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Spirit
26-06-02, 15:48
PROTESTA E ABDICAZIONE
DEL
GOVERNO PROVVISORIO DI GENOVA
Del 26 Dicembre 1814

La speranza di rendere alla nostra cara patria il suo splendore primitivo, ci ha fatto accettare le redini del governo.

Tutto sembrava giustificare il nostro intento: i Proclami d'un generale inglese troppo generoso per abusare della vittoria, troppo illuminato per porre innanzi il diritto dubbioso di conquista, le prerogative imprescrittibili d'un popolo, di cui l'indipendenza s'attacca al principio di sua storia, e forma una base dell'equilibrio d'Italia, garantito nell'ultimo trattato d'Aquisgrana, l'evidente nullità di sua riunione a un impero oppressore poiché vi si ammise il principio che il consentimento degli abitanti era indispensabile e che si conta come avessero dato lor voto in favore di questa riunione, tutti quelli che non avevano punto votato; la dissoluzione di questo impero, soprattutto la garanzia delle alte Potenze alleale dichiaranti d'innanzi all'universo attento e riconoscente che era tempo che i governi rispettassero loro indipendenza reciproca; che un trattato solenne, una pace generale andrebbe ad assicurare i diritti e la libertà di tutti, ristabilire l'antico equilibrio in Europa, garantire il riposo e la libertà dei popoli, e prevenire le invasioni che già da tanto tempo hanno desolato il mondo.

Dopo queste dichiarazioni memorabili, dopo una amministrazione assai felice per aprire le primiere sorgenti della prosperità nazionale, dopo che lo stato ha ripreso senza ostacoli tutte le insegne della sovranità, e che la sua antica bandiera ha sventolato su tutte le coste, ed è stata ricevuta in tutti i porti del Mediterraneo, noi siamo stati altrettanto sorpresi che profondamente afflitti di sapere la risoluzione del Congresso di Vienna, portante la riunione di questo stato a quello di S. M. il Re di Sardegna.

Tutto ciò che poteva fare per i diritti del suo popolo un governo spogliato di tutti gli altri mezzi che quello della ragione e della giustizia, la nostra coscienza ci rende testimonianza, e le prime corti dell'Europa ne sono bene informate che noi l'abbiamo fatto senza riserva e senza esitazione.

Non ci resta adunque più che a compiere un tristo ed onorevole dovere, quello di protestare che i diritti dei Genovesi all'indipendenza possono essere sconosciuti, ma non saprebbero essere annientati.
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Questo estratto testimonia lo sconforto per quella che fu la fine di una grande e gloriosa storia, quella della Repubblica di Genova, costretta ad annettersi al Regno di Sardegna a causa delle trame albioniche. Da quel momento, l'Italia divenne uno stato succube dell'Inghilterra, che si adoperò perchè gli altri legittimi stati della penisola capitolassero sotto le mira savoiarde. Mira militari, mira odiose, specialmente ai genovesi, ben consci che da decenni il Piemonte cercava uno sbocco sul mare e premeva per impadronirsi di una città ricca e densa di risorse come Genova.
Forse non tutti sanno che la rivolta antiaustriaca del 1745 inaugurata dal "balilla", citato perfino nell'inno di Mameli, era una rivolta anche anti-savoiarda, alleati degli austriaci e avidi di annettersi il territorio ligure.
Bisogna anche sottolinerare che, dopo il Congresso di Vienna, annessi i territori genovesi al Piemonte, non fu varato alcun referendum confermativo, come accadde per tutte le altre realtà italiane, tanta era la certezza che il popolo ligure odiasse le pieghe della storia cui era stato costretto (dimostrandolo nel 1849), e che venne chiuso quel magistero dell'abbondanza che condannò molti abitanti dell'entroterra all'emigrazione. Vennero inoltre costruite mura difensive intorno alla città per paura di insurrezioni, a coronamento di una libertà che venne, è il caso di dirlo, espropriata.
I torti subito dalla Repubblica di Genova sono oggi nascosti dall'intelligenza ufficiale sempre desiderosa di mitologizzare il Risorgimento, e ben farebbero i liguri a riflettere su quali problemi pone ancora oggi ogni mancanza di autonomia.Tremilamiliardi ogni anno di imposte portuali che escono dal territorio in cui vengon legittimanente sudate, e che non vengono a oggi resitituite in termini di infrastrutture e servizi sociali adeguati, soprattutto nell'ottica di incentivi demografici. Leggendo queste righe, chi è ligure non può far a meno di provare uno scatto d'orgoglio, che dovrebbe davvero portare all'attenzione di tutti quel "Caso Liguria" così tenuto ai margini dai mass-media e dall'informazione.
Qui non si tratta di egoismo dalle motivazioni economiche, ma di una vicenda che chiama in causa la dignità delle nostre terre che devon ritrovare il proprio destino nel solco di quei profondi valori che furono propri della repubbica Marinara. Si tratta soprattutto di crear un'alternativa culturale che ridia vigore alla produzione in genovese, lingua privata di ogni status e di ogni diritto di cittadinanza, si tratta di ricomporre il tessuto sociale nell'ottica di una ligusticità che ha sempre fatto rima con un grande progetto euro-mediterraneo, si tratta di rilanciare la Liguria a partire dalle sue radici "progressiste": un progresso radicato in una grande tradizione marinara e avventuriera protesa all'avanguardia, economica ma soprattutto sociale. Si può paragonare il sistema welfaristico attuale,pesante,statalista e inefficiente, all' "epopea" del San Giorgio o di tutti quegli istituti che a lunghi tratti avevano reso la parola indigenza sconosciuta ai genovesi?
In questi anni, la riscoperta storica della città ha fatto emergere queste e altre interpretazioni alla base di un nuovo associazionismo e di una nuova divulgazione rivolta a sostenere le ragioni della nostra unicità. Non è possibile affrontare le sfide della globalizzazione privi di un'identità,ed è il momento oggi che questa ci venga restituita e che possa esser da fondamento di un nuovo "ethos politico" capace di far emergere una classe dirigente capace e rappresentativa. Di destra o di sinistra, molto più probabilmente di sinistra viste le tendenze di voto, ma non è questo il problema. Quello ligure è un popolo, perchè ha dato vita a una civiltà, a grandi innovazioni e a grandi saghe, perchè ha un territorio definito,perchè ha una lingua, perchè DEVE avere un futuro che lo Stato-nazione non è più in grado di assicurargli. Sorprende che la sinistra odierna sia nazionalista e non nazionalitaria, sorprende che chi dovrebbe difendere i popoli prende invece le parti dei grandi potentati apolidi e completamente altri dallo spirito democratico più classico e più denso di prospettive. La ligusticità deve essere trasversale e accomunare chi ha a cuore la nostra terra. E ne siam sicuri: se oggi non v'è nessuno con un pò di sentimento, domani ne nasceranno, perchè le ali del Grifone battono ancora.