzione del sistema istituzionale determinatosi negli ultimi anni (tenendo conto anche della positiva esperienza della formula di governo dei Comuni, Province ed ora anche Regioni). Che cosa è e come funziona il Premierato? L'importanza della titolarità del potere di scioglimento delle Camere, anche come deterrente ai "ribaltoni". Questioni collegate al possibile cambiamento della forma di governo in senso del Premierato: il ruolo del Capo dello Stato; il rapporto fiduciario con una sola Camera; valorizzazione del ruolo dell'Opposizione, e conseguente adeguamento dei regolamenti parlamentari. Cenni, infine, sul sistema elettorale: è oggi nuovamente modificabile? Mantenere il maggioritario, magari contestualizzarlo ad uno di colazione con premio per la coalizione risultata vincente. Problemi e rischi nell'affrontare il tema della riforma elettorale.

c) La questione del federalismo. Attuare e completare la trasformazione in senso federale dello Stato. Il nuovo ruolo delle Regioni e l'importanza degli Statuti regionali. Il principio di sussidiarietà. La riforma da fare: la trasformazione del Senato nella Camera federale delle Regioni: come potrebbe essere? Profili della devolution: è questa una riforma federalistica? Accentuazione dei poteri regionali.

d) La questione dei partiti politici. L'importanza di fare -oggi- una legge per regolamentare giuridicamente i partiti politici, anche al fine di restituire ai partiti la loro dignità nel sistema politico-istituzionale e di contribuire così al superamento della confusa transizione italiana. Perché il tema dei partiti politici deve essere collegato al tema più generale della riforma istituzionale, ed in particolare della forma di governo? Collegamenti fra l'art.49 Cost. e gli articoli costituzionali relativi alla formazione del Governo.

Infine, verranno svolti cenni sulla vicenda costituzionale europea, con l'avvio del processo costituente avviato dalla Convenzione, e quelle che potranno essere le ricadute sulla vicenda costituzionale italiana. Ovvero, ragionare sulle riforme istituzionali pensando soltanto all'Italia può essere, oggi, un'operazione miope? Si deve, piuttosto, tenere conto del nuovo quadro istituzionale europeo? Se sì, in quale misura e con quali sviluppi?
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tratto dal sito web del
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nuvolarossa
16-01-03, 01:19
Relazione del Prof.
Tommaso Alibrandi

Il rapporto Stato-Regioni nelle riforme Costituzionali

1) Il disegno di legge governativo sull'attuazione del nuovo titolo V della Costituzione, come risultante dal dibattito in Commissione, è un testo molto articolato e tecnicamente ben scritto.

Si tratta di una legge principalmente di procedure, che lascia quindi inalterato l'attuale riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni. La materia è quindi sostanzialmente disciplinata dalla L.cost. n.3 del 2001 a suo tempo voluta dalla maggioranza di centrosinistra. Peraltro, non era pensabile che una riforma di tali dimensioni avvenisse senza disciplinare la ineliminabile fase transitoria destinata a consentire la messa a regime del nuovo assetto istituzionale. In questo senso il disegno di legge in discussione rappresenta un importante passo avanti rispetto alla L.cost. n.3/2001, la cui diretta ed immediata applicazione ha già creato notevoli inconvenienti pratici.

Il nuovo disegno di legge si può suddividere in alcuni blocchi di disposizioni, qui di seguito analizzate.

2) Un primo blocco di disposizioni riguarda la disciplina della fase transitoria e del concreto avvio del nuovo riparto di competenze.

Così l'art. 1 co.2 del d.d.l. stabilisce che: "Le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna Regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia, fermo quanto previsto al comma 3, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale. Le disposizioni normative regionali alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte Costituzionale".

Altrettanto importante è la disposizione del comma 3 del medesimo art. 1, secondo la quale: "nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano la potestà legislativa nell'ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti".

Il d.d.l. si dà anche carico di regolamentare compiutamente il trasferimento delle funzioni amministrative: così l'art. 6 co.3 fissa il principio che "fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti previsti dal presente articolo, le funzioni amministrative continuano ad essere esercitate secondo le attribuzioni stabilite dalle disposizioni vigenti".

Così l'art. 6 co.2, I^ parte, stabilisce che "a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo Stato avvia il trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative necessarie per l'esercizio delle funzioni e dei compiti previsti dagli articoli 117 e 118 della Costituzione".

E, infine, l'art. 6 co.1 completa l'assetto delle procedure transitorie stabilendo che "lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono a conferire le funzioni amministrative da loro esercitate alla data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuendo a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato soltanto quelle di cui occorra assicurare l'unitarietà di esercizio, per motivo di buon andamento, efficienza e efficacia dell'azione amministrativa ovvero per motivi funzionali o economici o per esigenze di programmazione o di omogeneità territoriale, tenendo conto, anche ai fini dell'assegnazione di ulteriori funzioni, delle attribuzioni degli enti di autonomia funzionale".

Si tratta, in conclusione, di un complesso organico di disposizioni che non può che essere valutato positivamente.

3) Un altro blocco di disposizioni disciplina il potere sostitutivo dello Stato in caso di inadempienza delle Regioni ad atti di loro competenza.

Fondamentale al riguardo è la disposizione dell'art. 7 co.1 d.d.l. secondo il quale "nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120 della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei Ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario".

Su questo specifico problema si può formulare un'importante osservazione e cioè che la definizione del termine come congruo lascia ampi spazi di incertezza sull'efficacia della procedura. Si suggerisce pertanto un emendamento che dopo la parola "congruo" inserisca le parole "e comunque non superiore a novanta giorni".

Il meccanismo del potere sostitutivo è poi completato dall'art. 7 co.4, secondo il quale "nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle comunità montane, che possono chiederne il riesame". Si tratta anche qui di un complesso di disposizioni che, fatta salva l'osservazione dianzi formulata, può essere valutato in maniera largamente favorevole.

4) Altre norme di carattere procedimentale sono quelle dell'art. 8 d.d.l. con le quali si disegna una nuova procedura per il ricorso alla Corte Costituzionale nei conflitti di attribuzione.

Si tratta di disposizioni eminentemente tecniche che non sembrano avere rilevante valenza politica e che d'altra parte sembrano scritte in maniera tecnicamente apprezzabile.

Politicamente la norma è significativa più per ciò che non dice, nel senso che essa non riprende e quindi non formalizza come iniziativa governativa la proposta - pure in passato più volte avanzata da qualche parte politica - che l'attuale composizione del collegio giudicante sia modificata con la nomina di giudici costituzionali di designazione regionale.

5) Un breve cenno può essere dedicato all'istituzione del rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie (art. 9 d.d.l.).

Si tratta anche qui di una normativa prevalentemente tecnica. Importante è sottolineare che il rappresentante non è un controllore dello Stato sulle attività regionali, ma adempie a mere funzioni di coordinamento nel quadro del principio di leale collaborazione.

6) Un importante blocco di disposizioni sostanziali risulta invece dagli artt. 4 e 5 d.d.l.

Con tali disposizioni infatti le Regioni si vedono formalmente attribuire la qualifica di soggetto di diritto internazionale sia pure a fini limitati e con precisi vincoli procedimentali.

Per quanto specificamente riguarda l'Unione Europea, l'art. 4 co.1 dispone che "le Regioni e le Province autonome concorrono direttamente, nelle materie di loro competenza legislativa, alla formazione degli atti comunitari, partecipando, nell'ambito delle delegazioni del Governo, alle attività del Consiglio, secondo modalità da concordare in sede di Conferenza Stato-Regioni tenendo conto della particolarità delle autonomie speciali, comunque garantendo l'unitarietà della rappresentazione della posizione italiana da parte del Capo delegazione designato dal Governo".

Per quanto più genericamente concerne l'ambito internazionale anche fuori della tematica europea, l'art. 5 co.2 stabilisce che: "le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono concludere, con enti territoriali interni ad altro Stato, intese dirette a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nonchè a realizzare attività di mero rilievo internazionale, dandone comunicazione prima della firma alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali ed al Ministero degli affari esteri, ai fini delle eventuali osservazioni di questi ultimi e dei Ministeri competenti, da far pervenire a cura del Dipartimento medesimo entro i successivi trenta giorni, decorsi i quali le Regioni possono sottoscrivere l'intesa".

Inoltre "le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono, altresì, concludere con altri Stati accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali regolarmente entrati in vigore, o accordi di natura tecnico-amministrativa, o accordi di natura programmatica finalizzati a favorive il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, dagli obblighi internazionali e dalle linee e dagli indirizzi di politica estera italiana, nonché, nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dei principi fondamentali dettati dalle leggi dello Stato" (art. 5 co. 3 d.d.l.).

Si tratta, come è evidente, di una normazione assai importante che qualifica fortemente in senso regionalistico l'intero progetto di riforma istituzionale.

7) Resta infine da segnalare un problema molto grave, che non attiene direttamente al d.d.l. in esame ma che in tale d.d.l. potrebbe trovare una occasione di sistemazione.

Fra le materie di competenza regionale secondo la L. Cost. n. 3 del 2001 figura anche la "protezione civile". Tecnicamente la cosa lascia increduli, giacché la calamità naturale (terremoti, eruzioni vulcaniche) è semmai l'occasione di solidarietà addirittura a livello internazionale. Di fronte alla possibile enormità di un disastro naturale è letteralmente un non senso attribuirne prevenzione e gestione ad una struttura intermedia quale è la regione. Oltre tutto la competenza regionale in materia creerebbe inaccettabili disparità di trattamento fra i cittadini in emergenze attinenti agli interessi primari dell'uomo.

Si è obbiettato in Commissione che il Governo centrale conserva pur sempre il potere di intervento di urgenza. Ma 1) è del tutto illogico impiantare un regime che normalizza l'eccezione; 2) benché siano poteri d'urgenza (ivi compreso il ricorso ai decreti-legge), il loro esercizio sarà sempre più lento dell'intervento ad horas che le emergenze naturali possono richiedere.

Si propone quindi che nel d.d.l. in esame vengano inserite una o più disposizioni secondo le quali la struttura del servizio di protezione civile attualmente esistente resti alla competenza dello Stato, il quale, occorrendo, ne dispone l'immediato intervento su richiesta della Regione o delle regioni territorialmente interessate dall'evento calamitoso.
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tratto dal sito web del
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
16-01-03, 01:22
Relazione del Prof.
Riccardo Gallo

La questione della revisione della struttura della Legge Finanziaria

1. Premessa storico-politica

L'attuale impostazione normativa della Legge finanziaria deriva dalla proposta che nella seconda metà degli anni settanta alcuni studiosi elaborarono, su incarico dei ministri del Tesoro Pandolfi e del Bilancio Morlino, in analogia alla legge finanziaria francese, allo scopo di allestire un bilancio di previsione che fosse, allo stesso tempo, strumento di manovra economica del governo. La revisione della legge di contabilità (n° 468) risale appunto al 1978. Vi sono poi state numerose modificazioni, l'ultima delle quali con la legge n° 208 del 1999.

Nei parlamenti eletti con legge proporzionale e nei governi di coalizione, durante tutti gli anni ottanta, la legge finanziaria costituiva il momento di confronto e di scontro tra le diverse visioni politiche di cui le componenti di governo erano portatrici. Molto spesso le divergenze derivavano dalla difficoltà di conciliare da un lato l'obiettivo del risanamento dei conti dello Stato (perseguito soprattutto dai partiti di centro), dall'altro quello del massimo sostegno allo sviluppo economico del Paese e, quindi, del sostegno all'occupazione. Il governo Spadolini cadde nell'autunno del 1982 appunto sulle divergenze tra l'allora ministro del Tesoro, il democristiano Beniamino Andreatta, e quello delle Finanze, il socialista Rino Formica. È interessante ricordare che all'epoca tra i collaboratori di formica c'era l'attuale ministro dell'Economia.

Nella seconda metà degli anni novanta, obiettivo politico preminente e largamente condiviso fu l'allineamento degli indicatori dell'economia italiana e della finanza pubblica ai parametri di Maastricht. Poiché il governo in carica aveva come ministro del Tesoro un autorevole esponente dei Ds, in un certo senso venne a mancare lo scontro interno con una visione alternativa che per così dire preferisse privilegiare da sinistra lo sviluppo economico del Paese.

In questi anni ‘2000, in un parlamento eletto con legge maggioritaria e con un governo avente una amplissima maggioranza e una leadership forte, sono venuti a mancare sia le divergenze interne di visione politica, sia (almeno nell'immaginario politico collettivo) le stringenti esigenze di aggiustamento dei conti pubblici, con la conseguenza che è crollata la tensione politica intorno al perseguimento di grandi obiettivi politico-economici. In un certo senso il governo _ nell'imbarazzo politico di aver promesso un'accentuazione del tasso di crescita economica ma, al tempo stesso, di dover aggiustare i conti dello Stato in condizioni congiunturali sfavorevoli _ non ha saputo, né potuto creare le condizioni per un grande afflato politico su grandi obiettivi economico-finanziari. Fatto sta che nell'iter parlamentare della Legge finanziaria 2003 si è dilatato a dismisura lo squilibrio tra la pochezza di contenuti (una decina in tutto) e l'ipertrofia legificativa (quasi cento articoli, alcuni ricchi di sessanta commi) in microsettori che non meritavano certo l'attenzione del governo e del Paese, e avrebbero potuto essere rimessi ad autorità subordinate, in sede amministrativa. Si è assistito a un vero e proprio assalto alla diligenza.

A questo punto, in carenza o in attesa di soluzioni prettamente politiche, ha ripreso vigore un dibattito comunque importante su quale riforma costituzionale e quali modifiche al regolamento parlamentare siano idonee a revisionare la struttura della Legge finanziaria e a evitare in futuro il ripetersi di esperienze come quella recente.

2. I termini del problema e la proposta del Governo

La questione è stata posta una prima volta, il 20 febbraio 2002, davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e dal sottosegretario, Giuseppe Vegas, e una seconda volta da Vegas con un articolo su Il Sole 24 Ore del 28 dicembre 2002. Essa può sintetizzarsi come segue.

La materia è essenzialmente parlamentare, non governativa, e la competenza dei parlamenti è finanziaria ancor prima che legislativa.

I vincoli europei impongono bilanci pubblici quanto più possibile standardizzati sui modelli europei, in particolare in coerenza con il SEC '95, cioè con il sistema europeo dei conti pubblici. È altresì necessario rimuovere i differenziali domestici, che spiazzano il nostro sistema nella competizione europea. Ciò non significa che l'art. 81 della Costituzione del 1948 sia sostituito dai corrispondenti articoli del Trattato di Maastricht. Significa solo che occorre realizzare un'integrazione sistematica e funzionale tra le due classi di strumenti giuridici, tenendo ovviamente anche conto del nuovo assetto federalista, introdotto dalla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n° 3.

Si apre allora, secondo il ministero dell'Economia, l'alternativa tra:

una Riforma Radicale, estesa dalla riforma costituzionale dell'art. 81 della Costituzione alla riformulazione dei Regolamenti parlamentari;

una Riforma Iniziale, a più bassa intensità politica che, nella prospettiva di una riforma più estesa ne anticipi non incompatibilmente, ma anzi coerentemente, elementi comunque importanti.

2.1 Una Riforma Radicale

In sede di riforma costituzionale, secondo il ministero dell'Economia, si potrebbe definire:

Il limite alla crescita della spesa pubblica o, corrispondentemente, alla pressione fiscale;

I limiti all'emendabilità dei documenti finanziari, cioè del Bilancio e della Finanziaria.

Se si volesse anche rimuovere il divieto per la legge di bilancio di stabilire nuovi tributi e nuove spese, ci si scontrerebbe con il fatto che il terzo comma dell'art. 81 assegna il carattere di legge esclusivamente formale al bilancio e impedisce di modificare la legislazione di entrata e di spesa. In altri termini, anche se si riuscisse ad ampliare il contenuto della legge di bilancio, difficilmente si potrebbe far rientrare le attuali tabelle A e B della Finanziaria, le quali sono destinate a fornire copertura alle leggi di spesa nell'anno di esercizio.

In ogni caso, pur prescindendo dalla lunghezza tecnica dei tempi necessari ad approvare una modifica costituzionale, è bene ricordare che il testo del nuovo art. 81 approvato dalla Commissione bicamerale nel 1997 non aveva contenuti particolarmente innovativi dal punto di vista qui analizzato. Quindi sarebbe politicamente difficile compiere oggi un passo avanti significativo.

2.2 Una Riforma Iniziale

Se si ragionasse in una logica del tutto opposta alla Riforma Radicale, e cioè se si volesse svuotare ed eliminare completamente la Legge finanziaria, ricorrendo alle vie ordinarie per approvare le norme in essa contenute, secondo il ministero dell'Economia non ci si riuscirebbe, perché in questo caso i tempi di approvazione si dilaterebbero a dismisura e le norme sarebbero suscettibili di veri e propri stravolgimenti. D'altra parte, la Finanziaria costituisce in definitiva un veicolo utile per Governo e Parlamento, è uno strumento di raccordo della legislazione di spesa ed è insostituibile laddove definisce l'entità e il contenuto della manovra necessaria per centrare gli obiettivi del Patto di Stabilità europeo.

Può capitare, poi, com'è avvenuto di recente, che il quadro economico internazionale cambi rapidamente e non solo occorra uno strumento tipo la Legge finanziaria, ma serve pure che questo strumento sia snello e vi si possa ricorrere agevolmente anche in corso d'anno più volte, proprio per rispondere con dinamismo ai mutamenti generali e per garantire costantemente l'aderenza della politica economica del Paese al Patto di stabilità europeo.

Per tutte queste ragioni, il Governo ritiene utile una Riforma Iniziale, che trasformi l'attuale Legge finanziaria in modo da un lato di adeguare annualmente la legislazione nazionale al contenuto e agli obiettivi del Patto di stabilità europeo, dall'altro di attuare la riforma costituzionale del Titolo V in ordine ai reciproci rapporti finanziari tra Stato, Regioni e autonomie al fine di applicare il Patto di stabilità europeo a ciascun livello.

Il Governo ritiene cioè utile che l'attuale Legge finanziaria sia trasformata in una Legge (annuale) di stabilità, la quale consenta al Parlamento di fare le grandi scelte, senza entrare in troppi particolari dispersivi riguardanti i singoli settori dell'Amministrazione, in analogia con quanto esiste in Germania. La Legge di stabilità dovrebbe fissare:

il tetto complessivo delle entrate e delle spese (quello per saldi pare invece un metodo ormai superato);

il riparto di responsabilità relativo all'attuazione del Patto di stabilità, tra lo Stato e gli altri enti;

le altre misure necessarie per il rispetto del Patto di stabilità;

gli ulteriori interventi necessari per attuare il programma di politica economica del Governo, come definito nella Risoluzione di approvazione del Dpef.

Si potrebbe iniziare sul piano dei Regolamenti parlamentari nel seguente modo:

gli emendamenti potrebbero essere limitati alle proposte che fanno riferimento agli indirizzi contenuti nella risoluzione approvativi del Dpef o nel corrispondente documento dell'opposizione;

si potrebbero prevedere limiti alla presentazione di nuovi emendamenti in sede di Assemblea, rispetto a quelli presentati in sede di Commissione;

o, meglio, si potrebbe riservare alle Commissioni l'esame degli emendamenti in sede esclusiva, salva la facoltà delle Assemblee di votare esclusivamente emendamenti soppressivi o testi interamente sostitutivi, con l'esclusione di emendamenti aggiuntivi.

In definitiva si dovrebbe arrivare ad avere:

un bilancio economico e non finanziario;

un bilancio strutturato per funzioni;

un bilancio consolidato della Pubblica Amministrazione.

Si potrebbe anche valutare l'opportunità di scindere la materia delle entrate per farne separato provvedimento legislativo. Ciò comporterebbe il vantaggio di scongiurare emendamenti che aumentino la pressione fiscale per coprire nuove spese.

Occorrerebbe, quindi, ampliare il contenuto della legge di bilancio a legislazione vigente incorporando le attuali tabelle C, D, F della Legge finanziaria, senza rischio di ledere con ciò l'art. 18.

In parallelo, si dovrebbe procedere all'avvio di una revisione della legge di contabilità del 1978, la n° 468 e successive modificazioni, e armonizzarla sulle linee della Riforma Iniziale.

3. Il dibattito parlamentare

Nel dibattito svolto nella 5a Commissione (Programmazione economica e bilancio) del Senato, in seduta congiunta con la V Commissione permanente della Camera (Bilancio, tesoro e programmazione), tra l'inizio di febbraio e metà aprile 2002, sono emerse, tra le tante, le seguenti riflessioni più importanti:

a. (on.li Pennacchi, Pasquini, Maturandi, Morando _Ds):

Si tratta non di partire da zero, quanto piuttosto di completare e migliorare quanto già intrapreso dal governo tra il 1997 e il 1999 in tema di: articolazione del bilancio su unità revisionali di base, gestione di cassa e di competenza, indebitamento della pubblica amministrazione, raccordo tra processo di riforma del bilancio e riforma della pubblica amministrazione, raccordo tra livelli diversi di governo in uno Stato federalista mediante la revisione dei titoli IV e V della legge n° 468 del 1978.

Il nuovo art. 119 della Costituzione prevede la piena autonomia finanziaria di entrata e di spesa del sistema delle autonomie e delle Regioni, attraverso l'applicazione alla materia finanziaria della ridefinizione contenuta nel nuovo art. 114, cioè attraverso l'istituzione di un fondo perequativo gestito dallo Stato. Ciò detto, il Governo vuole applicare l'art. 119 com'è oggi o dopo l'applicazione innovativa? Senza o con il fondo perequativo?

Inoltre, in molte materie l'assetto federalista prevede oggi attribuzioni esclusive al sistema delle autonomie e alle Regioni. Non c'è più entrata propria, ma trasferimento e questo non rientra nella materia del coordinamento che il Governo vuole realizzare con la Legge di stabilità.

Separare le entrate dalla spesa rischia di legare le mani al Parlamento.

L'obiettivo di limitare l'emendabilità della Legge finanziaria è condivisibile solo se i contenuti della Finanziaria esposti dal Governo sono molto ristretti e fortemente tipizzati.

La modifica dei Regolamenti parlamentari potrà venire solo dopo.

L'obiettivo di un bilancio economico, uno predisposto per funzioni, uno consolidato è troppo ambizioso, velleitario.

In Europa non esistono schemi di bilancio e contabilità europei, ma solo regolamenti ordinativi delle entrate e delle spese della pubblica amministrazione.

Non va bene separare le entrate dalle spese.

(on.li Armani _ AN, Alfano _ FI):

trasformare la Legge finanziaria in Legge annuale di stabilità è essenziale.

La proposta del Governo è largamente condivisibile.

(on.le Rocchi _ Margherita):

L'art. 81 della Costituzione non va cambiato, perché non è necessario e perché sarebbe pericoloso avendo fino a oggi costituito un paletto per il presidio dei conti pubblici.

La trasformazione della Legge finanziaria in Legge di stabilità non risolverebbe, perché occorre garantire una partecipazione diretta di regioni ed enti locali al rispetto dei criteri di convergenza e alla permanenza nell'Unione monetaria

La revisione dei titoli IV e V della legge n° 468 del 1978 è urgente.

Inserire il contenuto della Legge finanziaria nel bilancio potrebbe cristallizzare lo strumento decisionale.

4. Il ddl n° 1492 Atti Senato, primo firmatario Azzollini (FI)

La proposta del Governo è stata recepita dal ddl n° 1492 Atti Senato, comunicato alla Presidenza l'11 giugno 2002, qui riportata in allegato.

5. Il ddl n° 1548 Atti Senato, primo firmatario Morando (DS)

I Ds hanno presentato a loro volta il 27 giugno 2002 il ddl n° 1548 Atti Senato, riportato anch'esso in allegato, il quale recepisce le controproposte illustrate nel dibattito parlamentare. La 5a Commissione permanente ne ha proposto l'assorbimento nel ddl n° 1492, perché lo ha ritenuto un'utile integrazione.

6. Conclusioni

L'esame dei due ddl è stata sospesa quando il Governo ha presentato il provvedimento taglia-spesa. Ora l'esame dovrebbe ripartire.

L'impianto del ddl n° 1492 appare condivisibile.
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nuvolarossa
21-01-03, 02:22
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La legge "truffa" del '53: un modello da recuperare

Ricorre proprio in questi giorni l'anniversario dell'approvazione da parte del Parlamento della legge elettorale maggioritaria del '53, passata alla storia italiana come "legge truffa".
Certamente è casuale che questo anniversario cada mentre si apre una ennesima sessione di discussione sulle riforme costituzionali, ma vogliamo approfittarne ugualmente per richiamare l'attenzione di tutte le forze politiche su un aspetto, a nostro avviso, centrale nella ricerca di soluzioni capaci di adeguare l'impianto istituzionale alle esigenze di efficienza e funzionalità da tutti invocate.

La legge truffa non era affatto una truffa, anzi.
Rispondeva ad una precisa domanda: come assicurare stabilità ad un sistema politico fragile senza intaccare l'impalcatura costituzionale democratica messa in piedi, con grande fatica e il sudore di una mediazione infinita, soltanto da un lustro. La soluzione individuata dai partiti centristi era, da questo punto di vista, esemplare. Senza ricorrere ad un aumento dei poteri del capo del governo e, quindi, senza ricorrere a modifiche costituzionali, si mise a punto una legge elettorale che, fermo restando il sistema proporzionale, assicurava ai partiti "apparentati" in una proposta unitaria di governo, un "premio di maggioranza", ovvero un certo numero di seggi in più. Con questo semplice meccanismo elettorale si assicurava alla maggioranza di governo una migliore stabilità e si vincolavano i partiti della coalizione al rispetto dell'impegno elettorale.

A nostro parere, quella legge elettorale andrebbe presa oggi in seria considerazione e riletta proprio alla luce di quanto è avvenuto in questo ultimo turbolento decennio.

Da quasi dieci anni, infatti, il sistema politico è governato da una legge elettorale basata sul sistema maggioritario che nelle aspettative dei suoi promotori (oggi per fortuna diminuiti), avrebbe dovuto garantire agli elettori la scelta dei propri rappresentanti senza intermediazione partitica. Nulla di più falso. L'esperienza ci ha dimostrato che con i collegi uninominali e in presenza di sondaggi ultraraffinati l'elettore non sceglie, ma semplicemente ratifica scelte compiute dalle segreterie dei partiti. La conseguenza è che i poteri di rappresentanza si sono concentrati in gruppi ristretti, mentre i partiti hanno perso il ruolo di formatori e aggregatori della domanda politica, che ha trovato nei girotondi e nelle manifestazione di piazza i luoghi della sua rappresentanza. Con tutto quello che ne consegue e certamente non con una crescita della partecipazione democratica.

Se tutto ciò risponde al vero, come noi crediamo, quando si va alla ricerca di soluzioni per garantire al sistema politico stabilità ed efficienza sarebbe il caso di prendere in esame oltre che le possibili soluzioni costituzionali, anche le più opportune modifiche del sistema elettorale.

Per parte nostra siamo convinti che il sistema proporzionale con premio di maggioranza alla coalizione vincente, oltre a garantire stabilità all'esecutivo, ridarebbe ai partiti quel ruolo e quelle funzioni che sono indispensabili in una democrazia sana.

Roma, 20 gennaio 2003
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nuvolarossa
28-01-03, 19:47
Cari amici del Forum,
riprendendo la dichiarazione di Giorgio La Malfa, per l'abolizione immediata delle pensioni di anzianità, pubblicata il 7 gennaio 2003 sia su Repubblica che sul SOLE 24 ORE, volevo far notare agli amici che e' stato calcolato che, se si bloccassero per due anni le pensioni di anzianità Inps, si potrebbero risparmiare circa 8 miliardi di euro ... cioe' circa 16 mila miliardi di vecchie lire ... insomma una cifra pari ad una "manovra" di bilancio ... consentendo cifre cospicue di manovra per porre mano anche ad una revisione in senso riformista di tutta quella jungla degli ammortizzatori sociali di cui non beneficiano tutti in modo egualitario e "ripensare" cosi' altri istituti che esistono in alcuni paesi dell'Unione Europea tipo: reddito minimo di inserimento per i disoccupati, sostegno alle famiglie, salario di entrata uguale per tutti sostitutivo dei sussidi di disoccupazione etc.
Ovviamento questa azione in senso riformista sul "totem" pensioni andrebbe affiancata da una seria revisione del costo del lavoro che troverebbe interessati gli ambienti sindacali che gia' dal finire degli anni ottanta si dichiarano favorevoli a tale riesame.
Purtroppo la materia e' "impopolare" ... e' un argomento che, come si comincia ad accennarlo, fa rizzare le orecchie a tutti i "volpini" ... gia' con gli ultimi governi di centro-sinistra abbiamo visto mettere le chiappe al muro da parte di tutti ... nessuno si e' preso la briga di affrontare questa "gatta da pelare" ... e l'attuale Governo, molto pavidamente, non vuol certamente rischiare di ritrovarsi altri "girotondi" oltre quelli che gia' gli fanno.
Insomma, in nome della demagogia e del populismo, sia di destra che di sinistra ... l'argomento tabu' rimane inviolato e tutti i "politicanti" stanno in attesa che qualcuno sollevi il sasso per precipitarsi a catturare l'anguilla.
Ecco una battaglia che vale la pena di essere fatta da parte di noi Repubblicani, da sempre incuranti del rischio dell'impopolarita' ... e pazienza se non saremo fra quelli che a tavola si "divideranno" l'anguilla ... avremo la coscenza a posto come coloro che sanno di aver contribuito al bene comune.

mcandry
28-01-03, 23:45
Contrario come laico e come sindacalista.

ma qualcuno si rende conto che ci sono famiglie intere, soprattutto all'interno delle case popolari, che vivono con la pensione di anzianità del nonno, o più spesso della nonna?

nuvolarossa
28-01-03, 23:54
mcandry,
ma guarda che non vuol mica dire
togliere la pensione a chi gia' la percepisce !
Significherebbe lasciare in regime solo
quella di vecchiaia !

mcandry
28-01-03, 23:57
no, non mi hai capito tu, voglio dire che bisognerebbe ulteriormente favorire l'immissione dei giovani al lavoro abbassando l'età pensionabile e aumentnado così le pensioni in numero .

mcandry
28-01-03, 23:59
secondo me il problema che non si è ancora focalizzato è la consistenza dei contributi figurativi dello stato, sono questi che sballano il conto

nuvolarossa
29-01-03, 00:04
Che occorra fare politiche economiche che favoriscano l'aumento delle occasioni di lavoro per i giovani e' piu' che certo ... ma non e' che si risolva il problema solo stiracchiando la coperta da una parte o dall'altra ... se la coperta e' corta .., bisogna trovare il modo furbo per "allungarla" in modo che copra tutti.
Le pensioni di anzianita' fanno andare in pensione ad un eta' ancora talmente "giovanile" che permette alle persone di continuare a lavorare e ... quindi non viene risolto il problema di dare lavoro ai giovani e nel contempo si aggrava l'onere economico per lo stato.
Lamentavi, giustamente, l'esistenza di famiglie intere, soprattutto all'interno delle case popolari, che vivono con la pensione di anzianità del nonno, o più spesso della nonna ... ebbene, con l'abolizione delle pensioni di anzianita' si renderebbero liberi migliaia di miliardi che potrebbe servire, fra l'altro, anche a pensare ad una qualche forma di integrazione e di sostegno per le famiglie piu' disagiate ... oppure a dei salari minimi per disoccupati in cerca di prima occupazione.
Non sei d'accordo ?

mcandry
29-01-03, 00:11
Allora è proprio questo il problema, di vietare il cumulo tra pensione di anzianità ed altri lavori

nuvolarossa
29-01-03, 00:18
Ma guarda che non puoi vietare per legge ad un pensionato di lavorare ... purche' assolva i suoi doveri previsti dalla legislazione in vigore ... ergo avrai pensionati/lavoratori ... e giovani sempre a spasso.
Guarda che mentre rispondevi avevo aggiunto qualcosa al mio penultimo messaggio ... che riguardava, indirettamente, anche i giovani che sono ... anche nel mio cuore, oltre che nel tuo.

nuvolarossa
29-01-03, 00:29
Poi come sindacalista dovresti essere d'accordo su una seria revisione del costo del lavoro che e' stato il cavallo di battaglie sindacali gia' da meta' degli anni ottanta ... mai recepite dai governi di quel tempo.
Da parte mia credo pero' che queste tematiche non possano essere affrontate separatamente, ma vadano inquadrate in un unico disegno strategico riformatore, inglobante anche una maggior liberalizzazione del mondo del lavoro che favorisca maggiori occasioni di lavoro, soprattutto per le fasce giovanili.

Garibaldi
29-01-03, 12:48
Mi dite per piacere !!!!!!
se quando tocchera' a me ?!?!?!?
ci sara' sempre la pensione ?????'??

nuvolarossa
02-05-03, 14:09
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Pensioni, incontro decisivo il 6 maggio

Il ministro Maroni ha annunciato che incontrerà le parte sociali per dire quali delle 3 proposte di modifica delle legge sulle pensioni saranno accettate. "Il clima di trattativa è buono, anche con Cgil"

ROMA – E’ stato fissato per la mattinata del 6 maggio l’incontro risolutivo tra il ministro del Welfare Roberto Maroni e le parti sociali sulle pensioni. In quella data infatti, il ministro dirà quali delle proposte di modifica alla delega sulle pensioni presentate unitariamente da Cgil Cisl e Uil saranno accolte. Il clima di trattativa pare buono. Maroni ha detto “Stiamo valutando le richieste”. E ha anche sottolineato il sostanziale contributo dei sindacati, anche della Cgil. . "Ho riconosciuto l'importanza di avere delle proposte alternative e non solo dei 'no' - ha dichiarato - E ho detto che mi riservavo di valutare dal punto di vista tecnico le loro proposte".

Sul tappeto rimangono le 3 grandi questioni “più spinose” poste dai sindacati: la fiscalizzazione degli oneri sociali ed impropri al posto della decontribuzione dei neoassunti sulla quale nicchia la Confindustria; la non obbligatorietà del trasferimento del Tfr nei fondi pensione; l'eliminazione della parità fra fondi aperti e chiusi. Tre ostacoli sul cammino di un'intesa che, se non verranno superati nel prossimo incontro, porteranno i sindacati alla mobilitazione, senza esclusione anche di un ricorso allo sciopero generale.

Se dunque la disponibilità al dialogo viene confermata, rimangono le distanze sui temi centrali posti dai rappresentanti dei lavoratori. "Su decontribuzione, obbligatorietà del Tfr ai fondi pensione e parità tra fondi aperti e chiusi non ci sono margini di mediazione - afferma infatti il segretario della Cgil con delega alla previdenza Morena Piccinini - Devono sparire dalla delega, altrimenti la nostra risposta non potrà che essere la mobilitazione di tutti i lavoratori. Credo che su questo Cgil, Cisl e Uil resteranno unite fino in fondo". Dal canto suo il numero due della Uil, Adriano Musi, mette in guardia il ministro: deve sapere che "la proposta dei sindacati di fiscalizzare gli oneri sociali e impropri è alternativa alla decontribuzione e che le proposte sul Tfr sono sostitutive a quelle indicate nella delega". Più ottimista, sull'esistenza di margini per raggiungere un punto d'accordo, il segretario confederale della Cisl Pierpaolo Baretta. Che però non perde di vista gli obiettivi di modifica. "Le condizioni per arrivare ad un accordo ci possono essere, è solo una questione di volontà politica – sottolinea - Considerato che il 17 aprile c'é stata una certa disponibilità alle nostre proposte, ci aspettiamo che nel prossimo incontro si passi all'esame di merito, ovvero agli emendamenti che debbono essere presentati alla legge delega ora all'esame del Senato”.

nuvolarossa
14-05-03, 12:20
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI246.gif

tratto da
http://www.frangipane.it/frangibanner234.gif (http://www.frangipane.it/index.html)

nuvolarossa
17-05-03, 11:59
http://www.lastampa.it/common/_imgNG/lastampaweb.gif
BERLUSCONI TORNA AD AUSPICARE UNA REVISIONE DEL SISTEMA

«Previdenza, un nodo irrisolto»

«La riforma pensionistica è un tema, e lo sappiamo bene, che risulta ancora irrisolto», ha affermato ieri Silvio Berlusconi, partecipando alla commemorazione di Ugo La Malfa, nel centenario della sua nascita.
«La Malfa - ha detto il premier - come ministro del Tesoro del governo Rumor, portò fino alle dimissioni il suo «no» a una riforma che non poneva fine agli sperperi con le false pensioni di invalidità».
Il governo, dunque, non molla e ieri il ministro del Welfare maroni ha ribadito che i due pilastri intorno a cui far ruotare la riforma del sistema pensionistico sono «l'aumento dell'età pensionabile su base volontaria e lo sviluppo della previdenza complementare con l'utilizzo del tfr». Maroni ha precisato che l'incontro con Berlusconi per definire «nel dettaglio la posizione della maggioranza» si terrà nei prossimi giorni.

nuvolarossa
28-06-03, 10:22
http://banner1.gazzettino.it/gazzettino/banners/images/378
Berlusconi-La Malfa:

necessario rivedere le pensioni

Silvio Berlusconi ritiene necessario in Europa e soprattutto in Italia un intervento sulle pensioni, teso ad allungare il periodo di permanenza al lavoro. Lo rende noto il repubblicano Giorgio La Malfa dopo l'incontro con il premier. Il Pri assicura l'appoggio al governo sul tema delle pensioni ed invita la maggioranza ad una riflessione sulla legge elettorale che non ha dato finora «prove felici».

Texwiller (POL)
30-06-03, 20:42
Premesso che anch'io sono convinto della necessità di una riforma delle pensioni, credo che un'analisi andrebbe fatta anche sulle ricadute in costi per la collettività che potrebbero derivare dalle scelte con una sola immediata ricaduta economica.
Ad una certa età, non nascondiamocelo, cala l'interesse per l'azienda al suo permanere in organico.
Allo stesso tempo crescono i bisogni di asili nido in corrispondenza ad una maggiore occupazione femminile, con costi enormi per le finanze pubbliche.
La soluzione a mio avviso non può prescindere da:
Raggiungimento quota 100 (40 anni di contributi e 60 di età) per la pensione di anzianità.
Ricalcolo del metodo retributivo con coefficiente 1,5 anzichè 2, con forti effetti di perequazione nelle pensioni.
Fortissima revisione delle pensioni di reversibilità.
E' chiaro che in questo modo si pone il problema per chi ha 40 anni di contributi versati e 60 anni di età e si ritrova con 580 euro al mese per campare, ma tant'è!!!
Aggiungiamo poi il TFR investito in fondi: qualcuno si è chiesto quanto sia stato conveniente investire un TFR che rendeva qualcosina in più dell'inflazione (in periodi di bassa inflazione) in un fondo pensione aperto o chiuso?
E le norme societarie aiutano ad avere fiducia in questi investimenti?
Apriamo un dibattito su questo tema e capiremo quanto effettivamente sia difficile ottenere il consenso di gran parte della popolazione, prima di volere essere sempre i primi della classe.
Tex Willer

nuvolarossa
08-07-03, 22:44
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


Dibattito sulle pensioni

Riforma importante da attuare in tempi brevi

Sul fatto che il sistema pensionistico debba essere rivisto alla fin fine sono d’accordo quasi tutti. Quanto meno a mezza voce. Ma quando si cerca in concreto di mettere mano ad una qualunque riforma, il fronte favorevole - potenzialmente ultramaggioritario - si sfarina immediatamente.

Significativo, al riguardo, l’atteggiamento dell’UDC. Il Presidente della Camera era stato tra i primi a sostenere la necessità di una revisione del sistema; ma già il segretario del suo partito, Marco Follini, comincia a mettere le mani avanti e a sostenere che sì, la riforma ci vuole, ma solo in accordo con il sindacato. Che, come è noto, è assolutamente contrario ad ogni ritocco.

E pure non manca, anche dall’opposizione, qualche segnale positivo. Disponibilità giungono per esempio dall’ex ministro Letta, così come a suo tempo si dichiararono in favore della prima riforma Dini, quella del ‘94, molti studiosi, da Modigliani a Prodi (che non aveva ancora assunto la guida dell’Ulivo).

Se quella riforma fosse stata fatta, il problema sarebbe oggi alle nostre spalle. Come ha capito il primo ministro francese Raffarin, che si è scontrato con forti resistenze di piazza ma alla fine l’ha avuta vinta.

Sarebbe perciò un errore non tenere conto di tutte le disponibilità che si colgono, di non percorrere fino in fondo una strada che prima o poi qualcuno dovrà pur imboccare. E affrontare così un problema che è interesse di tutte le forze politiche, di maggioranza come di opposizione, rinnovare definitivamente.

Detto questo, un’intesa va trovata e presto, almeno nella maggioranza.

La soluzione peggiore - come abbiamo già scritto - sarebbe quella di trascinare il problema all’infinito, in una lunga ed estenuante trattativa, per poi accantonarlo di nuovo. Si avrebbero intanto, e subito, i contraccolpi negativi, a cominciare dall’effetto annuncio; e non si raccoglierebbe alcun risultato, in primo luogo quello di liberare risorse per fare una politica di investimenti, indispensabile allo sviluppo e all’ammodernamento del paese. Che è poi il terreno sul quale il governo si gioca, alla fine, la sua reale credibilità e la vera scommessa elettorale.

Roma, 8 luglio 2003

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

la_pergola2000
14-07-03, 01:08
Qualcuno intervenga in questa discussione per iniziare un dibattito sulla riforma delle pensioni.
Allungare l'età pensionabile?
Incentivi?
Cambiamento della legge dini?
Calcolo annuale della legge dini, guadagno o rimessa?
Perchè i sindacati che hanno firmato quell'accordo ora non vogliono cambiare?
Tutti gli organismi europei incitano il governo italiano a fare dei cambiamenti nel senso dell'allungamento dell'età pensionabile, perchè in italia quei partiti che si dichiarano europei ed europeisti non vogliono mettere le mani sulla riforma delle pensioni?
Perchè il loro riformismo si ferma sul significato della parola , ma non sui fatti?
Perchè i sindacati come neoconservatori si irrigidiscono sulle leggi che hanno firmato , dove c'era scritto che i dati dovevano essere revisionati ogni anno?
Perchè una volta si andava in pensione a 65 anni ora le conquiste sindacali non vogliono alzare l'età pensionabile dei privilegiati da loro prodotti?
Quanta carne sul fuoco, ma se rimane sul fuoco troppo a lungo carbonizza, chi vuol carbonizzare i fondi pensione?
Chi è che calcola i tre milioni di pensionati che lavorano in nero , chi diffende il lavoro nero?
Etc. Etc.
Ciao .

nuvolarossa
14-07-03, 09:00
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI306.jpg

tratto da
http://www.frangipane.it/frangibanner234.gif (http://www.frangipane.it/index.html)

Texwiller (POL)
14-07-03, 20:40
Pur essendo un sindacalista dal lato degli imprenditori intervengo.
Il problema di fondo non è che una volta si andava in pensione a 65 anni.
Il problema è che si è adottato il sistema della divisione della pensioni fra quelli che che sono in pensione ignorando i costi futuri.
Tutto bene in fase di crescita e di espansione dei contributi che hanno sempre seguito la crescita dei salari (lievito necessario per la torta pensionistica).
Tutto crolla, e non esistono rimedi facili, se cala il PIL (oggi ho letto di un meno 7%)
Le ingiustizie palesi (pensioni a statali con 14 anni e 6 mesi di contributi) sono state superate.
Altre ne esistevano (penso alle maxi pensioni commisurate all'ultimo stipendio nell'esercito, acquisito con passaggio di grado il mese prima della pensione) ed ora credo non esistano più.
Se qualcuno pensa che col sistema contributivo approvato con la riforma Dini e passata col centrosinistra ci sia un guadagno possibile provi a fare in proprio il confronto col sistema retributivo attuale e vedrà la differenza!
La grande difficoltà è fare digerire a qualcuno che è prossimo alla pensione una modifica di questo tipo (non gli mancano trent'anni di lavoro come a coloro che hanno subito la riforma Dini col consenso dei sindacati).
Ripeto come detto in precedenza: chiedete agli industriali o ai simil industriali (manager d'assalto) o al sistema bancario a che età vorrebbero sbarazzarsi lavoratori più anziani (pardon, riterrebbero di poterne fare a meno) per sostituirli con tempi determinati, co.co.co o altro partorito dalla fantasia di qualche stratega.
La mia impressione è che molti che vogliono continuare a lavorare anche dopo la pensione nello stesso posto di lavoro siano quelli che sarebbe meglio lasciare a casa (a proposito l'esimio Fazio a che punto è?, e i suoi dirigenti in regime di proroga volontaria a che punto sono??)
E le vedove affrante di tanti pensionati d'oro quale merito hanno per usufruire di reversibilità di lusso?
E' logico che a fronte di co.co.co che stanno maturando pensioni inferiori a quelle sociali esistano certe diseguaglianze?
Perciò: prudenza, prudenza, prudenza e lucidità nelle proposte.

Tex Willer

Garibaldi
15-07-03, 09:57
Ma una volta c'era la proposta che avrebbero spostato in avanti l'eta della pensione di vecchiaia, pero' la sciando la libera scelta al lavoratore !!!!
Con guadagno incentivato per tale scelta !!!
Non mi sembrava una cattiva idea.

Texwiller (POL)
15-07-03, 20:11
La libera scelta già sarebbe un passo in avanti.
Il problema è che in diversi non sono d'accordo (i gestori dei fondi pensione chiusi o aperti che siano).
Comunque è innegabile che qualche modifica andrà fatta per riequilibrare il sistema altrimenti iniquo verso le nuove generazioni.
Tex Willer

Garibaldi
16-07-03, 09:58
Quando NON ci saranno piu' soldi da dare sotto forma di pensione, la RIFORMA si fara' da sola !!!!!
Io intanto, per pararmi le chiappe, mi osno fatto una assicurazione !!!! Non si sa mai !!!!

Texwiller (POL)
16-07-03, 14:30
Personalmente mi sembra una soluzione che non risolve il problema (ti sei mai chiesto in cosa investono le assicurazioni pensionistiche?).
A meno che non pensiamo di passare tutte le pensioni a carico del sistema fiscale, perchè se tutti ragionassimo nella stessa maniera non funzionerebbe più il sistema a ripartizione attuale.
Servono proposte coraggiose ma che non smantellino la coesione sociale.
Tex Willer

nuvolarossa
20-07-03, 10:34
Tutti gli studi socio-economici dimostrano che il rapido invecchiamento della popolazione ed il contemporaneo diradamento delle fascie giovanili porteranno, nel giro di pochi anni, al collasso del sistema previdenziale italiano.
Se metti orecchio a questo argomento al bar, in spiaggia, in montagna, nei luoghi di lavoro ... ti rendi conto che tutti gli italiani sono coscenti di questo ... ma ti rendi conto altresi' dell'incoscenza di chi questi italiani rappresenta e che continua a "giocare" politicamente su questo argomento senza stimoli propositivi e senza prefigurare soluzioni che impediscano il dissesto della finanza pubblica e che garantiscano una soluzione accettabile per le future generazioni.
Se andiamo avanti di questo passo lo Stato non potra' garantire la pensione a tutti, chi ha oggi vent'anni non sara' in grado di percepirla .. oppure ne percepira' una ridimensionata cioe' a dire una meno vantaggiosa rispetto agli attuali parametri ...
I politici che si adopereranno per trovare una soluzione a questo problema faranno il "bene" dell'Italia e per il futuro della sua economia ... ma saranno tacciati dal dogmatismo e dal qualunquismo populista come "nemici" del garantismo e della pace sociale ... saranno additati dai saprofiti del corpo sociale quali responsabili di una caduta di democrazia e di lesione di diritti irrinunciabili.
Questi camaleonti della politica cercheranno di fare proprio il malessere delle masse sull'argomento cavalcandolo e facendolo fruttificare in voti ... ma nulla faranno per risolvere questo problema della riforma del sistema previdenziale che, conti alla mano, rischia di portare l'economia italiana a livello di quello argentina ... o perlomeno su quella strada.
Un appello alle masse piu' raziocinanti e meno belanti si impone affinche' si concretizzi in modo ufficiale la necessita' di porre mano a questa riforma ... portando alla luce del sole i bisbiglii ed i mormorii che in tutti i "cappannelli" di persone si fanno su questo argomento.

Texwiller (POL)
21-07-03, 20:01
Per Nuvola Rossa

Sul sole 24 ore di oggi c'è in prima pagina un servizio sulle pensioni INPDAI confluite nell'INPS.

Ci sono delle riflessioni molto interessanti su quanto dovrebbero fare i sindacati e quanto non fanno.

Riesci ad inserirlo nella discussione?

Grazie e ciao.

Tex Willer

nuvolarossa
21-07-03, 23:52
Non posso inserire l'articolo perche' e' inserito in una pagina dove e' richiesto essere abbonati al servizio per accedervi.
Mi spiace.

Texwiller (POL)
22-07-03, 17:53
L'articolo di Cazzola fa presente la strana situazione dell'INPDAI (ente previdenziale dei dirigenti di aziende industriali ora incorporato nell'INPS per l'incipiente bancarotta, con una dote a carico dello stato di 1.041 milioni di Euro nel 2003, 1.055 nel 2004 e 1.067 dal 2005 in poi.
Sulle quasi 48.604 pensioni di anzianità con importo medio di 50.000 euro l'anno, e sono i due terzi del totale, la metà è maturata in vigenza della riforma Dini, che i dirigenti d'azienda hanno saputo sfruttare molto bene.
Il rapporto però ha fatto saltare il banco e tutto quanto ora è a carico dell'Inps.
Col risultato evidente che i sindacati per difendere ad oltranza alcuni diritti, hanno spalancato le porte ad abusi, privilegiando di fatto chi percepisce di più.
Il dubbio finale che si pone Cazzola é: i leader sindacali hanno il dubbio di aver lavorato per il re di Prussia?
La domanda che faccio io è: i sindacati fanno il loro mestiere? e la pseudo-sinistra fa il suo mestiere?
Tex Willer

Texwiller (POL)
29-07-03, 20:23
A tutti gli amici repubblicani desiderosi di sedere in prima linea sulla riforma delle pensioni:
Sul sole 24 ore di oggi veniamo informati delle difficoltà in cui versano i fondi pensione inglesi e americani ai quali vorremmo ispirarci per il secondo pilastro della previdenza.
Gli anglosassoni pensano di riformarli perchè i gestori, con operazioni spericolate, hanno promesso grossi risultati ed invece fanno ora rischiare il crack ai fondi pensione e le aziende, promotrici di questi fondi, dovranno destinare a questi molte risorse da distogliere alla ricerca ed innovazione interna.
E poi pensiamo che gli italiani non siano intelligenti a non fidarsi troppo dei fondi pensione (che sono gestiti da personaggi molto simili a quelli che gestiscono INPS e altri istituti similari).
Ho l'impressione che per un po' non si insisterà molto su questo tema.
A meno che gli inglesi e gli americani non propongano, per combattere le nuove tigri asiatiche, dove affluiscono capitali dall'occidente, la diminuzione degli stipendi e dei salari.
E si riaprirà il dibattito vero che per ora viene accuratamente evitato.
Tex Willer

nuvolarossa
06-08-03, 09:00
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Bossi lancia la secessione delle pensioni

«Quelle dei lavoratori del Nord non si toccano». I sindacati: incombe un brutto autunno, Maroni chiarisca sui privilegi

Roma
NOSTRA REDAZIONE

«I difensori del banchetto di Roma ladrona devono togliersi dalla testa che il Nord, costretto a mantenere tutti quanti, metta sul piatto le sue pensioni»: il leader della Lega, Umberto Bossi, sceglie la ribalta della «Padania» per accendere ancora i riflettori sul tema della previdenza, difendendo a spada tratta le pensioni di anzianità. E questa rovente estate di polemiche si incendia ancora di più. L'indignazione monta, le previsioni si fanno cupissime: sarà un pessimo autunno, difficilissimo, pronosticano in tanti.

Ma Bossi non ha l'ombra di una perplessità: «È logico - spiega - che sia questa la nostra posizione. La Lega è il partito del Nord e qui è concentrato l'80 per cento delle pensioni del settore privato. I veri interventi su questo fronte devono riguardare soprattutto le false pensioni di invalidità, quindi le pensioni del comparto agricolo al Sud, che spesso sono delle truffe. Per quanto riguarda i dipendenti del pubblico impiego, esistono situazioni di privilegio a svantaggio dei lavoratori privati. Ecco il vero quadro della questione: ne tengano conto gli inventori dell'assistenzialismo».

Immediate e ruggenti, manco a dirlo, le reazioni di sindacati e opposizioni. Durissimo il numero due della Uil, Musi, che dice: «Altro che privilegi dei dipendenti pubblici a danno dei lavoratori del Nord! Bossi, piuttosto, tagli la sua pensione da parlamentare e rinunci a tutte le ricche prebende che riscuote da Roma, questi sì un vero e proprio privilegio». Secondo Musi, «purtroppo, tutto lascia presagire un brutto autunno. Per sete di protagonismo estivo - afferma - si fanno interventi su materie che non si conoscono. Lo dimostra l'ignoranza di Bossi che, evidentemente, non facendosi curare dalle Asl e non facendo le code agli sportelli, non si rende conto che i dipendenti pubblici sono anche al Nord. Fa specie che un ministro della Repubblica, che dovrebbe rappresentare tutti gli italiani, parli in questa maniera. Il presidente del Consiglio farebbe quindi bene a riservargli un corso di buona educazione civica. A questo punto il ministro Maroni, che ha tirato fuori questa storia dei privilegi, faccia chiarezza, spiegando quali sono realmente. Forse scoprirebbe che non riguardano i dipendenti pubblici, bensì altre categorie, in primis i parlamentari».

Il leader della Cisl, Pezzotta, afferma che quello dei privilegi pensionistici dei dipendenti pubblici «è un falso problema», ma «purtroppo si continuano ad agitare le acque su questioni inutili. Agitando le acque inutilmente - avverte Pezzotta - si ottiene solo il risultato di creare ed alimentare la preoccupazione tra la gente. La riforma delle pensioni del pubblico impiego è già stata fatta e bisognerebbe citare per danni chi continua ad agitare certi spettri». Il segretario confederale Cisl, Pierpaolo Baretta, commenta l'altolà di Bossi affermando che «è inaccettabile mettere il Nord contro il Sud, i pubblici contro i privati, e tutti e due contro i contadini. Se continua così, il governo si assume la responsabilità di un autunno di conflitto e non di dialogo. Per quanto riguarda il merito, chi parla di privilegi deve essere ben cosciente del coperchio che solleva sotto il quale è difficile che si trovino nascosti lavoratori che per 35-40 anni hanno contribuito allo sviluppo del Paese».

Altrettanto duri i commenti dell'opposizione. Per il responsabile Lavoro della Margherita, Treu, con la «sortita» di Bossi «si chiarisce definitivamente come la Lega sia proiettata solo in difesa delle roccaforti elettorali». Gelida la diessina Livia Turco: «Prendiamo atto che le pensioni, per la Cdl, sono un problema di controllo del territorio». Per Intini (Sdi), è «chiaro che, con la guerra civile delle pensioni, non si va da nessuna parte. Non è chiaro invece come la maggioranza possa far finta di niente di fronte a simili enormità. Per tenere unita la maggioranza, Berlusconi rischia di trovarsi divisa l'Italia». Secondo il verde Cento, «ora abbiamo la nuova versione del secessionismo leghista: quello di dividere i pensionati del Nord dal resto del Paese, con l'unico risultato di trasformare il conflitto sociale in scontro tra regioni. Il centrodestra è allo sbando e il governo sotto ricatto della Lega è ormai incapace di indicare una strada coerente e organica in materia previdenziale. L'autunno - avverte - sarà molto caldo per chiunque tenterà di toccare l'attuale sistema pensionistico».

Claudia Giannini (http://nuvolarossa.ilcannocchiale.it/)

nuvolarossa
25-08-03, 10:33
Berlusconi: «Mettere mano alla riforma delle pensioni»
La ricetta del premier - «Alzare di 5 anni l'età pensionabile».
Ma Lega e An non sono convinte. E' polemica aperta con le forze sociali

Roma. Silvio Berlusconi rilancia l'idea di allungare l'età pensionistica e riscoppia la polemica sulla previdenza: la maggioranza si divide, i sindacati annunciano barricate. Il tutto mentre resta aperto lo scontro tra il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e quello del Welfare Roberto Maroni sull'opportunità di inserire già nella prossima legge Finanziaria tagli alla previdenza.
«Galeotta» è stata un conversazione tra il premier e il quotidiano «Libero». «In Italia - avrebbe affermato il presidente del Consiglio - ogni anno si parte da un carico di 70 mila miliardi di vecchie lire solo di deficit previdenziale. L'aspettativa di vita è cresciuta e siamo a 83 anni per le donne e 80 per gli uomini ma si va in pensione in media a 57 anni. Come si fa a smettere di lavoro così giovani?». Ecco la ricetta: «bisognerebbe alzare di cinque anni l'età per andare in pensione: so che Alleanza Nazionale e Lega sono contrarie ma il primo settembre cercherò di convincerli ponendo condizioni fortissime».
I primi a frenare sono stati proprio Alleanza Nazionale e la Lega, i partner della maggioranza chiamati in causa dal premier. «Non credo - ha detto il coordinatore di An Ignazio La Russa - che Berlusconi possa pensare che in quindici giorni si risolva il problema delle pensioni: si deve agire in maniera graduale e dopo un confronto con le parti sociali». «Prima delle pensioni vengono le riforme e il documento messo a punto a Lorenzago di Cadore» - ha detto invece il leghista Roberto Calderoli. «Quanto alle pensioni - ha aggiunto - non mettiamo troppi gradini altrimenti ci troviamo di fronte una scala e se le scale si fanno di corsa si rischia di cadere». «Sul principio dell'innalzamento dell'età della pensione - ha detto dal canto suo il ministro Maroni - non c'è alcun bisogno di convincerci. Il punto è che non dobbiamo obbligare i lavoratori a rimanere, ma convincerli con un sistema di incentivi».
Per l'Udc ha parlato il ministro Rocco Buttiglione che ha definito quello di Berlusconi un «proposito coraggioso che va apprezzato» ma ha poi aggiunto che «non si risolve un problema del genere in 24 ore».
Immediata anche la risposta sul fronte sindacale da sempre unito e compatto sul «no» a qualsiasi tipo di intervento sulle pensioni. «Stanno creando il panico tra i lavoratori» - ha affermato il segretario nazionale della Cisl Savino Pezzotta.
Dura la reazione anche della Uil: «Quelle di Berlusconi sono considerazioni che si basano su una insufficiente conoscenza dei dati - ha commentato il segretario generale aggiunto Adriano Musi - secondo le ultime stime dell'Inps l'età media di uscita dal lavoro è di 59 anni e sei mesi».
Intanto, da indiscrezioni, si apprende che il governo prepara una riforma in due mosse entro settembre: da una parte si punterebbe a rallentare la «fuga» verso la pensione di anzianità (un provvedimento ad hoc che permetta di risparmiare già dal 2003 tra i 500 milioni e i due miliardi di euro a seconda delle tipo di misure inserite); dall' altra ci sarebbe il riordino complessivo del sistema pensionistico rafforzando, con un emendamento, la delega in discussione al Senato.
Per ora si tratta solo di un'ipotesi tra le tante che sono sul tavolo. E, certo, l' ultima parola spetterà ai leader dei partiti di maggioranza. Ma l'ipotesi dell' intervento a due mosse sarebbe anche sul tavolo dei ministri del Welfare Roberto Maroni e dell' Economia, Giulio Tremonti che si sono dati appuntamento alla fine del mese, nel tentativo di mettere a punto una o più proposte di riforma da sottoporre poi al vaglio della maggioranza. I due ministri hanno comunque più volte ribadito, ultimamente, che non sono in vista provvedimenti d'urgenza per fare cassa.

Marco Santillo
http://www.lasicilia.it/giornale/grafica/multimedia.gif

Texwiller (POL)
25-08-03, 20:03
Come volevasi dimostrare.
Basta che Silvio dica una cosa e noi ci accodiamo per essere almeno considerati gli alunni più diligenti......sperando che ci convochi dopo che ce l'ha promesso.... ma tant'è....
Una cosa è accodarsi, una cosa è spiegare cosa vogliamo, altrimenti è puro autolesionismo e fregarsene delle opinioni dei lavoratori che votano ancora PRI.
Meno male che ai tg non riferiscono le cose dette all'Ansa.
Come rimpiango i tempi di Spadolini: le cose vanno dette, vanno fatte comprendere, vanno fatte condividere e così possiamo aumentare i consensi e chiedere a qualcuno di impegnarsi in politica con noi.
Altrimenti non riesco a vedere perchè gli elettori dovrebbero scegliere il nostro Partito a Forza Italia.

Un Tex Willer con le polveri bagnate ma pronto a sparare appena si asciugheranno le pallottole.

nuvolarossa
25-08-03, 21:17
Pensioni/Pri: Berlusconi vada fino in fondo

Una sua retromarcia sarebbe danno irreparabile per lui e CdL

"A questo punto ci aspettiamo che si vada fino in fondo nonostante lo scontento che in tali frangenti si dovrà pur fronteggiare. Se mai dopo un simile pronunziamento il premier dovesse far marcia indietro la sua credibilità e quella del governo subirebbero un danneggiamento irreparabile". E' quanto scrive "La Voce Repubblicana" in una nota dedicata alla riforma delle pensioni e le parole di Berlusconi sull'argomento.

"Ed è bene – prosegue la nota – che questo lo sappiano anche i suoi alleati a cui non conviene una sconfitta del presidente del Consiglio su un terreno come questo, che una volta indicato è divenuto il campo di battaglia per autonomasia di tutta la maggioranza, senza distingui e senza eccezioni".

nuvolarossa
26-08-03, 10:21
Caro Tex Willer, come veri democratici riformisti di sinistra non possiamo stare inerti ad osservare le diuturne liti tra chi governa e chi si oppone senza far notare lo stallo propositivo che ne consegue.
Se si comincia a muovere qualcosa sul fronte della riforma del sistema pensionistico non credo che sia piaggeria seguire la nostra attitudine a valutare i problemi e gli argomenti sulla base di un sano confronto pragmatico.
Certo che sull'argomento si scatenano subito le "paure ataviche" dei Sindacati dei Lavoratori.
Ed hanno anche ragione i sindacalisti ad impaurirsi al pensiero che, di punto in bianco, magari solo ad un anno dalla pensione, un lavoratore si ritrovi a dover rimandare di cinque anni il meritato riposo ... ma non credo che sia neppure proponibile una cosa di questo genere ... e bisogna smettere di plagiare le coscenze dei lavoratori cercando di inculcare loro l'idea che questo e' lo scopo e la finalita' che si persegue sull'argomento.
La posizione repubblicana dovrebbe essere quella di far capire che occorre inserire nella riforma la "scelta volontaria" del lavoratore ... magari "incentivata" con soluzioni di tipo economico ... in modo che si ottenga lo stesso risultato di procrastinare nel tempo l'andata in pensione ... senza pero' determinare problemi traumatici ed in perfetta scelta autonoma dei singoli soggetti.
La riforma deve nel contempo rappresentare, per noi Repubblicani, l'occasione per ribadire la necessita' di porre ordine e soluzione alle tante contraddizioni che ancora oggi esistono in materia:
metodi diversi nel calcolo delle pensioni tra dipendenti di ditte private e dipendenti pubblici
creazione di pensioni aggiuntive o integrative
eliminazione abusi sulle pensioni di invalidita' date per clientelismo
abolizione/ridiscussione delle pensioni di tipo previlegiato
miglior utilizzo dei fondi Inps per c.i.g. e mobilita' e rivalutazione degli assegni.

Insomma ... la materia va riformata ... noi Repubblicani non possiamo rimanere inerti di fronte ad un problema che diventa sempre piu' grave ad ogni mese che passa e dobbiamo dare il nostro contributo alla sua soluzione senza per questo doverci sentir dire che si va a rimorchio di qualcuno ... anzi, se c'e qualcuno che va a rimorchio sono tutti coloro che, come tanti stoccafissi, si sono ammorbiditi alla sua comprensione ... dopo anni che noi Repubblicani li abbiamo "sbattuti" ripetutamente sul marmo della cruda realta'.

nuvolarossa
26-08-03, 22:50
Lo scetticismo di Ferrara

Come annullare la differenza fra il dire e il fare

Abbiamo scelto di aspettare almeno una giornata prima di commentare esaurientemente la proposta del premier sulla riforma della previdenza. Questo per avere una chiara idea dell'insieme delle reazioni alla stessa e poi per vedere l'effetto che queste avrebbero avuto sullo stesso latore della proposta di riforma.

Chi è più vicino a Berlusconi di quanto possiamo esserlo noi - pensiamo al "Foglio" di Giuliano Ferrara - mostra un certo scetticismo sulle autentiche capacità del presidente del Consiglio di realizzare fatti concreti su temi della delicatezza quali quelli in questione. Per il "Foglio" l'elenco non è corto. Passa per la riforma dell'articolo 18, la separazione delle carriere dei giudici, l'abolizione del bicameralismo, i poteri del premier: tutte cose importanti, impegnative e di cui ancora non c'è stata traccia tangibile.

Il timore è che anche la riforma della previdenza possa restare sulla carta dei bei progetti e alimentare la delusione di chi aveva sperato nella volontà decisionale del Cavalier Berlusconi.

A distanza di ventiquattro ore, il quadro che si presenta non si può considerare roseo. Nel senso che sono tanti i distinguo all'interno della maggioranza e troppi i consigli di prudenza provenienti dal governo, così come i mediatori che si sono offerti con le parti sociali, per non pensare che tutto questo schieramento non fornisca un effetto negativo.

Poi abbiamo letto che, stando al parere del presidente del Consiglio, il giornale "Libero" avrebbe "un po' pompato" uno sfogo di tipo personale; a parte questo, al contempo Berlusconi ha però ribadito la convinzione di aver posto un "problema vero, reale di cui tutta l'Europa si sta occupando". Egli ha ragione e il nostro consiglio è di farsi forte di questa ragione più di qualsiasi potere disponga o possa disporre per vincere ogni forma di riottosità. Forse non ci sarà bisogno di brandire il "machete", come ricorda l'onorevole Follini, ma a questo punto un segnale di una qualche entità e consistenza va dato. Altrimenti il bonario scetticismo di Ferrara diventerà nei prossimi mesi il giudizio di disincanto dell'intera opinione pubblica. E ciò significherebbe una sola cosa: l'insuccesso del governo e di chi ha il compito di guidarlo.

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

nuvolarossa
27-08-03, 19:31
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI338.jpg

tratto da
http://www.frangipane.it/frangibanner234.gif (http://www.frangipane.it/index.html)

nuvolarossa
02-09-03, 08:35
http://www.panorama.it/multimedia/images/LogoPanoramaHome.gif
Pensioni, qui ci vuole più equilibrio

di Maurizio Tortorella

Il premier suggerisce di alzare il limite di età, Maroni propone incentivi. Il sistema, in ogni caso, ha bisogno di un intervento, in fretta. Lo dice un semplice calcolo

C'è un calcolo semplice, che da solo può spiegare perché il sistema pensionistico italiano, così com'è, presto o tardi non reggerà più.

Con il metodo retributivo, ancora adottato dalla stragrande maggioranza dei dipendenti pubblici e privati, ogni lavoratore versa all'Inps il 33 per cento di contributi. In cambio, dopo circa 40 anni di lavoro, va in pensione e da quel momento, ogni mese, ottiene dallo Stato dall'80 al 95 per cento del salario. A quel punto, per avere indietro tutti i soldi che ha consegnato all'Inps nel corso della sua vita lavorativa, al nostro lavoratore basterà attendere (e resistere) mediamente 13 anni, ovvero un terzo dei quattro decenni nei quali ha versato contributi.
Mettiamo però che il dipendente sia andato in pensione allo scoccare dei suoi 60 anni: a quel punto, oggi gli resta un'aspettativa di vita di altri 18. Quindi esiste uno squilibrio di almeno cinque anni di stipendi tra quanto effettivamente ha versato e quanto, alla fine, ottiene.
Il "calcolo semplice" è di Renato Brunetta, economista ed europarlamentare di Forza Italia, nonché uno dei più ascoltati suggeritori del premier Silvio Berlusconi, che il 25 agosto è tornato a sospingere il ministro del Welfare, Roberto Maroni, verso un innalzamento di cinque anni della soglia dell'età pensionabile, oggi formalmente a 57 anni. La proposta ha trovato consensi e critiche.
Ma, soprattutto, ha riacceso l'infinita querelle: c'è davvero bisogno, oggi, di una riforma previdenziale?
Toccare le pensioni è uno sport molto pericoloso, in politica. Lo sa bene lo stesso Berlusconi, il cui primo governo venne messo in crisi nel novembre 1994 proprio per un impegnativo tentativo di riforma, caduto nel nulla.
Così, anche oggi e pur con diverse sfumature, l'idea di una modifica trova opposizioni potenti, in Parlamento e fuori. Più ostile è innanzitutto la Cgil: "Le riforme sono già state fatte, in particolare con la legge Dini del 1995. E l'equilibrio finanziario è garantito anche per il futuro" assicura Morena Piccinini, segretaria confederale e responsabile previdenza della confederazione, in poche parole la massima esperta di Guglielmo Epifani.

Sull'altro fronte, però, si schiera una vera batteria di obici. Il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, non smette di ricordare che la spesa pensionistica italiana assorbe circa il 14 per cento del pil (contro il 10,4 per cento della media dei paesi europei), mentre la Ragioneria generale dello Stato prevede che, senza correzioni, il valore sarà destinato ad aumentare fino al 16 per cento nel 2033.
L'Unione Europea (vedere scheda a fianco) da tre anni preme per impegnare l'Italia, insieme con gli altri 14 paesi, a raggiungere obiettivi di maggiore equilibrio previdenziale. Perfino il Fondo monetario internazionale, in giugno, ha sostenuto che il consolidamento delle finanze pubbliche è legato a doppio filo con la riforma pensionistica.
Insomma, i principali centri di analisi economica italiani e sovranazionali sembrano concordare: le riforme del passato hanno sì migliorato la disastrosa situazione dell'Inps ed evitato il collasso del sistema previdenziale, ma purtroppo non hanno risolto per sempre il problema.
I risparmi sono stati importanti: si calcola siano stati 28 miliardi di euro dal 1996 al 2000. Però non sono bastati per annullare i disavanzi. Per intenderci, nel 2003 il bilancio preventivo dell'Inps (nella variazione pubblicata lo scorso maggio) indica che le entrate contributive quest'anno saranno di 70,7 miliardi di euro, mentre la spesa per prestazioni arriverà a 83,9 miliardi.
È soprattutto una questione di velocità. Otto anni fa, la riforma Dini ha applicato il nuovo e più equo sistema contributivo solo alle nuove pensioni, mentre quanti potevano vantare contributi pagati per almeno 18 anni alla data del 31 dicembre 1995 erano immuni da ogni cambiamento.
Così, secondo la Ragioneria dello Stato, nel 2002 erano retributive il 98,4 per cento delle pensioni, quasi la totalità dei 23 milioni di iscritti. Una mutazione veramente significativa del sistema è prevista solo per il 2050: solamente allora dovrebbero diventare maggioranza assoluta i pensionati di tipo contributivo, con un reddito calcolato in base a quanto effettivamente hanno versato all'Inps. Quindi, almeno per una quarantina d'anni, lo squilibrio dei conti fra entrate e uscite dell'Inps sarà garantito.
Ma non è solo un problema di sostenibilità. Anche la demografia ci mette lo zampino: "Nel 2000" calcola Guidalberto Guidi, vicepresidente della Confindustria e responsabile per i problemi sindacali, "la popolazione italiana con più di 60 anni era il 24 per cento, quella oltre gli 80 era il 4 per cento.
Nel 2050 si prevede che gli over 60 raggiungeranno il 40 per cento e gli over 80 saranno il 14 per cento". Chi pagherà loro la pensione? Perfino l'Herald Tribune, il 20 agosto, ha portato in prima pagina la "minaccia" pensionistica italiana, mescolando il pittoresco racconto della scelta pantofolaia di un'insegnante parmense di 56 anni (ritiratasi a vita privata dopo appena 31 anni di lavoro e con il 90 per cento dello stipendio) con qualche allarmante statistica.
Una per tutte: in Italia solo il 28,1 per cento dei cittadini tra i 55 e i 64 anni è al lavoro, contro il 37,7 per cento dei tedeschi e una media europea del 38,8. Certo, anche quell'articolo di giornale ha trovato le sue opposizioni. Paolo Baretta, segretario confederale della Cisl, ha ribattuto che la media italiana dell'età effettiva di pensionamento è di 59,5 anni, contro i 59,9 della media europea.
Mentre Adriano Musi, numero due della Uil, ha contestato alcune comparazioni proposte dall'Herald Tribune, a suo dire indebite: i prepensionati tedeschi, ha ricordato per esempio, vengono conteggiati come disoccupati.
Una piccola consolazione: se è vero che perfino in Germania confondono e nascondono le statistiche previdenziali, forse anche sulle necessarie riforme italiane si potrà ancora discutere. Almeno per un'estate.

L'ITALIA, INTANTO, HA PRESO QUESTI TRE IMPEGNI

Gli obiettivi sottoscritti, tra 2000 e 2002, da tutti i paesi dell'Unione Europea

Nel Consiglio europeo di Lisbona, nel marzo 2000, l'Italia si è impegnata, con gli altri paesi dell'Unione, a elevare il tasso di occupazione generale (rapporto fra totale degli occupati e popolazione fra i 15 e i 64 anni) al 70 per cento entro il 2010.

Nel Consiglio di Stoccolma, nel marzo 2001, i paesi Ue e l'Italia si sono impegnati a raggiungere un tasso di occupazione degli "anziani" (età compresa tra i 55 e i 64 anni) del 50 per cento entro il 2010.

Nel Consiglio di Barcellona, nel marzo 2002, l'Italia si è impegnata ad aumentare l'età effettiva di pensionamento di 5 anni entro il 2010.
(http://nuvolarossa.ilcannocchiale.it/)

nuvolarossa
09-09-03, 20:28
La Nota Politica
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Riforma in bilico

Previdenza: è necessario che i partiti facciano un passo indietro

La dichiarazione dei ministri di Alleanza nazionale al termine del vertice di ieri sulla riforma delle pensioni testimonia di una impasse della maggioranza molto preoccupante.

Che le cose non andassero bene , del resto, era già evidente per la sola assenza del ministro Buttiglione, e quindi dell'Udc, che sanzionava il solo valore "tecnico" dell'incontro di martedì. E il "tecnico" indica che non c'è l'accordo "politico". Su un tema di questa rilevanza e con l'interesse che la previdenza inevitabilmente desta nella collettività, non è proprio una notizia che si può prendere a cuor leggero. Soprattutto se si ricordano le prese di posizione, siano esse formali o meno, che il presidente del Consiglio aveva espresso sulla materia.

Allora noi ritenemmo quelle parole come un vincolo per tutta la maggioranza e ancora tali le riteniamo, visto che tutti sanno gli esiti che ebbe l'annunziata e poi mancata riforma del governo Berlusconi nel '94.

Se il presidente del Consiglio ed il suo ministro dell'Economia concordano sulla necessità di un intervento in questo campo, la coalizione deve uniformarsi ed indicare un progetto unitario e realizzarlo il prima possibile.
(http://nuvolarossa.ilcannocchiale.it/)
Tutto questo tergiversare e le incomprensioni che produce non giovano, anzi danneggiano. E' il caso di dirlo: i partiti facciano un passo indietro e rispettino la volontà del premier che, se uscisse sconfitta da questo confronto, provocherebbe la sconfitta più grave e forse irrecuperabile per il governo e per la maggioranza.

Lo diciamo con un sentimento di partecipazione profonda per le sorti della coalizione e del Paese, e vorremmo che si tenesse conto di questo, nell'esatta misura in cui si è espressa la Direzione nazionale del nostro partito (click per leggere) (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&postid=653225#post653225)

Colpisce poi, e ci addolora, il calcolo sbagliato del sindacato, che vuole sfruttare questo disorientamento interno al governo a suo vantaggio, minacciando uno sciopero generale. Contro cosa non lo capiamo, visto che ancora una proposta definita non si vede e al momento manca. Non si può accusare il governo di confusione ed indire uno sciopero generale a futura memoria.

Queste sono scelte irresponsabili che peseranno ancora maggiormente sulle contraddizioni ed i ritardi del sistema economico del Paese.

Roma, 9 settembre 2003

tratto dal sito
http://www.pri.it/immagini/da%20inserire%20pri/logosinistra.jpg (http://www.pri.it)

nuvolarossa
15-09-03, 20:47
Giacomo Properzj scrive al Presidente del Partito, Giorgio La Malfa

Caro Giorgio,

Ti ringrazio di aver salvato con la tua intervista al Corriere la dignità del Partito Repubblicano e, anche, quella mia personale di vecchio militante. Ti ringrazio.
Penso che qualcuno dovrà spiegare al più presto al Presidente del Consiglio che Giacomo Matteotti non è morto di morte naturale. Purtroppo non è il solo caso perché bisognerà spiegare anche al Presidente Scalfaro che il fascismo andò al potere in seguito ad un colpo di stato e non nel rispetto dello Statuto. Bisognerà spiegare all’onorevole Violante che i giovani repubblichini non erano dei bravi ragazzi idealisti che difendevano, seppur dalla parte sbagliata, i confini della Patria ma era gente che andava in giro a rastrellare e a fucilare i partigiani.
Mi dicono che dietro le imbarazzanti esternazioni del Presidente del Consiglio si nasconda l’intenzione di dare una manata sul petto all’onorevole Fini per ricacciarlo indietro e metterlo in qualche modo in difficoltà. Mi dicono anche che le nuove generazioni, salvo piccole frange di estrema sinistra, sono ormai insensibili ai problemi dell’antifascismo: è possibile ma io credo, ed è quello che volevo dirti, che il prossimo Consiglio Nazionale del PRI dovrebbe affrontare questi temi, non nel senso di una retorica riesumazione antifascista ma nel senso di prendere coscienza che c’è ormai un 20% e più della popolazione attiva tagliata fuori da un sistema di solidarietà nazionale e quindi logicamente insensibile alla storia e ai principi della Costituzione. Mi spiego meglio: il Governo non procede nelle riforme e, in particolare, nella Riforma delle pensioni, bloccato da AN che difende lo status quo delle pensioni del pubblico impiego, dalla UDC che si collega alla tradizione democristiana per pensionamenti a “go go”, da Bossi che ha individuato tra i sei milioni di abitanti della Lombardia un milione di pensionati sui quali andare a pescare qualche decina di migliaia di voti. Del resto, a sinistra, tutti i Sindacati sono bloccati dai loro iscritti (pensionati o quasi pensionati) su di una posizione conservatrice del sistema e i partiti di sinistra li seguono senza battere ciglio.
Intanto molti milioni di giovani appena entrati nel mondo del lavoro, privi di ogni organizzazione e di ogni rappresentanza dei loro legittimi interessi, sono costretti a pagare il 32% del loro salario per una pensione che, in quei termini, non avranno mai, ovvero a sottoscrivere contratti di collaborazione continuata.
Ho l’impressione che una buona parte dei consiglieri nazionali sia formata da pensionati ma sono convinto anche che la tradizione del Partito può portarlo ad abbracciare una causa, fino ad oggi non rappresentata, di nuovi emarginati che il giorno in cui saranno maggioranza faranno pagare molto caro, a quello che rimarrà delle generazioni precedenti, il fatto di avergli portato via per tanti anni lavoro e danaro.

Grazie dell’attenzione.
Giacomo Properzj

kid
22-09-03, 16:27
''Avremmo volentieri evitato di assistere allo spettacolo tra il governatore della Banca d'Italia e il ministro del Tesoro: esso ci doveva essere risparmiato''. E' quanto si legge in una nota che sara' pubblicata domani dalla Voce Repubblicana che interviene sul 'duetto' Fazio-Tremonti a Dubai in tema di pensioni. ''Lo spettacolo del governatore che interpella davanti ai giornalisti e alle televisioni il ministro dell'economia sulla portata delle riforme pensionistiche - si legge nella nota - e che chiosa la risposta di quest'ultimo osservando che non puo' che trattarsi di un primo passo a cui altri ne dovranno seguire, costituisce una prima assoluta nelle cronache disordinate di questo povero nostro Paese''. Sottolineando che ''nel merito dobbiamo dire che ha ragione il governatore'', la nota della Voce Repubblicana aggiunge che ''quando a quei livelli di responsabilita' si ritiene di non poter tacere in pubblico le proprie opinioni sull'azione del governo, si lascia l'incarico pubblico e si recupera la liberta' di parola. Non si puo' avere il privilegio dell'ufficio pubblico e quello della liberta' di parola. Se questa sensibilita' manca - dice ancora la nota - allora spetta al governo fare i passi necessari, non rispondendo a un intervento inaccettabile con qualche stilettata sulla data in cui il governatore andra' in pensione. La contropartita della nomina senza scadenza a governatore della Banca D'Italia e' la necessita' che esso goda sempre della fiducia totale dell'esecutivo''.

nuvolarossa
23-09-03, 14:32
Il vero cambiamento della previdenza verrà discusso con i sindacati

Maroni: riforma pensioni non andrà in Finanziaria
Il ministro del Welfare: destinati a partire subito solo incentivi, certificazione dei diritti e lo stop a rendite d'oro e privilegi

ROMA - Dietrofront del governo, dopo la minaccia dei sindacati di indire uno sciopero generale (http://corriere.virgilio.it/Primo_Piano/Cronache/2003/09_Settembre/22/angeletti.shtml) se la riforma delle pensioni così com'è verrà inserita nella Finanziaria senza prima un consulto con le parti sociali. La riforma delle pensioni non andrà in Finanziaria.

http://corriere.virgilio.it/Hermes%20Foto/2003/09_Settembre/23/maroni--230x180.jpg
Il ministro del Welfare, Roberto Maroni (La presse)

Roberto Maroni, ministro del Welfare tiene a fare chiarezza sulle intenzioni del governo in materia pensionistica precisando che «Le uniche cose che verranno anticipate sono le questioni legate agli incentivi a restare al lavoro, la certificazione dei diritti, il contributo sulle pensioni d’oro e le norme sulle pensioni di invalidità». A chi gli faceva però presente che è stato proprio il ministro dell’Economia a parlare di una confluenza della riforma delle pensioni nella Finanziaria (http://corriere.virgilio.it/Primo_Piano/Politica/2003/09_Settembre/21/tremonti.shtml), Maroni ha spiegato che «Tremonti è stato male interpretato, frainteso: la riforma delle pensioni - ha infatti ribadito annunciando di aver avuto ieri un incontro con il titolare del dicastero di via XX Settembre - non va in Finanziaria, ma nella delega e avrà un percorso diverso».
LE MISURE DESTINATE A PARTIRE SUBITO - Fra le misure «certe» destinate a partire subito particolare rilievo ha la certificazione Inps dei diritti acquisiti che sancisce il raggiungimento dei requisiti per la pensione. «Trasformiamo così - ha spiegato Maroni - il raggiungimento del requisito in un diritto soggettivo che dia la certezza la lavoratore di non poter essere fregato ed in più gli diamo l'incentivo a rimanere al lavoro». Queste, ha aggiunto Maroni, sono le cose certe, «il resto degli interventi ipotizzati è da discutere con i sindacati ed andrà nella delega».
LE MODIFICHE DELLA LEGGE DELEGA - Maroni ha poi garantito che ci sarà «un ragionevole periodo di tempo» per un ampio confronto con il sindacato e con le parti sociali per la parte che entra in vigore dal 2008. «Libero di farlo, ma sarebbe paradossale - ha commentato Maroni - se il sindacato proponesse lo sciopero generale sugli incentivi, cioè contro gli incentivi a rimanere al lavoro, la certezza dei diritti, la riduzione delle pensioni d'oro e l'eliminazione degli sprechi e dei privilegi». Il ministro ha ribadito che sulla delega «non si può prescindere dal confronto con le parti sociali, visto oltretutto che contiene altre questioni ancora in sospeso come la decontribuzione e il conferimento del tfr. Come dice giustamente alemanno, questa è una modifica della delega, rilevante, che deve essere discussa con il sindacato, con le parti sociali, insieme agli altri punti in sospeso perchè dal parte del sindacato c'è contrarietà. Questo seguirà la strada che deve seguire: cioè una proposta del governo di modifica della delega sarà discussa con le parti sociali e poi portata in Parlamento, così come avvenuto prima della presentazione della delega stessa».

nuvolarossa
01-10-03, 22:57
La Nota Politica
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Non vedo, non sento, non parlo: il manifesto della trimurti sindacale

Non farà bene all'Italia la scelta di uno scontro sulla previdenza nei termini in cui ha scelto di impostarlo il sindacato.

A fronte di una disponibilità al dialogo espressa dal governo, la risposta è stata quella del rifiuto. In questo modo ci si assumerebbe una responsabillità grave. In queste ore in cui scriviamo, non sappiamo ancora con esattezza se i sindacati si presenteranno o meno al tavolo del confronto aperto a Palazzo Chigi. Crediamo di no, come del resto abbiamo detto fin dal primo momento: appena si tocca la questione della riforma della previdenza, il sindacato incrocia le braccia, non vede, non parla, non sente.

Lo stesso Pezzotta dai microfoni di Radio 1 non è stato in grado di controbattere agli argomenti del governo sul piano sostanziale. Il leader della Cisl ha lamentato la decisione formale di fare, senza preavviso, una riforma per l'Europa e non per il sistema previdenziale. Una tesi che non sta in piedi, perché da una parte il governo è tenuto a considerare i moniti della Comunità europea, che la riforma la chiede da tempo, tanto che il sindacato è stato avvisato di questa emergenza almeno dagli anni del governo D'Alema, quando era il ministro delle Finanze Amato a sostenerla. La differenza è che il governo dell'Ulivo, che pure avrebbe avuto argomenti per dissuadere il sindacato, non osò portare in cantiere neppure una bozza di riforma che partisse dal 2020. Ma era chiaro a tutti coloro che non si nascondono la realtà, che era già tardi, che l'intervento andava fatto fin da allora. Il centrosinistra ha preferito lasciare lo scoglio sulla strada del nuovo governo, contando che ci andasse a sbattere contro. Lo abbiamo visto in questi mesi che il rischio c'è stato e ancora rimane, perché sappiamo che la riforma del governo è solo un passo nella giusta direzione e niente di più. Ma è un passo compiuto rispetto a chi ha preferito tornare indietro sulle sue intenzioni. Quella ragione fu sufficiente a comprendere che il nostro rapporto con il centrosinistra era compromesso, perché l'istanza riformatrice che quella coalizione deteneva era caduta sotto il peso della minaccia sociale. Oggi abbiamo la conferma di quella nostra valutazione.

Roma, 1 ottobre 2003

tratto dal sito dell’Edera
http://www.pri.it/immagini/titdx2.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
02-10-03, 20:14
La Nota Politica
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Contraddizioni di Prodi

Pensioni: lo strategico silenzio del Professore piace solo alla sinistra

L'intervento televisivo del presidente del Consiglio è servito a mettere un punto fermo nel dibattito sulla riforma del sistema previdenziale. Rispetto alla proposta illustrata da Berlusconi, tutte le forze politiche e sociali si vanno schierando.

La CdL è costretta, a questo punto, a seguire il suo leader. Anche chi era restìo ad accettare interventi strutturali sulle pensioni, si è ormai allineato. Nella maggioranza c'è anche chi, come noi repubblicani, considera inadeguata questa riforma; ma è comunque meglio dello status quo.

La Confindustria si è riallineata sulle posizioni di Berlusconi. Aveva sostenuto con decisione l'esigenza di rivedere i meccanismi della previdenza e ritiene che finalmente qualcosa venga fatto. Il sindacato ha scelto, invece, la via del rifiuto, inseguendo la chimera dello sciopero generale e delle manifestazioni di massa.

L'opposizione conferma di non avere un progetto politico. Sia pure con diverse sfumature, e qualche isolata eccezione, il centrosinistra si allinea con il sindacato e si schiera contro la riforma. Non perché la ritenga inadeguata, ma perché non vuole alcuna riforma. Un atteggiamento di assoluta conservazione, in evidente contrasto con quanto Schroeder sta facendo in Germania e con le indicazioni che provengono dalla Ue. E qui veniamo al punto dolente. Abbiamo già stigmatizzato in questi giorni, da questo giornale, il "silenzio assordante" di Romano Prodi sulla revisione del sistema previdenziale. Sul "Corriere della Sera" di ieri, Paolo Franchi invita Prodi ad esprimersi, "perché il presidente della Commissione è, almeno sin qui, il candidato premier che dovrà sfidare Silvio Berlusconi e, nelle speranze di molti, anche il leader naturale di un possibile superpartito del centrosinistra".

La contraddizione è rilevante. In passato Prodi si è espresso, come professore prima e indirettamente come presidente della Commissione Europea poi, in favore di una riforma delle pensioni. Magari ancora più incisiva di quella proposta dal governo. Ma lo schieramento che dovrebbe sostenerne la candidatura è contro ogni revisione del sistema previdenziale. E allora Prodi con chi sta ? Con il suo schieramento? Oppure con Berlusconi? O è addirittura più rigorista di Berlusconi, e quindi su questo tema più lontano dal suo potenziale schieramento di quanto non lo sia il presidente del Consiglio?

Prodi non ha esitato ad esprimersi sul partito unico dell'Ulivo, sulla sua collocazione nel Parlamento europeo, sulla sua leadership. Argomenti che molto appassionano gli addetti ai lavori, meno gli italiani.

Gli italiani vorrebbero invece sapere quale riforma del sistema previdenziale egli abbia in mente, se ne ha una, e quindi cosa farebbe se fosse lui alla guida del governo. Perché è su questo che vorremmo giudicarlo, e non su altre questioni.

Anche perché sapremmo, in questo modo, quale potrebbe essere il "tasso riformista" di un governo ulivista. O se invece a indirizzare politicamente un tale governo sarebbero Bertinotti e la sinistra avventurista. E sarebbe giusto che Prodi si pronunciasse, anche nei confronti di Fausto Bertinotti, che potrebbe così sapere e valutare quali sono, sul terreno programmatico, gli impegni che è chiamato ad assumersi in caso di collaborazione con l'Ulivo.

La revisione del sistema previdenziale non è argomento di poco conto. E Prodi lo sa bene, se la Commissione da lui presieduta ha insistito per anni - anche con Francia e Germania, non solo con l'Italia - perché venisse avviata quanto prima. E allora non può rifugiarsi nelle piccole furberie da curato di campagna che spesso gli sono state attribuite. Finirebbe per dar ragione al giornale della "gauche" francese, "Libération", che lo considera il peggior presidente che la Commissione abbia mai avuto, interessato molto più al suo futuro in Italia che ai destini dell'Europa. E che sostiene essere questo giudizio unanime negli ambienti europei. Solo gli italiani - scrive "Libération" - non se ne sono accorti perché i giornali, nel nostro Paese, sono quasi tutti antiberlusconiani, e quindi interessati a non scalfire l'immagine del possibile antagonista dell'attuale premier.

Tutte cose, queste, scritte da "Liberation". Non da noi.

Roma, 2 ottobre 2003

tratto dal sito web:
http://www.pri.it

nuvolarossa
06-10-03, 17:56
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI359.JPG

tratto da
http://www.frangipane.it/frangibanner234.gif (http://www.frangipane.it/index.html)

nuvolarossa
06-10-03, 21:57
La Nota Politica
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Quella riforma delle pensioni su cui anche Prodi era d'accordo

Il 24 ottobre - ormai pare certo - ci sarà lo sciopero generale di Cgil, Cisl e Uil. Sciopero limitato, solo quattro ore. Ma contro che cosa? Contro la riforma delle pensioni. Pezzotta l'ha definita "pessima", che è un giudizio opinabile, ma pur sempre politico. Epifani, segretario della Cgil, l'ha definita "immorale", che è addirittura un giudizio etico, che diviene spartiacque insormontabile verso il governo.

Sciopero contro la revisione del sistema previdenziale, dunque. Ma a favore di che cosa? "Le pensioni non si toccano" è lo slogan dei sindacati. Quindi sciopero in difesa dello "status quo", del welfare com'è e che non va cambiato. Peccato che dal welfare com'è sono escluse fasce ampie della popolazione, e soprattutto i giovani; che, non a caso, ai sindacati si iscrivono sempre meno.

E peccato che le pensioni le stanno "toccando" tutti, governi di centrodestra (Francia) e governi di centrosinistra (Germania), per il semplice motivo che il welfare, in Europa, ha costi non più sostenibili; e si è trasformato in una palla di piombo, che rallenta la crescita del Vecchio Continente. Non a caso i Paesi con tasso di sviluppo più elevato - Gran Bretagna e Spagna - sono quelli che le pensioni, e più generalmente il welfare, hanno rivisto da tempo, o scontrandosi con i sindacati riottosi o trovando intese con sindacati ragionevoli.

Lo sciopero quindi non è solo contro il governo italiano, ma anche contro gli organismi europei, che chiedono a Francia, Germania e Italia di riformare il rispettivo sistema previdenziale. C'è da dire che meglio sarebbe stata - per la Commissione europea - una revisione più accelerata, che partisse da subito e non dal 2008: che il governo non ha fatto anche per non inasprire eccessivamente il rapporto con i sindacati.

Si dà il caso, peraltro, che presidente della Commissione Ue sia Romano Prodi, il quale non può non condividere il parere del commissario europeo Pedro Solbes.

Quindi lo sciopero non è solo contro Berlusconi; è anche contro Prodi. Che viene tuttora indicato come il migliore tra i leaders potenziali del centrosinistra. Tutto questo sarà bene ricordarlo, per evitare di contrapporre a un Berlusconi affamatore del popolo un Prodi amico delle masse.

Roma, 6 ottobre 2003
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tratto dalsito web:
http://www.pri.it

nuvolarossa
23-10-03, 22:36
Pri/Direzione: inopportuno sciopero generale

La direzione nazionale del Pri ha ribadito "l'inopportunita' dello sciopero generale proclamato per la giornata del 24 ottobre nella convinzione che non sia questo lo strumento idoneo allo sviluppo e all'ammodernamento del paese". La Direzione nazionale "conferma il sostegno al governo Berlusconi, rilevando in particolare la corretta collocazione che, soprattutto per l'impegno del Premier, il governo ha assunto sui temi della politica estera, attraverso una coerente scelta occidentale che e' propria della tradizione repubblicana". La Direzione nazionale invita le forze politiche di maggioranza "ad una piu' approfondita riflessione sul problema dell'immigrazione, che ha valenza strategica per il futuro del nostro paese e dell'intera Europa e sollecita gli altri paesi aderenti alla Ue a mettere a punto quanto prima una posizione comune, fondata tra l'altro sul vincolo che deve esistere tra diritto di voto e cittadinanza". La Direzione nazionale ribadisce la propria convinzione circa "la priorita' che i temi della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnologica devono avere nelle scelte complessive della politica economica. In questo quadro conferma la propria opposizione alla istituzione dell'Istituto Italiano di Tecnologia, che rischia di rappresentare una struttura burocratica e centralistica, e invita la Maggioranza e il Parlamento a fare propria la proposta di istituire i distretti di alta tecnologia seguendo i migliori esempi presenti in Europa. In questa stessa ottica invita il governo a confermare la nomina di Carlo Rubbia alla presidenza dell'Enea, malgrado il voto - improvvido e non vincolante - della commissione per le Attivita' produttive della Camera dei Deputati nella convinzione che non sia questo lo strumento idoneo allo sviluppo e all'ammodernamento del paese".

nuvolarossa
24-10-03, 19:16
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


La Nota Politica
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La prova di debolezza

Uno sciopero generale che non ha convinto il mondo del lavoro

Se dobbiamo essere sinceri, non ci è parso che il sindacato abbia dato prova di forza nelle manifestazioni indette per la giornata dello sciopero generale. E' mancata una grande partecipazione di massa, e questo si poteva anche immaginare. Ma soprattutto sono mancate parole d'ordine convincenti e il tema del "no alla riforma della previdenza" - che pure è alla base dello sciopero - è quasi passato in second'ordine. La protesta si è rivolta più verso il terreno della politica economica, investendo il tema dei prezzi o una manovra finanziaria che nel suo complesso non convince. E nella questione specifica delle pensioni è stato arduo invece spiegare agli italiani che il nostro sistema funziona e che ridiscuterlo è insensato.

In fondo l'argomento più forte, tra i vari usati, è quello per il quale non si è capita la ragione per cui il governo ha deciso di procedere alla riforma dopo aver ritenuto in un primo momento che essa non fosse urgente. Ma questo è, al limite, un errore del governo che non incide sulla scelta compiuta.

In realtà il mondo del lavoro e delle professioni si sta rendendo conto che è diventato indispensabile risolvere una questione che è il risultato di dati obiettivi: l'allungamento della vita media delle persone, la caduta delle nascite, la conseguente esigenza di non far pesare sull'insieme della collettività, in maniera insostenibile, il ritiro dal mondo del lavoro. D'Altra parte anche il centro sinistra pose all'ordine del giorno del governo, prima con Prodi e poi con D'Alema, la necessità di questa riforma ed è un governo socialista che in Germania la sta affrontando. Pensare davvero che si possa procrastinarla ancora nel tempo, appare come una fuga dalla realtà alla quale il Paese sente di non potersi abbandonare. Per questo il sindacato, con lo sciopero, è apparso come spiazzato rispetto ad un cittadino medio che è molto più avanti nella elaborazione degli scenari futuri.

Se dunque si vuole davvero impedire un declino dell'Italia, occorre misurarsi seriamente con questa situazione. E se si vuole criticare il governo, bisogna semmai dire che l'entrata in vigore della riforma nel 2008 è tardiva rispetto alle esigenze di riorganizzazione della previdenza.

Il punto è che allo stato dei fatti la pensione è un miraggio per decine di migliaia di lavoratori, esattamente come lo è il posto fisso, per quanto lo si voglia difendere e garantire. E pensare di far gravare i costi delle pensioni su chi domani non potrà averla, è una sfida persa in partenza. E' quanto ci è parso evidente dallo sciopero del 24 ottobre.

A fronte di un cambiamento profondo della realtà economica nazionale e sovranazionale, il sindacato ha avuto un riflesso condizionato, tipico della sua tradizione, quale è appunto quello lo sciopero. Ma ora bene farebbe a tornare al tavolo del confronto e della trattativa.

Vogliamo sperare che prevalga il senso di responsabilità e che si incominci a leggere la crisi attuale con un altro spirito rispetto a quello finora dimostrato. Non si possono chiedere, ad esempio, maggiori risorse per l'innovazione e la ricerca se il carico fiscale della mano d'opera è eccessivo rispetto ai prodotti fatturati, perché questo porta a cercare il profitto grazie ad una mano d'opera meno cara ed impone alle imprese di emigrare nei paesi dell'Est o di assumere lavoratori in nero. Non si può pensare allo sviluppo se le forze produttive del Paese diventano quantitativamente inferiori rispetto a quelle improduttive, come pure le stime tendono ad evidenziare.

Certo, bisogna difendere garanzie minime di assistenza, qualificandole ed accertandosi che non comportino sprechi. Una riforma, dunque, è improcrastinabile. E sono, fra l'altro, molti gli esponenti dell'opposizione che se ne rendono conto. Si cerchi un intervento sulla riforma, come è giusto, ma non si creda di poter far sopravvivere istanze che non trovano più nessun rapporto concreto con le dinamiche di una società come la nostra, in rapida evoluzione, che riduce di per sé le garanzie sociali di un tempo. Altrimenti si difenderanno non i diritti di molti, ma i privilegi di pochi: l'esatto opposto di quello che una forza progressista si promette di fare e di ottenere.

Roma, 24 ottobre 2003

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

nuvolarossa
19-12-03, 12:47
Ciampi chiede dialogo e intese per le riforme

Il presidente: la nostra Repubblica è fondata sui valori del Risorgimento e della Resistenza

ROMA - L’unica cosa di cui non parla è la legge Gasparri: un capitolo chiuso, per lui. Ma tutto il resto dell’attualità politica c’è, nel discorso di Ciampi alle alte cariche dello Stato. E tutto gli serve per il bilancio «di un anno non facile», nel quale vuole comunque cogliere indizi di ottimismo e «fiducia nel futuro». Per ripartire col piede giusto, suggerisce «il metodo» da lui stesso collaudato: il «dialogo» e la «costante ricerca di possibili intese». Così da costruire «soluzioni largamente condivise», piuttosto che fare del confronto tra partiti una ininterrotta prova di forza. E, a proposito di visioni condivise, ricorda il valore «fondante della Resistenza» nell’identità repubblicana: cenno non rituale, dopo la sortita del presidente del Senato, Marcello Pera, con la pretesa di consegnare ormai l’antifascismo agli storici.

MIELE E FREDDO - E’ il primo incontro tra Ciampi e Berlusconi, presenti tutti i grand commis del Paese, dopo la bocciatura della legge sulle tv. Nonostante i tentativi di spargere miele («i nostri rapporti sono buoni, tutti hanno visto», dice il premier), l’aria è fredda. Quando il presidente prende la parola, il Cavaliere alza lo sguardo al soffitto e poi lo sposta verso i «ragazzi del ’99» convocati per gli auguri al Quirinale. Berlusconi sorride: chissà, forse pensa alla battuta che pare gli abbia fatto Pier Ferdinando Casini poco prima, indicando la fila degli ultracentenari: «A chi si preoccupa del dopo-Ciampi, ecco là spiegato il suo progetto: farsi altri quattro mandati sul Colle». Un modo per sdrammatizzare l’atmosfera, aspettando l’analisi di un capo dello Stato che mostra di non arretrare d’un palmo rispetto alle proprie idee.


LARGHE INTESE - Tema centrale dell’intervento di Ciampi, la riforma della Costituzione annunciata dal governo. Un impegno delicatissimo, per il quale rinnova una «calda esortazione a perseguire con costanza la ricerca di possibili intese». Senza mai dimenticare un’esigenza, legata al fatto che una simile riforma «travalica i limiti delle singole legislature»: «Le norme fondamentali, che investono l’architettura degli organi costituzionali e i loro rapporti, siano scritte sulla base di un largo consenso». Del resto, aggiunge, la presentazione della bozza Amato da parte dell’opposizione gli pare «la premessa per poter pervenire, attraverso un sereno confronto, all’adozione di soluzioni largamente condivise». L’obiettivo è alto, insiste il capo dello Stato: «Riscrivere passi importanti della seconda parte della Carta, facendo salvi, e anzi rendendo più effettivi i princìpi essenziali di libertà, democrazia, eguaglianza e convivenza civile contenuti nella prima parte». Parte che dunque esclude possa essere toccata.


DIALOGO SULLA GIUSTIZIA - Il Senato sta esaminando la riforma dell’ordinamento giudiziario, e Ciampi si tiene fedele alla consegna secondo cui «quando il Parlamento discute il capo dello Stato tace» (e la frase riecheggia quella che pronunciò pochi giorni prima di rifiutare la firma alla Gasparri). Tuttavia non rinuncia a ribadire, pure in questo caso, «l'importanza del metodo del dialogo, che ravvicina posizioni e supera incomprensioni». Non basta. Il presidente conferma di sentirsi «garante di autonomia e indipendenza della magistratura», valori «irrinunciabili». E però chiede alle toghe di essere autonome e indipendenti «in ogni situazione, anche al di fuori dell’esercizio delle loro funzioni». Ancora: la ragionevole durata dei processi è alla base della fiducia dei cittadini sul potere giudiziario. «Quest’anno si è visto qualche segno di miglioramento, ma la strada resta lunga e irta di ostacoli».


PENSIONI E CONTI - Ciampi coglie «un segnale positivo» nel confronto tra Palazzo Chigi e i sindacati avviato il 10 dicembre. Certo: un segnale più tenue rispetto a quello del dialogo sulle riforme. Si augura che costituisca un precedente utile, «un avvio sulla strada del consenso sociale», come lo cercava lui con la concertazione, quand’era ministro del Tesoro. E a proposito di «attenzione all’economia reale», il capo dello Stato ripete che essa «non deve far venir meno la necessità di tenere sotto controllo la finanza pubblica». «Sappiamo di dover continuare ad avere un elevato avanzo primario per ridurre l’incidenza di un debito pubblico che assorbe risorse altrimenti destinabili a maggiori investimenti». Ma la crisi attuale, pur con barlumi di risveglio, impone di «reagire» su tanti fronti, investendo ad esempio in ricerca, scuola, Università.


EUROPA E IRAQ - Infine il fronte della politica estera. Dall’Unione europea, di cui «gli eventi del 2003 hanno dimostrato un’insostituibilità» che ci impone di «non affievolire l’impegno per una più compiuta integrazione» e, in definitiva, «per arrivare al Trattato costituzionale». Al caso Iraq, che deve restare «ancorato a quello della comunità internazionale espresso dalle risoluzioni Onu». Secondo quella visione di multilateralismo verso la quale il governo (e lo stesso Pera, poco prima) si mostra piuttosto tiepido.

Marzio Breda

nuvolarossa
04-02-04, 20:47
LA NOTA POLITICA
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La riforma indispensabile

Sulle pensioni il premier deve andare avanti per la propria strada

Il governo Berlusconi - fa bene Ostellino a ricordarlo sul Corriere di martedì - è nato per "cambiare la natura stessa dei rapporti sociali, politici, economici, culturali". E' nato, in altre parole, per fare le riforme di cui il paese ha bisogno. Quelle stesse riforme che il centrosinistra aveva dimostrato di non essere in grado di condurre in porto, anche se ora alcuni suoi esponenti le rivendicano (salvo ad essere prontamente smentiti da altri e più autorevoli compagni di cordata).

Tra queste riforme è sicuramente quella delle pensioni. Che il Consiglio dei Ministri ha già approvato all'unanimità, e quindi con il consenso di tutte le diverse componenti della maggioranza che vi sono rappresentate. A noi quella riforma sembra francamente ancora insufficiente e pensiamo di non essere i soli a considerarla tale. Ci risulta anzi che lo stesso Presidente del Consiglio ne avrebbe voluto una più incisiva, che fosse tale da assicurare il definitivo equilibrio dei conti previdenziali.

La riforma difesa dal ministro Maroni è quindi il risultato di un compromesso. Quel testo rappresenta il punto di incontro tra le esigenze di chi - più attento, e giustamente, ai conti dello Stato e al futuro previdenziale dei giovani - ne sollecitava una più incisiva e quelle di chi invece - più interessato al dialogo con i sindacati e alla tutela dei lavoratori più anziani - ne avrebbe voluto una più morbida.

Ma un compromesso è tale se non si rimette in discussione. Non comprendiamo quindi, se non in chiave puramente strumentale, la sortita del ministro Alemanno, che oltre tutto è ministro non del Welfare ma dell'Agricoltura, e non ci risulta aver sostituito Gianfranco Fini alla guida di Alleanza Nazionale.

La riforma del sistema previdenziale va fatta. E va fatta nei tempi e nei modi concordati. Il nostro suggerimento al Presidente del Consiglio - su questo come su altri questioni - è quello di andare avanti per la sua strada. Nella convinzione - per citare ancora Ostellino - che questi sono tempi in cui "non basta governare, è necessario cambiare". Sono le indecisioni a moltiplicare le divergenze interne alla maggioranza. Un atteggiamento più risoluto, come i tempi richiedono, servirà a ricomporre i dissensi interni. Anche perché gli alleati, in quel caso, non potranno non percorrere il processo riformatore di cui il paese ha bisogno.

Roma, 4 febbraio 2004

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

nuvolarossa
26-02-04, 21:35
LA NOTA POLITICA
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Fassino si scopre liberale

Anche il segretario Ds disponibile a riformare il sistema previdenziale

L'onorevole Fassino, nel corso della trasmissione "Radio anch'io", cui ha partecipato il 26 febbraio, ha espresso alcune posizioni di chiaro sapore liberale concernenti la riforma della previdenza. Ad esempio ha detto che il ministro "Tremonti non può obbligare", un ferrotranviere, il quale magari ha iniziato a lavorare a vent'anni di età, a lavorare fino a sessanta, e che invece occorrerebbe lasciargli il diritto di andare in pensione quando più gli piace. Ci fa piacere poter dare ragione all'onorevole Fassino: in principio è giustissima la sua osservazione, e la condividiamo. Però è parziale, perché essa non ci dice se tanta liberalità alla Locke è compatibile con i conti dello Stato, ovvero se lo Stato sarà nella condizione di garantire quella flessibilità nella libera decisione del lavoratore. E se lo Stato non fosse in grado? Quello che allora potremmo fare di fronte a problemi di questo genere, che effettivamente producono una sorta di inquietudine che serpeggia nella nostra società, come sempre ci ha spiegato l'onorevole Fassino, sarebbe di attrezzarci al meglio per offrire delle garanzie a determinati lavoratori. Nel senso che l'età di andare pensione possa essere flessibile, come sarebbe giusto che fosse, nel caso in cui si abbiano un ferrotranviere o un operaio che lavora al tornio da quando ha vent'anni, e che dopo trenta e passa ha esaurito le sue energie fisiche. Ma questo non vale per chi magari sta in un ufficio comunale da quando ne ha trenta e a soli cinquanta è già in pensione, e magari si è trovato un altro lavoro dove sfogare le tante energie accumulate.

Questo perché, se andiamo a seguire la casistica, forse ci accorgiamo che le categorie di lavoratori che sono sottoposte da più anni ad un alto tasso di fatica fisica e di stress, sono in numero minore delle categorie di coloro che hanno avuto lavori di una certa comodità. Per cui, facendo un passo liberale in più, per competere con il liberalismo dell'onorevole Fassino, potremmo differenziare il regime pensionistico su questa base non insignificante, che è data dallo sforzo fisico compiuto nel lavoro.

Sperando che in questo caso l'onorevole Fassino non si riveli invece un egualitarista alla Rousseau, e si opponga a differenziazioni fra i lavoratori.

Prendiamo atto positivamente che comunque l'onorevole Fassino ha dimostrato il contributo dell'opposizione alla proposta della riforma della previdenza. Ciò significa, abbiamo ragione di credere, che l'onorevole Rutelli sia stato alla fine in grado di convincere, nel merito, il suo principale alleato. E anche di questo ci compiaciamo. Ora non ci resta che attendere il confronto fra l'Ulivo ed il sindacato, che era stato annunziato e poi rinviato, da cui, conseguentemente, dovremmo apprendere che decade lo sciopero annunziato contro la riforma. Anche perché l'onorevole Fassino ha spigato che molti rilievi dell'opposizione fatti alla riforma sono stati accettati alla fine dal governo, come quello sulla decontribuzione dei giovani lavoratori, o sulle liquidazioni. L'onorevole Fassino dovrebbe essere contento di avere un governo che alla fine si è mostrato così recettivo ai propositi e alle considerazioni dell'opposizione.

Speriamo lo faccia anche il sindacato.

Tanto lodiamo l'onorevole Fassino, che si è schierato chiaramente a favore della riforma della previdenza, voluta fortemente dal presidente del Consiglio Berlusconi, tanto dobbiamo esprimere la nostra preoccupazione per le parole dell'onorevole Bossi. Il quale ha osservato che la riforma costa più di quanto incassa. Se fosse così, sarebbe un atto di sfiducia verso il ministro Maroni che ci sorprenderebbe non poco. Noi desidereremmo che non fossero solo i lavoratori padani a pagare, ma riteniamo che comunque anche loro faranno la loro parte. Crediamo, in fondo, che il problema posto da Bossi sia complesso ma di facile risoluzione. Nel senso che, se davvero la riforma messa a punto dal governo fosse fallimentare, Maroni si dimetterà all'istante. Se invece l'onorevole Bossi ha solo qualche preoccupazione elettorale, o magari mostra qualche recrudescenza della tormentata verifica, questa si potrà placare serenamente, a fronte della convinzione che il governo abbia agito per il meglio, come speriamo.

Roma, 26 febbraio 2004

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

brunik
29-03-04, 20:27
Prodi: la stabilità di Berlusconi costa al paese 23 miliardi di euro

Di Romano Prodi (*)

Per un governo, per qualsiasi governo, la stabilità è certamente un valore fondamentale, anzi una vera e propria precondizione per ben governare. Senza stabilità non esiste sufficiente orizzonte temporale per prendere decisioni difficili. Senza stabilità non si è credibili, tanto nei confronti dei cittadini quanto nei confronti dei mercati. Senza stabilità non si costruiscono rapporti e alleanze solide a livello internazionale. Senza stabilità, infine, non è possibile acquisire nessuna fiducia nei confronti degli investitori stranieri.

Stabilità, dunque, non come fine, ma come mezzo per portare a termine precisi programmi.

E del tutto evidente che se si lancia invece in maniera ossessiva il richiamo alla stabilità non per fare e fare bene, ma semplicemente per occupare a qualunque costo il potere, il valore stabilità diventa un costo insopportabile per il Paese.

In altri termini, pur di rimanere «stabilmente al potere», questo governo ha finito con l'accettare ogni compromesso, ogni mediazione, ogni forzatura delle regole democratiche.

Facciamo alcuni esempi. Berlusconi, pur di non perdere il consenso di Bossi, ha dovuto rinunciare a una vera riforma delle pensioni di anzianità (io preferisco chiamarle "di giovinezza"), privandosi così delle risorse necessarie per avviare una nuova fase di sviluppo.

Con il risultato che, per continuare ad assicurare al governo una maggioranza stabile, il Paese si è dovuto accontentare di un tasso di crescita più basso del 40-50 per cento rispetto a quello che sarebbe stato realizzabile riducendo drasticamente la spesa corrente e usando i nuovi margini finanziari per ridurre la pressione fiscale e per aumentare gli investimenti.

La mancata riforma delle pensioni di anzianità, dunque, ci è costata mezzo milione di occupati in meno e un ulteriore ritardo nella modernizzazione del Paese.

(*) Presidente della Commissione Europea

Garibaldi
31-03-04, 10:07
Originally posted by brunik
La mancata riforma delle pensioni di anzianità, dunque, ci è costata mezzo milione di occupati in meno e un ulteriore ritardo nella modernizzazione del Paese.

AHAHAHAHAH !! CHE RIDERE !?!
Questo qui ragiona dando ragione a chi vuole la riforma delle pensioni !!!! e convive nel partito degli UNITI per andare in piazza a contestare la riforma dell pesnioni ?!!
Insomma sono come i ladroi di pisa che litigano al giorno e vannno a rubare insieme alla mnotte !!!
Belin che te nnnnegga !!!!
Falla leggere ai ds questa lettera, a parte che ho il dubbio che capiscano quello che leggono !!!
E' come il prete all'altare che predica bene e razzola male !!!!
Gli striscioni dell'uliovo bertolli assieme a quelli che contestano la riforma pensionistica ce li hai portati te, brunicche, in piazza ???????????''

brunik
31-03-04, 10:47
Il, Presidente Prodi è nel giusto, quando dice che un Governo che non è in grado neanche di fare la riforma delle pensioni dorebbe dimettersi, anzichè perseguire una dannosa "stabilità" per il Paese con conseguente danno valutabile in 45mila miliardi delle vecchie lire.

E solo per dire "ho fatto il record di durata". Il record di danni, ha fatto.

Dimissioni, prima che sia troppo tardi.

Garibaldi
31-03-04, 13:05
Le pensioni credono che siano quelle di fianco agli alberghi !?!?!?
Vergognati !!! galletto amburghese in batteria !!!!

kid
31-03-04, 13:17
mi sei mancato per mille spingarde!

brunik
31-03-04, 13:28
Ci state costando una cifra, con questa palla delle pensioni: 45mila miliardi all'anno, te lo dico io.

DIMISSIONI IMMEDIATE IRREVOCABILI DI BERLUSCONI.

Per continuare ad assicurare al governo una maggioranza stabile, il Paese si è dovuto accontentare di un tasso di crescita più basso del 40-50 per cento rispetto a quello che sarebbe stato realizzabile riducendo drasticamente la spesa corrente e usando i nuovi margini finanziari per ridurre la pressione fiscale e per aumentare gli investimenti.

La mancata riforma delle pensioni di anzianità ci è costata mezzo milione di occupati in meno e un ulteriore ritardo nella modernizzazione del Paese.

Bravo Presidente Prodi. Ed è solo l'inizio.

BERLUSCONI VERGOGNA !!

Garibaldi
01-04-04, 07:54
statte bono !!!
belin che te nega !!!
vedrai che la riforma delle pensioni il berluska la fara !!11
Il leader dei catto-comunisti non lo vorrei nemmeno come sagrestano, sono convinto che non e' capace nemmeno di suonare le campane !!!!!!

brunik
01-04-04, 08:40
http://brunik.altervista.org/prodistabilita.gif



Domenica 28 Marzo 2004, 15:50

Governo: Berlusconi, Ci Avviamo a Superare Record Di Durata
Di (Abr/Ct/Adnkronos)

Cernobbio (Co), 28 mar. - (Adnkronos) - ''Il governo si avvia a superare il record di durata dei governi italiani che apparteneva ad un precedente governo Craxi, che credo dovremo superare il 5 maggio''. Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che intervenendo al forum di Confcommercio ha aggiunto: ''Non sono personalmente attento ai record, non lo sapevo nemmeno, me lo hanno fatto notare ma adesso mi piace arrivare a superare il record, mi piace perche' le cose che si fanno sono la dimostrazione che senza la stabilita' dei governi difficilmente si arriva a risultati positivi''.


http://utenti.lycos.it/brunik2/foto/2476045211.jpg

Texwiller (POL)
01-04-04, 09:14
della maggioranza, in commissione e dalla maggioranza, che proponeva di porre un limite massimo alle pensioni a 516 euro al giorno (non al mese.......).
Problemi tecnici......
Buffoni (si può dire?)
Tex Willer

mcandry
01-04-04, 14:00
Originally posted by Texwiller
Buffoni (si può dire?)

si deve...

nuvolarossa
28-07-04, 20:29
... finalmente siamo sulla linea d'arrivo della riforma delle pensioni ... sono passati tre anni circa da quando il Governo ha fatto agli italiani la promessa di arrivare in porto con questa riforma .... e dopo decine di tentennamenti finalmente ci siamo ... anche se con il metodo della "fiducia".
I sindacati, per contratto, devono far finta di brontolare e contestare ... magari anche con toni ruvidi e plateali .... ma voglio vedere come faranno a convincere e portare i lavoratori in piazza quando, fra questi lavoratori che saranno investiti dalla riforma, ci sono lavoratori che andranno a "lucrare" il 30% e piu' in busta paga semplicemente scegliendo di rimanere a lavorare ....
La maggior forza sindacale di oggi non e' piu' il sindacato dei metalmeccanici ... e' risaputo che e' il sindacato dei "pensionati" ... e quindi la riforma ... convincendo con metodi abbastanza pragmatici (cioe' con tanto di moneta ... e tanta anche) i lavoratori a non andare in pensione ... creera' un decremento pluriennale nella consistenza numerica di questa categoria .... obbligando quindi i sindacati ... se vogliono continuare ad essere una organizzazione seria e convincente ... a ritornare a fare proseliti tra i lavoratori .... tra quelli cioe' che in pensione ancora non ci sono ... ed a fare battaglie normative e salariali convincenti e fattibili di concerto con le esigenze dei lavoratori che sono stati lasciati da anni ... da troppi anni ... soli con se stessi ... narcotizzati ed addormentati dai governi precedenti che vedevano nei posti chiave della controparte di Stato le stesse forze amiche della burocrazia e del funzionariato sindacale ...
Le tre Confederazioni dovranno .. giocoforza ... sospendere, nei prossimi anni, le trasmigrazioni in su ed in giu' ... in lungo e in largo nella penisola .... a sbafo delle contribuzioni della categoria dei "pensionati".... era ora ... non se ne poteva piu' di vedere centinaia di funzionari all'Hotel Hilton di Monte Mario o al Negresco di Nizza ... o alle Terme di Montecatini .... a sperperare il denaro dei lavoratori colpevoli soli di dare troppa ... eccessiva fiducia a chi dovrebbe tutelare i loro interessi.

nuvolarossa
30-07-04, 20:13
Riconoscimenti al governo

Con la nuova previdenza la possibilità di rispettare il programma elettorale

Sarà troppo poco, troppo tardi e magari anche con un impatto sociale che accresce le iniquità, lo vedremo presto, ma come è costretto a riconoscere, suo malgrado, Massimo Gaggi sul "Corriere della Sera" di venerdì 30 luglio, "quella approvata dal Parlamento è comunque una riforma delle pensioni destinata ad avere un impatto strutturale di una certa consistenza". Solo questo sarebbe sufficiente per dare atto al governo di avere per lo meno posto una premessa per procedere nella giusta direzione. Cosa che nella passata legislatura nemmeno si riuscì ad immaginare, perché il centrosinistra allora si distinse per le chiacchiere e le polemiche che dilaniarono l'esecutivo, la maggioranza ed i sindacati, fino al punto che, malinconicamente, il presidente del Consiglio, onorevole D'Alema, ammise la sua debolezza, nonostante il soprannome guadagnatosi di Spezzaferro, e rinunziò nell'intento, annunziando stremato che lui avrebbe voluto farla, questa benedetta riforma, ma che gli fu impedito.

Per cui desideriamo tornare al commento di Gaggi, che di queste cose se ne intende, e alla sua sincerità di fondo nel commentare la vicenda. Egli infatti aveva previsto con buone ragioni, anche in questa legislatura, "per come si erano messe le cose", lo stesso esito inconcludente di quella passata. La Lega si era messa di traverso, fino al giorno prima del voto, ed il sindacato, come si sapeva, era ancora più ostile di quanto fu con la proposta del centrosinistra, tanto che, scrive Gaggi, esattamente come noi abbiamo sempre sottolineato da questo giornale, non ha "mai realmente tentato un approccio costruttivo". Anche queste difficoltà dànno risalto ad un risultato ottenuto che si deve considerare di "rilievo", parola di Gaggi. Onore a lui e, se permettete, anche al governo. Non sapremmo invece cosa pensare dell'opposizione, che ha dissimulato le sue contraddizioni nell'ostilità al piano dell'esecutivo, ha puntato le sue carte su un patetico ostruzionismo, ed ancora, pur disdegnando il provvedimento approvato, fa sapere che questa "legge iniqua", sarà comunque rispettata anche in una prossima legislatura targata centrosinistra.

Possiamo dire per lo meno che in questa maniera il centrodestra ha tolto ai suoi avversari le castagne dal fuoco. Non ci stupisce che al "Manifesto" ci si indigni e si accusi la sinistra di non sapere più cosa volere e forse che fare. E' anche la nostra valutazione, non abbiamo avuto però bisogno di tutto questo tempo, però, per formularla compiutamente e muoverci altrimenti.

Che l'opposizione si trovi in stato confusionale, sapendo che il suo nemico ha messo a segno un colpo, mentre loro hanno perso un'occasione, si intuisce anche da un puntuto editoriale di Massimo Riva per "la Repubblica". Egli se la prende infatti con la finanza creativa di Tremonti, il famoso buco trovato nell'estate del 2001 e lo sforamento del deficit a causa del passato responsabile del dicastero di via XX Settembre. Ma se Riva avesse ragione, ancora più ragione avrebbe avuto il governo a far dimettere Tremonti e ad aver posto in evidenza lo stato dei conti attraverso Siniscalco. La riforma della previdenza che è stata approvata allevia il contesto economico complessivo e, insieme alle altre misure del dpef - nel loro rigore testimoniato dalla Banca d'Italia - lascia aperta la possibilità successiva di una riforma fiscale. Anche se si farà solo fra due anni, essa è ancora in tempo utile per guadagnare la ripresa in favore del Paese. Per cui, alla fine, si potrà anche accusare il premier di aver straparlato di tasse da abbassare, ma si dovrà ammettere che, attraverso gli attuali provvedimenti, questo straparlare potrà trasformarsi in una promessa, concreta e realizzabile quanto necessaria. Con il che davvero lo scenario prefigurato lascia intravedere, nonostante le tribolazioni ed i ritardi, come il governo abbia finalmente imboccato la strada giusta e sia a buon punto rispetto alla realizzazione degli impegni presi.

Esattamente come noi abbiamo sperato e voluto, a dispetto degli uccelli del malaugurio e di chi contava su un fallimento che avrebbe messo in ginocchio il Paese. Adesso che si inventerà di bello la nostra sinistra?

Roma, 30 luglio 2004

nuvolarossa
04-08-04, 20:09
Federalismo e Costituzione

Giusti punti di equilibrio evitando il cortocircuito fra Stato e Regioni

Il governo ha fatto bene ad impugnare lo Statuto della Regione Toscana davanti alla Corte Costituzionale per ciò che concerne le coppie di fatto, e altrettanto bene a diffidare il Comune di Genova per l'annunciato voto agli immigrati extracomunitari.

Fintanto che c'è una legge dello Stato, occorre rispettarla, quali che siano i margini di autonomia federale che pure si vogliano dare a proposito. Per cui nella decisione del governo non c'è nessuna incoerenza con un eventuale disegno federalista. C'è l'adempimento, invece, delle leggi correnti che non vanno disattese finché sono in vigore.

Il problema piuttosto è che, in base alle modifiche costituzionali già approvate nella passata legislatura - ci riferiamo all'articolo 127 per come è stato sostituito dalla legge costituzionale del 18 ottobre 2001 - anche la Toscana e magari la Regione Liguria, in difesa delle scelte di Genova, potranno impugnare a loro volta la diffida del governo davanti alla Corte costituzionale.

Perché ormai il conflitto fra Regione e Stato, grazie all'intervento del centrosinistra, è la prassi comune della vita repubblicana.

Sotto questo profilo noi non siamo mai stati assertori ideologizzati della forma federale o centralizzata dello Stato unitario. Noi siamo assertori dello Stato unitario che funzioni e che abbia dei punti di equilibrio certi, e capaci di fronteggiare qualsiasi istanza. Questo può dunque essere benissimo anche federale. Ma si badi bene a non perdere di vista la coesione dello Stato stesso e creare una conflittualità latente fra i suoi organismi, come è successo con le modifiche costituzionali nella passata legislatura. Il fatto che si sia riaperto un tavolo tecnico sulle riforme nel centrodestra dopo quello di Lorenzago, ci fa pensare che evidentemente non si è ritenuta sufficiente quella prima ricognizione avvenuta su questa materia - come ha confermato un partito presente a Lorenzago - con gli emendamenti al testo di riforma che pure quella stessa formazione aveva contribuito a elaborare.

In casi di questo genere è meglio una aggiunta di riflessione. La nostra idea resta quella che, prima di toccare la Carta costituzionale, sarebbe stato meglio pensarci duemila volte, visti anche i risultati finora prodotti, non certo incoraggianti.

Roma, 4 agosto 2004

nuvolarossa
10-09-04, 20:29
Riforme e Conservazione

Quando il centrosinistra modificò la Costituzione a colpi di maggioranza

Alla fine della scorsa legislatura, il segretario del Partito repubblicano chiese un incontro con segretario dei Ds, allora onorevole Veltroni, per esternargli la preoccupazione che una riforma costituzionale approvata in fretta e furia a colpi di maggioranza, avrebbe significato un errore grave, e per l'armonia nazionale, e per l'eredità che avrebbe comportato politicamente nella legislatura seguente.

L'onorevole Veltroni pensosamente rispose che i repubblicani avevano ragione, ma che non si poteva fare niente perché si era deciso così. Fu l'ultimo atto politico che ci convinse dell'inutilità del nostro apporto al centrosinistra e che ci indusse a cercare un'altra strada, visto che, nonostante ci si desse ragione, la principale forza della coalizione preferiva comportarsi altrimenti.

Allora i repubblicani apparvero come dei conservatori dell'esistente e nessuna penna si levò in loro soccorso per dire che "la migliore di tutte le riforme è non fare assolutamente nulla e rispettare e realizzare i principi della Costituzione che per fortuna abbiamo". Il fatto che le penne si levino oggi, è tardi, proprio perché quella Costituzione non l'abbiamo più, e il progetto riformatore dell'attuale maggioranza non ha potuto prescindere dai guasti allora evitabili. Quei guasti allora furono gravi, e molto difficile è stato oggi ovviarvi. Vi si è riusciti? Non lo sappiamo e con molta umiltà, proprio perché non lo sappiamo, raggiunta un'intesa sui punti di massima per assicurare una governabilità del sistema ed evitare che l'istanza federale non rispetti l'unità nazionale, si lascia aperto, il testo approvato, ad altri contributi anche provenienti dalle opposizioni.

La nostra speranza è che ciò serva a poter ricreare uno spirito costituente, visto che da più parti questa Costituzione si ritiene di volerla cambiare, ma un accordo nel merito è solo parziale. A questo governo ed al ministro delle Riforme, riconosciamo almeno la consapevolezza che il centrosinistra preferì trascurare, mettendo a rischio l'integrità e l'efficienza del sistema Paese. Ed il nostro impegno in questi mesi è stato di voler salvaguardare questa integrità e questa efficienza. L'attuale coalizione ci ha concesso questa opportunità, che nella passata legislatura ci fu negata. E' già qualcosa da cui poter partire. Dove arriveremo, poi, potremo vederlo solo fra qualche mese.

Roma, 10 settembre 2004

nuvolarossa
13-09-04, 19:43
Se Alleanza nazionale apprezza la vecchia Costituzione antifascista

E' stato il senatore Nania, esponente di spicco di Alleanza nazionale, con un lungo passato nel Movimento sociale, a ricordare che la Carta Costituzionale del ‘48, la nostra Costituzione antifascista, è stata manomessa a colpi di maggioranza dal centrosinistra nella passata legislatura, disperdendo la "coerenza interna" che possedeva, attraverso quella nuova confusa stesura. Ora, se l'attuale coalizione avesse azzerato quel pasticcio, ripristinando il vecchio testo, da una parte ciò sarebbe apparso come un segno di prepotenza nei confronti dell'attuale minoranza, dall'altra come una rinunzia conservatrice. Da qui la scelta di un correttivo a quel testo, da un lato per risolvere il contenzioso apertosi sulla legislatura concorrente che ha prodotto una controversia infinita fra Governo e Regioni, dall'altro per cercare un equilibrio fra le legittime istanze delle diverse forze della coalizione. Entrambi questi intendimenti sono stati raggiunti, grazie al senso di responsabilità dei partiti della CdL e grazie alla diplomazia ed al lavoro del ministro Calderoli. Le modifiche conseguite sono discutibili e aperte al contributo del Parlamento, perché l'attuale coalizione non pretende di imporre nulla ad alcuno ed è cosciente della delicatezza della questione. Tanto che il clima, rispetto a Lorenzago, è cambiato, ed i repubblicani hanno potuto concorrere già in fase di realizzazione del nuovo testo, e meglio potranno fare in Parlamento.

Abbiamo una profonda nostalgia della vecchia Carta e della sua ispirazione, ma riteniamo di doverci misurare positivamente con la realtà che, nostro malgrado, si è determinata,. Del resto non basta certo dire, come ha fatto l'onorevole Bassanini ad un convegno a Palazzo S. Macuto: "Noi abbiamo sbagliato, non ripetete il nostro errore". Perché gli errori, quando sono gravi, si pagano. Quello della sinistra è stato gravissimo. E se davvero si vuole il bipolarismo mite, per dirla con l'onorevole Fassino, lo si applica quando si è maggioranza e non lo si pretende quando si è minoranza. All'epoca invece gli esponenti del centrosinistra ritennero di non dovere farsi imporre il calendario delle riforme dall'onorevole Berlusconi, ed oggi vorrebbero che Berlusconi se lo facesse imporre da loro. In questa maniera, nessuno si stupisca se i conti non tornano.

Roma, 13 settembre 2004

nuvolarossa
15-09-04, 13:01
Riforme,alla Camera emendamenti CdL

Si torna a discutere di devolution

I saggi della Cdl incontrano Silvio Berlusconi.
E la soluzione ad alcuni nodi sulle riforme non sembra essere lontana. All’uscita da palazzo Chigi, infatti, il presidente del Consiglio si mostra soddisfatto dell’esito della riunione e annuncia: "Sono contento di aver trovato l’assoluta sintonia sulle riforme tra i capigruppo della Casa delle libertà". Insomma, stamani si scopriranno gli emendamenti che ieri gli alleati hanno mostrato al Cavaliere.


La prima difficoltà schivata, che sembra trovare un accordo sul Senato federale e sull’iter legislativo, è il ritorno alla contestualità legata all’elezione del consiglio regionale: richiesta sulla quale il senatore dell’Udc, Maurizio Ronconi, ha chiaramente espresso la totale contrarietà a nome di tutto palazzo Madama.

Eppure, una soluzione potrebbe esserci: la "contestualità affievolita" fino al 2011, per poi dare il via all’altro modello.
Altra idea concordata ieri tra i saggi riunitosi, sarebbe quella legata ad una commissione paritetica Camera-Senato, che dovrebbe risolvere i contrasti su leggi riguardanti materie concorrenti, su cui il governo pone la fiducia.

Una soluzione che trova il benestare di Marcello Pera che, dopo aver criticato nei mesi scorsi l’intera riforma, adesso ritorna sui suoi passi, asserendo che "è un’occasione che dovrebbe essere colta da tutte le forze politiche, nessuna della quali dovrebbe tenersi fuori dalla discussione".

Nel frattempo la Cdl deve tener presente degli emendamenti che oggi, in parlamento, saranno presentati da Bruno Tabacci, che mette in guardia: "Il testo è figlio di troppi e dispari input politici. Non ripetiamo l’errore dell’Ulivo".

Emendamenti che oggi saranno presentati e, probabilmente firmati, dal portavoce di An, Landolfi, da Giorgio La Malfa, e da Gerardo Bianco. Anche il capo dello Stato, non esita ad esprimere le sue preoccupazioni.

In un faccia a faccia con il Cavaliere, Carlo Azelio Ciampi, mette in allerta Silvio Berlusconi. Le perplessità per un disegno di legge che modifica incisivamente la costituzione restano, soprattutto per gli aspetti tecnici e giuridici. Certo il presidente della Repubblica non ha intenzione di intervenire laddove la legge non gli attribuisce competenza, ma non esita a dare qualche consiglio.

In particolare sul referendum confermativo. Insomma, fare un referendum contestualmente, o quasi, alle elezioni politiche è pericoloso. Soprattutto, poi, se si tratta di devolution sulla quale tutto l’elettorato da Roma in giù, pretenderà qualche spiegazione. E Silvio Berlusconi lo sa. E si spiega: "Il federalismo lo realizzeremo per convinzione, e non perché ce lo chiede un nostro alleato".

In sostanza, prende le distanze dalla Lega che al sud non è ben voluta. Ma, intanto, alla Camera prosegue la discussione.

L’opposizione si dice disposta al dialogo, ma prima di qualsiasi apertura bisogna vedere gli emendamenti. Il cui andazzo sembra non piacere. Così, ieri, De Mita commentava: "è un compromesso disdicevole che mira ad una Costituzione che tuteli solo il sovrano e la maggioranza". Ma, per ora, non resta che aspettare le mosse che oggi farà la maggioranza per modificare il testo approvato dal senato lo scorso luglio

nuvolarossa
15-09-04, 21:25
Il mite bipolarismo

Per una Costituente occorrerà aspettare un'altra legislatura

Ha perfettamente ragione il ministro Calderoli a ricordare agli illustri esponenti dell'opposizione che la proposta di un'Assemblea Costituente avrebbe valore se fossimo all'inizio della legislatura, ma che, avanzata al suo terzo quarto, appare più che altro come una volontà di annullare un progetto di riforma.

La sinistra a questo punto può solo piangere su se stessa, in quanto per prima cosa, con suprema arroganza, nella scorsa legislatura, fallita la bicamerale, impose una riforma della Costituzione con una procedura indegna di una Repubblica democratica. Almeno ci avessero dato un buon testo! Invece quella riforma generò un parapiglia senza senso nel sistema legislativo istituendo una inedita concorrenza fra Stato e Regioni, tale da provocare la paralisi istituzionale. Poi perché, all'inizio della nuova legislatura, sconfitta dal voto popolare, invece di essere consapevole dei problemi aperti con la sua riforma, si è rivolta verso la legittima maggioranza, con toni buoni da usare contro i golpisti, accusandola di ogni possibile nefandezza, esagerando i comportamenti, tanto da precludere ed inibire quasi il confronto parlamentare.

Di questo ce ne siamo accorti anche sulla delicatissima questione irachena e c'è voluto il drammatico rapimento di due ragazze italiane per indurre l'opposizione ad un atteggiamento più responsabile ed il segretario dei Ds a farsi sostenitore del bipolarismo mite. Se questa posizione assennata verrà mantenuta anche nel prosieguo della legislatura, considerando l'evoluzione del quadro internazionale (che non è stata contemplata dal progetto di riforma del centrodestra), e comunque la discussione interna alla coalizione sugli aspetti tecnici della riforma, non si può escludere che domani si apra una nuova fase costituente. Ma oggi il centrodestra ha il dovere di procedere come ritiene opportuno, sulla base dell'articolo 138, e fra l'altro gli deve esser dato atto di mostrarsi aperto al dialogo con l'opposizione che non ha che da presentare le sue proposte. Calderoli ha dimostrato in queste settimane di essere un ministro che sa ascoltare, valutare e proporre, non quell'orco che certa stampa ama dipingere. Chissà se l'opposizione riuscirà a farsene una ragione e a dare un suo contributo positivo. Sarebbe ora.

Roma, 15 settembre 2004

brunik
15-09-04, 23:28
Un alt esempio di Uomini del Fare che non lavorano.

La Bicamerale è fallita non per destino, ma perchè i pollisti l'hanno fatta fallire. Fatene una voi di Bicamerale invece di cianciare sempre a vanvera.

nuvolarossa
16-09-04, 11:40
...

kid
16-09-04, 11:52
visto che la costituzione su cui lui ha giurato non esiste più dopo la riforma voluta a colpi di maggioranza dall'ulivo. Ma allora era distratto?

brunik
16-09-04, 12:52
Originally posted by calvin
visto che la costituzione su cui lui ha giurato non esiste più dopo la riforma voluta a colpi di maggioranza dall'ulivo. Ma allora era distratto?

Bastava non far fallire la bicamerale e la costituzione non veniva cambiata a colpi di maggioranza.

Perchè non la fate voi una Bicamerale? Paura come sempre di confrontarvi con persone più oneste che non hanno interessi personali da difendere?

Guardate che non c'è mica solo Berlusconi, che ha anche lui i suoi 68 anni e prima o poi schiatterà, in carcere o più probabilmente alle Bahamas. Guardate oltre, se ci riuscite.

kid
16-09-04, 14:01
era solo la camera di compensazione per il povero d'alema fino a quando non sarebbe diventato presidente del consiglio. Per fare le riforme costituzionali ci vuole un accordo politico nazionale, quale ci fu nel '48 altrimenti, in un clima si scontro e di rissa come l'attuale, si tiene stretta la carta vigente.

brunik
16-09-04, 14:47
E vabbè, è sempre colpa di D'Alema. Te c'hai la fissa di D'Alema.

A me risulta che la Bicamerale sia stata fatta saltare da Berlusconi e che D'Alema sia stato poi accusato di inciucio per tutti gli anni seguenti.

Per quanto riguarda il clima di scontro, ti consiglio di cercare meglio le responsabilità di chi pretende di usare il parlamento come camera di compensazione per i propri interessi.

Non è che, a puro titolo esemplificativo, una legge gasparri approvata con la fiducia dopo essere stata respinta da Ciampi sia un grande esempio di clima collaborativo da instaurare.

Invece di cazzeggiare, proponetela voi la bicamerale. D'Alema l'aveva tentata, voialtri mi sembra non abbiate la minima intenzione di collaborare. Solo cianciare, sapete.

Sempre con la menata del titolo V approvato senza l'opposizione.

Se avevate sempre un atteggiamento di scontro invece che di collavorazione con il cd. "Regime Comunista Illiberale (parole e musica di S. Berlusconi), di chi è stata la colpa, di D'Alema?

kid
16-09-04, 14:51
che non essendo d'accordo con D'Alema ha archiviato la bicamerale e con supremo senso costituzionale D'Alema si è fatto la riforma da solo. La logica è pertinentissima, tant'è che non mi lamento se ora Berlusconi che ha la maggioranza si fa la riforma che più gli aggrada. Io la bicamerale non la propongo perchè non vedo il margine di intesa fra forze politiche che non sono d'accordo su nulla. Chi propone la bicamerale è chi vuol far saltare la Carta Costituzionale che prevedeva per l'appunto una unità nazionale fra tutte le forze politiche nate dall'antifascismo.

brunik
16-09-04, 15:10
:D :D urca, Berlusconi era libero di non essere d'accordo con D'Alema e il "Regime Illiberale Comunista Che Forse non ci farà neanche votare perchè i comunisti non se ne vanno mai democraticamente" (parole e musica collaborative di S. Berlusconi)e invece le opposizioni se non sono d'accordo con Berlusconi sulla devoluscion instaurano climi infami (NB: non sono d'accordo neanche il 90% degli Italiani, se è per questo, ma a voi interessa solo far durare il governo) .

Ma perchè D'Alema ha tentato lo stesso di stare ad ascoltare quel tale che parlava di Regimi Komunisti e lo statista con la bandana non tenta mica di fare qualcosa di utile per il paese?

Per quanto riguarda il fatto che non ti scandalizzi, è scontato: sono tre anni che non ti scandalizzi mai di niente, non riesco proprio a trovare una cosa che fa berlusconi che mai potrebbe scandalizzarti, il tuo ruolo è quello di trovare sempre una scusa per giustificarlo.

Pensa che non ti sei neanche scandalizzato quando il Silvio ha fatto mettere come direttrice marketing della Rai la sua segretaria personale, significa proprio essere piegati a 90°.

kid
16-09-04, 15:19
direttrice marketing della rai? Una sciocchezza in effetti rispetto a Bassanini che ha voluto una riforma del pubblico impiego per mettere la moglie a dirigere il suo ministero.

brunik
16-09-04, 16:01
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


Niente da fare, è proprio la cultura dell'impresa che manca a voi pollisti.

Non capite che se io metto la mia segretaria a controllare il marketing dell'unica concorrente nel campo televisivo che ho realizzo una sinergia non indifferente.

Te lo spiego in parole tanto semplici che perfino un pollista capisce: marketing = mercato = pubblicità = entrate = soldi = migliaia di miliardi.

Più migliaia di miliardi a Mediaset = meno migliaia di miliardi alla Rai.

Più migliaia di miliardi a Berlusconi = meno migliaia di miliardi agli italiani.

Controlla le entrate pubblicitarie Rai e mediaset del 2003, se non è vero che è andata così. Tu mi dirai subito "perchè a Mediaset sono più bravi". Non perchè alla Rai ci mettono gli uomini fininvest e gli ascolti li fanno crollare, quello no. Sono diventati tutti brocchi adesso, alla Rai.

Cero, per voi pollisti i furti da punire sono solo quelli di pochi soldi, possibilmente compiuti da extracomunitari.

Bah, non ci sono più i repubblicani di una volta, il pollismo vi ha immunizzato il cervello.

kid
16-09-04, 16:06
peccato solo che gli ascolti rai siano migliorati da quando c'è berlusconi al governo, ed il tg1 sia tornato sopra il tg5, dopo anni di dominazione mediaset. Senza parlare dei programmi frgnaccia messi su dalle gestione dc psi e sempre confermati, tipo buona domenica, o quelli del tempo ulivista, come l'eredità o come si chiama. Non leggi l'auditel?

brunik
16-09-04, 16:16
Originally posted by calvin
peccato solo che gli ascolti rai siano migliorati da quando c'è berlusconi al governo, ed il tg1 sia tornato sopra il tg5, dopo anni di dominazione mediaset. Non leggi l'auditel?

E' proprio vero che voi pollisti parlate sempre a vanvera, siete stati educati alla faziosità fin da bambini.

Non sapete mai un cazzo di niente e fate sempre i saputelli.

Almeno ringraziare chi perde le ore su internet per insegnare loro le cose, ogni tanto. Mai.

http://brunik.altervista.org/foto/mediasetsupera.gif

kid
16-09-04, 16:20
be si in effetti mi era sfuggito. Ma ti rendi conto? Ma paragona il rapporto fra i programmi di punta e soprattutto il rapporto della rai con se stessa nella gestione precedente. E poi ci danno lezione di competenza, proprio tu che sei stato 8 mesi a spiegare che lo 0,6 con cui il centrodestra era sopra al centrosinistra alle europee non valeva niente. Sei ridicolo.

brunik
16-09-04, 16:34
Originally posted by calvin
be si in effetti mi era sfuggito. Ma ti rendi conto? Ma paragona il rapporto fra i programmi di punta e soprattutto il rapporto della rai con se stessa nella gestione precedente. E poi ci danno lezione di competenza, proprio tu che sei stato 8 mesi a spiegare che lo 0,6 con cui il centrodestra era sopra al centrosinistra alle europee non valeva niente. Sei ridicolo.


Evidentemente non sai quanti miliardi in più guadagna la Fininvest grazie al sorpasso sulla Rai.

Lo sai o te lo devo dire io? Lo sai quanto sono, in un periodo di crisi del mercato pubblicitario, il 25% di ricavi in più, in euro, o anche in lire se non ti sei ancora abituato alla moneta di Prodi?


Ascolta, hai appena detto una cosa falsa: e cioè che la Rai è in testa agli ascolti, quando invece da due anni Mediaset l'ha sorpassata, per la prima volta da quando esiste la TV commerciale. Ti rendi conto che il tuo cervello elabora continuamente ragionamenti partendo da dati falsi? La capisci la gravità di questa cosa? Chi è che ti ha caricato i dati, nel cervelllo, Giacalone?

kid
17-09-04, 11:16
e ti accorgi che sei te che non sai nemmeno di cosa stai parlando. Io non ho detto che la rai è in testa agli ascolti, ho detto che il tg1 e i programmi di punta della rai, dopo anni di dominio mediaset hanno rialzato la testa, tant'è che mediaset, vanta, pateticamente a mio modesto avviso uno 0,1 in più dello share della tv pubblica, quando la tv pubblica è obbligata a programmi educativi trasmessi a notte fonda che nessuno ragionevolmente vede rispetto ai filmetti ed ai filmini della mediaset. Per cui solo un incompetente non si accorge di come questo governoevidentemente scegliendo dei professinisti capaci interni ed esterni alla rai ha rilanciato l'azienda di stato negli ascolti.
Dovessi fare una polemica, la farei sui contenuti della rai, non sullo share. Anche perchè è legittimo che la televisione privata guadagni a faccia più ascolti di quella pubblica e solo in Italia, dove non c,è più nessuna cultura civile ed imprenditoriale, come tu testimoni opgni giorno, ci si può stupire che le tv private tirino di più.

kid
17-09-04, 12:22
Intervento dell'on. Giorgio La Malfa alla Camera, 15 settembre 2004, su "Disegno di legge costituzionale: modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione".

Di Giorgio La Malfa

Signor Presidente, onorevoli colleghi, il primo dato politico che bisogna registrare nello svolgimento di questo dibattito è il clima nel quale esso si è svolto. È un'osservazione che in un certo senso appare sorprendente rispetto alle polemiche che hanno accompagnato tutte le discussioni di carattere costituzionale che si sono svolte in questa legislatura.
Il dibattito che si è svolto in questi giorni, gli interventi dei colleghi della maggioranza ma, soprattutto quelli dell'opposizione, compreso l'ultimo da parte del leader del gruppo dei Democratici di sinistra, l'onorevole Fassino, oggi, indicano che si è realizzato il clima migliore che si possa determinare in una discussione così complessa come quella inerente una riforma costituzionale, nel senso che i contrasti, le contrapposizioni e le diverse impostazioni sono tuttavia presentate - come peraltro esse sono - come un riflesso di scelte politiche che però non investono i fondamenti stessi della convivenza nazionale. Se il Parlamento riuscirà a mantenere questo clima costruttivo nell'esame degli emendamenti e nel successivo iter di questa riforma, a me pare molto incoraggiante. Dico ciò dal punto di vista di una forza politica, quella repubblicana, che ha sempre guardato con una certa preoccupazione al tema delle riforme costituzionali.
In questa lunga fase, ormai ventennale, il Parlamento, prima del 1992 e dopo, si è impegnato in varie forme per affrontare il tema, dalle Commissioni Bozzi, Iotti, fino alla Bicamerale dell'onorevole D'Alema. Tuttavia, noi abbiamo sempre guardato con una certa preoccupazione, anzi, con molta preoccupazione, al processo di riforma costituzionale.
In realtà, la Repubblica aveva - ed ha - una Costituzione che io considero eccellente e i difetti di funzionamento delle istituzioni nel nostro paese (soprattutto, il difetto di funzionamento dei Governi) non ho mai pensato che nascessero dalle regole costituzionali.
Ho sempre pensato che i problemi della vita italiana, che hanno reso difficile la vita del nostro paese, fossero figli delle condizioni politiche del dopoguerra italiano e, in particolare, derivassero dalla ristrettezza dell'arco delle forze utilizzabili per formare i Governi, dalla ristrettezza dell'arco politico costituzionale, se vogliamo così chiamarlo.
L'Italia ha sempre avuto un bipolarismo nella sua vita politica: come tutte le grandi democrazie dell'Occidente, l'ha sempre avuto. Quello che l'Italia non poteva avere, e non ha avuto in larga parte del dopoguerra, è stata l'alternanza delle forze politiche al Governo.
Ciò costituiva un'eredità della prima parte del secolo: il Partito comunista, da una parte, ed il Movimento sociale, dall'altra, rendevano sostanzialmente inevitabile la collaborazione di forze prima nel centrismo e, poi, nel centrosinistra. L'instabilità politica e la debolezza dei Governi rispetto al Parlamento nascevano da questo problema politico, non da un problema costituzionale. Nascevano dal fatto che, quando si aveva la necessità di esprimere un cambiamento a causa di una diversa sensibilità dei problemi da parte dell'opinione pubblica, l'unica cosa che si poteva fare era quella di combinare in maniera diversa le stesse forze politiche, le quali erano "condannate" alla collaborazione perché non era possibile optare per alternative che avrebbero messo in questione la politica estera e la storia del nostro paese.
Eppure, prima che il sistema cambiasse (per effetto del cambiamento storico dovuto alla caduta del comunismo ed a tutto ciò che ne è seguito), già si erano avuti - pur nell'ambito di quel vecchio sistema - fenomeni di maggiore stabilità: il Governo Craxi durò quattro anni, quasi un'intera legislatura; inoltre, la legislatura che fu largamente dominata, diciamo così, dal Governo dell'onorevole Andreotti, quella del 1992, fu una legislatura integrale. Invece, dopo il 1968 l'Italia aveva avuto sempre legislature accorciate. Quindi, anche quella vecchia Costituzione cominciava a produrre la stabilità dei Governi e delle legislature, sebbene il sistema fosse molto diverso.
Inoltre, in quella Costituzione vi era un modello regionalista aperto ad un'evoluzione che poteva essere stimolata, proseguita ed approfondita.
Per queste ragioni, abbiamo guardato con molta preoccupazione a quest'idea secondo la quale, poiché i problemi italiani erano non di carattere politico, ma costituzionale e istituzionale, era necessaria una grande riforma di carattere costituzionale. Se non cambiamo la natura dei rapporti politici nell'ambito della società italiana e la natura dei grandi partiti politici - mi sono sempre detto - non avremo un cambiamento sostanziale: cambiare le istituzioni senza cambiare la cultura delle forze politiche e la possibilità di utilizzarle nella forza di Governo può essere un rischio. Abbiamo preso l'altra strada, quella delle riforme istituzionali: cerchiamo almeno di condurre avanti il discorso nel modo migliore!
Ponendomi in quest'ottica, affronterò subito uno dei temi che, in questi giorni, hanno proposto alla nostra attenzione l'onorevole Violante ed altri autorevoli colleghi. Il tema, che ritorna, è quello dell'Assemblea costituente o, comunque, di un'Assemblea chiamata a riesaminare una parte della Costituzione.
Ho sempre considerato tale proposta insoddisfacente e pericolosa. Intanto, perché un'Assemblea costituente rimette in questione la Costituzione in quanto tale senza che si sappia se si disporrà mai di una proposta idonea. In secondo luogo, onorevoli colleghi, l'Assemblea costituente presuppone un dato politico di fondo: un Governo di unità nazionale.
Non possiamo dimenticare, infatti, che il successo dell'Assemblea costituente nell'immediato dopoguerra fu dovuto al fatto che essa poggiava su un Governo di unità nazionale. Vero è che, poi, le circostanze politiche indussero l'onorevole De Gasperi alla rottura di quell'unità. Tuttavia, nel momento in cui tale rottura si verificò, la parte fondamentale del lavoro era stata impostata, e resistette all'urto politico perché quelli erano anni diversi, perché uscivamo dalla guerra, perché uscivamo dalla lotta di liberazione.
Al contrario, non ha fondamento l'idea secondo la quale i lavori di un'Assemblea costituente possono svolgersi proficuamente in una condizione in cui la lotta politica si svolge tra una maggioranza ed un'opposizione che si pongono come alternative. Questo errore ha condannato al fallimento la Bicamerale presieduta dall'onorevole D'Alema, alla quale ha accennato, nel suo intervento, anche il collega Fassino.
L'onorevole Fassino ha affermato che allora fu l'onorevole Berlusconi a sottrarsi alle conclusioni cui peraltro si stava arrivando con riferimento sia al Titolo V sia ad altre materie. Il problema è che all'accordo raggiunto tra il centrodestra e il centrosinistra di costituire una Commissione bicamerale, in un certo senso era sottesa l'idea che, nell'autorevole sede della Bicamerale, si potesse raggiungere un'intesa politica che in quel momento molti di noi consideravano essenziale di fronte ai problemi del paese, dinanzi al compito che appariva difficilissimo di realizzare le condizioni per non essere esclusi dall'Europa monetaria. Quando all'inizio di quella legislatura vidi nascere la Bicamerale, conclusi che probabilmente sarebbe stato lo strumento con il quale le grandi forze politiche (Forza Italia e i Democratici di sinistra, per citare le maggiori) avrebbero preparato la via per gettare le basi di un accordo politico necessario ai fini del risanamento economico del paese. E, a mio avviso, non è un caso che tra i maggiormente contrari all'idea della Bicamerale vi era il professor Prodi, allora Presidente del Consiglio, per il quale se la Bicamerale avesse raggiunto intese sostanziali, probabilmente avrebbe prefigurato una formula diversa dalla formula di quel Governo. Se si va all'origine del conflitto che minò la compattezza del centrosinistra in quella legislatura troviamo la Bicamerale e l'accordo fatto a casa dell'onorevole Gianni Letta sulla legge elettorale. La condizione per il successo di un'Assemblea costituente è che le grandi forze politiche che convengono sulle riforme costituzionali siano anche pronte a governare il paese. Se le forze politiche convengono sulle grandi riforme costituzionali, a maggior ragione possono convenire sulla politica dell'ordine pubblico ed economica, materie per certi aspetti di minore rilevanza politica rispetto ai fondamenti della Costituzione.
Nel momento in cui il centrosinistra riuscì ad affrontare il problema economico (è un riconoscimento che va dato) senza il concorso dell'opposizione, con le proprie forze, cadde l'idea della riforma costituzionale. A quel punto, è nata l'idea di procedere da soli. In questo caso l'errore fatale lo ha compiuto il centrosinistra. L'onorevole Violante, nel corso del suo intervento, ha dichiarato che riconoscono di aver commesso un errore. Ma sfortunatamente in politica, onorevole Violante, gli errori non si cancellano solo perché vengono riconosciuti. Gli errori producono precedenti e in politica la cosa più grave è creare un precedente. Costituisce un precedente stabilire che una maggioranza ristretta possa affrontare il problema costituzionale nonostante il contrasto molto forte di metà del Parlamento. Oggi, voi dite all'opposizione di avere un atteggiamento comprensivo perché le riforme devono essere fatte insieme. Ma se non sono state fatte insieme alla fine di una legislatura con una maggioranza ristretta, come fa il centrodestra oggi a sostenere che deve avere il consenso dell'opposizione? È già molto che si stia creando un clima nel quale il dissenso non investe i fondamenti, nel quale non ci si scambia l'accusa di voler distruggere i fondamenti della convivenza, ma si discute sui modi migliori di affrontare la situazione. Mi auguro che si chiuda il capitolo costituzionale. Mi auguro che questa riforma, su cui nutro molte riserve che esprimerò tra breve, si concluda. Se nella prossima legislatura dovesse cambiare la maggioranza, mi auguro che le modificazioni che la futura maggioranza introdurrà non siano radicali del testo costituzionale. Da questo punto di vista mi sembra positivo l'atteggiamento della Commissione, del relatore, onorevole Bruno, del ministro delle riforme istituzionali, ossia quello di cercare di cogliere negli emendamenti e nelle posizioni dell'opposizione la più gran parte dei contributi possibile.
Infatti, se questa riforma costituzionale, con tutte le riserve che io posso avere, nasce, non da un disegno totalmente condiviso, ma da contenuti che riflettono anche le preoccupazioni dell'opposizione, nella prossima legislatura l'eventuale lavoro di ulteriore revisione costituzionale potrà essere limitato, come spero. Da questo punto di vista, confesso che avrei preferito, lo dico con grande chiarezza, che ci fossimo limitati a correggere il Titolo V, intervenendo sui temi che il centrosinistra aveva affrontato - con molte riserve sul modo con cui lo aveva affrontato - limitandoci a quello. In realtà, io considero la parte migliore del lavoro che noi stiamo per affrontare proprio la revisione del Titolo V. Il nuovo testo dell'articolo 120 va incontro a talune preoccupazioni che tutti noi abbiamo avuto; quando si dice che il Governo può prendere l'iniziativa e il Parlamento può fare un'azione legislativa nell'interesse nazionale, correggendo, se necessario, decisioni dei comuni, delle province, delle regioni, sul terreno degli interessi nazionali, anche di quelli dell'unità economica del paese, si dice qualcosa di molto importante. Se noi potessimo cambiare quell'articolo 114 scritto dal centrosinistra, in cui si dice che la Repubblica è costituita da comuni, province, città metropolitane e dallo Stato, se si potesse stabilire che la Repubblica è lo Stato, se si potesse scrivere un testo in cui non ci fosse questa distinzione, correggendo una cosa sbagliata, sarebbe molto positivo.
Ho molte riserve, lo dico all'amico e collega Donato Bruno, sul Senato federale. Debbo dire che non sono particolarmente attaccato all'idea di un bicameralismo perfetto, che in un certo senso è una contraddizione in termini, ma ho molta paura di una situazione nella quale la Camera faccia un lavoro e il Senato ne faccia un altro, ho molta paura che il Senato e la Camera possano trovarsi in contrapposizione. Inoltre, ho molte riserve sul premierato. Devo dire con molta chiarezza che non ho sottoscritto la nuova formulazione dell'articolo 92 (anche se il mio partito mi ha chiesto di firmare - e io l'ho fatto volentieri - il complesso degli emendamenti, che la maggioranza ha presentato questa mattina). Trovo questa formula costituzionale, secondo la quale ci dovrà essere una legge elettorale che consenta di collegare le liste al nome del candidato, una soluzione molto ibrida e molto pasticciata. Esistono due modelli di rapporto tra i cittadini, il Governo e il Parlamento: il modello americano o il modello europeo continentale (chiamiamoli così). Quello americano presuppone che i cittadini scelgano il capo dell'esecutivo, ma la Camera e il Senato o l'organismo unicamerale sono autonomi e costituiscono un contrappeso - come in Montesquieu - nel rapporto di potere. Nel modello europeo c'è un rapporto di fiducia che lega il Governo al Parlamento; questo rapporto di fiducia può essere rafforzato mediante i meccanismi tedeschi costituzionali, ma il Governo risponde davanti al Parlamento ed è sempre responsabile davanti ad esso. Non possiamo creare una condizione - ed è l'aspetto su cui spero che i colleghi, il Comitato dei nove, il relatore, possano apportare dei miglioramenti - per la quale la Camera dei deputati sia totalmente dipendente dal Governo eletto dai cittadini e il Senato sia totalmente indipendente dal Governo eletto dai cittadini, cioè che ci possa essere un meccanismo americano per quanto riguarda il Senato e un meccanismo di sudditanza della Camera. Trovo che questa sia una soluzione molto pericolosa e pasticciata.
Credo che non sia possibile tornare indietro, perché in un certo senso capisco la logica di questa impostazione. D'altra parte i colleghi dell'opposizione condividono l'idea che si debba scrivere in Costituzione l'alternanza. Dai discorsi che ho sentito fare a D'Alema, a Violante, emerge l'idea che la Costituzione debba in un certo senso garantire il valore dell'alternanza, che io credo sia un valore naturale della vita, ma penso anche che ci possano essere dei momenti in cui il Parlamento possa decidere che al posto dell'alternanza necessaria ci sia la solidarietà nazionale, per esempio, se le condizioni del terrorismo internazionale dovessero peggiorare, se ci fossero situazioni molto gravi (speriamo che non si verifichino). Ci potrebbero essere condizioni tali da spingere un Governo, pur eletto da una parte dei cittadini, ad andare davanti al Parlamento per dire che ha bisogno dell'accordo di tutti.
Anche la grande Inghilterra, il cui fondamento è l'alternanza, quando vi sono stati alcuni momenti storici, come ad esempio durante la seconda guerra mondiale, ha potuto costituire un Governo di unità nazionale.
Potremmo fare, onorevole Bruno, un Governo di unità nazionale sulla base dell'esperienza del 1992, oppure violeremmo la Costituzione se ci fossero la condizioni politiche che ci impongono di farlo? Ribadisco che credevo vi fosse la necessità di costituire un esecutivo di unità nazionale nel periodo 1997-1998; sono stato lieto di constatare che non era necessario, vale a dire che vi era la forza per avviare il risanamento economico con la sola maggioranza semplice. Tuttavia, dovremmo prendere in considerazione tale aspetto: dobbiamo per forza scrivere nella Costituzione che il Parlamento deve essere necessariamente diviso, oppure vogliamo lasciare almeno la possibilità di intraprendere una strada che ci potrebbero imporre le circostanze storiche?
Ho letto oggi un editoriale molto interessante, scritto dal professor Luciani, sulla Stampa di Torino, in cui egli collega il tema in discussione con la lotta al terrorismo, sostenendo che le riforme istituzionali bisogna collocarle nella realtà di questo secolo, che è una realtà di lotta contro il terrorismo. Ho riflettuto a lungo su tale considerazione, e la ritengo fondata. In altre parole, vorrei invitare a non darci regole così vincolanti, che si rivelerebbero inadeguate di fronte ad una condizione di difficoltà del paese.
Queste sono le mie considerazioni. Naturalmente, il mio gruppo parlamentare non è determinante ai fini dell'approvazione di questo disegno di legge di riforma; quindi, con queste considerazioni, mi limito ad indicare sia le preoccupazioni che ci hanno mosso in passato, sia quelle che attualmente nutro. Concludo il mio intervento dicendo che il fatto che il clima politico nel quale si svolge il nostro dibattito sia così profondamente cambiato, perlomeno attenua di molto le nostre preoccupazioni.

kid
17-09-04, 12:41
- ''Malgrado gli emendamenti fatti per attenuare certe norme distruttive dell'unita' nazionale, la riforma federalista all'esame del Parlamento rimane un pasticcio e penso che converrebbe accantonarla e procedere con un metodo diverso''. Lo ha detto oggi a Bari Massimo D'Alema.

Ma dico io: chi le ha fatte le "certe norme distruttive dell'unità nazionale", che il testo della cdl corregge? Una faccia come il..., nuvolarossa perdonami, ma avete capito!

brunik
17-09-04, 15:59
Originally posted by calvin
e ti accorgi che sei te che non sai nemmeno di cosa stai parlando. Io non ho detto che la rai è in testa agli ascolti, ho detto che il tg1 e i programmi di punta della rai, dopo anni di dominio mediaset hanno rialzato la testa, tant'è che mediaset, vanta, pateticamente a mio modesto avviso uno 0,1 in più dello share della tv pubblica, quando la tv pubblica è obbligata a programmi educativi trasmessi a notte fonda che nessuno ragionevolmente vede rispetto ai filmetti ed ai filmini della mediaset. Per cui solo un incompetente non si accorge di come questo governoevidentemente scegliendo dei professinisti capaci interni ed esterni alla rai ha rilanciato l'azienda di stato negli ascolti.
Dovessi fare una polemica, la farei sui contenuti della rai, non sullo share. Anche perchè è legittimo che la televisione privata guadagni a faccia più ascolti di quella pubblica e solo in Italia, dove non c,è più nessuna cultura civile ed imprenditoriale, come tu testimoni opgni giorno, ci si può stupire che le tv private tirino di più.

:D :D chissà come erano competenti i governi precedenti, visto che la Rai da che mondo e mondo è sempre stata in testa agli ascolti.

Per il sorpasso Mediaset abbiamo dovuto attendere il Presidentebberlusconi.

Il primo sorpasso è avvenuto nel 2003, poi Mediaset ha consolidato il vantaggio, come tutti sanno meno che te, pare.

Adscolta, Calvin, vabbeh che sei pollista, ma mettiamoci d'accordo: non è che tu in quanto pollista puoi sparare cazzate faziose in libertà e io in quanto menzognero sinistro devo sempre portarti le pezze giustificative. Impara anche tu ogni tanto a portare uno straccio di documentazione su quello che affermi sempre nella massima allegria e letizia.

Siete tutti uguali, voi pollisti. Pur di far propaganda a berlusconi non vi vergognate di sparare palle a catena.




Comunicato stampa
PRIMO SEMESTRE ESERCIZIO 2003 GRUPPO MEDIASET

Ricavi pubblicitari e ascolti televisivi record in Italia e in Spagna

Ricavi Netti: 1.626,4 milioni di euro (+ 25%)
Margine Operativo Lordo: 993,5 milioni di euro (+24,2%)
Utile pre-imposte: 438,2 milioni di euro (+22,7%)

Il Consiglio di Amministrazione di Mediaset, riunitosi oggi sotto la Presidenza di Fedele Confalonieri, ha approvato la relazione sul primo semestre 2003 del Gruppo. Il primo semestre 2003 recepisce per la prima volta il consolidamento integrale delle società del gruppo Telecinco di cui Mediaset è da quest’anno socio di maggioranza con una quota pari al 52%. In una fase economica ancora difficile e condizionata soprattutto nella prima parte dell’anno dall’incertezza che ha preceduto la guerra in Irak, sia le Reti Mediaset sia Telecinco hanno saputo raggiungere i propri obiettivi commerciali e d’ascolto. I ricavi pubblicitari televisivi di Publitalia 80 sulle reti Mediaset nel primo semestre 2003 ammontano a 1.416,6 milioni di euro con un incremento dello0,7% rispetto all’anno precedente. Tale risultato non solo è in controtendenza rispetto al trend del mercato pubblicitario italiano (-1,5%) ma risulta addirittura superiore a quello conseguito da Mediaset nel primo semestre del 2000, l’ultimo anno caratterizzato dalla generale espansione del mercato. Anche nel corso del primo semestre del 2003 gli ottimi risultati d’ascolto conseguiti dalle reti Mediaset hanno costituito un formidabile e decisivo traino ai fini dell’andamento della raccolta pubblicitaria. Le reti Mediaset hanno conquistato per la prima volta la leadership in prime time (46,5% di share rispetto al 43,5% delle reti RAI) e nell’intera giornata (44,6% contro il 44,5%), un successo raggiunto con una crescita costante negli ultimi 5 anni.
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2In prime time Canale 5 e Italia 1 hanno mantenuto il primo e il terzo posto (24,6% e 13,5%) allargando notevolmente il distacco sulle prime due reti pubbliche (22,4% e 11,1%). Mentre Retequattro conquista il miglior risultato (8,4%) degli ultimi cinque anni. Canale 5 e Italia 1 hanno ottenuto nelle 24 ore il 23,5% e il 12,1% aumentando il vantaggio sulla concorrenza. Retequattro ha affiancato Rai 3 (9,1%) con un ottimo 9%.

brunik
17-09-04, 16:36
Originally posted by calvin
Per cui solo un incompetente non si accorge di come questo governoevidentemente scegliendo dei professinisti capaci interni ed esterni alla rai ha rilanciato l'azienda di stato negli ascolti.

Beh, certo, più competente di Confalonieri chi vuoi che ci sia. Qua ad esempio possiamo notare come il Presidente Mediaset telefoni in Rai per dettare il palinsesto della TV pubblica e permettere la conquista dell'auditel e, contemporaneamente, spostare un comunista come Giannino dalle 20,30 alle 14,00, orario nel quale notoriamente le casalinghe, mentre lavano i piatti, preferiscono i commenti politici a beautiful. Due piccioni con una fava. Soldi & Politica.



. A Viale Mazzini e nei palazzi della politica non si parla d'altro: lo spostamento di "Batti e ribatti" dalle 20.30 alle due del pomeriggio. La telefonata alla Rai per togliere di mezzo il programma che da ottobre verrà condotto da Oscar Giannino (che si è detto pronto ad accettare anche l'orario pomeridiano) sarebbe partita direttamente da Fedele Confalonieri. Il tutto per fare in modo che Paolo Bonolis abbia i quattro minuti in più di trasmissione da lui richiesti come aut aut per andare in onda, senza però chiudere alle 21.09 come avrebbe voluto, ma alle 21.04.

In questa maniera i pacchi di "Affari Tuoi" non dovrebbero sovrapporsi esattamente con Striscia, che proprio grazie allo sforamento fino a circa le 21.10 spera di recuperare sull'inevitabile batosta che gli distribuirà Paolino. Se infatti i due programmi chiudessero alla stessa ora per Ricci sarebbero veramente volatili per diabetici. E così Bonolis è contento per i minuti avuti in più, ma iniziando in anticipo la trasmissione non può giocare il sospirato trappolone al suo ex amico. E così dell'approfondimento giornalistico in Rai ne hanno fatto volentieri "trombetta".

Dagospia 17.9.04

nuvolarossa
19-09-04, 10:55
L’INTERVISTA / Il presidente del Pri: la nuova Camera è troppo indipendente, così si mette a rischio l’equilibrio tra governo e Parlamento

La Malfa: un pasticcio fare le leggi con il Senato federale

ROMA - Non è mai stato d’accordo «perché fosse per me non avrei toccato nulla, avrei lasciato intatta la Costituzione vigente, che rimane eccellente. Purtroppo ha cominciato il centrosinistra, con i cambiamenti, per giunta a colpi di maggioranza». Ma se proprio deve entrare nel merito, Giorgio La Malfa considera «il Senato federale e il nuovo iter di formazione delle leggi una vero pasticcio, che mette a rischio l’equilibrio fra Parlamento e governo». Corollario sulle cause del pasticcio: «In Italia si continua a pensare di cambiare la Costituzione anche per motivi puramente politici, per conseguire alcuni obiettivi». Cosa salva della riforma?
«Considero migliorativo e di molto la revisione del Titolo V, a parte la parola federale, che non mi piace. Innanzitutto perché si dà più peso all’interesse nazionale, dando al governo e al Parlamento un potere di iniziativa legislativa per tutelare questo interesse. Altro punto molto importante è il principio di sussidiarietà. E poi per fortuna sono riportate alla competenza statale alcune materie molto importanti, dalle reti di trasporto a quelle energetiche. Io limiterei la riforma costituzionale a questi punti, lasciando perdere tutti gli altri aspetti, rinviandoli al più alla prossima legislatura e meditandoli in modo più approfondito».
Su produzione legislativa e Senato lei parla di pasticcio. Perché?
«Con questo Senato, che non ha il vincolo della legge elettorale che elegge il premier, c’è il rischio di fare un misto fra il sistema americano - dove c’è una Camera completamente libera e dialettica rispetto all’esecutivo - e un sistema opposto. In sintesi ci ritroveremmo un sistema con una Camera dei deputati troppo debole, soggetta all’esecutivo e una troppo indipendente, autonoma. Con il rischio di un processo legislativo fra le due Camere che diventa un pasticcio. E con due conseguenze, entrambe negative: un indebolimento complessivo del ruolo del Parlamento e una dialettica fortissima del Senato rispetto al sistema».
È pur vero però che il Senato subisce forti limitazioni.
«Sì, ma scalcerà probabilmente per riottenere alcuni poteri. Credo che ci stiamo inutilmente complicando la vita. Avrebbe un senso se introducessimo un Senato alla tedesca, che rappresenta i consigli regionali. Ma se è elettivo come fa a rappresentare le istanze federali? Tanto valeva abolirlo».
La commissione paritetica chiamata a dirimere eventuali contrasti fra le due Camere: la convince?
«Beh questo sì, mi sembra inevitabile. È una sorta di comitato di conciliazione. C’è anche nel Parlamento europeo, quando è in contrasto con la Commissione o con il Consiglio dei ministri europeo».
Boccia anche il rafforzamento dei poteri del premier?
«Si introduce una forma di governo ibrida, con una designazione del primo ministro dai parte dei cittadini in un sistema che rimane formalmente parlamentare. Un connubio che può diventare ingestibile. Allora sarebbe meglio scegliere il modello americano. Ho paura che ci stiamo allontanando troppo dal modello prevalente in Europa, saldamente parlamentare, in cui il rapporto fra Camere e capo del governo è fiduciario e non si può vincolare il capo dello Stato a una scelta basata solo su una legge elettorale. E poi c’è un legame troppo stretto, che può diventare rischioso, fra capo del governo e maggioranza elettorale. Penso al caso in cui il premier è costretto a dimettersi se ottiene una fiducia che coinvolge anche pezzi di opposizione o se la sua maggioranza si modifica. Pongo solo una domanda. E se avessimo nuovamente bisogno di fare un governo di unità nazionale? Con questa riforma forse non potremmo vararlo».

Marco Galluzzo

nuvolarossa
08-10-04, 18:21
Il dibattito sulle Riforme/La questione inerente agli articoli 87 e 88 della Costituzione

La Malfa richiede all'Aula una pausa di riflessione

Continua alla Camera l'esame del testo di riforma costituzionale proposto dalla maggioranza. In merito all'articolo 87 (22) della Costituzione vigente, relativo alle funzioni del Capo dello Stato, il presidente del gruppo dei Ds, onorevole Luciano Violante, ha sollevato un'obiezione di merito, ripresa dall'onorevole La Malfa nell'intervento che riproduciamo, e poi raccolta dal presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera Donato Bruno. Di seguito riproduciamo anche l'intervento del presidente del Pri, nella discussione sull'articolo 88 (23), in cui si invitano i colleghi della maggioranza a compiere uno sforzo per rinviare la discussione sulla formazione delle leggi e la forma dello Stato e del governo (gli interventi riprodotti sono del 7 ottobre 2004).

Signor Presidente, avevo chiesto per tempo la parola su questo tema, prima degli interventi degli onorevoli Violante e Spini, perché volevo rivolgermi al relatore Bruno.

Naturalmente - e me ne dolgo - non ho predisposto un emendamento su questo punto ma, onorevole Bruno, non farei una questione politica su tale aspetto, ma ne farei una questione lessicale. Mi pare chiaro cosa voglia intendere il testo che vogliamo approvare: abbiamo definito una struttura della Repubblica di carattere federale e vi è un Presidente della Repubblica che rappresenta l'unità dello Stato federale italiano. Ma, nello scrivere tale formula, nel primo comma dell'articolo 87, stabiliamo che il Capo dello Stato rappresenta l'unità federale della nazione.

Se la parola "unità" è accompagnata da un aggettivo, è chiaro che tale aggettivo la qualifica dal punto di vista lessicale. Evidentemente, l'unità federale deve essere diversa dall'unità.

In questa espressione, però, la funzione del Capo dello Stato sarebbe differente rispetto a quella risultante dalla espressione "unità della Repubblica costituita in forma federale". Quindi, la questione sollevata dall'onorevole Violante - ripeto che l'avrei sollevata io stesso e non solo dopo il suo intervento, in quanto avevo chiesto la parola in anticipo - a mio avviso richiede una riflessione o un chiarimento.

Vorrei essere tranquillizzato sul fatto che scrivendo "l'unità federale" non finiamo per indicare qualcosa di diverso da quello che avremmo scritto usando l'espressione "unità della Repubblica federale italiana" o "unità della nazione italiana, organizzata in forma federale". Qualora non ricevessi una risposta adeguata, non mi sentirei di votare contro un emendamento soppressivo. Pertanto, mi asterrei o voterei favorevolmente, in base alle reazioni.

Per questo motivo sono intervenuto in questa fase del dibattito. Vorrei pregare il presidente Bruno di dedicare un po' di attenzione a questo aspetto e dare una risposta. Le sensibilità cui si richiama l'onorevole Violante esistono, ovviamente, in tutti i gruppi della Camera. Mi rivolgo, ad esempio, anche all'onorevole Anedda. Esistono gruppi politici per i quali questi temi sono certamente di grande importanza.

Segue l'intervento sull'articolo 23.

Signor Presidente, stiamo certamente dibattendo uno dei punti fondamentali del complesso progetto di riforma costituzionale in esame.

Come ho già avuto modo di affermare in questa sede, mentre ritengo che le norme sul Titolo V della Costituzione, sul cosiddetto federalismo, siano state il frutto di un'elaborazione sufficientemente adeguata, sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista tecnico, sul tema della forma di governo (e dunque del primo ministro e del Presidente della Repubblica) e del procedimento legislativo, che non a caso è stato accantonato, l'elaborazione politica e l'elaborazione tecnica non sono ancora, a mio avviso, pervenute ad una conclusione soddisfacente.

Mi limito pertanto ad annunziare, in linea generale, che non voterò a favore della formulazione proposta, pur con le modificazioni che verranno introdotte dalla maggioranza. Come ha sottolineato l'onorevole Tabacci, con un intervento che condivido, dobbiamo chiarire, sia nella maggioranza sia nell'opposizione, quale sistema politico intendiamo costruire.

Sono lieto che sia stato eliminato il "mostro" costituito dal capo dell'opposizione, che avevo concorso, insieme ad altri colleghi, a segnalare. Quel mostro era figlio di una volontà, presente nel nostro paese, di creare a tutti i costi un bipartitismo. Ho letto oggi una curiosa intervista dell'onorevole D'Alema, che, polemizzando con un altro esponente del suo schieramento, afferma: ha un residuo di proporzionalismo.

A me sembra che tale esponente politico abbia più buonsenso dell'onorevole D'Alema. Il desiderio di collassare la vita politica di un paese in due schieramenti, l'uno di estrema destra e l'altro di estrema sinistra (o comunque costretti sempre a combattere), costituisce un errore profondo.

Nell'articolo 94 della Costituzione sarà inserita una norma che stabilisce, addirittura, che se il Presidente del Consiglio perde parte della sua maggioranza e la fiducia gli viene votata da una parte dell'opposizione, questo sarà motivo sufficiente per lo scioglimento delle Camere. Ma se nella Costituzione fosse prevalsa un norma simile, l'onorevole D'Alema, in occasione dell'intervento militare in Kosovo, invece di avere una maggioranza parlamentare che autorizzava l'invio dei militari nell'area, avrebbe visto sciolte le Camere proprio nel momento in cui parte della sua maggioranza votava contro la decisione del Governo e parte dell'opposizione votava a favore! Ma questa non è materia sulla quale il Parlamento italiano ha sviluppato una posizione matura. Invito i colleghi della maggioranza a compiere uno sforzo nel tentativo di rinviare l'esame dei capitoli che riguardano la formazione delle leggi e la forma di Stato e di Governo. Non sono temi maturi nella coscienza di questo Parlamento e danno luogo ad una Costituzione difficilmente gestibile o difendibile. Se ciò non sarà possibile, evidentemente manifesterò la mia opinione sui singoli emendamenti ma certamente non potrò votare a favore di questo progetto.

nuvolarossa
14-10-04, 19:55
Riforme/Pri: astensione su voto finale

Il Comitato di Segreteria del PRI, riunitosi presso la sede del Partito, rileva come il nuovo testo relativo alla riforma del Titolo V approvato dalla Camera corregga almeno in parte le più consistenti incongruenze contenute nella riforma approvata dal centrosinistra nella passata legislatura, ma come appaia confusa e contraddittoria la soluzione adottata per quanto riguarda la riforma sul bicameralismo.

Rileva altresì come la decisione di rinviare ad una legge elettorale ordinaria la soluzione sulla forma di governo rappresenti un dato contrastante con le esigenze di un organico disegno costituzionale.

Dà quindi mandato ai propri parlamentari di astenersi nel voto finale sul testo in discussione alle Camere.

Inoltre il Comitato di Segreteria ha manifestato le proprie preoccupazioni sulla situazione dei conti del Paese come lo stesso governatore della Banca d'Italia e il presidente dell'ISTAT hanno evidenziato.

Roma, 14 ottobre 2004
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/TEVOGLIOBENEASSAJE.mid

FRANCO (POL)
15-10-04, 12:50
Le considerazioni fatte da GLM e dalla segreteria, che mi trovano del tutto d'accordo, fanno propendere per il voto contrario e, non per l'astensione come invece si è deciso.... centra forse il rimpasto?:confused:

kid
15-10-04, 13:35
perchè noi riteniamo che la maggioranza sia stata obbligata a procedere sulla forma costiruzionale dalla scelta compiuta dal centrosinistra nel 2001 e che se si fosse sottratta sarebbe stata accusata da quelli che strepitano contro lo stravolgimento della costituzione, che hanno stravolto loro per giunta, di non fare le riforme. Non solo, ma perchè checchè la sinistra faccia finta di non vederlo, l'attuale maggioranza ha cercato di considerare positivamente il contributo dell'opposizione ed ha accolto emendamenti e mantenuto formulazioni della stesura del centrosinistra e questo merita una considerazione nella valutazione complessiva del testo che contiene un'ottima riscrittura del titolo V che abbiamo sostenuto e contribuito a scrivere fra l'altro.

brunik
15-10-04, 14:17
Tanti giti di parole per dire che in pratica assistiamo all'ennesima giravolta del PRI.

Contrordine, compagni: viva il nuovo Senato Federale, viva la lega, viva la libertà.

kid
15-10-04, 14:35
appeso per i piedi e coperto di pece e piume.

brunik
15-10-04, 14:48
http://brunik.altervista.org/foto/prodiesulta.gif

NOI ITALIANI CE NE ASPETTIAMO UN'ALTRA, DI GIRAVOLTA

brunik
15-10-04, 14:53
Originally posted by calvin
perchè noi riteniamo che la maggioranza sia stata obbligata a procedere sulla forma costiruzionale dalla scelta compiuta dal centrosinistra nel 2001 e che se si fosse sottratta sarebbe stata accusata da quelli che strepitano contro lo stravolgimento della costituzione, che hanno stravolto loro per giunta, di non fare le riforme. Non solo, ma perchè checchè la sinistra faccia finta di non vederlo, l'attuale maggioranza ha cercato di considerare positivamente il contributo dell'opposizione ed ha accolto emendamenti e mantenuto formulazioni della stesura del centrosinistra e questo merita una considerazione nella valutazione complessiva del testo che contiene un'ottima riscrittura del titolo V che abbiamo sostenuto e contribuito a scrivere fra l'altro.

hey, Calvin, qua qualcuno deve alzare la cornetta e comunicare all'ASCA che La Malfa non ha nessun mal di pancia.

VIVA LA DEVOLUSCION, VIVA LA LEGA, AVANTI CON LE RIFORME.


Venerdì 15 Ottobre 2004, 14:15


Riforme: La Camera Approva La Devolution Di Bossi

(ASCA) - La Camera dei deputati ha approvato la riforma costituzionale federalista della Cdl, che ora passa al Senato per completare (se approvata senza modifiche) la prima delle due deliberazioni successive con intervallo non inferiore a tre mesi, previste dall'articolo 138 della Costituzione. I Si' sono stati 295, i No 202, gli astenuti sono stati 9. I deputati presenti erano 506, i votanti 497, la maggioranza era di 249. Per il completamento del cammino di approvazione occorreranno dunque almeno altre tre votazioni: al Senato, prevedibilmente entro il mese di febbraio del prossimo anno, e altre due approvazioni da parte di Camera e Senato. Se in questo percorso dovesse essere apportata una modifica -anche piccola- al testo, si ricomincia da capo. E' il caso prevedibile del prossimo esame del Senato dove gia' si parla di un 'rialzo' a 40 anni della soglia per l'elezione a senatore che la Camera ha invece abbassato a 25 anni. Altro punto che dovrebbe richiedere un intervento e' quello della controfirma o meno di una serie di atti del presidente della Repubblica, un articolo che la Camera ha bocciato con un voto a sorpresa per il dissenso di An che si e' unita all'opposizione. Ammesso che all'inizio del prossimo anno il Senato approvi il testo in modo conforme, se durante la seconda lettura dovesse essere apportata una modifica, dalla Camera o dal Senato, si torna indietro per ristabilire le due deliberazioni successive sullo stesso testo. L'approvazione, come prevede l'articolo 138 della Costituzione, e' comunque condizionata ad un referendum popolare confermativo che puo' essere evitato solo ''se la legge e' stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti''. Vista la netta e ferma contrarieta' a questa riforma da parte delle opposizioni -ma anche di settori della maggioranza che non nascondono il loro 'mal di pancia' come il repubblicano La Malfa o i 6 deputati del Nuovo Psi, ma anche singoli deputati di Fi, in particolare quelli di provenienza liberale, e di An, come Teodoro Buontempo, e dell'Udc, come Tabacci- il quorum dei due terzi e' praticamente fuori portata e quindi la strada al referendum e' del tutto percorribile. Come stabilisce sempre l'art. 138 della Costituzione, il referendum, entro tre mesi dalla pubblicazione della legge di riforma costituzionale, puo' essere chiesto da un quinto dei membri di una delle due Camere, oppure da 500.000 elettori o da 5 Consigli regionali. ''La legge sottoposta a referendum non e' promulgata -dispone l'articolo 138- se non e' approvata dalla maggioranza dei voti validi''.

kid
15-10-04, 15:02
Signor Presidente, è ovvio che quella di oggi è una delle sedute più importanti di questa legislatura, a conclusione di un complesso lavoro che ha visto una discussione molto elevata nei suoi toni. È quindi giusto che ci sia una riflessione molto profonda su quello che noi abbiamo fatto e sulle sue implicazioni.
Devo dire che la mia parte politica, che ha sempre partecipato alla vita repubblicana dal dopoguerra, ha sempre guardato con grande preoccupazione e diffidenza al grande sforzo di riforma della Costituzione di cui si parla ormai da vent'anni.
Il problema italiano, lo abbiamo sempre pensato, e io lo penso tuttora, non era e non è un problema costituzionale, ma è un problema politico. I difetti, le debolezze, della vita istituzionale del nostro paese hanno riflesso la sua storia nel corso del secolo XX.
In fondo, la grande riforma costituzionale italiana è avvenuta con il congresso della Bolognina e con il congresso di Fiuggi, onorevoli colleghi, quando cioè è intervenuta la possibilità di immettere nel gioco democratico forze politiche che non erano precedentemente includibili nello stesso, in ragione delle loro ideologie o delle loro posizioni politiche, mantenute per larga parte del secolo XX.
Questa considerazione, onorevoli colleghi, è tanto vera che, all'indomani di quegli eventi, del 1994 l'uno, del 1989-1990 l'altro, la vita politica italiana ha preso il corso del bipolarismo, dell'alternanza, di tutto quello che si riteneva, e tuttora si ritiene, di dovere determinare attraverso la riforma costituzionale. Non è affatto così. Anche se volessimo condividere l'affermazione che era necessario per il paese il cambiamento costituzionale, debbo dire che dal punto di vista, per esempio, delle sue condizioni economiche e sociali, è stato maggiore il progresso che ha fatto l'Italia sotto il vecchio sistema costituzionale di quello che sta facendo sotto il nuovo assetto politico istituzionale che si è venuto a determinare negli ultimi dieci anni.
L'Italia ha scalato posizioni nella graduatoria dei grandi paesi industriali sotto quel sistema di instabilità che si vuole eliminare e le sta perdendo sotto il sistema bipolare che si è voluto testardamente, distruggendo le forze politiche, distruggendo i partiti politici e indebolendo il Parlamento.
Questa è la mia convinzione, per cui devo dire, guardo con malinconia all'idea che noi modifichiamo 40 articoli della Costituzione del nostro paese alla ricerca di cose che il buonsenso politico, la saggezza politica hanno già determinato in anni lontani e potrebbero determinare domani mattina, se solo ne fossimo capaci.
Ai colleghi del centrosinistra devo dire, senza alcuna polemica, che essi portano la responsabilità principale di questo stato di cose, che nel complesso non posso giudicare positivamente.
Penso a quel voto, alla fine della scorsa legislatura, onorevoli colleghi, onorevole Violante, onorevole Fassino, quel voto alla fine della legislatura, sotto le elezioni, con una maggioranza ristretta. All'epoca io facevo parte del centro sinistra. L'onorevole Violante ricevette una lettera e anche l'onorevole Veltroni, e vi furono colloqui nei quali io li scongiurai di non creare un precedente di questo genere. E mi fu risposto che, quando una maggioranza ha i numeri, l'articolo 138 rappresenta sufficiente motivo per votare.
Quindi, in politica non bisogna creare precedenti, perché smontare un precedente è molto più difficile che rinunziare ad un precedente. Ma questo non giustificherebbe, onorevoli colleghi, e non giustifica una riforma costituzionale che nel complesso non è soddisfacente. Dico ai colleghi che io ho votato con piena convinzione la riforma del Titolo V della Costituzione, che secondo il mio avviso è migliorativa. Non sono sicuro che una struttura regionalistica nel nostro paese farà funzionare meglio l'Italia, ma sono convinto che si possa esplorare questo terreno; e sono convinto che ci sia stata una elaborazione sufficiente tra quella del centrosinistra e quella che ha fatto l'attuale maggioranza per tentare un aggiustamento costituzionale. Ma non sono convinto, onorevoli colleghi (mi rivolgo ai miei colleghi della maggioranza), che l'elaborazione sia stata sufficiente sui poteri del Senato e su quelli della Camera, sul nuovo processo legislativo; non sono affatto convinto che stiamo scrivendo una buona riforma per quanto riguarda il premier! La riforma che noi abbiamo scritto sul premier - che voi avete scritto sul premier - è una riforma che, più che al futuro, guarda al passato, guarda alle vicende del 1994, alle decisioni del Presidente Scalfaro; non si può scrivere una Costituzione pensando ad ipotesi che probabilmente non sono più realistiche.
In questa legislatura non c'è stato un ribaltone, non ci potrebbe essere, ci sono fenomeni politici. Ancora una volta non si può pensare di obbligare il mondo politico dentro il «corsetto istituzionale»; l'evoluzione politica è molto più importante delle leggi costituzionali, e l'evoluzione politica ha reso impossibile e renderebbe impossibile il ribaltamento delle coalizioni; la stabilità del Governo Berlusconi è quinquennale e, probabilmente, nella prossima legislatura ci sarà un Governo stabile.
Trovo molto pericoloso scrivere norme sul premierato che indeboliscono troppo il Parlamento. È indispensabile: noi non possiamo sacrificare alla cosiddetta governabilità la molteplicità di voci, che, in una società democratica, esprime e deve continuare ad esprimere il Parlamento. Noi non possiamo rischiare di sacrificare il valore della partecipazione dei cittadini, che si esprime attraverso l'elezione di 600 deputati, attraverso un sistema nel quale ci sia la voce del capo dell'opposizione e la voce del capo della maggioranza. Ma negli Stati Uniti c'è la voce del capo della maggioranza, del capo dell'opposizione! Ma nel Senato il Presidente degli Stati Uniti conta come una voce, per così dire, e il Senato ha la libertà di bocciare le leggi proposte dal Governo, ha la libertà di fare le leggi che esso ritiene, e il Presidente degli Stati Uniti, al massimo, può ricorrere al diritto di veto. O si sceglie una dialettica con l'uomo scelto per guidare l'esecutivo dal popolo o si sceglie un Governo espresso dal Parlamento, con il Parlamento che mantiene il potere sostanziale di costituzione e di formazione dei Governi. Una forma come quella che è delineata nella Costituzione, che io spero possa essere modificata dal Senato, che fa coincidere la maggioranza parlamentare con il potere del Primo il ministro, scelto dai cittadini, è una forma che non potrà funzionare, perché mortificherà la vita democratica del nostro paese.
Queste sono le ragioni, onorevoli colleghi, per le quali, al termine di questo dibattito, bilanciando le ragioni di favore di alcune parti della riforma con le preoccupazioni molto profonde che io sento per l'altra parte della riforma, io non potrò andare oltre un voto di astensione su questo provvedimento. E mi rendo conto che, avendo noi repubblicani scelto una alleanza con la Casa cosiddetta delle libertà, con l'attuale maggioranza, il fatto che su una legge costituzionale, che è uno dei fondamenti di un accordo politico, noi prendiamo le distanze deve dire qualche cosa al capo della coalizione, al Presidente del Consiglio e ai colleghi della maggioranza. È una rottura di cui io non sottovaluto l'importanza ed è la ragione per la quale la manifestiamo in un voto di astensione. Ma certamente noi avremmo preferito concentrare il nostro impegno e la nostra attività sul funzionamento politico del paese. Noi non crediamo - fatemelo dire alla fine di questo intervento - che le leggi possano sostituire la volontà politica, la capacità politica, la passione politica e gli ideali politici. Questi ideali vi sono stati nell'Italia repubblicana del dopoguerra che, nonostante i difetti di quell'impianto costituzionale, è diventata un grande paese.
Non sarà una riforma costituzionale ad assicurare il successo di ciò che gli uomini politici, nella loro capacità, nella loro passione e nei loro ideali non saprebbero fare da soli. È questa la ragione per la quale il nostro è più un invito alla passione politica che alla riforma istituzionale (Applausi di deputati dei gruppi Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI e Misto-socialisti democratici italiani).

brunik
15-10-04, 15:17
Originally posted by calvin

L'Italia ha scalato posizioni nella graduatoria dei grandi paesi industriali sotto quel sistema di instabilità che si vuole eliminare e le sta perdendo sotto il sistema bipolare che si è voluto testardamente, distruggendo le forze politiche, distruggendo i partiti politici e indebolendo il Parlamento.

:lol :lol il declino dell'Italia è colpa del sistema bipolare, non di Berlusconi, Craxi & Andreotti, buona questa.

Grande La Malfa


Ma tutta quella montagna di debiti che obbligò addirittura Amato a fare un prelievo dai conti correnti e che adesso impedisce allo stato di investire in ricerca e svilupppo chi è che l'aveva fatta?



http://www.malcolmx.it/economia/italia/deb-def.jpg

brunik
15-10-04, 16:27
Originally posted by brunik
hey, Calvin, qua qualcuno deve alzare la cornetta e comunicare all'ASCA che La Malfa non ha nessun mal di pancia.

VIVA LA DEVOLUSCION, VIVA LA LEGA, AVANTI CON LE RIFORME.



http://www.repubblica.it/2004/h/ARCHIVE/homepage/images/sezioni/politica/riformeist/premforte_HM/lapr_5386178_51120.jpg
COL 3,9% SI PUO' FARE TUTTO, IN ITALIA, BASTA DARE IN CAMBIO A BERLUSCONI L'IMPUNITA'

nuvolarossa
15-10-04, 19:53
Giorgio La Malfa ha motivato con il seguente intervento l'astensione del Pri sul ddl di Riforma costituzionale

Signor Presidente, è ovvio che quella di oggi è una delle sedute più importanti di questa legislatura, a conclusione di un complesso lavoro che ha visto una discussione molto elevata nei suoi toni. È quindi giusto che ci sia una riflessione molto profonda su quello che noi abbiamo fatto e sulle sue implicazioni. Devo dire che la mia parte politica, che ha sempre partecipato alla vita repubblicana dal dopoguerra, ha sempre guardato con grande preoccupazione e diffidenza al grande sforzo di riforma della Costituzione di cui si parla ormai da vent'anni.

Il problema italiano, lo abbiamo sempre pensato, e io lo penso tuttora, non era e non è un problema costituzionale, ma è un problema politico. I difetti, le debolezze, della vita istituzionale del nostro paese hanno riflesso la sua storia nel corso del secolo XX.

In fondo, la grande riforma costituzionale italiana è avvenuta con il congresso della Bolognina e con il congresso di Fiuggi, onorevoli colleghi, quando cioè è intervenuta la possibilità di immettere nel gioco democratico forze politiche che non erano precedentemente includibili nello stesso, in ragione delle loro ideologie o delle loro posizioni politiche, mantenute per larga parte del secolo XX.

Questa considerazione, onorevoli colleghi, è tanto vera che, all'indomani di quegli eventi, del 1994 l'uno, del 1989-1990 l'altro, la vita politica italiana ha preso il corso del bipolarismo, dell'alternanza, di tutto quello che si riteneva, e tuttora si ritiene, di dovere determinare attraverso la riforma costituzionale. Non è affatto così. Anche se volessimo condividere l'affermazione che era necessario per il paese il cambiamento costituzionale, debbo dire che dal punto di vista, per esempio, delle sue condizioni economiche e sociali, è stato maggiore il progresso che ha fatto l'Italia sotto il vecchio sistema costituzionale di quello che sta facendo sotto il nuovo assetto politico istituzionale che si è venuto a determinare negli ultimi dieci anni.

L'Italia ha scalato posizioni nella graduatoria dei grandi paesi industriali sotto quel sistema di instabilità che si vuole eliminare e le sta perdendo sotto il sistema bipolare che si è voluto testardamente, distruggendo le forze politiche, distruggendo i partiti politici e indebolendo il Parlamento.

Questa è la mia convinzione, per cui devo dire, guardo con malinconia all'idea che noi modifichiamo 40 articoli della Costituzione del nostro paese alla ricerca di cose che il buonsenso politico, la saggezza politica hanno già determinato in anni lontani e potrebbero determinare domani mattina, se solo ne fossimo capaci.

Ai colleghi del centrosinistra devo dire, senza alcuna polemica, che essi portano la responsabilità principale di questo stato di cose, che nel complesso non posso giudicare positivamente.

Penso a quel voto, alla fine della scorsa legislatura, onorevoli colleghi, onorevole Violante, onorevole Fassino, quel voto alla fine della legislatura, sotto le elezioni, con una maggioranza ristretta. All'epoca io facevo parte del centro sinistra.

L'onorevole Violante ricevette una lettera e anche l'onorevole Veltroni, e vi furono colloqui nei quali io li scongiurai di non creare un precedente di questo genere. E mi fu risposto che, quando una maggioranza ha i numeri, l'articolo 138 rappresenta sufficiente motivo per votare.

Quindi, in politica non bisogna creare precedenti, perché smontare un precedente è molto più difficile che rinunziare ad un precedente. Ma questo non giustificherebbe, onorevoli colleghi, e non giustifica una riforma costituzionale che nel complesso non è soddisfacente. Dico ai colleghi che io ho votato con piena convinzione la riforma del Titolo V della Costituzione, che secondo il mio avviso è migliorativa. Non sono sicuro che una struttura regionalistica nel nostro paese farà funzionare meglio l'Italia, ma sono convinto che si possa esplorare questo terreno; e sono convinto che ci sia stata una elaborazione sufficiente tra quella del centrosinistra e quella che ha fatto l'attuale maggioranza per tentare un aggiustamento costituzionale. Ma non sono convinto, onorevoli colleghi (mi rivolgo ai miei colleghi della maggioranza), che l'elaborazione sia stata sufficiente sui poteri del Senato e su quelli della Camera, sul nuovo processo legislativo; non sono affatto convinto che stiamo scrivendo una buona riforma per quanto riguarda il premier! La riforma che noi abbiamo scritto sul premier - che voi avete scritto sul premier - è una riforma che, più che al futuro, guarda al passato, guarda alle vicende del 1994, alle decisioni del Presidente Scalfaro; non si può scrivere una Costituzione pensando ad ipotesi che probabilmente non sono più realistiche.

In questa legislatura non c'è stato un ribaltone, non ci potrebbe essere, ci sono fenomeni politici. Ancora una volta non si può pensare di obbligare il mondo politico dentro il "corsetto istituzionale"; l'evoluzione politica è molto più importante delle leggi costituzionali, e l'evoluzione politica ha reso impossibile e renderebbe impossibile il ribaltamento delle coalizioni; la stabilità del Governo Berlusconi è quinquennale e, probabilmente, nella prossima legislatura ci sarà un Governo stabile.

Trovo molto pericoloso scrivere norme sul premierato che indeboliscono troppo il Parlamento. È indispensabile: noi non possiamo sacrificare alla cosiddetta governabilità la molteplicità di voci, che, in una società democratica, esprime e deve continuare ad esprimere il Parlamento. Noi non possiamo rischiare di sacrificare il valore della partecipazione dei cittadini, che si esprime attraverso l'elezione di 600 deputati, attraverso un sistema nel quale ci sia la voce del capo dell'opposizione e la voce del capo della maggioranza. Ma negli Stati Uniti c'è la voce del capo della maggioranza, del capo dell'opposizione! Ma nel Senato il Presidente degli Stati Uniti conta come una voce, per così dire, e il Senato ha la libertà di bocciare le leggi proposte dal Governo, ha la libertà di fare le leggi che esso ritiene, e il Presidente degli Stati Uniti, al massimo, può ricorrere al diritto di veto. O si sceglie una dialettica con l'uomo scelto per guidare l'esecutivo dal popolo o si sceglie un Governo espresso dal Parlamento, con il Parlamento che mantiene il potere sostanziale di costituzione e di formazione dei Governi. Una forma come quella che è delineata nella Costituzione, che io spero possa essere modificata dal Senato, che fa coincidere la maggioranza parlamentare con il potere del Primo il ministro, scelto dai cittadini, è una forma che non potrà funzionare, perché mortificherà la vita democratica del nostro paese. Queste sono le ragioni, onorevoli colleghi, per le quali, al termine di questo dibattito, bilanciando le ragioni di favore di alcune parti della riforma con le preoccupazioni molto profonde che io sento per l'altra parte della riforma, io non potrò andare oltre un voto di astensione su questo provvedimento. E mi rendo conto che, avendo noi repubblicani scelto una alleanza con la Casa cosiddetta delle libertà, con l'attuale maggioranza, il fatto che su una legge costituzionale, che è uno dei fondamenti di un accordo politico, noi prendiamo le distanze deve dire qualche cosa al capo della coalizione, al Presidente del Consiglio e ai colleghi della maggioranza. È una rottura di cui io non sottovaluto l'importanza ed è la ragione per la quale la manifestiamo in un voto di astensione. Ma certamente noi avremmo preferito concentrare il nostro impegno e la nostra attività sul funzionamento politico del paese. Noi non crediamo - fatemelo dire alla fine di questo intervento - che le leggi possano sostituire la volontà politica, la capacità politica, la passione politica e gli ideali politici
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Questi ideali vi sono stati nell'Italia repubblicana del dopoguerra che, nonostante i difetti di quell'impianto costituzionale, è diventata un grande paese.

Non sarà una riforma costituzionale ad assicurare il successo di ciò che gli uomini politici, nella loro capacità, nella loro passione e nei loro ideali non saprebbero fare da soli. È questa la ragione per la quale il nostro è più un invito alla passione politica che alla riforma istituzionale.

Roma, 15 ottobre 2004
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/TUCANUNCHIAGNE.mid

nuvolarossa
16-10-04, 10:08
La galassia laico-riformista e il futuro delle istituzioni

di Aldo Torchiaro

L’appuntamento del giovedì con le tavole rotonde del mondo laico mantiene le aspettative: data la crescente notorietà dell’incontro, all’ingresso della sala della Camera dei deputati si presentano in molti più del previsto. E Mario Segni, autentico gentlemen, si fa garante presso gli addetti alla sicurezza interna per tutti gli osservatori giunti senza accredito, permettendo loro di assistere all’incontro. E’ un episodio eloquente che parla da sé di come l’interesse per il punto di vista laico stia conquistando ogni volta nuovo terreno.

E’ il senatore del Pri Antonio Del Pennino a dare il via al dibattito, incentrato in quest’occasione sulle riforme costituzionali. “La riforma del titolo quinto non soddisfa, no di certo. Ma è un passo avanti”, esordisce. “Anche sul bicameralismo ci sono troppi elementi rimasti equivoci, troppi punti che vanno chiariti”. Non poche le perplessità sul campo. Tante da portare il senatore repubblicano ad astenersi, in Senato, nelle votazioni sulle riforme.

“Un’astensione che a Palazzo Madama corrisponde al voto contrario”, ricorda Del Pennino. Per la prima volta intorno alla tavola rotonda laica, Mario Segni si associa alla presa di distanza sottolineata dal Pri. “Signori, attenzione, perché qui è in discussione la Costituzione stessa. Il trasferimento dei poteri da il senso della vittoria culturale di Bossi: uno che l’Italia la vuole sostanzialmente rompere, non certo rafforzare”.

L’attenzione è tutta sulla devolution. “D’altronde su tutti i grandi temi, la sicurezza, la difesa, l’immigrazione, la globalizzazione dei diritti e delle risorse, non esiste neanche una dimensione nazionale: tutto oggi è sovranazionale”, prosegue Segni. “Le nazioni hanno oggi un nuovo impeto che promana dalle emergenze che la terra condivide. Altroché trasferimento di tutto il potere agli enti locali”, conclude il segretario del Patto Liberaldemocratici. Alberto Tomassini, del Psdi, difende da buon socialdemocratico il parlamentarismo.

“E’ il male minore, e necessario, di ogni democrazia”, dice. E non nasconde la vena critica del suo partito verso un atteggiamento spesso vanamente declamatorio della maggioranza, che insieme alle riforme promette una detassazione che non arriva mai. “Innovare il comparto pubblico e detassare l’Italia. Modernizzare il paese davvero”, indica Tomassini. “Non ha molto senso trasferire poteri da un ente all’altro, come se il federalismo fosse la panacea di tutti i mali”.

Davide Giacalone, repubblicano, editorialista della nostra testata, fa il punto: “Certo le questioni in discussione sono talmente rilevanti che non si può pensare di affrontarle senza convocare una Costituente vera e propria. Altrimenti si procede con delle riforme a groviera”. E ricorda come il vero federalismo serva - o dovrebbe servire - ad unire il paese, e mai a dividerlo. “Ricordo la moda dell’ecologismo, negli anni Ottanta. Tutto doveva essere analizzato con l’ottica dell’ecologismo, che in generale è positivo ma ha portato ad eccessi, ad errori vistosi di valutazione, come quello sul nucleare”.

Così oggi tutto va delegato all’ente locale, tutto ciò che può essere federalizzato, deve forzatamente esserlo. Pierluigi Winkler del Nuovo Psi concorda. “Non si può riformare la carta costituzionale di uno Stato se non se ne sanno adeguare i principi generali alle esigenze della società”. E la società di oggi è mutata, “multietnica, stratificata, prismatica”, dice l’esponente socialista. Giorgio Carta, giovane avvocato socialdemocratico ed il socialista Di Ferrante vanno nella stessa direzione.

La galassia dei laici è compatta. Ma Arturo Diaconale esorta a guardare avanti: “Noi tutti ci riferiamo a forze risorgimentali che seppero immaginare un paese che non c’era. Adesso non dobbiamo fare i nostalgici. Dobbiamo costruire il futuro, lavorare per un Italia diversa”. Il direttore de L’opinione indica la strada: “l’interesse nazionale deve essere al centro di ogni iniziativa delle forze laiche e riformiste”.

Aldo Torchiaro
torchiaro@opinione.it

nuvolarossa
10-03-05, 12:15
Polemiche sull'«integrativa»

Sindacati all'attacco sulle linee guida del Welfare per il conferimento del Tfr.
Al centro delle critiche l'intervento dei datori nella devoluzione se manca la comunicazione del lavoratore.

di Marco Rogari

Rimane a rischio la trattativa sulla previdenza integrativa. Di fronte alle anticipazioni sulla bozza del secondo decreto attuativo, riguardante l'uso del Tfr con il silenzio-assenso, le agevolazioni fiscali e le compensazioni alle imprese (si veda «Il Sole-24 Ore» di ieri), la reazione dei sindacati è stata dura. La Cgil definisce «non accettabile» un testo di questo tipo. Secondo la Uil, restano molti interrogativi da chiarire. E anche per l'Ugl rimangono diversi nodi da sciogliere. La tensione sale anche sul ruolo da attribuire alla Covip. Ma questa volta è il ministro Roberto Maroni a dare battaglia affermando che se non sarà restituita alla Covip l'intera vigilanza su tutta la previdenza complementare (e quindi modificato il testo della riforma sul risparmio), le compagnie di assicurazione non potranno usufruire del flusso di Tfr che i lavoratori sceglieranno di destinare ai fondi.
Quanto al confronto con le parti sociali, Maroni si è detto fiducioso su un accordo. Che però non appare semplice visto che i sindacati hanno già bocciato la bozza del primo decreto (sulla gestione delle forme complementari), tra l'altro contraddetto, sul ruolo della Covip, dalla riforma del risparmio. E ai sindacati, che hanno chiesto a gran voce un provvedimento unico, non piace neppure la bozza del secondo decreto. Un testo, quest'ultimo, che è ancora in fase di lavorazione. L'attuale versione non si discosta molto dalle misure prospettate dal ministero del Welfare all'inizio del confronto, che non hanno incontrato i favori delle parti sociali inducendole ad elaborare un proprio documento comune.
La bozza del Welfare. Sul silenzio-assenso il testo al quale sta lavorando il Welfare prevede una sorta di compromesso tra la posizione iniziale dello staff di Maroni e le richieste delle parti sociali: se il lavoratore non si esprime nel termine di sei mesi, il datore di lavoro, in accordo con i sindacati, potrà scegliere in quale forma complementare collettiva indirizzare le sue quote di Tfr. In caso di mancato accordo, il Tfr andrà al fondo residuale dell'Inps. Le parti sociali invece chiedono che non ci sia nessuna pronuncia del datore di lavoro e che venga data una corsia preferenziale assoluta ai fondi pensione negoziali. Per quanto riguarda gli sconti fiscali, il Welfare non intende agire sui rendimenti ma sulle prestazioni. In particolare, la bozza prevede una tassazione «a titolo definitivo» del 15%, ridotta dello 0,30% per ogni anno eccedente il 15° anno di partecipazione al sistema di previdenza complementare, con un limite massimo di riduzione del 6 per cento. In forma di compensazione alle imprese è proposto un accantonamento in sospensione d'imposta di una somma pari al 5% dell'ammontare totale del Tfr smbilizzato. Verrebbe poi elevata dal 3 al 5% la quota di salario aziendale soggetta a decontribuzione.
Il no dei sindacati. Morena Piccini (Cgil) afferma che se le indiscrezioni sul meccanismo del silenzio-assenso sono vere, la bozza «non è acettabile e riporta su un piano di indeterminatezza ciò che deve essere certo», cioè la destinazione del Tfr a un fondo negoziale. Secondo Adriano Musi (Uil), l'anticipazione della bozza «non risolve le questioni poste dall'avviso comune». Per Renata Polverini (Ugl) sono «tre i nodi che la bozza non scioglie assolutamente: portabilità, ruolo della Covip e, soprattutto, silenzio assenso».
Covip, Maroni all'attacco. «Il problema della Covip è già risolto: o sarà reintrodotto il controllo anche sui prodotti assicurativi o questi non beneficeranno del flussi di Tfr», ha detto Maroni. Che ha aggiunto: il controllo su questi prodotti può restare all'Isvap, ma «non credo che le compagnie di assicurazione vogliano tirarsi fuori da un flusso di 7 miliardi annui. Certo, se qualcuno pensa di avere tutti i vantaggi senza controllo ha capito male».

nuvolarossa
26-09-05, 21:31
La CdL e le riforme

E' il tempo di delineare il progetto della prossima legislatura

E' stata una scelta importante quella della Casa delle Libertà di fare una manifestazione a Reggio Calabria per illustrare le riforme compiute in questa legislatura, cominciando con la devoluzione, contro la quale pure c'è stata una tale levata di scudi da parte dell'opposizione, nemmeno si volesse spaccare il Paese Eppure la riforma del titolo V della Costituzione fu fatta a fine legislatura dalla maggioranza di centrosinistra e fu approvata con ben pochi voti di maggioranza. L'attuale riforma ha il merito di correggere l'impostazione di allora, molto più estremista nei suoi effetti indipendentisti, ripristinando la priorità dell'interesse nazionale.

Vogliamo anche aggiungere, come ha ricordato Francesco Nucara nel suo intervento a Reggio, che una forza politica che ha nelle sue radici la proposta federalista di Carlo Cattaneo, davvero non può trovare nulla di pericoloso nell'istanza della devoluzione, che implica una richiesta di maggiore responsabilità amministrativa da parte degli eletti su base regionale; e neanche dovrebbe averne la sinistra, che era federalista almeno dai tempi della presidenza Fanti della Regione Emilia Romagna, quando la Lega Nord non esisteva nemmeno.

Ciò non toglie che, se la riforma del Titolo V della Costituzione compiuta da questa maggioranza merita una valutazione positiva, la riforma costituzionale, nel suo complesso, dal premierato al Senato federale, lasci aspetti controversi, tali da suscitare molte perplessità. Queste ultime avrebbero consigliato, anche per la particolare delicatezza degli argomenti, una maggiore riflessione. E' una critica, questa, che abbiamo lealmente sottoposto agli alleati di maggioranza, e della quale siamo rimasti convinti. Anche un principio sano può avere una realizzazione sbagliata, soprattutto quando si è aperti ad un dialogo con l'opposizione che, al dunque, tale dialogo rifiuta per meri calcoli propagandistici.

Per queste ragioni la nostra idea è che la Casa delle Libertà, pur celebrando le cose fatte, come pure è suo diritto, dovrebbe maggiormente spingersi sulle cose da fare per rilanciare un Paese che appare comunque in difficoltà. E che una campagna elettorale puramente rivendicativa di cosa è stato o non è stato fatto, potrebbe risultare elusiva sulle priorità del futuro. E' sul futuro, invece, che bisogna concentrare la massima attenzione del governo, pensando che questa legislatura è solo stata la premessa per un'azione politica più stabile e coerente da svolgere nella prossima.

Roma, 26 settembre 2005

nuvolarossa
27-09-05, 21:37
Convention a Reggio Calabria/La sfida delle riforme per cambiare ed unire l'Italia

Quella sinistra che modificò da sola la Costituzione

Intervento al convegno "La sfida delle riforme per cambiare ed unire l'Italia", Reggio Calabria, Palasport Pentimele, 24 settembre 2005.

di Francesco Nucara

Cari amici, un benvenuto in questa che è la mia città al Presidente del Consiglio, ai Ministri e ai rappresentanti dei partiti della Casa delle Libertà.

Un benvenuto anche a nome di tanti giovani calabresi tra cui, in particolare, vorrei ricordare i ragazzi di una scuola a me cara, l'Istituto Tecnico "R. Piria", che accompagnati dal loro preside sono qui presenti e, animati da interesse e passione per la politica e le istituzioni, l'11 ottobre saranno a Roma in visita ai palazzi del Parlamento. In quell'occasione il Presidente Berlusconi non mancherà.

Mi scuso a nome dei calabresi per la mancanza della pur minima sensibilità istituzionale dimostrata oggi dal Presidente della Regione Calabria Agazio Loiero, il quale sapendo che arrivava in visita il Presidente del Consiglio dei Ministri non ha avvertito l'esigenza di andare a riceverlo e portare così il saluto ufficiale dei cittadini calabresi. Prendiamo atto con rammarico dell'operato del Presidente Loiero, il quale non si è limitato a questo ma ha addirittura organizzato in queste stesse ore e qui a Reggio una contromanifestazione anti-devolution.

Occorrerebbe forse ricordare al Presidente Loiero che nella passata legislatura ha votato a favore della devolution lo stesso giorno in cui si scioglieva il Parlamento.

I nostri avversari politici troppo facilmente dimenticano, quando non si limitano ad ignorare ciò che invece è davanti agli occhi di tutti. E mi riferisco in particolare a quanto di recente affermato da un esponente del centro sinistra sul problema idrico. Ma come si può sostenere che è merito loro se si è finalmente risolto questo grave problema? Una domanda chiara e semplice vorrei rivolgere a questo esponente: ma le risorse finanziarie da dove provengono? Ebbene, da questo Governo!

Come del resto, è opera di questo Governo l'ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria. Noi tutti ricordiamo le condizioni in cui versava negli anni passati: buche, continue curve, corsie strette, cantieri interminabili. Ora finalmente la situazione è radicalmente cambiata: cantieri aperti e molti tratti di strada già completati. Ma l'ipocrisia della sinistra non ha fine: riesce a lamentarsi delle code determinate proprio dai cantieri che questo Governo ha aperto per rendere la rete di trasporti del meridione degna di un Paese civile.

Tornando ora al tema di questa convention, posso dire che noi repubblicani abbiamo a lungo riflettuto sulla riforma costituzionale ed in particolare per quanto concerne la modifica del Titolo V che ne è elemento essenziale.

Una considerazione ha comunque guidato le nostre riflessioni: quella che quando si affrontano temi estremamente delicati come quelli istituzionali, non ci si deve mai abbandonare a critiche indiscriminate, né, ed a maggior ragione, ad un modo di agire propagandistico.

Ora, se vi sono incongruenze e imprecisioni nel testo che il Parlamento esaminerà in seconda lettura fra qualche giorno, queste, non va dimenticato, sono il frutto della non meditata e frettolosa riforma della Costituzione approvata nella scorsa legislatura da quella che allora era la maggioranza di centro-sinistra.

Le critiche alla devolution, che muovono illustri esponenti della sinistra, risultano ipocrite, considerando che coloro che le avanzano oggi non hanno tenuto neppur lontanamente un atteggiamento di serietà e correttezza istituzionale simile a quello che invocano, approvando la riforma con il netto dissenso dell'allora opposizione, con pochi voti di scarto ed addirittura il giorno stesso dello scioglimento delle Camere.

Ed un tale modo di agire si comprende, perché la sinistra, dopo anni fallimentari come quelli dei governi D'Alema e Amato, aveva bisogno di presentarsi all'esame degli elettori con una qualsiasi riforma. E questo era più importante della coerenza e della logicità della riforma stessa. La Costituzione fu trattata come carta straccia, riscritta in una sua parte essenziale, senza badare, come disse Angius, capogruppo al Senato dei DS, che la "modifica costituzionale non è (era) ancora un progetto federalista compiuto. È parte importante, forse decisiva, ma che va affinata e completata".

Non possiamo che ricordare il monito che rivolgemmo, per bocca dell'on. La Malfa, agli esponenti della sinistra che si accingevano ad approvare la riforma: "La Costituzione italiana è materia troppo importante, troppo delicata, perché si possa venir meno al principio sulla base del quale essa fu scritta negli anni 1946-1948: un grande patto costituzionale che vide le grandi correnti di pensiero economico, politico e culturale incontrarsi o scontrarsi, comunque collaborare.

Se noi…stabilissimo oggi un precedente diverso … e si introducesse il principio che la Costituzione italiana è materia sulla quale si possa intervenire a semplici colpi di maggioranza, si introdurrebbe un principio politico del quale molti si pentirebbero".

Purtroppo, però, gli esponenti dell'attuale opposizione ci dimostrano ancora una volta come sia estremamente facile dimenticare il passato. Ed oggi si abbandonano a vere e proprie invettive indiscriminate contro la riforma portata avanti dal centro-destra.

Ebbene, cari amici, noi non dobbiamo dimenticare.

Lo schieramento di centro sinistra con pochissimi voti di differenza ed il giorno stesso in cui il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi scioglieva le Camere, cioè l'8 marzo 2001, ha approvato una modifica costituzionale che, come il senatore Angius, ebbe ad affermare, "è una svolta che dovrà trovare il suo completamento nella prossima legislatura".

Ed il senatore Angius, in quella che era la sua ultima dichiarazione di voto della XIII legislatura, si spinse oltre affermando, con fare propagandistico, che "nella prossima legislatura si dovrà completare il disegno riformatore, garantendo un'incisiva presenza degli interessi delle comunità regionali negli organi costituzionali e in particolare in Parlamento, trasformando una delle due Camere in organo rappresentativo delle regioni e delle autonomie, oltreché dell'intera comunità regionale".

A questo punto, risulta del tutto ridicola l'evocazione da parte della Sinistra di un pericolo per l'unità nazionale che deriverebbe dall'approvazione di questo disegno di legge costituzionale.

Si tratta nulla di più che di un motivo propagandistico!

Come non ha pagato giungere ad una riforma pasticciata, confusa, incoerente e incompleta, solo per avere una riforma propagandisticamente spendibile ma che nei fatti non è riuscita ad evitare la sconfitta elettorale.

Anche questa volta, alla vigilia di una durissima campagna elettorale, l'atteggiamento propagandistico della sinistra ci fa ben sperare.

Fatte queste dovute considerazioni, la principale critica che può essere mossa al progetto di riforma della devolution è che, seppur modificandolo, non elimina l'impianto costruito con la modifica del Titolo V, realizzato nella passata legislatura dal centro-sinistra, e che fa della legislazione concorrente, per noi da abolire, l'elemento discriminante tra Camera e Senato.

Concludendo, consentitemi di rivolgere un ringraziamento al sottosegretario Aldo Brancher per l'organizzazione di questa convention su un tema importante come quello delle riforme istituzionali. Perfetto mi pare il titolo "La sfida delle riforme per cambiare ed unire l'Italia", perché nel vedere le bandiere della Lega nel Palazzetto dello Sport di Reggio tra tanti reggini credo che questa sfida la stiamo vincendo. Una sfida (ed il pensiero non può non andare agli studi e alle opere di grandi pensatori e patrioti come Carlo Cattaneo) che è propria della tradizione repubblicana.

Ora, quello che si apre davanti a noi è un lungo e duro periodo di lotta politica. A differenza di chi in queste ore si sta allontanando dalla Casa delle Libertà, pronosticando la sconfitta della nostra coalizione così come ne pronosticava la vittoria alle regionali (se questi sono i pronostici, possiamo ben sperare), sono convinto che la battaglia per le politiche non è affatto perduta.

Basta affrontarla uniti, sicuri di ciò che si è fatto e consapevoli di quanto ancora dovremo fare per il bene dell'Italia.

nuvolarossa
05-10-05, 21:39
Devolution e grida dell'opposizione/Ma l'Emilia Romagna fa valere i propri interessi

Quando per il Pds la Lega era costola della sinistra

Articolo pubblicato sulla "Gazzetta del Sud" di mercoledì 5 ottobre 2005.

di Francesco Nucara

La devolution è uno dei temi che maggiormente sta animando il dibattito politico tra gli schieramenti. Il giudizio complessivo dei repubblicani sulla devolution, che il Parlamento si accinge ad esaminare in seconda lettura, pur criticandolo non può non essere positivo in quanto la riforma avanzata dalla coalizione di centrodestra migliora alcune disposizioni che erano contenute nella riforma approvata nella passata legislatura dall'allora maggioranza di centrosinistra. Carlo Cattaneo sosteneva che "la libertà è una pianta con molte radici". E la reintroduzione dell'"interesse nazionale", eliminato dalla precedente riforma, ne è esempio emblematico, unitamente ad una più chiara definizione delle materie assegnate alla competenza delle regioni, alla riattribuzione alla competenza statuale di alcune materie importantissime (le grandi reti strategiche di trasporti, le telecomunicazioni nazionali, l'ordinamento delle professioni intellettuali, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia), alla introduzione del principio di coerenza e uniformità nella legislazione del nostro Paese. Certo non si possono tacere le perplessità che più volte i repubblicani hanno avanzato nei confronti di questo testo, sia in quanto non elimina l'impianto realizzato con la modifica del Titolo V dal centro sinistra, sia perché la legislazione concorrente, per noi da abolire, diviene elemento discriminante tra Camera e Senato.

Al contrario, le dure critiche portate avanti in questi giorni da illustri esponenti dell'opposizione risultano, come abbiamo già avuto modo di affermare nel corso della convention di Reggio Calabria, ipocrite, poco generose e in buona sostanza propagandistiche.

Qualcuno, non sappiamo se ignorante o in malafede, sostiene che con questa riforma della Costituzione saremmo "recintati" pure sulla Sanità: cioè non si può essere più curati, se non a proprie spese, fuori dalla Regione di appartenenza.

Se la sinistra pensa di vincere le prossime consultazioni elettorali con questi metodi si accomodi pure: sarà sbugiardata dagli elettori.

La sinistra agita lo spauracchio della Lega Nord, della dissoluzione dello Stato, dimostrando lo stesso atteggiamento che la maggioranza del Paese aveva negli anni cinquanta nei confronti del PCI, quando si diceva che mangiassero i bambini. Noi non abbiamo paura della Lega, alla quale va riconosciuto il merito di contribuire ad una riforma più equilibrata rispetto a quella approvata dal centrosinistra. Ma non era D'Alema a dire (1995) che la Lega era "una costola della sinistra"? Del resto, anche l'onorevole Mantini, esponente della Margherita, nel corso del dibattito parlamentare in questa legislatura, ha riconosciuto i meriti di questa devolution, proprio nella parte in cui corregge la riforma approvata nella passata legislatura.

Una riforma che comunque aveva visto il sostegno anche di un altro partito sensibile alle vicende meridionali: l'Udeur. Infatti, per bocca del senatore Roberto Napoli, il partito di Mastella sostenne che la devolution era "una riforma necessaria ed utile al Paese", e che, citando "La rivoluzione Meridionale" di Guido Dorso, "è il mezzogiorno che più di tutti ha bisogno del federalismo e dell'autonomia per fondare il futuro sull'autogoverno". Oggi, che si discute di un testo migliorativo di quella stessa riforma, si fanno invece previsioni catastrofiche per il Sud.

Abbiamo conosciuto Loiero tramite il prof. Luigi Firpo, all'epoca deputato del PRI. Ci fu presentato come un democristiano "costretto a mettere le mani nel fango della politica democristiana ma senza sporcarsi le mani".

L'amico Loiero continui a non sporcarsele, distinguendo i valori istituzionali da quelli poltici.

Ad avviso dei repubblicani, insomma, risulta del tutto incomprensibile l'atteggiamento della sinistra che da una parte attacca il centralismo mentre dall'altra compie battaglie contro la devolution. A questo riguardo il Presidente della Regione Emilia-Romagna, Errani, assume un comportamento emblematico, facendo valere gli interessi della sua Regione contro lo Stato davanti alla Corte Costituzionale.

E non possiamo non denunciare come propagandistico il comportamento del Presidente Loiero, il quale, dimostrando poca sensibilità istituzionale, ha organizzato una manifestazione nel corso della quale l'argomento della devolution era posto in termini apocalittici, nelle stesse ore e nella stessa città in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Governo illustravano i motivi della riforma. Bisogna ricordare al Presidente Loiero che, salvo poi pentirsi per un voto espresso solo per dovere di coalizione (essendo allora, in qualità di Ministro degli Affari regionali, esponente di spicco del Governo Amato di fine legislatura), con quello stesso voto, favorevole e determinante, egli ha contribuito ad approvare la devolution nella passata legislatura. Una devolution votata l'8 marzo 2001, ultima seduta utile di tutta la legislatura, quella dello scioglimento delle Camere, con una maggioranza stentata e senza il consenso dell'opposizione, creando un pericoloso precedente del quale molti si sono pentiti, ed espressa in un testo che il senatore dei DS Gavino Angius non ebbe alcuna remora a descrivere come da affinare e completare, anche attraverso l'introduzione di una Camera delle Regioni.

Ed alla manifestazione organizzata dal Presidente Loiero non hanno rifiutato di prendere parte anche il Presidente della Provincia di Reggio Calabria, Pietro Fuda, e l'assessore al Comune di Reggio Giovanna Argentino Mazzitelli.

Sono personaggi, anzi amici, che ricoprono ruoli istituzionali importanti grazie alle vittorie elettorali del centro destra.

Al presidente della provincia, uomo apprezzabile anche per le sue letture di Thomas Mann, consigliamo di rileggersi "I Buddenbrook" o se preferisce "Morte a Venezia". Capirà che la vita spesso non è così semplice come appare.

Winston Churchill diceva: "si può lasciare il proprio partito per seguire le proprie idee". Detto nobile, se non fosse che spesso ultimamente si lascia il proprio partito per tenersi attaccati alle proprie poltrone.

E per finire la favola del castoro.

"Il castoro inseguito dai cacciatori che vogliono strappargli i testicoli di cui si estraggono dei medicinali, per salvarsi la vita, si strappa da se stesso i testicoli".

(Gramsci: "La favola del castoro" in "Passato e Presente").

nuvolarossa
05-10-05, 21:42
Tfr/La Malfa: io non paladino assicurazioni ma di liberta' lavoratore

''Io paladino del partito delle assicurazioni? Ognuno la pensi come vuole, in realta' ho sempre affermato che il punto fondamentale della riforma deve essere la garanzia della piena liberta' di scelta del lavoratore sulla destinazione del proprio Tfr''. Cosi' il ministro delle Politiche comunitarie, Giorgio La Malfa, interpellato sulla posizione assunta nel corso del Consiglio dei Ministri che oggi ha fatto slittare di 30 giorni il termine di approvazione della riforma del Tfr, dopo che alcune fonti presenti alla riunione lo avevano indicato tra coloro che hanno espresso le maggiori riserve sul provvedimento. ''Sono soprattutto due gli aspetti su cui ho espresso le mie riserve - ha spiegato La Malfa - il primo e' la questione della portabilita'. Nella formulazione di luglio del provvedimento il lavoratore che decide di lasciare il fondo chiuso per una forma previdenziale individuale aveva il diritto di portare con se' anche il contributo versato nel Tfr dal datore di lavoro. Successivamente la norma e' stata modificata e il lavoratore perde il diritto di portare nella propria forma assicurativa il contributo del datore di lavoro, che va nel fondo contrattuale. Questo secondo me viola il principio di concorrenza, con rilievi anche europei, e pregiudica la liberta' di scelta''. Il secondo aspetto sollevato da La Malfa riguarda il fondo di garanzia delle banche per il credito agevolato alle imprese che fanno confluire il Tfr nei fondi. ''Ho posto poi il problema del fondo di garanzia - ha aggiunto La Malfa - sottolineando il pericolo che l'Europa possa attribuire al governo l'intenzione di intervenire con una iniziativa che si configura come aiuto di Stato''.

Roma, 5 ottobre 2005 (Asca)

nuvolarossa
06-10-05, 12:44
Tfr Il Consiglio dei ministri ha rinviato alle Camere il decreto di attuazione della delega
Slitta la riforma, Maroni s'infuria
«Dietro lo stop ci sono forti pressioni del mondo economico e finanziario»

Olivia Posani

ROMA – Fumata nera, nerissima, per la riforma del Tfr. Il Consiglio dei ministri con il voto contrario della Lega e l'assenza di Berlusconi, ha rinviato in Parlamento il decreto legislativo anziché approvarlo definitivamente. Il che significa che la previdenza integrativa, dopo due anni di delicato dibattito con le parti sociali, subisce una sonora battuta d'arresto. Un rinvio su cui aleggia la lobby delle assicurazioni e che ha fatto inviperire Roberto Maroni. Tanto che il ministro del Welfare ora pone un ultimatum politico e lancia accuse pesantissime: «Dietro questo stop ingiusto, controproducente, dannoso, ci sono forti pressioni del mondo economico e finanziario, non certo del mondo industriale e sindacale, tese non a migliorare la delega, ma a non attuarla. Le argomentazioni portate mi hanno convinto di questo. Mi auguro che il Parlamento, e soprattutto il governo, sappiano resistere a queste pressioni». Altrimenti, «se nei prossimi 30 giorni il governo non approverà il decreto, è evidente che ci saranno problemi politici rilevanti». Berlusconi getta però acqua sul fuoco. Il premier, che al momento del voto è uscito dalla sala del Consiglio per evitare il conflitto di interessi (il gruppo Fininvest è azionista della compagnia di assicurazioni Mediolanum) è pronto a garantire: «C'è stato il rinvio alle Camere perché ci sono alcuni punti ancora da mettere a fuoco, ma sono assolutamente convinto che una volta chiarita la situazione la riforma sarà approvata». I punti in discussione di questa partita da 13 miliardi l'anno (a tanto ammontano le liquidazioni accantonate) sono due. Il più rilevante riguarda la destinazione del contributo a carico delle imprese per i lavoratori che decidono di investire il Tfr nei fondi pensione. Per capire di cosa si parla bisogna ricordare che il Tfr maturato in un anno è pari a circa il 7% della retribuzione lorda e che il contributo del datore di lavoro oscilla tra il 2 e il 3%. Nel provvedimento, così come chiesto dalle parti sociali, è scritto che questo contributo deve andare ai fondi chiusi, cioè quelli frutto della contrattazione, mentre non può essere versato nei fondi aperti come quelli gestiti dalle assicurazioni. Il che significa che un lavoratore può decidere di costruire la sua previdenza integrativa presso un'assicurazione, ma così facendo perde circa il 20-30% dei versamenti. In sostanza è incoraggiato ad aderire ai fondi chiusi. «Il Consiglio dei ministri – ha spiegato Maroni – su questo punto è stato di diverso avviso». Così come non ha gradito la norma che concede alle piccole imprese, che non hanno possibilità di accesso al credito, una moratoria di 3 anni per adeguarsi alla nuova situazione che nei fatti modifica il loro sistema di autofinanziamento. Tutti dubbi che hanno fatto scattare la proroga di 30 giorni per la delega che avrebbe dovuto scadere oggi. Maroni parla di «discussione accesa» all'interno del governo. In realtà si è trattato di un vero e proprio scontro. Le avvisaglie c'erano da giorni. Si racconta che il sottosegretario alla presidenza Gianni Letta abbia tentato in più riprese di convincere il ministro del Welfare a modificare il testo. Maroni ha però tenuto duro, anche perché consapevole che il provvedimento rappresenta un equilibrio faticosamente trovato con le 23 sigle sindacali e imprenditoriali. E sembrava che a dargli una mano sarebbe stato Gianni Alemanno, il ministro di An che nei giorni scorsi aveva avuto contatti con i sindacati. Maroni, Calderoli, Castelli cioè i tre rappresentanti del Carroccio si sono ritrovati invece da soli. Giorgio La Malfa (Pri) e Stefano Caldoro (Nuovo Psi) sono stati i più duri nell'attaccare il testo, sostenendo che sui fondi si stava facendo un regalo ai sindacati. Ma voci contro sono state anche quelle di Baccini (Udc) e Pisanu (FI). Alemanno ha chiesto una «pausa di riflessione» temendo ripercussioni sulle piccole imprese. A questo punto il vice premier Gianfranco Fini ha deciso di mettere il tutto ai voti. Le proteste di Maroni, che ha tentato di spiegare che non si sarebbe potuto cambiare in 20 giorni un testo frutto di ben due anni di lavoro, non sono servite a nulla.

nuvolarossa
13-10-05, 12:49
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Il ministro del Welfare parla con il premier e si mostra ottimista. Ma i sindacati: «C’è il rischio dello stravolgimento della delega»
«Tfr, presto la firma del decreto»
Risolto lo scontro con le assicurazioni. Maroni: «Incontrerò presto l’Ania»

Roma. «Ho parlato con Berlusconi, con Tremonti, con La Malfa, con tutti tranne che con il presidente dell’Ania (Associazione nazionale per le imprese assicuratrici), e sono più ottimista di quanto non lo fossi il 5 ottobre».
Ad una settimana dal rinvio della riforma del tfr alle Camere da parte del governo, il ministro del Welfare, Roberto Maroni, prevede che il decreto sarà approvato. E che a suo favore - ne è certo - voterà anche il presidente del consiglio. Intanto si attenua lo scontro tra il ministro e l’Ania che ieri gli ha rinnovato la richiesta di un incontro, rispetto al quale Maroni si è mostrato disponibile purchè l’associazione la smetta con «minacce e urla».
nMaroni, sono più ottimista. «Il provvedimento sarà approvato - ha detto Maroni - sono state rimosse alcune pregiudiziali, non ci sarà nessuna sottomissione a lobby e non sarà stravolto». Per Maroni, la delega non potrà che riconfermare la vigilanza della Covip sui tutti i fondi, come previsto dalla stessa riforma sul risparmio varata ieri dal Senato. Ma il ministro si è espresso anche su un altro nodo della riforma, quella relativo alla ’portabilita« del contributo del datore di lavoro che »nato dal contratto« non può essere esteso »al di fuori dei limiti contrattuali«.
»Sono certo che al prossimo consiglio dei ministri Berlusconi farà parte di chi vuole approvare il provvedimento«, ha affermato Maroni escludendo che finora il premier, che attraverso la Fininvest controlla Mediolanum, abbia influenzato il governo.
nSindacati allarmati, rischio stravolgimento delega. Le rassicurazioni del ministro sono rivolte anche ai sindacati che ieri hanno accusato il Governo di «stravolgere» la delega. Cgil, Cisl, Uil e Ugl, in una conferenza congiunta, hanno puntato l’indice contro il «colpo di mano» avvenuto nel consiglio dei ministri del 5 ottobre. Hanno chiesto quindi il rispetto degli impegni assunti dal ministro con le 23 organizzazioni firmatarie dell’avviso comune. E hanno diffuso alcune elaborazioni, su dati Covip, secondo i quali i fondi negoziali hanno rendimenti maggiori rispetto alle polizze previdenziali e ai fondi aperti. Quest’ultimi con costi di gestione maggiori. I sindacati quindi confermano il no alla moratoria per le imprese medio-piccole prive dei requisiti per il fondo di garanzia al credito. «Il governo ha messo in campo soltanto 140 milioni di euro», avverte Adriano Musi della Uil. Si fa sentire anche l’Abi. Per il presidente Giuseppe Zadra la questione va chiusa al più presto consentendo «al Tfr di affluire nei fondi pensione».
nTra Maroni e Ania toni meno aspri. Si intravede, invece, qualche possibilità di ripresa del dialogo tra le assicurazioni e Maroni dopo il duro scontro che si è consumato in questi giorni. Ancora ieri mattina al direttore generale dell’Ania, Giampaolo Galli, che lo accusava di tenere una posizione «intransigente», Maroni replicava annunciando che d’ora in poi non avrebbe più considerato l’associazione un interlocutore.
Ma più tardi i toni sono cambiati. Il presidente dell’Ania, Fabio Cerchiai, si è detto infatti dispiaciuto per la reazione di Maroni auspicando una rapida ripresa di un dialogo costruttivo. «Se l’Ania terrà un atteggiamento più prudente, potremmo anche incontrarci la prossima settimana», ha risposto il ministro.

nuvolarossa
04-09-06, 18:25
Le chiacchiere al "potere" ...

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nuvolarossa
05-09-06, 21:35
Caduta libera
Va a finire che in pensione ci mandano Padoa-Schioppa

Riepilogando: la manovra finanziaria doveva essere di 35 miliardi. Poi era scesa a 30. Oggi si parla di 27. Sulle pensioni, il ministro dell'Economia aveva detto con chiarezza che occorreva innalzare l'età pensionabile, ora non solo sembrerebbe che il presidente del Consiglio voglia tenere la riforma della previdenza fuori dalla manovra, ma si studiano anche incentivi per applicare una legge che c'è già, e questo comporterebbe un costo aggiuntivo. L'Europa ha storto il naso ed il grande senso europeista del governo è già finito. Il risultato? Una caduta libera, un quadro devastante. La riunione di maggioranza che si è svolta martedì l'ha ben sintetizzato: posizioni divergenti ed al momento inconciliabili. Saremo ancora al prologo in cielo, allo studio interlocutorio, ma quale possa poi essere la sintesi di tanta contraddittorietà, davvero è arduo dirlo. Il sindacato è già sulle barricate e ventila l'ipotesi di uno sciopero generale nel caso si mettesse male. Ma, a dir la verità, forte anche del consenso che ottiene dalla sinistra radicale nel governo, non si capisce quali timori abbia. Al quotidiano "il Manifesto" un premio per la grande chiarezza: titola a tutta pagina "Pensionabile" e appiccica una foto del ministro Padoa - Schioppa.

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Prodi, da parte sua, mostra il piglio decisionista, e dice che non si spalmerà un bel nulla. Ma sotto i 30 miliardi non c'è più niente da spalmare, i tagli saltano tutti. Ma come faranno a far quadrare i conti? Semplice, tasse più alte e lotta all'evasione fiscale. D'altra parte Prodi si è detto dispiaciuto di aver messo nel programma di governo questo suo bell'intento ("quasi perdevamo le elezioni"), ma non lo ha per questo rinnegato. Resta l'unico infatti capace di mettere d'accordo Epifani e Diliberto, Visco e Russo Spena. Non penalizzare i ceti deboli, è il leit motiv della maggioranza in queste ore: peccato che senza ripresa li si penalizzi comunque e anche peggio. Bini Smaghi, banchiere della Bce, lo ricorda in un'intervista al "Corriere della Sera": "Il deficit al 3% non basta". Possiamo anche credere che al ministero dell'Economia di via XX Settembre ci sia qualcuno che inizi con preoccupazione a pensare ad un fallimento. Ma che importa. Al piano di sotto c'è pur sempre il sottosegretario Cento che si frega le mani per la soddisfazione. Facessero lui ministro, e buona notte al secchio.

Roma, 5 settembre 2006

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tratto dal sito del Partito Repubblicano
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nuvolarossa
10-10-06, 20:20
Finanziaria/Corte Conti: Nucara, governo confuso
Bisogna affrontare subito riforma pensioni

''Ha pienamente ragione il presidente della Corte dei Conti, Francesco Staderini, quando afferma che il ritardo nell'affrontare la riforma del sistema pensionistico ha gia' prodotto danni rilevanti e che non e' ulteriormente rinviabile a futuri provvedimenti legislativi''. Lo dichiara il segretario del Pri, Francesco Nucara, che aggiunge: ''Che il nodo della previdenza non sia stato affrontato dalla Finanziaria per reverenza nei confronti delle corporazioni sindacali, azioniste di riferimento di questo governo, come e' stato giustamente osservato, e' quantomeno scandaloso''.

''Se a questa inerzia si aggiunge la manovra di finanza creativa che scippa alle aziende il Tfr, compensandole a mala pena con il taglio dell'Irap, e determina una competizione tra lo Stato e le forme di previdenza complementare, allora - conclude - il quadro e' chiarissimo: il governo naviga irresponsabilmente tra confusione e contraddizioni''.

Roma, 10 ottobre 2006 (ANSA)


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tratto dal sito del Partito Repubblicano
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nuvolarossa
27-10-06, 20:45
Tre domande sulla super truffa

di MARIO BALDASSARRI

Prodi e Padoa-Schioppa hanno definito l'accordo sul Tfr come un evento «rivoluzionario che fa partire subito i fondi pensione e rende possibile la riforma strutturale in primavera». Sulla prima affermazione hanno perfettamente ragione: l'accordo raggiunto sul Tfr è un evento «rivoluzionario», perché trasferire il Tfr all'Inps e considerare questo come una entrata pubblica che riduce il deficit è una vera e radicale rivoluzione di tutte le regole della contabilità aziendale (a partire dalla partita-doppia inventata da frà Luca Pacioli nel 1494) e di quelle della contabilità dello Stato (fondata dalla Scuola Italiana di Scienza delle Finanze a partire da DeViti-DeMarco, Griziotti ed Einaudi). La seconda affermazione è invece un vero attentato al buon senso, perché rappresenta un triangolo con i lati che non si incontrano, cioè una figura geometrica inesistente. Primo lato: una vera riformapensionistica consiste nell'introdurre sul serio i fondi pensione a capitalizzazione. Secondo lato: i lavoratori debbono vivere e far campare la famiglia con il 47% netto del loro stipendio lordo (sul quale grava infatti il 33% di contributi sociali e circa il 20% di tasse). Pertanto, l'unico modo per fare i fondi pensione è quello di usare il 7% di Tfr che fino a oggi resta dentro le imprese. Terzo lato: se il Tfr se lo prende l'Inps come fanno a partire i fondi pensione? Sarà l'Inps a farli? E come? Con quali competenze? Con quali garanzie di rendimento? Quella del fondo di garanzia dello stesso Inps? Di fatto, è come se si rubasse tutta la benzina da una Ferrari per far viaggiare le auto dell'Inps, e pretendere poi che la stessa Ferrari vinca il gran premio di Formula Uno oppure credere che le auto dell'Inps possano vincere i gran premi. Ecco perché, tra un "triangolo che non si chiude" e una impossibile "quadratura del cerchio" della politica economica e della maggioranza politica, Prodi e Padoa Schioppa si sono adesso cacciati dentro un vero e proprio "conflitto di interessi": se vogliono fare quadrare i conti della loro Finanziaria, debbono sperare che i lavoratori non optino per mettere il Tfr nei Fondi pensione; se vogliono fare la riforma delle pensione, debbono invece sperare che i lavoratori optino per mettere tutto il Tfr nei Fondi Pensioni. Ma tra una "rivoluzione contabile" e un "paradosso politico-economico" è forse utile porre tre domande e dare tre risposte. Primo: che cos'è il Tfr? Il Trattamento di fine rapporto è salario differito dei lavoratori, cioè risparmio di ogni singolo dipendente "prestato" all'impresa dove lavora. Il Tfr è quindi "proprietà" del lavoratore che ne ha un diritto "soggettivo". Non esiste un diritto "collettivo" sul Tfr né da parte dei sindacati, né tantomeno da parte delle imprese. Secondo: in cosa consiste l'accordo firmato lunedì a Palazzo Chigi e da chi e a quale titolo è stato firmato? Appare innanzitutto strano che tra i soggetti collettiviche hanno firmato l'accordo non figurino altre grandi sigle sia di rappresentanza dei lavoratori sia di altre categorie di impresa. Come appare strano che si firmi un accordo da parte di soggetti collettivi in riferimento ad un "oggetto" che è un diritto "soggettivo" di ciascun singolo lavoratore. Inoltre sembra bizzarro poter oggi dire quale potrà essere l'ammontare di questo trasferimento all'Inps. A meno di capacità divinatorie, come fa oggi il governo a scrivere in Finanziaria un importo di 6 miliardi di euro senza sapere le decisioni dei lavoratori? Senza sapere cioè se decideranno di trasferire o meno ai fondi pensione il loro Tfr? Ma il vero miracolo dei miracoli, il governo lo fa nel trasferimento di questi fondi: da debito delle imprese verso i lavoratori diventano debito dello Stato, che però il governo contabilizza come riduzione del Deficit Pubblico! Raffinati giuristi e maghi della contabilità pubblica potranno forse trovare qualche marchingegno o qualche escamotage per convincere qualche ingenuo o condisce ndente rappresentante dell'Unione Europea a ... chiudere due occhi e spegnere il cervello. Ma in realtà questa operazione non può certo essere considerata un taglio del deficit pubblico. E pertanto l'obiettivo del governo di portare sotto il 3% il rapporto tra deficit e Pil nel 2007 è già oggi ed ex-ante palesemente mancato. Anzi, c'è di più. In prospettiva questa operazione "aumenta" il Deficit ed il Debito Pubblico, perché se invece di scippare il Tfr si emettessero, come normalmente avviene, Bot e Cct, lo Stato pagherebbe circa l'1,5% di interessi, contro il 3% circa che servirà per rivalutare i fondi Tfr secondo le regole vigenti. Terzo: quali effetti questa operazione produce su lavoratori, imprese, bilancio pubblico e sistema pensionistico? Per i lavoratori si tratta di spegnere ogni speranza di avere un fondo pensione in tegrativo. A meno che non optino subito tutti per spostare il loro Tfr in un Fondo pensione. Per i giovani, è una vera tragedia, visto che già oggi la loro pensione contributiva dell'Inps sarà pari al 33% dello stipendio, cioè da fame. Per le imprese: sopra 50 addetti, si tratta di perdere un finanziamento a costo contenuto e sperare che le banche lo sostituiscano con loro prestiti. Ovviamente però ai loro tassi di mercato; sotto i 50 addetti, si introduce un altro meccanismo tipo "Articolo 18" dello Statuto dei Lavoratori, che di fatto disincentiva ad assumere il 50esimo lavoratore. Per i conti pubblici, c'è da capire come trovare i soldi per compensare le imprese "scippate" e come convincere l'Unione Europea a non considerare questo aiuto di Stato. Per il nostro sistema pensionistico si tratta di restare impantanato nella palese contraddizione tra lo spostamento del Tfr all'Inps e il decollo dei Fondi Pensione. "

tratto da LIBERO 27 ottobre 2006

nuvolarossa
28-12-06, 20:35
Non è una cosa seria
Le due anime della coalizione impediscono un percorso costruttivo

Il presidente del Consiglio, nella conferenza stampa di fine anno, si è sforzato di mandare al Paese un segnale di fiducia e di ottimismo. Potremmo anche apprezzare tale volontà, ma sinceramente abbiamo dei dubbi sull'autentica possibilità di realizzarla, anche perché non vediamo strumenti attuativi convincenti. Pensiamo alla riforma della previdenza che pure nel governo - e non solo, ovviamente - si ritiene questione dirimente. Il presidente del Consiglio ha voluto anche qui "tranquillizzare gli italiani": e allora ha spiegato che "la riforma grossa delle pensioni l'abbiamo già fatta, con i governi Amato e Dini e con il mio precedente Governo". In realtà, Prodi, per essere credibile, avrebbe dovuto aggiungere anche quanto fatto da Maroni nel governo Berlusconi. Inoltre, secondo Romano Prodi, il sistema andrebbe semplicemente "adattato e affinato per l'andamento demografico". E, attenzione: "Il sistema pensionistico italiano non è più di retroguardia in Europa". Ma il problema delle pensioni non può essere circoscritto ad altri sistemi europei, poiché gli altri Paesi hanno un ben diverso debito pubblico: una differente analisi statistica potrebbe anche portare a decisioni in linea con i sistemi europei. Un insieme di argomenti, insomma, che non ci sembra offrire una buona base di partenza per una riforma della previdenza, semmai per il contrario.

http://www.corriere.it/Media/Foto/2006/12_Dicembre/28/PRODI2a.jpg

E non consola nemmeno il fatto che dal governo si siano già alzate le barricate - vedi le dichiarazioni a tambur battente del ministro Ferrero - dato che il presidente del Consiglio parla di una maggioranza coesa, che deciderà insieme. Decideranno pure insieme, ma la coesione della maggioranza è una realtà che verificheremo nel suo divenire. Quindi non c'è nessuna ragione, sulla base di quanto detto da Prodi, per credere che si arriverà davvero ad una riforma efficace della previdenza. Non solo, ma egli non ci è parso convincente nemmeno quando ha detto di ritenere fondamentali ed indispensabili per il rilancio del Paese misure adatte allo sviluppo e alla crescita che saranno predisposte prossimamente. Ma se è vero che tali misure sono indispensabili, perché non ce n'è traccia in Finanziaria? Perché si vogliono affidare ad una seconda fase della vita del governo, quella stessa seconda fase che parti della maggioranza richiedono e che altre rifiutano? Abbiamo compreso, invece, che Prodi è costretto ad una mediazione infinita con queste due anime della coalizione, in assenza di quella piattaforma sulla quale pensa davvero di riuscire a convincerle sulla strada da seguire. Sempre che non pensi che, facendo solo chiacchiere e promesse, la conflittualità che divide le due anime dell'opposizione, alla fine si stemperi da sé. Prodi dimostri di essere leader: consulti gli alleati e chi più desidera, ma decida in maniera chiara e limpida.

Roma, 28 dicembre 2006

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
29-12-06, 10:51
Giù per lo scalone

Togliere a chi lavora per dare a chi potrebbe farlo ma non lo fa, difendere chi ha avuto da chi non avrà, retribuire il passato impoverendo il futuro. Si potrebbe descriverla così l'annunciata politica governativa sulle pensioni. Un tema quasi sempre lasciato ai presunti specialisti ed ai sindacalisti, salvo il fatto che a pagare il conto saremo chiamati tutti. Quindi, assai prima che i ministri si riuniscano in “conclave”, prima che sia la sinistra, affascinata dal linguaggio ecclesiale, a difendere i garantiti dai non garantiti, mi pare utile ridefinire il problema: in Italia lavoriamo troppo poco, in troppo pochi, per troppo poco tempo, vogliamo andare in pensione prima, e vogliamo una rendita che ci conservi il tenore di vita cui siamo abituati.

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Risultato: per moltissimi anni abbiamo scaricato sui figli i debiti dei padri, ma mentre i primi sono sempre più numerosi i secondi diminuiscono e non ce la fanno più. Morale: o si cambia sistema pensionistico o questo va in bancarotta.
La riforma Dini fu avversata dalla sinistra, che poi cambiò opinione quando lo stesso cessò di essere il ministro dell'economia berlusconiana e divenne il presidente del ribaltone. Con quella riforma si passa dal sistema retributivo a quello contributivo, ove nel primo si prende a riferimento l'ultimo reddito del lavoratore, nel secondo i contributi versati. Restava da stabilire il come ed il quando. Lo si è fatto con la riforma Maroni, che giustamente prevede un innalzamento dell'età minima pensionabile a sessanta anni (che è ancora troppo poco), ma ingiustamente ne fissò l'avvento all'allora lontano 2008. La sinistra oggi al governo promise agli elettori che avrebbe cancellato quello “scalone”, mentre, semmai, lo si sarebbe dovuto anticipare. Quella cancellazione è assai costosa e fa schizzare il debito, da qui l'arrampicarsi sugli specchi di chi biascica in perfetto sindacalese. Ma i numeri hanno la testa dura ed i conti sono semplici: o si allontana la pensione e si diminuisce la spesa, o si prendono i soldi da un'altra parte. Sostengono alcuni ministri che vanno presi dalle tasse. Considero retriva una politica simile, e non so se sia di sinistra (tendo ad escluderlo), ma è certamente a tutto discapito dei giovani, elettoralmente meno interessanti e politicamente non rappresentati.

Davide Giacalone
www.davidegiacalone.it

tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/10791

kid
29-12-06, 12:28
Fa piacere sapere che nel governo abbiano le idee chiare. Il ministro dell’Economia chiede disincentivi per anticipare la pensione? Ecco che il premier spiega che, al contrario, ci vogliono incentivi per prolungare la vita lavorativa. A quel punto , scusate, a che serve la riforma della previdenza? Se incentivi i lavoratori a restare al lavoro qualche anno in più, i debiti dello Stato aumentano comunque. Prodi però ha avuto una idea: il part time. Mezzo stipendio, mezza giornata di lavoro. Non osiamo pensare cosa significhi in termini di rendimento produttivo, ma notiamo che la proposta venne già lanciata nel ’97 e senza successo. Per Treu, forse allora era prematura rispetto ai tempi- Può darsi. Oggi infatti appare un riedizione penosa.

nuvolarossa
17-01-07, 12:27
Pensioni, Almunia smaschera Prodi

Il Commissario Ue per gli Affari economici ribadisce che il nostro paese deve affrontare entro poche settimane il problema del deficit pensionistico. E rivela che il governo si è impegnato con l'Unione Europea a farlo al più presto. L'annuncio spiazza Romano Prodi, che al Conclave di Caserta ha rinviato a data da destinarsi la riforma delle pensioni. Ma, soprattutto, riaccende le polemiche nella maggioranza rincuorando una parte di Ds e Margherita e suscitando le proteste della sinistra antagonista che già dava definitivamente per vinta la battaglia contro le riforme

tratto da http://www.opinione.it/

nuvolarossa
17-01-07, 12:32
http://www.opinione.it/vignette/2007_12_B.jpg

nuvolarossa
22-01-07, 14:03
Nuova retromarcia del governo: l’età pensionabile non si alzerà

di Gian Maria De Francesco

Roma - «La storia dell’innalzamento dell’età deve finire, non l’alzeremo. Non voglio mettere le mani nelle tasche degli italiani». Il ministro del Lavoro, il diessino Cesare Damiano, ospite di Domenica in prima di incontrare i sindacati a Palazzo Chigi ha in pratica avallato l’abbattimento dello «scalone» della riforma Maroni che dall’anno prossimo consentirà di andare in pensione a 60 anni con 35 di contributi anziché a 57. «Io vorrei scendere sotto questa soglia, consentire alle persone di andare un po’ prima. Soprattutto a chi fa lavori usuranti», ha aggiunto.

Perché questo cedimento ai diktat della sinistra estrema? Perché Damiano non ha approfittato di una fase nella quale Cgil, Cisl e Uil non sono ancora riuscite ad esprimere una posizione unitaria? Il motivo non è banale: tenere unito il governo e non far esplodere nuove contraddizioni. Ieri sul Corriere, il presidente della Camera, Fausto Bertinotti è stato chiaro. «Se si vuole cambiare la società - ha detto - anche il governo deve assumere la lotta come un fattore di riforma. Il punto veramente rilevante è stato quello di Mirafiori. La rivalutazione del lavoro deve entrare ossessivamente nella costruzione della coscienza nazionale».

Tanto è bastato perché il ministro del Lavoro sentisse il bisogno di far capire al Paese in uno dei programmi di massimo ascolto che il governo è «di lotta». Anche le velate minacce del segretario del Pdci, Oliviero Diliberto hanno avuto il loro peso. «L’innalzamento dell’età pensionabile - ha sottolineato - sarebbe forse letale per il centrosinistra. Non c’è nulla nel programma. A questo punto farlo lo stesso sarebbe un errore gravissimo».

Pure da parte sindacale è giunto qualche veto sui temi del vertice. «Bisogna che il governo riparta con tavoli di confronto che si definiranno nei prossimi giorni con le parti sociali. Comunque la si voglia chiamare, la fase che si apre è quella decisiva per le sorti del governo e per una parte del Paese stesso». Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, in un’intervista all’Unità ha «suggerito» di rimandare tutto a tavoli ad hoc.

Sull’argomento pensioni, poi, la Cgil non vuol farsi dettare l’agenda da Prodi, ma piuttosto dettarla. «Per prima cosa - ha sottolineato Epifani - metterei da parte l’innalzamento dell’età voluto dal governo precedente, il cosiddetto scalone. A questo si aggiungano i coefficienti di trasformazione voluti dalla legge Dini che diventano un elemento troppo penalizzante per i giovani. Vorremmo anche che si rivalutassero i redditi molto bassi di chi è già in pensione». Le dichiarazioni del segretario della Cgil non sono molto distanti dalla proposte presentate dal Prc.

Ma nessuno, per ora, intende solleticare i massimalisti e provocare scollamenti di un governo «amico». Come ha spiegato alla Stampa il segretario Cisl, Raffaele Bonanni, «il governo non può parlarci di pensioni per due motivi: il primo è che al proprio interno non esiste una visione comune» e il secondo «è che non ha nessun senso parlare di previdenza se non in un discorso più generale sullo sviluppo». Bonanni ha messo in evidenza che «la priorità è rivalutare le pensioni, una attenzione ai lavori usuranti e una soluzione per evitare lo scalone». L’ordine di importanza non è quello di Epifani.

Su questo Damiano poteva «giocare». Ma ha subito esaurito il caricatore deludendo ancora una volta i riformisti come Daniele Capezzone («ulteriore grave arretramento»), Enrico Boselli («Damiano fa come i gamberi») e Nicola Rossi («Prodi faccia chiarezza o stia zitto»).

tratto da http://www.ilgiornale.it/

nuvolarossa
22-01-07, 14:03
Cogestione del declino

Ma sì, facciamo scendere l'età pensionabile, seguiamo la via governativa così brillantemente sintetizzata dal ministro del lavoro, Damiano. I soldi per pagare questa roba li prendiamo da quelli che i lavoratori perderanno con il trasferimento del tfr, complice il governo stesso che avendo alle spalle il primo gennaio, e mancando d'eseguire quel che esso stesso ha voluto, ancora non ha diffuso i moduli per l'opzione. Non basteranno, quindi aumenteremo il prelievo fiscale e previdenziale in capo a chi lavora, così alimentando la cassa con la quale far riprendere vigore alla spesa pubblica.

Non, si badi bene, a quella che la retorica definisce per investimenti ed innovazione, ma a quella concreta, quella che porta favori corporativi e vantaggi elettorali, quella corrente.
Il tavolo apparecchiato per i sindacalisti, a Palazzo Chigi, teneva nel menù la controriforma delle pensioni e la cogestione nella riforma del pubblico impiego. Noi che criticammo per timidezza la riforma Maroni, che avremmo preferito non si adottassero scelte postdatate (anche se la ragione tecnica era proprio interna alla riforma Dini, allora votata dalla sinistra), guardiamo con orrore a chi oggi considera quelle scelte troppo severe, dimenticando che se c'è uno “scalone” nel 2008 è anche perché non vi sono stati gradini nel frattempo, che, quindi, non c'è un'ingiustizia a quella data, ma una mancata progressione nell'innalzamento dell'età pensionabile negli anni precedenti. Ed a questo si aggiunge che volendo far entrare la bandiera dell'efficienza, quindi della valutazione di produttività sui lavoratori pubblici, la si accompagna con il suo esatto opposto, ovvero la contrattazione preventiva, con i sindacati, sull'organizzazione di quegli stessi uffici.
Nel mentre i migliori governi della sinistra europea, a cominciare da quello inglese di Blair, hanno da tempo capito che le politiche di giustizia sociale richiedono un indispensabile recupero di produttività, e che i diritti del cittadino necessitano trasparenza ed efficienza della pubblica amministrazione, nel mentre l'Europa che riprende il cammino dello sviluppo cerca di abbassare la pressione fiscale, ridando vigore ai consumi e libertà di scelta a chi produce reddito, da noi sembra quasi si vada in direzione opposta. Tutto perché è indispensabile portare a casa il consenso di un sindacato che oggi, non a caso, rappresenta più i pensionati che i lavoratori.

Davide Giacalone
www.davidegiacalone.it

tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/10979

nuvolarossa
22-01-07, 14:09
Quando si vuole governare facendo opposizione si fa solo del cerchiobottismo

http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Gattona/Ingovernabilita.jpg

brunik
22-01-07, 17:03
Giu' Le Mani Dalle Pensioni Del Nord !!!

nuvolarossa
22-01-07, 23:19
Mercoledì 24 gennaio h. 17,15 RaiDue

"Tribuna politica sul tema delle pensioni"

Parteciperà il sen. Del Pennino

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
24-01-07, 12:11
Anzi avere l'Inps che l'Aids

http://www.opinione.it/vignette/2007_18_B.jpg

nuvolarossa
24-01-07, 16:51
Conflitto di interessi

http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Gattona/Pensioni_001.jpg

nuvolarossa
27-02-07, 19:24
Pensioni, i sindacati bocciano il governo

Romano Prodi non ha ancora ottenuto la scontata fiducia che Cgil Cisl e Uil cancellano con un colpo solo il progetto di riforma delle pensioni che fa parte dei dodici articoli del nuovo programma. I sindacati sono contrari a qualsiasi aumento, anche di un solo anno, dell'età pensionabile. In questo modo il sinistra-centro riparte all'insegna della più assoluta precarietà

tratto da http://www.opinione.it/

nuvolarossa
15-03-07, 19:32
Previdenza
Restano inascoltati i richiami della Bce per una riforma

Per la maggior parte dei paesi dell'area dell'euro le riforme dei sistemi fiscali e pensionistici sono divenute "una necessità improrogabile". Lo dice la Banca centrale europea, nella sezione dedicata all'analisi della finanze pubbliche di Eurolandia nel suo ultimo bollettino mensile. La Bce, a proposito, è chiarissima come è sempre stata: bisogna "ridurre la vulnerabilità delle finanze pubbliche in vista dei significativi aumenti della spesa collegati con l`invecchiamento della popolazione previsti nei prossimi decenni". E, di conseguenza, aggiunge che "ciò richiede una maggiore determinazione nel perseguimento del risanamento mediante programmi di riforme economiche e fiscali a un tempo credibili ed esaurienti". Quindi, "riforme adeguate dei sistemi fiscali e previdenziali e aumenti della qualità della spesa pubblica migliorano gli incentivi economici e consentono non soltanto di sostenere la crescita del prodotto e dell'occupazione, ma anche di accrescere la sostenibilità dei conti pubblici". Non c'è niente di nuovo in questa posizione, e semmai verrebbe quasi da chiedersi come sia possibile che essa continui ad essere ripetuta nel tempo così monotematicamente.

http://www.piersantelli.it/img/prodi.jpg

A volta capita che non siamo d'accordo con tutto quello che la Bce propone o dispone, ma non abbiamo certo mai pensato che in quella sede si sia perso il contatto con la realtà. Al contrario, crediamo che la ragione di questa insistenza della Bce sul problema pensioni sia dovuta al fatto che ci sono paesi europei che sono altrettanto insistenti nel volerlo ignorare.

Il primo di questi è di sicuro l'Italia. Apriamo anche soltanto la sezione economia del "Corriere della Sera" del 15 marzo. Il titolo di apertura recita: "Pensioni, è subito scontro sui tagli alla riforma Dini". E l'occhiello: "Welfare, rivedremo i coefficienti. Poi Damiano sfuma". Senza nessuna fatica e timore di essere smentiti, assicuriamo che questo titolo è lo stesso da 11 mesi a questa parte, e non certo perché al "Corriere Economia" manchino di fantasia. Ma semplicemente perché ogni volta che il governo Prodi ha affrontato, o meglio, annunciato di voler affrontare la questione, si è riprodotto un manierato minuetto, in cui il ministro Damiano annuncia una posizione, il ministro Ferrero la smentisce, la Cgil si dice d'accordo con Ferrero, il ministro Padoa - Schioppa si mette le mani nei capelli, il presidente del Consiglio gira alla larga, il presidente della Confindustria glissa che egli preferirebbe "parlare a bocce ferme". E chi le ferma più oramai le bocce?

Perché è evidente che nel governo sono consapevoli della necessità di un intervento. Sono o non sono un "governo europeista", con tanto di super tecnico economico che proviene proprio dalla Banca Centrale Europea? E forse possiamo mai immaginare che Tommaso Padoa - Schioppa non condivida i richiami della Banca che ha rappresentato per anni ai massimi livelli? E allora, perché mai la situazione ristagna immobile dal giorno dell'insediamento del governo a oggi, al punto che oramai sono i sindacati spazientiti a chiedere di aprire il tavolo?

Perché non c'è una posizione unitaria. Ci sono i realisti nel governo e ci sono anche i visionari. E i visionari sono ancora di più nella maggioranza parlamentare. "Credo che sia davvero necessaria una risposta forte da parte delle organizzazioni sindacali, di fronte a queste vere e proprie provocazioni sulla pelle dei lavoratori": così Stefano Zuccherini, vicepresidente della commissione Lavoro e senatore di Rifondazione comunista, ha bollato come "inaccettabile" l'ipotesi di revisione dei coefficienti di calcolo, ovvero la quantità monetaria delle pensioni avanzata dal ministro del Lavoro, Cesare Damiano. E ha financo rispolverato il fantasma di Donat Cattin, tanto per far capire che andrà fino in fondo: "Il ministro, come ci ha insegnato Donat Cattin - ha detto Zuccherini - dovrebbe considerarsi ministro dei lavoratori e non della speculazione finanziaria dei fondi pensionistici".

Questo il clima della maggioranza a Palazzo Madama, che si accompagna agli strali della Cgil sul ritocco dei coefficienti con tanto di minacce di ricorso alla piazza. Può forse fare qualcosa un governo in queste condizioni, senza sostegno sociale e senza numeri parlamentari? Può il ministro Padoa - Schioppa essere l'interprete dei desiderata della Bce? E più facile che, nell'attesa di una risposta, il sistema del welfare ci crolli addosso.

Roma, 15 marzo 2007

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
09-05-07, 11:12
“Riforma delle pensioni e stabilità dei mercati: convivenza impossibile?”

di Fulvio Giulio Visigalli

Molto è stato scritto sull’utilità o meno della recente riforma del sistema pensionistico italiano ed appare chiaro, analizzando la cronaca economica e finanziaria, che le opinioni degli esperti in materia sono spesso in contraddizione tra loro.
Tuttavia, a parte i dubbi che possono nascere spontaneamente nella testa dei nuovi aderenti ai fondi pensione, è necessario puntualizzare un fatto concreto che spesso non viene approfondito dai media (nonostante l’importanza dell’argomento) ovvero l’impatto della riforma sui mercati finanziari. Per aiutare il lettore in questo percorso che andremo a sviluppare abbiamo ritenuto necessario utilizzare un documento a firma del Professore Vasapollo dell’Università “La Sapienza” di Roma dal titolo “Pensioni, Fondi e Tfr: per evitare di andare “a fondo” quando è già difficile stare “a galla””. Vasapollo ci informa che alla riforma del sistema pensionistico italiano seguirà inevitabilmente un ingessamento della Borsa italiana in quanto, contrariamente all’idea prevalente che lo sviluppo del Fondo Pensione porti ad uno sviluppo del mercato borsistico italiano, si assisterà ad un rapido aumento della domanda di azioni. Il nuovo attore economico, cioè il Fondo pensione, dovrà bussare alla porta di una piazza finanziaria piccola, fragile e immatura qual è quella italiana.
Il risultato?
Per Vasapollo è chiaro che ci “si dimentica che la Borsa italiana è arretrata proprio per lo scarso numero di società quotate” e che pertanto “lo sviluppo dei Fondi Pensione favorirebbe la domanda di azioni e non l’offerta, destabilizzando ulteriormente il mercato interno” con la conseguenza diretta di rafforzare “le Borse di area anglosassone e nipponica”. Un sottile gioco di equilibri che sicuramente sarà messo a dura prova dalla decisioni di investimento dei Fondi Pensioni. Il Professore ci ricorda che “i flussi finanziari potenzialmente attesi dai Fondi pensione sono ingenti” e che quindi non è né automatico e neppure scontato che “i Fondi Pensioni dovrebbero avere un effetto stabilizzante”. Siamo di fronte ad un interessante problema economico e sociale le cui analisi, ad oggi, sono tuttavia frutto di simulazioni. Solo fra qualche anno, dati alla mano, sarà possibile valutare la bontà o meno dell’attuale riforma. Appare chiaro comunque agli occhi di Vasapollo che “l’esperienza ha dimostrato che i Fondi Pensione [nei mercati finanziari avanzati (Italia esclusa), nda] diventano fattore destabilizzante non solo del corso dei titoli ma dello stesso assetto economico-sociale e politico dei vari paesi che di volta in volta diventano bersaglio della speculazione finanziaria internazionale, creando seri scompensi sociali in termini di sottrazione di risorse agli impieghi in investimenti reali, quindi aumentando la disoccupazione e abbattendo nel contempo le garanzie sociali collettive”.
Le semplificazioni non sono in grado di cogliere la complessità della questione. Sta di fatto che la riforma non è puramente un fatto economico, né sociale, né tantomeno politico. E’ una sfida per un mercato economico italiano che è ancora troppo immaturo? Una sfida persa in partenza? Vasapollo sancisce a chiare lettere che “è assurdo pensare che i problemi legati alla crisi della previdenza pubblica possono essere risolti con lo sviluppo dei Fondi pensione e della previdenza privata” e che quindi “è lecito porsi l’interrogativo di un generico lavoratore dipendente che è allo stesso tempo il piccolo risparmiatore medio: nel mercato azionario italiano dopo i crack della Cirio, della Parmalat, il caso dei bond argentini, ecc. con quale coraggio si possono affidare i risparmi dei lavoratori, addirittura la loro liquidazione a banche, assicurazioni e così via?”. Domande lecite, domande che circolano tra le persone e che un osservatore attento non può che accogliere e raccogliere.
Ricapitolando: la privatizzazione della previdenza è cosa buona? La demolizione, come dice Vasapollo, del sistema pensionistico pubblico è davvero un percorso che andava, a tutti i costi, intrapreso? E siamo sicuri che la riforma del mercato del lavoro sia compatible con la riforma del sistema pensionistico? Tante domande che gli economisti e gli studiosi della materia si stanno ponendo. Le risposte, quelle semplici e immediate, senza tanti giri di parole, sono sempre più difficili da trovare man mano che l’arrivo del silenzio-assenso (fine giugno) si fa avanti. E’ più importante dare risposte ai lavoratori sui loro futuri pensionistici che dilungarsi su ragionamenti di macroeconomia.
Eppure qualcuno amava dire che non ci sarebbero molti investimenti come puro e freddo calcolo matematico se la natura umana non sentisse la tentazione di correre un rischio e la soddisfazione, a parte il profitto, di aprire un’attività. Quel “qualcuno” si chiamava Keynes. Chissà cosa potrebbe consigliarci ora…

tratto da http://www.fgr-italia.it/

nuvolarossa
09-05-07, 18:00
Nucara replica a Migliore e Sgobio

"Se due capigruppo della maggioranza sostengono che il ministro dell'Economia non rappresenta il governo, evidentemente c'è un equivoco da risolvere. O il ministro dell'Economia si dimette, o il Prc ed il Pdci farebbero bene a uscire dal governo. E' sicuramente urgente la riforma della previdenza, ma è ancora più urgente a questo punto un chiarimento in questo senso": lo ha detto il segretario del Pri Francesco Nucara, commentando le dichiarazioni di Sgobio e Migliore.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
09-05-07, 18:13
Solitudine nel governo
Il ministro dell'Economia messo alla prova dalla sua maggioranza

Il ministro dell'Economia ci riprova. In un'intervista alla "Repubblica" che anticipa il confronto con le parti sociali apertosi in queste ore, Padoa - Schioppa ha detto senza tanti giri di parole che "i sindacati lo devono capire. La riforma delle pensioni va fatta, è un'occasione da non perdere". E ha aggiunto: "questa volta anche a Epifani, Bonanni e Angeletti chiedo di essere ambiziosi e coraggiosi e di vincere la battaglia in casa loro invece di portarla sempre in casa d'altri". Per concludere: "il negoziato non può durare in eterno, va chiuso in fretta". Ora, che il ministro abbia ragione da vendere non c'è nemmeno bisogno di sottolinearlo: il negoziato è già in una condizione di ritardo insopportabile, soprattutto visto che il governo aveva fatto sapere che entro febbraio avrebbe messo a punto il piano per la riforma della previdenza, mentre siamo già a maggio. Ma almeno possiamo apprezzare la determinazione. Diamo atto al professor Padoa - Schioppa di averne a sufficienza e, cosa altrettanto importante, di non scoraggiarsi. Questo è lo spirito necessario per cimentarsi con una materia tanto delicata e aspra senza perdere le penne.

http://www.lastampa.it/redazione/cmssezioni/politica/200705images/padoa_schioppa02H.jpg

Vorremmo però ricordare al ministro che, per una volta, non si può chiedere solo al sindacato di mostrarsi responsabile. Perché il sindacato fa il suo mestiere: gli interessi delle categorie che rappresenta non sempre coincidono con quelli del Paese. Il governo ha dunque qualche dovere in più a proposito, e troppo spesso il sindacato ha puntato i piedi solo perché il governo ha mostrato indecisione, o peggio ancora, un desiderio di capitolazione. Cosa ha sempre detto Epifani in questi mesi? Che se il governo non aveva una posizione univoca in materia pensionistica, egli nemmeno si sarebbe seduto al tavolo. Sarà pure stata una posizione strumentale fin che si vuole quella del segretario della Cgil, ma era una posizione corretta. Il leader del principale sindacato dei lavoratori ha il sacrosanto diritto, oltre che il dovere, di pretendere una posizione univoca del governo. Soprattutto se la posizione del ministro dell'Economia, quella del ministro del Welfare, quella del ministro del Lavoro, erano tutte fra loro divergenti. Ci scusiamo se abbiamo omesso qualche altro importante titolare dell'esecutivo.

E finalmente parla solo Padoa - Schioppa. Un buon segno. Dovrebbe significare che il premier lo sostiene e che la maggioranza si è piegata alle sue ragioni. Magari non perché è convinta davvero dei passi da intraprendere, ma forse solo per opportunità elettoralistica. Si vota in molti comuni d'Italia e non conviene dare l'idea che il governo sia diviso anche su un tema di questa rilevanza, oltre che sui gay.

Visto che a noi interessano i risultati prima ancora del modo in cui questi si conseguono, se il ministro dell'Economia riuscisse a convincere della bontà delle sue tesi colleghi e sindacati, egli otterrebbe un successo di cui non potremmo che congratularci. Attenzione però: perché Padoa - Schioppa, riferendosi al tesoretto, dice che in fondo i contrasti sulla utilizzazione dello stesso non sono così ampi. E' un parlare da politico consumato, ma crediamo che egli veda bene invece le distanze che tuttora sussistono e di come queste distanze persistano * tutte - anche sulla riforma pensionistica. Va a suo merito non aver rinunciato a giocare la partita e stare fermo al tavolo pronto a rilanciare.

Ci ricordiamo, infatti, di come un presidente del Consiglio, che nel 1999 disponeva della nostra fiducia, annunciata una consistente riforma della previdenza, una volta incassato il no del sindacato, soprassedesse sui suoi intenti come se si trattasse non dei destini del paese ma di una semplice bagatella. Anche per quel suo comportamento non avemmo tante remore ad abbandonare la coalizione a cui appartenevamo e a fare scelte diverse. Siamo quindi ben felici di sostenere, per quello che possiamo, il ministro dell'Economia nei suoi intenti, indipendentemente da un giudizio complessivo sull'esecutivo e sulla maggioranza, che pure non ci persuadono affatto.

Le pensioni sono un tema capitale e, quale sia il percorso compiuto dal governo finora, una riforma sarebbe fatto significativo di grande importanza che nessuno potrebbe permettersi di sottovalutare. E' chiaro altresì che un nuovo fallimento avrebbe conseguenze deleterie per il paese e per chi vedrebbe così sprecato vanamente il suo prestigio, la sua intelligenza e le sue energie.

Roma, 9 maggio 2007

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
10-05-07, 18:42
Per chi suona la campana
Quando far finta di niente non serve agli interessi del Paese

L'ottimismo e financo la soddisfazione espresse dai principali vertici del governo sullo stato della trattativa con i sindacati sulle pensioni, hanno davvero un sapore paradossale.

Perché è vero che una trattativa ai suoi esordi può incontrare delle difficoltà. Ha ragione il vice premier D'Alema: è il momento di partenza della negoziazione, quando la controparte esprime la sua posizione di bandiera. Ed è altrettanto vero * ha ragione anche il premier Prodi - che ciò non esclude affatto un prossimo accordo.

http://www.dueparole.it/foto/200403_0403.jpg

Ciò che queste serafiche, per quanto razionalissime posizioni, trascurano di dire, è che per prima cosa l'accordo si sarebbe già dovuto avere a marzo, secondo i propositi dichiarati del governo. E che, secondariamente, l'attacco concertato da parte della maggioranza al ministro dell'Economia non fa ben sperare, anzi stende un velo preoccupante sulla trattativa.

Perché non si era mai visto un governo diviso - ed in maniera così nitida - al suo interno presentarsi al tavolo con i sindacati: e sarebbe stato interessante ascoltare i principali responsabili dell'esecutivo - visto che il ministro dell'Economia si trova sotto schiaffo - dire cosa pensano di questa controversia nella maggioranza che impedisce il confronto con il sindacato.

Bisogna prima, come è ovvio, raggiungere una posizione comune nella coalizione di governo e poi un'intesa con il sindacato. Qui manca ancora il "Prologo in cielo", per citare il Faust di Goethe, e quindi non capiamo come si possa dire che la soluzione è vicina. A meno che si pensi alle dimissioni di Padoa - Schioppa e a sostituirlo con qualche esponente di Rifondazione comunista, dei Verdi o del Pdci, che annoti diligentemente le richieste dei sindacati sulla materia e ne faccia il vademecum per l'azione del governo.

Perché nemmeno il ministro Damiano potrebbe soddisfare le esigenze del sindacato e della sinistra radicale, in quanto anche la sua proposta di sostituire lo scalone con degli "scalini", non è contemplata dal programma dell'Unione. Per cui, cosa si fa? Si deve dimettere anche Damiano?

Anche lui "non rappresenta il governo", come ha detto l'onorevole Migliore?

E' chiaro che, se il governo si fa rappresentare da chi non lo rappresenta in una trattativa tanto complessa, come si fa a pensare di essere vicini all'obiettivo sperato, come pure si sono affrettati a dire Prodi e D'Alema? Meglio sarebbe stato fare quadrato intorno alle posizioni dei ministri chiamati al tavolo con i sindacati e smentiti da ambienti rilevanti della loro coalizione (per non parlare di alcuni loro colleghi) nel mentre stesso della trattativa.

Invece abbiamo assistito ad una scelta diversa. In cui ognuno procede in ordine sparso. Padoa - Schioppa e Damiano, che hanno un'idea in testa ben precisa, cercano di concerto un accordo nel senso della riforma della previdenza da loro auspicata; ma la sinistra radicale li smentisce; il presidente del Consiglio e un suo vice * chissà che ne pensa l'altro * diffondono ottimismo. Qualcosa non torna.

Noi crediamo infatti di trovarci di fronte ad un conflitto reale - "la prova più difficile", scrive Massimo Riva, su "Repubblica" - tale da rendere finalmente chiara al paese la labilità strategica e progettuale di questa maggioranza, che ha idee, propositi e pensieri troppo diversi per restare in sella un'intera legislatura. E se forse su una questione che riguarda i diritti civili e la propria coscienza, come i Dico o la famiglia, un conflitto può persistere, anche se non componibile, su un tema economico di tale rilevanza ci pare impossibile.

O dal governo se ne va Padoa - Schioppa o se ne vanno Verdi e sinistra radicale. Noi abbiamo ragione di credere che, al contrario dei toni soporiferi con cui è stata commentata una situazione di questa gravità, inizi la resa dei conti all'interno della coalizione di governo. E, come si capisce, la sinistra radicale non teme di patirne le conseguenze sotto le elezioni amministrative, anzi, procede all'arma bianca. Se c'è un momento per qualificare il futuro partito democratico è questo.

Ma dubitiamo che all'indomani di una tale contrasto l'attuale coalizione possa riprendere pacificata il cammino, piuttosto che intraprendere separata un'altra strada. Per capirci meglio: Massimo Riva nell'articolo citato, chiedendosi se Palazzo Chigi sia al fianco del ministro dell'Economia o meno - ancora infatti non si è compreso - dice che "la campana suona anche per Romano Prodi". Crediamo che abbia davvero ragione.

Roma, 10 maggio 2007

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
14-05-07, 15:19
PENSIONI: LA MALFA, GOVERNO DICA NO A SINISTRA RADICALE

ANSA - PALERMO, 11/5/2007 - 'Il mantenimento dell'impegno del risanamento richiede che il governo dica no alla pretesa della sinistra radicale di abbassare l'eta' pensionabile abolendo lo scalone di Maroni'. Lo ha detto Giorgio La Malfa, chiudendo la campagna elettorale del Pri ad Agrigento. 'Per ora - ha aggiunto - il miglioramento dei conti pubblici deriva dall'ultima finanziaria del governo Berlusconi e dalla ripresa economica. La riforma delle pensioni costituisce il vero banco di prova per il governo'.

tratto da http://www.giorgiolamalfa.it/

nuvolarossa
08-06-07, 11:49
Pensioni, l’Ocse boccia l'Italia: troppo lenti

Per quanto tecnica, la scelta del governo ha suscitato reazioni politiche. Innanzitutto nel centrodestra, con l’ex ministro del Welfare Roberto Maroni che ha ironizzato sul governo che «si propone europeista ma quando le istituzioni europee lo criticano sconfessa il suo europeismo». A spingere il governo in direzione opposta rispetto al resto del mondo è la sinistra radicale che ha fatto delle pensioni una bandiera. Contro questo orientamento si sono espressi praticamente solo il ministro Antonio Di Pietro e il radicale Daniele Capezzone. La posizione dell’Ocse è condivisa da Forza Italia, con Maurizio Sacconi che rileva come l’Italia sia «l’unico Paese industrializzato» a respingere i dati dell’organizzazioni di Parigi. Una scelta che si spiega solo con il rifiuto «non solo di contenere ancor più la spesa», ma anche con la volontà di «regredire dalle riforme già fatte». La scelta del ministero del Lavoro per Adolfo Urso di An, «evidenzia quanto distanti siano le posizioni del governo dalla necessità reali». Una «scelta grave» anche per il segretario del P.R.I. Francesco Nucara.

tratto da http://www.ilgiornale.it/

nuvolarossa
13-06-07, 10:59
La forza della prepotenza

di Salvatore Scarpino

Quanto è accaduto ieri in piazza Santi Apostoli a Roma, coi tranquilli pensionati malmenati e dispersi dalle forze dell’ordine, dimostra quanto l’attuale governo sia sideralmente lontano dai bisogni e dalla civiltà del Paese e come si stia irrimediabilmente disfacendo la sua prassi quotidiana, la capacità di sbrigare gli «affari correnti» con un minimo di giudizio e di equilibrio.

Non si capisce perché gruppi di anziani – i nonni che le buone intenzioni vorrebbero rispettati e difesi – siano stati contrastati, bloccati, spintonati con la rudezza che un tempo le forze dell’ordine riservavano ai «sovversivi». E prima ancora di disperderli, gli agenti, così malamente comandati, li hanno costretti a togliersi il cappello e a richiudere gli ombrelli con i quali reggevano gli striscioni: chissà quali pericoli hanno evocato, coi loro copricapo, quelle innocue «pantere grigie».

Quegli anziani protestavano per le loro pensioni da fame, per quegli assegni vitalizi che soltanto un governo di centrodestra aveva arrotondato in alto e che l’attuale esecutivo, nonostante il costante e demagogico richiamo all’equità e alla giustizia sociale, non ha ancora adeguato all’aumentato costo della vita. S’illudevano, quei pensionati, che a Roma si potesse ancora manifestare liberamente ed è per questo, probabilmente, che a un certo punto alcuni gruppi di dimostranti si sono diretti verso Palazzo Chigi. Allora è scattata la reazione dura. Palazzo Chigi, come si sa, è il centro nevralgico del potere virtuale, è il complesso in cui Romano Prodi media, litiga minacciando continuamente di andarsene e dove invece resta per non comandare.

È evidente che, nella concezione alta e lunare che il Professore e la sua squadra hanno della direzione del Paese, era impensabile che i pensionati coi loro cappellucci potessero turbare tanta e così nobile funzione. Quindi «alt, circolare, circolare, di qui non si passa» e giù rudezze degne di altre stagioni e di altri dimostranti. Un abuso, un episodio inqualificabile e assurdo. Anzi, una vergogna, specie se si considerano le cautele e le accortezze con cui le forze dell’ordine – in base a disposizioni chiare e politicamente motivate – hanno trattato altri tipi di manifestanti. Coi «black bloc» – nel giorno della visita del presidente Bush - hanno usato, di fatto, i guanti bianchi, e i loro dirigenti politici si sono autocomplimentati per la delicatezza dell’intervento. All’Aquila, mentre centinaia di sostenitori del terrorismo chiedevano a gran voce la liberazione dell’omicida ergastolana Nadia Desdemona Lioce, i responsabili dell’ordine pubblico forse non riuscivano a sentire bene gli slogan. Così come non avvertivano la macabra e oscena esaltazione dell’agguato di Bologna quando i delinquenti gridavano: «Ora Biagi non pedala più». Nessuno è intervenuto.
È chiaro, coi pensionati è tutto più facile. Ma questo non significa che dovrebbe essere tutto permesso. Il problema non è costituito dal comportamento dei singoli poliziotti: hanno eseguito ordini, magari vergognandosi al posto di chi quegli ordini aveva impartito.

Le responsabilità toccano al ministro dell’Interno e al presidente del Consiglio, a un governo forte coi deboli e debole coi forti, si tratti di concessioni salariali o di ordine pubblico. Romano Prodi ormai spazia in un paesaggio di rovine, in un Paese che non sa più come manifestargli critiche e avversione. Il pugno di ferro contro i pensionati dovrebbe essere la sua ultima prepotenza, l’inutile e ingiustificata prova di forza di un premier che non c’è.

Salvatore Scarpino

tratto da http://www.ilgiornale.it/

nuvolarossa
13-06-07, 19:08
Fondi pensione: ci sono in tutto il mondo/Ma il ministro Ferrero li sconsiglia
Costruiamo, con criterio, una rendita integrativa

di Gianni Ravaglia

Il tema delle pensioni è da mesi sull'agenda politica del centrosinistra, ma ancora non è chiaro quali soluzioni si vogliano adottare. Tali incertezze hanno fatto sì che, cosa mai avvenuta in passato, il governo italiano, ormai prigioniero della sua ala comunista, si sia rifiutato di sottoscrivere le indicazioni fornite dall'Ocse proprio sul tema pensionistico. Nel contempo, il 30 giugno prossimo scadrà il termine entro il quale i lavoratori dipendenti dovranno decidere l'utilizzo del trattamento di fine rapporto. Nonostante sia ormai chiaro che coloro che hanno meno di 45 anni andranno in pensione con un reddito non superiore al 50% del proprio attuale stipendio, ad oggi, le percentuali di adesione ai fondi pensione sono esigue. Cosicché, tra qualche anno, intere generazioni di lavoratori potranno subire una drastica riduzione del proprio tenore di vita. Tale comportamento è, certo, frutto dell'incertezza di politici e sindacalisti. Certo, sono troppi, ancora, a pensare che si possa ritornare al vecchio sistema che addossava al debito pubblico l'onere pensionistico. Il fatto che tale tesi abbia contribuito non poco a generare in Italia uno dei più alti debiti pubblici del mondo, che brucia, ogni anno, decine di miliardi di interessi passivi, non pare impensierire una parte consistente della nostra classe politica. Anzi, proprio sul tema delle pensioni pare si stia giocando un'assurda e pericolosa partita tra chi ritiene che i futuri pensionati potranno diventare la nuova classe proletaria da scatenare contro il sistema capitalistico, in quanto incapace di soddisfare le loro aspettative e chi invece, conti alla mano, si sforza di delineare un sistema equilibrato, che garantisca redditi pensionistici decenti, senza caricare lo Stato, e quindi le future generazioni, di nuovi oneri. E' in questo quadro che va giudicata la tesi di chi, come il Ministro comunista Ferrero, incentiva i lavoratori a lasciare in azienda il proprio Tfr perché sia l'Inps a gestirlo. Ben sapendo che la bassa remunerazione garantita dall'Inps non sarà in grado di realizzare il montante necessario a costruire una pensione integrativa decente. Se, poi, valutiamo tale indicazione alla luce dell'altro obiettivo che si pone gran parte della nostra sinistra: la decrescita economica, cioè l'impoverimento della società e dello Stato, ci rendiamo conto che siamo di fronte alla una delle più grandi e pericolose stupidaggini economiche che l'ideologia comunista abbia messo in campo. Sta di fatto che una diffusa ignoranza delle leggi economiche e finanziarie permette ai vari Ferrero di pontificare dalle stanze del governo, mentre il lavoro dipendente e autonomo è lasciato in balia di incertezze, di inutili conflitti, di facili illusioni.

In un recente studio della Banca d'Italia si analizzano cause e rimedi di tale problematica. A cominciare dalla denuncia che in Italia, nel settore pensionistico, le attività dei fondi pensione rappresentano meno del 2,8% del Pil, rispetto al 66% della Gran Bretagna e al 100% degli Usa. Peraltro, lo studio evidenzia che coloro che ricorrono alle pensioni integrative sono: "i lavoratori più istruiti, con elevata capacità di raccogliere, assimilare ed elaborare informazioni". Di qui un invito al governo "ad accrescere il tasso di alfabetizzazione finanziaria dei lavoratori, così come avviene in altri Paesi". Tra le conoscenze di cui occorrerebbe rendere edotti i lavoratori vi è anche quella che il Tfr "ha un livello di rischio più basso ma, mediamente, il suo rendimento è di gran lunga inferiore". Infatti, la Banca d'Italia, calcolando il rendimento annuale delle varie attività finanziarie ove può essere investito il risparmio per la pensione integrativa, ci dimostra che, dal 1950 al 2006, i Bot a 12 mesi hanno reso il 7,76%, i Btp il 2,90%, le azioni italiane il 14,03% e il Tfr il 6,35%. Analoghi, se non migliori, sono gli andamenti dei mercati internazionali. Ciò significa che il lavoratore che avesse lasciato il Tfr in azienda negli anni '50, come vuole il Ministro Ferrero, e fosse andato in pensione nel 2006, avrebbe avuto un rendimento medio dei propri risparmi di gran lunga inferiore a quello del lavoratore che avesse invece deciso di aderire ad un fondo pensione investito in Bot e azioni italiane. Non è un caso che in tutte le democrazie avanzate, ove è stata introdotta la pensione integrativa, i fondi pensione siano lo strumento, per molti obbligatorio, per costruirsi una rendita integrativa alla pensione. Il 30 giugno vedremo se l'ideologismo pauperista e l'ignoranza sui temi economici l'avranno avuta vinta. Se così fosse, a pagare, ancora una volta, saranno i ceti più deboli. I quali, invece di seguire le ottuse indicazioni dei vari Ferrero, meglio farebbero ad aderire ai fondi pensione e a mobilitarsi affinché, come avviene in altri Paesi, il risparmio destinato alla pensione integrativa sia esente da tasse.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
18-06-07, 18:19
PENSIONI: LA MALFA, SU SCALONE MAGGIORANZA IN IMPASSE

Roma, Ansa, 17/6/2007 - 'Sul tema dello scalone pensionistico, la maggioranza di governo ha raggiunto un impasse insuperabile'. Lo afferma il repubblicano Giorgio La Malfa, per il quale si arrivera' ad 'un chiarimento definitivo' dove 'o perde la faccia il ministro dell'economia o la perdono le componenti massimaliste, perche' ogni intermediazione in merito si e' dimostrata impossibile ed il governo si ritrova sempre al punto di partenza'.

tratto da http://www.giorgiolamalfa.it/

nuvolarossa
20-06-07, 18:14
Mandiamo in pensione questo Governo di "precari" ...

http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Gattona/Pensioni_002.jpg

nuvolarossa
20-06-07, 18:30
Question Time. Interrogazione di La Malfa al Presidente del Consiglio

Camera dei Deputati, 20/6/2007 - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che: la decisione di abolire o attenuare il cosiddetto «scalone» è in contraddizione con la necessità di prolungare l'età di lavoro in vista dell'aumento rilevante delle aspettative di vita della popolazione italiana e dell'impossibilità di assicurare una copertura pensionistica per periodi così prolungati; inoltre, una tale decisione creerebbe un forte sconcerto presso tutti gli osservatori internazionali, a cominciare dall'Unione europea, che ha insistito molte volte sulla necessità di correggere gli squilibri del nostro sistema pensionistico -: quali decisioni il Governo intenda assumere in materia previdenziale e, in particolare, se esso abbia deciso di accedere alla richiesta delle organizzazioni sindacali e di alcune forze politiche di ricondurre all'età di 58 anni la possibilità di andare in pensione attualmente prevista per legge per l'età di 60 anni o se, invece, non ritenga necessario respingere questa richiesta, anche alla luce delle stime del ministero dell'economia e delle finanze di un onere derivante dall'abolizione del cosiddetto «scalone» di circa 10 miliardi di euro in 10 anni. (3-00998)

tratto da http://www.giorgiolamalfa.it/

nuvolarossa
21-06-07, 21:59
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg

Lo scalone "iniquo"
Come soffocare lentamente il gattino senza farlo miagolare

Nella sua lunga militanza sindacale in Cgil, il ministro del Lavoro Damiano ha imparato un detto che è rivelatore di metodo: "Strozzare il gattino lentamente, senza farlo miagolare". Parole che sono tornate nella testa del ministro in queste ore di trattativa sulla materia pensionistica, tanto che alcuni giornali le hanno riportate. Ma chi è il gattino in questa vicenda? Non certo il sindacato, che ha detto a chiare lettere che lo scalone va abbattuto. Per cui se il governo vuole risparmiarsi un autunno caldo, dovrà provvedere.

I ministri Ferrero e Damiano saranno utilissimi nel recepire ed elaborare le istanze dei sindacati, che da parte loro hanno il pregio della più assoluta chiarezza. Ad esempio Epifani, appena viste le tabelle sui costi dell'abbattimento dello scalone che circolavano, aveva fatto sapere che si iniziava male. E questo umore dispiaciuto del segretario della Cgil ha suscitato molte preoccupazioni a Palazzo Chigi. Forse che Padoa - Schioppa "è matto" a far circolare tali cifre? Così noi non sappiamo se le cifre in questione siano vere o esagerate ad arte, sappiamo solo che dispiacciono alla Cgil e che dunque sarà bene farle ritirare, anzi sarà bene che anche chi le ha fatte diramare, il ministro dell'Economia, si ritiri.

Ed infatti Tommaso Padoa - Schioppa non ha più raggiunto il vertice governo - sindacato. Qualcuno se ne è dispiaciuto? "Meglio così", leggiamo sui giornali. Cioè è meglio che il ministro dell'Economia non partecipi ad una trattativa fondamentale per il bilancio dello Stato, sulla quale interviene costantemente l'Unione Europea da più di dieci anni (ed il ministro è stato insediato anche per essere garante dell'Italia nei confronti dell'Unione Europea) Un Padoa - Schioppa tanto garante, che è finito fuori dalla trattativa.

Leggiamo persino che potrebbe non firmare un eventuale accordo.

Ricordiamo che Padoa * Schioppa, in un recente Consiglio dei ministri, messo sull'avviso che la sua posizione in materia pensionistica avrebbe potuto comportare uno sciopero generale, aveva risposto: "Che scioperino pure". Noi ammiriamo davvero la risolutezza del ministro, ma ci pare di capire che i suoi colleghi di governo non l'apprezzino affatto. Non sappiamo a questo punto come andrà a finire la faccenda, ma ci sembra piuttosto evidente che il governo, intimidito dalle minacce sindacali, sia prossimo a capitolare. Per fare in fretta, come vuole Prodi, non c'è altra via.

E ci dispiace per il prestigio personale di Padoa * Schioppa, investito presso chi davvero non ha il suo stesso senso dello Stato e ogni giorno lo dimostra.

Roma, 20 giugno 2007

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
23-06-07, 10:21
PENSIONI: LA MALFA (PRI), GOVERNO NON ABBASSI L'ETA'

ANSA, 22/6/2007 - 'Finalmente ieri il ministro Padoa-Schioppa ha messo le carte in tavola dichiarando che un abbassamento dell'eta' pensionabile metterebbe l'Italia in un luce pessima presso tutti gli osservatori internazionali'. Lo dichiara l'esponente del Partito Repubblicano Giorgio La Malfa. 'Un paese che vede aumentare progressivamente l'attesa di vita della popolazione e che ha gia' oggi un'incidenza sulla finanza pubblica delle pensioni superiore agli altri paesi europei - prosegue La Malfa - non puo' certo abbassare da 60 a 59-58 anni l'eta' della pensione'. 'Adesso pero' si tratta di vedere chi perdera' la faccia: la Cgil e la sinistra del governo, oppure lo stesso ministro dell'Economia, essendo chiaro che non c'e' alcun artificio contabile o retorico che puo' nascondere la sconfitta dell'una o dell'altra tesi', conclude il deputato del Pri.

tratto da http://www.giorgiolamalfa.it/

nuvolarossa
26-06-07, 08:33
Spesa iniqua e clientelare

Nulla è più antisociale dell'alimentazione della spesa corrente, nulla è più iniquo del trasformare lo stato sociale in stato assistenziale e clientelare. Chi abbia a cuore gli interessi dei lavoratori dovrebbe oggi avvertire governo e sindacati che spendere anche un solo euro per abbassare, rispetto a quanto già previsto dalla legge, l'età pensionabile, è un gesto da irresponsabili.

http://www.corriere.it/Media/Foto/2007/06/25/PALAZZO2-a.jpg

Oltre tutto ho l'impressione che non sia chiaro quanto segue: i giovani ci rimettono, i lavoratori non vicini alla pensione ci rimettono, i pensionati non ci guadagnano e tutta questa stupida discussione sullo scalone riguarda un numero piccolo di lavoratori, che i sindacati s'incaponiscono a far figurare come fossero l'universo per la sola ragione che, oramai, non sono più sindacati dei lavoratori, ma dei pensionati e pensionandi.
La discussione è stupida perché lo scalone non è ingiusto per l'improvviso innalzamento, calibrato in tre passaggi, dell'età pensionabile, semmai è criticabile perché porta ad una soglia ancora troppo bassa e si sarebbe dovuto far partire prima. Quindi chi oggi ha 57 anni e vuole andare in pensione non è portatore di un ingiustizia, ma di un ingiustificato privilegio.
Se si guardano le curve demografiche dei principali Paesi europei si vede che l'incidenza della popolazione pensionabile, rispetto a quella in età lavorativa, è massima in Italia. Lo si deve al fatto che la mortalità si abbassa (ed è un bene), ma la natalità è crollata e gran parte della manodopera immigrata è irregolare, pertanto non contribuente al sistema previdenziale. Siamo, insomma, quelli che hanno più interesse e bisogno a sollecitare la permanenza nel mercato del lavoro, ma mentre tutti gli altri vanno in tale direzione noi abbiamo governo e sindacati che minacciano di spingerci in quella opposta. Così facendo bruciano ricchezza di tutti a favore di pochissimi, e costringono i cittadini a continuare a subire una pressione fiscale mostruosa per finanziare un sistema inefficiente e sprecone. Il tutto lasciando intatto il debito, che è il vero nostro problema.
Questo succede a mandare al governo il peggior risultato dato dalla somma di clientelismo democristiano e sinistra avversione alle regole del mercato. Un binomio che, complici i sindacati, porta male a chi lavora e produce.

Davide Giacalone
www.davidegiacalone.it

tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/12707

nuvolarossa
28-06-07, 08:32
PENSIONI/ NUCARA: SINDACATI SANNO DI POTER OTTENERE QUALCOSA
Per questo alzano prezzo all'infinito

Roma, 27 giu. (Apcom) - "E' evidente che i sindacati sentono di poter ottenere da questo governo qualsiasi cosa e dunque rialzano il prezzo all'infinito, convinti che una compagine come l'attuale esecutivo sia destinata a cedere". E' quanto afferma il segretario del Pri Francesco Nucara, commentando il mancato accordo sul nodo pensioni.

tratto da http://notizie.alice.it/home/index.html

nuvolarossa
28-06-07, 10:11
PENSIONI: LA MALFA, RIDICOLO ABBASSARE ETA' PENSIONABILE

Roma, ANSA, 25/6/2007 - 'E' chiaro che se con qualsiasi scusa il governo decidesse di abbassare l'eta' pensionabile, l'Italia si coprirebbe di ridicolo e di ridicolo si coprirebbe il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa'. Lo ha detto Giorgio La Malfa a margine dei lavori della direzione nazionale del Pri. (ANSA).

tratto da http://www.giorgiolamalfa.it/

nuvolarossa
28-06-07, 10:11
PENSIONI: LA MALFA, SPERIAMO CHE IL GOVERNO RESISTA

Roma, ANSA, 27/6/2007 - - 'Sarebbe un buon segno che la rottura intervenuta fra governo e sindacati significasse che il governo non intende cedere alla richiesta assurda di abbassare l'eta' pensionabile in un Paese in cui l'attesa di vita cresce regolarmente e dove l'onere del governo sulla Finanza Pubblica e' ingentissimo': lo afferma il repubblicano Giorgio La Malfa commentando lo stop della trattativa. 'Se il governo resiste significherebbe che si e' reso conto che cedendo alle richieste della sinistra e del sindacato comprometterebbe la credibilita' internazionale dell'Italia, prima ancora - conclude - che il futuro delle generazioni piu' giovani'.

tratto da http://www.giorgiolamalfa.it/

nuvolarossa
09-07-07, 19:04
Riforme e sviluppo strade senza alternative

Non si è ancora spenta l'eco dei richiami rivolti all'Italia dalla Commissione di Brouxelles e dal Fondo Monetario Internazionale sulla proposta di bilancio 2008 e già il dibattito politico ritorna su vecchie linee ignorando i motivi più seri che li hanno provocati: un sistema pensionistico inadeguato alla dinamica dell'età della popolazione, alle condizioni competitive vigenti nel mercato globale e al livello del debito pubblico in circolazione.

leggi qui ... tutto l'articolo ... tratto da Il Messaggero 6 luglio 2007
(http://www.fulm.org/public/Allegati/Il%20Messaggero%20P%20%20Savona%2006-07-07.pdf)
tratto dal sito web della Fondazione Ugo La Malfa http://www.fulm.org/

nuvolarossa
13-07-07, 10:55
PENSIONI: LA MALFA, BENE VELTRONI,GOVERNO DICA NO A CGIL-PRC

Roma, ANSA, 11/7/2007 - - 'Considero importante la presa di posizione di Walter Veltroni sul sistema previdenziale e sul rapporto con i sindacati. E' chiaro che la lettera pubblicata su 'Repubblica' significa che egli e' contrario a rimuovere lo scalone. Mi auguro che il governo, forte di questa opinione, rinunzi all'idea assurda di abbassare l'eta' pensionistica, che oggi per legge e' fissata a 60 anni, per accontentare le richieste assurde della Cgil e di Rifondazione comunista'. Lo afferma il deputato repubblicano Giorgio La Malfa.

tratto da http://www.giorgiolamalfa.it/

nuvolarossa
13-07-07, 18:13
Pensioni: lettera del Segretario Nazionale FGR Giovanni Postorino

Pubblichiamo la lettera che il Segretario Nazionale della FGR Giovanni Postorino ha inviato oggi pomeriggio a tutti i segretari e responsabili nazionali delle federazioni e organizzazioni politiche giovanili, e per conoscenza anche al Ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa e al Ministro del Lavoro e della previdenza sociale Cesare Damiano, in merito alla riforma del sistema pensionistico al fine di attivare un dibattito ed un confronto produttivo su un tema importantissimo per il futuro dei giovani.

Care amiche, cari amici,
troppe volte e troppo a lungo le riforme (vere o presunte) in questo Paese sono state elaborate in ossequio alle richieste corporativistiche, poco lungimiranti e a tutela dei privilegi di pochi. Spesso, poi, molti provvedimenti sono adottati a scapito del futuro dei giovani, che si tinge di contorni sempre più foschi.
Anche la partita che in queste ore si sta giocando riguarda il nostro futuro. Mi riferisco allo scontro sulla riforma del sistema previdenziale.

Nel corso del Congresso del PRI del 1975, Ugo La Malfa affermò che avrebbe voluto essere “il sottosegretario dei disoccupati per porre il problema”.
Noi oggi dobbiamo saper riprendere questa eredità e porre Noi il problema: perchè chi oggi se ne infischia della equità intergenerazionale condanna i giovani ad un triste futuro.

Incapaci di produrre una qualsiasi proposta di ammodernamento e rinnovamento, incapaci di guardare al futuro e all’improcrastinabilità di una ricambio inevitabile, una certa classe politica-sindacale, invecchiata sotto il peso del crollo delle proprie ideologie, al fine di tutelare poco più di centomila individui, condiziona il futuro del nostro Paese, affrontando il nodo pensioni con cieca ipocrisia e con la complicità di un Governo chiamato a sopravvivere mestamente ai ricatti. Conseguenza è la consegna alla nostra generazione di un’Italia ingestibile, sull’orlo della bancarotta pensionistica.

Ugo La Malfa negli anni settanta aveva già previsto quello che sarebbe accaduto: fra qualche tempo “due giovani porteranno sulle spalle un vecchio”. Noi giovani, insomma, saremo chiamati quanto prima a sostenere l’intero costo dell’invecchiamento demografico della popolazione.
Inoltre, come se questo non bastasse, vivendo oggi esperienze lavorative precarie e discontinue, oltre che mal retribuite, confinati ai margini del sistema economico del Paese fino a ridosso dei trent’anni e più, al fine di poter godere dello stesso trattamento pensionistico dei nostri padri, dovremo protrarre la nostra permanenza al lavoro ben oltre l’età di 57-60 anni, intorno alla quale oggi si scatena la bagarre.

Insomma, noi giovani difficilmente godremo di quegli stessi privilegi, che in ogni caso saremo chiamati a soddisfare.

Invio questa lettera a tutti voi, segretari e responsabili nazionali delle organizzazioni e federazioni politiche giovanili, per aprire un tavolo di confronto che possa in qualche misura produrre una posizione, quanto più unitaria possibile, per un problema che ci riguarda molto da vicino. Spero che questo “appello”, portato nell’esclusivo interesse del Paese e delle prospettive future di milioni di giovani, senza considerare le logiche di appartenenza politica (che in tale contesto valgono poco), venga accolto da tutti.

Lungi dal voler aprire uno scontro intergenerazionale, l’obiettivo è quello di iniziare un confronto che porti alla elaborazione di una nostra proposta. Perché se non si giungerà ad un progetto di riforma serio e rigoroso, saremo chiamati fra qualche anno ad affrontare un problema gravissimo ed a costo di enormi sacrifici. Dobbiamo farlo perché le decisioni che vengono prese oggi ricadranno inevitabilmente sui nostri giorni a venire, condizionandoli. Per questo, dobbiamo pretendere di partecipare ad un dibattito dal quale siamo di fatto estromessi, ma che tocca profondamente i nostri interessi.

Dobbiamo iniziare a far sentire con concretezza la nostra voce. È inutile, a mio avviso, partecipare a sterili incontri dai quali difficilmente si può ottenere qualcosa di positivo per i giovani. Questi valgono solo per fini propagandistici, se prima non ci si coordina e confronta su questi temi e se non si è capaci di produrre una posizione condivisa.

E proprio al fine di rendere concreto quest’appello, è mia intenzione convocare al più presto, comunque entro l’inizio della pausa estiva, una prima riunione al fine di iniziare da subito questo confronto e giungere così ad elaborare una proposta da sottoporre all’attenzione dei rispettivi partiti di riferimento, del Governo e delle parti sociali, in vista della discussione sulla manovra finanziaria del prossimo autunno.

È in gioco il benessere e la serenità del nostro futuro, non possiamo perdere tempo.

Cordialmente

Roma, 12 luglio 2007

Giovanni Postorino - Segretario Nazionale F.G.R.

tratto da http://www.fgr-italia.it/

nuvolarossa
20-07-07, 20:33
Pensioni: dichiarazione congiunta Nucara - La Malfa

Il segretario del PRI Francesco Nucara ed il capogruppo repubblicano alla Camera, Giorgio La Malfa, hanno diramato la seguente nota:

"L'accordo che è stato raggiunto nella notte fra governo e sindacato è indecente, perché da un lato scarica sulle finanze pubbliche del Paese nuovi ingenti oneri, e dall'altra abbassa l'età pensionabile attualmente fissata a sessanta anni, riportandola a 58, ignorando le tendenze demografiche. Questo accordo espone l'Italia ad un giudizio internazionale negativo, un paese di cicale, che si muove in una direzione opposta a quella in cui vanno tutti i paesi occidentali, come è stato ricordato più volte in questi mesi dall'Unione Europea, dall'Ocse e dalla Banca d'Italia.

Questo è il momento di vedere se quelle forze del centrosinistra che hanno mostrato di comprendere tali problemi, hanno il coraggio di porre fine qui ed ora ad una situazione che va a detrimento dell'Italia".

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
20-07-07, 20:35
Riformisti immaginari
Si abbassa l'età e si scaricano i costi sulla finanza pubblica

Per il momento abbiamo letto le dichiarazioni di un solo esponente del centrosinistra capace di dare un giudizio sincero ed attendibile sull'accordo raggiunto nella nottata fra governo e sindacati in merito alla materia pensionistica.

Purtroppo egli non è ministro, non è segretario di partito, non è nemmeno parlamentare. In compenso è candidato alla leadership del Partito democratico e la sua voce si può udire distintamente. Egli ha commentato così l'accordo giubilato da Fassino, Prodi e quanti altri rappresentano ufficialmente la coalizione di governo: "Le vittime di questa intesa sono gli under 40. Per noi è un giorno triste, almeno quanto è un giorno felice per i sindacalisti che definiscono ‘lavoro usurante' quello della maestra d'asilo". E Adinolfi, Maro Adinolfi, il "blogger", ha ragione anche a ricordare i lavori usuranti per 1 milione e quattrocentomila persone. E noi che non credevamo ci fossero tanti minatori in Italia. Sia chiaro che ridiamo per non piangere, perché la situazione è gravissima, sempre che Adinolfi non faccia proseliti nell'area riformista del centrosinistra. Un'area nella quale al momento sembra di scorgere la soddisfazione per aver abbassato l'età pensionabile, scaricato i costi sulla finanza pubblica, immaginiamo con nuove tasse, disatteso tutti gli organismi internazionali, oltre che le indicazioni dell'Unione europea e del Governatore della Banca d'Italia.

In base a quello che sappiamo dal Consiglio dei ministri, Emma Bonino, che pure aveva rimesso il mandato nelle mani di Prodi, si è riservata di esaminare il testo: un simile atteggiamento, dalla parte opposta, è stato preso dal ministro Ferrero. Non vorremmo che la faccia feroce dell'uno fosse sufficiente a dare soddisfazione all'altro, e questo per poter far proseguire con serena tranquillità il percorso del governo Prodi. Perché ormai il problema è cruciale. Noi abbiamo visto come in Francia Sarkozy prenda di petto il sindacato e lo sfidi sulla regolamentazione degli scioperi, mentre in Svezia si va in pensione a 65 anni. Tutta l'Europa, per non parlare dell'Inghilterra laburista, ha preso una certa direzione di marcia. L'Italia, con questo accordo, ne ha presa un'altra.

Con tutta la fatica che abbiamo fatto dal dopoguerra in avanti per legare questo paese all'Occidente, in una sola notte rischiamo, su un capitolo fondamentale della finanza pubblica, di trovarci sbalzati fuori e dover ricominciare da capo.

Roma, 20 luglio 2007

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
22-07-07, 10:47
Pensioni, miraggi e Bonino d'onore

In qualsiasi attività dell'uomo occore che l'etica prevalga sugli opportunismi. L’altro giorno, il 17 luglio, leggendo la Repubblica, quotidiano la cui fama è pleonastico esaltare, si è letta la firma autorevole di Massimo Giannini: un’analisi accurata sulla difficilissima situazione economica del Paese e sull’intervento di Mario Draghi bistrattato dalle tifoserie fanatiche neo-centriste ed Unioniste.
“La diagnosi è amara, la terapia è severa. Ma molto semplicemente: è quello che serve al Paese”.

È la chiosa con la quale Massimo Giannini conclude il suo incipit commentando il governatore di Bankitalia che, nella sua informazione al Parlamento, ha usato il linguaggio della sapienza e dell’onestà.

Per un momento si è creduto che l’altolà severo del Governatore fosse sufficiente a rendere resipiscenti “ e maste ‘e feste” che amano organizzare il bengodi pensionistico per il futuro dei lavoratori italiani. Lavoratori la cui longevità li rende uomini viventi oltre ogni parametro AUGURALE ma economicamente imprevisto: “una botte piena con moglie ubriaca”, da sempre ambizione inseguita da ogni crapulone

La realtà è più ridicola di quanto si possa immaginare.
Non si ha a che fare con gente ignorante cui si fa notte innanzi sera, no, abbiamo di fronte una compagine di signori la cui cultura demagogica nega l’impossibilità economica dello Stato di garantire ai pensionandi più di quanto lo Stato sia in grado di distribuire.
Sarebbe strabiliante se la sola volontà di voler garantire pensioni d’oro a tutti i lavoratori cinquantottenni, fosse sufficiente a rendere fattibile l’azzardo.
Sarebbe la più grande scoperta economica d’ogni tempo che ridicolizzerebbe tutti i Keynes di questo mondo impegnati a farci credere impossibili certe soluzioni ovvie e banali.

La nostra classe politica annovera fra sé culture economiste eccezionali e quello che sembrava irraggiungibile finanche a Karl Marx, diventa di normale amministrazione con questi epigoni che oggi pasteggiano a champagne nel nostro Parlamento.
Come sperare che la iattura di cotanta cultura faccia meno danno di quanto già non ne abbia fatto? La democrazia impone che certe ignoranze paradossali abbiano diritto di cittadinanza e la logica razionale deve sottostare alla caparbietà di chi la impone.
C’è, naturalmente, una colpa. Ed è quella di chi si contorna di certe culture imponendole alla maggioranza del popolo italiano che, se interpellato con referendum (così fu per la “Scala mobile” ai tempi di Craxi), saprebbe scrollarsi dal giogo di certe imbecillità.

Celestino Ferraro

tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/

ghisleri
23-07-07, 08:27
Hanno mangiato il vitello ( che non c'é) nella pancia della vacca. E tutti i banchettanti brindano alla loro insipienza!

nuvolarossa
24-07-07, 10:14
PENSIONI: LA MALFA (PRI), RIFORMA E' SOLUZIONE IGNOMINIOSA

Roma, ANSA, 21/7/2007 - 'Dispiace che il presidente del Consiglio ed il ministro dell'Economia, che pure sembravano consapevoli dei gravi problemi relativi alla riforma della previdenza, si siano piegati ad una soluzione tanto ignominiosa'. Lo afferma il repubblicano Giorgio La Malfa tornando sull'intesa fra governo e sindacati

tratto da http://www.giorgiolamalfa.it/

nuvolarossa
09-08-07, 14:28
Pare che il luminoso gobierno gufo, nell'ottica benefattrice di provvedere alle necessità finanziarie dei pensionati statali, con apposito Decreto n. 45/2007 abbia concesso all'INPDAP la possibilità di applicare un prelievo dello 0,15 procento sul lordo delle pensioni dei propri iscritti al fine di costituire un fondo che possa fare fronte ad eventuali richieste di prestito da parte dei pensionati stessi. :-01#44:-01#44

Allo stesso istituto "previdenziale" è stato concesso, inoltre, di utilizzare il metodo del "SILENZIO-ASSENSO" per cui, in mancanza di apposita dichiarazione di volontà contraria al prelievo da esibirsi entro il 10 Ottobre 2007, il prelievo verrà automaticamente effettuato.

Naturalmente il gobiernicolo e l'INPDAP si sono guardati bene dal pubblicizzare come si deve la cosa mentre, invece, i giornali di regime hanno dedicato paginate intere a quella mezza brioche giornaliera di aumento che verrà graziosamente concesso ad una minima parte dei nostri pensionati.

Per cui, di fronte a questi comportamenti, è necessario che tutti ci facciamo carico di estendere questa informazione a quante più persone possibili affinché i pensionati siano correttamente informati e possano decidere di conseguenza....

nuvolarossa
13-09-07, 19:32
La Federazione Giovanile Repubblicana aderisce alla marcia del 22 settembre

“Se non si giungerà ad un progetto di riforma serio e rigoroso, saremo noi giovani a dover sostenere il peso insopportabile di una spesa pensionistica fuori controllo”. È quanto afferma il Segretario Nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana (FGR) Giovanni Postorino, nell’annunciare l’adesione dei giovani repubblicani alla marcia del 22 Settembre promossa da Daniele Capezzone.

Già nel mese di luglio, all’indomani della firma dell’accordo tra Governo e sindacati sulla riforma del sistema previdenziale, il Segretario Postorino aveva inviato a tutti i responsabili nazionali delle altre organizzazioni politiche giovanili, e per conoscenza anche ai ministri Tommaso Padoa Schioppa e Cesare Damiano, una lettera nella quale proponeva l’apertura di un tavolo di confronto capace di elaborare una proposta in materia di riforma del sistema previdenziale.

“Noi giovani repubblicani intendiamo batterci per liberare le energie dinamiche del nostro Paese umiliate da incrostazioni di matrice corporativista ed autoriproduttiva, espressione piena di una burocrazia del potere ancorata ai propri comodi interessi”. “Le conseguenze delle decisioni che vengono prese oggi – prosegue Postorino - ricadranno inevitabilmente sul nostro futuro, condizionandolo. Non possiamo rimanere indifferenti. Per questo aderiamo con convinzione alla marcia del 22 a Roma, per iniziare a far sentire con concretezza la nostra voce”.

tratto da http://www.raznews.it/index.php?option=com_content&task=view&id=110&Itemid=1

nuvolarossa
17-09-07, 21:34
Riceviamo da Paolo Montesi - Segr. FGR-Romagna


La Federazione Giovanile Repubblicana Romagnola è lieta di invitarLa al Dibattito "Quale futuro? Giovani, Tasse e Pensioni",
Domenica 23 settembre 2007 alle ore 20,00 alla Festa dell'Uva di San Pietro in Vincoli, a Ravenna.
Nella speranza di incontrarla, porgiamo cordiali saluti

http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Gattona/FGR.sized.jpg

GIOVANI REPUBBLICANI

Alle porte, l’ennesimo autunno caldo della legge finanziaria. Ad attenderla al varco, la Federazione Giovanile Repubblicana. La FGR Romagna torna a sventolare le proprie bandiere alla Festa dell’Uva di San Pietro in Vincoli, tradizionale appuntamento di settembre giunto quest’anno (da mercoledì 19 a martedì 25) alla sua 78a edizione. Contro ogni ipocrisia propagandistica, i ragazzi dell’Edera chiederanno chiarezza a sindacati, industriali e istituzioni sui temi del grande dibattito economico più vicini a loro. Pensioni e contributi previdenziali, tasse, contratti di lavoro, welfare, formazione universitaria e alternanza scuola-lavoro saranno tra gli argomenti di dibattito vero in una serata aperta ai contributi di tutti, con lo scopo di essere pure momento efficace per conoscere e prendere contatti con la rilanciata Federazione Giovanile Repubblicana. Anche per questo, i figierrini animeranno durante tutte le sere di festa un proprio autonomo stand di fronte al ristorante, con distribuzione di birra, eventi organizzati con giochi di società e gadget per gli intervenuti.

Ufficio stampa FGR-Romagna

Quale Futuro? Giovani, tasse e pensioni al di là delle ipocrisie…
*
Festa dell’Uva di San Pietro in Vincoli di Ravenna

Domenica 23 settembre 2007
ore 20, Sala cinema Farini

Gian Antonio Mingozzi, vicesindaco di Ravenna
Riberto Neri, Segretario generale provinciale UIL Ravenna
Renzo Righini, Presidente UNIONAPI Ravenna
Stefania Lusa, Segretaria UIL-Pensionati Ravenna
Modera Luca Pavarotti, Corriere di Ravenna

nuvolarossa
20-09-07, 09:29
Ai giovani conviene protestare

Il raduno bolognese, consacrato alla protesta generalizzata, è stato annunciato e sostenuto da stampa e televisione. Poi il labbruzzo della politica è divenuto tremulo quando ci si è accorti che le parole forti erano niente rispetto alla forza del rifiuto e della piazza. Della manifestazione convocata, da un meritevole Capezzone, per sabato prossimo, invece, non parla nessuno. Lì si protesta contro un fatto specifico: si prendono soldi ai più giovani ed ai meno garantiti, per darli a chi già ha altri privilegi.

http://www.severinosaccardi.it/immagini/giovani%20politica%201.jpg

Si prende ai figli per dare ai padri. Quando se ne accorgeranno, le proteste che oggi definiamo “antipolitica” saranno ricordate come garbata critica.
In tutta Europa l'età pensionabile sale, da noi la si è fatta scendere. O gli altri sono scemi o qui qualcuno ci rimette: i giovani. Li si prende in giro dicendo che si deve combattere il precariato, in realtà si toglie al loro salario per trasferire ricchezza a chi va in pensione avendo lavorato troppo poche ore per troppo pochi anni. Si fa credere che il lavoro dipenda dalle leggi che vincolano l'impresa, mentre quelle servono solo a finanziare la baracca corporativa che consegna potere ai sindacati e clientele alla politica. Il lavoro, per esserci, ha bisogno dell'esatto contrario. In Francia Sarkozy dice che si deve lavorare di più per reggere lo Stato sociale, che si devono cambiare criteri di rappresentanza e finanziamento dei sindacati, che si deve incrementare l'assicurazione sanitaria integrativa. Per questo avvia incontri con le parti sociali, che devono durare due settimane. Da noi si parla per decenni, ed alla fine una politica sempre più esangue cede ai sindacati facendo finta che siano rappresentanti dei lavoratori.
Il moralismo senza etica e la condanna in piazza quel che fa in privato può creare imbarazzo, specie ad una politica senza forza morale e ideale. Ma la rabbia generata dall'impoverimento sarà devastante. Il prossimo 22 non so quanti saremo a manifestare, ma se la gara fosse fra idee e non fra masse, fra proposte e non fra proteste, allora quel giorno sarebbe l'occasione per acchiappare la politica per i capelli ed evitarle d'affogare nella costosa inutilità. Si dica, ai tanti giovani che non ci saranno, che rimettere le mani nella politica, non rassegnarsi, è un loro interesse.

Davide Giacalone
www.davidegiacalone.it

tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/13485

nuvolarossa
22-09-07, 10:40
Domani la “Marcia per la tua pensione” organizzata da Decidere.net
Capezzone parte dalla previdenza
Nutrita la lista dei partecipanti. Molti più consensi nella Cdl Adesioni dai radicali italiani

di Barbara Alessandrini

Una nuova alleanza tra padri al fine di non costringere i giovani a firmare cambiali per far andare in pensione i genitori alla prematura età di 58 anni. E’ questo lo scopo che anima la “Marcia per la tua pensione. Nuove generazioni tagliate fuori?”organizzata per sabato pomeriggio 22 settembre a Roma da Decidere.net, il network messo su in pochi mesi da Daniele Capezzone nel tentativo di erodere e smantellare con tredici proposte alternative e soprattuto liberali ( i cosiddetti 13 cantieri per una politica ad alta velocità) l’ingessata impalcatura politica che, tenuta in scacco dalla sinistra radicale, sta precludendo al nostro paese qualsiasi forma di rilancio economico e di modernizzazione, impoverendolo e relegandolo all’ultimo posto dei paesi occidentali sulle spalle dei cittadini. Lunga ed in continuo aggiornamento la lista delle associazioni e dei singoli, parlamentari e non, che hanno aderito alla manifestazione sulla previdenza. Un consenso che ha addirittura indotto l’organizzazione a modificare la tabella di marcia invertendo i luoghi di partenza e di arrivo per motivi di contenimento.

Un dato salta agli occhi. Nonostante la chiamata rivolta da Capezzone a chiunque, senza differenze di schieramento politico, intenda confrontarsi sule 13 questioni concrete e sulle rispettive praticabili soluzioni, la presenza di Marco Pannella e dei Radicali italiani non bilancia a sinistra la nutrita adesione di think-tank, fondazioni e parlamentari di centro destra presenti alla marcia che dal Pantheon, dopo i numerosi interventi, arriverà a Piazza Fiume dopo aver sostato davanti alla sede della CGIL (la Cisl, puntualizzano a Decidere.net, ha quantomeno cercato di contenere i danni della controriforma pensionistica). Tra le firme e gli interventi previsti spiccano, tra le numerose altre, quelle di Italo Bocchino e Maurizio Gasparri di An, l’azzurro Benedetto Della Vedova presidente dei dei Riformatori liberali, Maurizio Sacconi di FI, Antonio Del Pennino del Pri il senatore di FI Marcello Dell’Utri, l’ex ministro leghista Giancarlo Pagliarini, gli azzurri Battista Caligiuri e Stefania Prestigiacomo e Nino Paravia di An.

E ancora, Forza Italia giovani, Federazione giovanile socialisti italiani, Circoli del buon governo, Giovani D.C., Nuovo movimento Giovani Socialisti, nuovo Psi, Federazione giovanile repubblicana, Partito Liberale Italiano, Riformismo oggi, Menostato.it, TuaPensione.it, Unione per le libertà, Liberali Lombardi. Una fotografia che conferma la naturale e maggiore contiguità dell’ex segretario dei radicali italiani e della sua linea politica con la Casa delle libertà dove le pur presenti componenti retrogade, corporativiste, stataliste e refrattarie alle scelte liberali, sono comunque molto più esigue rispetto al conservatorismo che impera nella coalizione di centrosinistra. Significativa dunque la decisione di avviare il percorso riformatore della “politica ad alta velocità” proprio dal settore previdenziale, quello cioè che maggiormente rischia di mettere un tappo sulla testa dei giovani e “tagliare fuori le nuove generazioni” perché, come spiega Capezzone “ l’aspetto inaccettabile della controriforma delle pensioni recentemente annunciata sotto dittatura della sinistra comunista e del sindacato consiste nella direzione di marcia, opposta a quella seguita nei maggiori paesi occidentali.

Ovunque tenendo conto delle tendenze demografiche l’età pensionabile sale e le opinioni pubbliche accettano un piccolo sacrificio in più mentre qui si è scelto di attaccare la parte più convincente della riforma preesistente e di impiegare risorse pubbliche, praticamente una manovrina, per abbassare l’età pensionabile”. Non solo, Capezzone evidenzia le storture e le ombre di una riforma nata dal “tentativo di disincentivare tutte le forme di lavoro flessibile per un evidente pregiudizio ideologico” e che rischia di trasformarsi in “un potente incentivo all’allargamento dello spazio del lavoro sommerso” poiché “la gran parte del costo graverà sulle spalle dei lavoratori flessibili che subiranno un aumento dei propri contributi previdenziali fino al 26,5%. Per cui un giovane di 25 anni dovrà versare un quarto del suo stipendio in contributi per pagare la pensione ad un 58enne che cercherà comunque un lavoro in nero”. Scontato che tali argomentazioni facciano breccia tra le principali fondazioni e associazioni liberali e liberiste tra i cui esponenti compaiono come firmatari e relatori Alberto Mingardi dell’Istituto Bruno Leoni.

Adesioni anche da Angelo Mellone di Fare Futuro, da Tocqueville.it, Competere, Coalizione Generazionale, Movimento Giovanitaliani, Partito Giovani, Alternativa studentesca, Destra liberale italiana, Movimento libertario, Italia 2020, Lombardia Domani, oltre a Giulio Di Donato di Riformismo Oggi, Paolo Messa direttore di Formiche, e da giornalisti come Maria Giovanna Maglie, Giordano Bruno Guerri, Arturo Diaconale. E’ prematuro parlare di bilanci ma è certo che il consuntivo iniziale è in attivo per Capezzone che, nel giro di due mesi, ha tagliato i ponti con l’immobile esecutivo e con la coalizione di cui fa parte e messo a punto un programma minimo, se confrontato con quello mastodontico di Prodi, ma i cui 13 punti qualificanti basterebbero ad invertire la rotta che sta trascinando l’Italia in un sonno devastante. E l’obiettivo non è minimale.

tratto da http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=203&id_art=6164

nuvolarossa
25-09-07, 23:35
Sorpreso dalla negoziante con un pacco di pasta e un pezzo di formaggio
E' stato perdonato: "Nel quartiere in tanti non hanno il denaro per il cibo"
Cagliari, pensionato ruba per fame
"Non ce la faccio ad arrivare a fine mese"
Pensionato ruba per fame in un minimarket a Cagliari

CAGLIARI - Vedovo, 75 anni, una magra pensione da ex artigiano come unico reddito, al 25 del mese ha sempre avuto difficoltà ad arrivarci. Alfredo appartiene a quella schiera sempre più grande di anziani che non riescono più a sbarcare il lunario. La fame ieri l'ha spinto a rubare un pacco di pasta e un pezzo di formaggio dagli scaffali del piccolo negozio di generi alimentari sottocasa, a Cagliari. Ma alla cassa la refurtiva gli è scivolata a terra.

http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/cronaca/ruba-per-fame/ruba-per-fame/este_7172_40450.jpg

"L'ho visto così triste", ricorda la proprietaria del minimarket. "Aveva le lacrime agli occhi. Prima era sempre stato puntuale nei pagamenti. Forse è colpa di questa crisi..." L'uomo temeva di essere denunciato, invece la proprietaria lo ha perdonato anzi ha dato vita ad una colletta fra gli abitanti del quartiere per assicurargli provviste sufficienti per le prossime settimana.

Is Mirrionis è un quartiere popolare nella periferia degradata del capoluogo. "Nelle nostre strade - confida Valentina Camba, la titolare del negozio dove ha rubato il pensionato - sono tante le famiglie, e non solo di pensionati, che non riescono ad arrivare a fine mese e molto spesso non hanno neppure il denaro per poter comprare qualcosa da mangiare".

Come ripetono da tempo le associazione dei consumatori, "un disagio profondo affligge larga parte di cittadini italiani. E' colpa dei recenti aumenti", denunciano Federconsumatori e Adusbef.

La negoziante di Is Mirrionis queste cose le sa bene: "Da anni, generazioni di famiglie di tutto il quartiere vengono a fare la spesa da noi. E capita spesso che ci chiedano di trascrivere il debito su un quaderno: pagheranno a fine mese, quando ne avranno la possibilità. Non abbiamo mai negato niente a nessuno e mai nella nostra vita lo faremo".

Non l'hanno fatto neppure ieri quando hanno scoperto che il signor Alfredo aveva rubato un pacco di pasta e un pezzo di formaggio. Anzi: hanno pensato che fosse necessaria una colletta per aiutarlo.

"La solidarietà è importante", spiega la titolare del piccolo negozio di alimentari. "Capita spesso, soprattutto quando si consegna la spesa a domicilio, d'incappare in realtà che ti fanno accapponare la pelle. A pochi isolati dal nostro - racconta la commerciante - abita un'anziana che puntualmente scoppia in lacrime perché non ha il coraggio di dire che non ha i soldi per pagare. E noi ogni volta le diciamo che non c'è nessun problema: può pagare quando vuole. In un quartiere popolare come il nostro funziona così. La solidarietà è di casa".

tratto da http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/cronaca/ruba-per-fame/ruba-per-fame/ruba-per-fame.html

nuvolarossa
27-09-07, 16:57
In marcia per il Futuro del nostro Paese

Sabato 22 settembre la Federazione Giovanile Repubblicana è scesa convintamene in piazza per il proprio futuro. Al fianco di tanti giovani dal diverso credo politico, i ‘nostri figierrini’ hanno partecipato alla marcia per le pensioni organizzata da Daniele Capezzone e svoltasi da Piazza del Pantheon a Piazza Fiume a Roma (http://www.radioradicale.it/scheda/235540/marcia-per-la-tua-pensione-nuove-generazioni-tagliate-fuori) e preceduta da una maratona oratoria per far sentire la propria voce, per dire NO ad una controriforma delle pensioni che privilegia ‘i soliti noti’ e umilia le prospettive dei giovani.
Le nostre sventolanti bandiere hanno colorato la piazza a manifesto di una tensione politica forte e battagliera che dimostra capacità critica e, soprattutto, propositiva.
Davanti ad un pubblico attento, il nostro segretario Giovanni Postorino si è fatto portavoce del disagio di tutti noi, dei giovani che sono il futuro del Paese ma che nessuno sembra prendere in considerazione, esclusi dalla concertazione e sempre, in ogni ambito, tristemente penalizzati, costretti a scendere in piazza per manifestare a tutela di ciò che negli altri Paesi europei è del tutto ovvio.
Oggi viviamo un desolante scenario politico in cui è l’antipolitica a governarci e a vivere da troppi anni nelle stanze della politica. Perché l’antipolitica non è l’immondizia grilliana. L’antipolitica è in realtà la mancanza di prospettiva, la mancanza di coraggio nel dare risposte concrete, nell’investire sul futuro, nell’affrontare le riforme necessarie al nostro sistema economico e politico, nel liberare le energie propulsive presenti nel nostro soffocato Paese. L’antipolitica è la sterile tutela dell’esistente rimanendo ancorati ad un passato ormai del tutto tramontato, schiavi tra l’altro di un sindacalismo corporativista capace solo di concedere privilegi ingiustificati a chi paradossalmente già ne gode.
La proposta? Forse dobbiamo veramente costituire quel sindacato dei disoccupati, quel sindacato dei giovani, di cui Ugo La Malfa (http://it.wikipedia.org/wiki/Ugo_La_Malfa) parlava già negli anni ’70. perchè, forse, è giunto il momento di tutelarci da soli e far sentire alta la nostra voce. E per far questo i giovani devono impegnarsi e fare politica. Non si può essere ancora a lungo ignorati: il rischio è quello gravissimo di rimanere schiacciati e di pagare fra qualche anno un prezzo troppo alto per le decisioni che oggi vengono prese.
Ecco l’importanza di manifestazioni come quella di sabato, dove i giovani della FGR insieme a tanti altri giovani di altre organizzazioni giovanili, senza abbandonarsi al giovanilismo, hanno affrontato un tema fondamentale per il futuro dell’Italia.

tratto dal sito nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana http://www.fgr-italia.it/

nuvolarossa
17-01-08, 14:01
Riceviamo dalla Fondazione "Ugo La Malfa"

Giovedì 31 gennaio 2008, ore 17,30 - Sala Igea Istituto della Enciclopedia Italiana - Piazza della Enciclopedia Italiana 4, 00186 – Roma

“I nodi del sistema pensionistico e il loro impatto sulla spesa pubblica”

Intervengono - Giuliano Amato, Ministro dell’Interno - Benedetto Della Vedova,Riformatori Liberali - Giampaolo Galli, Direttore Generale ANIA

Presiede - Adriano Teso, Centro Studi Liberali – Sam Quilleri

Saluto di benvenuto - Giorgio La Malfa, Fondazione Ugo La Malfa

Introduce - Mauro Marè, Università della Tuscia

Giuliano Amato e Mauro Marè sono autori del libro “Il gioco delle pensioni: rien ne va plus?”- Il Mulino 2007

Per informazioni: Fondazione Ugo La Malfa
0668300795, info@fulm.org
http://www.fulm.org/

Il 5 per mille per la Fondazione Ugo La Malfa.
Non costa nulla e non sostituisce l'8 per mille.
Scegli la Fondazione Ugo La Malfa: codice fiscale 0685275100

nuvolarossa
19-02-08, 20:46
I nodi del sistema pensionistico e il loro impatto sulla spesa pubblica

12/2/2008 - Giovedì 31 gennaio 2008 presso la Sala Igea dell’Istituto della Enciclopedia Italiana a Roma si è tenuta una tavola rotonda dal titolo “I nodi del sistema pensionistico e il loro impatto sulla spesa pubblica”. L’evento, promosso dalla Fondazione Ugo La Malfa, è stato presentato da Giorgio La Malfa della FULM e presieduto da Adriano Teso del Centro Studi Liberale. ...

clicca qui per la scheda e per il Video ...
(http://www.fulm.org/SchedaPubblicazioni.aspx?ID_Pubblicazione=192)
tratto dal sito della Fondazione Ugo La Malfa
http://www.fulm.org/Default.aspx

nuvolarossa
26-02-08, 18:57
http://www.fulm.org/public/immagini/Eventi/compl_tn.jpg

Roma 27 febbraio 2008
Tanti auguri a noi! http://www.fulm.org/Default.aspx compie un anno!

Dopo un anno con grande soddisfazione registriamo oltre 120 articoli pubblicati, 120 fra audio e video realizzati con 40 autori coinvolti negli interventi che hanno aperto l'attività della FULM ai temi dell'attualità politica ed economica italiana e internazionale.

I contatti vivono un trend di crescita costante che ha portato un grandissimo incremento della comunità del nostro sito.

Questi risultati hanno convinto la nostra redazione a creare il canale "Fondazione Ugo La Malfa" sulla piattaforma You Tube e anche questa iniziativa ha riscosso il successo sperato.

Insomma siamo qui a ringraziare tutti voi che con la vostra visita costante e crescente al nostro sito e con la vostra partecipazione alle iniziative della FULM rendete possibile il nostro successo.

Cogliamo l'occasione per segnalarvi il nostro ultimo filmato realizzato alla sala Igea dell'Enciclopedia Italiana in Roma il giorno 31 gennaio 2008 in occasione della tavola rotonda dal titolo “I nodi del sistema pensionistico e il loro impatto sulla spesa pubblica”.

L’evento, promosso dalla Fondazione Ugo La Malfa, è stato presentato da Giorgio La Malfa della FULM e presieduto da Adriano Teso del Centro Studi Liberale. Presenti il Ministro dell’Interno Giuliano Amato e Mauro Marè dell’Università della Tuscia autori del libro
“Il gioco delle pensioni: rien ne va plus? (http://www.bol.it/libri/scheda/ea978881511841.html)”.
Gli altri interventi sono stati di Benedetto Della Vedova, deputato dei Riformatori Liberali, e Giampaolo Galli Direttore Generale ANIA.

Sottoriportato il video dell'evento ...

http://it.youtube.com/watch?v=VK3hCZ3S2ws

tratto da http://www.fulm.org/Default.aspx

nuvolarossa
16-12-08, 13:01
L’ex premier Massimo D’Alema liquida la richiesta come “una battuta poco spiritosa”
Il ministro tira dritto sulla proposta di aumentare l’età della pensione per le donne
Pdl freddo con Brunetta
Annunciata un’informativa al prossimo Consiglio dei ministri

ROMA - Renato Brunetta tira dritto sulla proposta di aumentare a 65 anni l’età della pensione per le donne, malgrado lo stop della Lega e i forti dubbi sollevati anche dal Pdl. Oltre la netta contrarietà dell’opposizione. Bisogna obbedire all’Unione europea, dice senza mezzi termini il ministro della Pubblica amministrazione, definendo l'equiparazione tra uomini e donne “una battaglia di liberta”.

Insomma, da Brunetta nessun dietro front. Anzi. Il ministro fa sapere di non aver parlato della sua idea direttamente con il premier Silvio Berlusconi, ma annuncia un’informativa già al Consiglio dei ministri di giovedì. Intorno al tavolo di Palazzo Chigi, però, dovrà affrontare resistenze anche dai suoi stessi colleghi di governo. Non solo da quelli leghisti.

Giorgia Meloni (An), ministro della Gioventù, ad esempio, non boccia a priori la proposta di Brunetta, ma chiede che prima siano assicurate alle donne le stesse possibilità di accesso, retribuzione e carriera nel mondo del lavoro. E anche Alessandra Mussolini e Daniela Santanchè invitano il governo a non “far cassa sulla pelle delle donne”. Mentre per Isabella Bertolini (Fi), l’ipotesi è percorribile “solo su base volontaria”.

Poco convinto è il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che concorda sull'introduzione di “meccanismi che avvicinino l’età pensionabile” ma, avverte, “questo non deve equivalere ad una parificazione che non appartiene alla cultura italiana ed alla realtà”. Dentro An, tuttavia, i giudizi non sono univoci.

Favorevole all’iniziativa di Brunetta è ad esempio Italo Bocchino, vice capogruppo Pdl alla Camera, che cita la richiesta dell’Unione europea: “Non si comprendono le ragioni per cui ogni volta che si affaccia una spinta riformatrice, questa venga respinta trasversalmente”. Con Brunetta si schierano anche i Repubblicani del Pdl, i Popolari liberali di Carlo Giovanardi e i Riformatori liberali di Benedetto Della Vedova. Indisponile a trattare l’argomento è invece la Lega. Calderoli è stato il primo a bocciarla. “La differenza sull'etàpensionabile tra uomini e donne è del tutto giustificata”, conferma. E invita a ricordare come le donne siano sottoposte ad un “doppio” lavoro, “prima quello ordinario in ufficio e poi quello più pesante di mandare avanti la casa ed educare i figli”.

Un coro di no arriva dal Pd. Massimo D’Alema liquida le parole di Brunetta come “una battuta poco spiritosa”. Ancora più netta il capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro: “E un’ipotesi iniquà perchè le donne fanno almeno due o tre lavori: uno all’esterno e gli altri in casa, non riconosciuti, non pagati e senza contributi”. E l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano parla di “un’idea inaccettabile” a meno che non sia su base volontaria. “Brunetta la smetta con spot su temi delicati”, attacca il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa.

Ma anche l’opposizione non è compatta. Marco Pannella rivendica la proposta come radicale: “E' in Parlamento dall’aprile 2007 una nostra pdl per meno pensioni e più welfare, che consentirebbe risparmi per 7 miliardi l’anno”.

tratto da http://www.corriereadriatico.it/articolo.aspx?varget=D16FC5894B25F6B0EDCC8632F1305 454