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Visualizza Versione Completa : Convocato il 43° Congresso del Pri



antikle
22-06-02, 23:41
Il prossimo Consiglio Nazionale del 6 luglio approverà la convocazione del Congresso Nazionale del PRI proposta dalla DN per i giorni 25-26-27 ottobre 2002.

Perchè non cominciamo a discutere che tipo di congresso ci aspettiamo e che tipo di congresso vorremmo?

Personalmente credo che sarà l'ennesima triste rappresentazione di un momento burocratico incentrato sulla gestione di un ormai insignificante goccia di potere. Sarà l'ennesimo congresso delle tessere dove a fronte di un'assenza totale di progettualità politica assisteremo alle solite trattative di campagna tra proprietario del pollaio e agricoltore sul possesso del pozzo (ormai senza più acqua). Il latifondista come al solito si divertirà un mondo.

Ma allora che ci andiamo a fare?

Qui ci vogliono gli Stati Generali Repubblicani ... bisogna ripartire da zero.

Un abbraccio fraterno
antikle
http://www.prilombardia.it/frameset_home_page.html
P.S.: a tutti consiglio di monitorare il sito prilombardia.it, presto ne vedrete delle belle ... (sempre che le pubblichino!)

nuvolarossa
23-06-02, 00:02
benvenuto a Antikle sul Forum dei Repubblicani Italiani

echiesa
23-06-02, 09:02
Prima cosa benvenuto ad antikle.
Seconda cosa ha ragione, cominciamo a parlare un pò di Congresso, visto che ad ottobre?? se ne terrà un altro. Sappiamo già per caso dove????
Daccordissimo sul ricercare di ripartire per l' ennesima volta.
saluti
echiesa :fru

la_pergola2000
23-06-02, 14:13
Visto che il signor antikle insinua di non si sa quale congresso, in chissa quale parte d'Italia, forse non sa che io ho iniziato a proporre questioni per il prossimo congresso sulla discussione "letture estive e non".....
quindi invece di spettegolare proponga qualcosa lui, senza insinuare divieti di pubblicazione ecc.
Proponga, proponga, proponga...............................
e non insinui, e non insinui, e non insinui.................
A te la parola.

nuvolarossa
23-06-02, 23:12
Ma a proposito di Congressi......a Bellaria che cosa c'era in programma in questi giorni:

un congresso?
una convention?
una riunione di amici?
una manifestazione massmediatica?

Da antifascista credo che si debba rifuggere da tali snaturamenti nell'uso del metodo democratico nella rappresentanza della volonta' popolare........e poi, tolleranti verso queste vicende, c'e chi si permette di obiettare sulla validita' delle discussioni e dei risultati dei Congressi Repubblicani....(sic)

antikle
24-06-02, 11:02
Caro amici
devo aver fatto un po' di casino nelle risposte ... non capiterà più! Comunque vi invito a verificare la data del Congresso perchè la notizia proviene direttamente dalla Segreteria Nazionale!
Ciao
Antikle

kid
24-06-02, 11:54
Formula suggestiva, ma come si intende sostenerla? Chi convoca gli Stati generali repubblicani e quali sarebbero poi? E se non aderissero? Per il resto la visione del congresso del Pri descritta da Antikle, mi pare un po' riduttiva. A me Bari è parso un congresso vero, come a tutti quelli repubblicani a cui sono stato, con molto poco di burocratico. Comunque quando si critica la burocrazia, per carità, siamo d'accordo con chi critica, ma vorrei qualche specificazione sulla proposta, grazie.

echiesa
24-06-02, 14:25
Il poco burocratismo del Congresso di Bari ha fatto si che Carrara non votasse: i soldi però li hanno voluti uguale.
saluti
echiesa:fru
( la lingua batte dove il dente duole, è vero)

kid
24-06-02, 15:34
Lì, ho già spiegato che è stata applicata una regola richiesta dalla minoranza e a sua tutela, alla quale la minoranza non ha voluto rinunciare, preferendo poi lasciare il partito.

nuvolarossa
24-06-02, 19:04
sullo stesso argomento...
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=15032
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=15034

Garibaldi
25-06-02, 13:09
questa che i carrarini non hanno votato proprio non la sapevo!?!?!??!!
Caro eugenio, mi viene il sospetto che dove ci siete voi carrarini ci sia sempre (con rispetto parlando) un po' di casino!?!?!?!
Mi dispiace solo che siate retrocessi in c2 perche' erano 6 punti sicuri!?!?!?!?

kid
25-06-02, 13:23
Non èm colpa dei carrarini ma della modifica del regolamento che hanno subito. Loro hanno sempre presentato le deleghe all'ultimo momento, fuori dai tempi stabiliti, loro e non solo ovviamente, e mai nessuno ha creato problemi. Li ha creati l'onorevole Sbarbati, penso per creare malumori nel corpo del partito visti che con Carrara non hanno votato anche zone favorevoli alla svolta.

la_pergola2000
25-06-02, 14:43
Certo che lo so quando ci sarà il congresso, forse non hai capito il senso del mio invito.
Comunque la mera proposta dei cosiddetti stati generali, la ha già fatto la Sbarbati ed è stata organizzata lanno scorso, mentre un partito organizzato fà un congresso, e sono invitati tutti, punto.
Ti avevo invitato a dibattere sui temi che sono in campo oggi terza via di "Carlo Lodici", terza forza di Spadolini e Ugo La malfa ecc. ti avevo invitato ad esporre la tua via, ma non mi hai risposto, anzi hai creduto che non avessi capito.
Quindi dibatti, dibatti, dibatti...................
Aspetto un tuo intervento, a proposito non sono riuscito a mettermi in collegamento con il sito Lombardo, qualcuno mi spieghi.

nuvolarossa
25-06-02, 18:23
per collegarsi al sito lombardo del PRI cliccare qui sotto:
http://www.prilombardia.it/frameset_home_page.html

echiesa
25-06-02, 18:58
Battutaccia sportiva, che accetto sportivamente, anche se Lo Spezia dopo un anno da leoni ha avuto due settimane da c.......i:D :D
Inoltre straltranno vi mancheranno pure i 6 punti che prendevate, qualche volta ,da noi. Meglio così ( si, è come quella del famoso marito che si taglia per fare dispetto alla moglie, ma a la guerre comme a la guerre)
saluti
echiesa:fru

nuvolarossa
09-07-02, 00:35
Le conclusioni del Consiglio Nazionale

L'on. Francesco Nucara, Segretario Nazionale del PRI, ha confermato che in data 25/26/27 ottobre si terrà il Congresso Nazionale del partito.

Nella sua replica Francesco Nucara ha sottolineato la grande importanza del patto per l'Italia raggiunto tra il Governo e le forze sociali, a conferma della possibilità di realizzare le riforme con il metodo della concertazione quando la disponibilità al dialogo prevale sulle opposizioni pregiudiziali. Ha espresso pertanto apprezzamento verso la UIL e la CISL che hanno saputo cogliere i problemi reali dell'economia italiana nella difficile condizione internazionale e collocare nel loro ambito – e valorizzare con le soluzioni raggiunte – le esigenze del mondo del lavoro.

Ha sollecitato poi il governo a dare piena attuazione agli impegni assunti con il patto, con particolare riferimento alle iniziative verso il Mezzogiorno, ed a proseguire sulla linea della trattativa con quella parte del movimento sindacale che ha mostrato senso di responsabilità e volontà di risolvere concretamente i problemi del paese.

Alla luce di queste considerazioni – ha concluso Nucara – il PRI ritiene che uno spazio più ampio debbano avere, nell'ambito della maggioranza, quelle componenti che per la loro storia, per la loro collocazione interna e internazionale, per la loro capacità di analizzare e orientare società complesse come quella italiana, sono in grado di accentuare l'iniziativa riformatrice del governo.

Roma, 6 luglio 2002
------------------------------------
TRATTO DA
http://www.pri.it

lucifero
09-07-02, 08:39
Tutto qui?
si è solo confermata la data del Congresso?
:confused:
Consiglieri, che ci raccontate?

Garibaldi
09-07-02, 11:52
Alla luce di queste considerazioni – ha concluso Nucara – il PRI ritiene che uno spazio più ampio debbano avere, nell'ambito della maggioranza, quelle componenti che per la loro storia, per la loro collocazione interna e internazionale, per la loro capacità di analizzare e orientare società complesse come quella italiana, sono in grado di accentuare l'iniziativa riformatrice del governo.

Roma, 6 luglio 2002
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TRATTO DA
http://www.pri.it [/B]
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mi sa che il Congresso sara' ottimo proprio per definire una volta per tutte queste cose!?!?!?
Maggiore visibilita?!!
Non solo formale ma sostanziale.
In televisione vogliamo vedere anche Nucara seduto al tavolo con gli altri alleati della Casa delle liberta'.?!?!?!
Basta con le ambiguita'

lucifero
09-07-02, 12:12
Alla luce di queste considerazioni – ha concluso Nucara – il PRI ritiene che uno spazio più ampio debbano avere, nell'ambito della maggioranza, quelle componenti che per la loro storia, per la loro collocazione interna e internazionale, per la loro capacità di analizzare e orientare società complesse come quella italiana, sono in grado di accentuare l'iniziativa riformatrice del governo.


I Lombardi avrebbero voluto forse sentire un chiede o un pretende. Il termine ritiene non mi sembra abbia il carattere di svolta richiesto; appare più un suggerimento al Principe (azzurro).

Consiglieri silenziosi! C'erano poi o no, questi lombardi?

Garibaldi
09-07-02, 12:18
PRETENDE lasciamo che sia il congresso a dirlo?!?!?'Lombardi compresi?!??!
non anticipiamo di troppo i risultati del Congresso!?!?!?!?

kid
09-07-02, 16:22
A gentile richiesta, informo gli amici che dal mio punto di vista in Consiglio nazionale si è registrato un clima migliore, credo anche perchè la minoranza ha preso atto che le scelte di Cofferati tracciano un solco con il governo ed i repubblicani non possono starvi all'esterno, così come non possono starvi, la Csil e la Uil. Ma anche perchè forse la prospettiva di autonomia che La Malfa ha indicato ai consiglieri per il partito è rassicurante per l'anima repubblicana. La quale è una sola e non si definisce in base ad una alleanza apprezzata o meno che sia. Tra l'altro le difficoltà sono comuni sia alla maggioranza che alla minoranza. La maggioranza ha infatti necessità di definire il suo rapporto con la coalizione, la minoranza di non essere presa a calci dai suoi alleati locali, vedi Carrara. Si dipanano forse allora le nebbie del congresso, il quale richiesto da un esponente della minoranza, può essere l'occasione per un chiarimento utile che riaffermi l'unità sostanziale del partito. C'è una rinuncia all'uso critico del contributo repubblicano nella nuova alleanza? Questa la domanda di alcuni consiglieri di minoranza alla quale si è cercato di rispondere, che intanto c'è una condizione politica nuova che merita una certa prudenza ed un certa cautela, ma non l'omogeneità alla coalizione e questo vale sia per alcuni temi specifici, la politica industriale per esempio, sia per le scelte locali, considerando che in molte regioni il pri è con il centrosinistra. Si può alzare il livello critico in cambio di un maggiore sostegno alla coalizione e delle forme di questo sostegno si può discutere. insomma riproviamo ad ascoltarci e capirci ed eviteremo bracci di ferro e soluzioni dal sapore poliziesco. Resta il fatto che la posizione lombarda è poco comprensibile, - consiglieri nazionali non si sono visti e il senatore Del Pennino che c'era non ha parlato - al congresso possiamo andarci con un po' più di tranquillità e chissà magari con qualche ottimismo.

kid
09-07-02, 16:25
per ogni eventuale domanda, ma non mi chiedete la cronaca puntuale del consiglio!

nuvolarossa
11-07-02, 18:38
Verso il 43° Congresso nazionale

Il Consiglio nazionale di sabato 6 luglio si è svolto, pur nelle diverse posizioni politiche tra maggioranza e minoranza, in un clima più disteso. Sia chiaro, ciascuno ha ribadito la propria scelta e sugli adempimenti congressuali c'è stata una votazione contrapposta. Ma qualcosa ha contribuito a dare alle diverse posizioni un carattere nuovo e più costruttivo: l'elemento che ha determinato questa diversa situazione è stata sicuramente la decisione del segretario di convocare il Congresso.

La minoranza, confermata la sua contrarietà alla celebrazione del Congresso - già espressa peraltro in direzione - ha usato nel dibattito politico, aperto da una introduzione di Nucara - toni e accenti nuovi nel valutare la situazione politica e le prospettive del Pri.

Hanno influito sicuramente nelle argomentazioni della minoranza le difficoltà in cui si trovano le forze moderate e riformiste del centro-sinistra dopo il varo del Patto per l'Italia e l'accordo con la Cisl, l'Uil, la Confindustria e le altre organizzazioni sociali e produttive.

Né ci sono stati mutamenti nella linea politica della maggioranza perché Nucara ha confermato la scelta di Bari, anzi ha sottolineato la volontà della segreteria di consolidare il raccordo con le forze della Casa delle libertà, operazione già intrapresa con la partecipazione al tavolo nazionale messo in piedi per coordinare le liste e le candidature nelle recenti elezioni amministrative.

Il nuovo clima è stato quindi determinato dalla consapevolezza, comune alla maggioranza e alla minoranza, di contribuire ciascuno dalla propria posizione alla salvaguardia e al rilancio del partito, cercando di farne, come ha detto il segretario nella sua relazione "la riserva e la risorsa democratica del paese".

Questo coinvolgimento comune ha ribaltato uno schema operativo su cui dal 1994 in poi si è svolta la vita interna dei partiti: vale a dire la scissione come momento risolutivo e di sbocco di una contrapposizione politica. Questa logica "perversa" ha condizionato anche la vita del Pri, ritenuto da coloro che si preparavano ad abbandonarlo uno strumento inutile e superato.

Sempre da questa logica è nata la contrapposizione al Congresso di Bari, in cui appariva già chiara, prima ancora delle conclusioni, la volontà di una parte della minoranza di disattendere le scelte del Congresso, mettendone in discussione la stessa legittimità. Si comprende oggi e meglio come gran parte dei rilievi e delle critiche avanzate in quella sede, piuttosto che indirizzate a trovare nuovi equilibri interni, fossero veri e propri segnali di complicità politica destinati a quelle forze che all'esterno lavoravano per decretare la fine del partito.

Oggi, e questo è il punto di svolta del C.N. del 6 luglio, maggioranza e minoranza si sono sentiti accomunati non solo dal rispetto dello Statuto, ma da un "comune sentire" sulla necessità di salvaguardare l'autonomia e la sopravvivenza del Pri. Come ha dimostrato l'esperienza di questi anni le norme e le regole, quando mancano lo spirito di appartenenza e la volontà di continuare a restare nella Casa dei repubblicani che è il Pri, non servono a niente.

Le norme ed i regolamenti sono essenziali quando questa volontà c'è e servono a tutelare i diritti non solo delle minoranze, ma di ciascun iscritto. Questa tutela dei diritti deve essere accompagnata anche da doveri e dal rispetto, da parte di tutti, delle scelte della maggioranza senza pretendere sconti e deroghe.

Il Congresso non è stato pertanto convocato per indebolire e omologare le minoranze o quanti non si riconoscono nelle posizioni politiche della maggioranza, ma per discutere della situazione del Paese e di politica e trovare norme e soluzioni più adeguate a convivere in un partito che opera in un sistema bipolare e maggioritario.

E questo lavoro, con gli impegni che comporta, deve essere fatto da quanti, al di là della preferenza per uno o l'altro schieramento, vogliono tutelare il simbolo e l'identità del Pri.

P.S:

Con questa nota politica si apre di fatto il dibattito precongressuale che ci auguriamo sia ricco di proposte, idee e interventi che - spediti per e-mail all'indirizzo: ufficiostampapri@yhaoo.it - verranno pubblicati sul Sito.

Roma, 11 luglio 2002
-------------------------------------------------
tratto dal sito web nazionale
http://www.pri.it
del Partito Repubblicano Italiano

nuvolarossa
14-07-02, 11:11
Per una "traccia" sul Congresso......cliccare qui sotto.:

http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&postid=157212

nuvolarossa
17-07-02, 18:33
Le opinioni sulle prospettive del 43° Congresso Nazionale del 25/26/27 ottobre

Dalla nota politica "Verso il 43° Congresso Nazionale" finalmente si può constatare come si stiano stemperando i toni e si ricerchi l'unitarietà del Partito Repubblicano.

E' un passaggio estremamente positivo in vista del Congresso.

Personalmente, in questo clima che sembra cominci a prevalere nel Partito, credo che sarebbero opportune due cose: da parte di Biondi, o di altri della minoranza emiliano-romagnola, accettare la proposta di una gestione comune della federazione regionale con l'entrata di un esponente nella segreteria regionale.

Ciò avrebbe una valenza positiva per una dimostrazione di unitarietà verso l'esterno e di chiusura verso le forze centrifughe.

Dall'altra parte, il mio auspicio è quello di un maggior coinvolgimento anche della minoranza nazionale nella gestione del partito nazionale.

Positivo anche il tentativo di costituire, all'interno della Casa delle Libertà, una nuova componente organizzata con la partecipazione di Giorgio La Malfa.

Alberto Fuzzi – Segretario Provinciale del PRI di Modena

nuvolarossa
18-07-02, 17:57
Riceviamo da Widmer Valbonesi un riassunto del suo intervento all'ultimo Consiglio Nazionale con alcune considerazioni in vista del prossimo Congresso Nazionale di ottobre 2002.

N.R.
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Il consiglio nazionale del 06/07/2002 rappresenta uno snodo fondamentale nella vita del Pri ed è bene che tutti i repubblicani ne siano coscienti.
La decisione di celebrare un congresso straordinario non convince perché le motivazioni non sono chiare e perché il rischio vero è che il partito viva un’altra stagione di veleni e di divisioni interne, anziché una fase di elaborazione di un progetto politico e culturale quale quello che sarebbe necessario, vista l’incapacità dei poli di centro -destra e di centro- sinistra di rispondere ad una cultura di governo dell’interesse generale.
Il congresso dell’Emilia-Romagna rimane comunque un punto di riferimento per tutti i repubblicani che vogliono riprendere il respiro di un disegno strategico,che li renda protagonisti e non subalterni delle culture socialiste e popolari e prigionieri di logiche di schieramento.
Nel mio intervento al consiglio nazionale ho messo in evidenza il fatto che esistono forze intellettuali laiche repubblicane e liberal-democratiche che non si vogliono far omologare da un bipolarismo di sottopotere, che vanno organizzate politicamente con un progetto politico di terza via e di terza forza.
Sono il blocco sociale dei piccoli e medi imprenditori della società aperta, sono i professionisti che non hanno bisogno della raccomandazione o del protettorato politico, ma che chiedono che sia il merito a decidere delle responsabilità e delle carriere.
Sono quei lavoratori che, consapevoli dei loro diritti, hanno comunque a cuore una visione del governo del paese che ricomprenda anche le generazioni future, attraverso la concertazione dello sviluppo e del welfare.
Sono quei cittadini laici che non contestano il diritto dei cattolici di professare la loro fede e di comportarsi di conseguenza ma che non possono accettare la trasformazione dell’Italia da grande paese dell’Occidente, in cui la laicità dello stato è garantita dalla Costituzione repubblicana, ad un Paese confessionale in cui la Chiesa indirizza e scandisce i tempi delle libertà civili.
Sono coloro che credono nello stato di diritto e nelle regole, che non devono offrire margini di impunità o di privilegio a coloro che attraverso l’esercizio del governo credono di poter essere al di sopra della legge.
Sono coloro che vedono nell’esercizio di una funzione pubblica lo svolgimento di una funzione di responsabilità verso l’interesse generale e pretendono perciò da costoro comportamenti consoni al ruolo che ricoprono.
A tal proposito , non è accettabile che la vicenda che ha coinvolto il Ministro degli Interni Scaiola si concluda con una semplice presa d’atto delle dimissioni.
Il Pri doveva chiedere :
- perché il Ministro, anziché spiegare agli italiani come mai , dopo il delitto D’Antona avvenuto da parte delle BR, abbia ritenuto, assieme ai suoi collaboratori, che il prof. Biagi non fosse un possibile bersaglio del terrorismo, negandogli la scorta.
-Perché mai gli assassini di D’Antona e Biagi fossero ancora in libertà e a che punto stavano le indagini.
-Perché ,anziché tranquilizzare gli italiani sul fatto che i terroristi non avranno tregua, nè quelli nazionali nè quelli internazionali ,ricercati da un Paese unito nella volontà di preservare le regole democratiche ed in grado di prevenire o reprimere il fenomeno, il ministro se ne è uscito con un “rompicoglioni” diretto ad un uomo dello Stato assassinato e con una frase sull’inutilità delle scorte che grida vergogna per la responsabilità della carica ricoperta.
Perché se essa fosse detta in buona fede presupporrebbe il ritiro delle scorte a tutti, oppure essa è un atto di sfiducia professionale verso chi esercita il proprio mestiere con grande rischio.
Il Pri doveva denunciare e prendere decisamente le distanze da una classe di governo così impreparata e che esprime il dileggio delle istituzioni e del bene comune.
Così come , di fronte ai dati dell’economia che dimostrano un saldo negativo fra entrate ed uscite di 30.miliardi di euro (57 mila miliardi di lire) solo nel primo semestre, con un’ inflazione a giugno del 2,2%, con una crescita di appena 1,4% anziché il 2,3, con entrate illusorie e senza sgravi fiscali promessi, il Pri deve riprendere a discutere del merito dei problemi, della politica economica italiana ed europea, non dei risultati politici del patto per l’Italia, che ci sono, ma che rischiano di essere poi un boomerang, se non sostenuti da politiche di effettiva crescita ed incentivazione dello sviluppo.
Il nostro metro di misura è sempre stato quello di come la politica economica del governo corrisponde alle esigenze di rigore della spesa pubblica, di risanamento , di investimenti e di innovazione del modello di sviluppo, non quello di contare i risultati politici contingenti .
Da questo punto di vista l’attività del governo è poco trasparente se persino il presidente della commissione finanze è costretto a chiedere i dati dei conti in maniera ufficiale a Tremonti, non potendone disporre; se l’Europa contesta i dati forniti, se le previsioni sono su dei tassi di sviluppo in contro tendenza rispetto ai dati reali, se la Corte dei Conti contesta i dati del DPF, se il risanamento dei conti pubblici avverrebbe nel 2005 anno di votazioni e quindi anno meno adatto ad impostare e raggiungere politiche di bilancio rigorose.
Il Pri quindi deve fare il punto sulla sua partecipazione al governo e sulla politica disastrosa di questo governo , ritrovando per intero la propria capacità critica al servizio del paese. Non è accettabile che la logica delle alleanze faccia perdere le caratteristiche della nostra identità rendendoci partecipi di logiche di appartenenza e meno rigorosi nella critica di merito.
Nemmeno è accettabile che le carenze del governo siano misurabili sulla crisi della sinistra, e fare di ciò oggetto di comparato compiacimento. Semmai questo, come noi affermiamo, dovrebbe essere motivo per tutti i repubblicani per condannare la mediocrità del bipolarismo di potere e per riprendere insieme la linea strategica della terza via, che non significa isolamento , ma la messa in campo di una visione terza liberal –democratica-repubblicana fra quelle popolari e socialiste, come avviene in tutta Europa.
L’organizzazione delle forze democratiche –repubblicane- e liberali è un problema che viene prima delle alleanze politiche e deve avvenire sulla base della rispondenza ai contenuti programmatici e allo spazio politico riservatoci, non a piccoli contentini di sottopotere.
Tra l’altro, in previsione delle elezioni politiche europee con il sistema proporzionale, è evidente che interesse di tutti i repubblicani è ritrovare un disegno strategico di autonomia e di identità come ha ammesso il presidente del partito on. La Malfa in un intervento apprezzabile e di una certa apertura unitaria.
Naturalmente, su questa linea politica presenteremo per il congresso nazionale una relazione alternativa a quella preannunciata dal segretario nazionale, tuttavia vorremmo poterlo fare sgomberando il terreno da due presupposti irrinunciabili.
Innanzitutto, la valorizzazione delle realtà periferiche- attraverso il riconoscimento del diritto all’autonomia decisionale sui livelli di competenza territoriale- è il presupposto su cui si può iniziare un discorso nuovo di rilancio del partito senza l’affanno di uscite dal partito, ma creando le condizioni di un confronto costruttivo sui contenuti.
L’altro caposaldo di un confronto possibile è la revisione dello statuto secondo i principi delle libere organizzazioni di persone, e cioè di riforma delle regole di rappresentanza in base agli iscritti e non ai voti ottenuti in elezioni europee , quando lo statuto prevede elezioni politiche e regionali ,ormai svolte da diverso tempo senza il simbolo dell’edera .
Se questi presupposti saranno accettati e perseguiti , il dissenso sulle scelte di alleanze può essere risolvibile con il rispetto delle regole democratiche e con la dialettica propositiva; ma sinceramente questo non mi sembra oggi possibile, vista l’intransigenza della segreteria.
Del resto ,dopo che il segretario nazionale è venuto al congresso regionale dell’Emilia-Romagna a rivendicare uno spazio per la minoranza, ed avendoglielo noi concesso come forma di garanzia e di disponibilità al dialogo, il fatto che sia stato rifiutato, la dice lunga sul tipo di congresso nazionale e di clima cui si va incontro: una sorta di regolamento dei conti alimentato da un contorno di egocentrici in cerca di rivincite personali.

Widmer Valbonesi
Segr. Regionale Emilia- Romagna

FRANCO (POL)
18-07-02, 18:55
Sottoscrivendo le parole di Valbonesi, mi viene un dubbio:
Nucara non soffre di un complesso di inferiorità con La Malfa e non cerca forse con questo congresso una maggiore legittimazione? I congressi si fanno su temi concreti e non per cercare rassicurazioni.

nuvolarossa
18-07-02, 19:11
Diamo volentieri il benvenuto, sulle pagine del Forum dei Repubblicani Italiani a FRANCO
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif

nuvolarossa
24-07-02, 21:23
Intervento di Mauro Mita

L'ultimo Consiglio nazionale repubblicano, merito soprattutto del Presidente e del Segretario del Partito, ha instaurato un clima di distensione e dialogo civile con l'opposizione interna, anche se permangono riserve e pregiudizi circa la collocazione politica sancita dal Congresso di Bari. Pregiudizi e riserve che la minoranza declama facendo propri tutti i motivi polemici dell'Ulivo e dintorni contro il centrodestra. Pregiudizi che spesso riflettono inconfessate acquisizioni di potere locale che certa micro-nomenclatura accampa come una sorta di lascito inalienabile.

Comunque, un rapporto nuovo e più distensivo si impone anche per andare verso il congresso di fine ottobre con quella lucidità di analisi che non deve essere offuscata da quei motivi polemici che a Bari e dopo Bari hanno lacerato il Partito fino al punto di veder consumarsi una mini scissione, sia pure contenuta e senza avvenire.

Oggi il PRI è più che mai obbligato a seguire la strada della sua coesione interna, in quella dialettica del confronto che una forza democratica a vocazione nazionale deve preservare. Pena la sua dissoluzione e la scomparsa dal paesaggio nazionale.

Questo pericolo sembra essere scongiurato; e lo dicono i risultati positivi delle elezioni amministrative del 26 maggio, dove le liste dell'Edera, pur nella limitatezza della loro presenza nei comuni chiamati alle urne, hanno registrato un significativo successo rispetto all'ultimo test amministrativo. Il PRI non è più all'anno zero della sua rinascita.

Il voto delle amministrative è un punto di partenza che fa del PRI, come ha sottolineato il segretario Nucara, una forza ad impianto nazionale, secondo una pertinente osservazione del "Corriere della Sera".

Partito nazionale. Ecco la carta d'identità del movimento repubblicano nel corso accidentato di una storia bisecolare che dalle tavole della "Giovine Italia" arriva fino ai nostri giorni, in quegli alti e bassi che cadenzano le vicende umane, nel complesso intreccio di una storia che mai finisce e che sempre ricomincia. Nel grande mareggiare della moderna storia italiana, che ha come punto focale l'irrompere del principio di nazionalità, il movimento repubblicano, che fu protagonista nel Risorgimento, ha sempre saputo cogliere quelle "idee-forza" in linea con i momenti di svolta e di superamento di situazioni non più difendibili. Fu così nella lotta dell'unità italiana, nell'antifascismo, nella Resistenza, nella ricostruzione post-bellica, nella grande scelta occidentale, nella solitaria richiesta di una politica di rigore economico, nel quadro di quell'Europa in cammino vista come punto d'approdo di una Italia ammodernata nel suo tessuto sociale ed economico, istituzionale ed amministrativo. Non per nulla, è stato con Mazzini, il partito dell'unità nazionale; e con Cattaneo, il partito delle autonomie, nell'accezione di quel federalismo dal basso, nei suoi diversi presidi di libertà. Ecco la peculiarità del movimento politico che folgorò Piero Gobetti nelle pagine della sua "Rivoluzione liberale".

Il repubblicanesimo è stato in Italia il movimento che meglio di ogni altro ha saputo incarnare in modo limpido e dinamico i valori dell'Occidente, in quella ispirazione laica sempre aperta alle ragioni degli altri, per cui il PRI fu nella stagione del centrismo il partito che con Randolfo Pacciardi seppe tessere con la Democrazia cristiana di Alcide De Gasperi un rapporto positivo e costruttivo, oggi unanimemente apprezzato anche da quanti a sinistra furono allora ostili; ed è stato il partito che con Ugo La Malfa non ha mai perduto le ragioni del dialogo a sinistra, nella prospettiva di coinvolgere il Partito comunista italiano nel processo di costruire una moderna democrazia industriale saldamente ancorata all'Occidente. Un ancoraggio che l'allora partito di Amendola e di Ingrao, per ragioni di scelte internazionali, non poteva facilmente accettare.

Un mondo oggi è cambiato. L'impero sovietico si è dissolto con la caduta del Muro di Berlino. Nell'Europa della moneta unica e nel quadro della mondializzazione del mercato e della finanza, e con l'irrompere di un nuovo nemico, il terrorismo senza frontiere, nuove sfide sono dinanzi alle forze politiche, non soltanto italiane, a destra e a sinistra, in quella che in Europa, pur nelle sue specificità, è la democrazia bipolare maggioritaria, modello ormai irreversibile.

In queste nuove sfide, i vecchi partiti della sinistra europea (e lo dicono i suoi leader più illuminati, come i francesi Michel Rocard e Laurent Fabius, per fare solo due nomi) sono i ritardo di un progetto e di una credibile proposta per governare una complessa e moderna società sviluppata. Ad eccezione di Tony Blair, che nel vecchio Partito laburista ha operato una vera e propria rivoluzione copernicana, nessuno dei partiti di sinistra europea, compresi gli italiani, dentro e fuori l'Ulivo, ha avuto lo stesso coraggio. Per cui la destra, più pragmatica, è vincente un po' dappertutto nella vecchia Europa, dalla Spagna all'Italia, dalla Francia ai Paesi Bassi, dall'Irlanda (e certamente fra un paio di mes ) alla Germania. La destra vince sui temi dell'economia, dell'immigrazione e della sicurezza. I grandi temi su cui la sinistra, come gli eserciti della coalizione antinapoleonica, è "in ritardo di un giorno, di un esercito, di una rivoluzione".

È in questo quadro che si spiega la scelta repubblicana del Congresso di Bari: un passo dettato dalla constatazione che con questa sinistra (dove Massimo D'Alema e Giuliano Amato sono in netta minoranza) non si va da nessuna parte, corteggiando i Cofferati, i no-global, i girotondisti e quant'altri.

Questo è il vero dato che sta davanti al Congresso di ottobre. Ed è il dato che ci accompagnerà per tutta la durata della legislatura. Che reggerà nonostante i tentativi di nuovi ribaltoni. Una legislatura segnata da due scadenze (le elezioni europee e poi quelle amministrative per il rinnovo dei Consigli regionali) da cui dipendono i futuri assetti di questo bipolarismo imperfetto che fa del nostro sistema democratico un'anomalia in Europa. Correggere questa anomalia è il nodo che le forze politiche dei due schieramenti contrapposti sono chiamate a sciogliere nei quattro anni che ci restano fino al 2006.

Un compito che i repubblicani si sono fissati in vista di quell'obiettivo strategico che si identifica con la salvaguardia della propria autonomia, intesa come condizione imprescindibile della propria sopravvivenza. Coniugare questa sopravvivenza con la difesa della Repubblica, nel senso del rinnovamento del suo impianto costituzionale, deve costituire per il PRI quell'imperativo etico-politico per cui ci si chiama repubblicani. Ecco perché nel dibattito sulla riforma della Costituzione del '48, intangibile nei principi della prima parte, ma modificabile nella seconda parte, quella che riguarda l'organizzazione dei poteri, il PRI non può non essere coinvolto, anche in virtù di quella tradizione che lo fa a un tempo partito delle autonomie e partito dell'unità nazionale.

Al di là dello schematismo scolastico che oppone "presidenzialismo" e "parlamentarismo", i repubblicani sanno con i loro "maggiori" che la più grande Repubblica del mondo, gli Stati Uniti d'America si ispira alla formula così icasticamente enunciata da Jefferson: " il presidente è potente, ma il Congresso è onnipotente". Un modello di Repubblica che, in virtù della divisione verticale e orizzontale dei poteri, assicura stabilità dell'esecutivo e centralità del Parlamento, in quel rapporto dialettico per cui la volontà popolare si esprime con la freschezza del consenso, in linea con la suggestione che fu di Jean-Jacques Rousseau della "democrazia continua". È lungo questa direzione che il PRI, "partito della Repubblica", può ancora dare qualcosa alla democrazia italiana. Ed è questo l'appuntamento del Congresso di ottobre.

Mauro Mita

Roma, 24 luglio 2002

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nuvolarossa
29-07-02, 17:53
REGOLAMENTO CONGRESSUALE PER IL 43° CONGRESSO NAZIONALE APPROVATO DAL CONSIGLIO NAZIONALE DEL 6 LUGLIO 2002

NORME DI PARTECIPAZIONE

1. Partecipanti.

Partecipano al Congresso con voto deliberativo, i delegati eletti dalle assemblee di sezione comprese le sezioni all'estero appositamente convocate.

Qualora non siano delegati, partecipano di diritto con voto consultivo, i membri del Consiglio Nazionale uscente purché in possesso della tessera 2001-2002.

Potranno altresì essere invitati a partecipare, con voto consultivo, cittadini di particolare qualificazione culturale, tecnica e professionale, in relazione a specifici punti all'ordine del giorno.

2. Tesseramento.

In base al combinato disposto dell'art. 42, comma 1 e dell'art. 8, comma 4, il limite massimo per la rappresentanza delle sezioni in Congresso è fissato sulla base del tesseramento 2001.

Pertanto, per poter partecipare al Congresso ogni sezione deve aver effettuato il tesseramento 2001, aver restituito i "tagliandi di riscontro" debitamente firmati e pagati alla Direzione Nazionale (lire 35.000 a tagliando) entro la data del 31 dicembre 2001.

Ciascuna sezione è tenuta altresì alla restituzione dei "tagliandi di riscontro" 2002, debitamente firmati e pagati alla Direzione Nazionale entro il 15 ottobre 2002, sui quali si determinerà la rappresentanza effettiva della sezione entro il limite massimo di cui al comma 1 del presente articolo.

Le nuove sezioni costituite nell'anno in corso partecipano al Congresso se sono state costituite e ratificate almeno 90 giorni prima della data del Congresso, e la rappresentanza congressuale è determinata comunque sulla base degli iscritti risultanti 90 giorni prima della data del Congresso.

3. Elezione dei delegati.

I delegati al Congresso Nazionale vengono eletti direttamente dalle assemblee delle sezioni, con voto segreto attribuito a liste concorrenti, legate a mozioni, secondo il metodo proporzionale. Il voto è segreto per quanto riguarda i nominativi, palese per le mozioni politiche. Partecipano all'assemblea gli iscritti alla Sezione, e gli eventuali gruppi associati, in regola col tesseramento 2001.

Prima della votazione l'assemblea stabilisce le modalità di scelta dei delegati "all'interno" di ciascuna lista. L'assemblea deve altresì precisare preventivamente le modalità di designazione dei delegati supplenti.

4. Voti congressuali delle sezioni.

a) Sezioni.

Ogni sezione ha diritto a tanti "voti congressuali" (Vc) quanti corrispondono alla somma del numero dei suoi iscritti 2001 (Is) per l'elezione dei delegati e del voto elettorale Ve di competenza della sezione:

Vc = Is + Ve

Prima limitazione. Il numero Is non può in ogni caso superare ai soli fini congressuali il numero dei voti (VEC) raccolti dal Partito alle elezioni ‘99 del Parlamento europeo nel comune dove la sezione o le sezioni hanno sede. E' fatta eccezione quando si possa dimostrare in modo incontrovertibile che si tratti di sezioni costituite dopo le consultazioni elettorali di riferimento. Nel caso che si debba applicare tale limitazione si pone Is = Vec.

Il voto Ve proviene dalla ripartizione del voto VEC raccolto dal Partito nel Comune alle elezioni Europee del 1999.

Il voto elettorale Ve di competenza della sezione è dato dal 20% dei voti VEC (Vec = 20% dei voti elettorali presi nel comune) moltiplicati per il numero degli iscritti convalidati alla sezione (compresi i gruppi aggregati) e diviso per il totale degli iscritti convalidati Ic del partito in tutto il comune:

Ve = 0,2*VEC*Is/Ic

Il valore Vt di una Sezione o Unione Comunale, qualunque sia il numero dei propri iscritti, non può avere una rappresentanza congressuale superiore:

- ad 1/3 dei voti elettorali conseguiti nel Comune quando esso superi i 500mila abitanti;

- al 40% dei voti elettorali conseguiti nel Comune quando esso superi i 100mila abitanti;

- al 45% dei voti elettorali conseguiti nel Comune quando esso superi i 10mila abitanti;

- al 55% dei voti elettorali conseguiti nel Comune con popolazione inferiore ai 10mila abitanti.

Ai voti congressuali attribuiti alla Sezione, si aggiungono il numero degli iscritti ai gruppi ad essa aggregati e i voti elettorali, come dianzi calcolati, di ciascun comune dove ogni gruppo è ubicato.

b) Sezioni all'estero.

In un Paese estero dove sono presenti una o più sezioni repubblicane, i voti congressuali sono calcolati come al punto A ma considerando, per i voti elettorali (Ve), il numero totale dei voti validi conseguiti nel Paese estero in cui le sezioni sono costituite.

L'Ufficio tesseramento invia ad ogni sezione (modulo A-bianco) l'indicazione del numero degli iscritti e dei voti elettorali Ve attribuiti alla sezione tenendo presente che per l'assegnazione dei voti congressuali la sezione deve aver provveduto alla regolarizzazione del tesseramento 2002 (restituzione dei tagliandi epagamento della quota di spettanza alla D.N.).

5. Numero dei delegati.

Ai soli fini del calcolo del numero dei delegati di spettanza ad una sezione (comprensivo dei gruppi aggregati) si utilizzano i voti congressuali totali Vt definiti da:

Vt = Ve + Is

dove Is è comunque soggetto alle eventuali limitazioni precedenti.

Di norma le sezioni hanno diritto ad inviare un delegato ogni 50 voti congressuali totali o frazione. Non possono essere eletti delegati che rappresentino più di 300 voti congressuali. Le sezioni possono farsi rappresentare anche da iscritti di altre sezioni della stessa Federazione regionale.

6. Delegati addizionali di minoranza.

Se la sezione ha meno di 50 voti congressuali totali o frazione, essa può eleggere un secondo delegato di minoranza qualora questa raggiunga in assemblea almeno un quinto dei voti validi, e i voti congressuali sono ripartiti con il metodo proporzionale. Analogamente se una sezione ha più di 50 e meno di 150 voti congressuali totali, e sono presenti una o più mozioni di minoranza, ciascuna di queste ottiene un delegato (aggiunto a quello o quelli, della maggioranza) purché raggiunga il 15% dei voti validi e i voti congressuali sono ripartiti con il metodo proporzionale.

7. Ripartizione dei voti congressuali fra i delegati.

I voti congressuali di spettanza a una sezione sono, in primo luogo, ripartiti in modo proporzionale ai voti validi raccolti da ciascuna delle liste presentate in assemblea e alle quali spetti, in base alle norme dei punti 5 e 6 almeno un delegato. (Di conseguenza, quando una lista di minoranza non conquisti almeno un delegato, tutti i voti congressuali spettano alla lista di maggioranza e alle altre eventuali liste che abbiano conquistato seggi).

All'interno di ciascuna lista quando ad essa spettino più delegati, i voti congressuali di sua spettanza vanno suddivisi in parti uguali fra delegati della stessa, con la possibile differenza di un'unità per arrotondamento.

8. Numero massimo di deleghe per delegato.

Ogni delegato non può ricevere più di cinque deleghe da sezioni della stessa Federazione regionale e non può superare i 300 voti congressuali.

9. Contestazioni di voti congressuali.

Il calcolo definitivo dei voti congressuali è verificato dalla commissione verifica poteri del congresso la quale decide, a maggioranza assoluta sui casi in contestazione. Qualora vi siano voti congressuali contestati e non attribuiti ad una sezione, essi vengono diminuiti in misura proporzionale per ciascun delegato della stessa.

10. Assemblee di sezione.

Le assemblee di sezione debbono essere appositamente convocate almeno 5 giorni prima della data dell'assemblea.

Le assemblee di sezione dovranno svolgersi dal 1/10/2002.

Dell'assemblea deve essere tenuto un apposito verbale; le votazioni devono seguire immediatamente alle discussioni; non è consentito tenere aperta l'urna di votazione dopo che tutti i presenti abbiano votato oppure nei giorni successivi.

Partecipano alle suddette assemblee con diritto all'elettorato attivo e passivo tutti gli iscritti in regola con il tesseramento 2001-2002.

Non sono ammesse deleghe.

11. Estratto verbale.

Un estratto verbale dell'assemblea compilato utilizzando l'apposito modulo (mod.C) inviato dalla Direzione Nazionale deve essere fatto pervenire, a cura del segretario della sezione, alla Direzione nazionale subito dopo l'assemblea oppure potrà essere consegnato direttamente all'Ufficio deleghe del Congresso.

L'Estratto Verbale, oltre ad indicare la denominazione della sezione e degli eventuali gruppi associati e la data dell'assemblea, deve riportare almeno i seguenti dati essenziali: numero delle liste presentate, numero dei votanti, numero dei voti validi espressi, numero dei voti validi ottenuti da ciascuna lista, i nomi dei delegati eletti per ciascuna lista, e i nomi dei delegati supplenti.

12. Deleghe delle sezioni.

Dopo l'assemblea ogni delegato eletto deve ritirare presso la propria sezione la delega di rappresentanza firmata dal segretario e compilata sui moduli appositi (mod. D), messi a disposizione dalla Direzione nazionale.

Le deleghe debbono essere intestate ad ogni singolo delegato; non sono ammesse deleghe cumulative.

La delega deve contenere le seguenti indicazioni essenziali: denominazione della sezione, data dell'assemblea, nome del delegato, voti ottenuti in assemblea dalla lista del delegato e totale dei voti validi (i voti congressuali spettanti a ciascun delegato saranno verificati dall'Ufficio verifica poteri del Congresso).

Il delegato deve presentare la delega al proprio arrivo al Congresso, all'ufficio deleghe entro il termine massimo delle ore 12.00 di sabato 26 ottobre 2002.

Al suo arrivo alla sede del Congresso al delegato viene rilasciata immediatamente una tessera di rappresentanza provvisoria, che dà diritto di accesso all'aula congressuale; la tessera di rappresentanza congressuale definitiva viene rilasciata soltanto dopo le decisioni della commissione verifica poteri (cfr.punto seguente).

13. Tessera di rappresentanza.

La tessera di rappresentanza congressuale viene rilasciata nominativamente ad ogni delegato dall'ufficio verifica poteri e contiene le cedole per le votazioni durante i lavori con l'indicazione dei voti congressuali di spettanza del delegato.

Per poter ritirare la tessera è necessario:

a) che il delegato sia munito della delega della sezione;

b) che il delegato fornisca un documento di riconoscimento;

c) che sia stato consegnato alla Direzione nazionale o all'Ufficio Verifica dei Poteri l'estratto verbale dell'assemblea;

d) che versi la quota di partecipazione (cfr.punto 15).

La tessera di rappresentanza deve essere ritirata entro le ore 10.00 di domenica 27 ottobre 2002 esclusivamente dal delegato effettivo o dal supplente che abbia diritto a subentrare. Quest'ultimo può ritirare la tessera fin dal primo giorno se fornisce prova che non interverrà il delegato effettivo e potrà comunque ritirarla dopo le ore 10.00 di domenica 27 ottobre 2002.

14. Trasferimento di deleghe.

Il Congresso potrà autorizzare il trasferimento della tessera di rappresentanza, dopo che questa sia stata ritirata, ad altro delegato della stessa regione.

15. Quota di partecipazione.

Per poter ritirare la tessera di rappresentanza ogni delegato deve versare all'ufficio deleghe del Congresso la tassa di partecipazione di Euro 52,00 per ogni delega rappresentata.
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nuvolarossa
29-07-02, 19:21
Intervento di Riccardo Bruno

Un congresso nazionale a poco più di un anno dalla svolta di Bari, può essere effettivamente la sede consona per cercare di sanare la ferita che si è aperta nel partito ed elaborare una strategia comune che ci porti oltre alla soglia della sopravvivenza.

I repubblicani non si devono dimenticare che questa sfida per la sopravvivenza iniziata nel 1993, non è ancora stata vinta e che buona parte dell'opinione pubblica nazionale ci considera una reliquia del passato.

Sono cose che terrei a mente in questo periodo di riflessione precongressuale. Noi abbiamo un compito aprioristico, particolarmente arduo, forse superiore alle nostre forze, che è quello della salvaguardia dell'identità repubblicana. Io non ho mai smesso di credere, in questi anni turbolenti, che la scuola di pensiero che si riflette nel nostro partito, sia una risorsa indispensabile per guidare questo Paese verso un futuro migliore di quello che classi politiche improvvisate e demotivate ci stanno preparando.

Guardando gli ultimi risultati elettorali, anche considerando i centri nei quali il partito ha presentato le liste ed ha raccolto molti consensi, noi siamo poca cosa rispetto al complesso dell'elettorato italiano e abbiamo anche pochi mezzi per poterci affermare oltre le cerchie di amici che ci sostengono abitualmente. I numeri, comunque li giriamo, sono tutti contro di noi, anche nelle istituzioni e negli enti dello Stato, oltre che nei consigli comunali e regionali. Qualunque altra forza politica, o quasi, ci sovrasta, se non in voti - che so il Ccd avrà solo 3 punti percentuali più di noi- sicuramente in deputati, cariche e prebende.

Noi abbiamo solo una cosa a nostro favore. Le ragioni. Le ragioni della sopravvivenza, della difesa e del rilancio dell'identità, repubblicana quelle non sono mai venute meno.

E questo proprio quando invece sono venute meno le ragioni di molte altre forze politiche, mentre, di quelle nuove che sono nate, magari le ragioni non si capiscono. Questo non significa che non abbiano ragioni per esistere i Ds, Forza Italia, la Margherita. Ne hanno di diversissime e moltissime, ma esse non hanno alla loro base ragioni legate fondamentalmente al decorso della storia nazionale tali, per cui non potessero essere quella cosa che poi sono, piuttosto che un'altra. Queste ragioni non si vedono. Tant'è che, scusate, essi stessi, non sanno mica fino in fondo, che cosa sono. Non lo sanno i Ds che ancora discutono se considerarsi socialisti, o semplicemente forza di sinistra, perché il nome socialista, per chi è stato molto a lungo nella sua vita un comunista, non è proprio una soluzione esistenziale accettabile. Ma non lo sa Forza Italia, che si riconosce in Berlusconi in quanto entità individuale, ma al suo interno è divisa da culture e da tradizioni affatto diverse, e io credo conflittuali fra di loro. Che cos'è poi la Margherita, lo lascio alla vostra fantasia dirlo e preferirei non occuparmene.

Possiamo credere che chi a stento sa quale sia veramente la sua storia, la sua natura ed il suo ideale, sia in grado di fornire una strada certa sulla quale far proseguire il corso del destino di una nazione? E' è più plausibile che si prospetti un'avventura, dalla quale poi un Paese si debba riprendere. Il fatto però che nelle vene dei repubblicani pulsi una linfa vitale e nobile non deve però trarci in inganno. Un popolo intero non si riconosce nelle sue origini più pure, anzi in genere se ne allontana. Noi repubblicani non siamo nel cuore della patria, abbiamo la patria nel cuore che è diverso. La repubblica non è repubblicana, ne ha assunto la forma al più, grazie anche al nostro contributo e la sua storia non si è ancora conclusa. Per questo la nostra parabola deve continuare. Ricordiamoci, amici che portiamo le corone del Pri alla breccia di Porta Pia e facciamo bene a portarle, per carità, ma ricordiamoci che quando i bersaglieri entrano a Roma ci entrano con i generali francesi, magari gli stessi che combatterono contro i volontari romani al Gianicolo e che Mazzini in quel momento è in galera e Garibaldi in esilio. Ricordiamoci che il Risorgimento per noi non è compiuto perché la tradizione repubblicana non prende la testa della liberazione e dell'unità d'Italia e saranno delle semplici èlite ad assicurarsi i vantaggi di questo nuovo Stato nazionale, non certo il popolo mazziniano che era stato preso a colpi di mitraglia. Poi la storia è di difficile lettura ed accade che mazziniani convinti ritengano il fascismo l'autentica possibilità di riscatto nazionale, penso a Dino Grandi, ad esempio, ma noi sappiamo che il fascismo è stato invece un drammatico e disperato elemento di ritardo della vita repubblicana. E dopo il fascismo questa repubblica di cui noi siamo stati forza di minoranza dal primo momento, si è costituita su un intreccio culturale cattolico e comunista al quale noi siamo fondamentalmente estranei ed estranei lo restiamo. Solo con un azione costante, puntuale, tenace siamo riusciti a far si che questo intreccio politico culturale anti-repubblicano- perché né il comunismo, né la chiesa cattolica sono naturalmente tradizioni repubblicane - non mettesse in ginocchio un paese che faticava a stare in piedi. Ma forse che in sessant'anni c'è stato un cambiamento tale da rasserenarci, forse che la pattuglia repubblicana, questi eredi indefessi del risorgimento sono riusciti a far trapassare nella vita democratica pienamente i loro valori, o per lo meno in una maniera sufficiente da poter dire, amici sciogliamo le righe? La semplice lettura dei giornali, la cronaca parlamentare, ma anche pochi secondi di ascolto della televisione, sul programma che preferite, fanno pensare di no, che non ci siamo proprio. Si poteva anche lasciare l'Italia agli austriaci per le attuali condizioni, se proprio devo dire come la penso. E vi confesso che la simpatia che ho sempre avuto per la Lega, nonostante mi divida da essa per lo meno l'estetica, deriva dal fatto che in fondo i leghisti pensano questo: tanto vale lasciare l'Italia agli austriaci, tanto vale farci la nostra repubblichetta del nord, perchè il risorgimento è fallito. La Lega è la testimone involontaria della necessità della nostra esistenza ed io ho difficoltà ad azzuffarmi con essa anche quando pure sarebbe giusto farlo.

Allora il problema che abbiamo di fronte sempre è quello di dove riuscire a svolgere una funzione che noi riteniamo indispensabile al Paese quando la maggior parte delle altre forze politiche nemmeno si accorge della necessità di essa, in quanto prese in questioni che davvero poco hanno di sensato. Vi faccio subito un esempio immediato: valeva la pena di tutta questa agitazione sulla riforma dell'articolo 18? Per un premio nobel dell'economia, che in fondo ci è molto vicino, Franco Modigliani, ovvio che no, che non c'era motivo di cercare la frattura nel paese. Per buona parte della sinistra e del sindacato invece si, tanto per accumulare ritardi e danni a quelli già esistenti. Possibile che siano così miopi in questo paese? Che non vedano al di là del loro interesse di corporazione? Si, sono così miopi, rassegniamoci e continuiamo a cercare di lavorare. Noi dobbiamo ripartire dal '91, dalla fine della nostra collaborazione con la formula di pentapartito. Allora aprimmo una fase nuova della vita nazionale, su un presupposto politico teso a costruire un equilibrio non previsto e non prevedibile, fondato non sui partiti, ma sulle personalità che ci apparivano di qualità tale da poter andare oltre l'area politica alla quale pure appartenevano e costruirne una nuova, squisitamente democratica. Fu un tentativo ambizioso ma che non vide mai la luce essendo subito vittima della soluzione giudiziaria. Da quel momento ad oggi la soluzione giudiziaria non è stata ancora risolta e resta il sottofondo dello scontro istituzionale che riguarda l'autonomia della magistratura dalla politica. Noi sappiamo bene cosa significa salvaguardare l'autonomia della magistratura ed il libero corso dell'inchiesta giudiziaria, ma da qui a trascurare ogni rispetto dei diversi poteri l'azione della magistratura stessa, ce ne passa.

A me è stato talmente evidente l'uso strumentale della giustizia in questi anni, il presupposto di protagonismo di alcuni giudici, per non parlare della minaccia che essi rivolgevano alla democrazia rappresentativa nei suoi liberi organismi, i partiti in quanto tali, che ritenni in qualche modo immorale una nostra alleanza con le forze politiche beneficiate da questa azione e che questa azione incoraggiavano per assicurarsi una rendita di posizione dai suoi risultati. E' stata una pagina infelice della nostra vita democratica la possibilità che si consumò di liquidare una classe politica attraverso l'azione inquirente della magistratura con il benestare di forze politiche che possedevano radici altre rispetto a questa stessa democrazia. Berlusconi ed il suo movimento, nascono nella vita politica italiana, come una reazione forte a questo autentico assalto agli strumenti della vita democratica a cui il Pri non era in grado di rispondere. Poi erano evidenti i tratti demagogici, irrazionali dei primi passi politici di Berlusconi e l'ibrido delle forze a cui si rivolgeva. Tanto che era impossibile per il Pri pensare ad un confronto costruttivo con quel movimento ai suoi inizi. Ma l'affermazione di Berlusconi a fronte dello sgretolamento del tessuto democratico, comportò nei fatti una difesa di quel sistema dall'aggressione giudiziaria e questa difesa fu la causa del suo successo e del suo legame profondo con l'elettorato, non certo dovuto al suo controllo delle televisioni o ai suoi miliardi, o magari ai suoi debiti.

Io comunque sostenni le scelte del partito che si disposero su un canone convenzionale di valutare i progetti e le proposte, come era doveroso fare per una forza politica come la nostra, in mezzo al guado, piuttosto che cercare una spiegazione delle cause sotterranee alle trasformazioni della vita politica. Oggi sono poi passati quasi dieci anni da allora ed è bene cercare di affrontare anche questi aspetti più di fondo. Ma con lo sguardo dell'attualità politica noi cogliemmo allora la fragilità e l'instabilità della coalizione di Berlusconi del '94, controversa e per certi versi pericolosa e lavorammo per costruire, ancora una volta, un equilibrio migliore. E in fondo ci riuscimmo utilizzando la forza della sinistra in una posizione subordinata all'area democratica moderata, con Dini prima e Prodi poi, su obiettivi prioritari per la tenuta del Paese, quali l'Europa e le riforme. Raggiungere l'obiettivo della moneta unica era indispensabile per non pagare i costi pesantissimi dell'esclusione. Ma non ci siamo fatti illusioni sul fatto che fosse sufficiente aver centrato la moneta unica per mettere l'Italia nelle condizioni di poter andare avanti serenamente. Anche per questo abbiamo sostenuto chi, come D'Alema, aveva dimostrato di capire la necessità riformatrice che attendeva il Paese. Mercato del lavoro, flessibilità ed anche revisione della previdenza sono stati i temi lanciati dal governo D'Alema che meritavano un appoggio, senza contare che l'impostazione politica perseguita presupponeva una chiarezza di fondo, da noi condivisa, della coalizione, per la quale essa era un insieme di forze distinte, socialiste, cattolico democratiche e laiche democratiche. Peccato che le ottime intenzioni dell'onorevole D'Alema vennero abbandonate una ad una di fronte alle prese di posizione di Cofferati e di Veltroni che cambiarono l'agenda dell'azione del governo e persino l'idea stessa della coalizione. Noi a quel punto non avevamo più niente da fare nel centrosinistra e in un sistema maggioritario come questo, siamo stati in qualche modo costretti a passare dall'altra parte, pur avendo esperito fino all'ultimo - fiducia al governo Amato - un tentativo di rilancio della coalizione su una prospettiva riformista, che non ebbe successo. Mentre si consumava il nostro distacco dal centrosinistra, ci accorgevamo dell'evoluzione positiva del centrodestra, sulle prospettive di politica estera innanzitutto, con l'adesione di Forza Italia al Ppe, ma anche sull'impegno di modernizzare l'Italia che con i suoi ritardi strutturali perdeva punti di competitività. Di più, Berlusconi ci chiese un contributo politico vero quando espresse il suo desiderio di allargare il Polo alle forze di centrosinistra, prefigurando un'ampia coalizione, tale da comprendere una destra, un centro e una sinistra, noi repubblicani, con i socialisti del nuovo Psi.

In un certo senso, per chi ama le formule e le tradizioni, vorrei ricordare che il Pri è una forza di sinistra moderna e democratica e se dunque vuole contribuire al centrosinistra, esso si allea con un centro o con una destra moderata, al limite. Ma se si allea con un'altra sinistra e con la sinistra estrema, non c'è il centrosinistra, c'è una coalizione dal sapore frontista. Il "Patto del lavoro", è una chiara dimostrazione di una politica di centrosinistra nella sua capacità di coinvolgere la Cisl e la Uil, ed è un tassello che è mancato alla politica dei governi D'Alema ed Amato i quali non osarono stringere un accordo con un sindacato allora diviso sul tema della flessibilità.

Il problema vero è che il Patto del lavoro non basta da solo a rilanciare l'economia italiana e le sue prospettive future, così come sul versante politico l'ampia coalizione che Berlusconi aveva detto di voler costruire, in effetti, non è mai nata.

Al contrario, per certi versi, Berlusconi sembra sempre più un uomo solo al comando e per quanto dimostri fantasia e sensibilità, c'è da chiedersi se questa singolare formula di governo monocratica che l'Italia sta vivendo, sia in grado di ottenere dei risultati utili e se noi siamo in grado con le nostre forze di contribuirvi. Io credo sinceramente che noi dovremo puntare ad una nuova riaggregazione delle forze politiche, fuori dal sistema maggioritario, possibilmente, e quindi incominciare a mettere in discussione i frutti di questo bipolarismo. E' un grande tema che va affrontato soprattutto se Berlusconi nonostante i suoi sforzi, non ce la facesse. Perché io riconosco al presidente del Consiglio molta buona volontà, una notevole intelligenza politica, ma una mancanza di metodo che per un sistema democratico è essenziale e di questa mancanza di metodo ci si accorge dai problemi strtturali del governo e dalla debolezza del suo partito a livello locale: Forza Italia è infatti il primo partito quasi dovunque, ma raramente riesce ad esprimere una leadership autentica come si è visto nelle passate amministrative.

In queste condizioni non comprendo come Forza Italia possa emanciparsi da Berlusconi ed escludo che senza un partito emancipato alla base, il leader di esso, per quanto prestigioso egli sia, si dimostri in grado di recepire le istanze di un Paese e di guidarlo con fermezza attraverso le tante difficoltà che si presentano. Nella debolezza di Forza Italia, un corpo enorme con una testa troppo piccola, vedo anche inscritto il futuro della parabola del presidente del Consiglio. Io non avrei fretta di vaticinare questo futuro, ma farei il possibile per cercare di far capire ai nostri alleati che così le cose non vanno e che occorre cambiare registro cominciando dallo sfruttare le risorse che mettiamo loro disposizione. Questo perché accanto alle palbabili difficoltà della maggioranza non vedo un segnale positivo, che sia uno, da parte della opposizione, caratterizzata da una deriva gauchista, francamente insopportabile e da una resa dei conti fra Ds e Margherita che non lascerà molti superstiti sul campo. Da questa parte, dove siamo collocati nazionalmente, invece ritengo che ci si possa ancora salvare, ma occorre riprendere in mano l'iniziativa. Il nostro congresso nazionale sia il primo passo in questo senso.

Riccardo Bruno-Componente della D. N.

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Anita
30-07-02, 13:00
Speriamo che finalmente questo Congresso serva a rilanciare l'organizzazione repubblicana in modo capillare su tutto il territorio nazionale.
Per fare questo bisogna assolutamente trovare tutto quello che ci accomuna dalle ALPI alla SICILIA e TRALASCIARE tutto quello che ci puo' dividere.
Questa per me e' la semplice ricetta da adottare.

E poi, aprire la porta a tutti i repubblicani transfughi che hanno capito che fuori dal Pri non si costruisce un bel nulla di niente!

echiesa
30-07-02, 15:29
Ok, troviamo tutto quello che ci accomuna, benissimo.
Ma sul quel che ci divide???? Sulla prima parte nessun problema, ma il casino è che siamo così proprio per quel che ci divide. Quindi qualcuno deve fare un passo indietro, perchè per me che pure sono sempre nel PRI vederlo assieme a certi personaggi e saperlo appoggiare certe leggi mi fa venire male. Come la mettiamo?????E le faccende tipo commissariamenti pure. Che famo??
saluti
echiesa:fru

Adorno
31-07-02, 10:27
Amici,

da quanto leggo traggo sempre di più la convinzione che per quanto possibile, il PRI debba mantenere una linea autonoma sia rispetto alla CDL che al Centrosinistra, perchè la sua posizione è nella terza via.

Ciò non significa che debba rompere le attuali alleanze; però mettersi in posizione più critica verso il governo, oltre a dare più visibilità, eviterebbe forse di dare uno scontato appoggio a leggi alquanto dubbie.

La vera lotta del PRI è per la sua autonomia, per i principi che l'hanno contraddistinto e per gli uomini. che l'hanno guidato, tra i quali oltre a Ugo La Malfa, va ricordato anche Pacciardi.

Forse il paese sente la necessità di un terzo polo laico e riformista, lontano dal liberismo come dal Cattocomunismo; è verso questo che bisogna indirizzare la battaglie e gli intenti del PRI.

SALVE

CATONE

Anita
31-07-02, 11:00
I primi nemici della terza via sono proprio quelli della margherita, ma guarda un po'.
La terza via, quella liberaldemocratica per capirci, non puo' essere che la nostra via !
In Italia come in Europa!
Ma in Europa il sistema elettorale non e' come quello per il Parlamento Nazionale; onde per cui la battaglia primaria di noi repubblicani deve essere quella sul PROPORZIONALE !
Ecco la battaglia che CI UNISCE !
Fuoco e Fiamme su questo argomento: scendiamo in piazza con i banchetti per la raccolta delle firme, attiviamo tutta l'organizzazione periferica su questo argomento, non su quello ridicolo dei savoiardi !

la_pergola2000
31-07-02, 14:43
Ah!!!!!!!!
i savoiardi intrisi di alchermes e affogati nella crema sposata con il cioccolato.
Qualcuno lo dica ai repubblicani girotondisti di Ravenna.
Ciao alla bella Trinacria.

echiesa
31-07-02, 15:50
Cara Anita, ti ricordo, e la cosa dato che mi diede parecchio noia all'epoca la voglio ricordare, che il PRI fu fra i promotori del movimento per il maggioritario ed era anche convinto. Io, come ho detto ad nauseam, ero definito di Rifondazione dato che ero e votai contro al referendum. Ora che nessuno vuole tornare indietro noi vorremmo rifarlo. Per me va bene, figurati, ma per il resto del paese non credo proprio.
Sono le troppe posizioni politiche ed i nostri errori la magior causa che ci hanno portato a tal punto. Ma spiegami una cosa: noi siamo sempre stati contro i condoni ed ora approviamo un DPEF che prevede i condoni??????Ma fatemi capire dove si vuole andare per cortesia. Abbiamo dato un parere favorevole dove si dice che nessuna delle cose che ci stanno a cuore viene adeguatamente finanziata.Sarà, la politica..........ma insomma, al Congresso di ottobre diremo che stiamo partecipando ad un Governo che va bene ai Repubblicani??????Cominciamo a pensarci bene. Diremo che grazie all'alleanza siamo cresciuti????'
Diremo che abbiamo il pieno rispetto dei patners???
Cominciamo a pensarci seriamente.
saluti
echiesa:fru

Adorno
01-08-02, 09:59
Cari amici,

una cosa che non ho mai capito è come possono convivere i cattolici della Margherita coi Comunisti od ex-comunisti se non per produrre il più deleterio cattocomunismo...

Il sospetto che stiano lì per nascondere i peccati compiuti quand'erano DC.

E' vero i Repubblicani dovrebbero battersi per il proporzionale, bocciando l'assurdità del bipolarismo, che vede l'Italia in mano a coalizioni eterogenne, dove le coabitazioni sono forzate...


Saluti
Catone

nuvolarossa
01-08-02, 18:57
Intervento di Mauro Aparo

Il Pri si ritroverà riunito in un congresso che è bene chiarire sin da ora non potrà dirsi straordinario: più volte abbiamo espresso l'auspicio di consolidarne la frequenza annuale al fine di intensificare il dibattito politico interno, adeguare, confermare o correggere la linea politica , riaffermare il metodo repubblicano. Il nostro statuto prevede il Congresso almeno una volta ogni due anni, pertanto ben venga ogni anno se utile .

Ecco che il Congresso sarà per alcuni l'occasione per segnare ulteriormente negli accadimenti del primo anno di Governo la bontà di una scelta difficile, a tratti molto sofferta sia per coloro che non ne hanno inizialmente condiviso le ragioni, che per coloro che ad ogni livello la hanno proposta e caldeggiata. Sarà per altri l'occasione per riconsiderare la contrarietà espressa alle posizioni della maggioranza, e ci sarà spazio anche per coloro che riterranno che la più che centenaria vita del Pri sia oramai giunta alla fine, o che verranno per folclore politico.

Vorremmo che il periodo estivo fosse periodo di analisi ancora più attenta, infaticabilmente orientata a cercare di traguardare non tanto il nostro futuro quanto quello dell'Italia in Europa.

Dovremo interrogarci su quanto tempo abbiamo realmente dedicato al Pri e quanto intenderemo dedicarne.

Dovremo chiederci se davvero abbiamo rappresentato con "integralismo mazziniano" il nostro credo laico, la nostra religione del dubbio, in tutte le occasioni possibili, divenendo esempi di minoranza nell'agire quotidiano, nel rapporto con gli altri nelle discussioni con coloro che frequentiamo o con i quali abbiamo opportunità di scambiare delle idee.

Dovremo chiederci se siamo riusciti a produrre qualche idea originale o se abbiamo proposto un tema nuovo al Pri sul quale lavorare, caratterizzando il nostro essere.

Non è facile essere repubblicani, forse non lo è mai stato del tutto, oggi è più difficile ma a tratti sentiamo un sottile senso di orgoglio che sebbene non deve farci perdere il senso della realtà ci da un respiro nuovo, e una voglia di fare che tanti hanno ritenuto perduta e con il quale ha dovuto fare i conti.

Agli amici del partito vorrei dire di guardare dentro se stessi, nel profondo, sono certo che essi troveranno quell'orgoglio , ma essi dovranno considerarlo lo strumento più formidabile per camminare sempre a testa alta e per approfondire il ragionamento fino ad affinarlo a tal punto da renderlo davvero utile al paese e poi a noi repubblicani.

La situazione del paese è tutto fuorché rosea o azzurra , non ci stanchiamo di dirlo e di documentarlo con l'azione del partito , della fodazione La Malfa e delle organizzazioni collaterali al Partito; essa richiederà scelte difficili quali la destinazione delle scarse risorse pubbliche ,la revisione del sistema pensionistico, il progressivo rallentamento della competitività italiana sullo scenario economico internazionale.

Non ci sono estranei i temi della famiglia e dei giovani nei confronti dei quali troppo poco si sta facendo sia nella scuola che al di fuori di essa.

L'innalzamento delle cifre relative alle anoressie e alle bulimie sono la conferma di un disagio crescente che prende strade nuove , spesso imprevedibili, in una nuova e più sottile cultura dell'emarginazione.

Assistiamo con crescente preoccupazione alla sostanziale crisi del sistema finanziario e dei mercati dei capitali che fanno dire a qualcuno che si tratta di una crisi del capitalismo molto molto seria.

La situazione internazionale dopo i fatti dell'11 Settembre mantiene un equilibrio metastabile tra gli alleati che rendono possibile l'approssimarsi di una crisi irachena senza che vi sia la necessaria compattezza e adesione alle scelte di politica estera e per il terrorismo.

Un quadro a tratti indecifrabile che costringe ad una navigazione a vista, difficile , rischiosa.

La vita del Pri è anche legata più prosaicamente alla propria capacità di sostentamento economico e finanziario, si tratterà di pensare ad una forma stabile di autofinanziamento che non può più essere ulteriormente procrastinata.

Gli amici di ieri che hanno rappresentato il Pri ai massimi livelli hanno agito spesso per se stessi , la famiglia o il proprio sparuto gruppo di emuli, è necessario stabilire che se si assumono responsabilità per il partito nell'interesse del paese si deve partecipare alla causa del sostentamento dell'organizzazione, e va stabilito una volta per tutte e senza infingimenti .

Il congresso sarà tutto questo e con questo dovremo confermare una scelta ed una segreteria che molto stanno meritando . Si è creata una squadra che anela di ricomprendere energie ulteriori, forse sarà necessario guardare anche oltre le nostre mura ed essere una casa di vetro alla quale tutti possano guardare anche se di provenienza diversa rispetto alla tradizione repubblicana.

Un quarto dell'elettorato di un tempo si trova oggi senza casa o in forte imbarazzo nel quadro dell'attuale maggioritario, teniamolo bene a mente. Credo si possa fare ancora molto per dare voce a chi non ne ha più.

Credo si debba avviare una battaglia vera per il proporzionale , lo diciamo da anni , il presidenzialismo si può discutere , ma impedire di proiettare la ricchezza democratica di una nazione sulle scelte che tutti coinvolgono non può essere trascurato come problema politico di primaria importanza.

I temi repubblicani tornano di attualità perché temi irrisolti della vita politica e della convivenza civile: si guardi al tema del fabbisogno energetico.

Assistiamo ad un involgarimento molto forte della società italiana ed è inutile far finta di niente: c'è una cultura dell'abbondanza con la quale dobbiamo fare i conti , c'è un vuoto di classe dirigente che va colmato negli anni, c'è un deficit di impegno sociale che trova compensazione nelle forme del volontariato cattolico e non , del non profit e in quella della surroga del privato rispetto ai compiti dello Stato. Ruolo dello Stato e sua definizione è uno dei temi che dovremo portare al congresso, un congresso che sarà anche per tesi, anche, non soltanto, certo libero , ma sarà altresì il luogo dove mettere al centro i nostri temi , le nostre idee.

Una certa idea dell'Italia, la repubblica dei repubblicani, ecco il senso della nostra voglia di continuare, di durare. Con tutta la passione ed il disinteresse dei quali siamo e saremo capaci.

Mauro Aparo
Componente della D. N.
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tratto dals ito web
http://www.pri.it

Adorno
02-08-02, 09:13
Caro Aparo,
sono d'accordo con la tua relazione, così pervasa da una notevole tensione ideale, ma che talvolta sfiora la retorica.

E' vero che il capitalismo ed il Liberismo oggi sono sull'orlo di una forte crisi e che è in crisi anche la Sinistra o, se vuoi la Socialdemocrazia, che non pare più in grado di garantire benessere e sviluppo.

E non è da ignorare la situazione drammatica del terzo mondo, nè quella del Medio Oriente insanguinato...insomma si sta profilando un momento molto difficile per l'intero globo.

Il Repubblicanesimo, che difende da un lato la libertà individuale e dall'altro lotta contro l'oppressione dei grandi poteri economici contro le popolazioni disgraziate. sembra incarnare quelle terza via oggi la più adatta per affrontare le difficoltà.

Ed allora è giusto battersi per il proporzionale, ritornare ad un sistema più democratico nella vita politica, far assurgere alla guida della nazione uomini degni ed onesti.

Al Congresso il PRI dovrà esaminare attentamente cosa vuol dire continuare ad appoggiare questo governo, che a mio avviso non fa altro che mettersi in cattiva luce nei confronti dei cittadini con le leggi di interesse particolaristico, che vuol promulgare.

Riguardo la segreteria attuale io la giudico molto immobile soprattutto in due sensi:

-poco critica nei confronti del governo e dei suoi attuali alleati.

- non presente a sufficienza nelle realtà locali, dove da molti non è stata digerita la svolta a destra del partito. Occorreva da parte dei vertici un'opera di convinzione assidua.
Invece. come nel caso di Carrara, vi è stata una presenza solo marginale del segretario durante il congresso comunale, un laissez-faire esagerato nei mesi successivi ed infine un commissariamento tardivo a giochi fatti; commissariamento poi lasciato per aria senza alcun effetto pratico....

Se questo significa gestire bene il partito, dimmelo tu..

Saluti
Catone

echiesa
02-08-02, 16:22
E che volevi, che arrivassero da Roma con i carabinieri??????
Volevi che intervenisse duramente nel Congresso?????
Che ci buttassero tutti fuori?? Così, tanto per sapere.
Comunque la predica letta mi pare appunto una ...predica, anche un tantino abborraciata e scritta in velocità pre-ferie.
Carina e delicata la critica a lamalfa"Gli amici di ieri che hanno rappresentato il Pri ai massimi livelli hanno agito spesso per se stessi , la famiglia o il proprio sparuto gruppo di emuli, è necessario stabilire che se si assumono responsabilità per il partito nell'interesse del paese si deve partecipare alla causa del sostentamento dell'organizzazione, e va stabilito una volta per tutte e senza infingimenti ". Ricordo che fra gli amici di ieri che hanno rappresentato...... vi è pure il buon g.La Malfa.Poi si accusa la Sbarbati.Carina davvero.
saluti
echiesa
:fru

Adorno
02-08-02, 16:43
CARI AMICI,

E’ MIA OPINIONE CHE NEL PROSSIMO CONGRESSO DEL PRI DI OTTOBRE SI DOVRA’ DIBATTERE A LUNGO SULLA DOTTRINA DEL REPUBBLICANESIMO, VISTO CHE C’E’ MOLTA CONFUSIONE IN MERITO.

DEGLI INSIGNI POLITOLOGI DOVREBBERO ESSERE INVITATI PER DIBATTERE SU QUESTO TEMA E PER INDIVIDUARE IN FUTURO LE VIE DA PERCORRERE PER I REPUBBLICANI.

TALE TEMA DOVREBBE ESSERE IL PRIMO PUNTO DI DISCUSSIONE IN UN CONGRESSO VERAMENTE SERIO.

SE NELLE NS DISCUSSIONI NON TROVIAMO UN ACCORDO SU COSA VOGLIA DIRE IL REPUBBLICANESIMO, E’EVIDENTE CHE NON VI E’ NESSUNA BASE SULLA QUALE PUO’ CONTINUARE A VIVERE IL PARTITO, PERCHE’ NON SI PUO’ CAPIRE SE DEVE STARSENE SEMPRE CON LA SINISTRA O SE PUO’ ANCHE FORMARE ALLEANZE COI LIBERALI.

A ME SEMBRANO LEGITTIME ED IN ACCORDO ALLA DOTTRINA ENTRAMBE LE ALLEANZE; LA SCELTA DIPENDE DAL MOMENTO POLITICO.

C’E’ CHI VEDE IL REPUBBLICANESIMO DA UNA SOLA PARTE: QUELLA CHE LO INTERPRETA SOLO COME LOTTA ALL’OPPRESSIONE O QUELLA CHE LO INTERPRETA SOLO COME LIBERTA’ DA QUALSIASI INTERFERENZA, ENTRAMBE LE INTERPRETAZIONI SONO SBAGLIATE.

LO STESSO VALE PER IL FAMOSO INSEGNAMENTO MAZZINIANO SUL BILANCIAMENTO TRA DIRITTI E DOVERI; C’E’ CHI VEDE SOLO I DIRITTI…

SALUTI

CATONE

echiesa
02-08-02, 16:48
Che provengono dall'espletamento dei propri doveri.
Un Convegno dottrinario, come quelli dell'Internazionale Comunista, ganzo, si, mi piace. Voglio vedere chi metterà il falso in bilancio ed il condono fiscale fra i doveri del cittadino.
saluti
echiesa:fru

Gino dal Sacco
03-08-02, 01:04
E' cambiato il forum di discussione, ma noto con grande piacere che non sono per niente cambiati i suonatori quindi la logica conseguenza è che la musica ( se iddio vuole ) è rimasta la stessa.

Sono ritornato operativo da poco, porgo quindi un caloroso e fraterno abbraccio a tutti gli amici forumisti in particolare a quei due fulminati di Catone ed Eugenio, sempre intenti a litigare... a fin di bene. Un grande ciao al magico moderatore N.R. (ho letto che se lo chiamano così si in....zza) , conto di intervenire appena ritorno dalle ferie a v salut.

P.S. Caro Garibaldi fù ferito, come avrai appreso dalla stampa è quasi certo che i tuoi sei punti anche per questa stagione sono in cassaforte, gli azzurri sono stati (pare) ripescati, salutoni e tanti tanti cari AUGURI DI BUON CAMPIONATO.

nuvolarossa
03-08-02, 01:19
Un caro benvenuto all'amico Gino dal Sacco sul Forum dei Repubblicani Italiani

echiesa
03-08-02, 18:27
GINO DAL SACCO??????!!!!!!
BELLISSIMOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!
:-00008 :-00008 :-00008
SALUTI
ECHIESA:fru

Adorno
04-08-02, 12:17
Ma chi è Gino dal Sacco, per essere così festeggiato da echiesa?

E' un suo compagno, uno che con lui ha delle affinità elettive, per non dire delle identità ideologiche? è di Riscossa ?

Sarebbe bene saperlo, per giudicare se restare in questo Forum?

CATONE :confused:

echiesa
04-08-02, 12:44
E' un Amico di Rifondazione Comunista, area no global,ma di discendenze ex staliniste, sindacalizzato che al confronto Cofferati fa parte di un sindacato giallo,infiltratosi nel PRI anni fa , ma tanti anni fa, per cercare di scardinarci a Carrara. L'incarico pare gli fosse stato dato da Putin in persona, quando l'attuale Premier Russo, ora amico del Nostro Premier, faceva parte del KGB.
Ai tempi della caduta del muro Gino dal Sacco fu messo " in sonno" , ed in quel periodo infatti acquisì una certa pinguedine.
Da qualche anno però il nostro Gino ha ricevuto l'ordine di risvegliarsi, e R.C., l'ala no global, lo ha pure fornito recentemente di computer e collegamento ad internet.
In R.C. comunque lo tengono sotto controllo temendo un suo passaggio all'ala "godereccia" di tale partito, dato che il nostro ultimamente si è permesso una vacanza di qualche giorno sull'Appennino, in zona poco politicamente corretta.Per nascondersi ama spacciarsi per intenditore di vini e buon cuoco. Da informazioni acquisite dai servizi segreti risulta essere null'altro che un discreto "cuocitore" di buste Knorr e Buitoni, che ammanisce ai propri ospiti come prodotto del proprio genio culinario, servendole ai propri ospiti in abbinamento a vini che spaccia come millesimati o prelibatezze degne di un re. In effetti trattasi di ignobili meschioni fra tavernello cartonato e strizzati d'uva, a volte corretti con bicarbonato o altri additivi chimici di dubbia salubrità.
Egli pensa in effetti di averla fatta franca nel PRI, ma è segnalato fra gli Amici come persona da controllare.
Una volta, alla fine degli anni '80 stava per essere eliminato dal servizio segreto interno al PRI, attraverso un mazzo di carte intinto in una polvere topicida particolarmente potente.Il nostro si salvò poichè quella sera decise di giocare a biliardo. Il mazzo di carte finì nelle mani di altro amico fidato, che fu salvato grazie alla trasfusione di n° 8 bicchieri di rosso di Moneta.
Quindi è pure un tipo furbo ed al quale è difficile farla.
E' meglio tenerselo buono, data la sua amicizia con Putin econ elementi nostalgici dell'ex PCUS che ogni tanto lo chiamano per sapere qualcosa di quel che stà succedendo nel PRI locale.
Ho ruffianescamente salutato l'arrivo di Gino appunto per tenermelo buono, ma avviso tutti, è temibile, dategli sempre ragione perchè in poco tempo potrebbe scoprire chi siete ed invitarvi a cena.
Occhio Amici.
saluti
echiesa:fru

nuvolarossa
04-08-02, 12:49
Carissimo Catone,

l'amico Gino dal sacco e' un repubblicano come me e come te o come echiesa.....se ci mettiamo a dare giudizi sugli amici repubblicani di serie "A" o di serie "B"......si finisce come la Fiorentina...in serie "C".
Vedremo quali saranno i suoi contributi sul Forum ed avremo modo di scambiarci le reciproche opinioni.....ed il risultato sara' sotto gli occhi di tutti e al livello e giudizio di chi vorra' confrontarsi......con il solo ed unico scopo di "rafforzare" la casa comune repubblicana.

Un fraterno saluto.

Adorno
04-08-02, 16:41
cari echiesa e Nuvolarossa,

ma adesso andiamo anche nel carnascialesco e le prese per il culo...?

non sempre però ho voglia di scherzare e non ho intenzione di perdere del tempo.

Catone

echiesa
04-08-02, 21:08
Ho ricevuto parecchi pvt sul come mai tale personaggio sia inserito fra i repubblicani.
Tutto cominciò una notte di tanti anni fà. Durante una riunione della Unione Comunale Carrarese si udì un vagito provenire da fuori la porta. Si presentò il dispensiere del Circolo con un neonato in braccio avvolto in un telo di Juta. Avevano abbandonato il povero bimbo sulla porta della FEDERAZIONE.
I membri dell'esecutivo si guardarono smarriti.Che fare del bimbo?? Escluse le proposte più drastiche( SEz. Gragnana e Sez.Nazzano) che andavano dal lasciarlo andare nel fiume a portarlo alla DC ( loro sono buoni, hanno le suore....), intervenne il rappresentante di Marina di Carrara ( intellettuale) che disse: abbiamo la possibiltà di creare 'L'homo Novus Repubblicanus", non perdiamo l'occasione. La proprosta fu accolta da tutti.Fu deciso che, dato che il fanciullo era stato trovato a Carrara, avrebbe dovuto strigarsela la sez. competente per territorio.
La proposta fu approvata con il voto contrario dei rappresentanti di Carrara centro.
La riunione finì al canto dell'inno segreto del PRI:
E se Pacciardi ci dà il fucile,
guerra civile, guerra civile
E se Pacciardi ci da il cannone
rivoluzione rivoluzione
La sera dopo vi fu la riunione in sezione : si legge dai verbali dell'epoca che il primo problema fu quello del nome : furono proprosti nomi che andavano dall'osceno ( ribelle, vindice, ordigno, determinato dal fatto che il fanciullo avrebbe dovuto crescere per vendicare i torti subiti) al politicamente corretto ( Giuseppe. Eugenio, Randolfo etc et), ma qualcuno obiettò che, se l'esperimento fosse fallito, il bambino si sarebbe potuto trovare con un nome non adatto.
Fu deciso allora di dargli nome Gino, corto , non impegnativo, e che poi si arrangiasse un pò. Per il cognome nessun problema:visto che era stato ritrovato coperto di Juta, fu deciso di chiamarlo Dal Sacco.
La riunione trovò inoltre una brava donna cui affidare il pargolo e si sciolse. I buoni repubblicani erano convinti di partecipare ad un progetto che avrebbe portato alla nascita dell'HOMO NOVUS REPUBBLICANUS.
INGENUIIIIIII: il pargolo era invece stato abbandonato sulle scale del PRI da emissari del PCUS. Era figlio di un difensore di Stalingrado e di una operaia della Fonderia LENIN di Novosibirsk.
Era stato lasciato presso il PRI nella giusta convinzione che i repubblicani, burberi ma in genere buoni di cuore, avrebbero adottato il bambino non sapendo di coltivarsi così una serpe in seno.UN REPUBBLICANO CON I GLOBULI SOLO ROSSI E NON BIANCHI.
Lo ha capito anche Catone dalle prime parole del suo intervento.
saluti
echiesa
:fru

Adorno
04-08-02, 21:27
Ma in questa specie di ballo mascherato,. sarebbe bene che il Gino si facesse vivo e dicesse lui chi è e che ca..o vuole!

Io sospetto che le iniziali del suo nome vero siano C. B. ed il suo soprannome il nome di quel santo cui è dedicata la basilica di Padova.

Se è così, questa persona è la voce, mentre echiesa la penna...

Quanto a storielle, ne sto preparando una io, che riguarda di un altro bambino abbandonato nella sez, del PRI di Carrara e si venne a scoprire che era il figlio di una disgraziata, rapata e stuprata dai partigiani, perchè aveva avuto quel figlio da un Maimorto, col quale era andata per fame..

Quel bambino crebbe e si dice che fu tra quelli che appoggiò il Randolfo e quindi espulso dal PRI..

Ora pare che militi in FI....i particolari al prossimo messaggio, se sarà il caso.

Le storielle sono belle ed è bello raccontarle mentre si sta succhiando una fetta di anguria, mentre una mano va su qualcosa di più palpabile....

Catone

;)

echiesa
04-08-02, 21:38
Bhè, avrebbe avuto 16/17 anni al tempo della scissione, troppo giovane per essere espulso.Al limite dall'FGR.
Dal PRI fu espulso il solo Pacciardi, gli altri se ne andarono da soli e poi rientrarono( la storia la so molto ma molto bene in questo campo).
E poi il Gino ha risposto eccome, c'è addirittura un trhead nel quale si presenta con nome cognome e soprannome.
saluti
echiesa
:fru
ma lo sai chi è Gino dal sacco???

nuvolarossa
05-08-02, 00:11
Questo messaggio e' di Gino dal Sacco erroneamente inserito come inizio di un thread invece che come risposta
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Per far piacere a Catone, cercherò di farmi capire in un linguaggio certo a lui caro, chiaro e comprensibile.

CHI SON ? SONO UN POETA. CHE COSA FACCIO? SCRIVO. E COME VIVO ? VIVO.

Certo che indossare i panni di Rodolfo, sicuramente mal mi si addice, tolta solo una componente fisica, (la panza alla Pavarotti),ma men che meno vedere Catone nei panni di Mimì a fare domande su la mia identità e fede politica, lasciamo perdere.

Eccoti accontentato:
sono un Repubblicano che si definisce di sinistra, e molte volte hai condiviso le mie posizioni, sia sulle rare mie apparizioni sul forum precedente che in molte riunioni di Partito alle quali partecipavamo, prima del Commissariamento, parlo dell'Esecutivo dell'U.C.C., dove si dibatteva più che altro di strategie a livello Carrarino.
Sono uno che conosce il Partito gli vuole bene e cerca tutti i giorni di fare, come gli scout, almeno una buona azione da buon cittadino. Sono però anche quello che qualche anno fà , quando abbiamo accolto nella casa Repubblicana un Amico, come te, non ha fatto tante domande, credo anche offensive. Di sicuro ultimamente, le tensioni all'interno del Partito, mi hanno portato anche a degli eccessi dei quali mi sono subito pentito e scusato (N.R. ne sà qualcosa) con il diretto interessato. ma credimi sono tollerante e rispettoso delle posizioni anche non condivisibili degli altri. Quando gli altri Amici esternano le loro considerazioni, resto pazientemente ad ascoltare, poi semmai controbatto, cerco di capire meglio le cose che a me sembrano sbagliate, sono insomma per il confronto anche se duro, non me ne vado, come hai fatto tu l'ultima volta che ci siamo riuniti, per fare una pacata analisi del voto amministrativo.
Sono Gino dal Sacco, sono ATALANTA, sono Cosimo Bergamo detto Antonio, sono amico di echiesa come tuo, solo che con lui faccio sempre delle scazzate tipo amante tradito (così ora viene fuori che siamo GAY), mentre con te e difficile farlo perchè non la pensi fondamentalmente come me ( e poi non sei proprio il mio tipo fisicamente parlando, vuoi mettere un Giorgio.G).
Detto ciò, e anche perchè sta per finire l'effetto della canna che solitamente mi faccio quando scrivo e scriverò sul forum, Ti saluto caramente, sperando che tu rimanga in forum ancora a lungo in compagnie di ladri puttane ed assassini, come diceva boh forse Fabrì il genovese.

P.S. Caro Echiesa, tutto vero quanto dici nella mia Biografia, tolto il fatto che mescolo i vini e sono schiavo delle multinazionali della ristorazione.

Tanti saluti e marenghi d'oro a tutti.

kid
05-08-02, 10:16
Ad agosto vi scatenate a Carrara eh? Mica male l'inno segreto del Pri. Se Pacciardi ci dà il fucile. Mi sa che sono carrarino anch'io.

Anita
05-08-02, 12:47
E se Pacciardi ci dà il fucile,
guerra civile, guerra civile
E se Pacciardi ci da il cannone
rivoluzione rivoluzione

adesso la segretezza e' andata a farsi benedire !

echiesa
05-08-02, 14:23
E' vecchio di anni et annorum, nessun problema di segretezza: l'aria è quella di bandiera rossa.
saluti
echiesa:fru

Adorno
05-08-02, 16:17
Cari amici,

vi debbo salutare: finalmente si è liberato un posto in una pensione in un luogo delizioso delle Dolomiti e ci corro con sommo piacere..
Io adoro le Dolomiti, non solo per la bellezza naturale, ma anche per l’ordine e la pulizia che contraddistinguono i loro paesi e le loro città ed inoltre per la positività e la laboriosità dei loro abitanti.
Ogni volta che ci vado e ritorno nella mia città, mi arrabbio per il disordine, la maleducazione, la sporcizia che vi regnano…

Debbo notare con rammarico che gli ultimi messaggi, compresi i miei, non sono stati all’altezza di buoni repubblicani.
Io mi scuso per avere talvolta trasceso nelle mie esposizioni, criticando malamente tanti amici, ma echiesa, si sa, mi tira per il collo in polemiche, che non sarebbe utile trascinare.

Certo le distanze tra di noi sono profonde, tanto che io ad esempio in questo momento mi sento più vicino ad un Marcello Pera ( il quale ha fatto un ottimo intervento alla commemorazione di Spadolini) che non a echiesa, anche se siamo commilitoni nello stesso partito.

Io sono un moderato, uno che si sforza di vedere le cose obiettivamente al di fuori degli schieramenti, ritengo insomma di essere un repubblicano laico che cerca di giudicare gli uomini ed il loro operato in base all’onestà degli intenti, che devono essere sempre mirati al bene pubblico.
E per questo sono stati ammirevoli Spadolini per la sua laicità e Ugo La Malfa per il suo rigore.
Io cerco sempre di non essere condizionato da ideologie di Destra o di Sinistra, io voglio il buon governo, la difesa della Democrazia e della Libertà, amo il senso della misura di tanti repubblicani, primo fra tutti Mazzini col suo bilanciamento tra diritti e doveri e l’afflato spirituale, che lo animava verso la Patria…ben lontano dal materialismo marxista.

Lo so, oggi non è facile vedere le cose obiettivamente… vi è un governo , che effettivamente sembra emanare leggi solo a favore di Berlusconi e dei suoi manutengoli e si è portati a schifare il governo e a maledire La Malfa, che ha voluto l’alleanza col Centrodestra.

Però poi vado a leggere un articolo del Corriere di Ernesto Galli Della Loggia di qualche giorno fa.
In questo articolo egli certo condanna la forzatura di FI nel far approvare la legge sulla legittima suspicione, ma condanna anche l’atteggiamento della Sinistra, che non vuole affrontare il vero problema della Giustizia italiana, che è quello dovuto alla presenza di molti giudici politicizzati.
Prova ne sia che a carico di Berlusconi e delle sue aziende ci sono in corso circa 20 procedimenti, quando non se ne conta neanche uno per tutti gli altri grossi imprenditori italiani.
C’è evidentemente un orientamento politico dei giudici aizzati dalla Sinistra, che vuole abbattere il nemico senza passare attraverso le urne.
Non è mai facile dare un giudizio obiettivo sui fatti, come dovrebbe fare un buon repubblicano non condizionato dalle ideologie: la realtà ha spesso più facce.

Mi scuso per qualche giudizio malevolo nei confronti degli amici di Carrara:
le poltrone? Ebbene, siamo sinceri, qual è l’uomo politico che non vuole la poltrona?
La discussione semmai deve vertere sul modo in cui l’uomo politico ottiene le poltrone e capisco, anche se non li approvo del tutto, i repubblicani di Carrara quando, avendo visto che il Centrodestra stava perdendo le elezioni, si sono buttati col Centrosinistra.
Un partito per vivere, ha anche bisogno di posti di potere; non mi piace ammetterlo, ma questa è la Politica.
Io, per il desiderio di cambiare l’amministrazione di Carrara ( tenuta veramente male negli ultimi decenni di governo a guida prevalente Socialcomunista), ho cercato di favorire un’alleanza del PRI col Centrodestra; un cambiamento mi sembrava veramente necessario e c’erano tutti i presupposti, dato il malcontento della popolazione; il risultato delle urne mi ha dato torto, ma io non mi sento da repubblicano di avere condotto una battaglia sbagliata.
Il Repubblicanesimo ?.. certo questo punto dottrinale va chiarito perché ci sono molti amici, che non ne capiscono molto di questi presupposti dottrinali e si fanno influenzare da ideologie provenienti da altre culture, soprattutto da Sinistra.

Il prossimo congresso dovrà chiarire molti punti e colmare le distanze tra i vari repubblicani, perché penso che al di là di tutto ci dev’essere qualcosa che ci unisce:
l’onestà intellettuale, la laicità, il rispetto per le istituzioni e la Cosa Pubblica, la solidarietà, l’amore della Patria, il senso del dovere, l’amore per la libertà e per la democrazia.

Beh! Di nuovo saluti a tutti e trascorrete buone vacanze.

CATONE

nuvolarossa
05-08-02, 21:02
http://www.dolomititour.com/foto07g.jpg

DOLOMITI (SCILIAR - CASTELROTTO)

la_pergola2000
06-08-02, 14:45
Avanti oh popolo - alla riscossa
bandiera rossa - bandiera rossa
che libertà volete - che gioventù vi piace
abbasso i preti e i frati - che non comandan più.

Un saluto ed un omaggio da Fano agli amici di Carrara.
Non occorre dire con che aria deve esser cantata.

Gino dal Sacco
08-08-02, 01:06
Altra canna, altra risposta.

Oltre che da Catone, ti stai anche comportando in maniera alquanto ineducata, prima ti arrabbi ed accusi le persone di non rivelare la propria identità (la voce la penna), poi non rispondi ed infine chiappi sù baracca e burattini e schiodi per le Dolomiti, ma che cazzarola di comportamento è mai questo?
Poi uno quando và in vacanza deve essere più preciso, dire vado sulle Dolomiti e troppo generico, si parte dal Brenta e si arriva a quelle Ampezzane e Bellunesi, vedi in futuro di essere più preciso.
Ci sentiamo al tuo rientro, ciao e buone passeggiate al fresco.
Bona.

nuvolarossa
04-09-02, 21:20
REGOLAMENTO CONGRESSUALE PER IL 43° CONGRESSO NAZIONALE APPROVATO DAL CONSIGLIO NAZIONALE DEL 6 LUGLIO 2002

NORME DI PARTECIPAZIONE

1. Partecipanti.

Partecipano al Congresso con voto deliberativo, i delegati eletti dalle assemblee di sezione comprese le sezioni all'estero appositamente convocate.

Qualora non siano delegati, partecipano di diritto con voto consultivo, i membri del Consiglio Nazionale uscente purché in possesso della tessera 2001-2002.

Potranno altresì essere invitati a partecipare, con voto consultivo, cittadini di particolare qualificazione culturale, tecnica e professionale, in relazione a specifici punti all'ordine del giorno.

2. Tesseramento.

In base al combinato disposto dell'art. 42, comma 1 e dell'art. 8, comma 4, il limite massimo per la rappresentanza delle sezioni in Congresso è fissato sulla base del tesseramento 2001.

Pertanto, per poter partecipare al Congresso ogni sezione deve aver effettuato il tesseramento 2001, aver restituito i "tagliandi di riscontro" debitamente firmati e pagati alla Direzione Nazionale (lire 35.000 a tagliando) entro la data del 31 dicembre 2001.

Ciascuna sezione è tenuta altresì alla restituzione dei "tagliandi di riscontro" 2002, debitamente firmati e pagati alla Direzione Nazionale entro il 15 ottobre 2002, sui quali si determinerà la rappresentanza effettiva della sezione entro il limite massimo di cui al comma 1 del presente articolo.

Le nuove sezioni costituite nell'anno in corso partecipano al Congresso se sono state costituite e ratificate almeno 90 giorni prima della data del Congresso, e la rappresentanza congressuale è determinata comunque sulla base degli iscritti risultanti 90 giorni prima della data del Congresso.

3. Elezione dei delegati.

I delegati al Congresso Nazionale vengono eletti direttamente dalle assemblee delle sezioni, con voto segreto attribuito a liste concorrenti, legate a mozioni, secondo il metodo proporzionale. Il voto è segreto per quanto riguarda i nominativi, palese per le mozioni politiche. Partecipano all'assemblea gli iscritti alla Sezione, e gli eventuali gruppi associati, in regola col tesseramento 2001.

Prima della votazione l'assemblea stabilisce le modalità di scelta dei delegati "all'interno" di ciascuna lista. L'assemblea deve altresì precisare preventivamente le modalità di designazione dei delegati supplenti.

4. Voti congressuali delle sezioni.

a) Sezioni.

Ogni sezione ha diritto a tanti "voti congressuali" (Vc) quanti corrispondono alla somma del numero dei suoi iscritti 2001 (Is) per l'elezione dei delegati e del voto elettorale Ve di competenza della sezione:

Vc = Is + Ve

Prima limitazione. Il numero Is non può in ogni caso superare ai soli fini congressuali il numero dei voti (VEC) raccolti dal Partito alle elezioni ‘99 del Parlamento europeo nel comune dove la sezione o le sezioni hanno sede. E' fatta eccezione quando si possa dimostrare in modo incontrovertibile che si tratti di sezioni costituite dopo le consultazioni elettorali di riferimento. Nel caso che si debba applicare tale limitazione si pone Is = Vec.

Il voto Ve proviene dalla ripartizione del voto VEC raccolto dal Partito nel Comune alle elezioni Europee del 1999.

Il voto elettorale Ve di competenza della sezione è dato dal 20% dei voti VEC (Vec = 20% dei voti elettorali presi nel comune) moltiplicati per il numero degli iscritti convalidati alla sezione (compresi i gruppi aggregati) e diviso per il totale degli iscritti convalidati Ic del partito in tutto il comune:

Ve = 0,2*VEC*Is/Ic

Il valore Vt di una Sezione o Unione Comunale, qualunque sia il numero dei propri iscritti, non può avere una rappresentanza congressuale superiore:

- ad 1/3 dei voti elettorali conseguiti nel Comune quando esso superi i 500mila abitanti;

- al 40% dei voti elettorali conseguiti nel Comune quando esso superi i 100mila abitanti;

- al 45% dei voti elettorali conseguiti nel Comune quando esso superi i 10mila abitanti;

- al 55% dei voti elettorali conseguiti nel Comune con popolazione inferiore ai 10mila abitanti.

Ai voti congressuali attribuiti alla Sezione, si aggiungono il numero degli iscritti ai gruppi ad essa aggregati e i voti elettorali, come dianzi calcolati, di ciascun comune dove ogni gruppo è ubicato.

b) Sezioni all'estero.

In un Paese estero dove sono presenti una o più sezioni repubblicane, i voti congressuali sono calcolati come al punto A ma considerando, per i voti elettorali (Ve), il numero totale dei voti validi conseguiti nel Paese estero in cui le sezioni sono costituite.

L'Ufficio tesseramento invia ad ogni sezione (modulo A-bianco) l'indicazione del numero degli iscritti e dei voti elettorali Ve attribuiti alla sezione tenendo presente che per l'assegnazione dei voti congressuali la sezione deve aver provveduto alla regolarizzazione del tesseramento 2002 (restituzione dei tagliandi epagamento della quota di spettanza alla D.N.).

5. Numero dei delegati.

Ai soli fini del calcolo del numero dei delegati di spettanza ad una sezione (comprensivo dei gruppi aggregati) si utilizzano i voti congressuali totali Vt definiti da:

Vt = Ve + Is

dove Is è comunque soggetto alle eventuali limitazioni precedenti.

Di norma le sezioni hanno diritto ad inviare un delegato ogni 50 voti congressuali totali o frazione. Non possono essere eletti delegati che rappresentino più di 300 voti congressuali. Le sezioni possono farsi rappresentare anche da iscritti di altre sezioni della stessa Federazione regionale.

6. Delegati addizionali di minoranza.

Se la sezione ha meno di 50 voti congressuali totali o frazione, essa può eleggere un secondo delegato di minoranza qualora questa raggiunga in assemblea almeno un quinto dei voti validi, e i voti congressuali sono ripartiti con il metodo proporzionale. Analogamente se una sezione ha più di 50 e meno di 150 voti congressuali totali, e sono presenti una o più mozioni di minoranza, ciascuna di queste ottiene un delegato (aggiunto a quello o quelli, della maggioranza) purché raggiunga il 15% dei voti validi e i voti congressuali sono ripartiti con il metodo proporzionale.

7. Ripartizione dei voti congressuali fra i delegati.

I voti congressuali di spettanza a una sezione sono, in primo luogo, ripartiti in modo proporzionale ai voti validi raccolti da ciascuna delle liste presentate in assemblea e alle quali spetti, in base alle norme dei punti 5 e 6 almeno un delegato. (Di conseguenza, quando una lista di minoranza non conquisti almeno un delegato, tutti i voti congressuali spettano alla lista di maggioranza e alle altre eventuali liste che abbiano conquistato seggi).

All'interno di ciascuna lista quando ad essa spettino più delegati, i voti congressuali di sua spettanza vanno suddivisi in parti uguali fra delegati della stessa, con la possibile differenza di un'unità per arrotondamento.

8. Numero massimo di deleghe per delegato.

Ogni delegato non può ricevere più di cinque deleghe da sezioni della stessa Federazione regionale e non può superare i 300 voti congressuali.

9. Contestazioni di voti congressuali.

Il calcolo definitivo dei voti congressuali è verificato dalla commissione verifica poteri del congresso la quale decide, a maggioranza assoluta sui casi in contestazione. Qualora vi siano voti congressuali contestati e non attribuiti ad una sezione, essi vengono diminuiti in misura proporzionale per ciascun delegato della stessa.

10. Assemblee di sezione.

Le assemblee di sezione debbono essere appositamente convocate almeno 5 giorni prima della data dell'assemblea.

Le assemblee di sezione dovranno svolgersi dal 1/10/2002.

Dell'assemblea deve essere tenuto un apposito verbale; le votazioni devono seguire immediatamente alle discussioni; non è consentito tenere aperta l'urna di votazione dopo che tutti i presenti abbiano votato oppure nei giorni successivi.

Partecipano alle suddette assemblee con diritto all'elettorato attivo e passivo tutti gli iscritti in regola con il tesseramento 2001-2002.

Non sono ammesse deleghe.

11. Estratto verbale.

Un estratto verbale dell'assemblea compilato utilizzando l'apposito modulo (mod.C) inviato dalla Direzione Nazionale deve essere fatto pervenire, a cura del segretario della sezione, alla Direzione nazionale subito dopo l'assemblea oppure potrà essere consegnato direttamente all'Ufficio deleghe del Congresso.

L'Estratto Verbale, oltre ad indicare la denominazione della sezione e degli eventuali gruppi associati e la data dell'assemblea, deve riportare almeno i seguenti dati essenziali: numero delle liste presentate, numero dei votanti, numero dei voti validi espressi, numero dei voti validi ottenuti da ciascuna lista, i nomi dei delegati eletti per ciascuna lista, e i nomi dei delegati supplenti.

12. Deleghe delle sezioni.

Dopo l'assemblea ogni delegato eletto deve ritirare presso la propria sezione la delega di rappresentanza firmata dal segretario e compilata sui moduli appositi (mod. D), messi a disposizione dalla Direzione nazionale.

Le deleghe debbono essere intestate ad ogni singolo delegato; non sono ammesse deleghe cumulative.

La delega deve contenere le seguenti indicazioni essenziali: denominazione della sezione, data dell'assemblea, nome del delegato, voti ottenuti in assemblea dalla lista del delegato e totale dei voti validi (i voti congressuali spettanti a ciascun delegato saranno verificati dall'Ufficio verifica poteri del Congresso).

Il delegato deve presentare la delega al proprio arrivo al Congresso, all'ufficio deleghe entro il termine massimo delle ore 12.00 di sabato 26 ottobre 2002.

Al suo arrivo alla sede del Congresso al delegato viene rilasciata immediatamente una tessera di rappresentanza provvisoria, che dà diritto di accesso all'aula congressuale; la tessera di rappresentanza congressuale definitiva viene rilasciata soltanto dopo le decisioni della commissione verifica poteri (cfr.punto seguente).

13. Tessera di rappresentanza.

La tessera di rappresentanza congressuale viene rilasciata nominativamente ad ogni delegato dall'ufficio verifica poteri e contiene le cedole per le votazioni durante i lavori con l'indicazione dei voti congressuali di spettanza del delegato.

Per poter ritirare la tessera è necessario:

a) che il delegato sia munito della delega della sezione;

b) che il delegato fornisca un documento di riconoscimento;

c) che sia stato consegnato alla Direzione nazionale o all'Ufficio Verifica dei Poteri l'estratto verbale dell'assemblea;

d) che versi la quota di partecipazione (cfr.punto 15).

La tessera di rappresentanza deve essere ritirata entro le ore 10.00 di domenica 27 ottobre 2002 esclusivamente dal delegato effettivo o dal supplente che abbia diritto a subentrare. Quest'ultimo può ritirare la tessera fin dal primo giorno se fornisce prova che non interverrà il delegato effettivo e potrà comunque ritirarla dopo le ore 10.00 di domenica 27 ottobre 2002.

14. Trasferimento di deleghe.

Il Congresso potrà autorizzare il trasferimento della tessera di rappresentanza, dopo che questa sia stata ritirata, ad altro delegato della stessa regione.

15. Quota di partecipazione.

Per poter ritirare la tessera di rappresentanza ogni delegato deve versare all'ufficio deleghe del Congresso la tassa di partecipazione di Euro 52,00 per ogni delega rappresentata.
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tratto dal sito web del
Partito Repubblicano Italiano (http://www.pri.it)

nuvolarossa
04-09-02, 21:20
REGOLAMENTO CONGRESSUALE PER IL 43° CONGRESSO NAZIONALE APPROVATO DAL CONSIGLIO NAZIONALE DEL 6 LUGLIO 2002

NORME DI PARTECIPAZIONE

1. Partecipanti.

Partecipano al Congresso con voto deliberativo, i delegati eletti dalle assemblee di sezione comprese le sezioni all'estero appositamente convocate.

Qualora non siano delegati, partecipano di diritto con voto consultivo, i membri del Consiglio Nazionale uscente purché in possesso della tessera 2001-2002.

Potranno altresì essere invitati a partecipare, con voto consultivo, cittadini di particolare qualificazione culturale, tecnica e professionale, in relazione a specifici punti all'ordine del giorno.

2. Tesseramento.

In base al combinato disposto dell'art. 42, comma 1 e dell'art. 8, comma 4, il limite massimo per la rappresentanza delle sezioni in Congresso è fissato sulla base del tesseramento 2001.

Pertanto, per poter partecipare al Congresso ogni sezione deve aver effettuato il tesseramento 2001, aver restituito i "tagliandi di riscontro" debitamente firmati e pagati alla Direzione Nazionale (lire 35.000 a tagliando) entro la data del 31 dicembre 2001.

Ciascuna sezione è tenuta altresì alla restituzione dei "tagliandi di riscontro" 2002, debitamente firmati e pagati alla Direzione Nazionale entro il 15 ottobre 2002, sui quali si determinerà la rappresentanza effettiva della sezione entro il limite massimo di cui al comma 1 del presente articolo.

Le nuove sezioni costituite nell'anno in corso partecipano al Congresso se sono state costituite e ratificate almeno 90 giorni prima della data del Congresso, e la rappresentanza congressuale è determinata comunque sulla base degli iscritti risultanti 90 giorni prima della data del Congresso.

3. Elezione dei delegati.

I delegati al Congresso Nazionale vengono eletti direttamente dalle assemblee delle sezioni, con voto segreto attribuito a liste concorrenti, legate a mozioni, secondo il metodo proporzionale. Il voto è segreto per quanto riguarda i nominativi, palese per le mozioni politiche. Partecipano all'assemblea gli iscritti alla Sezione, e gli eventuali gruppi associati, in regola col tesseramento 2001.

Prima della votazione l'assemblea stabilisce le modalità di scelta dei delegati "all'interno" di ciascuna lista. L'assemblea deve altresì precisare preventivamente le modalità di designazione dei delegati supplenti.

4. Voti congressuali delle sezioni.

a) Sezioni.

Ogni sezione ha diritto a tanti "voti congressuali" (Vc) quanti corrispondono alla somma del numero dei suoi iscritti 2001 (Is) per l'elezione dei delegati e del voto elettorale Ve di competenza della sezione:

Vc = Is + Ve

Prima limitazione. Il numero Is non può in ogni caso superare ai soli fini congressuali il numero dei voti (VEC) raccolti dal Partito alle elezioni ‘99 del Parlamento europeo nel comune dove la sezione o le sezioni hanno sede. E' fatta eccezione quando si possa dimostrare in modo incontrovertibile che si tratti di sezioni costituite dopo le consultazioni elettorali di riferimento. Nel caso che si debba applicare tale limitazione si pone Is = Vec.

Il voto Ve proviene dalla ripartizione del voto VEC raccolto dal Partito nel Comune alle elezioni Europee del 1999.

Il voto elettorale Ve di competenza della sezione è dato dal 20% dei voti VEC (Vec = 20% dei voti elettorali presi nel comune) moltiplicati per il numero degli iscritti convalidati alla sezione (compresi i gruppi aggregati) e diviso per il totale degli iscritti convalidati Ic del partito in tutto il comune:

Ve = 0,2*VEC*Is/Ic

Il valore Vt di una Sezione o Unione Comunale, qualunque sia il numero dei propri iscritti, non può avere una rappresentanza congressuale superiore:

- ad 1/3 dei voti elettorali conseguiti nel Comune quando esso superi i 500mila abitanti;

- al 40% dei voti elettorali conseguiti nel Comune quando esso superi i 100mila abitanti;

- al 45% dei voti elettorali conseguiti nel Comune quando esso superi i 10mila abitanti;

- al 55% dei voti elettorali conseguiti nel Comune con popolazione inferiore ai 10mila abitanti.

Ai voti congressuali attribuiti alla Sezione, si aggiungono il numero degli iscritti ai gruppi ad essa aggregati e i voti elettorali, come dianzi calcolati, di ciascun comune dove ogni gruppo è ubicato.

b) Sezioni all'estero.

In un Paese estero dove sono presenti una o più sezioni repubblicane, i voti congressuali sono calcolati come al punto A ma considerando, per i voti elettorali (Ve), il numero totale dei voti validi conseguiti nel Paese estero in cui le sezioni sono costituite.

L'Ufficio tesseramento invia ad ogni sezione (modulo A-bianco) l'indicazione del numero degli iscritti e dei voti elettorali Ve attribuiti alla sezione tenendo presente che per l'assegnazione dei voti congressuali la sezione deve aver provveduto alla regolarizzazione del tesseramento 2002 (restituzione dei tagliandi epagamento della quota di spettanza alla D.N.).

5. Numero dei delegati.

Ai soli fini del calcolo del numero dei delegati di spettanza ad una sezione (comprensivo dei gruppi aggregati) si utilizzano i voti congressuali totali Vt definiti da:

Vt = Ve + Is

dove Is è comunque soggetto alle eventuali limitazioni precedenti.

Di norma le sezioni hanno diritto ad inviare un delegato ogni 50 voti congressuali totali o frazione. Non possono essere eletti delegati che rappresentino più di 300 voti congressuali. Le sezioni possono farsi rappresentare anche da iscritti di altre sezioni della stessa Federazione regionale.

6. Delegati addizionali di minoranza.

Se la sezione ha meno di 50 voti congressuali totali o frazione, essa può eleggere un secondo delegato di minoranza qualora questa raggiunga in assemblea almeno un quinto dei voti validi, e i voti congressuali sono ripartiti con il metodo proporzionale. Analogamente se una sezione ha più di 50 e meno di 150 voti congressuali totali, e sono presenti una o più mozioni di minoranza, ciascuna di queste ottiene un delegato (aggiunto a quello o quelli, della maggioranza) purché raggiunga il 15% dei voti validi e i voti congressuali sono ripartiti con il metodo proporzionale.

7. Ripartizione dei voti congressuali fra i delegati.

I voti congressuali di spettanza a una sezione sono, in primo luogo, ripartiti in modo proporzionale ai voti validi raccolti da ciascuna delle liste presentate in assemblea e alle quali spetti, in base alle norme dei punti 5 e 6 almeno un delegato. (Di conseguenza, quando una lista di minoranza non conquisti almeno un delegato, tutti i voti congressuali spettano alla lista di maggioranza e alle altre eventuali liste che abbiano conquistato seggi).

All'interno di ciascuna lista quando ad essa spettino più delegati, i voti congressuali di sua spettanza vanno suddivisi in parti uguali fra delegati della stessa, con la possibile differenza di un'unità per arrotondamento.

8. Numero massimo di deleghe per delegato.

Ogni delegato non può ricevere più di cinque deleghe da sezioni della stessa Federazione regionale e non può superare i 300 voti congressuali.

9. Contestazioni di voti congressuali.

Il calcolo definitivo dei voti congressuali è verificato dalla commissione verifica poteri del congresso la quale decide, a maggioranza assoluta sui casi in contestazione. Qualora vi siano voti congressuali contestati e non attribuiti ad una sezione, essi vengono diminuiti in misura proporzionale per ciascun delegato della stessa.

10. Assemblee di sezione.

Le assemblee di sezione debbono essere appositamente convocate almeno 5 giorni prima della data dell'assemblea.

Le assemblee di sezione dovranno svolgersi dal 1/10/2002.

Dell'assemblea deve essere tenuto un apposito verbale; le votazioni devono seguire immediatamente alle discussioni; non è consentito tenere aperta l'urna di votazione dopo che tutti i presenti abbiano votato oppure nei giorni successivi.

Partecipano alle suddette assemblee con diritto all'elettorato attivo e passivo tutti gli iscritti in regola con il tesseramento 2001-2002.

Non sono ammesse deleghe.

11. Estratto verbale.

Un estratto verbale dell'assemblea compilato utilizzando l'apposito modulo (mod.C) inviato dalla Direzione Nazionale deve essere fatto pervenire, a cura del segretario della sezione, alla Direzione nazionale subito dopo l'assemblea oppure potrà essere consegnato direttamente all'Ufficio deleghe del Congresso.

L'Estratto Verbale, oltre ad indicare la denominazione della sezione e degli eventuali gruppi associati e la data dell'assemblea, deve riportare almeno i seguenti dati essenziali: numero delle liste presentate, numero dei votanti, numero dei voti validi espressi, numero dei voti validi ottenuti da ciascuna lista, i nomi dei delegati eletti per ciascuna lista, e i nomi dei delegati supplenti.

12. Deleghe delle sezioni.

Dopo l'assemblea ogni delegato eletto deve ritirare presso la propria sezione la delega di rappresentanza firmata dal segretario e compilata sui moduli appositi (mod. D), messi a disposizione dalla Direzione nazionale.

Le deleghe debbono essere intestate ad ogni singolo delegato; non sono ammesse deleghe cumulative.

La delega deve contenere le seguenti indicazioni essenziali: denominazione della sezione, data dell'assemblea, nome del delegato, voti ottenuti in assemblea dalla lista del delegato e totale dei voti validi (i voti congressuali spettanti a ciascun delegato saranno verificati dall'Ufficio verifica poteri del Congresso).

Il delegato deve presentare la delega al proprio arrivo al Congresso, all'ufficio deleghe entro il termine massimo delle ore 12.00 di sabato 26 ottobre 2002.

Al suo arrivo alla sede del Congresso al delegato viene rilasciata immediatamente una tessera di rappresentanza provvisoria, che dà diritto di accesso all'aula congressuale; la tessera di rappresentanza congressuale definitiva viene rilasciata soltanto dopo le decisioni della commissione verifica poteri (cfr.punto seguente).

13. Tessera di rappresentanza.

La tessera di rappresentanza congressuale viene rilasciata nominativamente ad ogni delegato dall'ufficio verifica poteri e contiene le cedole per le votazioni durante i lavori con l'indicazione dei voti congressuali di spettanza del delegato.

Per poter ritirare la tessera è necessario:

a) che il delegato sia munito della delega della sezione;

b) che il delegato fornisca un documento di riconoscimento;

c) che sia stato consegnato alla Direzione nazionale o all'Ufficio Verifica dei Poteri l'estratto verbale dell'assemblea;

d) che versi la quota di partecipazione (cfr.punto 15).

La tessera di rappresentanza deve essere ritirata entro le ore 10.00 di domenica 27 ottobre 2002 esclusivamente dal delegato effettivo o dal supplente che abbia diritto a subentrare. Quest'ultimo può ritirare la tessera fin dal primo giorno se fornisce prova che non interverrà il delegato effettivo e potrà comunque ritirarla dopo le ore 10.00 di domenica 27 ottobre 2002.

14. Trasferimento di deleghe.

Il Congresso potrà autorizzare il trasferimento della tessera di rappresentanza, dopo che questa sia stata ritirata, ad altro delegato della stessa regione.

15. Quota di partecipazione.

Per poter ritirare la tessera di rappresentanza ogni delegato deve versare all'ufficio deleghe del Congresso la tassa di partecipazione di Euro 52,00 per ogni delega rappresentata.
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tratto dal sito web del
Partito Repubblicano Italiano (http://www.pri.it)

nuvolarossa
10-09-02, 21:47
Intervento di Gianni Ravaglia

Se anche i partiti avessero un'anima, mi piacerebbe identificarla nella loro tradizione, nella loro cultura e nel progetto politico che i sostenitori di quel partito sentono di dover esprimere. Ritengo che il PRI possegga una grande e ancor validissima tradizione (che non sa rinverdire), una forte valenza culturale laica-democratico liberale (che non vuole riaffermare) ma, soprattutto, da qualche anno, non ha più un progetto. Ciò nonostante la nostra tradizione e la nostra cultura sono talmente radicate e valide da permetterci di celebrare ancora un congresso e, quindi, di esistere. Mi sono chiesto più volte: se fossimo in grado di rivitalizzare nel suo complesso la nostra anima quale spazio ci sarebbe per il PRI!

Me lo chiesi in particolare in occasione di quello che avevo ritenuto essere un importante convegno progettuale organizzativo che si tenne a Roma nell'ottobre del 1997. In quell'occasione cercai di stimolare il dibattito con alcune idee che, a mio parere, avrebbero potuto ricollocare il PRI nella nuova contingenza storica che segnava la sconfitta del comunismo e del collettivismo: una sconfitta che avrebbe potuto aprire spazi nuovi per una moderna forza democratico liberale. La mia disillusione fu grande quando mi resi conto che le logiche di schieramento uccidevano il dibattito sulle idee. E così siamo passati al martoriato periodo del "ci vogliono-non ci vogliono", fino ad accasarci con Berlusconi, ma senza approfondire alcuno dei problemi di fondo della Nazione. Con un'unica eccezione, la battaglia per l'Europa. Ma anche qui: si sapeva che la scelta europea presentava vantaggi ma anche costi. Ebbene, a cominciare dalla sinistra, tutta la classe politica italiana ha fatto questa scelta cercando di ottenere i vantaggi, senza voler pagare i costi. Costi che, per l'Italia, causa l'enorme debito accumulato con le politiche collettiviste, si sapevano essere di gran lunga superiori a quelli degli altri paesi europei. I costi della nostra entrata a pieno titolo nella moneta unica sono quelli derivanti da un recupero complessivo della competitività del sistema Italia, congiunto alla riduzione del debito pubblico. Così come un'impresa che abbia forti debiti, prodotti obsoleti, costi eccessivi se vuole riposizionarsi sul mercato, svilupparsi e rigenerare profitti, deve passare per un periodo di dimagrimento del debito, di investimenti nella ricerca, di riduzione dei costi, così il nostro Paese per riprendere il cammino dello sviluppo avrebbe dovuto e dovrebbe avviare una drastica riduzione della spesa corrente, investire nella ricerca, riequilibrare il bilancio pubblico e rilanciare lo sviluppo con riduzione di imposte e investimenti nelle infrastrutture. Il centro sinistra aveva iniziato, anche se troppo timidamente, questo processo con Prodi, abbandonandolo poi con D'Alema a seguito dei niet di Cofferati. Per inciso vorrei ricordare che in una riunione della direzione nazionale nella quale si discusse tale problema mi espressi in modo contrario al proseguimento dell'appoggio al governo D'Alema, proprio perché era stato stoppato sui temi dell'innovazione. Dunque, sgombriamo il campo da certo sinistrismo di maniera che vorrebbe comunque collocare il PRI a fianco dei DS. Terminavo il mio intervento nel 1997: " In questo complesso di ragioni( che, in questa sede, vi risparmio) sta anche il nostro rifiuto a considerare stabile un equilibrio di forze che vede un centro sinistra ancora troppo sbilanciato sul fronte di politiche collettiviste e stataliste; un centro destra ove trovano alleanza le classi dirigenti dei resti dello statalismo fascista, di componenti del populismo cattolico e di un partito azienda, il cui leader usa la politica per difendere il proprio impero economico e difendersi dai pubblici ministeri;infine un partito secessionista ove militano cittadini che alla giusta e razionale contestazione dei guasti di uno stato onnivoro e centralista preferiscono la fuga dalle proprie responsabilità. Questo è un equilibrio che non ci piace e noi vogliamo cambiarlo." L'unico concetto che mi sentirei di modificare rispetto ad allora sono quel " ci " e quel "noi". Il partito infatti continua a dividersi tra coloro che vorrebbero l'alleanza con un centro sinistra che ancora non ha cambiato le proprie propensioni e che anzi sembra voler inseguire lo statalismo verde-comunista-no global e coloro che, incuranti delle norme che gli avvocati di Berlusconi impongono alla maggioranza del parlamento a difesa del loro maggior cliente, ritengono che la salvezza del PRI stia nel sostegno a tale politica. Cosicché pare debba ritrovarmi con pochi altri a sostenere che " questo equilibrio non mi piace".La qual cosa per intenderci, non mi spaventa affatto. Anzi: mi vado sempre più convincendo del fatto che o il PRI saprà riprendere la strada maestra delle idee e della battaglia per la riproposizione della propria anima, libero, per qualche tempo, da schieramenti incongrui, oppure non ha prospettiva.

Ritenevo nel 1997 e ritengo tutt'ora che il tasso di collettivismo e di statalismo esistente in Italia sia eccessivo e che si debba impostare un progetto che porti gradualmente la percentuale di spesa pubblica sul Pil al di sotto del 40%. Tale percentuale a fine '97 era sul 51%. Oggi secondo i dati dell'ultimo documento di programmazione 2003-2006 si attesta sul 47,3%. Se la riduzione di circa 4 punti si deve all'azione dei governi di centro sinistra, il governo Berlusconi, che pure ha promesso di realizzare un'iperbolica riduzione di imposte, prevede, in tre anni di portare tale percentuale al 46,2%. Morale, non è prevista alcuna riduzione della spesa corrente, che anzi, al netto degli interessi, tende ad aumentare. Non si capisce allora come possa stare in piedi un progetto di riduzione notevole delle le imposte, senza che contestualmente non ci si prefigga di ridurre la spesa. In realtà mi pare trovi conferma quanto ebbi modo di esprimere in presenza dell'allora segretario del Partito Giorgio La Malfa, al congresso del PRI dell'Emilia Romagna di due anni or sono e cioè che: un programma economico come quello del governo Berlusconi che si basa esclusivamente sul presupposto che un'economia come quella italiana, pur senza attivare drastiche riforme strutturali: delle pensioni, con l'abolizione degli albi professionali, con una marcata flessibilità del mercato del lavoro, con una riforma scolastica dei gradi superiori nel segno della competitività e della ricerca collegata all'industria, di forti investimenti nelle infrastrutture, possa crescere a tassi annuali dal 3 al 5%, è pura e semplice demagogia. E infatti oggi i nodi giungono al pettine. Da un lato Berlusconi si è ormai risolto, con leggi ad hoc, i propri problemi con la giustizia, e dall'altro, firmato l'importante Patto per l' Italia, ci si ritroverà senza i quattrini per finanziarlo, se non mendicando la revisione del Patto di Stabilità Europeo e, per quella via, aumentando il disavanzo corrente. Eppure c'era bisogno delle norme previste dal Patto per l'Italia così come è necessaria la riduzione delle imposte, ma il tutto andava inquadrato in un progetto realistico non basato sulla curva di Laffer (la riduzione delle imposte si ripaga con l'aumento del reddito che ne consegue!!) che alla prova dei fatti è sempre fallita, bensì sulle riforme strutturali che ridiano competitività a tutto il sistema Italia. Il populismo Berlusconiano invece spande ottimismo e sorrisi, ma vedrà il proprio fallimento nel rifiuto di negare l'evidenza.

Il governo a mio parere ha due strade davanti a sé. Se manterrà fede alla riforma del fisco promessa in campagna elettorale, senza realizzare le riforme di riduzione di spesa pubblica che la rendano praticabile, avremo come conseguenza la fuori uscita dall'Europa e la strada argentina; le pezze dei condoni fiscali oltre ad essere diseducativi e moralmente deplorevoli, non risolvono i problemi. E questa è la prima strada, quella che si evince dal documento di programmazione per i prossimi tre anni testè presentato in Parlamento. La seconda strada invece è quella di ammettere i propri errori, prendere atto che la crisi economica mondiale, che era comunque prevedibile, non permette i voli pindarici della campagna elettorale e che quindi occorrerà procedere con la scure delle riforme per ridare competitività alla Nazione e, per questa via, ridurre strutturalmente anche le imposte. Insomma, voglio dire, se questo centro destra ha ottenuto tanti voti, faccia il suo mestiere. Riduca lo statalismo, il collettivismo (non solo denunciando quello degli altri, propaganda buona per quando faceva opposizione) concretamente, con leggi anche impopolari nell'immediato ma che sappiano cogliere i veri interessi nazionali. Non credo che Berlusconi abbia la statura politica di imboccare questa strada e mi chiedo: il PRI di oggi ha questa statura, ha la volontà di sparigliare le carte e di dire la verità alla Nazione? La mia speranza è che la nuova classe dirigente voglia valorizzarsi su di un nuovo corso che recuperi un ruolo storico per il PRI. Pronto ad ammettere che mi sono sbagliato se ciò non avverrà.

Io non so la ragione per la quale si è voluto un congresso straordinario del PRI. Ma se la ragione fosse, appunto, quella di dire al Paese la verità sui conti pubblici, sui ritardi sulla strada delle riforme, sui pericoli di una deriva peronista, allora ci sarebbe la ragione per ritornare ad essere orgogliosi della nostra anima ritrovata e il congresso potrebbe assumere una rilevanza storica per i repubblicani. Si, perché tornando a confrontarci sui contenuti, su di un progetto politico, liberi da logiche di schieramento potremmo scoprire che l'Italia ha bisogno di interventi ben più radicali di quelli che propone il governo Berlusconi e che quindi il nodo non sta tanto nella scelta tra i girotondi di una sinistra fuori tempo e di una destra, minata sul piano morale dai conflitti di interesse del proprio leader. Potremmo scoprire, ad esempio, che questo centro destra che non potrà fare la riforma della giustizia separando, come io ritengo giusto fare, le carriere dei magistrati, se deve approvare le leggi Cirami per bloccare i processi al proprio leader. Né potrà fare la riforma delle pensioni se questa deve servire a coprire le minori entrate derivanti da promesse elettorali di riduzione del 20-25% delle aliquote fiscali dei più ricchi. Così come potremmo scoprire che se, come diceva Ugo La Malfa, la classe dirigente deve essere di esempio alla Nazione, e solo se riesce ad esserlo può cercare di interpretare interessi nazionali non sempre popolari, Berlusconi si rivela essere un forte handicap per una vera azione innovativa. Per cui si tratta veramente di aprire un percorso nuovo, per scompaginare gli attuali poli o, comunque, di operare in piena autonomia, per l'affermazione di un terzo polo democratico _liberale che abbia una forte caratterizzazione innovativa. Le elezioni europee sono ormai alle porte. Sono convinto che se il congresso saprà caratterizzare il PRI come terza forza, autonoma dai due poli in quanto capace di esprimere un proprio progetto politico, aperta ad aggregare le componenti democratico liberali presenti nel Paese, allora anche le ferite rimaste aperte dai precedenti congressi potranno essere sanate e potremo guardare ai prossimi appuntamenti elettorali con rinnovato ottimismo.

Gianni Ravaglia
Consigliere nazionale di minoranza

Ravenna 10 settembre 2002
-------------------------------------
tratto dal sito web del
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
10-09-02, 21:47
Intervento di Gianni Ravaglia

Se anche i partiti avessero un'anima, mi piacerebbe identificarla nella loro tradizione, nella loro cultura e nel progetto politico che i sostenitori di quel partito sentono di dover esprimere. Ritengo che il PRI possegga una grande e ancor validissima tradizione (che non sa rinverdire), una forte valenza culturale laica-democratico liberale (che non vuole riaffermare) ma, soprattutto, da qualche anno, non ha più un progetto. Ciò nonostante la nostra tradizione e la nostra cultura sono talmente radicate e valide da permetterci di celebrare ancora un congresso e, quindi, di esistere. Mi sono chiesto più volte: se fossimo in grado di rivitalizzare nel suo complesso la nostra anima quale spazio ci sarebbe per il PRI!

Me lo chiesi in particolare in occasione di quello che avevo ritenuto essere un importante convegno progettuale organizzativo che si tenne a Roma nell'ottobre del 1997. In quell'occasione cercai di stimolare il dibattito con alcune idee che, a mio parere, avrebbero potuto ricollocare il PRI nella nuova contingenza storica che segnava la sconfitta del comunismo e del collettivismo: una sconfitta che avrebbe potuto aprire spazi nuovi per una moderna forza democratico liberale. La mia disillusione fu grande quando mi resi conto che le logiche di schieramento uccidevano il dibattito sulle idee. E così siamo passati al martoriato periodo del "ci vogliono-non ci vogliono", fino ad accasarci con Berlusconi, ma senza approfondire alcuno dei problemi di fondo della Nazione. Con un'unica eccezione, la battaglia per l'Europa. Ma anche qui: si sapeva che la scelta europea presentava vantaggi ma anche costi. Ebbene, a cominciare dalla sinistra, tutta la classe politica italiana ha fatto questa scelta cercando di ottenere i vantaggi, senza voler pagare i costi. Costi che, per l'Italia, causa l'enorme debito accumulato con le politiche collettiviste, si sapevano essere di gran lunga superiori a quelli degli altri paesi europei. I costi della nostra entrata a pieno titolo nella moneta unica sono quelli derivanti da un recupero complessivo della competitività del sistema Italia, congiunto alla riduzione del debito pubblico. Così come un'impresa che abbia forti debiti, prodotti obsoleti, costi eccessivi se vuole riposizionarsi sul mercato, svilupparsi e rigenerare profitti, deve passare per un periodo di dimagrimento del debito, di investimenti nella ricerca, di riduzione dei costi, così il nostro Paese per riprendere il cammino dello sviluppo avrebbe dovuto e dovrebbe avviare una drastica riduzione della spesa corrente, investire nella ricerca, riequilibrare il bilancio pubblico e rilanciare lo sviluppo con riduzione di imposte e investimenti nelle infrastrutture. Il centro sinistra aveva iniziato, anche se troppo timidamente, questo processo con Prodi, abbandonandolo poi con D'Alema a seguito dei niet di Cofferati. Per inciso vorrei ricordare che in una riunione della direzione nazionale nella quale si discusse tale problema mi espressi in modo contrario al proseguimento dell'appoggio al governo D'Alema, proprio perché era stato stoppato sui temi dell'innovazione. Dunque, sgombriamo il campo da certo sinistrismo di maniera che vorrebbe comunque collocare il PRI a fianco dei DS. Terminavo il mio intervento nel 1997: " In questo complesso di ragioni( che, in questa sede, vi risparmio) sta anche il nostro rifiuto a considerare stabile un equilibrio di forze che vede un centro sinistra ancora troppo sbilanciato sul fronte di politiche collettiviste e stataliste; un centro destra ove trovano alleanza le classi dirigenti dei resti dello statalismo fascista, di componenti del populismo cattolico e di un partito azienda, il cui leader usa la politica per difendere il proprio impero economico e difendersi dai pubblici ministeri;infine un partito secessionista ove militano cittadini che alla giusta e razionale contestazione dei guasti di uno stato onnivoro e centralista preferiscono la fuga dalle proprie responsabilità. Questo è un equilibrio che non ci piace e noi vogliamo cambiarlo." L'unico concetto che mi sentirei di modificare rispetto ad allora sono quel " ci " e quel "noi". Il partito infatti continua a dividersi tra coloro che vorrebbero l'alleanza con un centro sinistra che ancora non ha cambiato le proprie propensioni e che anzi sembra voler inseguire lo statalismo verde-comunista-no global e coloro che, incuranti delle norme che gli avvocati di Berlusconi impongono alla maggioranza del parlamento a difesa del loro maggior cliente, ritengono che la salvezza del PRI stia nel sostegno a tale politica. Cosicché pare debba ritrovarmi con pochi altri a sostenere che " questo equilibrio non mi piace".La qual cosa per intenderci, non mi spaventa affatto. Anzi: mi vado sempre più convincendo del fatto che o il PRI saprà riprendere la strada maestra delle idee e della battaglia per la riproposizione della propria anima, libero, per qualche tempo, da schieramenti incongrui, oppure non ha prospettiva.

Ritenevo nel 1997 e ritengo tutt'ora che il tasso di collettivismo e di statalismo esistente in Italia sia eccessivo e che si debba impostare un progetto che porti gradualmente la percentuale di spesa pubblica sul Pil al di sotto del 40%. Tale percentuale a fine '97 era sul 51%. Oggi secondo i dati dell'ultimo documento di programmazione 2003-2006 si attesta sul 47,3%. Se la riduzione di circa 4 punti si deve all'azione dei governi di centro sinistra, il governo Berlusconi, che pure ha promesso di realizzare un'iperbolica riduzione di imposte, prevede, in tre anni di portare tale percentuale al 46,2%. Morale, non è prevista alcuna riduzione della spesa corrente, che anzi, al netto degli interessi, tende ad aumentare. Non si capisce allora come possa stare in piedi un progetto di riduzione notevole delle le imposte, senza che contestualmente non ci si prefigga di ridurre la spesa. In realtà mi pare trovi conferma quanto ebbi modo di esprimere in presenza dell'allora segretario del Partito Giorgio La Malfa, al congresso del PRI dell'Emilia Romagna di due anni or sono e cioè che: un programma economico come quello del governo Berlusconi che si basa esclusivamente sul presupposto che un'economia come quella italiana, pur senza attivare drastiche riforme strutturali: delle pensioni, con l'abolizione degli albi professionali, con una marcata flessibilità del mercato del lavoro, con una riforma scolastica dei gradi superiori nel segno della competitività e della ricerca collegata all'industria, di forti investimenti nelle infrastrutture, possa crescere a tassi annuali dal 3 al 5%, è pura e semplice demagogia. E infatti oggi i nodi giungono al pettine. Da un lato Berlusconi si è ormai risolto, con leggi ad hoc, i propri problemi con la giustizia, e dall'altro, firmato l'importante Patto per l' Italia, ci si ritroverà senza i quattrini per finanziarlo, se non mendicando la revisione del Patto di Stabilità Europeo e, per quella via, aumentando il disavanzo corrente. Eppure c'era bisogno delle norme previste dal Patto per l'Italia così come è necessaria la riduzione delle imposte, ma il tutto andava inquadrato in un progetto realistico non basato sulla curva di Laffer (la riduzione delle imposte si ripaga con l'aumento del reddito che ne consegue!!) che alla prova dei fatti è sempre fallita, bensì sulle riforme strutturali che ridiano competitività a tutto il sistema Italia. Il populismo Berlusconiano invece spande ottimismo e sorrisi, ma vedrà il proprio fallimento nel rifiuto di negare l'evidenza.

Il governo a mio parere ha due strade davanti a sé. Se manterrà fede alla riforma del fisco promessa in campagna elettorale, senza realizzare le riforme di riduzione di spesa pubblica che la rendano praticabile, avremo come conseguenza la fuori uscita dall'Europa e la strada argentina; le pezze dei condoni fiscali oltre ad essere diseducativi e moralmente deplorevoli, non risolvono i problemi. E questa è la prima strada, quella che si evince dal documento di programmazione per i prossimi tre anni testè presentato in Parlamento. La seconda strada invece è quella di ammettere i propri errori, prendere atto che la crisi economica mondiale, che era comunque prevedibile, non permette i voli pindarici della campagna elettorale e che quindi occorrerà procedere con la scure delle riforme per ridare competitività alla Nazione e, per questa via, ridurre strutturalmente anche le imposte. Insomma, voglio dire, se questo centro destra ha ottenuto tanti voti, faccia il suo mestiere. Riduca lo statalismo, il collettivismo (non solo denunciando quello degli altri, propaganda buona per quando faceva opposizione) concretamente, con leggi anche impopolari nell'immediato ma che sappiano cogliere i veri interessi nazionali. Non credo che Berlusconi abbia la statura politica di imboccare questa strada e mi chiedo: il PRI di oggi ha questa statura, ha la volontà di sparigliare le carte e di dire la verità alla Nazione? La mia speranza è che la nuova classe dirigente voglia valorizzarsi su di un nuovo corso che recuperi un ruolo storico per il PRI. Pronto ad ammettere che mi sono sbagliato se ciò non avverrà.

Io non so la ragione per la quale si è voluto un congresso straordinario del PRI. Ma se la ragione fosse, appunto, quella di dire al Paese la verità sui conti pubblici, sui ritardi sulla strada delle riforme, sui pericoli di una deriva peronista, allora ci sarebbe la ragione per ritornare ad essere orgogliosi della nostra anima ritrovata e il congresso potrebbe assumere una rilevanza storica per i repubblicani. Si, perché tornando a confrontarci sui contenuti, su di un progetto politico, liberi da logiche di schieramento potremmo scoprire che l'Italia ha bisogno di interventi ben più radicali di quelli che propone il governo Berlusconi e che quindi il nodo non sta tanto nella scelta tra i girotondi di una sinistra fuori tempo e di una destra, minata sul piano morale dai conflitti di interesse del proprio leader. Potremmo scoprire, ad esempio, che questo centro destra che non potrà fare la riforma della giustizia separando, come io ritengo giusto fare, le carriere dei magistrati, se deve approvare le leggi Cirami per bloccare i processi al proprio leader. Né potrà fare la riforma delle pensioni se questa deve servire a coprire le minori entrate derivanti da promesse elettorali di riduzione del 20-25% delle aliquote fiscali dei più ricchi. Così come potremmo scoprire che se, come diceva Ugo La Malfa, la classe dirigente deve essere di esempio alla Nazione, e solo se riesce ad esserlo può cercare di interpretare interessi nazionali non sempre popolari, Berlusconi si rivela essere un forte handicap per una vera azione innovativa. Per cui si tratta veramente di aprire un percorso nuovo, per scompaginare gli attuali poli o, comunque, di operare in piena autonomia, per l'affermazione di un terzo polo democratico _liberale che abbia una forte caratterizzazione innovativa. Le elezioni europee sono ormai alle porte. Sono convinto che se il congresso saprà caratterizzare il PRI come terza forza, autonoma dai due poli in quanto capace di esprimere un proprio progetto politico, aperta ad aggregare le componenti democratico liberali presenti nel Paese, allora anche le ferite rimaste aperte dai precedenti congressi potranno essere sanate e potremo guardare ai prossimi appuntamenti elettorali con rinnovato ottimismo.

Gianni Ravaglia
Consigliere nazionale di minoranza

Ravenna 10 settembre 2002
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tratto dal sito web del
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif (http://www.pri.it)

Giuseppe Gizzi
12-09-02, 10:10
Condivido pienamente tutto ciò che scrive l'amico onorevole Gianni Ravaglia, al quale porgo un affettuoso saluto.

Giuseppe Gizzi
12-09-02, 10:10
Condivido pienamente tutto ciò che scrive l'amico onorevole Gianni Ravaglia, al quale porgo un affettuoso saluto.

nuvolarossa
27-09-02, 21:57
43° Congresso P.R.I.
Fiuggi 25/26/27 ottobre
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Testo delle proposte per il nuovo Statuto predisposto dalla Commissione nazionale

TITOLO I - Disposizioni generali e iscritti al partito

Art. 1 Adesione al PRI
Aderiscono al Partito Repubblicano Italiano tutti i cittadini maggiorenni che - condividendone programmi, riferimenti internazionali e orientamenti politici - desiderano contribuire all'attività del Partito, nel rispetto della disciplina fissata dal presente Statuto.

Art. 2 Riferimenti internazionali
Il PRI può realizzare collegamenti internazionali, anche permanenti, con partiti e movimenti politici che si muovono nell'ambito della tradizione liberaldemocratica.

Art. 3 Diritti e doveri degli iscritti
Gli iscritti hanno nel Partito uguali diritti e doveri. Sono elettori ed eleggibili a tutte le cariche sociali, salvo i casi di incompatibilità previsti dal presente Statuto.

Essi sono tenuti all'osservanza delle deliberazioni, delle direttive e dei regolamenti approvati dalle assemblee e dai Congressi e dagli altri organi statutariamente competenti. Ogni iscritto ha il dovere di partecipare alla vita del Partito, di ritirarne annualmente la tessera e di sostenerlo finanziariamente.

L'iscrizione al PRI è incompatibile con l'adesione o il sostegno politico-organizzativo accordato ad altro partito o a movimento che presenti liste concorrenti. L'iscritto che dovesse trovarsi in tale situazione viene dichiarato decaduto dalla Direzione Nazionale.

Art. 4 Presentazione e accettazione della domanda
L'iscrizione al Partito è individuale e si chiede presentando domanda alla sezione territorialmente competente della zona ove il richiedente ha la residenza abituale o il luogo di lavoro, oppure in mancanza alla sezione più vicina.

La domanda può anche essere presentata direttamente alla Direzione Nazionale attraverso gli strumenti telematici a norma dell'art. 13 comma 4 del presente Statuto.

La domanda deve essere sottoposta per l'accettazione al Direttivo della Sezione entro dieci giorni dalla presentazione e può essere respinta solo per casi di grave indegnità morale, civile o politica.

La decisione di accettazione da parte del direttivo è immediatamente esecutiva ai fini dell'iscrizione e determina l'elettorato attivo e passivo dell'iscritto, a meno che due componenti del direttivo o dieci iscritti della stessa sezione non richiedano di sottoporre la stessa all'assemblea, che - in questo solo caso - adotterà la decisione esecutiva.

Trascorsi 10 giorni senza che sia intervenuta la decisione del direttivo sezionale, l'Esecutivo della Consociazione Locale o dell'Unione Comunale, ove esista, si sostituisce nella deliberazione.

Contro una eventuale decisione negativa è ammesso il ricorso alla Direzione Nazionale, che delibera sentiti gli organi della sezione competente.

Art. 5 Ammissione in casi particolari
Quando si tratti di ex iscritti al Partito dimissionari o di ex dirigenti o esponenti di altri partiti politici, l'ammissione deliberata dagli organi sezionali non è definitiva senza la ratifica della Direzione Regionale. Quando si tratti di personalità di rilievo nazionale, la decisione è assunta dalla Direzione Nazionale.

La riammissione di ex iscritti già espulsi avviene con la procedura prevista dal comma precedente.

Art. 6 Dimissioni
Le dimissioni dal Partito si presentano per iscritto e individualmente alla sezione. Il socio dimissionario deve restituire la tessera dell'anno in corso.

Sono considerati dimissionari i soci che nel corso dell'anno non provvedono al rinnovo delle tessera.

Art. 7 Tesseramento
La Direzione Nazionale del Partito - tramite gli organi direttivi della sezione - rilascia ogni anno agli iscritti la tessera, preavvertendo gli iscritti del suo invio alla sezione.

I nuovi iscritti hanno diritto alla tessera dell'anno in corso se la procedura di iscrizione è conclusa entro il mese di ottobre. Essi verranno calcolati al fine del computo dei voti congressuali cui ha diritto la sezione se la procedura di iscrizione è conclusa entro il 30 novembre.

L'elettorato attivo e passivo dei soci decorre dalla deliberazione che ha ratificato la loro iscrizione.

Ogni socio deve versare l'importo della tessera stabilito dal Consiglio Nazionale, nonchè i contributi obbligatori aggiuntivi di cui all'art. 48.

Ogni iscritto ha il diritto di consultare l'elenco dei soci della sezione alla quale appartiene. La richiesta va formulata, per iscritto, al segretario della stessa sezione.

Il socio non può essere iscritto contemporaneamente a più sezioni.

La Direzione Nazionale specifica le modalità per il tesseramento ed emana le relative istruzioni, sulla base di un regolamento approvato dal Consiglio Nazionale.

TITOLO II - Disposizioni comuni alle strutture del Partito

Art. 8 Competenze delle organizzazioni territoriali
I poteri e i compiti degli organi deliberativi, direttivi ed esecutivi delle sezioni, delle Unioni, delle Consociazioni, delle Federazioni regionali, sono fissati dai rispettivi regolamenti in analogia ai poteri ed ai compiti dei corrispondenti organi nazionali del Partito.

Salvo quanto previsto per le sezioni, gli organi direttivi del Partito durano in carica tre anni e sono eletti mediante presentazione di liste concorrenti, collegate a mozioni, secondo il metodo proporzionale.

Le suddette organizzazioni territoriali devono fornire agli iscritti, ed eventualmente ai simpatizzanti, ogni opportuna assistenza nella loro attività politica e nell'espletamento di funzioni pubbliche, svolte in rappresentanza o su designazione del Partito.

I regolamenti locali possono prevedere che le Direzioni delle organizzazioni relative - a maggioranza assoluta dei loro componenti con voto deliberativo - possano chiamare a far parte delle medesime, con voto consultivo, personalità (quali quelle previste dall'ultimo comma dell'art. 37) sino ad un numero pari ad un quinto dei membri elettivi delle Direzioni stesse.

Art. 9 Principi di rappresentanza
I Congressi nazionali e quelli delle strutture intermedie sono formati dai delegati eletti direttamente dalle assemblee delle sezioni, con voto segreto attribuito a liste concorrenti, legate a mozioni, secondo il metodo proporzionale. Il voto è segreto per quanto riguarda i nominativi, palese per le mozioni politiche.

Ogni sezione ha diritto ad un numero di delegati rapportati ai voti congressuali attribuiti secondo i criteri stabiliti dall'art. 33.

Per l'elezione degli organi elettivi delle Federazioni, Consociazioni, Unioni e sezioni non possono essere introdotte norme regolamentari che escludano la presentazione di liste in grado - per il numero dei voti di cui dispongono i presentatori - di ottenere l'aggiudicazione di almeno un seggio di tali organi.

Art. 10 Convocazioni in casi particolari
Ove - entro 6 mesi dal termine di durata in carica di un organo direttivo - non vengano convocati l'assemblea od il congresso competenti a rinnovarlo, alla convocazione provvede la direzione dell'organo immediatamente superiore o, in mancanza, la Direzione Nazionale.

Trascorso un anno dalla scadenza del mandato una metà degli iscritti - per la sezione - o organismi direttivi che rappresentino la metà degli iscritti nel territorio dell'organo da rinnovare, possono convocare l'assemblea od il Congresso, dandone comunicazione alla Direzione Nazionale.

Art. 11 Annullamento dei risultati di assemblee o congressi
In caso di grave violazione di norme statutarie o regolamentari, i risultati delle assemblee e dei congressi di Sezione, Unione Comunale o Consociazione possono essere annullati su istanza di qualsiasi iscritto, o d'ufficio, dalla Direzione Regionale competente per territorio a maggioranza dei componenti, previo parere in diritto del Collegio Regionali dei Probiviri.

Avverso la delibera - ovvero decorsi inutilmente sessanta giorni dall'istanza - qualsiasi interessato può ricorrere alla Direzione Nazionale, la quale decide con l'osservanza della procedura prevista dal comma seguente.

In caso di grave violazione di norme statutarie o regolamentari, i risultati del Congresso Regionale possono essere annullati, su istanza di qualsiasi iscritto o di ufficio, dalla Direzione Nazionale del Partito con maggioranza dei componenti, previo parere, in diritto, dei presidenti delle due sezioni del Collegio Nazionale dei Probiviri e della Commissione Statuto.

TITOLO III - Le strutture di base

A. Disposizioni generali

Art. 12 Strutture di base
Strutture di base del Partito sono le sezioni e, nei casi di pluralità di sezioni nello stesso comune, le Unioni Comunali.

Art. 13 Tipologia della sezione
La sezione può essere: territoriale, tematica, telematica.

La sezione territoriale partecipa a tutti i congressi di cui al presente Statuto secondo le modalità in esso previste.

La sezione tematica, costituita intorno a specifici problemi di rilevanza locale o nazionale, svolge la sua attività in piena autonomia, sia pure nell'ambito dei principi generali che caratterizzano l'azione politica del PRI. Partecipa con il suo Presidente o un suo delegato avente voto consultivo, ai congressi e agli organi del Partito, secondo il livello territoriale al quale si colloca la sua iniziativa.

Gli stessi criteri si applicano ai circoli e movimenti culturali, ricreativi, professionali, che intendono affiliarsi al PRI.

La sezione telematica è unica, prevede l'adesione diretta per via telematica alla linea nazionale del Partito e partecipa al solo Congresso Nazionale, secondo criteri e modalità che saranno definiti - nell'ambito dei principi previsti dal presente Statuto - da un apposito Regolamento predisposto dalla Direzione Nazionale e approvato dal Consiglio Nazionale.

Alla sezione telematica aderiscono anche eventuali iscritti residenti al di fuori del territorio nazionale.

La sezione territoriale

Art. 14 Compiti
La sezione territoriale costituisce l'unità organica di base per l'azione politica repubblicana e rappresenta il partito nel territorio di sua competenza.

La sezione partecipa alla vita politica ed amministrativa locale; decide in ordine ai problemi che rientrano nella sua sfera di competenza territoriale, nell'ambito dell'indirizzo politico generale del Partito; contribuisce, nei modi previsti dallo Statuto, alla determinazione dell'indirizzo politico stesso. Essa promuove l'attività di dibattito e di formazione per gli iscritti e propaganda il programma e la linea politica del Partito.

Con la sua attività e con gli strumenti organizzativi adeguati, la sezione promuove l'incontro e la collaborazione con le diverse istanze che si ricollegano alla cultura, alle ispirazioni politiche e sociali, alle tradizioni sindacali della democrazia laica; indice, almeno una volta all'anno, un'assemblea aperta a tutti i cittadini residenti nel suo territorio.

Art. 15 Costituzione
L'ambito della sezione coincide, di norma, con quello del comune.

La sezione del PRI può essere costituita con un numero di soci non inferiore a dieci. Nei comuni ove già esiste una sezione del Partito, tale numero è elevato a venti.

Per la costituzione di una sezione i promotori dovranno redigere un verbale da trasmettere alla Commissione Nazionale Tesseramento, che delibera entro trenta giorni sentita la Consociazione locale. Contro tale decisione o in caso di mancata decisione entro il termine di trenta giorni è ammesso ricorso alla Direzione Nazionale.

Art. 16 Assemblea
Il massimo organo della sezione è l'assemblea generale. Questa approva il regolamento e fissa la denominazione ed eventualmente elegge il presidente della sezione stessa.

Gli iscritti vi partecipano con voto deliberativo. Non sono ammesse deleghe.

L'assemblea generale è sovrana, nell'ambito della linea politica generale del Partito, in materia di attività e di orientamento della sezione, elegge il Comitato direttivo e i delegati delle sezioni ai congressi. Le votazioni hanno luogo subito dopo la conclusione del dibattito. Un terzo degli iscritti all'epoca dell'ultima assemblea ha diritto di convocarla in qualsiasi tempo su un ordine del giorno determinato, con un preavviso di quindici giorni.

Art. 17 Comitato direttivo
Il Comitato direttivo della sezione dura in carica due anni e ne fanno parte, con voto consultivo, i consiglieri comunali repubblicani iscritti alla sezione ed il presidente della sezione.

Il Comitato direttivo promuove e cura l'attività politica ed organizzativa della sezione nell'ambito degli indirizzi generali del Partito e secondo le direttive dell'assemblea; convoca l'assemblea; elegge nel suo seno il Segretario (ed eventualmente un Vicesegretario) che rappresenta la sezione, ed affida ai suoi componenti incarichi specifici di lavoro e la responsabilità di particolari settori.

La convocazione del Comitato direttivo è di competenza del Segretario. Esso si riunisce, altresì, entro il termine massimo di dieci giorni, quando ne faccia richiesta motivata, con l'indicazione di uno specifico ordine del giorno, almeno un quarto dei suoi componenti.

Art. 18 Gruppi
Quando in una località si abbia un numero di soci inferiori a 10, ma non inferiore a 3, essi si costituiscono in gruppo, con le modalità previste per la costituzione della sezione.

Ai fini delle rappresentanze congressuali e del coordinamento dell'attività, il gruppo deve essere aggregato ad una sezione vicina, con decisione della Consociazione locale, sentito il gruppo stesso. Gli iscritti del gruppo designano ogni anno un delegato che li rappresenta e ne coordina l'attività ed è membro di diritto, con voto consultivo, del direttivo della sezione a cui il gruppo è aggregato.

Non hanno effetto, ai fini dei congressi, gli spostamenti di aggregazione deliberati e le nuove aggregazioni proposte dopo che essi sono stati indetti.

Un gruppo, regolarmente costituito, quando raggiunge i dieci iscritti si costituisce in sezione.

Art. 19 Scioglimento di sezione
Nei casi di incompatibilità con gli interessi generali del Partito o di grave danno alla sua immagine o di gravi e ripetute violazioni statutarie o sostanziali carenze funzionali, previa formale contestazione degli addebiti, una sezione può essere sciolta, anche a seguito di denuncia di un iscritto o di un organo.

Allo scioglimento provvede la Direzione Regionale competente o, in caso di inerzia, la Direzione Nazionale.

Il Segretario Regionale deve contestare per iscritto gli addebiti alla sezione concedendole un termine di almeno 15 giorni per la risposta. Con essa la sezione può chiedere di essere sentita, a mezzo di suo rappresentante, dalla Direzione Regionale, che dovrà aderire alla richiesta.

Dopo il termine indicato e sentita la Direzione della Consociazione competente, la Direzione Regionale, a maggioranza dei componenti, può deliberare lo scioglimento.

In tal caso nomina un commissario il quale è anche consegnatario dei beni e degli archivi ed effettua le operazioni necessarie per la ricognizione e l'eventuale rifacimento del tesseramento.

Ove esistano le condizioni il commissario ricostituisce la sezione con le modalità dell'art.15, ovvero aggrega gli iscritti che ne facciano richiesta in un gruppo.

La delibera di cui al 4° comma è esecutiva, salvo le facoltà di ricorso. La Consociazione competente può chiedere alla Direzione Nazionale la sospensione di tale esecutività.

Avverso la delibera di scioglimento è dato ricorso direttamente al Collegio Nazionale dei Probiviri nei suoi due gradi da parte di iscritti od organi interessati.

L'Unione Comunale

Art. 20 Costituzione
Nei comuni ove esistono più sezioni deve comunque essere costituita l'Unione Comunale.

Le modalità per la prima costituzione dei suoi organi, qualora le sezioni interessate non provvedano direttamente, sono fissate dalla Consociazione Locale.

Art. 21 Compiti
Compiti dell'Unione Comunale sono: la rappresentanza del Partito e la propaganda a livello del comune; la determinazione dell'indirizzo repubblicano sulle questioni di interesse locale di competenza del Consiglio comunale o connesse con l'attività di questo; la razionalizzazione delle sezioni presenti nel comune; ogni altro compito di carattere organizzativo ad essa delegato da altri organi del Partito.

Art. 22 Organi
Sono organi dell'Unione Comunale: l'assemblea generale degli iscritti, la Direzione, il Segretario.

L'assemblea elegge la Direzione e questa, nel proprio seno, il segretario ed eventualmente il Comitato esecutivo.

Sono membri di diritto della Direzione dell'Unione Comunale, con voto consultivo; i consiglieri comunali; i membri dei consigli di circoscrizione; i consiglieri repubblicani della Provincia e della Regione, i parlamentari e i membri del Consiglio Nazionale del Partito iscritti in una sezione del comune.

La Direzione può nominare delle commissioni di studio per materie specifiche o gruppi di lavoro per problemi particolari, anche con la partecipazione di simpatizzanti.

Le commissioni hanno carattere consultivo e rispondono del loro operato agli organi deliberativi dell'Unione Comunale.

Tanto l'assemblea che la Direzione dell'Unione hanno facoltà di invitare alle proprie riunioni, con diritto di parola, per specifici punti all'ordine del giorno, iscritti al Partito o simpatizzanti.

L'assemblea dell'Unione Comunale è convocata ordinariamente ogni tre anni dalla Direzione e, straordinariamente, quando la stessa Direzione lo ritenga opportuno ovvero ne faccia richiesta un quarto delle sezioni che rappresentino almeno un quinto degli iscritti all'Unione Comunale.

Per la convocazione del direttivo dell'Unione si applica il disposto dell'art. 17, terzo comma.

TITOLO IV - Le strutture intermedie

A. La consociazione locale

Art. 23 Costituzione
Le Consociazioni Locali coincidono normalmente con il territorio provinciale. Nei casi in cui in una stessa provincia esistano più consociazioni, i rapporti fra le stesse saranno definiti mediante appositi regolamenti dalle Federazioni regionali.

Art. 24 Compiti
Compiti della Consociazione Locale sono: la rappresentanza del Partito nell'ambito territoriale di sua competenza con l'impegno di promuovere attività politiche, organizzative e di propaganda, nonché studi ed iniziative intese allo sviluppo sociale ed economico del territorio; il coordinamento, lo stimolo e controllo politico e amministrativo delle attività delle sezioni e il loro collegamento costante con gli organi regionali e nazionali del Partito.

Art. 25 Organi
Organi della Consociazione sono il Congresso che elegge la Direzione, la quale a sua volta elegge nel proprio seno il Segretario, che la rappresenta, e gli altri componenti del Comitato esecutivo e nomina, eventualmente, il Presidente, le commissioni consultive di studi per le materie specifiche o i gruppi di lavoro per problemi particolari.

Per la convocazione della Direzione della Consociazione si applica il disposto dell'art. 17, terzo comma.

L'esecutivo sceglie i responsabili dei settori di lavoro. Può nominare responsabili per singole zone, identificate sulla base delle caratteristiche socio-economiche e storico amministrative, nonché delle tradizioni repubblicane nella provincia e delle esigenze organizzative, propagandistiche ed elettorali del Partito.

I parlamentari e i consiglieri regionali e provinciali eletti nell'ambito territoriale di competenza della Consociazione, il Sindaco del comune capoluogo e dei comuni con oltre 20 mila abitanti iscritti al PRI, i membri del Consiglio Nazionale del Partito iscritti ad una sezione appartenente al territorio, sono membri di diritto della direzione con voto consultivo.

Possono essere invitati ai lavori della Direzione, con voto consultivo e per singoli punti all'ordine del giorno, iscritti al Partito o simpatizzanti che abbiano specifiche competenze o conoscenze in relazione agli argomenti in discussione.

Art. 26 Congresso
Il Congresso della Consociazione è convocato ordinariamente dalla direzione ogni 3 anni, e straordinariamente quando la stessa Direzione lo ritenga opportuno ovvero ne faccia richiesta un quarto delle sezioni, che rappresentino comunque almeno un quinto degli iscritti al Partito nell'ambito della Consociazione Locale.

Il Congresso approva il regolamento della Consociazione.

Ai fini della determinazione della rappresentanza si applicano criteri analoghi a quelli stabiliti per il Congresso Nazionale.

B. La federazione regionale

Art. 27 Compiti
Compiti della Federazione Regionale sono: la rappresentanza del Partito nella regione; la determinazione dell'atteggiamento repubblicano sulle questioni riguardanti l'attività dei Consigli Regionali e i problemi con questa connessi, e, in particolare, degli indirizzi di politica regionale per le organizzazioni del partito operanti nel suo ambito territoriale e per gli iscritti investiti di cariche negli organi elettivi o negli Enti della Regione, il coordinamento, ai fini della politica regionale e della presenza propagandistica ed organizzativa del Partito, dell'attività delle Consociazioni Locali; eventuali iniziative integrative delle medesime.

Tali compiti vengono esercitati d'intesa con la Direzione Nazionale.

Art. 28 Organi
Organi della Federazione Regionale sono il Congresso regionale; la Direzione Regionale, che viene eletta dal Congresso; il Segretario regionale.

La Direzione Regionale elegge il segretario regionale, cui compete la rappresentanza del partito nella regione, un Esecutivo; eventualmente un Presidente e commissioni di studio o gruppi di lavoro per problemi di carattere regionale. L'Esecutivo regionale può affidare a propri componenti la responsabilità di settori di lavoro. Per la convocazione della Direzione Regionale si applica il disposto dell'art. 17, terzo comma.

Sono membri di diritto della Direzione Regionale, con voto consultivo, i parlamentari e i consiglieri regionali eletti nella regione; i membri del Consiglio Nazionale del Partito iscritti in una sezione della regione; i sindaci repubblicani di comuni capoluogo di provincia o con oltre 20.000 abitanti; i segretari delle Consociazioni Locali.

Art. 29 Congresso
Il Congresso Regionale è convocato ordinariamente ogni tre anni dalla Direzione, e straordinariamente quando questa lo ritenga opportuno, oppure venga richiesto da almeno un quarto delle Consociazioni Locali rappresentanti almeno un quinto degli iscritti alle sezioni nell'ambito della Federazione Regionale.

I regolamenti regionali fissano le norme di svolgimento dei congressi e di scelta dei delegati. Ai fini della determinazione della rappresentanza si applicano criteri analoghi a quelli stabiliti per il Congresso Nazionale.

TITOLO V - Gli organi nazionali

Art. 30 Organi nazionali
Sono organi nazionali del Partito: il Congresso Nazionale, il Consiglio Nazionale, la Direzione Nazionale, il Segretario politico ed eventualmente il Comitato di Segreteria, il Presidente.

A. Congresso Nazionale

Art. 31 Competenze
Il Congresso Nazionale è l'organo sovrano del partito. Definisce gli indirizzi generali della politica repubblicana.

Il Congresso esamina l'attività politica, organizzativa ed amministrativa svolta dagli organi nazionali del Partito, delibera sui programmi e sull'organizzazione generale del Partito, sui provvedimenti amministrativi e finanziari, elegge il Consiglio Nazionale, adotta le delibere previste dallo Statuto.

Art. 32 Convocazione e ordine del giorno
Il Congresso Nazionale è convocato ordinariamente non oltre tre anni dal precedente. La convocazione viene fatta, su proposta della Direzione Nazionale, dal Consiglio Nazionale, che ne stabilisce l'ordine del giorno, la data e la località.

Il Congresso dovrà essere convocato straordinariamente quando ne facciano richiesta almeno cinque Direzioni Regionali, o le Direzioni di tante Consociazioni che rappresentino comunque almeno un quinto degli iscritti.

Può essere altresì convocato straordinariamente con deliberazione motivata adottata a maggioranza assoluta dal Consiglio Nazionale, anche se la convocazione non figuri all'ordine del giorno.

Nell'ordine del giorno del Congresso dovranno essere inseriti anche gli argomenti concordemente proposti da almeno cinque Direzioni Regionali o dalle Direzioni di tante Consociazioni che rappresentino almeno un quinto degli iscritti. Tali proposte debbono pervenire alla Direzione Nazionale prima della pubblicazione dell'ordine del giorno.

L'annuncio di convocazione del Congresso ordinario deve essere dato almeno due mesi prima della data fissata per il suo svolgimento, e le relazioni debbono essere pubblicate sul sito del partito, insieme con l'ordine del giorno, almeno un mese prima.

Al Congresso può essere decisa dalla maggioranza dei delegati anche la discussione di argomenti non iscritti all'ordine del giorno. Il Congresso sarà presieduto da un ufficio di Presidenza, eletto all'inizio dei lavori, che avrà cura di far redigere, sotto la sua responsabilità, il verbale con la trascrizione integrale delle deliberazioni.

Ove il mandato del Consiglio Nazionale sia già scaduto da 3 anni, 5 Direzioni Regionali che rappresentino la metà degli iscritti di tutto il Partito, con deliberazioni conformi delle rispettive direzioni, potranno convocare il Congresso per il rinnovo degli organi nazionali del Partito. In tal caso la convocazione dovrà essere diramata e trasmessa dal Segretario della Federazione Regionale avente maggior numero di iscritti, allegando alla convocazione copie delle conformi delibere delle Direzioni Regionali convocanti.

Art. 33 Delegati e criteri di rappresentanza
Il Congresso Nazionale è costituito dai delegati delle assemblee di sezione secondo i principi contenuti nell'art. 9.

A tutti i fini congressuali, i voti di ogni sezione sono pari alla somma data dal numero dei suoi iscritti, dal 15% dei voti elettorali riportati nell'ambito del Comune dove la sezione ha sede alle ultime consultazioni europee ed egualmente dal 10% dei voti elettorali riportati alle ultime consultazioni regionali, ove sia stata presentata la lista dell'Edera.

In ogni caso una sezione o Unione Comunale, qualunque sia il numero dei propri iscritti, non potrà avere una rappresentanza congressuale superiore:

a) al 40% dei voti elettorali riportati nel comune alle ultime consultazioni europee, quando esso superi 500 mila abitanti;

b) al 50% dei voti elettorali riportati nel comune alle ultime consultazioni europee, per i comuni superiori ai 15 mila abitanti;

c) al 60% dei voti elettorali riportati nel comune alle ultime consultazioni europee, per i comuni inferiori ai 15 mila abitanti.

Ai voti congressuali attribuiti alla sezione, si aggiungono il numero degli iscritti ai gruppi ad essa aggregati e i voti elettorali, come dinanzi calcolati, di ciascun comune dove ogni gruppo è ubicato.

Ai fini della ripartizione dei voti elettorali - come dinanzi determinati - tra le diverse sezioni facenti parte di Unione Comunale la ripartizione dei voti tra le singole sezioni viene effettuata in misura proporzionale agli iscritti.

Qualora una o più mozioni di minoranza raccolgano almeno il 15% dei voti validi, hanno diritto ad un delegato ed i voti sono ripartiti con il metodo proporzionale.

Le sezioni possono essere rappresentate anche da iscritti di altre sezioni della stessa Federazione Regionale. Un delegato può ricevere non più di cinque deleghe.

Art. 34 Membri a titolo consultivo
Partecipano al Congresso con proprio rappresentante e con diritto al voto consultivo, le sezioni tematiche e i circoli o movimenti di cui all'art. 13 comma 3 aventi rilevanza nazionale.

Il Consiglio Nazionale può altresì invitare, in relazione a specifici punti all'ordine del giorno, iscritti e simpatizzanti di particolare qualificazione culturale, tecnica e professionale sempre con voto consultivo.

Qualora non siano delegati partecipano di diritto, con voto consultivo, i membri a qualsiasi titolo del Consiglio Nazionale del Partito, gli iscritti ai gruppi parlamentari repubblicani, gli iscritti che siano stati segretari del Partito o membri del Governo.

Art. 35 Computo delle tessere
Agli effetti del Congresso Nazionale, dei Congressi Regionali, di Consociazione Locale, di Unione Comunale il tesseramento ai fini della rappresentanza è riferito alla data del 31 dicembre dell'anno precedente, se il Congresso avviene entro il 30 giugno; alla data del 30 giugno se il Congresso ha luogo successivamente.

Il tesseramento che fa testo è quello che risulta dai tagliandi di controllo pagati e pervenuti alla Direzione Nazionale entro la data prima indicata. La Direzione Nazionale entro un mese ne rilascia ricevuta alle sezioni e trasmette un riepilogo numerico alle Federazioni Regionali.

Gli iscritti la cui domanda di iscrizione sia stata regolarmente approvata sono ammessi al voto anche se non siano in possesso della tessera per causa da loro non derivante.

Le nuove sezioni costituite nell'anno in corso partecipano ai Congressi se sono state ratificate almeno 60 giorni prima della data dei Congressi, e la loro rappresentanza congressuale è determinata comunque sulla base degli iscritti risultanti 60 giorni prima della data dei Congressi.

B. Consiglio Nazionale

Art. 36 Competenze
Il Consiglio Nazionale è il massimo organo deliberativo politico del Partito, tra un Congresso Nazionale ed il successivo. Decide le linee e gli orientamenti dell'attività politica e organizzativa del Partito, in conformità all'indirizzo politico e ai deliberati del Congresso nazionale.

Elegge con votazioni separate il Segretario, il Presidente del Partito e la Direzione Nazionale, fissandone il numero dei componenti.

Nomina la Commissione Statuto e la Commissione Tesseramento. Convoca il Congresso Nazionale.

Nomina l'Amministratore del Partito e i Revisori dei conti.

Art. 37 Composizione
Il Consiglio Nazionale si compone di un numero di membri non inferiore a 120 e non superiore a 150, definito dal Congresso Nazionale, che li elegge.

Sono membri di diritto con voto deliberativo del Consiglio Nazionale, qualora non ne facciano parte a titolo elettivo, gli iscritti che abbiano ricoperto la carica di Presidente Nazionale o Segretario Politico del Partito; sono altresì membri di diritto, con voto consultivo, qualora non ne facciano parte a titolo elettivo:

a) i segretari delle Federazioni Regionali;

b) i deputati e i senatori iscritti al PRI;

c) gli ex-parlamentari iscritti al PRI;

d) i parlamentari europei repubblicani;

e) i consiglieri regionali repubblicani;

f) il direttore responsabile del giornale ufficiale del Partito e l'amministratore del Partito;

g) tre rappresentanti della Federazione Giovanile Repubblicana;

h) tre rappresentati del Movimento Femminile Repubblicano;

i) fino a dieci rappresentanti delle sezioni tematiche e dei circoli o movimenti di cui all'art. 13, comma 3, aventi rilevanza nazionale.

Il Consiglio Nazionale, a maggioranza assoluta dei suoi componenti con voto deliberativo, può chiamare a far parte del Consiglio stesso, con voto consultivo, sino a trenta personalità della cultura e studiosi di alta competenza e qualificazione, anche non iscritti al Partito.

Il Consiglio Nazionale, su proposta della Direzione Nazionale, ha altresì facoltà di invitare a partecipare ai lavori, per singoli specifici punti dell'ordine del giorno, iscritti o simpatizzanti del Partito che, per la loro qualificazione culturale e professionale o per l'attività svolta nelle organizzazioni affiliate, siano in grado di portare un elevato contributo alla conoscenza e alle risoluzioni dei problemi in discussione.

Art.38 Mozioni e liste
Per le elezioni dei membri del Consiglio Nazionale, il Congresso Nazionale vota su liste concorrenti presentate da non meno di 20 delegati, complessivamente rappresentanti non meno di 4.000 voti congressuali. Ogni lista deve essere collegata con una mozione politica conclusiva del Congresso e non potrà contenere un numero di candidati maggiore di quello dei componenti da eleggere. Non è ammessa la candidatura in più di una lista. Ogni delegato vota la mozione e la lista collegata apportando ad essa tanti voti quanti ne rappresenta. I posti elettivi del Consiglio Nazionale vengono ripartiti fra liste bloccate concorrenti proporzionalmente ai voti conseguiti da ciascuna. Nel caso che una lista ottenga la maggioranza assoluta dei voti espressi, ad essa verrà comunque attribuito il 60% dei posti.

Le liste sono bloccate. Pertanto:

non sono ammesse preferenze al loro interno;

le stesse non potranno contenere nominativi in numero superiore a quello da eleggere;

verranno proclamati eletti, fino alla concorrenza dei seggi spettanti alla lista, i candidati in ordine di lista.

Art. 39 Convocazioni
Il Consiglio Nazionale si riunisce ordinariamente una volta ogni quattro mesi; straordinariamente, quando lo ritenga necessario la Direzione Nazionale ovvero lo richiedano un quarto dei componenti elettivi del Consiglio o non meno di cinque Federazioni Regionali, che rappresentino, comunque, almeno un quinto degli iscritti al Partito.

In questi casi il Consiglio dovrà essere convocato entro trenta giorni dalla formulazione della richiesta da chi ne ha presieduto l'ultima seduta.

Il Consiglio Nazionale si dà un proprio regolamento interno.

C. Direzione Nazionale

Art. 40 Competenze
La Direzione Nazionale rende esecutive le delibere del Congresso e del Consiglio Nazionale; in conformità ad esse cura e dirige l'attività politica e sovraintende a quella organizzativa del Partito; vigila sull'esatta osservanza dello Statuto; coordina e stimola l'attività delle organizzazioni periferiche.

Vigila sull'amministrazione del Partito sulla base del regolamento per l'amministrazione approvato dal Consiglio Nazionale; coordina e controlla l'attività mediatica del Partito, in particolare del sito ufficiale e de "La Voce Repubblicana" il cui Direttore è nominato dalla Direzione Nazionale.

Le pubblicazioni nazionali, edite a nome e a cura delle organizzazioni del Partito, debbono essere autorizzate dalla Direzione Nazionale.

Art. 41 Composizione
Il Consiglio Nazionale determina il numero dei componenti della Direzione Nazionale che deve essere compreso tra un minimo di 25 ed un massimo di 35. I membri della Direzione Nazionale vengono eletti su proposta del segretario a voto palese tra componenti del Consiglio Nazionale aventi voto deliberativo.

Fanno parte della Direzione Nazionale, a tutti gli effetti, coloro che abbiano ricoperto la carica di Segretario o di Presidente del partito.

Sono membri di diritto con voto consultivo, se non ne fanno parte a titolo elettivo, un rappresentante dei deputati repubblicani al Parlamento Europeo, il Direttore Responsabile del giornale ufficiale del Partito e del sito, l'Amministratore del Partito, il Segretario della Federazione Giovanile Repubblicana e la Segretaria del Movimento Femminile Repubblicano. E facoltà della Direzione Nazionale invitare a partecipare ai propri lavori, per la trattazione di specifici argomenti, parlamentari iscritti al PRI ed esperti di particolare qualificazione che siano in grado di portare un contributo alla conoscenza dei problemi in discussione. É facoltà della Direzione Nazionale nominare tra i suoi componenti, su proposta del Segretario, uno o più vice segretari, determinandone le attribuzioni e i compiti.

La Direzione Nazionale determina altresì, su proposta del Segretario, i settori, i dipartimenti e gli uffici necessari al funzionamento politico e organizzativo del Partito attribuendone la responsabilità ad amici scelti anche al di fuori della Direzione medesima.

Art. 42 Commissioni e gruppi di studio
Presso la Direzione Nazionale sono costituite, con attribuzioni consultive, commissioni di studio per materie specifiche e possono essere formati gruppi di studio transitori per singoli problemi. Possono essere chiamati a farne parte iscritti e simpatizzanti di particolare esperienza e competenza. Le commissioni sono nominate dopo ogni Congresso dalla Direzione Nazionale e sottoposte per conferma al primo Consiglio Nazionale successivo alla nomina. Esse inviano pareri, anche di propria iniziativa, alla Direzione Nazionale che può invitarle a riferire direttamente al Consiglio Nazionale.

Le Commissioni possono eleggere nel loro seno un coordinatore e fanno capo al responsabile dell'Ufficio corrispondente della Direzione Nazionale, che interviene alle loro riunioni.

Art. 43 Adunanze
La Direzione Nazionale si riunisce di norma una volta al mese, su convocazione del Segretario politico; straordinariamente, e comunque per decisione dello stesso, su richiesta di almeno sette membri. In questo caso la riunione della Direzione deve aver luogo entro cinque giorni lavorativi dalla formulazione della richiesta.

D. Segretario Politico

Art. 44 Competenze
Il Segretario ha la rappresentanza politica del Partito; convoca e, di norma, presiede la Direzione Nazionale; dà esecuzione ai deliberati di questa; mantiene i contatti con i parlamentari, cura il lavoro di direzione politico - organizzativa del Partito. Può avvalersi a questo fine di un Comitato di Segreteria eletto, su proposta del Segretario Nazionale, dalla Direzione del Partito.

Al Segretario è devoluta la firma e la rappresentanza verso terzi relativamente agli atti impegnativi deliberati dalla Direzione. Ha la piena ed esclusiva disponibilità del simbolo del Partito.

Al Segretario e all'eventuale Comitato di Segreteria sono demandati tutti i compiti espressamente non riservati ad altri organi nazionali del Partito. Esso può avocare a sé - nei casi di urgenza - le competenze di ogni altro organo periferico del Partito, salvo ratifica di tali deliberazioni da parte della Direzione Nazionale _ in una riunione convocata entro 20 giorni.

Per ragioni di funzionalità la Direzione Nazionale può delegare al Segretario Nazionale e all'eventuale Comitato di Segreteria ogni materia di propria competenza, salvo ratificarne l'operato.

Ove le competenti Direzioni locali non provvedano alla convocazione dei rispettivi congressi alle scadenze previste, il Segretario Nazionale, sentito l'eventuale Comitato di Segreteria, nomina un commissario perché proceda agli adempimenti necessari con tutti i poteri relativi.

E. Presidente

Art. 45 Il Consiglio Nazionale elegge il Presidente del Partito, che ne presiede le riunioni; è membro di diritto della Direzione ed esercita le ulteriori attribuzioni fissate dal regolamento di cui all'art. 39, terzo comma.

TITOLO VI - Rapporti con il MFR e la FGR

Art. 46 Movimento Femminile Repubblicano
Il PRI sostiene la presenza politica e culturale della donna per la sua completa liberazione e per lo sviluppo civile della società. Donne iscritte al PRI e simpatizzanti, purché il numero delle aderenti non sia inferiore a venti, possono costituire circoli autonomi del Movimento Femminile Repubblicano associati al PRI, che hanno il diritto di designare una rappresentante, con voto consultivo negli organi direttivi del partito competenti per territorio. I circoli femminili eleggono un organismo di collegamento nazionale.

Il MFR designa altresì le rappresentanti di cui alla lettera h) dell'art. 37 del presente Statuto ed è rappresentato con voto consultivo nella Direzione Nazionale del Partito ai sensi dell'art. 41, terzo comma.

Art. 47 Federazione Giovanile Repubblicana
Il Partito riconosce l'autonomia politica e organizzativa alla Federazione Giovanile Repubblicana. Un proprio statuto ne disciplina l'attività, il tesseramento, gli organi.

Il Partito facilita in tutti i modi possibili, attraverso la FGR, la diffusione dell'ideologia e del programma repubblicano tra i giovani; si impegna, altresì a trasferire sul piano della propria iniziativa politica le tematiche concernenti la condizione giovanile ed i problemi politici e sociali delle nuove generazioni.

La FGR designa i propri rappresentanti nel Consiglio Nazionale di cui alla lettera g) dell'art. 37 del presente Statuto ed è rappresentata con voto consultivo nella Direzione Nazionale del Partito ai sensi dell'art. 41, terzo comma.

Una rappresentanza consultiva della Federazione Giovanile Repubblicana partecipa di diritto a tutti gli organi deliberativi e direttivi del Partito. Il Consiglio Nazionale del Partito stabilisce con propria delibera le modalità di questa partecipazione e quella reciproca del Partito negli organi della FGR. Lo Statuto della FGR dovrà prevedere un limite d'età per l'iscrizione che non potrà essere superiore ai 25 anni.

TITOLO VII - Le finanze del Partito

Art. 48 Mezzi finanziari
I mezzi finanziari per l'attività del Partito sono quelli previsti dalla legge.

Le Direzioni Regionali, di Consociazione, di Unione Comunale e le assemblee di sezione potranno fissare un contributo aggiuntivo sulla tessera per le loro necessità finanziarie che sarà riscosso - se richiesto - tramite la Direzione Nazionale.

Il contributo complessivamente fissato dalle organizzazioni periferiche non può eccedere il 50% di quello stabilito dalla Direzione Nazionale e deve essere deliberato a maggioranza dai componenti elettivi.

Le strutture nazionali e periferiche del Partito possono raccogliere contribuzioni volontarie degli iscritti nei limiti e con le modalità previste dalla legge.

Le Sezioni sono tenute a sostenere l'organo di stampa del partito sottoscrivendo un abbonamento annuo ordinario.

Le organizzazioni territoriali del Partito hanno amministrazioni separate ed autonome.

L'Amministratore Nazionale del Partito presenta una relazione sui compiti affidatigli al Consiglio Nazionale nella sua prima riunione di ogni anno, e al Congresso Nazionale nelle sue convocazioni ordinarie.

Art. 49 Revisori dei conti
I Revisori dei Conti controllano la tenuta dei libri e delle scritture e la loro rispondenza alla documentazione contabile e certificano il bilancio del Partito effettuando i controlli ad essi affidati dalla legge 18 novembre 1981, n. 659 e successive modificazioni. I Revisori dei Conti, anche singolarmente, hanno facoltà di prendere visione di atti e documenti connessi con l'amministrazione del Partito.

TITOLO VIII - Candidature elettorali e cariche pubbliche

Art. 50 Gruppi parlamentari e consiliari
I parlamentari, i consiglieri regionali, provinciali e comunali e in genere coloro che ricoprono cariche pubbliche, iscritti al PRI, sono tenuti come singoli ad osservare la disciplina del Partito e devono pertanto uniformare la loro condotta al suo indirizzo generale e alle deliberazioni degli organi competenti, mantenendo un costante collegamento con gli organi corrispondenti del Partito.

Art. 51 Designazioni
Le designazioni ad incarichi di Governo nazionale sono adottate d'intesa tra la Segreteria Nazionale e i parlamentari; quelle a livello regionale e locale dall'organo direttivo competente e dal gruppo consiliare repubblicano in seduta comune.

Art. 52 Candidature
I candidati alle elezioni politiche sono indicati dalla Direzione Nazionale su proposta del Segretario.

TITOLO IX - Incompatibilità

Art. 53 Incompatibilità
Le cariche di Segretario regionale, di Consociazione e di Unione comunale sono comunque incompatibili rispettivamente con quelle di Presidente della Regione e Assessore regionale, di Presidente del Consiglio regionale, di Sindaco e di Assessore comunale. Vi è altresì incompatibilità tra le suddette cariche di partito e la carica di Presidente o membro del Consiglio di Amministrazione di enti pubblici che siano nominati da organi elettivi e loro espressioni dello stesso livello. La carica di Segretario di Unione Comunale o di Sezione unica di comune è incompatibile con la carica di Sindaco o di Assessore comunale.

I funzionari del centro nazionale del Partito e delle sue organizzazioni territoriali o parallele non possono far parte dei rispettivi organi elettivi politici e di controllo.

Sono altresì incompatibili con le cariche di Segretario Nazionale, Regionale, di Consociazione e di Unione Comunale coloro che ricoprono incarichi a qualunque titolo retribuiti in organismi di rappresentanza imprenditoriale, professionale, sindacale, cooperativo.

Nessun iscritto può far parte contemporaneamente di più di tre organi direttivi del Partito e di più di due organi esecutivi, né ricoprire la carica di Segretario politico in più di una organizzazione. Le designazioni a cariche amministrative sono nulle se il prescelto abbia preso parte alla votazione; in tal caso la votazione viene ripetuta immediatamente.

Art. 54 Violazioni delle incompatibilità
In caso di violazione delle norme sulle incompatibilità il Collegio Nazionale dei probiviri, in seduta plenaria delle due sezioni, invita l'iscritto - a carico del quale si sia verificato il cumulo di cariche incompatibili - a dichiarare la propria opzione per la carica preferita.

In mancanza di opzione il Collegio dichiara la decadenza dell'interessato dalle cariche di Partito, a cominciare da quelle di minore rilievo politico, fino a ristabilire il rispetto delle norme sulle incompatibilità.

La procedura innanzi al Collegio dei Probiviri può essere promossa dal direttivo di un organismo di Partito, o da qualsiasi iscritto.

Art. 55 Reggenze
I Segretari regionali, di Consociazione locale e di Unione comunale, se inclusi nelle liste dei candidati al parlamento, all'atto dell'accettazione della candidatura sono sostituiti ad ogni effetto da uno o più reggenti elettivi.

La stessa norma si applica ai Segretari regionali, di Consociazione e di Unione comunale che siano inclusi nelle liste per le elezioni dei consigli territorialmente corrispondenti.

TITOLO X - Sanzioni disciplinari e Collegio dei probiviri

Art. 56 Sanzioni
Gli iscritti possono incorrere nelle seguenti sanzioni: il richiamo; la deplorazione; la sospensione dall'attività nel Partito per un periodo di tempo fino a sei mesi; l'espulsione dal Partito. La sospensione può essere comminata per attività contrastanti con le direttive degli organi del Partito che in base al presente Statuto hanno competenza a fissare l'indirizzo politico, organizzativo e amministrativo o per recidiva in fatti che già provocarono il richiamo e la deplorazione. L'espulsione può essere comminata per ripetute o gravi infrazioni alla disciplina del Partito.

Art. 57 Collegi
I Congressi di Consociazione e di Federazione regionale eleggono - fino al successivo congresso convocato per il rinnovo delle cariche - i rispettivi collegi dei probiviri, ciascuno composto di cinque membri, con voto limitato a due nominativi.

Il Collegio nazionale dei probiviri è composto da dodici membri eletti dal Congresso Nazionale con voto limitato a cinque nominativi.

Il Collegio nazionale, nella sua prima seduta, costituisce due sezioni - rispettivamente di sette e cinque membri - la seconda delle quali giudica in sede di appello sui ricorsi presentati avverso le decisioni rese dalla prima sezione come giudice di primo grado. I probiviri non possono ricoprire cariche nelle corrispondenti organizzazioni del Partito o cariche pubbliche allo stesso livello.

Art. 58 Compiti dei Collegi, Decisioni finali, Segretario
I Collegi dei probiviri hanno il compito di giudicare sui casi di indegnità politica e di indisciplina degli iscritti, nonché sulle impugnative di atti illegittimi ai sensi degli statuti o dei regolamenti, e di dirimere vertenze tra iscritti in funzione di "corte d'onore". I Collegi dei probiviri provinciali e regionali adottano motivate decisioni finali a maggioranza dei propri componenti. Il Collegio Nazionale dei probiviri decide a maggioranza assoluta dei propri componenti.

Le decisioni devono essere in ogni caso depositate presso la corrispondente organizzazione del Partito e inviate alla Direzione nazionale, almeno dieci giorni prima della notifica agli interessati.

Il Collegio dei probiviri sceglie, entro una rosa di nomi indicati dal Segretario politico del corrispondente livello, un segretario responsabile della custodia degli atti e documenti, il quale assiste allo svolgimento dei lavori redigendone apposito verbale.

I Collegi dei probiviri sono i soli organi abilitati a giudicare eventuali infrazioni alle normative del presente Statuto. L'iscritto che dovesse rivolgersi alle istituzioni esterne per dirimere controversie interne al Partito viene dichiarato decaduto da socio, con decisione della Direzione Nazionale.

Art. 59 Procedimento
La procedura innanzi al Collegio dei probiviri può essere promossa sia dal Direttivo di un organismo di Partito competente sia di iniziativa e con denuncia documentata di un iscritto al Partito.

In casi di particolare gravità, anche politica, l'organo direttivo che ha promosso l'azione disciplinare - deliberando a maggioranza dei suoi componenti - può sospendere l'iscritto dal Partito per un periodo di sei mesi.

Contro tale decisione può essere presentato ricorso al Collegio nazionale dei probiviri, che è tenuto a pronunciarsi entro trenta giorni.

Art. 60 Competenze
Ai Collegi delle Consociazioni sono deferiti i casi riguardanti gli iscritti nell'ambito territoriale di competenza della Consociazione. Ai Collegi regionali sono deferiti i casi riguardanti gli iscritti che siano componenti degli organi direttivi regionali o consiglieri regionali, nonché le vertenze tra iscritti di diverse Consociazioni della regione e gli appelli contro le decisioni dei Collegi di Consociazione.

Al Collegio nazionale sono deferiti i casi riguardanti gli iscritti che siano componenti del Consiglio Nazionale o parlamentari, nonché le vertenze fra iscritti a diverse Federazioni regionali, e gli appelli contro le decisioni dei Collegi regionali e tutti gli altri casi previsti dal presente Statuto.

Quando i Collegi regionali siano stati giudici di secondo grado, il ricorso al Collegio nazionale è ammesso solo per motivi inerenti alla competenza ed al rispetto delle norme statutarie relative alla contestazione degli addebiti, ai termini, alla difesa. La competenza del Collegio Nazionale si estende anche al merito quando la sanzione irrogata in secondo grado sia stata l'espulsione dal Partito.

La Direzione Nazionale, in casi di rilevante complessità e gravità, può rimettere l'esame e la decisione su qualsiasi denuncia o ricorso e la cognizione di qualsiasi fattispecie al Collegio nazionale dei Probiviri.

La stessa facoltà spetta ai Comitati esecutivi regionali e di Consociazione nei riguardi dei rispettivi Collegi.

Qualora entro 120 giorni da una denuncia o impugnativa o ricorso, il Collegio o sezione dei Probiviri che ne è investito non abbia depositato o notificato la decisione, chi li abbia proposti può adire direttamente al Collegio o sezione probivirale competente a livello immediatamente superiore.

I Collegi dei probiviri che vengano comunque a conoscenza di casi di incompatibilità morale e di rilevanti deviazioni da fondamentali principi di Partito, a carico di iscritti sottoposti alla loro competenza, sono tenuti a comunicarlo alla Direzione Nazionale e ad esaminare tali casi per gli eventuali conseguenti provvedimenti.

Art. 61 Gravami - Termini
Contro le decisioni dei Collegi probivirali ai vari livelli nonché contro quelle del Collegio nazionale prese in primo grado è ammesso ricorso entro il termine di 30 giorni dalla ricevuta comunicazione del provvedimento.

Sui ricorsi in qualsiasi grado i Collegi decideranno entro 60 giorni dalla ricezione del ricorso. Decorso inutilmente tale termine, chi abbia proposto il ricorso può adire direttamente il Collegio probivirale competente al livello immediatamente superiore.

I ricorsi ai vari livelli hanno effetto sospensivo della sanzione irrogata o della decisione impugnata.

Art. 62 Funzionamento Collegi e sostituzioni
I Collegi probivirali e le sezioni del Collegio nazionale dei probiviri eleggono ciascuno un proprio Presidente.

In caso di cessazione di un proboviro dalla carica per qualsiasi causa ed a qualsiasi livello, subentra nell'ordine il primo dei non eletti. Nel Collegio nazionale dei probiviri il subingresso avviene nella medesima sezione cui era assegnato il proboviro sostituito.

Analogamente si procede, limitatamente al singolo procedimento, in caso di astensione o ricusazione ammesse dal Collegio.

Art. 63 Diritto di difesa
Prima che siano prese in esame proposte o ricorsi che possano dar luogo ad applicazioni di sanzioni, all'interessato devono essere contestati, a cura del Collegio competente, gli addebiti e i rilievi, con l'invito a presentare le proprie giustificazioni entro un termine ragionevole.

Il Collegio può delegare ad uno dei suoi componenti sia le indagini preliminari necessarie per la formulazione degli addebiti da contestare, sia l'esecuzione dei singoli atti istruttori.

L'interessato, nel procedimento davanti a qualsiasi collegio, deve essere posto in grado di svolgere la propria difesa oralmente e per iscritto e deve essere invitato, con preavviso di almeno 10 giorni, a comparire davanti al Collegio.

Art. 64 Scioglimento di organi
I Comitati direttivi delle organizzazioni del Partito nei vari gradi sono sottoposti alla vigilanza degli organi esecutivi competenti per l'ambito territoriale più ampio e possono essere sciolti dai direttivi competenti con deliberazione adottata a maggioranza dei componenti, in caso di gravi e ripetute violazioni statutarie, di grave ed insuperabile contrasto con l'azione politica del Partito o di assoluta disfunzione. In caso di inerzia dell'organo territorialmente competente, può sostituirsi a quest'ultimo, dopo averlo inutilmente invitato a provvedere, la Direzione Nazionale del Partito; in caso d'urgenza, ai sensi dell'art. 44, può provvedere il Segretario Politico o il Comitato di Segreteria.

Ove nell'ambito del direttivo competente non si raggiunga la maggioranza qualificata in cui al comma precedente, ma quella semplice, il caso dovrà essere segnalato al Segretario Politico o al Comitato di Segreteria per i provvedimenti eventuali, ai sensi dell'art. 44, e con ratifica a maggioranza semplice da parte della Direzione Nazionale.

L'organo che ha emanato il provvedimento procede alla nomina di un Commissario o di una Commissione straordinaria, ed indice l'assemblea o il Congresso per l'elezione del nuovo Comitato direttivo, entro il termine massimo di tre mesi dalla data dello scioglimento, prorogabili di altri tre mesi con il benestare della Direzione Nazionale.

Il Commissario (o la Commissione straordinaria) esercita le funzioni dei Comitati direttivi, e deve sottoporre le domande di nuove iscrizioni alle assemblee sezionali competenti.

Avverso la delibera di scioglimento è dato ricorso di primo grado al Collegio dei probiviri dell'organo superiore a quello che ha adottato il provvedimento, e per i gradi successivi secondo le competenze previste per gli stessi.

In ogni caso ogni controversia tra organismi periferici del Partito, che non dovesse trovare soluzione entro 60 giorni viene avocata dalla Segreteria Nazionale che ne propone la soluzione alla Direzione Nazionale.

Art. 65 Dimissioni negli organi direttivi
Nel caso di dimissioni all'interno degli organi direttivi, le surroghe devono essere operate entro 15 giorni dalle riscontrate vacanze, facendo subentrare i primi dei non eletti.

Ove si dimetta contemporaneamente la maggioranza dei componenti di un organo direttivo, la Direzione dell'organo superiore attiva le procedure per il rinnovo degli organi.

In caso di inerzia di tale Direzione, provvede il Segretario Politico o il Comitato di Segreteria ai sensi del secondo comma dell'art. 64.

TITOLO XI - Disposizioni finali

Art. 66 Statuto e regolamenti
Per quanto non previsto dal presente Statuto, possono essere approvati dai diversi organi competenti appositi regolamenti. Tali regolamenti vanno trasmessi alla Commissione Statuto e, in mancanza di rilievi, entrano in vigore 30 giorni dopo l'avvenuto deposito.

I regolamenti in nessun caso possono derogare alle disposizioni contenute nello Statuto.

I regolamenti approvati da un organismo inferiore non possono essere in contrasto con quelli approvati da un organismo superiore.

Art. 67 Convocazione dei Congressi
La convocazione dei congressi delle Federazioni Regionali, delle Consociazioni Locali e delle Unioni Comunali deve avvenire almeno un mese prima della data fissata e deve essere comunicata e concordata con la Direzione Nazionale. È facoltà della Direzione Nazionale convocare direttamente i congressi delle Federazioni, delle Consociazioni e delle Unioni, quando siano scaduti i termini statutari e quando l'organo direttivo competente non provveda neppure dopo esserne stato formalmente richiesto dalla Segreteria Nazionale del partito. Analoga facoltà spetta alle Direzioni di Consociazione nei riguardi delle sezioni.

Art. 68 Commissione statuto
Il Consiglio Nazionale elegge, con voto limitato a cinque nomi tra i suoi componenti, la Commissione per lo statuto del partito, composta di sette membri.

La Commissione statuto dirime gli eventuali contrasti che dovessero insorgere tra norme statutarie e norme regolamentari e tra norme regolamentari di diverso livello, applicando i criteri previsti dall'art. 66; esprime pareri agli organi del Partito su tutte le questioni attinenti allo statuto e ai regolamenti; prepara schemi di statuto e di regolamenti per le organizzazioni del Partito; suggerisce le modifiche che ritiene necessarie.

Elegge nel proprio seno un presidente.

Art. 69 Modifiche statutarie
Lo Statuto può essere modificato solo dal Congresso Nazionale. Il Congresso stesso in tal caso determina la procedura di votazione.

È peraltro in facoltà del Congresso delegare al Consiglio Nazionale il compito di elaborare modifiche allo statuto, sulla base di indicazioni e direttive precise e motivate. In tal caso le sezioni potranno, entro il termine di un mese dalla chiusura del Congresso, inviare al Consiglio Nazionale proposte circostanziate di modifiche, formulate sulla base di principi contenuti nella mozione-delega congressuale. Le proposte dovranno essere valutate e coordinate dal Consiglio Nazionale

Nessuna modifica del presente statuto, o dei regolamenti locali, può essere discussa se l'argomento non risulti iscritto all'ordine del giorno all'atto di apertura del congresso competente.

Salvo quanto derivante dall'esercizio della delega congressuale di cui ai commi precedenti, le proposte di modifica elaborate dalla Commissione Nazionale Statuto o da organi nazionali dovranno essere pubblicate sul sito del Partito contemporaneamente alla relazione del Segretario politico.

Art. 70 Controllo sul tesseramento
Al fine di assicurare la regolarità delle operazioni di tesseramento, e il loro costante controllo, il Consiglio Nazionale del Partito, nella prima sessione successiva al Congresso Nazionale, nomina con voto limitato a cinque una commissione di sette membri, che non ricevano stipendio o indennità fissa a carico del partito. La Commissione, tramite il suo Presidente, può richiedere al Segretario del Partito ogni informazione concernente il numero delle sezioni e quello degli iscritti. La Commissione riferisce ai competenti organi del Partito sulle eventuali irregolarità riscontrate.

La Direzione Nazionale è tenuta a dare attuazione alle proposte della Commissione tesseramento e a verificare che le organizzazioni periferiche si attengano, per quanto di loro competenza, alle medesime proposte. In caso di divergenza di valutazione tra la Commissione per il tesseramento e la Direzione Nazionale, la decisione è demandata al Consiglio Nazionale.
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tratto dal sito web del
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
27-09-02, 22:04
43° Congresso P.R.I.
Fiuggi 25/26/27 ottobre
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"Lavorare nel presente pensando all'avvenire"

Relazione del Segretario nazionale del Pri Francesco Nucara per il 43° Congresso Nazionale

I. IL QUADRO GENERALE

L'attacco all'America - Quando ho assunto la Segreteria del Partito, si era consumata da poche settimane la tragedia delle Twin Towers. Una data che troppi in Europa hanno dimenticato nei mesi scorsi e che è rimbalzata sulle prime pagine dei giornali solo in occasione dell'anniversario, più che altro con intenti commemorativi. E invece, come in molti capirono subito, e noi tra gli altri, quello che la CNN definì "l'attacco all'America" avrebbe cambiato - e di fatto ha già profondamente cambiato, modificando le priorità strategiche degli Stati Uniti e accentuandone il senso di isolamento - la "storia del mondo".

Credo sia giusto perciò, aprendo questa relazione a distanza di un anno da quel drammatico 11 settembre, esprimere la solidarietà dei repubblicani alla città di New York e rinnovare il sentimento di amicizia che sempre ha legato il PRI alla grande democrazia americana, anche nei momenti più difficili, quando la sinistra marxista intravedeva negli Stati Uniti non l'alleato ma il nemico da sconfiggere.

Ma l'11 settembre è stato anche, per tutti, un brusco richiamo alla realtà. Qualcuno lo ha definito "la fine dell'innocenza americana". Noi preferiamo dire, con interpretazione crociana, che l'11 settembre ha rappresentato il richiamo doloroso alla storia e ai suoi conflitti, contro quelle dottrine che ne avevano teorizzato la fine e che avevano partorito finte filosofie "buoniste" di cui sono stati disseminati gli anni novanta.

Come ha scritto con efficacia Ernesto Galli della Loggia, "la condizione moderna obbliga alla vicinanza individui e popoli che sono storicamente e antropologicamente lontanissimi; l'11 settembre illustra le tensioni terribili che ciò può provocare a dispetto di ogni buonismo multiculturale". Anche di questo sarà bene tener conto nelle nostre analisi, nelle nostre valutazioni, nella definizione della nostra linea politica.

La lotta al terrorismo - Tre sono gli aspetti di fondo che hanno caratterizzato, a nostro avviso, l'anno che è alle nostre spalle, e che non a caso datiamo dall'11 settembre. Tre aspetti di grande rilevanza, che definiscono il nuovo scenario entro il quale collocare la nostra iniziativa politica: la lotta al terrorismo decisa e avviata dagli Stati Uniti; l'instabilità e l'incertezza dell'economia internazionale; l'esaurirsi in gran parte dell'Europa delle esperienze dei governi guidati dalla sinistra e della loro "spinta propulsiva".

E' difficile comprendere a pieno l'attuale politica dell'amministrazione americana senza rendersi conto di quello che l'11 settembre ha significato per gli Stati Uniti, per il popolo americano, per l'opinione pubblica mondiale. Se è possibile arrischiare un paragone, ha avuto lo stesso effetto che ebbe, nell'impero romano, il sacco di Alarico. Ovviamente con una grande differenza: che ad essere colpita era allora la città-simbolo di un impero agonizzante, mentre oggi è stata la città-simbolo di un paese forte politicamente, economicamente, militarmente, al quale restano affidati - piaccia o non piaccia - i destini e gli equilibri del mondo, la guerra e la pace, lo sviluppo o la crisi.

Dall'11 settembre le priorità degli Stati Uniti sono cambiate. Al primo posto si è collocata la guerra al terrorismo, che il presidente Bush ha definito "compito della nostra generazione".

E' in questo quadro che vanno collocati non solo l'intervento in Afghanistan, che ha prodotto lo smantellamento di molte basi di Al Qaeda e la fine di un regime odioso, non solo l'insistenza sulla necessità di por fine a un altro regime, quello di Saddam Hussein, che rappresenta un pericolo per la pace e la stabilità di tutti; ma anche il riesame di antiche e consolidate alleanze, come quella con l'Arabia Saudita; o il rilancio, nei confronti dell'intero mondo arabo, del tema dei diritti umani, un tema sul quale in quello stesso mondo si registra un pesante deficit; o la modifica di una serie di priorità interne, in un paese che si sente in guerra e che appresta gli strumenti necessari a rafforzare la sua sicurezza.

Ed è in questo quadro che va collocata anche la sfiducia dell'amministrazione americana verso l'attuale leadership palestinese, che non riesce a recidere i suoi legami passati - e purtroppo anche presenti - con il terrorismo; e quindi la sostanziale freddezza verso una iniziativa pacificatrice in quell'area, che può avere successo, a giudizio dell'attuale amministrazione, ma anche facendo tesoro degli inutili sforzi compiuti da Bill Clinton, e solo se prima sarà sconfitto il retroterra che alimenta finanziariamente, politicamente e militarmente il terrorismo.

La stessa percezione, la stessa sensibilità, la stessa determinazione nella lotta al terrorismo non si riscontrano invece in molti paesi e presso molti governi dell'Europa continentale. Non è un caso che Alan Dershowitz, il grande avvocato newyorkese che insegna ad Harvard, consideri "responsabili principali" del terrorismo Germania, Francia e Italia, che "hanno per anni protetto i terroristi, rifiutandosi di catturarli e punirli, e liberando quelli finiti in carcere, così mandando un messaggio chiarissimo: il terrorismo non solo funziona, ma paga"; e ottenendone, in cambio, "di non venire colpiti".

Forse è esagerato ma c'è anche della verità in questa sua affermazione.

Lasciare soli gli Stati Uniti su questo terreno sarebbe un grave errore, una sorta di Monaco compiuta agli albori del ventunesimo secolo. Si possono influenzare, modificare, correggere atteggiamenti od orientamenti americani, solo se si è percepiti dagli americani come alleati sinceri e affidabili. Come ha capito e come fa, appunto, Tony Blair: che è intervenuto con gli Stati Uniti di Clinton per bombardare l'Iraq e a fianco degli Stati Uniti di Bush per stanare i terroristi di Al Qaeda dalle città e dalle montagne dell'Afghanistan.

L'instabilità dell'economia mondiale - Secondo aspetto da considerare, l'instabilità e l'incertezza dell'economia internazionale. Iniziato nell'ultimo anno della presidenza Clinton, il rallentamento della locomotiva americana è proseguito per tutto il 2001 e si è accentuato nelle settimane immediatamente successive all'11 settembre. Solo con l'inizio dell'anno in corso si sono cominciati ad avvertire segnali di ripresa, peraltro ancora incerti e contraddittori.

L'Europa non è riuscita a sostituirsi a sua volta agli Stati Uniti nel ruolo di traino dell'economia mondiale, neppure per una breve fase congiunturale. Malgrado i propositi trionfalistici del Presidente e di altri autorevoli componenti della Commissione, il tasso medio di crescita del PIL nei quindici paesi dell'Unione è rimasto sempre al di sotto di quello americano. E la politica della Banca Centrale o il patto di stabilità non sembrano essere stati di aiuto per stimolare quel rilancio che pure veniva annunciato come prossimo.

Per di più, il ritardo delle riforme del mercato del lavoro e del welfare in Francia e Germania non ha consentito a questi paesi, e alla Germania soprattutto, di assumere quella funzione di guida e di stimolo che pure in passato avevano avuto. Gli ultimi dati sull'economia tedesca sono anzi tutt'altro che incoraggianti, fotografano un paese in sostanziale ristagno e con un forte disavanzo pubblico, ben lontano da quel gigante economico pressoché inarrestabile che eravamo abituati a conoscere e il cui andamento incerto contribuisce a deprimere i mercati finanziari europei.

Buona parte delle speranze di una ripresa stabile e duratura è quindi affidata tuttora all'andamento dell'economia americana. Come si è detto, i segnali sono per ora incerti e contraddittori. Il che è vero, in particolare, nel settore strategico dell'alta tecnologia. Di sicuro c'è che senza una crescita significativa negli Stati Uniti, che serva da traino per tutti, le previsioni formulate per i paesi dell'Unione Europea vengono e verranno puntualmente riviste al ribasso.

La crisi della sinistra europea - Terzo dato di fondo, infine, l'esaurirsi in Europa delle esperienze di governo che hanno caratterizzato la seconda metà degli anni novanta, quelle guidate dalla sinistra. In poco più di un anno, il centrodestra ha vinto le elezioni politiche in Italia, in Portogallo, in Danimarca, in Olanda, in Francia, dove la sinistra appare addirittura priva di una bussola e dilaniata all'interno sulle sue prospettive future.

Il centrodestra, che era al governo solo in Spagna, Austria e Irlanda, è ormai largamente maggioritario, con effetti che non mancheranno di ripercuotersi sullo stesso rinnovo della Commissione. Nella stessa Germania, dove si voterà a giorni e l'esito è incerto, la stella di Schroeder e del governo rosso-verde appare comunque fortemente appannata. Per recuperare sul piano elettorale il cancelliere uscente è stato costretto a cavalcare l'ondata pacifista e antiamericana, con effetti dirompenti sulla consolidata e tradizionale alleanza tra USA e Germania. Per ottenere un vantaggio tattico, rischia di aprire - poco responsabilmente - una voragine strategica.

Sola eccezione, in questo panorama, è ovviamente, la Gran Bretagna di Tony Blair: che non a caso, peraltro, intrattiene da tempo - soprattutto sul terreno della politica economica e fiscale - rapporti più stretti con governi di centrodestra.

Il dato di fondo, come ha osservato di recente Le Nouvel Observateur, è che la sinistra ha perduto la capacità di proporsi come forza di governo. Dopo aver fallito nell'affrontare i due problemi cruciali dell'Europa di oggi - quello della sicurezza interna e della disciplina dell'immigrazione da un lato, quello delle riforme necessarie allo sviluppo dall'altro - la sinistra appare oggi in Europa (non in Italia soltanto) divisa e ambigua sulle sue prospettive: incapace di liberarsi dalle scorie ideologiche del passato, che anzi la forte presenza degli ex e post-comunisti nell'Internazionale socialista ha rafforzato; incapace di progettare a tutto campo il futuro in un mondo nel quale - per riprendere l'affermazione coraggiosa e incisiva di Tony Blair - "l'Internazionale socialista è inutile".

II. IL GOVERNO BERLUSCONI

Da questo scenario non si può prescindere nel valutare l'azione complessiva del governo Berlusconi, e soprattutto la sua politica economica. Il governo si è trovato quasi subito ad operare in una situazione molto diversa da quella esistente nei mesi che avevano preceduto le elezioni.

Prima la scoperta di un deficit di bilancio maggiore del previsto creato a partire dal 2000 dalla politica "elettoralistica" dei governi di centro-sinistra; poi il rallentamento dell'economia americana e la lunga stagnazione di quella europea; infine la tragedia delle "Twin Towers" e la guerra in Afghanistan. E, da ultimo, le notizie tutt'altro che confortanti sull'andamento dell'economia mondiale, la cui ripresa - più volte preannunciata - sembra ancora lontana.

In queste condizioni era ben difficile realizzare - e soprattutto realizzare subito - gli obiettivi preannunciati in campagna elettorale. E in particolare era difficile accentuare il ritmo di crescita dell'economia italiana mantenendo basso il tasso di inflazione e riducendo il disavanzoavanzo pubblico. C'è semmai da dire, come ha osservato di recente il commissario europeo Pedro Solbes, che i problemi di bilancio di alcuni tra i maggiori paesi - Italia compresa - sono dovuti al fatto che non sono state colte le opportunità di risanamento dei conti pubblici offerte dal periodo di alta crescita 1998-2000: un giudizio che è contemporaneamente una critica nei confronti di chi ha governato in quel periodo e un approccio realistico nei confronti dei problemi che i governi successivi si sono trovati ad ereditare.

Non ha senso alzare il livello della critica nei confronti del governo Berlusconi con riferimento all'attuale deficit pubblico e ignorare che dopo cinque anni di governo rosso-verde la Germania - la Germania che era stata il paese del rigore, del marco forte e dell'inflessibile Bundesbank - ha sforato ufficialmente i parametri di Maastricht. E che la Francia - afflitta dagli stessi problemi - sta rapidamente rivedendo alcuni dei provvedimenti decisi dal governo Jospin.

O pensa il giulivo Rutelli che l'Italia viva in un suo Eldorado e che, se lo stesso Rutelli avesse vinto le elezioni, quei problemi non si sarebbero presentati, magari moltiplicati dalle pressioni del blocco sociale che ne ha sostenuto la candidatura? Rutelli dovrebbe semmai spiegare, non solo ai cittadini italiani ma a quelli europei, come mai la disastrata Italia del governo Berlusconi continui pur sempre a registrare un tasso di crescita superiore e un deficit inferiore alla Germania del governo Schroeder.

Il punto di fondo è che la politica perseguita dai governi di centrosinistra nei maggiori paesi europei durante la seconda metà degli anni novanta - naturalmente con la solita eccezione della Gran Bretagna di Tony Blair - non è riuscita né ad accelerare la crescita economica né a completare il processo di risanamento finanziario. Malgrado - è il commissario Solbes a ricordarlo - il periodo di alta crescita dell'economia mondiale. E i governi di centrodestra che li hanno succeduti hanno ereditato una situazione difficile: aggravata, ovviamente, dalla mutata situazione internazionale, politica oltre che economica.

Sebbene in queste condizioni, il governo Berlusconi ha ottenuto alcuni innegabili successi. In politica estera, è riuscito a svolgere un ruolo significativo nel processo che ha favorito l'ingresso della Russia nella NATO e che si è concluso non a caso a Pratica di Mare. Sul terreno europeo, ha avviato un raccordo sempre più stretto con la Gran Bretagna e la Spagna e con i due leaders politici, Blair e Aznar, attualmente più dinamici e rappresentativi.

Sul piano interno, la firma del patto per l'Italia - senza volerne enfatizzare i contenuti - ha dimostrato che una politica di riforme è ancora possibile con il consenso delle parti sociali: o almeno di quelle parti sociali che siedono al tavolo della trattativa senza lasciare, dietro la porta, il convitato di pietra, sia esso l'ideologismo astratto ed estremista o - forse più concretamente - la strumentalizzazione politica.

Ma anche sui temi più delicati e controversi i fatti sembrano dare ragione al governo. Sulla questione delle rogatorie, per esempio, l'OCSE - chiamata in causa non del tutto disinteressatamente dal governo svizzero - non solo ha sottolineato come la legge approvata dal Parlamento italiano non sia in contrasto con nessuna normativa internazionale, ma ha giudicato il provvedimento uno tra i migliori oggi esistenti in questa materia. E Piero Ostellino ha ricordato che il centrosinistra, all'atto della discussione della legge, sostenne che essa avrebbe facilitato "l'uscita di prigione di migliaia di mafiosi, di spacciatori di droga, e di altri criminali"; mentre poi, "alla resa dei conti, non ne risulta uscito nessuno", per cui il solo risultato che il centrosinistra ha ottenuto "è di passare per catastrofista nel migliore dei casi, per contaballe nel peggiore".

Quanto allo scontro, attualissimo, sulla normativa riguardante il legittimo sospetto, ha scritto lucidamente Galli della Loggia sul Corriere della Sera che questo scontro ne copre un altro, ben più importante e "decisivo", lo scontro "tra chi riconosce che all'origine del nuovo corso politico del maggioritario c'è stato un formidabile cortocircuito tra giustizia e politica" e chi invece non vuole riconoscerlo" (in pubblico, "perché poi, in privato, è quasi sempre disposto ad ammettere che indubbiamente qualcosa di grave é accaduto").

E su questo scontro, "che è la vera questione, l'opposizione non dice nulla, non vuole e non è capace di dire nulla di vero, nulla che abbia a che fare con un decennio di storia reale del Paese, coi suoi problemi e drammi reali; non vuole o non é capace di proporre alcuna accettabile soluzione politica di nulla. Vuole solo sbarazzarsi di un avversario senza passare dalle urne. Ma in uno scontro così impostato essa è destinata a restare minoranza, perché chi ha senso della realtà e non è accecato dal pregiudizio è difficile che possa seguirla: alla fine sarà costretto a ingoiare la cattiva soluzione del governo anziché nessuna soluzione".

Vogliamo con questo dire che siamo pienamente soddisfatti dell'azione di governo? Tutt'altro. Ci sono ministri inadeguati al loro ruolo; c'è troppo spesso uno scollamento che il Presidente del Consiglio è costretto a recuperare in zona Cesarini; non sempre le questioni affrontate sono approfondite come dovrebbero; non sempre c'è coerenza e organicità nelle diverse misure adottate.

Ci sono poi provvedimenti - citiamo tra gli altri quello sulla fecondazione assistita, peraltro di origine parlamentare - che non consideriamo adeguati ad uno stato laico moderno. E dobbiamo purtroppo rilevare che continua ad esserci scarsa attenzione nei confronti della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnologica; e che il patrimonio archeologico, storico e culturale del paese non viene salvaguardato e valorizzato come si dovrebbe.

I repubblicani, pur con la modestia delle loro forze e nella piena consapevolezza di tale modestia, non faranno certo venir meno la loro voce critica. Certi che tale critica sarà tanto più ascoltata quanto più leale sarà - nel corso della legislatura - la collaborazione nei confronti della maggioranza.

III. IL PRI TRA IL CONGRESSO DI BARI E QUELLO DI FIUGGI

Perché il Congresso di Fiuggi - Due sono i motivi di fondo che mi hanno spinto a proporre prima alla Direzione Nazionale e poi al Consiglio Nazionale la convocazione del Congresso: congresso, peraltro, che anche autorevoli amici della minoranza avevano sollecitato con una condivisibile valutazione di discussione politica.

Il primo motivo è quello di fare un bilancio, sia pure provvisorio, di una Segreteria che non è scaturita da un'assise congressuale ma si è insediata in seguito alle dimissioni dell'amico Giorgio La Malfa: al quale - lo dico subito - è dovuta la riconoscenza e l'affetto di tutti i repubblicani per la battaglia "di resistenza" che ha fatto in questi lunghi, difficilissimi anni novanta. Vorrei ricordare a tutti che Giorgio La Malfa è stato ed è una risorsa imprescindibile per il Partito Repubblicano Italiano. E male hanno fatto quanti lo hanno logorato spingendolo verso le dimissioni.

Anche per Mazzini furono grandi "i dolori, gli errori e i dubbi che segnarono in modo indelebile la vita del patriota sempre accompagnati alle scelte, alle rinunce e alla completa assunzione di responsabilità, insita nel concetto stesso di scelta" è la vicenda umana "basata su un laico senso di tolleranza, dove i valori in cui si crede non toccano mai il fanatismo, né intaccano la consapevolezza che ne esistono altri, rispettabili".

Le nostre convinzioni non possono "sfociare in un moralismo acido" ma sono "un esempio, da verificare ogni giorno al vaglio del vivere e della storia, mentre il dubbio scalfisce le nostre certezze di ieri".

Il secondo motivo è la naturale proiezione di quanto è stato affermato in apertura di questa relazione. Se è vero - come è vero - che l'11 settembre ha avviato una nuova e difficile fase storica, è anche vero che la piattaforma politica e programmatica del PRI va aggiornata e rivista alla luce delle mutate condizioni storiche, internazionali ed interne. Sia pure, come è ovvio, collocando questa "rivisitazione" all'interno delle tradizioni storiche di cui il partito si onora.

Al bilancio e alle prospettive del partito è dedicata questa terza parte della relazione. Alla ridefinizione della piattaforma politico-programmatica sarà dedicata la quarta parte.

Il PRI dopo il Congresso di Bari - Dando seguito alle conclusioni scaturite dal Congresso di Bari, il PRI partecipò alle elezioni politiche nazionali del 13 maggio in alleanza con lo schieramento della Casa delle Libertà. Fummo presenti, come è noto, in quattro collegi maggioritari ed in uno proporzionale, riportando l'elezione di due parlamentari: Antonio Del Pennino al Senato e Giorgio La Malfa alla Camera.

Questo risultato fu "il risultato possibile" in quel momento e in quelle condizioni organizzative e politiche interne al partito. La decisione di non presentare liste con il simbolo dell'edera fu dettata infatti sia dalla preoccupazione di non configurare il PRI come una lista "civetta", sia dalle difficoltà di raccogliere le firme. E, infine dal rifiuto di alcune organizzazioni periferiche di approntare gli strumenti tecnici per la presentazione di liste con l'Edera. Il sondaggio fatto nella riunione della Direzione Nazionale tra i responsabili regionali confermò la precarietà organizzativa delle diverse situazioni regionali e l'indisponibilità di molti dirigenti ad assumere un impegno certo e concreto per la raccolta delle firme.

Va anche detto con chiarezza, infatti, che la situazione interna del partito aveva consigliato di evitare situazioni che potessero acuire polemiche e divaricazioni, come sarebbe successo con la sottoscrizione di un accordo politico generale con tutte le componenti della Casa delle Libertà o con l'accettazione di un collegio senatoriale in Romagna, che pure c'era stato offerto.

Probabilmente tutti questi fattori hanno influito sui risultati e reso più difficile, specie nel rapporto con le altre componenti del Polo, la stessa campagna elettorale degli altri candidati repubblicani. E non a caso - come vedremo meglio nel seguito di questa relazione - l'analisi di quella fase ha spinto successivamente la segreteria e la direzione a ricercare, con tutti gli alleati della Casa delle Libertà, un rapporto più forte ed organico, come è avvenuto in occasione delle ultime elezioni amministrative, partecipando attivamente alla "Trattativa" nazionale che coordinava la preparazione delle liste e delle candidature.

I risultati elettorali delle elezioni politiche del 13 maggio 2001 furono considerati deludenti dalla minoranza, che si apprestava ad assumere una posizione fortemente critica. Ma alla vigilia del Consiglio Nazionale di luglio, convocato per un esame della situazione politica successiva alle elezioni, l'amico Giorgio La Malfa fece pervenire una lettera con le sue dimissioni da Segretario Nazionale.

"Con il Congresso di Bari del nostro partito e le decisioni conseguenti si è chiusa una fase politica e se n'è aperta un'altra del tutto nuova ..." recitava la lettera. E continuava evidenziando come "... il PRI ha imboccato la strada che nei prossimi anni determinerà un nuovo rafforzamento del partito, così come avvenne nella metà degli anni ‘60 ...", per concludere con la constatazione che "... proprio perché la scelta è ormai avvenuta, la strada è segnata e si vede una luce al termine del tunnel che abbiamo percorso insieme in questi anni, è venuto per me il tempo di lasciare la guida del partito che ho tenuto per un tempo anche troppo lungo."

Una decisione, accompagnata da motivazioni politiche di rilievo, che nasceva anche dall'amarezza di aver dovuto constatare come la scelta del Congresso di Bari avesse determinato, come scriveva "... difficoltà di rapporto tra me e vasti settori del partito ai quali invece sono stato tradizionalmente legato da un rapporto politico ed affettivo molto profondo."

Quelle dimissioni non erano un gesto formale o un espediente per evitare le critiche della minoranza. Furono il risultato di una riflessione politica e di un profondo travaglio. Per cui la Direzione Nazionale fu costretta a prenderne atto e a convocare il Consiglio Nazionale per l'elezione di un nuovo Segretario che operasse in continuità con la linea politica decisa al Congresso di Bari.

La nuova Segreteria e le sue scelte di fondo - Il Consiglio Nazionale, nella seduta del 6 ottobre, procedette alla mia elezione a Segretario e a quella di Giorgio La Malfa a Presidente del Partito. La minoranza contrappose Valbonesi allo stesso Giorgio La Malfa.

Di quella riunione conservo ancora viva l'emozione, per un incarico politico che mi onora ed al quale sto cercando di dare, insieme con altri amici, il massimo delle mie energie.

Ero consapevole allora, come lo sono ancora oggi, delle difficoltà che ci attendono per un rilancio duraturo del partito. Ma questa consapevolezza, unita all'orgoglio di lavorare per salvaguardare una grande pagina di democrazia e libertà come quella scritta in più di un secolo di storia dal PRI, mi ha spronato in questo primo anno a superare le difficoltà politiche, organizzative, finanziarie che ho incontrato.

E' con questo spirito che mi sono accinto all'azione di rilancio del partito. E le successive, difficili tornate elettorali hanno dimostrato come il partito possa recuperare, specie nel Mezzogiorno, il terreno perduto negli anni della diaspora.

A due criteri ho cercato di informare la mia azione: la ripresa elettorale del partito e il miglioramento delle condizioni interne come elemento determinante per il suo rilancio. Senza il primo potremmo essere nella migliore delle ipotesi un'associazione culturale, che è cosa profondamente diversa da un partito politico a dimensione nazionale, come è stato ed è il PRI. Pertanto il Congresso servirà anche a definire, dopo le turbolenze che hanno colpito tutto il sistema politico a cominciare dal ‘93 e che ancora oggi continuano, il tipo di partito che vogliamo costruire, gli strumenti per farlo, le norme per regolarlo.

Le modifiche statutarie dovranno essere perciò l'occasione per una discussione di merito e non un'astratta contesa di tipo giuridico-normativo, come succedeva in passato; l'occasione, in altre parole, per dotare il partito di uno statuto più flessibile, che coniughi garanzie e rapidità decisionali e che sia al passo con i tempi.

Proprio l'esperienza di questi anni ha dimostrato che i partiti non hanno retto all'impatto con i mutamenti della società e la loro crisi ha aperto le porte all'intervento di un potere giudiziario che fino a quel momento era stato inerte, e in qualche caso complice. Se non si compiono analisi approfondite su questo tema, sul finanziamento della politica, anche la cosiddetta "diversità repubblicana" rischia di diventare un comodo alibi per coloro che - dopo aver avuto dal PRI onori e vantaggi - non hanno esitato ad abbandonarlo e denigrarlo, magari agitando una cosiddetta "questione morale".

L'altro criterio, profondamente intrecciato al primo, è il continuo riferimento, in questo anno di segreteria, all'esigenza di mitigare quel clima di litigiosità che ha caratterizzato la vita del partito prima e dopo il Congresso di Bari. E verso questo obiettivo l'ultima riunione del Consiglio Nazionale ha segnato un passo in avanti.

L'esigenza di maggiore distensione nei rapporti interni non può però essere perseguita a scapito della chiarezza della linea politica scelta dalla maggioranza. Il terreno d'incontro non può pertanto essere per noi quello di stravolgere, con ambiguità tattiche, quella linea o di concedere sconti e deroghe che favorirebbero solo la confusione.

E' mio convincimento che esiste un metodo proficuo per far sì che il partito riprenda a crescere nel rispetto del ruolo che gli spetta nella società e delle sue gloriose tradizioni.

Si tratta di consentire a tutti maggiore partecipazione non solo su casi e interessi particolari.

Ciò significa dare massima pubblicità ai processi decisionali, aprirsi al contributo di quanti hanno qualcosa da dire.

Solo per tal via il PRI scongiurerà il pericolo di una implosione cui un'eventuale collocazione politica acritica lo sottoporrebbe.

Le iniziative politiche della Segreteria e del Partito - Delle nostre iniziative politiche, delle posizioni assunte puntualmente in questi mesi - anche se purtroppo solo di rado riprese dalla stampa - è testimonianza il sito del partito. La nota politica, che dal 9 febbraio viene pubblicata quattro volte a settimana, conferma la continuità di una linea che è riuscita ad esprimersi e ad articolarsi su moltissime questioni.

Grande rilievo è stato accordato - in linea con la tradizione del partito - alle questioni di politica estera. Ed è perciò che voglio ricordare, in questa relazione, due iniziative di particolare significato: l'adesione alla manifestazione promossa da "Il Foglio" a favore degli Stati Uniti e quella dell'Israele Day.

Nel primo caso - come sottolineammo nella lettera indirizzata al direttore - la nostra adesione era mirata "a sottolineare la ferma e tradizionale posizione del PRI a favore degli USA e la necessità di modificare una tendenza politica e culturale, molto diffusa nella sinistra, e permeata di un antiamericanismo ingiusto e ingiustificato, soprattutto se rapportato a quanto gli USA hanno fatto per la libertà e la democrazia dell'Italia".

Partecipare a quella manifestazione con le nostre bandiere è stata una maniera per sottolineare anche la rinuncia delle forze dell'Ulivo, specie di quelle di matrice laica, a difendere quei valori caratterizzanti, tra cui il rapporto con gli USA, che erano stati alla base dell'impegno del PRI in politica estera.

Nel secondo caso - l'Israele Day - la manifestazione contribuì ad evidenziare ancora una volta il ritardo delle varie componenti della sinistra nella valutazione della crisi mediorientale, soprattutto di quelle componenti che ritengono Israele responsabile della mancata esistenza di uno Stato palestinese. Quello che sfugge alla sinistra è che ad essere assediato non è il popolo palestinese ma la piccola democrazia israeliana, il solo stato di quell'area che si ispira ai valori politici e culturali dell'Occidente, che sono quelli che il PRI persegue. Ma di tutto questo gli amici che sono stati nel PRI per lunghi anni e ora militano nelle varie formazioni della sinistra non parlano, perché non hanno più né voce né autonomia!

Ed è muovendo da questo quadro internazionale che abbiamo rivolto le nostre critiche alla sinistra e all'opposizione. Perché è questo quadro che tende e tenderà nel prossimo futuro a rappresentare di nuovo uno spartiacque tra le forze politiche italiane. I vari comunicati dell'Ulivo sulla crisi irakena ne sono la conferma. E crediamo di essere facili profeti nel prevedere - per i prossimi mesi - una nuova e drammatica spaccatura interna all'Ulivo stesso, quando quella crisi si andrà acuendo e l'Italia - in questa vicenda ma più in generale nella strategia complessiva della lotta al terrorismo - sarà costretta a scelte difficili.

Abbiamo respinto - e continueremo a respingere - la logica, diffusa in larga parte dell'opposizione, per cui l'opposizione stessa debba essere basata non su proposte alternative a quelle della maggioranza, quanto sulla contestazione della legittimità e del diritto della stessa a governare. Quest'impostazione porta alla formazione di una sorta di cortina di ferro tra maggioranza e minoranza che copre il merito stesso dei problemi e delle soluzioni.

Abbiamo perciò rifiutato - e continueremo a rifiutare - l'idea che la maggioranza sia responsabile della nascita di una sorta di regime, da rovesciare con strumenti extra-parlamentari e per via giudiziaria, come vanno affermando esponenti dell'opposizione ed intellettuali - questi sì - di regime.

I girotondi, i movimenti, la presenza politicamente rilevante dei No Global, non aiutano certo la sinistra a ricollocarsi e ripresentarsi quale forza alternativa di governo, come d'altro canto avverte con preoccupazione lo stesso Massimo D'Alema, che rimane il più lucido interlocutore di quell'area. E d'altro canto i fatti sono sotto gli occhi di tutti.

Al Congresso di Pesaro Fassino definì il partito dei DS come "il partito del riformismo europeo e centro-motore del processo di modernizzazione dell'Italia"; noi osservammo allora che quello descritto da Fassino era "un tentativo non riuscito perché non basato su di un'analisi anche autocritica di ciò che è successo in Italia in questi ultimi dieci anni". Allora Cofferati era ancora minoranza nel partito. E' bastata, di lì a qualche giorno, la polemica sull'articolo 18 per dimostrare quanto fragili fossero le basi "riformiste" dei DS e per offrire a Cofferati l'occasione per collegarsi al movimentismo e alla piazza, per contrapporsi alle istituzioni e far ripiombare la sinistra nel massimalismo.

Non sono mancate, da parte del PRI, le posizioni critiche anche nei confronti del governo o nell'ambito della maggioranza, soprattutto in difesa della laicità della scuola, della libertà di ricerca, della salvaguardia del patrimonio culturale. Alcune di queste nostre posizioni sono state anche riprese dalla stampa e lungo questa strada continueremo ad operare ogni volta che sarà necessario.

Alle posizioni politiche assunte dalla Segreteria si è affiancato il lavoro prezioso della nostra esigua presenza parlamentare. Quello - difficile e impegnativo - che l'amico Giorgio La Malfa svolge costantemente come Presidente della Commissione Finanze e Tesoro, in settori e in un contesto particolarmente delicati. E quello in Senato dell'amico Antonio Del Pennino, del quale voglio solo ricordare la presentazione in Parlamento della proposta di legge sulla regolamentazione dei partiti.

Il rapporto con la società civile - Muovendo dalla linea politica approvata al Congresso di Bari e perseguita dalla Segreteria Nazionale, abbiamo cercato di allargare i rapporti con la società civile e con le sue organizzazioni più rappresentative, a cominciare da quelle in cui i repubblicani si sono storicamente ritrovati.

In primo luogo, il sindacato. Partecipando al Congresso della UIL a Torino, avevamo sottolineato l'esigenza di una maggiore autonomia del sindacato. E anche qui i fatti ci hanno dato ragione. La scelta, sicuramente coraggiosa, fatta dalla UIL e dalla CISL assumendo un ruolo autonomo e siglando con il governo il Patto per l'Italia, ha rappresentato un avvenimento di grande portata.

Abbiamo dato e diamo atto con soddisfazione a CISL e UIL - di cui abbiamo non a caso incontrato i vertici nazionali - di aver capito la gravità del momento e di essere riusciti a collocare le esigenze del mondo del lavoro all'interno dei problemi generali del paese, esercitando in concreto il compito di un sindacato moderno. Il Patto per l'Italia è stato sottoscritto anche da organizzazioni storicamente schierate a sinistra, come la Lega delle Cooperative e la CNA, a dimostrazione di come il metodo della concertazione -riedizione della lamalfiana politica dei redditi - agevoli e non ostacoli le riforme quando negli interlocutori la disponibilità al dialogo prevale sulle opposizioni pregiudiziali. La CGIL è uscita isolata da questa prova, a dimostrazione che Cofferati è un uomo di divisione, nel sindacato come nella sinistra.

Sulla linea della Segreteria è ripreso il rapporto oltre che con il vertice repubblicano della UIL, anche con numerosi sindacalisti repubblicani che operano nelle diverse situazioni di base: e voglio sottolineare, in particolare, il contributo che molti di loro stanno dando al rilancio del partito nelle Marche.

Proseguendo sempre in questa direzione, il rapporto con l'Endas, ripreso sin dal Congresso di Bari e ulteriormente rafforzatosi, ha prodotto risultati positivi con la nascita, in molte situazioni locali, di azioni sinergiche che, portate avanti nella rispettiva autonomia, hanno rafforzato il tessuto connettivo e le possibilità di rilancio del partito.

Abbiamo ripreso anche i rapporti con l'AGCI, partecipando e intervenendo al loro recente congresso nazionale, e seguiamo con interesse e attenzione l'evolversi nel senso di una maggiore autonomia della situazione interna all'Associazione Mazziniana.

In questa stessa linea, di apertura alla società civile, si collocano le cooptazioni in Consiglio Nazionale di esponenti significativi della società civile: intellettuali, dirigenti, managers, professionisti di chiara fama.

Il rapporto del PRI con questi amici, alcuni già iscritti al partito altri invece nuovi, dovrà svolgersi liberamente e al di fuori di qualsiasi vincolo, com'è sempre stato nella lunga tradizione culturale del PRI. Un rapporto diverso da quello instaurato tra gli intellettuali e la sinistra d'opposizione negli anni della guerra fredda, quando gli intellettuali erano chiamati a legittimare tutte le scelte politiche ed ideologiche del partito-guida. Oggi che quel rapporto è entrato in crisi, una parte di quegli intellettuali ha scelto la via dell'estremismo: e i DS, preoccupati di perdere ogni raccordo con quel mondo, lo inseguono goffamente nei girotondi e nelle piazze.

Le elezioni amministrative - La posizione assunta dal PRI nei confronti delle elezioni amministrative è stata la logica conseguenza della linea complessiva del Partito. Prima in una riunione plenaria dei segretari regionali e provinciali, poi nel Consiglio Nazionale del 22 febbraio, si decise "di impegnare le organizzazioni locali a ricercare e stringere alleanze elettorali esclusivamente con le forze della Casa delle Libertà".

Due sono le scelte di fondo fatte dal partito a questo proposito. Nei comuni, nelle province, nelle regioni dove si è votato prima delle ultime elezioni politiche, le scelte di schieramento che sono state fatte restano comunque valide - tranne i casi di rottura programmatica che dovessero intervenire - per rispetto degli elettori che hanno accordato il loro voto a quel determinato schieramento. Per i turni elettorali successivi, l'unica possibile alleanza è quella con le altre forze politiche della Casa delle Libertà: tranne i casi, motivati e comunque concordati con la Segreteria Nazionale, di scelte particolarmente inaccettabili riguardanti i candidati ai vertici degli enti o quelle ipotesi in cui i repubblicani dovessero decidere di presentarsi - per particolari condizioni locali - al di fuori dei due schieramenti su una posizione realmente autonoma.

Questa linea comincia a pagare. Già con le elezioni amministrative in Sicilia del 25 novembre 2001 il PRI aveva ottenuto buoni risultati, in particolare a Palermo, ad Agrigento, a Trapani. La tendenza verso una ripresa è stata confermata nel turno elettorale amministrativo del 26 maggio, quando il PRI ha presentato un numero di liste doppio rispetto a quello delle precedenti elezioni, ed è passato da 13.653 a 21.888 voti. Un successo rilevato da un giornale autorevole come il "Corriere della Sera", che ha evidenziato come il PRI sia tornato ad essere "un partito di dimensione nazionale".

Eppure temevamo questo responso. Non è vero quanto affermava in quei giorni l'Ulivo che le forze di governo, tra cui noi, si aspettassero da queste elezioni un pienone di voti, capitalizzando in una clamorosa avanzata un anno di governo e di potere. Semmai era vero il contrario. Temevamo che la lunga e mistificante offensiva sull'art. 18, alcune difficoltà del governo a trovare un sufficiente raccordo tra la sua iniziativa e l'opinione pubblica e le conseguenti difficoltà di comunicazione, avrebbero potuto influenzare negativamente il voto amministrativo.

I nostri timori erano anche maggiori, avendo collegato in maniera pressoché organica le nostre liste alla coalizione della Casa delle Libertà, per cui un insuccesso della coalizione avrebbe condizionato negativamente anche i risultati delle nostre liste. Tutto questo non c'è stato: il centrodestra ha confermato la sua forza e lo ha fatto su un terreno amministrativo che in genere gli è più ostico.

Il Mezzogiorno si è rivelato fondamentale per i risultati del PRI, confermandosi come l'area geografica in cui il Partito potrà riprendere la sua espansione, come avvenne in Sicilia a cavallo degli anni ‘60/'70.

Anche al centro abbiamo avuto buoni risultati, come ad Aprilia, quarta città del Lazio, e a Rieti, dove il passaggio dall'alleanza con le forze di sinistra all'accordo con il Polo ci ha consentito di tornare al governo in una città in cui negli anni ‘70 avevamo espresso il Sindaco.

Nel Nord, il Partito ha incontrato maggiori difficoltà ad essere presente, con l'eccezione sorprendente e positiva di Asti e di Meta.

La questione dell'autonomia - In occasione delle elezioni amministrative è stata di nuovo sollevata, da parte della minoranza interna, la questione della cosiddetta autonomia delle strutture locali. A parte la difficoltà, anche tecnica, di determinare i livelli di tale autonomia, ci sono alcune questioni politiche che vogliamo ribadire e sottolineare.

Secondo la minoranza l'attuale Statuto del Partito attribuirebbe alle organizzazioni locali la scelta delle corrispondenti alleanze elettorali. E invece abbiamo più volte sottolineato come il criterio dell'autonomia non sia legato in maniera automatica ad alcun vincolo statutario, in quanto la struttura periferica del partito è basata sulle Sezioni, sulle Unione comunali, sulle Consociazioni locali e sulle Federazioni regionali, con poteri e compiti diversificati e regolati da norme distinte per ciascun livello. Se l'autonomia fosse regolata rigidamente dallo Statuto, essa dovrebbe applicarsi automaticamente a tutti i livelli della struttura periferica, altrimenti si verrebbero a creare tra i diversi organismi locali gli stessi problemi emersi nel rapporto tra il centro e la periferia. Invece l'autonomia è sicuramente un valore basilare per la vita del partito e fa parte della tradizione politica e culturale dei repubblicani, ma essa non può essere vista soltanto come fatto normativo in sé o come un momento separato dal quadro complessivo.

La verità è che il riferimento della minoranza allo Statuto per la definizione di un rapporto automatico tra centro e periferia è un espediente per aggirare una serie di problemi di linea politica che vanno invece affrontati e risolti in un rapporto di chiarezza e responsabilità tra dirigenti locali e segreteria nazionale del Partito, in una permanente osmosi che arricchisca tutti.

E' questa la linea che la Segreteria Nazionale ha cercato di costruire nelle recenti elezioni. Il PRI è alleato organicamente alla Casa delle Libertà e pertanto noi dobbiamo riempire e rafforzare la scelta fatta al Congresso di Bari con comportamenti elettorali coerenti a quell'alleanza, anche in sede locale. E' questa la linea che abbiamo cercato di costruire in occasione delle elezioni del 26 maggio, raccordando la nostra presenza ad una "Trattativa" nazionale, chiamata a coordinare la presentazione delle liste e delle candidature, con le diverse situazioni locali del partito. Ci siamo mossi fuori da ogni centralismo miope e schematico, ricercando soluzioni equilibrate tra le esigenze locali e il rispetto degli impegni verso i nostri alleati.

Abbiamo in sostanza riadattato alle nuove esigenze locali l'antica ricerca di equilibrio, applicata dal centro nazionale negli anni del centrosinistra. In quegli anni le giunte delle grandi città e spesso anche di quelle medie, la scelta degli stessi sindaci, erano regolate dall'intervento delle segreterie nazionali e dei responsabili degli Enti locali. Questa logica era accettata da tutti, anzi era addirittura sollecitata dalle organizzazioni periferiche che ricorrevano a Roma per avere maggior forza e rappresentatività in sede locale. Con la modifica delle leggi elettorali e la fine del sistema proporzionale questa esigenza si è rafforzata e vanno perciò ricercate soluzioni sul terreno politico, mettendo da parte localismi dannosi e posizioni personalistiche che rischierebbero di pregiudicare l'immagine del Partito.

In questa logica ci eravamo mossi per Carrara e Piacenza nelle recenti elezioni amministrative, favorendo al primo turno la presentazione di liste autonome con il simbolo dell'Edera. Ma nel turno di ballottaggio abbiamo dovuto riscontrare in sede locale tatticismi, ambiguità, resistenze che ci hanno costretto, al di là della nostra stessa volontà, ad interventi forti e tesi a tutelare la dignità e il prestigio del Partito.

Il tema dell'autonomia ricorrerà ancora nella nostra discussione congressuale, ma questa discussione dovrà tenere conto di quanto è successo nella recente campagna elettorale, che ha chiarito molti punti e spazzato via alcuni luoghi comuni, tra cui quello dell'automatismo statutario nella regolazione dei rapporti tra centro e periferia.

Una logica di tale tipo porterebbe in pochissimo tempo alla totale frantumazione del partito, alla scomparsa del suo insediamento e della sua dimensione nazionale con la nascita di potentati locali, basati sulla ricerca di alleanze finalizzate solo al mantenimento del potere.

Assisteremmo in pochissimo tempo alla scomparsa del PRI, come partito nazionale al servizio dell'Italia. E al suo posto avremmo solo una variegata arlecchinata! Una presenza estesa su tutto il territorio nazionale era stata la caratteristica del disegno di Ugo La Malfa per il rilancio del partito negli anni ‘60: partire dalla Sicilia e dal Sud per arrivare a Milano, con il Lazio e la Romagna e zone della Toscana come punti di forza di quell'insediamento territoriale.

Questo era stato anche il modello di Spadolini per il Partito della Democrazia negli anni ‘80. Questi sono stati i punti di riferimento nella nostra azione di rilancio del Partito, a cominciare dalle elezioni del 26 maggio.

E questa è una esigenza di tutti, o almeno di tutti quelli che puntano sul rilancio del Partito. A cominciare dalla Romagna, dove il problema del PRI non è quello - come sostiene qualcuno - "della costruzione di una terza forza per modificare la logica bipolare vigente o assicurare l'autonomia delle federazioni regionali, rispetto alle regole imposte dall'attuale sistema elettorale."

Nel nostro partito le battaglie politiche sono condotte spesso con un'intemperanza che non si addice affatto ai conflitti della ragione e sovente le loro sorti vengono decise dal peggiore segmento del partito.

A questo segmento appartengono coloro che non si curano dell'innata dignità della politica e degli interessi generali del Paese.

Essi sono animati, in genere, da obiettivi egoistici, dal desiderio di fare carriera, o dalla speranza di conseguire vantaggi.

I principi politici vengono persi di vista. La competizione che dovrebbe essere puramente razionale, senza altro fine che il raggiungimento della verità politica, degenera in una rissa in cui svolgono un ruolo primario la passione, l'interesse particolare, l'egoismo.

Noi pensiamo, e i risultati dell'ultimo turno amministrativo lo hanno confermato, che il PRI possa riprendere la sua crescita partecipando all'alleanza con le forze di centrodestra perché e lì che ritrova il suo spazio elettorale e ritrova il suo rapporto con quegli elettori moderati che l'avevano seguito negli anni del suo massimo consenso.

Le nostre notazioni critiche mirano a ricercare insieme soluzioni politiche e organizzative più adeguate. Proporre una terza forza o una terza via come hanno fatto gli amici romagnoli nei loro recenti congressi senza mettere in discussione, nemmeno per un momento, la partecipazione quasi automatica del PRI allo schieramento di centrosinistra nei comuni, nelle province e alla Regione è una pura finzione. Come lo stesso riferimento "al blocco sociale dei piccoli e medi imprenditori, ai professionisti che rifiutano il metodo della raccomandazione, ai lavoratori che vogliono governare con la concertazione" senza svolgere alcuna critica alla linea della sinistra, tutta basata su interessi e criteri opposti a quelli delle categorie e dei ceti sociali citati, ci sembra soltanto un'esercitazione sociologica non riuscita.

Esistono all'interno del nostro partito molti problemi ma essi vanno affrontati con discussioni serene senza trasformare gli eventuali oppositori in nemici implacabili e senza tradire la fiducia nel Partito e in chi lo guida perché i repubblicani devono comunque e sempre attribuire grande importanza alla propria reputazione di persone leali.

Il formare nuove sezioni, il creare dibattito, l'informazione sull'attività del Partito e soprattutto sull'attività degli amministratori repubblicani, che spesso vivono in dorato isolamento dai problemi del partito e della sua politica: tutto ciò deve contribuire a una migliore conoscenza di molteplici aspetti della vita politica che ovviamente deve essere più specifica tra gli attivisti, gli amministratori, i semplici iscritti, di quanto non lo sia tra i singoli cittadini.

IV. LA PIATTAFORMA PROGRAMMATICA DEL PRI

E' in questo spirito costruttivo, di reciproca osmosi tra centro e periferia, tra maggioranza e minoranza, che dobbiamo lavorare per attualizzare la piattaforma programmatica del Partito.

In questa relazione tenteremo perciò di dare un contributo - e solo un contributo che gli amici non mancheranno di arricchire - in questa direzione, muovendo dai nuovi scenari che abbiamo di fronte e soprattutto dal quadro internazionale che tutto condiziona.

Una politica in Europa - Il punto di partenza, da cui dipanare poi l'intero tessuto delle nostre scelte, non può che essere la collocazione del nostro paese in Europa. Una collocazione, ovviamente, che non può essere messa in discussione ed al cui rafforzamento intendiamo lavorare.

Ma il rafforzamento dei poteri comunitari, l'avvio dell'euro, l'allargamento ormai prossimo ad altri paesi (quasi tutti con prodotto pro-capite nettamente inferiore a quello degli attuali quindici membri), pongono problemi che non possono essere ignorati senza rischiare di far implodere la costruzione finora faticosamente messa a punto. Se fino agli anni ottanta bastava rivendicare la scelta europeistica per indicare una politica, oggi è diventato necessario fare politica in Europa, scegliere tra le possibili opzioni, contribuire in altri termini a definire gli orientamenti internazionali ed interni dell'Unione.

In primo luogo, la politica estera dell'Unione non può contrapporsi a quella degli Stati Uniti, essere strategicamente diversificata rispetto a quella americana. Non conviene agli USA, ma soprattutto non conviene all'Europa. Il solido legame tra le due sponde dell'Atlantico, che così fortemente ha contribuito alla sconfitta del comunismo ed alla vittoria della democrazia liberale e che ha favorito la formazione prima e il consolidamento poi della costruzione comunitaria, deve rappresentare anche per il futuro la stella polare della politica estera degli stati europei.

Condividiamo l'allarme lanciato tra gli altri da Angelo Panebianco, sulle colonne del Corriere della Sera, circa lo stato dei rapporti tra l'Europa e gli USA. Vogliamo solo aggiungere che certe posizioni assunte dagli organismi comunitari - per esempio sul Medioriente -, oltre che essere velleitarie, non hanno favorito la distensione di tali rapporti; come non la favoriscono la sottovalutazione - purtroppo ancora diffusa in Europa - dei problemi del terrorismo internazionale, di cui gli Stati Uniti hanno fatto invece una priorità assoluta.

E vogliamo anche aggiungere che al miglioramento dei rapporti non giova la teoria delle "due Americhe", ancora così diffusa nella sinistra, e non solo in quella di derivazione marxista. Si può avere maggiore simpatia per la politica di una amministrazione piuttosto che per quella di un'altra, ma non bisogna mai dimenticare che gli Stati Uniti rappresentano una unica grande democrazia, che ogni amministrazione interpreta tenendo conto delle esigenze, delle aspirazioni, degli orientamenti dei cittadini che rappresenta. Niente come questa tendenza a distinguere tra un'America buona e un'America cattiva, se si vuole tra Kennedy (che avviò l'impegno degli Stati Uniti in Vietnam) e Nixon (che vi pose fine), così radicata anche nella sinistra italiana di anni recenti, può essere dannosa per un corretto e proficuo rapporto tra le due sponde dell'Atlantico, oltre ad essere lontana dalla realtà.

Un altro punto fermo nella politica verso l'Europa può essere riassunto in uno slogan: "al trasferimento di maggiori poteri verso le istituzioni comunitarie deve corrispondere una loro maggiore rappresentatività". Che oggi esista, nell'Unione, un deficit di democrazia è cosa evidente. E questa condizione oggettiva fornisce argomenti e motivazioni sia agli euroscettici sia a quanti sono critici nei confronti di un rafforzamento delle istituzioni comunitarie.

Da queste considerazioni ne discende un'altra. L'Unione si è sovraccaricata di compiti che meglio sarebbe stato affidare ai singoli stati, anche per salvaguardare quelle diversità che sono una caratteristica e debbono costituire una ricchezza dell'Europa. Mentre appare incapace di crescere proprio su materie che sono peculiari degli organismi centrali.

Un riequilibrio su questo terreno appare indispensabile, anche alla luce di quel principio di sussidiarietà che ormai è patrimonio comune della moderna cultura democratica.

Sempre sul terreno istituzionale, e in un certo senso riassuntiva di queste esigenze, si delinea come realistica la scelta confederale che il Ministro degli Esteri tedesco, Fisher, schierandosi per la politica della gradualità, ha rilanciato di recente e che appare come il naturale punto di equilibrio tra le diverse tendenze. Non sono ancora chiare, allo stato, le linee di fondo lungo le quali si articolerà la discussione in seno alla Convenzione presieduta da Giscard d'Estaing. Ma siamo convinti che questa partita - se giocata con intelligenza e realismo - potrà far crescere sul terreno istituzionale l'Europa politica.

Terzo punto, infine, le riforme economiche e il patto di stabilità. E' fin troppo evidente che la nascita dell'euro ha creato in Europa una situazione abnorme: centralizzazione della politica monetaria, confusione nella gestione della politica economica. Lo stesso patto di stabilità appare già logoro. Nato in una situazione particolare, e voluto essenzialmente dalla Germania per rassicurare i sostenitori ad oltranza del marco e del rigore finanziario, oggi è disatteso, tra gli altri, proprio dalla Germania; e finisce per essere di ostacolo nei confronti di quelle politiche espansive che avrebbero potuto imprimere all'economia europea maggiore velocità e così riequilibrare il rallentamento di quella americana.

L'idea di una revisione del patto "per tener conto, nel calcolo dei deficit ammissibili, della componente ciclica dell'andamento economico .... e per escludere dal calcolo del deficit le spese di investimento" - come ha scritto Giorgio La Malfa in un recente saggio - ha quindi un suo solido fondamento. Tanto più se venisse accompagnata da una accelerazione di quelle riforme economiche - dal mercato del lavoro alle liberalizzazioni - che sono state approvate al vertice di Barcellona anche sotto la spinta di Gran Bretagna, Italia e Spagna.

C'è infine un'ulteriore considerazione da fare, che può essere riassuntiva di una politica verso l'Europa. La Comunità si era formata inizialmente intorno ad un nocciolo duro, al cuore carolingio dell'Europa; questa necessità nasceva anche dall'esigenza di trasformare in intese i contrasti che avevano provocato due guerre mondiali e insanguinato il Reno. Aveva dato concretezza all'auspicio formulato da Adenauer e De Gaulle dinanzi alla Cattedrale di Reims.

L'Unione è oggi una realtà diversa. Senza voler disconoscere il grande ruolo che in essa hanno Francia e Germania - peraltro non più così solidamente alleate tra di loro - è difficile ignorare il dinamismo di altre società e di altri governi, a cominciare da quelli di Gran Bretagna e Spagna. E soprattutto è difficile disconoscere che si vanno formando in Europa alleanze a geometria variabile, nate su singole questioni o su gruppi di problemi (e talora su temi di fondo, come il rapporto con gli Stati Uniti). Sarebbe perciò un errore - e la sinistra lo commette spesso, ancora di recente a Johannesburg - scambiare la fedeltà renana per lealtà europeistica. L'Europa ha una molteplicità di protagonisti, visioni e disegni politici non sempre omogenei, e tutti sono altrettanto legittimi: ancora una volta, forse è il caso di ricordare che è proprio la diversità il patrimonio del Vecchio Continente!

Le priorità della politica economica interna - In un recente documento approvato dalla Direzione Nazionale, a commento del DPEF presentato dal governo, sono state ribadite quelle che i repubblicani considerano le priorità di politica economica e che debbono perseguire - in sintonia con le compatibilità europee e nell'ambito delle competenze ancora nazionali - un duplice obiettivo: tutelare l'equilibrio della finanza pubblica; accelerare lo sviluppo economico, soprattutto nelle regioni meridionali dove è ancora diffusa la disoccupazione strutturale.

In questa prospettiva per un verso vanno realizzate, sia pure con la necessaria gradualità, le riforme di cui il paese ha bisogno e per altro verso vanno rilanciati i programmi di investimento sacrificati negli anni novanta.

Tra le riforme, che debbono avere per obiettivo quello di ridurre il divario di competitività tra il nostro sistema produttivo e quello di altri paesi industrializzati, riteniamo prioritarie: la revisione del sistema previdenziale, che continua ad assorbire, secondo recenti rilevazioni dell'Istat, circa il 15% del prodotto interno lordo e non solo rappresenta un nodo irrisolto per la finanza pubblica italiana ma blocca la possibilità di potenziare altre politiche di welfare; la riforma del mercato del lavoro, anche attraverso una ristrutturazione della tipologia e delle modalità dei contratti, che tenga conto in particolare delle diverse condizioni territoriali; il rilancio della politica delle privatizzazioni, che deve essere aperta anche al concorso del mercato internazionale e deve avere per obiettivo in primo luogo il rafforzamento del sistema produttivo.

A questa politica di riforme va affiancata la ripresa di una vigorosa politica di investimenti, secondo alcune priorità che i repubblicani hanno più volte sottolineato: la ricerca scientifica, che in Italia continua ad essere sacrificata e senza la quale è impossibile quell'innovazione su cui si gioca la vera partita della competitività tra i paesi industrializzati; il settore energetico, per il quale il PRI ritiene - anche in considerazione della sua tradizionale e lungimirante posizione favorevole all'uso civile del nucleare - che debbano essere ripresi gli studi al riguardo, in particolare sui nuovi reattori nucleari a sicurezza intrinseca, anche tenendo conto di quanto stanno facendo in questo campo tutti i maggiori paesi industrializzati e del dibattito sull'energia rinnovabile come si è sviluppato dietro le quinte della Conferenza di Johannesburg; la valorizzazione e la salvaguardia dei beni culturali - che rappresentano un grande patrimonio nazionale e sono il primo biglietto da visita dell'Italia nel mondo - anche attraverso un più ampio coinvolgimento delle Fondazioni bancarie e senza intraprendere la via della vendita-svendita ai privati.

L'opzione meridionalistica - La politica economica deve peraltro essere orientata, sia pure nel rispetto del mercato, verso l'obiettivo del riequilibrio territoriale. Negli anni novanta il divario tra Nord e Sud si è accentuato. A confermarlo basterebbero i dati sulla disoccupazione, che nel Mezzogiorno rimane altissima (18,6%) mentre è pressoché inesistente al Nord (3,8%).

L'on. Fassino, con qualche improntitudine, ha affermato a Reggio Calabria, nel corso di un cosiddetto " Mezzogiorno Day", che oggi "c'è un governo di centrodestra che ignora il Mezzogiorno e che lo ha tolto dall'agenda delle priorità politiche". Potremmo rimandare l'on. Fassino alle responsabilità di chi ha governato il Paese negli ultimi anni e di chi ha gestito i ministeri economici importanti e la stessa politica meridionalista, vale a dire il partito dell'on. Fassino.

Alla chiusura dell'intervento straordinario, non è subentrata alcuna strategia alternativa; e molte delle difficoltà odierne sono dovute proprio a questo, serviva e serve una politica, non solo soldi. D'altro canto, così come il meridionalismo del PCI era stato nel dopoguerra approssimativo, declamatorio e basato su un forte raccordo con la politica della CGIL, impegnata a tutelare anche allora più gli interessi degli occupati delle regioni forti e sviluppate del Nord che quelli dei disoccupati e sottoccupati delle deboli regioni del Sud, così ora di fronte all'iniziativa del governo per la riforma del mercato del lavoro, il recupero del sommerso ed altre iniziative tese a favorire lo sviluppo imprenditoriale del Mezzogiorno - la sinistra si abbandona alla protesta e al massimalismo.

L'obiettivo di una moderna politica meridionalista deve essere invece quello di trasformare - anche con strumenti ordinari - quest'area del paese da area più o meno arretrata in una nuova frontiera dello sviluppo europeo, cogliendo tra l'altro quei segnali di novità che cominciano ad essere presenti in alcune regioni. E di perseguire tale trasformazione affiancando ad un programma di ammodernamento delle infrastrutture, anche immateriali, una valorizzazione del mercato e delle sue potenzialità.

In questa prospettiva, e per evitare errori commessi in passato, il PRI formula tre proposte concrete: mettere a punto programmi di opere pubbliche che tengano conto di tutti gli impatti sulla realtà esistente e della necessità di rimuovere le eventuali strozzature che renderebbero di fatto quelle opere scarsamente efficaci; monitorare i ritardi e le inadeguatezze delle amministrazioni locali, per evitare che finanziamenti utilizzabili, magari di provenienza comunitaria, finiscano per non essere attivati; rinegoziare con gli organismi europei - in vista dell'allargamento dell'Unione a paesi con più basso reddito - un ruolo per il Mezzogiorno nell'ambito di una politica mediterranea, strumento indispensabile all'Europa per allargare la sua influenza politica ed economica verso un'area strategica per l'Occidente.

Basta con le iniziative "manifesto" che producono solo illusioni e diffusione di micro-infrastrutture di stampo clientelare ed elettoralistico. Bisogna invece programmare, progettare e realizzare un "sistema di infrastrutture" per il Mezzogiorno con una politica congruente agli obiettivi di sviluppo che il Governo dice di voler perseguire.

La politica dell'immigrazione - Il PRI fu sicuramente il primo partito a cogliere, già verso la fine degli anni ottanta, la complessità di questo problema. E a capire che, se il fenomeno non fosse stato efficacemente regolato, avrebbe provocato forti tensioni. Noi avvertimmo già allora che in un paese dove c'è ancora, come a Cercola, chi si dà fuoco perché non trova lavoro, un'immigrazione non controllata rigorosamente come quella che si è verificata negli anni scorsi avrebbe creato un duplice e drammatico problema: aprire un conflitto, soprattutto nel Mezzogiorno, tra gli extracomunitari disponibili al lavoro nero e a salari irrisori e i disoccupati italiani, che avrebbero incontrato ulteriori difficoltà per inserirsi nel mondo del lavoro; e accentuare, soprattutto nelle grandi aree metropolitane, nelle periferie, nelle zone più congestionate del paese, il disordine urbano e il senso di insicurezza, aprendo un varco all'instabilità sociale e politica.

E' quello che puntualmente si è verificato. Né il decreto Martelli né tantomeno la legge Turco-Napolitano sono riusciti a dare risposte efficaci. Né può essere una risposta efficace l'appello all'accoglienza che proviene autorevolmente dal mondo cattolico e che se può essere giustificato sotto il profilo etico, non tiene conto dei termini reali - economici, sociali e politici - di tale questione.

Non ci nascondiamo la complessità del problema, che non a caso è problema europeo. L'obiettivo deve essere quello di accogliere solo - e bene - chi può trovare un lavoro ufficiale e quindi, di conseguenza, vedere agevolata la sua integrazione nella società italiana; e di respingere con fermezza l'immigrazione clandestina, anche quando non è delinquenziale, perché finisce inevitabilmente per accrescere degrado, disordine, insicurezza.

La legge Bossi-Fini è certamente un passo in avanti in questa direzione. Ma molto dipende dalle modalità di applicazione e dalla coerenza e costanza con cui la magistratura e le autorità amministrative vigileranno in concreto sulla sua attuazione. Per quanto ci riguarda, non intendiamo rinunciare ad una battaglia che - lo dimostra il caso della civilissima Olanda - è diventata vitale per le società europee.

La riforma delle leggi elettorali - Abbiamo già avuto modo di illustrare, in un Consiglio Nazionale, la posizione del PRI sulla riforma delle leggi elettorali che regolano gli enti locali. Dicemmo allora che, per realizzare un più equilibrato rapporto tra funzione di governo e funzione di controllo, è necessaria una modifica di tali leggi in senso proporzionale, in modo da costringere "il sindaco - pur eletto direttamente dal popolo - a cercarsi e garantirsi una maggioranza in consiglio ".

Riteniamo che il Congresso Nazionale sia l'occasione giusta per assumere una posizione chiara anche sulla legge elettorale nazionale. E riteniamo che la scelta giusta, per il paese e per il Partito, possa essere quella del premio di maggioranza alla coalizione vincente, che è in grado di assicurare stabilità istituzionale e rappresentanza reale; in qualche modo di comporre le esigenze del bipolarismo con il rispetto delle diversità.

Ad un tale modello elettorale ha fatto riferimento, anche di recente, il Presidente del Consiglio, ritenendolo il più idoneo al governo del paese. Con questa proposta concordiamo e non gli mancherà certo il nostro sia pur modesto sostegno se e quando vorrà condurla in porto.

La riforma del sistema radioteleviso - Il disegno di legge sulla riforma del sistema radiotelevisivo presentato dal Ministro delle comunicazioni e approvato dal governo proprio in queste ultime settimane, dopo anni di inutili attese di interventi in materia da parte dei governi di centrosinistra, può essere certamente considerato un contributo e uno sforzo tecnico apprezzabile per contribuire a risolvere nei fatti il cosiddetto conflitto di interesse; ma soprattutto si tratta di un lodevole tentativo di innovare legislativamente in un settore strettamente legato all'innovazione tecnologica e alla concorrenza dei mercati internazionali e da troppo tempo ingessato in una gabbia normativa ormai inadeguata, la legge Mammì, cui va comunque riconosciuto il merito di aver garantito per oltre un decennio uno stabile equilibrio tra servizio pubblico, privati e carta stampata.

La possibilità per le imprese dell'informazione di operare a tutto campo, nell'editoria cartacea, elettronica e radiotelevisiva via cavo e via etere, superando gli ormai anacronistici vincoli settoriali, pur nel rispetto di limiti di concentrazione adeguati a garantire la concorrenza di mercato e il pluralismo informativo, assicurerà ad un comparto strategico per l'economia nazionale e per la stessa democrazia grandi occasioni di espansione e di sviluppo.

Proprio in questa prospettiva di allargamento del mercato, riteniamo, tuttavia, ancora debole il processo di privatizzazione della RAI che il disegno di legge mette in moto. Affidare il futuro dell'ente radiotelevisivo ad una public company, operativa peraltro in un arco di tempo di dodici anni, rischia, di lasciare sostanzialmente inalterate le cose e di non risolvere con la necessarie tempestività il nodo cruciale e annoso del sistema informativo italiano.

La posizione dei repubblicani su questa materia è nota e non è di oggi: la RAI deve essere in tempi rapidi privatizzata realmente senza alchimie che ne consentano comunque il controllo da parte del potere politico.

CONCLUSIONI

Cari amici,

è mia speranza che il dibattito congressuale sia incentrato più sul futuro che sul passato, più sulle prospettive politiche ed organizzative del Partito che su logoranti e spesso cavillose divisioni interne. E' mia speranza che il Congresso di Fiuggi possa essere il Congresso del rilancio, così come quello di Bari fu il Congresso della svolta.

Un Congresso, quindi, teso alla valutazione dei risultati conseguiti ma anche all'individuazione di nuovi strumenti organizzativi e statutari, capaci di garantire l'autonomia e il rilancio del Partito negli anni che verranno. Un Congresso in grado di andare oltre le vecchie polemiche e di segnare una svolta necessaria nei meccanismi operativi, senza i quali ogni progetto politico rischia di ridursi a pura esercitazione verbale.

Intorno a molti temi programmatici possiamo ritrovare una sostanziale unità con gli amici della minoranza, almeno con quelli che sostengono con reale convinzione l'ipotesi della terza forza. Da questi amici ci divide un solo anche se significativo punto politico, e cioè la consapevolezza che il PRI è chiamato ad operare in un sistema elettorale di tipo maggioritario - da noi, è bene chiarirlo, non voluto e non auspicato -, che allo stato impone precise scelte di campo.

E noi abbiamo scelto di schierarci dalla parte della Casa delle Libertà perché, al di là di ogni valutazione sui gruppi dirigenti, è da quella parte che si ritrovano quegli aggregati sociali che maggiormente spingono per le riforme necessarie al paese e che non a caso votavano, negli anni del proporzionale, il Partito Repubblicano.

Il centrosinistra - e la sua evoluzione lo sta dimostrando - appare sempre più espressione di un blocco sociale conservatore, che si oppone ad ogni significativa trasformazione del paese, al quale si sommano intellettuali confusi ed inquieti e movimenti antistorici. E l'evolversi del quadro internazionale rischia di introdurre, all'interno di questo schieramento, lacerazioni crescenti e forme di infantile estremizzazione.

Alleati con la Casa delle Libertà, dunque, ma in posizione autonoma e - se e quando è necessario - critica. Da questa posizione discende anche la nostra decisione di cercare un raccordo, a livello parlamentare e con la costituzione di un gruppo comune, con quel Nuovo PSI che con noi condivide molte analisi e analoga collocazione. Per guardare, quando possibile insieme, alla creazione di un polo di riferimento che possa irrobustirsi e crescere quando la lunga fase della transizione si sarà esaurita.

Cari amici,

noi abbiamo sentito forte, specie in questi anni di difficile resistenza, l'orgoglio della nostra appartenenza al PRI, l'essere rimasti repubblicani in un Partito che aveva voluto conservare il suo nome e il suo simbolo, mentre fuori tutto mutava e tutto si scomponeva. Questa scelta è stata importante per noi, per la nostra storia, per la nostra identità, per la nostra militanza. Ma da sola essa non può bastare ad assicurare un futuro politico ed elettorale al PRI. Dobbiamo andare oltre la fase della sopravvivenza.

Ugo La Malfa negli anni ‘60, per giustificare le ristrette dimensioni del Partito, diceva: "il PRI non è un residuo del passato ma un nucleo dell'avvenire". Tante volte abbiamo sentito ricordare dai repubblicani i trascorsi meriti del PRI, la sua storia spesso difficile e minoritaria. Ma tutto questo non basta per farne un Partito. Noi dobbiamo attrezzarci pensando al futuro e questo Congresso rappresenta un momento basilare di questo cammino e di questa prospettiva.

"Nucleo dell'avvenire". Questo dobbiamo tornare ad essere. E in questa prospettiva dobbiamo riprendere il dialogo con quelle forze che nel paese si richiamano ai valori liberali, al mercato e all'efficienza delle imprese, alle competenze professionali e alla meritocrazia. Dobbiamo tornare insomma a rappresentare quelle forze che erano il nostro tradizionale riferimento elettorale, che sono sicuramente l'avvenire del paese e che avvertono un crescente disagio verso il partito di maggioranza relativa a mano a mano che questo si va trasformando - come osserva Ostellino - da partito liberale di massa in una nuova democrazia cristiana.

Certo, tra mille difficoltà. Qualche volta anche di comunicazione interna ed esterna, dopo che la chiusura forzata della "Voce Repubblicana" ha privato i repubblicani di uno strumento essenziale d'informazione sulla vita del Partito, sulle iniziative politiche degli organismi centrali, sull'attività dei parlamentari e di conseguenza hanno trovato spazio e anche ascolto voci false e tendenziose tese a minare la credibilità dei dirigenti nazionali.

Né il ruolo di supplenza svolto dal nuovo sito internet, che pure tanti apprezzamenti ha ricevuto, può colmare questo vuoto. La riapertura della "Voce Repubblicana" rimane obiettivo prioritario di questa Segreteria.

E in questa direzione si sta muovendo il nuovo Amministratore del Partito l'amico Giancarlo Camerucci che ringrazio per il suo impegno nell'affrontare vecchi problemi finanziari, resi oggi più difficili dalla carenza di leggi sul finanziamento pubblico dei partiti, coerenti con il nuovo sistema elettorale.

Cari amici,

non abbiamo bisogno di eroi, né di santi, ma di persone, che pur con i loro difetti, sanno compiere quotidianamente il loro dovere senza farlo pesare agli altri e fuori da ogni logica di sudditanza.

Noi abbiamo orgoglio per la nostra storia e speranze per il nostro futuro: nella consapevolezza che solo chi affonda le sue radici in un solido retroterra storico può scommettere sul futuro.

Sappiamo che noi - la nostra generazione - potrà essere più testimone del passato che protagonista nella costruzione del futuro. Che dobbiamo rinnovare e ringiovanire, a cominciare da questo Congresso, la nostra classe dirigente. Che ad altri, più giovani, dovremo consegnare appena possibile le redini del Partito.

Per loro anche lavoriamo, per poter dire domani con orgoglio che il nostro lavoro - magari oggi oscuro - non è stato inutile. E che la stella secolare dell'Edera, rinvigorita, rinnovata, ammodernata, è tornata a splendere.
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tratto dal sito web del
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif (http://www.pri.it)

echiesa
28-09-02, 07:59
Mi sono fermato a leggere a metà ed ho capito tutto: ciao ciao .
saluti
echiesa:fru

echiesa
28-09-02, 15:39
In questa logica ci eravamo mossi per Carrara e Piacenza nelle recenti elezioni amministrative, favorendo al primo turno la presentazione di liste autonome con il simbolo dell'Edera. Ma nel turno di ballottaggio abbiamo dovuto riscontrare in sede locale tatticismi, ambiguità, resistenze che ci hanno costretto, al di là della nostra stessa volontà, ad interventi forti e tesi a tutelare la dignità e il prestigio del Partito.

Scusate, e per Buccinasco rose e fiori??? Avevano ragione quelli di F.I. a chiedere a Berlsuconi di Commissariare la Segreteria Nazionale del PRI, e li ho anche offesi: bisogna che mi scusi.
saluti
echiesa:fru

echiesa
28-09-02, 15:41
E noi abbiamo scelto di schierarci dalla parte della Casa delle Libertà perché, al di là di ogni valutazione sui gruppi dirigenti, è da quella parte che si ritrovano quegli aggregati sociali che maggiormente spingono per le riforme necessarie al paese e che non a caso votavano, negli anni del proporzionale, il Partito Repubblicano.

Tutti sti aggregati sociali, ndo sono???
Che sò gli aggregati sociali???
saluti
echiesa :fru

echiesa
28-09-02, 15:48
Nel nostro partito le battaglie politiche sono condotte spesso con un'intemperanza che non si addice affatto ai conflitti della ragione e sovente le loro sorti vengono decise dal peggiore segmento del partito.

Bari?? Non mi sento di offendere così ingiustamente, nè di offendere mai gli Amici che a Bari non erano daccordo con me

A questo segmento appartengono coloro che non si curano dell'innata dignità della politica e degli interessi generali del Paese.
Vedi sopra.

Essi sono animati, in genere, da obiettivi egoistici, dal desiderio di fare carriera, o dalla speranza di conseguire vantaggi.
Idem
E chi sarebbero coloro che rappresentano " Il peggior Segmento del Partito??" Fatemelo un pò capire???Chi non è daccordo lo diventa automaticamente???
saluti
echiesa:fru

echiesa
28-09-02, 15:50
Non ha senso alzare il livello della critica nei confronti del governo Berlusconi con riferimento all'attuale deficit pubblico e ignorare che dopo cinque anni di governo rosso-verde la Germania - la Germania che era stata il paese del rigore, del marco forte e dell'inflessibile Bundesbank - ha sforato ufficialmente i parametri di Maastricht. E che la Francia - afflitta dagli stessi problemi - sta rapidamente rivedendo alcuni dei provvedimenti decisi dal governo Jospin.

Visto che non si può salvare in Italia guardiamo a casa d'altri
saluti
echiesa:fru

echiesa
28-09-02, 15:53
elettorali successivi, l'unica possibile alleanza è quella con le altre forze politiche della Casa delle Libertà: tranne i casi, motivati e comunque concordati con la Segreteria Nazionale, di scelte particolarmente inaccettabili riguardanti i candidati ai vertici degli enti o quelle ipotesi in cui i repubblicani dovessero decidere di presentarsi - per particolari condizioni locali - al di fuori dei due schieramenti su una posizione realmente autonoma.

Quindi nel Partito dei programmi contano gli uomini, e non i programmi. Se il programma non ci piace ed il candidato non è Totò Riina bisogna andare per forza, benissimo.
saluti
echiesa:fru

echiesa
28-09-02, 15:56
nostri timori erano anche maggiori, avendo collegato in maniera pressoché organica le nostre liste alla coalizione della Casa delle Libertà, per cui un insuccesso della coalizione avrebbe condizionato negativamente anche i risultati delle nostre liste. Tutto questo non c'è stato: il centrodestra ha confermato la sua forza e lo ha fatto su un terreno amministrativo che in genere gli è più ostico.

MA DOVE VIVONO??? MA SE NEL POLO SONO INC.ZZATI COME BESTIE PER I RISULTATI DEL MAGGIO U.S.!!! MA SE HANNO COMMISSARIATO DA TUTTE LE PARTI???MA SE HANNO PERSO PURE AD ARCORE
MA CHE MI TOCCA LEGGERE
Saluti
echiesa:fru

echiesa
28-09-02, 15:58
il PRI aveva ottenuto buoni risultati, in particolare a Palermo,


DOVE???????:eek: :eek:
Anita, non volermene.
Saluti
echiesa:fru

echiesa
28-09-02, 16:03
L'esigenza di maggiore distensione nei rapporti interni non può però essere perseguita a scapito della chiarezza della linea politica scelta dalla maggioranza. Il terreno d'incontro non può pertanto essere per noi quello di stravolgere, con ambiguità tattiche, quella linea o di concedere sconti e deroghe che favorirebbero solo la confusione.

E così si elimina la possibilità locale di far politica: bene, basta saperlo.
saluti
echiesa:fru

nuvolarossa
28-09-02, 22:33
Originally posted by echiesa
Nel nostro partito le battaglie politiche sono condotte spesso con un'intemperanza che non si addice affatto ai conflitti della ragione e sovente le loro sorti vengono decise dal peggiore segmento del partito.

Bari?? Non mi sento di offendere così ingiustamente, nè di offendere mai gli Amici che a Bari non erano daccordo con me

A questo segmento appartengono coloro che non si curano dell'innata dignità della politica e degli interessi generali del Paese.
Vedi sopra.

Essi sono animati, in genere, da obiettivi egoistici, dal desiderio di fare carriera, o dalla speranza di conseguire vantaggi.
Idem
E chi sarebbero coloro che rappresentano " Il peggior Segmento del Partito??" Fatemelo un pò capire???Chi non è daccordo lo diventa automaticamente???
saluti
echiesa:fru
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trovo strano che poni delle domande su argomenti dove gia' erano chiare e nette le risposte....rileggi quanto da te stesso riportato.....ma rileggi non in modo affrettato....e troverai le risposte:

......A questo segmento appartengono coloro che non si curano dell'innata dignità della politica e degli interessi generali del Paese.......

Essi sono animati, in genere, da obiettivi egoistici, dal desiderio di fare carriera, o dalla speranza di conseguire vantaggi......

Fa parte del peggior segmento del Partito chi ha queste caratteristiche e non ci sono automatismi di appartenenza per chi dissente dalla linea maggioritaria come tu, liberamente, traduci.

echiesa
29-09-02, 09:07
Bhe, dice che" le loro sorti vengono sovente decise dal peggior segmento del partito": quindi il peggior segmento del partito con tutte quelle simpatiche caratteristiche è chi ha vinto a Bari, e con tutta la contrarietà non mi sento di giudicarli tali, o quelli che vi si oppongono. Oppure il sovente non va bene, perchè vuol dire che sia fra la maggioranza che la minoranza c'è gente che rappresenta qualcosa di molto negativo ( peggior segmento non è un complimento). In una relazione diciamo così, "abbastanza schierata" affermare che coloro che sono daccordo con te possano essere il "peggior segmento del partito" mi sembra onestamente un pò forzato .
saluti
echiesa:fru

Anita
29-09-02, 09:15
Originally posted by echiesa
il PRI aveva ottenuto buoni risultati, in particolare a Palermo,


DOVE???????:eek: :eek:
Anita, non volermene.
Saluti
echiesa:fru

Non trovo giusto che pontifichi da una zona dove avete perso 3/4 mila voti e avete il coraggio di farvi festa da soli per questo bel risultato dicendo che in cambio avete avuto assessorati e presidenze.
Tutto cio' mi sembra la trasposizione moderna dei 30 denari avuti in cambio del tradimento della linea nazionale.

echiesa
29-09-02, 09:34
Senti un pò trenta danari, non mi faccio ne festa da solo ne volgio offendere nessuno, e tanto è vero che ti ho detto non volermene: ottimo che abbiate presentato una lista, ottimo che vi stiate dando da fare e vi sono vicinissimo, ma parlare si successo della lista mi pare un pò forte a Palermo con tutto il rispetto: se noi qui qualcosa si riesce a fare mica è colpa nostra??E questo vuole essere uno stimolo a lavorare di più.Mentrte parlo di di b uon risultato in allcune zone della Sicilia: strano, manca Messina
Quindi non pontifico un bel nulla, leggo. Vi faccio i complimenti e gli auguri per il lavoro che state facendo e spero di leggere anche voi alle prossime elezioni fra coloro che hanno preso il maggior numero di voti, e questo con tutto il cuore e l'amicizia.
Piuttosto, a proposito di pontificare, quello di Carrara alle ultime elezioni è stato il maggior successo del PRI fra tutti i comuni. Lo si voglia o no il dato è quello. Poi possiamo discutere quanto vogliamo, commissariare quanto vogliamo, deferire quanto vogliamo, ma per ora il dato è quello, e sempre in nome del PRI.
saluti
echiesa:fru

Anita
29-09-02, 09:43
Se non lessi male da qualche parte del Forum c'era scritto che il miglior risultato fu ottenuto a Reggio Calabria, non ricordo se in citta' o in provincia.
Il vostro veniva annoverato tra le perdite della "borsa" , purtroppo sempre in nome del Pri, senno' la media nazionale sarebbe stata molto piu' alta.

echiesa
29-09-02, 09:55
Si, ci hanno annoverato fra le perdite: rispetto al 98 abbiamo perso voti, non vi è dubbio. Ora sarebbe lunghetta starti a rifare tutta la storia, a ricordare le difficoltà che abbiamo affrontato, il fatto che molti ci abbiamo voltato le spalle perchè non avevamo fatto scelta di campo per il csn al primo turno ( alcuni va detto anche perchè non l'avevamo fatta per il cds), con F.I. che diceva che tanto non contavamo nulla e che ci avrebbero mandati a casa tutti: se hai tempo rileggere il 3d il partito della democrazia a carrara. Non ti credere sia stato facile prendere certi voti, meno del'altra volta, con 20 liste concorrenti e noi da soli contro il mondo e con il nostro elettorato che non si fidava più causa scelta nazionale.Comunque, se la nostra è una perdita, pure a livello nazionale è stata perdita allora, dato che nel 96 2 dep. e 2 senatori mentre nel 01 1 e 1 : vabbè, acqua passata, lasciamo perdere. Resta il fatto però che ad oggi il PRI ha di nuovo il 10% dei consiglieri comunali e tutta l'altra roba che ci permette di fare politica ed incidere nella città e nelle sue scelte.
Nella relazione viene detto che che al nord non è andata bene: chieste la cause, analizzate?? Nulla: si parla della Cirami: ma chi se ne frega!!!!!! Vediamo le cose nostre, non quelle che si fanno gli altri.
saluti
echiesa:fru

Anita
29-09-02, 12:44
Non credo che abbiate perso voti a causa delle scelte di politica nazionale perche' tale politica ci ha fatto aumentare in tutte le localita' dove ci siamo presentati, fuorche' in Toscana.
Comunque lasciamo perdere che e' meglio tanto la nostra discussione mi sa che non porta da nessuna parte.

Sorrisi.

echiesa
29-09-02, 12:49
Vedi?? Quando si parla di autonomia si parla proprio di questo: io non so la situazione di palermo, e quindi non posso obbligarti ad andare qui o lì: tu non conosci la situazione di carrara, e non posso essere obbligato ad andare qui o lì. Io e te sappiamo come vanno le cose a casa nostra e dove si può lavorare meglio per la città. Sa più un somaro a casa propria che un dottore a casa d'altri.
Senza trenta denari.
A proposito, da ieri anche un Presidente di Circoscrizione.
saluti
echiesa:fru

nuvolarossa
30-09-02, 20:21
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI15.jpg

nuvolarossa
01-10-02, 18:03
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI16.jpg

nuvolarossa
02-10-02, 18:19
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI17.JPG

nuvolarossa
03-10-02, 17:58
MODULO PRENOTAZIONE

43° CONGRESSO NAZIONALE P.R.I.
FIUGGI 25-26-27 OTTOBRE


COGNOME........................................... ..................................

NOME.............................................. .....................................

VIA............................................... .......................................

CITTA'…........................................... ......CAP........................

TELEFONO.....................................FAX.. ................................



PRENOTA N°............CAMERA/E DOPPIA/E

PRENOTA N°............CAMERA/E SINGOLA/E

CON ARRIVO IL...............E PARTENZA IL...................


PENSIONE COMPLETA PER PERSONA

CATEGORIA HOTEL DOPPIA SINGOLA

4 STELLE O € 70,00 O € 80,00

3 STELLE O € 50,00 O € 55,00

2 STELLE O € 35,00 O € 40,00

La presente scheda, compilata in stampatello, deve essere inviata
entro il 18-10-2002
a: FIUGGI MEETINGS & SERVIZI via Fax al numero: 0775/504794

nuvolarossa
03-10-02, 18:03
Intervento di Giancarlo Cimatti

Prendo spunto da un apprezzabile e condiviso intervento di Gianni Ravaglia per ribadire l'esigenza di un progetto politico che recuperi l'unità dei repubblicani e sappia aggregare le forze migliori del Paese per una Italia e una Europa all'altezza delle nostre aspettative.

L'orizzonte appare denso di nubi funeste:

- venti di guerra si annunciano a Oriente, il terrorismo internazionale turba equilibri e prospettive…il pacifismo nostrano si mobilità…l'Europa non sa cosa fare…

-la politica economica del Governo, in presenza di una congiuntura economica e finanziaria internazionale sfavorevole, mostra tutti i suoi limiti e le sue improvvisazioni…(…basta con i condoni)

-la sinistra riformista ha lasciato il campo a girotondi e proteste

-il conflitto politico/sociale rischia di avere effetti dirompenti (non solo nei rapporti col Governo ma all'interno della società)

- il Governo è in netta difficoltà ( appare evidente la perplessità di fasce e segmenti sociali che l'hanno votato) e non gli viene riconosciuta l'autorevolezza necessaria per affrontare i momenti difficili: Altro che riforme… siamo in un pantano

PIU' CHE MAI C'E' BISOGNO DEI REPUBBLICANI !

Più che mai c'è bisogno di una forza che, per tradizione e cultura, sappia essere di riferimento, di garanzia, di unità attorno ad un progetto condiviso.

Come possiamo essere riferimento per il Paese se continuiamo ad essere divisi? Come possiamo recuperare l'unità nostra se non ci dotiamo di un progetto politico all'altezza della nostra tradizione e della nostra cultura?

Usciamo da logiche di schieramento! (a Roma come a Ravenna). Ritroviamo con orgoglio la nostra anima, confrontiamoci sui contenuti e , su questi _ e sui nostri antichi valori- operiamo per favorire una grande aggregazione di ispirazione repubblicana, laica, liberaldemocratica che sappia essere di riferimento per il Paese in questa lunga e difficile transizione. Per quanto mi consta c'è richiesta di un siffatto soggetto politico.

E' il momento di costruire e non di distruggere. Cerchiamo di comprendere _ con rispetto e umiltà- gli uni le ragioni degli altri, ricerchiamo la nostra unità sulle politiche ( gli eventuali schieramenti _nazionali e locali- ne discenderanno per conseguenza)

Intransigenza sui valori e sui principi; identità occidentale; Europa; risanamento economico, un progetto per lo sviluppo, un nuovo stato sociale, mi appaiono gli elementi caratterizzanti.

Giancarlo Cimatti segretario U.C. PRI Ravenna

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tratto dal sito web
http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

nuvolarossa
04-10-02, 16:43
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI18.JPG

nuvolarossa
05-10-02, 10:05
Mancano ormai solo piu’ 20 giorni all’inizio del Congresso Nazionale.

Il clima in giro sembra alquanto sereno.
Anche le ultime vicende di politica internazionale hanno contribuito, indirettamente, a rasserenarlo.

Anche la strategia del csx del quotidiano “al lupo, al lupo” finira’, come nella famosa favola, di non essere piu’ creduta dal popolo, perche’ inflazionata dal suo uso perenne e deteriore.
A quel punto tanti, ancor piu’ di oggi, si chiederanno, ad esempio, se e’ valsa la pena, di dividere il Paese su tanti problemi, uno su tutti l’art.18, solo per dare elementi di supporto a questa quotidiano urlo “lupesco”.

Anche in quel frangente noi Repubblicani, in rispetto della memoria di un riformista di sinistra come Biagi facemmo il nostro dovere….dovere verso il bene comune…verso la nostra Patria; e come al solito, dimostrando amore per il Paese, non avemmo un riscontro dell’amore del Paese verso di noi, come sempre accade quando la demagogia di formazioni politiche piu’ numerose della nostra vela ed ottenebra gli occhi del popolo con filippiche ammaliatrici ed ingannatrici.

Piano piano questo csx, con i girotondi ed i nascondini, assomiglia sempre piu’ ad una formazione frontista degli anni cinquanta quasi a dimostrazione della bonta’ della nostra scelta di Bari.
Il quadro politico non ci fa comunque stare troppo allegri perche’ se da una parte Atene piange dall’altra Sparta si dispera.

A dominare sono sempre e comunque, nella logica e nella costrizione degli schieramenti imposta dal maggioritario, le culture popolari e socialiste ed e’ difficile ed arduo per una forza come la nostra, pressata da entrambi i lati, rimanere un punto saldo per la cultura liberaldemocratica e l’azione di riferimento di una strategia che, con il passare degli anni, rischia di diventare sempre meno compresa anche dalle stesse minoranze illuminate, sparse in varie case, e che ancora hanno a cuore il bene comune.

Ecco perche’ sostengo che, unitamente alla definizione da parte del Congresso di un disegno piu’ chiaro e marcato della nostra strategia politica, occorra darci una maggiore caratterizzazione come forza laica e democratica su tutti i temi a noi ormai cari da piu’ di un secolo e, nel contempo, dedicare tutte le nostre forze ed energie alla “riorganizzazione” territoriale del Partito onde supplire alla scarsa visibilita’ massmediatica.

A questo, secondo me, deve servire questo Congresso…scacciare le divisioni ed i motivi di frizione interna….rappacificare gli animi e le persone….ritrovarsi uniti sui valori fondanti della nostra storia di democratici….aumentare i collegamenti, ripresi in questi ultimi mesi, con quella parte del mondo del Lavoro piu’ incline al riformismo…..lavorare nella convinzione di essere, purtroppo, in una Repubblica che ancora veramente Repubblicana non e’…..riorganizzare le fila sul territorio in modo certosino e capillare.

Un fraterno abbraccio.

nuvolarossa
08-10-02, 16:44
Riepiloghiamo i threads dove si parla del Congresso----->
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http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=23256&highlight=Congresso
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=15032&highlight=Congresso
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=14890&highlight=Congresso
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=24340&highlight=Congresso
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=20982&highlight=Congresso

nuvolarossa
09-10-02, 23:11
Intervento di Tommaso Edoardo Frosini

Professore ordinario di Diritto costituzionale nella Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Sassari-Consigliere nazionale del P.R.I.

Voglio richiamare l'attenzione degli amici repubblicani, anche in vista del prossimo congresso del partito, su di un tema da ritenersi oggi davvero centrale della questione istituzionale nel nostro Paese: la riforma del Titolo Quinto della Costituzione, ovvero il tentativo di far decollare un sistema federale in Italia. E' un tema con il quale ci si deve confrontare e si deve soprattutto imparare a conoscerlo perché rappresenta il futuro delle istituzioni politiche secondo una nuova articolazione del potere in senso orizzontale, cioè articolata e distribuita fra le varie strutture di governo che compongono la Repubblica italiana, e che sono -secondo le nuove norme costituzionale- Stato, Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane, tutte messe sullo stesso piano e livello.

1. Le modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione italiana (dall'articolo 114 all'articolo 132) votate ed approvate da una stretta maggioranza parlamentare e poi legittimate col voto referendario e quindi divenute legge costituzionale n.3 del 2001, aprono un nuovo scenario su quella che si usa chiamare la forma di Stato italiana. Si tratta della prima grande riforma costituzionale, perché innova significativamente un'intera parte della Carta costituzionale dedicata ai rapporti fra centro e periferia. E la si può ritenere conseguenziale alla riforma già varata - con legge costituzionale n.1 del 1999 - sull'elezione diretta dei presidenti di Regione e sull'autonomia statutaria delle Regioni stesse. In tal modo, infatti, si è provveduto a completare il quadro costituzionale inerente alle autonomie locali, attribuendo alle stesse il compito di essere innanzitutto delle… autonomie; visto e considerato che adesso hanno una serie di prerogative e poteri non più subordinati alla volontà statale.

In questo breve intervento, però, vorremmo mettere in rilievo le ombre più che le luci della riforma, provando a dare risposta ad una domanda assai rilevante, che è la seguente: questa riforma è stata presentata come una riforma federale dello Stato: ma è federalismo quello che si è introdotto a livello costituzionale? C'è da dire, che dell'organizzazione degli Stati federali, secondo l'esperienza comparata, la riforma non ha previsto un elemento assai significativo, tale da connotare fortemente il federalismo. Si tratta della seconda Camera rappresentativa delle sole autonomie territoriali, una Camera delle Regioni per intenderci, in grado di coagulare gli interessi territoriali all'interno di un unico organo decisionale (non può certo essere considerata sufficiente l'integrazione con rappresentanti regionali e delle autonomie locali della Commissione parlamentare per le questioni regionali, prevista dall'articolo 11 della riforma, e la diversa maggioranza richiesta per l'approvazione di leggi nel caso di parere contrario o condizionato della Commissione integrata). L'esperienza degli Stati federali dimostra come non siano possibili forme di federalismo, o anche solo di "regionalismo avanzato", in mancanza di luoghi di raccordo tra Stato e enti regionali: ovvero, una governance caratterizzata da una molteplicità di livelli di governo richiede necessariamente meccanismi di coordinamento, centrali, interregionali, interlocali.

Certo, non esiste un federalismo, ci sono invece diversi federalismi, specialmente se si accetta la teoria di uno dei massimi studiosi dei sistemi federali, Carl Joachim Friedrich, secondo il quale il federalismo o è dinamico o non è. In tal senso, il federalismo è un processo la cui evoluzione è dovuta alla capacità dei singoli enti locali di svilupparsi e di organizzarsi autonomamente, all'interno di una cornice costituzionale. In quest'ottica, allora, è ancora presto per qualificare il disegno costituzionale italiano come federale oppure no. Comunque vada, sarà un "federalismo italiano": così come c'è il federalismo tedesco oppure quello spagnolo, che non sono affatto la stessa cosa.

2. Va subito detto che la riforma costituzionale apre degli spazi nei riguardi di una prospettiva dinamica, che le Regioni dovranno saper sfruttare al meglio. Innanzitutto, il nuovo articolo 114 della Costituzione mette tutti sullo stesso piano: Stato, Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane costituiscono la Repubblica. Un impianto geo-istituzionale orizzontale, non più verticale, con al centro Roma capitale della Repubblica. La parte più significativa e "rivoluzionaria" della norma è quella prevista nel primo comma, che così recita: "La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato". Una siffatta disposizione costituzionale va incontro ad una serie di osservazioni critiche, che qui vogliamo riferire. Con una premessa: da un punto di vista politico, l'equiparazione formale dello Stato con gli enti locali provoca una sicura valorizzazione di questi ultimi, sottraendoli alla tradizionale impostazione e concezione, che vuole che le periferie siano costituzionalmente subordinate al centro. Insomma: se l'obiettivo politico era quello di esaltare l'ente locale, allora lo si è raggiunto; grazie ad una norma che mette Stato ed enti locali sullo stesso piano, come se fossero la stessa cosa anche perché insieme costituiscono la Repubblica.

Da un punto di vista del diritto costituzionale, invece, si possono avanzare alcune riserve. La prima riguarda una possibile violazione di un principio fondamentale del nostro ordinamento costituzionale, espresso all'articolo 5, e che si riferisce alla "unità ed indivisibilità della Repubblica". Ora, stante il nuovo articolo 114 della Costituzione, la Repubblica non sarebbe più unita e indivisa in quanto Stato, ma piuttosto sarebbe identificabile "anche" con lo Stato, al pari delle altre entità territoriali. La Repubblica diventa così una sorta di condominio nel quale convivono cinque entità politiche pariordinate e giustapposte non aventi più un punto di riferimento unitario. La nozione di Repubblica, che è una nozione carica di significati quasi meta-costituzionali tant'è la sua forza semantica, si verrebbe ad identificare, come già detto, con l'articolazione territoriale dei livelli di governo: tutti, certo, legittimati democraticamente, ma non sufficienti ad esaurire la più ampia nozione di Repubblica democratica espressa dall'art.1 della Costituzione. Infatti, la Repubblica è un assetto che si alimenta dal basso esprimendo il principio democratico, il quale si realizza nella molteplicità di espressioni della sovranità popolare. Certo, tra tali espressioni vanno annoverate le autonomie territoriali, ma accanto ad una pluralità di strumenti di esercizio della sovranità popolare. Pertanto, le autonomie territoriali non sembrano poter esaurire il concetto di Repubblica e il principio democratico non può riferirsi solo all'articolazione sul territorio di livelli di governo. Altra cosa sarebbe stata, invece, se il legislatore costituzionale avesse predisposto una formula di questo tipo: "L'ordinamento federale della Repubblica si articola nei Comuni, nelle Città metropolitane, nelle Province, nelle Regioni e nello Stato". In tal caso, si sarebbe opportunamente accentuato il fenomeno distributivo, ovvero dell'articolazione territoriale della Repubblica italiana: così come sarebbe opportuno che fosse; e non certo il fenomeno costitutivo della Repubblica, che affonda le radici ed esprime la sua forza costituzionale soprattutto nella parte prima della Carta fondamentale dell'ordinamento repubblicano, ovverosia nella Costituzione dei diritti e poi in tutto il suo dispiegarsi normativo a partire dall'articolo 1, che va letto in combinato disposto con l'articolo 139, il quale afferma che: "La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale".

continua

nuvolarossa
09-10-02, 23:13
3. La concezione orizzontale emerge altresì, seppure in maniera non perfettamente simmetrica, nel nuovo articolo 117 della Costituzione: laddove, cioè, si fissano quelle che saranno le materie sulle quali lo Stato avrà legislazione esclusiva, lasciando, in tal modo, alla potestà legislativa regionale tutte le competenze residuali. Certo, le materie riservate allo Stato sono molte, e vanno ad incidere anche su tematiche che forse sarebbe stato meglio lasciare all'organizzazione regionale. Come per esempio l'ambiente e la legislazione elettorale e gli organi di governo di Comuni, Province e Città metropolitane. Si tenga conto però, che l'inversione della clausola (legislativa) a favore delle Regioni, costituzionalizzando quanto già fatto dalla legge n.59 del 1997, permetterà comunque una più agevole e stabile definizione degli Statuti regionali, ai sensi della legge costituzionale n.1 del 1999. Per quanto concerne un ulteriore ampliamento delle materie di competenza regionale, c'è adesso da segnalare il disegno di legge costituzionale presentato dal governo, che mira ad estendere in favore delle Regioni competenze legislative in tema di sanità, istruzione e polizia locale (e su questa proposta diremo qualche cosa nella parte conclusiva di questo nostro intervento).

Si deve poi ricordare il nuovo articolo 118 della Costituzione, con l'introduzione del principio di "sussidiarietà", che potrà divenire il nuovo concetto guida sia dei rapporti in senso orizzontale pubblico-privato, che dei rapporti in senso verticale centro-periferia. In particolare, sotto quest'ultimo aspetto, la sussidiarietà scatterà nel momento in cui le Regioni da sole non riusciranno a realizzare i loro compiti, ed allora potranno chiedere "sussidio" allo Stato. Ma qui, proprio sulla possibilità delle Regioni di farcela da sole, di progredire e di valorizzarsi, di svilupparsi e di competere con le altre Regioni, si vuole muovere una critica alla riforma costituzionale. Si tratta della eliminazione del riferimento all'obiettivo della "valorizzazione del Mezzogiorno e delle Isole", di cui al (vecchio) articolo 119 della Costituzione. Si trattava di un riferimento che era stato fortemente e coscientemente voluto dal Costituente, il quale volle così costituzionalizzare il problema della valorizzazione dell'assetto civile, economico e sociale del Mezzogiorno e delle Isole. Quasi una disposizione di "diritto sociale territoriale", volta a promuovere e perseguire lo sviluppo economico e la coesione sociale nell'area meridionale, che non è solo la zona sud del Paese ma è anche "una maniera di essere di alcuni milioni di abitanti".

Come emerge in un recente Rapporto elaborato dalla SVIMEZ, frutto del lavoro di una commissione di giuristi (fra qui anche chi scrive), pur nell'assenza del riconoscimento costituzionale della "valorizzazione" del Mezzogiorno, nulla parrebbe precludere alla Repubblica di perseguire l'obiettivo della reale unificazione economica del Paese. Anzi: un'azione integrale finalizzata alla crescita complessiva della macroregione arretrata ed il conseguente potere dello Stato a porre in essere interventi speciali per conseguire l'obiettivo, deve considerarsi pienamente compatibile con l'adozione di un ordinamento federale dello Stato. Infatti, gli interventi perequativi, previsti nel nuovo articolo 119 della Costituzione, traggono la loro consistenza costituzionale su principi fondanti l'ordinamento repubblicano: il principio di eguaglianza (articolo 3 Cost.), il principio di unità della Repubblica (articolo 5 Cost.) e il principio del buon andamento dei pubblici uffici o degli enti privati gestori di servizi pubblici (articolo 97 Cost.), che si concretizza anche nell'adozione di regole omogenee, in quanto le prestazioni lo richiedano. Infine, non si deve dimenticare che proprio negli Stati federali, più ancora che negli Stati accentrati, l'attuazione dei valori di solidarietà e di unità nazionale è affidata all'impegno di risorse comuni a sostegno dello sviluppo delle Regioni in ritardo o in crisi. Il testo della legge costituzionale attribuisce forme di autonomia finanziaria agli enti territoriali, limitandosi però a prevedere una potestà tributaria di Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (non più quindi "nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica"). Significativo è poi il nuovo quarto comma dell'articolo 119, secondo cui "le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono [cioè: devono consentire ed essere a ciò proporzionate] ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite".

4. La riforma del titolo V della Costituzione prefigura una sorta di "regionalismo differenziato", volto ad esaltare e valorizzare le potenzialità intrinseche di ciascuna Regione; non si è voluto però tentare di risolvere il problema della differenziazione regionale. Non si è voluto, cioè, provare a dare risposta al seguente interrogativo: nell'attuale fase di sviluppo del regionalismo hanno ancora oggi un ruolo ed un significato politico-istituzionale le cinque Regioni speciali? La loro nascita era legata a fattori e ragioni - di carattere politico e geografico - oggi da ritenersi sufficientemente superati dall'evoluzione storico-politica e costituzionale italiana. Va rilevato semmai, che l'esigenza di dotarsi di un'autonomia "speciale" è oggi avvertita da tutte, o quasi, le Regioni italiane, a prescindere dalla storia, dalla configurazione geografica, dall'identità culturale; quindi, è un'esigenza che non ha nulla a che vedere con le vecchie istanze di specialità. Riflette, piuttosto, un forte bisogno di uscire in fretta dal culto per l'uniformità, che ha caratterizzato così a lungo la vicenda del regionalismo italiano, e che, a ben vedere, il regime speciale di talune Regioni non ha mai minimamente scalfito. Semmai, in uno Stato autenticamente federale tutte le Regioni, ovvero gli enti territoriali, sono speciali, nel senso che tutte devono godere parimenti di una forte autonomia. C'è da rilevare però, come la riforma costituzionale, sebbene preveda una torsione in senso federalistico del tipo di Stato, mantiene la caratterizzazione della specialità in favore delle cinque Regioni, e nel contempo però afferma, nel nuovo art.116 Cost., che "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia possono essere attribuite ad altre Regioni", secondo criteri prestabiliti. Questa previsione può essere considerata come una sorta di iniziale e progressivo percorso verso il riconoscimento delle forme e condizioni di specialità comuni a tutte le Regioni. Può ritenersi allora, seppure nell'ambito di una fase politico-istituzionale ancora in evoluzione, che l'autonomia speciale delle cinque Regioni stia per esaurire la sua ragion d'essere; che un nuovo assetto del rapporto centro-periferia _ qualunque forma verrà ad assumere, ma che sarà comunque rafforzativa dell'autonomia territoriale _ finirà col ridurre sempre più gli aspetti di differenziazione formale esaltando piuttosto aspetti di differenziazione sostanziale, ovvero di capacità promozionale di ciascuna Regione.

Più nello specifico, si vuole mettere in rilievo come la riforma costituzionale abbia mantenuto i modi e le forme della specialità, a cominciare dalla promulgazione degli statuti speciali con legge costituzionale emanata dal Parlamento: e che oggi può ben ritenersi non più una prerogativa ma piuttosto un vulnus all'autonomia regionale, visto e considerato che le Regioni ordinarie, invece e giustamente, approvano con propria legge regionale i propri statuti. La riforma si è limitata ad intervenire soltanto per fare qualche leggero aggiustamento qua e là: come l'aggiunta del nomen in tedesco per il Trentino-Alto Adige/Sudtirol e in francese per la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste: riconoscendo così - una volta per tutte - quella condizione di differenza linguistica che identifica, in modo definitivo, l'identità regionale nella connotazione di minoranza linguistica.

Si ha l'impressione che oggi le Regioni cosiddette speciali abbiano perso la loro specialità e che questa si stia trasferendo alle Regioni ordinarie (ammesso e non concesso che, come detto prima, debbano sussistere ancora forme di differenziazione regionale). Come recuperare su questo terreno? Vi è un'importante opportunità offerta dalla riforma, grazie alla quale, e se saputa ben sfruttare, le Regioni tutte, speciali e ordinarie, potranno rilanciare la propria politica di sviluppo e di autonomia. Si tratta della riscrittura degli Statuti regionali. E' un'occasione di primaria importanza per adeguare l'impianto complessivo delle istituzioni politiche e amministrative alle nuove sfide cui debbono far fronte le Regioni, per far sì che l'azione pubblica coniughi efficienza ed equità. E' un processo costituente, quello attuale delle Regioni, decisivo per il futuro delle stesse. Gli Statuti sono destinati a diventare una sorta di Costituzioni regionali (come ci sono già in Germania), all'interno delle quali bisognerà sapere scrivere i nuovi diritti della cittadinanza, nell'ottica di un disegno complessivo di rilancio delle autonomie territoriali. Sarà compito poi del legislatore regionale provvedere sapientemente all'organizzazione politica e amministrativa del territorio, sulla base delle competenze adesso attribuitegli dal nuovo articolo 117 Cost., che riserva al legislatore regionale tutte quelle materie escluse dalla competenza statale.

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continua

nuvolarossa
09-10-02, 23:15
5. Alcune osservazioni sul recente disegno di legge costituzionale presentato dal ministro per le Riforme, on. Umberto Bossi, intitolato semplicemente "Modificazioni dell'art.117 della Costituzione", ma che ha un obiettivo molto ambizioso. Quello di ampliare ulteriormente, incidendo su alcuni settori strategici, la sfera di competenze legislative delle Regioni, e avviare così un vero e proprio processo di devolution, che si dovrà completare con l'istituzione di una Camera rappresentativa delle autonomie territoriali (a questo proposito, si segnala la recente nomina di una Commissione di studio presso il ministero delle Riforme con il compito di predisporre un progetto di riforma del bicameralismo).

Il progetto di legge costituzionale si viene ad inserire nel già modificato Titolo V della parte seconda della Costituzione, senza stravolgerlo, ma piuttosto emendandolo e, soprattutto, integrandolo in maniera sostanziale. Dal punto di vista della tecnica legislativa il progetto di legge si presenta chiaro ed essenziale, perché si limita a stabilire che dopo il quarto comma dell'art.117 della Costituzione si aggiunge il seguente: "Le Regioni attivano la competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie: - assistenza e organizzazione sanitaria; - organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione; - definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione; - polizia locale".

C'è subito da dire che queste sono materie che in ogni autentico Stato federale - come negli Stati Uniti, Germania, Svizzera - appartengono alla competenza esclusiva o quasi esclusiva delle unità politiche di periferia; e quindi la loro previsione nel nostro ordinamento a favore delle autonomie territoriali si inscrive senz'altro in una logica federalista. Come viene detto nella Relazione al disegno di legge costituzionale, "in materia di sanità, di istruzione e di sicurezza civile - con la necessaria gradualità ma in tempi certi e coniugando efficienza e solidarietà - intendiamo dunque imprimere una svolta federalista alla macchina dello Stato, ridisegnando di conseguenza intere sezioni architettoniche dell'edificio pubblico".

Il progetto del governo compie una scelta costituzionale, che è più netta di quanto inizialmente previsto e annunciato. Infatti, rispetto al precedente progetto esposto dal ministro Bossi, non vi è più adesso la possibilità di attivare il filtro preventivo del giudizio di legittimità della Corte costituzionale; la quale aveva il potere di respingere tutte quelle iniziative legislative regionali, riguardanti le materie sopra indicate, ritenute in contrasto con i principi costituzionali. Si voleva in tal modo, affidando alla Corte il compito di custode, alleggerire preoccupazioni o timori di sorta su di un indiscriminato surplus di poteri regionali su materie ritenute "delicate" sul piano dell'organizzazione sociale, politica ed economica del Paese. Ma si finiva così col gravare la Corte di una competenza fin troppo particolare e sconosciuta nel nostro ordinamento, quale quella del giudizio preventivo rispetto all'entrata in vigore della legge. D'altronde, come garanzia costituzionale, vi è sempre la possibilità di tutela attraverso il ricorso per conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni e fra Regioni.

Delle tre materie, che col progetto di legge costituzionale si vorrebbero assegnare in via esclusiva alla Regioni, quella della polizia locale è sicuramente la più delicata; ed è quella sulla quale si sono già avanzati timori circa una sorta di regionalizzazione delle forze dell'ordine: come se, sulla base della competenza legislativa regionale, si potesse venire a creare la polizia lombarda, umbra, campana e così via dicendo. Prefigurare simili scenari può essere esagerato. Si tratta, piuttosto, di potenziare la sicurezza anche a livello locale, rendendo così più efficace sul territorio l'azione di prevenzione e di repressione dei piccoli crimini.

6. Infine, e per tornare al tema della riscrittura degli statuti regionali, si vuole qui evidenziare un aspetto da ritenersi molto importante per il destino politico-istituzionale delle Regioni, che è quello concernente la forma di governo e l'elezione diretta del presidente della Regione Prendiamo spunto da una recente vicenda della Regione Friuli Venezia Giulia dove si è svolto (il 29 settembre 2002) un referendum contro la legge approvata dal Consiglio regionale, la quale introduceva un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza, e soprattutto andava ad incidere profondamente sulla forma di governo perché disciplinava la scelta del presidente di Regione riservandola al Consiglio regionale, anziché attribuirla al corpo elettorale per il tramite dell'elezione diretta. Il corpo elettorale aveva soltanto la possibilità di esprimere una preferenza per il candidato indicato sulla scheda, ma la scelta da esso effettuata non era affatto vincolante ai fini dell'elezione del Presidente. Questo, infatti, veniva eletto dal Consiglio regionale, il quale poteva scegliere chi credeva e poi cambiarlo come e quando voleva. Era una legge elettorale e sulla forma di governo pienamente in linea con il (vecchio) sistema italiano parlamentare-assembleare, che si pensava però di aver lasciato definitivamente alle spalle. Quindi era una legge nata già vecchia, e per questo bocciata dal corpo elettorale col voto referendario. Perché oggi la tendenza - nelle democrazie contemporanee - è quella di valorizzare al massimo la partecipazione popolare nella forma di governo, attraverso meccanismi elettorali che consentano agli elettori di scegliere da chi farsi governare, ovvero da quale maggioranza politica e dal suo leader. L'esperimento molto ben riuscito dei comuni, con l'elezione diretta del sindaco, ha fatto finalmente capire che a livello locale (in attesa di introdurlo anche a livello nazionale, secondo la proposta avanzata diversi anni fa dal P.R.I. al congresso di Massa Carrara) non si può prescindere, oggi, dalla scelta popolare per il capo dell'esecutivo. Questo sistema, infatti, ha innescato un meccanismo di responsabilità dei governanti, i quali sono chiamati a rispondere direttamente ai cittadini delle scelte che effettuano e delle decisioni che assumono. Quindi l'operato del capo dell'esecutivo e della sua maggioranza sarà periodicamente soggetto al giudizio dell'elettore, il quale tramite il voto potrà sanzionarlo oppure premiarlo.

Tommaso Edoardo Frosini-Professore ordinario di Diritto costituzionale nella Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Sassari-Consigliere nazionale del P.R.I.

nuvolarossa
09-10-02, 23:18
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI23.JPG

strabone
10-10-02, 08:53
Avvinta come l'edera... cantava Nilla Pizzi.

Da questo logo mi scaturiscono tre pensieri:

1) esistono tanti Partiti Repubblicani Italiani;
2) esiste un partito per ogni repubblicano
3) è ciò che vedono i repubblicani pochi giorni dal congresso: confusione.

Ma il nostro art-director, colui che ha ideato logos e slogans per il congresso, ha ottenuto il titolo di grafico frequentando qualche scuola per corrispondenza o è uno dei tanti in Italia che si sono fatti da soli?

strabone
10-10-02, 08:56
Al bando il copia - incolla!!!

G. Oberdan
10-10-02, 15:29
Originally posted by strabone
Avvinta come l'edera... cantava Nilla Pizzi.

Da questo logo mi scaturiscono tre pensieri:

1) esistono tanti Partiti Repubblicani Italiani;
2) esiste un partito per ogni repubblicano
3) è ciò che vedono i repubblicani pochi giorni dal congresso: confusione.

Ma il nostro art-director, colui che ha ideato logos e slogans per il congresso, ha ottenuto il titolo di grafico frequentando qualche scuola per corrispondenza o è uno dei tanti in Italia che si sono fatti da soli?

quarta possibilità: Nuvola Rossa è proprio innamorato di questo partito come molti fra noi

strabone
10-10-02, 18:16
Non sapevo fosse nuvolarossa a logare e sloganare il forum.

ho creduto fino a qualche minuto fa che fosse una nuova veste moderna del partito, creata da qualche incaricato della segretria o simile.
Credevo anche che le immagini, a volte in grafica elaborata, fossero approntate per qualche analisi psichiatrica.
<Sdraiati sulle poltrone della sala convegni a Fiuggi vengono proiettate a raffica immagini colorate e con slogan d'effetto allo scopo di:
1) inibire la mente dei congressisti;
2) inserire nel subconscio messaggi occulti;
3) soffocare la volontà dei "disertori" romagnoli;
4) passare quindi alla sala psico-analisi dove esperti da Roma verificano la lucidità del paziente.>

Per fortuna è nuvolarossa che si diverte!

kid
11-10-02, 11:48
E' evidente che Strabone sopravvaluti l'apparato psicopropagandisticograficopoliziesco del pri

nuvolarossa
15-10-02, 18:00
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI25.JPG

lucifero
15-10-02, 18:11
senza nulla togliere a Nuvola Rossa, cosa ne è di Michele Spera, grafico del PRI degli anni 70-80?

Adorno
15-10-02, 18:25
Egregi,

non so se avete letto la relazione precongressuale del segretario nazionale, io l’ho letta e l’ho trovata in molte parti superata e superficiale.
In essa non si sente l’eco dei gravi avvenimenti degli ultimi mesi sulla scena mondiale e su quella nazionale.
La relazione si basa ancora sulla difesa delle motivazioni, che alla vigilia delle elezioni politiche del maggio 2001 e dopo le risultanze del congresso di Bari il partito aveva assunto per allearsi con la CDL.
Alcune di tali motivazioni sono rimaste in piedi, altre no.
E’ sensazione di molti che dopo il crollo delle torri gemelle, siano crollate anche tante credenze sulla validità economica del sistema liberista senza regole, un sistema che oggi mostra molte incrinature e che molti definiscono al collasso.
Il governo Berlusconi, nato tra sorrisi e speranze, oggi si trova a far i conti con la recessione mondiale, con la crisi della Fiat in casa e per stare in piedi dovrà prendere delle misure di stampo Keynesiano, cosa che al Cavaliere ripugnava.
La finanziaria del governo non è piaciuta a nessuno, non si vede in essa la volontà di rilanciare il Meridione, sfido con la Lega al governo!
Le genialoidi misure di Tremonti, prima fra tutte la legge Tremonti bis, si sono tradotte nella riduzione del gettito fiscale.
Le borse crollano prima sotto l’effetto delle torri gemelle e poi sotto l’esplosione di scandali a livello manageriale nella conduzione di colossi come la Euron.
Il sistema manageriale occidentale ha mostrato tutta la sua immoralità ed in Italia si sono fatte leggi per proteggere i falsi in bilancio. Ultimamente poi vi è stata l’approvazione della legge Cirami, che risulta chiaramente un salvagente pe Previti ed i suoi accoliti.
Tutti temi, che non sono neanche stati sfiorati nella relazione del segretario nazionale e che invece bisognerà dibattere durante il Congresso.
Io credo che di fronte a questi problemi un buon repubblicano debba prendere delle giuste posizioni e mettere in rilievo le sue critiche all’operato del governo.
Nella relazione del segretario invece non vi è alcun accenno di critica e poi si ignorano i grossi problemi indotti da una globalizzazione senza regole, non prende atto che siamo alla vigilia di una grave crisi economica, che comporterà una guerra e nuovi assetti politici in tutto il mondo, non critica la politica europea, che con l’introduzione dell’Euro ha provocato aumenti considerevoli nei prezzi di molti generi primari e che oggi vuole un’apertura incondizionata ai paesi dell’Est europeo, così il tenore di vita del cittadino europeo si allineerà al livello più basso.
Il segretario parla di riforme del Welfare, saranno senz’altro necessarie, ma per il momento bisognerà difendere i posti di lavoro che ci sono, con una politica realistica e lasciando i sogni di infrastrutture gigantesche come il ponte sullo stretto di Messina.
Questi ed altri problemi andranno affrontati nel prossimo congresso e spero che il partito assuma posizioni più critiche nei confronti degli alleati e che si cominci a pensare ad un nuovo schieramento del partito, non nel Centrosinistra, ma in una formazione laica di centro riformista, che promuova il coagulo di tutte quelle forze moderate del centro e della sinistra riformista, che nel passato hanno governato l’Italia.

E veniamo alla questione locale carrarese.
Sono state fatte diverse analisi sul voto delle ultime elezioni amministrative, ma da queste risulta evidente il costante spostamento a sinistra dell’elettorato carrarese.
Eppure le condizioni erano favorevoli ad un cambiamento nella guida della città, considerati gli errori delle amministrazioni di sinistra, dominanti per lunghi anni.
Nonostante le evidenti e negative conseguenze di tali errori sul piano economico, urbanistico ed ambientale, l’elettorato ha dato ancora fiducia al Centrosinistra, segno questo di un radicato orientamento ideologico e di uno esteso clientelismo, difficili da sovvertire. Non so ancora quanti anni bisognerà aspettare per avere a Carrara la possibilità di un’effettiva alternanza alla guida del comune, come vorrebbero le regole democratiche.
In questo contesto non ha fatto eccezione il PRI carrarese, anche se l’alleanza del PRI nazionale con la CDL favoriva un riesame delle alleanze locali.
Ancora una volta il risultato elettorale ha fatto capire che la stragrande maggioranza dei Repubblicani carraresi vuole schierarsi nel centrosinistra ed osteggia l’alleanza nazionale con la CDL. Con ciò si allinea ai repubblicani della Emilia-Romagna e delle Marche, mettendo in evidenza che in Italia coesistono due anime del Repubblicanesimo: una incline a portare avanti la battaglia per l’uguaglianza ed i diritti e l’altra ad inquadrare le lotte sociali nel rispetto delle regole economiche e dell’interclassismo e nel richiamo al senso del dovere ed alla responsabilità per ogni categoria.
Direi che proprio quest’ultimo aspetto del Repubblicanesimo, assieme alla disapprovazione dell’operato delle giunte socialcomuniste, ha mosso alcuni di noi a favorire un’apertura di dialogo con Forza Italia.
La decisa propensione dei Repubblicani carraresi per il centrosinistra ed i risultati elettorali hanno mostrato che è stato inutile tale intento e poi tardivo ed improduttivo il Commissariamento dell’unione comunale, commissariamento, che poi alla fine si tradurrà solo nel rispetto di certe forme, ma che non cambierà nulla in sostanza.
Non si poteva pretendere che tale mossa mutasse d’emblè l’orientamento politico dei repubblicani carraresi.
Stando così le cose, è necessario oggi ricompattare le varie componenti del partito: coloro che si erano pronunciati a favore di un dialogo con FI, devono riconoscere che non sono attualmente possibili alleanze locali con le forze della CDL, mentre gli altri devono dare atto che le proposte di alleanza con la CDL non andavano fuori del seminato, ma erano coerenti con la storia del Repubblicanesimo e con le scelte nazionali del PRI.
Pertanto dev’essere abolita all’interno del partito ogni differenziazione tra i repubblicani e bandito ogni ostracismo da parte della componente per così dire vincente nei confronti della perdente.
D’altra parte la linea politica dei Repubblicani, anche qui a Carrara o in provincia deve distinguersi nettamente da quella delle varie forze di sinistra non deve appiattirsi sulle iniziative dei DS, ma vare una propria linea autonoma ed innovativa.
Per tutto ciò, un punto molto importante, da discutere al Congresso, è l’autonomia delle rappresentanze locali nella scelta dello schieramento per le elezioni amministrative; ora si capisce che la richiesta di inserire nello Statuto la possibilità di schierarsi in alleanze diverse, da quelle assunte in sede nazionale, può comportare un certo automatismo: qualsiasi unione comunale potrebbe decidere quando vuole un’alleanza a suo comodo, un controllo da parte della Direzione nazionale deve sempre esserci, ma essa deve rendersi conto che esistono comuni e province, dove non è possibile gestire il partito se non nell’ambito di alleanze con le forze del centrosinistra. E’ il caso di Carrara, di Massa e della provincia apuana, nonché della Emilia-Romagna. Per queste regioni dove l’anima del repubblicanesimo è di Sinistra, delle deroghe vanno previste.
So che tale richiesta sarà osteggiata dalla segreteria nazionale, ma a Roma devono rendersi conto che una base, abituata ad agire e pensare nell’ambito dei valori socialdemocratici e antifascisti, non può mutare improvvisamente le sue idee e che un cambiamento ci può essere, ma molto lento e guidato sapientemente dai vertici del partito. Se ciò non sarà capito e si negherà la libertà di scelta di certe rappresentanze locali negli schieramenti per le elezioni amministrative, il partito localmente perderà la sua forza ed andrà a finire in nulla.

Detto questo, ora mi sembra doveroso fare un appunto agli orientamenti elettorali dei repubblicani carraresi in fatto di preferenze nelle recenti consultazioni.
Vorrei affermare che negli orientamenti dell’elettorato locale non ho visto sempre il rispetto per l’etica politica, che dovrebbe privilegiare i quadri dirigenti, che lavorano per il partito.
Se vogliamo essere più espliciti, i repubblicani iscritti spesso non votano per i loro dirigenti, ma seguono logiche elettorali disparate, favorendo parenti, amici, il nepotismo o conventicole di interessi particolaristici.
Non è così che si rimedia alla crisi del partito; se si continua a privilegiare candidati facenti capo a certi gruppi di potere oppure esterni, è evidente che il partito perderà progressivamente il suo significato e diventerà solo l’espediente per alcuni di impossessarsi di fette di potere negli enti pubblici.
Concludo citando delle frasi tratte dalla relazione del segretario nazionale per il 43° congresso del partito, affermazioni che approvo.
Dice Nucara:
“Nel nostro partito le battaglie politiche sono condotte spesso con una intemperanza, che non si addice affatto ai conflitti della ragione e sovente le loro sorti vengono decise dal peggiore segmento del partito.
A questo segmento appartengono coloro che non si curano dell’innata dignità della politica e degli interessi generali del paese.
Essi sono animati, in genere, da obiettivi egoistici, dal desiderio di far carriera o dalla speranza di conseguire dei vantaggi.
I principi politici vengono persi di vista.
La competizione che dovrebbe essere puramente razionale, senza altro fine che il raggiungimento della verità politica, degenera in una rissa in cui svolgono un ruolo primario la passione, l’interesse particolare, l’egoismo”.
Saranno conclusioni utopistiche, ma credo che ci dovrebbero guidare nei nostri comportamenti.

CATONE

Gino dal Sacco
15-10-02, 23:00
La sensazione che ho provato nel leggere l'intervento di Catone, ricordo di averla provata in rare occasioni ultimamente, le sue riflessioni sulla lettura della relazione del Segretario mi trovano completamente d'accordo, non posso fare altro che complimentarmi con l'Amico per la lucida ed attenta analisi dei temi trattati e da trattare anche secondo me al Congresso.
Per quanto attiene le questioni Carrarine, l'intervento, mi sembrava di averlo già letto recentemente (forse lo hai integrato dopo la lettura della relazione del Segretario?), condivisibile l'analisi sul voto, meno quella sui potentati, anche se tu sai che chi ti elogia non credo sia stato trattato in maniera educata ultimamente all'interno del ns. coordinamento del quale tu fai parte.
Come hai avuto modo di riscontrare anche nella riunione di ieri sera, molte erano le assenze di persone che ricoprono cariche di primo livello nella vita amministrativa della nostra città, ed il tema all'ordine del giorno, strada dei marmi resta il primo nodo da sciogliere al più presto.
Caro Catone vedo con immenso piacere che incominci a vedere anche tu le cose che non vanno ed a dare dei sani e corretti sugerimente per porvi rimedio.

Tanti baci e tanti abbracci.
Gino.

P.S. Vedo con piacere che il newlook riguarda oltre che l'esterno anche l'interno, di nuovo complimenti.
:-0003u

nuvolarossa
17-10-02, 23:08
Domenica 13 Ottobre alle ore 10.00, presso la sala GIADA del cinema
Calabresi si è tenuta l'assemblea generale degli iscritti della
sezione
L. Amadio di S. Benedetto del Tronto
per l'elezione dei
delegati al congresso di Fiuggi.

Erano presenti 22 amici di cui 12 dei 25 iscritti.
Sono intervenuti nella discussione della relazione del segretario nazionale:
Il segretario di sezione Merlini, il presidente Cavezzi , il
capogruppo Felicetti, il membro della direzione nazionale Finamore,
gli amici Orazi,Castelletti, Piunti, Zucchetti, Candidori e
l'assessore del comune di Acquaviva Tassotti.
Dopo un'ampia discussione si è passati alla votazione dell'unica
mozione presentata dal segretario Merlini che è stata votata
all'unanimità.
I delegati eletti sono : Felicetti, Zucchetti, Piunti e Merlini.

MOZIONE VOTATA ALL'UNANIMITA'

I REPUBBLICANI SAMBENEDETTESI,
cosci del fatto che il PRI porta con se
un'eredita'
che non deve andare perduta,fatta di valori straordinari sul piano
storico che ancora una volta appaiono di grande attualità : le scelte
delle priorità-la compatibilità tra risorse ed impegni
finanziari-l'europeismo-l'ambiente-la ricerca- la crescita culturale
delle nuove generazioni-la responsabilità dei singoli rispetto ai
doveri civili- la laicità dello stato , che sono solo alcuni esempi
di enunciazione che hanno visto il PRI precursore nella politica
italiana e che ancora oggi sono spesso disattesi in entrambi gli
schieramenti che si confrontano sulla scena politica del paese,

RITENGONO
importante ritrovare una unicità operativa che prescinde
dagli attuali schieramenti.

I REPUBBLICANI SAMBENEDETTESI,
pur nella diversità di opinione per
cio' che concerne l'attuale collocazione del partito,

RITENGONO DOVEROSO ,
per il rispetto del voto degli elettori che hanno dato
fiducia agli amici repubblicani candidati ed eletti nell'ultima
tornata elettorale nella Casa delle Liberta',

PORTARE
a compimento la legislatura con la lealta' e l'impegno che da
sempre ci ha contraddistinti ed

ESPRIMONO LA NECESSITA'
di convocare,
in tempi utili, un Congresso Nazionale, prima di ogni nuova elezione
politica, che legittimamente possa definire le alleanze piu'
opportune nell'interesse del paese.

I REPUBBLICANI SAMBENEDETTESI RITENGONO NECESSARIO
perseguire un
nuovo equilibrio politico che superi l'attuale inadeguata
configurazione dei poli di centrodestra e centro sinistra e si
articoli, in linea con l'assetto prevalente che esso ha nei paesi
europei, dove accanto ad una forza di ispirazione popolare ed una
forza di ispirazione socialista, vi sono forze di ispirazione
democratico-liberale, come quella che in Italia rappresenta da
sempre il PRI, che possono allearsi con le une o con le altre a
seconda delle circostanze e degli interessi del paese.

I REPUBBLICANI SAMBENEDETTESI RITENGONO NECESSARIO
il varo di misure in campo elettorale e costituzionale che assicurino : il rispetto del
pluralismo politico del paese, la stabilità governativa ed un argine
al trasformismo parlamentare;
ed in tal senso CALDEGGIANO una riforma elettorale sulla base di
quella vigente nei Comuni,Province e Regioni.

I REPUBBLICANI SAMBENEDETTESI LAMENTANO ,

nelle realtà locali, la
precisa scelta degli attuali alleati , che considerano il PRI quale
interlocutore politico, solo laddove esso risulta determinante per la
vittoria elettorale della coalizione;

RITENGONO
che il rilancio del
partito possa avvenire solamente attraverso le intuizioni e la
passione delle varie realtà locali che , quindi, non possono essere
soffocate o isolate, pertanto, nel rispetto dei contenuti
programmatici del partito, RIVENDICANO l'autonomia politica ed
organizzativa delle strutture periferiche ed il loro diritto di
decidere in proprio le alleanze politiche locali sulla base dei
programmi,della metodologia amministrativa e della credibilità delle
persone nell'interesse della citta'
---------------------------------------------
tratto dal sito web:
http://www.pripesaro.it/

nuvolarossa
21-10-02, 22:38
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI32.JPG

nuvolarossa
23-10-02, 18:26
Il Pri va a congresso: fedeli al Polo, ma critici

«Leali» alla Casa delle libertà, «ma critici». Questa la linea del Partito repubblicano che da venerdì a domenica prossimi celebrerà il 43° congresso a Fiuggi per riconfermare l’alleanza con il centrodestra, ma allo stesso tempo ribadire la propria vocazione democratico-liberale. Hanno spiegato ieri in una conferenza stampa il segretario Francesco Nucara e il presidente Giorgio La Malfa: «Nel governo non tutto va bene. La fedeltà non è cieca e si può dissentire su alcuni argomenti».

Adorno
24-10-02, 09:30
Egregi,

finalmente una buona posizione enunciata da La Malfa e Nucara.
fedeli all'alleanza ma critici nei confronti del governo.
Questa è anche la strada per rendere più visibile il PRI, che dovrà dire le sue su una serie di problemi, dalla politica europea alla scuola, dalla guerra al pacifismo, dalla riforma del welfare alla crisi della Fiat, dal liberismo al Keynes ecc...
Dev'essere necessario ribadire i ns ideali e principi, far valere in concetti sull'economia e lo stato, ricollegandosi al ns passato laico e liberasldemocratico.

CATONE

kid
24-10-02, 12:18
Gli amici sono caduti in un piccolo equivoco causato dalla consolidata tendenza all'approssimazione della nostra stampa. In realtà Nucara e La Malfa hanno detto: "leali, critici e non fedeli". Ripeto la posizione originale DEI REPUBBLICANI: LEALI, CRITICI E NON FEDELI.

Garibaldi
24-10-02, 12:40
Infedeli!?!!?!?!?
SE lo sente Osama Bin Larden?!?!?!?!

echiesa
24-10-02, 17:02
Ma perchè mi gira la testa: non fedeli e no all'autonomia, ma che banda è???
saluti
echiesa:fru

nuvolarossa
25-10-02, 16:14
PROPOSTA AL CONGRESSO
Scuole aperte dal 1° ottobre

IMPERIA (LIGURIA) - «La proposta di rinviare al primo ottobre l´inizio dell´anno scolastico, lanciata dal sindaco di Finale Ligure, Pier Paolo Cervone, va accettata e condivisa e la riproporremo al congresso del partito». Santino Camonita, segretario provinciale del partito repubblicano, che è in questi giorni a Fiuggi alla convention nazionale del pri che si concluderà domani, sottolinea con forza quello che secondo lui può essere lo spunto per lanciare nuove iniziative e progetti-pilota.
Quali? Camonita ritiene che «le istituzioni scolastiche potrebbero svolgere un ruolo determinante con la creazione di scambi interculturali tra scuola e scuola, sia in ambito nazionale che internazionale». Secondo il segretario provinciale del pri, «la progettazione in rete, anche telematica, e la creazione di consorzi tra varie istituzioni scolastiche rappresenterebbero un utile punto di partenza. Ciascun istituto, nel pieno rispetto dell´autonomia scolastica e con l´approvazione dei rispettivi organi collegiali, svolgerebbe un ruolo fondamentale mediante corsi validi per il riconoscimento del credito formativo». «I corsi attivati in vari periodi dell´anno - conclude Camonita - come settembre, novembre, febbraio, maggio e luglio con alunni provenienti da varie scuole anche di diverse regioni e nazioni garantirebbero la formazione degli alunni e, nello stesso tempo, un ritorno economico e di immagine per gli operatori turistici». La proposta di Camonita è stata indirizzata anche al ministro dell´Istruzione, Letizia Moratti. Per quanto riguarda il congresso nazionale del pri, la Consociazione imperiese del partito ha ampiamente discusso e, alla fine, approvato la mozione congressuale dal titolo «Lavorare nel presente pensando all´avvenire» e, spiega in un comunicato, «ritiene indispensabile attuare la piattaforma programmatica del partito di reciproca osmosi tra centro e periferia».

e. bac.

nuvolarossa
26-10-02, 13:31
Il Pri a congresso: nella Cdl, ma con critica

FIUGGI - Il Partito repubblicano italiano punta al rilancio interno ed organizzativo, perseguendo una linea di fedeltà nella lealtà, ma nell’autonomia e nella critica, alla Cdl sulla scia della sua tradizionale « coscienza critica».
Sono queste le linee guida del 43° congresso del Pri, i cui lavori si sono aperti ieri a Fiuggi e si concluderanno domenica, con la relazione del segretario Francesco Nucara.
«Siamo alleati leali della Casa delle Libertà, ma in una posizione autonoma e, quando è necessario, critica», ha detto Nucara.
E non manca una stoccata al premier: «Si occupi di più delle questioni italiane, che hanno bisogno di una guida autorevole».

nuvolarossa
28-10-02, 19:18
L'Edera non perde i pezzi

'Riscossa repubblicana', la minoranza dell'Edera che ha i propri punti di riferimento nel segretario regionale dell'Emilia Romagna, Vidmer Valbonesi, e nella federazione ravennate, torna a casa del 43° congresso nazionale di Fiuggi con un successo.
«Siamo riusciti a bloccare quelle modifiche allo Statuto con le quali il segretario nazionale Nucara tentava di accentrare su di sè le decisioni più importanti. Come la 'gestione' del nostro simbolo».
Mauro Mazzotti è stato, insieme a Paolo Gambi ed Eugenio Fusignani, protagonista degli interventi che hanno fatto recedere Nucara e lo stesso Giorgio La Malfa da quelle scelte.
«E' un grande risultato — commenta ancora Mazzotti — soprattutto di fronte alle dichiarazioni pesanti di sabato sera». Sabato Giorgio La Malfa aveva stroncato la proposta della minoranza di dare vita ad una 'terza via', equidistante dai due poli; e, insieme, aveva respinto le richieste di maggiore autonomia nelle decisioni locali. 'Tutto deve fare capo a Roma' era stata in sintesi la risposta. «Il partito ha una linea nazionale unica che si riflette sulle situazioni locali. Nessuno può arrogarsi il diritto di fregiarsi del simbolo del partito per poi fare quello che vuole», aveva tuonato La Malfa. «Ma il nostro movimento — sottolinea ancora Mazzotti — anche nelle amministrazioni di centro-sinistra resta autonomo, seguendo una linea di valori che è chiara da sempre». Dunque le federazioni provinciali avranno voce in capitolo nelle scelte del Pri a livello periferico, ma per ottenere il simbolo alle elezioni servirà comunque il via libera di Nucara.

nuvolarossa
29-10-02, 16:26
Eletti i delegati al Congresso di Fiuggi
I repubblicani rivendicano
«l’autonomia decisionale»

SAN BENEDETTO DEL TRONTO - «I repubblicani sambenedettesi lamentano, nelle realtà locali, la precisa scelta degli attuali alleati che considerano il Pri quale interlocutore politico solo laddove esso risulta determinante per la vittoria elettorale della coalizione, ritengono perciò che il rilancio del partito possa avvenire soltanto attraverso le intuizioni e la passione delle varie realtà locali che, quindi, non possono essere soffocate o isolate nel rispetto dei contenuti programmatici del partito». E’ questa la sintesi del documento votato all’unanimità nell’assemblea del Pri per l’elezione dei delegati al congresso di Fiuggi (sono risultati eletti Felicetti, Zucchetti, Piunti e Merlini). I repubblicani sambenedettesi, pertanto, «rivendicano l’autonomia politica ed organizzativa delle strutture periferiche ed il loro diritto di decidere in proprio le alleanze politiche locali sulla base dei programmi, della metodologia amministrativa e della credibilità delle persone nell’interesse della città». Un invito all’unità del partito ed alla riforma elettorale per un sistema simile a quello di Comuni e Regione fanno da compendio al documento.

nuvolarossa
30-10-02, 17:51
CdL: Congresso Pri conferma alleanza, a La Malfa-Nucara il 66%

Sostegno critico ma leale al Governo, nuovo Statuto chiude diaspora

15.722 voti congressuali, pari al 66%, alla lista della maggioranza interna del segretario Francesco Nucara e del presidente Giorgio La Malfa. 8.014 voti congressuali, pari al 33,9% alla lista della minoranza interna.
Sono i risultati delle votazioni finali del 43simo congresso del Pri, conclusosi in tarda nottata a Fiuggi.
I documenti congressuali approvati, hanno confermato ''la scelta dell'alleanza con la CdL compiuta dal congresso di Bari'' e ''l'appoggio leale, all'occorrenza critico'' al secondo governo Berlusconi. Maggioranza e minoranza interne al Pri, inoltre, hanno ''approvato unitariamente'' il nuovo Statuto del partito, il quale ''conclude la lunga diaspora repubblicana e -si legge in una nota dell'Edera- garantisce nel sistema maggioritario vigente, rapidita' nelle scelte e garanzie democratiche per tutte le organizzazioni interne''.

nuvolarossa
31-10-02, 19:03
Il ringraziamento di Pera a Nucara per l'invito al Congresso

La ringrazio per il cortese invito a partecipare al 43esimo Congresso Nazionale del Partito Repubblicano Italiano previsto dal 25 al 27 ottobre prossimi purtroppo concomitanti impegni non mi consentono di essere presente. L'occasione mi è gradita per inviare a Lei e agli intervenuti i miei più cordiali saluti.

Marcello Pera
Presidente del Senato della Repubblica
----------------------------------------------------------------------------------
tratto dal sito web del
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
19-01-05, 20:58
Pri verso il congresso: "ancora in subaffitto in CdL"

Presentata l'assise del partito a Fiuggi dal 4 al 6 febbraio

Il Pri, almeno per questa legislatura, continuerà ad abitare nella Casa delle Libertà seppure "ancora in subaffitto". Ma sarà il prossimo Congresso a decidere se "ci sono le condizioni per un'alleanza più organica oppure per un distacco". E' questo il nodo politico che sarà al centro dell'assise numero 44 del Partito Repubblicano che si terrà a Fiuggi dal 4 al 6 febbraio. L'appuntamento è stato presentato oggi nel corso di una conferenza stampa dal segretario del Pri, Francesco Nucara, e dal presidente della commissione Finanze della Camera, Giorgio La Malfa. "Nel 2001 - spiega Nucara - abbiamo stretto un patto di legislatura con Berlusconi in base a un programma. Ora è necessario fare un bilancio di questi quattro anni di esperienza". Per questo, il Congresso sarà chiamato a eleggere un gruppo dirigente "che dovrà monitorare l'attuazione del programma del governo". Attuazione che, hanno sottolineato Nucara e La Malfa, è fatta di luci e ombre. Se da una parte viene dato un giudizio totalmente positivo della politica estera di questo governo, dall'altra c'è più di una perplessità su temi come la giustizia e, ancor di più, sulle riforme Costituzionali: in occasione delle votazioni sul testo i Repubblicani optarono infatti per l'astensione. Ma in primo piano, secondo il Pri, devono essere messe le questioni legate alla situazione economica del Paese e soprattutto al Mezzogiorno "che non è un problema solo dei meridionali ma di tutta l'Italia" sottolinea Nucara. La presentazione del congresso è stata anche occasione per illustrare altre due iniziative promosse dai Repubblicani: una giornata di celebrazioni che si terrà a Roma il 9 febbraio in occasione del bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini
e un incontro- confronto con il centrosinistra cui parteciperanno Minniti, Rutelli e La Malfa organizzato alla Camera da 'La Voce Repubblicana' e dal 'Riformista'.

Roma, 19 gennaio 2005 (Apcom)
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/BATTITOANIMALE.mid