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carlo rosselli
25-06-02, 16:02
Questo articolo è comparso sull'Unità di oggi come anticipazione del Bimestrale Italianieuropei.

Buona lettura e buon dibattito


Amato, Cofferati e D'Alema, che cosa s'intende per sinistra
di P. C.

Quale sinistra può tornare a vincere? Una sinistra che sappia «allargare i propri confini culturali e politici», per Massimo D'Alema. Che «coniughi valori e identità», per Sergio Cofferati. Capace di «comprendere e rappresentare una società estremamente diversificata», per Giuliano Amato. Accenti diversi per «una sinistra che parla a tutti». Non a caso è questo il titolo che «Italianieuropei», nel numero della rivista da oggi nelle maggiori edicole e in libreria, ha dato alla discussione tra i tre protagonisti di vicende politiche e sociali che hanno segnato e ancora animano la ricerca di un riformismo capace di superare i limiti e le contraddizioni che il centrosinistra ha pagato a caro prezzo. Il dialogo muove, appunto, dall'analisi della ragione della sconfitta subita un anno fa, al culmine di una esperienza di governo che ha, per la prima volta dal dopoguerra, impegnato unitariamente le forze di sinistra assieme alle espressioni più democratiche e progressiste dello schieramento politico smembrato dalla crisi della cosiddetta prima Repubblica.
È D'Alema a notare che proprio la vittoria dell'Ulivo nel 1996 è stato il punto di partenza del ciclo che nella metà degli anni Novanta ha visto le forze riformiste conquistare il governo della maggior parte dei paesi europei. Di fronte alla serie di sconfitte elettorali che, adesso, la sinistra sta subendo nel vecchio continente c'è, dunque, da chiedersi se si sia di fronte alla fine di quel ciclo. E, soprattutto, perché le sinistre vengono battute pur avendo governato bene. L'analisi del presidente dei Ds è che, allora, la sinistra riuscì a presentarsi come "capace di coniugare coesione sociale e innovazione", in grado di assolvere alla funzione di "argine civile" dinanzi alla durezza di prove, come quella delle politiche di risanamento necessarie per giungere al traguardo della moneta unica, senza mettere in discussione le garanzie e i diritti sociali fondamentali. La crisi è intervenuta una volta esaurito questo compito, quando si è trattato di restituire ai cittadini quel "dividendo Europa" in termini di maggiore sicurezza e opportunità di crescita e di lavoro "giustamente reclamato". Il limite di politiche nazionali "costrette dentro angusti quadri di compatibilità sovranazionale al cui interno è sempre più difficile rendere evidente la differenza tra destra e sinistra" non giustifica il "grave vuoto di capacità d'innovazione" abilmente sfruttato dalla destra con la sua proposta populista. Il ciclo che, dunque, va esaurendosi è - a giudizio di D'Alema - quello dei riformismi nazionali chiusi nel recinto dell'ortodossia socialdemocratica. Occorre, invece, allargarne i confini, sia sul terreno del "rapporto tra riformismo socialista e nuovi movimenti" sia sul piano del "dialogo con la cultura liberale, le forze di ispirazione cristiana e l'ambientalismo", per evitare un riflusso, definito "disastroso", delle sinistre sconfitte verso radicalismi nazionali.
Per Cofferati molto contano anche le "componenti locali" nella successione delle sconfitte in Europa, ma complessivamente lo scenario conferma come la sinistra non sia capace di raccogliere consensi se non introduce "visibili elementi di riformismo" nelle stesse politiche di risanamento. L'analisi, precisandosi via via, arriva a un giudizio duro: "Troppo spesso la sinistra ha mostrato di subire il fascino del nuovo senza distinguere tra i suoi effetti benefici o deleteri". La "cesura tra risanamento e riformismo" finisce per far incassare ai ceti moderati gli effetti positivi del processo di aggiustamento. E il processo europeo non è percepito né condiviso interamente come "moneta più democrazia e nuovo modello sociale". Per il segretario generale della Cgil sarebbe stato necessario rendere evidenti le "finalità ideali delle nostre politiche" anche nel caso delle politiche di contenimento della spesa pubblica, che pure tanto la sinistra quanto il sindacato hanno condotto "sulla base di una comune assunzione di responsabilità", affrontando i "concreti problemi" attraverso "precisi passaggi". È, dunque, sulla capacità di "rinvigorire" il legame tra "comuni valori" e "comuni identità politiche" che Cofferati vede un futuro per il socialismo europeo.
In effetti, è di fronte ai due elementi delle identità culturali e del consenso dei ceti più disagiati - riconosce Amato, anche sulla base delle riflessioni raccolte come vice presidente del Pse tra i socialisti olandesi e quelli francesi che hanno subito gli ultimi cocenti rovesci elettorali - che la sinistra si è trovata impreparata e non ha saputo offrire risposte adeguate. Sull'immigrazione, ad esempio, non si può pretendere una convivenza non traumatica se non procede il sistema giudiziario che dovrebbe garantire il funzionamento dei meccanismi di sanzione e di controllo. Così sul piano delle politiche di risanamento e di quelle sociali: l'ultimo presidente del Consiglio del centrosinistra indica una certa "sconnessione", come per il caso delle liberalizzazioni: una delle "nostre giuste scelte", ma con conseguenze sociali per le quali non ci si è preoccupati "con tempestività di predisporre reti di protezione". Ed è proprio davanti a questa realtà estremamente diversificata, dove i potenziali esclusi convivono con quanti ritengono che l'economia debba essere ulteriormente liberata, che Amato rilancia, in termini gramsciani, una "nuova egemonia" nella ricerca di una modernizzazione improntata ad equità, tesa a ricomporre l'insieme. Anche "convenienza individuale e altruismo". Una "suggestione", come la definisce D'Alema, che non si limita a "cogliere l'interesse generale" ma anche a "individuare gli elementi di verità contenuti nelle tesi degli altri per tradurli nel nostro linguaggio".
La "sfida" del "rinvigorimento" degli ideali del socialismo di Cofferati, in questa dimensione, si rivela "particolarmente complessa ma decisiva". Il presidente dei Ds nota che il dissenso non tocca l'"attualità dei valori della sinistra" ma investe le idee distinte sul conflitto generazionale intorno allo Stato sociale e sulle diversità esistenti all'interno del mondo del lavoro. Con una conseguente duplice pressione: "Dal basso, da parte di coloro che essendo fuori dal sistema delle garanzie vivono il lavoro in modi più incerti e precari; dall'alto, da quelle parti più affluenti della società che reclamano ancor più libertà dai vincoli e dalle garanzie". Un paradosso per una sinistra nata per rappresentare coloro che non avevano che da "perdere le proprie catene". Che D'Alema prova a sciogliere in una concezione dinamica del cambiamento. Si tratta - sostiene - di "mettere in movimento la parte di società che meglio rappresentiamo, i 'nostri', interno a contenuti che siano in grado di coinvolgere anche altre forze sociali e quindi abbiano un certo significato 'altruistico', nel senso che dobbiamo convincere quella parte della società già tutelata che l'allargamento dello spazio dei diritti anche a coloro che non ne sono compresi è una esigenza fondamentale della sua stessa sicurezza". Un nuovo welfare, insomma, a garanzia non solo di maggiore democrazia ma anche di maggiore stabilità e di maggiore giustizia.
Una esigenza condivisa da Cofferati, con l'avvertenza che "dare nuova vita ai nostri ideali non possa sottrarci all'obbligo di declinarli in modi nuovi". Evitando, appunto, di ricadere nel "fascino della novità" o nel "peccato di distrazione". Perché - spiega il leader della Cgil - "se è vero che le nuove tecnologie e i nuovi linguaggi cambiano il modo di percepire il tempo e di esercitare la democrazia, occorrono politiche che siano in grado di tradurre il nuovo in maggiore libertà". Proprio perché "le catene di cui dobbiamo liberarci non sono più le nostre sole condizioni materiali", ecco allora che uno dei valori fondamentali, quello dell'eguaglianza, non può essere disgiunto dall'accesso al sapere, vale a dire da "una inclusione sociale anche come consapevolezza di sé". Così come dall'uniformità dei diritti, questione che torna ad affermarsi in tutta Europa assieme al tema della dignità della persona. Una frontiera, questa, di cui Cofferati vede partecipi anche ceti medi "affatto appagati": "Questa parte della società - afferma - può promuovere il cambiamento a patto che ciò non le venga chiesto guardando a gerarchie del passato". Insomma, "qualsiasi discussione sui modelli di welfare" perderebbe valore "senza la dovuta attenzione alla dimensione immateriale dei valori e ai modi nei quali politiche anche efficaci vengono percepite".
Non è, per Amato, un elemento estraneo alla prospettiva egemonica dell'"insieme". Comprende la consapevolezza che la nuova idea della libertà "nasce dal possesso di una serie di diritti". Con una specificazione: questi diritti "non possono essere immediamente letti come rigidità, pena la scomparsa di qualsiasi equilibrio tra coloro che operano nello stesso mercato del lavoro e a cui deve essere sempre riconosciuta una capacità contrattuale". La definizione di un nuovo modello di welfare, quindi, dovrà "tracciare i rinnovati confini tra diritti, flessibilità e rigidità", ma "è indiscutibile che anche la flessibilità abbia bisogno di diritti certi". Sapendo che "non c'è alternativa ad una modulazione intelligente di diritti e flessibilità".
Attorno ai suoi valori, e "declinando a modo suo i temi della libertà e della sicurezza", la sinistra può - conclude D'Alema - costruire "una convergenza di consensi che vada oltre i nostri tradizionali blocchi sociali". E ambire a sfidare la destra "su un terreno che non le appartiene". Del resto, le ultime elezioni amministrative hanno messo in evidenza un "positivo segno di reazione dei diversi elettorati della sinistra". Ma proprio perché è possibile "che proprio in Italia dove la sinistra è stata la prima a cadere il ciclo conservatore possa essere interrotto prima che in altri paesi", è indispensabile "reggere il conflitto con il centrodestra" e "lavorare ad un nuovo progetto per il futuro dell'Italia".