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nuvolarossa
03-07-02, 22:58
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Intervento del sen. Del Pennino sugli effetti della riforma del Titolo V parte II della Costituzione

Signor Presidente, debbo preliminarmente ringraziarla ed esprimere il mio apprezzamento per lo sforzo di sintesi e di chiarezza espresso nella proposta di documento conclusivo in cui ha voluto riassumere i risultati del lavoro svolto dalla Commissione nel corso dell'indagine conoscitiva.
Il documento conclusivo che lei ci propone si caratterizza per una grande obiettività, anche se lascia aperti alcuni problemi che sono emersi durante lo svolgimento dell'indagine conoscitiva, come anche lei sottolinea, signor Presidente, proprio nella prima pagina del documento proposto, scrivendo che "si è avvertito il rischio che la modifica costituzionale abbia lasciato irrisolti, o anche posto ex novo, molti problemi, la risoluzione di alcuni dei quali viene evidenziata come una vera e propria urgenza". Successivamente, nello stesso documento, lei sottolinea come due messaggi di per sé contraddittori, siano emersi dall'indagine conoscitiva: "il primo è che la riforma necessita, allo stesso tempo, di attuazione e di correzioni". Nella scorsa seduta, il senatore Villone, in un intervento assai rilevante, ha sottolineato che vi è in questo messaggio una contraddizione perché la riforma ha bisogno soprattutto di attuazione. Mi permetto di esprimere un parere esattamente opposto: la riforma ha bisogno, innanzi tutto, di correzioni che, a mio avviso, sono essenziali anche per una corretta attuazione della riforma stessa.

Vorrei partire proprio dal secondo messaggio che lei, signor Presidente, ha sottolineato nella sua proposta di documento conclusivo e sul quale sono stati espressi rilievi e considerazioni del tutto opposti da parte del senatore Fisichella e del senatore Villone. Lei ha rilevato che la riforma, rispetto al testo della Costituzione entrata in vigore nel 1948, è caratterizzata da una diversa collocazione gerarchica dei vari soggetti istituzionali (Stato, regioni, comuni, provincie) e che occorre "ragionare non più in termini di gerarchia tra i diversi livelli di governo, ma in termini di competenza". Ha tuttavia anche sottolineato "che permane in capo allo Stato un ruolo di supremo garante dell'ordinamento giuridico" ed ha indicato una serie di punti che significherebbero e testimonierebbero il ruolo di supremo garante dello Stato. Abbiamo assistito, nella scorsa seduta, ad un'interpretazione del tutto opposta di questi suoi rilievi - peraltro obiettivi - da parte del senatore Fisichella e del senatore Villone. Il senatore Fisichella ha sottolineato che quando si parla di competenza e non più di gerarchia si crea una situazione che diventa inevitabilmente conflittuale; inoltre, poiché non c'è più il richiamo all'interesse nazionale, diventa invero difficile poter stabilire un criterio certo di prevalenza tra i diversi soggetti dello Stato-ordinamento. Il senatore Villone, invece, pur lamentandosi a sua volta del mancato riferimento all'interesse nazionale, ha ritenuto che da tutti i princìpi che lei aveva dettagliatamente elencato si possa dedurre che l'interesse nazionale rimane come elemento cui deve essere ispirato il rapporto tra i diversi soggetti dello Stato-ordinamento. E ancora, a proposito della leale collaborazione da lei richiamata , che dovrebbe caratterizzare il rapporto tra Stato, regioni, città metropolitane, provincie e comuni, il senatore Fisichella rilevava come questo apriva una logica contrattualistica quasi di tipo privatistico, mentre il senatore Villone affermava che questa è materia tipica di ogni corretto ordinamento federale.

Personalmente faccio mie più le preoccupazioni del senatore Fisichella che non le "speranze" del senatore Villone, ma, indipendentemente da ciò, la presenza di due interpretazioni così antitetiche ed alternative indica come quella di correggere il testo della riforma del Titolo V che è stata introdotta sia esigenza prioritaria rispetto ai problemi della sua attuazione.

Vi sono altre tre considerazioni che vorrei fare, senza dilungarmi troppo. Prima di tutto, vi è una contraddizione, che vedo come un filo rosso che attraversa la riforma del Titolo V, che è emersa con particolare chiarezza, e che vorrei pregare il Presidente di evidenziare nella stesura definitiva del documento conclusivo: il tema della legislazione concorrente. Sulla legislazione concorrente, pur nella diversità dei pareri che abbiamo raccolto dagli illustri studiosi che abbiamo ascoltato in questa sede, un dato è emerso con certezza: non è assolutamente chiaro quale sarà il vincolo rappresentato dai princìpi generali fissati dalla legislazione dello Stato e quale sarà la possibilità di muoversi, da parte delle regioni, in assenza di detti princìpi generali. Siccome la legislazione concorrente riguarda una serie di materie assai rilevanti (ad esempio, la produzione e la distribuzione dell'energia ) per il nostro sistema economico, mantenere elementi di confusione come quelli che l'attuale Titolo V contiene in materia di legislazione concorrente, rappresenta certamente un elemento pericoloso e prodromico di conflitti di attribuzione assai vasti fra lo Stato e le regioni.

La seconda considerazione. Lei sottolinea giustamente nella sua proposta di documento conclusivo che uno degli elementi che dovrebbe garantire il mantenimento di un riferimento, sia pure sfumato, di tipo gerarchico tra i diversi soggetti dello Stato-ordinamento, è "la mancata definizione della potestà legislativa regionale "residuale" in termini di competenza "esclusiva" (articolo 117, comma quarto)".

Da questo punto di vista devo fare mie le preoccupazioni del senatore Fisichella, nel senso che il disegno di legge sulla cosiddetta devoluzione, al nostro esame, aggrava tutto l'impianto costituzionale, così come delineato nel Titolo V, perché in tale provvedimento viene introdotto quel termine di competenza esclusiva delle regioni che, invece, come lei giustamente sottolinea, nel Titolo V riformato non c'è. Riservandomi di intervenire nel merito durante la discussione generale sul disegno di legge in questione, credo comunque che questo aspetto debba essere sottolineato nel documento conclusivo.

La terza considerazione, più propriamente politica, si riallaccia ad un'obiezione fatta dal senatore Villone nel suo intervento. Nel sottolineare l'esigenza di un diverso bilanciamento fra attuazione e correzioni, il senatore Villone rilevava che tutta una serie di atti normativi che il Governo e il Parlamento stanno ponendo in essere sembra in contraddizione con l'orientamento federalista emerso dalla riforma del Titolo V e che risponda piuttosto ad una logica di carattere centralistico. Non voglio entrare adesso nella polemica se tale obiezione abbia fondamento oppure no, mi sembra però che questo sia un elemento che deve indurre il Governo e la maggioranza di cui faccio parte ad una riflessione. Se occorre un grande piano di investimenti per opere pubbliche, di cui l'economia del Paese ha bisogno, mantenere un impianto costituzionale che pone limiti e vincoli ad una politica di questo genere è un elemento su cui bisogna riflettere, se domani non vogliamo vedere vanificati da eccezioni di incostituzionalità i provvedimenti che si intendono assumere. Questo è un altro argomento che mi induce a dire che la riforma ha bisogno più di correzioni che non di attuazione.

Roma, seduta del 20 giugno 2002- Indagine conoscitiva
Prima Commissione del Senato

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tratto dal sito web
http://www.pri.it

nuvolarossa
02-08-02, 21:54
Dichiarazione di voto del sen. Antonio Del Pennino sul disegno di legge Cirami

Signor Presidente, colleghi senatori,

vorrei in toni molto pacati, anche se essi possono sembrare poco consoni al clima di questi giorni, esprimere le considerazioni che inducono i repubblicani a dare il loro consenso al disegno di legge del collega Cirami , così come è stato modificato dal voto dell'assemblea.

Non vi è dubbio alcuno che la previsione della legittima suspicione come motivo di remissione del processo ad altro giudice da parte della Corte di Cassazione, colmi una lacuna che il legislatore delegato ha lasciato nel nostro ordinamento in contrasto con le indicazioni contenute nella legge delega, come evidenziato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e come ha ricordato assai bene ieri il collega D'Onofrio.

Se non si fosse voluto da parte dell'opposizione strumentalizzare il problema per legarlo alle vicende processuali che vedono coinvolti a Milano il Presidente del Consiglio e l'onorevole Previti, probabilmente il consenso su questo provvedimento sarebbe stato amplissimo, pressochè unanime.

Si è voluto, invece, da parte dell'Ulivo e dei girotondi , trasformare il dibattito sul disegno di legge che ci accingiamo a votare in una battaglia politica, volta a far apparire l'iniziativa della maggioranza come la ricerca di un salvacondotto per suoi esponenti.

Un salvacondotto oltre tutto inesistente , perché qualsiasi richiesta di remissione per legittima suspicione sarebbe comunque sottoposta al giudizio sereno della Corte di Cassazione.

Dietro a questa battaglia intravediamo le tentazioni purtroppo ancora oggi assai forti nella sinistra italiana, di cercare nella via giudiziaria il rimedio alle sue contraddizioni e alle sue sconfitte politiche.

Una tentazione assai pericolosa colleghi della sinistra, e non lo diciamo noi lo dice un uomo che appartiene al vostro schieramento, il collega Ugo Intini, che sul Corriere di stamattina ha affermato:" nessuna democrazia occidentale può consentire che in dieci anni tre sistemi legittimamente eletti siano travolti da iniziative giudiziarie: nel 93 Mani Pulite, nel 94 Governo Berlusconi, ed oggi , se ciò dovesse accadere. Ci troveremmo in una situazione turca, di fronte ad un'oligarchia di grand commis dello Stato i quali ritengono di avere una sorta di occhiuta supervisione sulle istituzioni .In Italia la Magistratura, in Turchia le forze armate."

Si chiede dall'opposizione un passo indietro da parte del Parlamento in attesa di una pronuncia della Corte Costituzionale. Ma si tratta di una richiesta pretestuosa. Quante volte in questa aula e fuori di qui abbiamo sentito dire che sono i ritardi del Parlamento che affidano alla giurisprudenza manipolativa della Corte una funzione di supplenza rispetto al potere legislativo?

Per altro verso se si fosse voluta scegliere la strada dell'attesa, ad essa avrebbe dovuto corrispondere un analogo cauto atteggiamento della Magistratura milanese.

Un uomo dell'autorevolezza di Giovanni Conso, che certo non può essere considerato vicino all' attuale maggioranza, stamattina a chi gli ipotizzava una specie di tregua bilaterale rispondeva: " nessuna difficoltà pratica si opporrebbe, sol che si volesse, alla gestione di tale attesa: i tempi dei lavori parlamentari come pure delle attività giudiziarie, sono dosabili senza gravi difficoltà, come l'esperienza quotidiana continuamente dimostra sia per gli uni che per gli altri.

Perchè quindi processare la fretta della maggioranza ignorando la fretta di altri organi se non esiste un disegno di utilizzazione della via giudiziaria per modificare gli equilibri politici?

Un ultima considerazione dedicata ai colleghi democratici di sinistra:" chi di urgenza ferisce di urgenza perisce."

La scorsa settimana avete respinto la sospensiva che avevo presentato sulla legge per l'aumento dei contributi ai partiti chiedendo che prima di decidere si approvasse una disciplina organica dei partiti . L'avete respinta per l'urgenza di sanare il disavanzo del vostro partito. Oggi non potete sostenere che non sia urgente riaffermare principi di diritto perché in astratto potrebbero tornare utili al Presidente del consiglio.

1 Agosto 2002
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tratto dal sito web nazionale
http://www.pri.it
del Partito Repubblicano Italiano

nuvolarossa
08-08-02, 21:01
Lungo il percorso dell'Italia repubblicana
QUANTE LEGGI AD PERSONAM

Costantino Belluscio

E ro deputato da qualche mese,nel 1972, quando all'esame della Camera venne la prima legge ad personam della mia diretta esperienza. L'anarchico Pietro Valpreda era in carcere da tre anni nonostante proclamasse con ogni mezzo, e con grande solidarietà della sinistra italiana, la sua innocenza. Gli inquirenti erano invece fermamente convinti che fosse stato lui, nel pomeriggio del 12 dicembre 1969, a mettere la bomba nella sede milanese della Banca nazionale dell'Agricoltura di piazza Fontana e a causare sedici morti e decine di feriti. Di fronte alle lungaggini giudiziarie di quel caso, il Parlamento varò la cosiddetta “legge Valpreda”, che prevedeva la concessione della libertà provvisoria anche a imputati di reati punibili fino alla pena dell'ergastolo. Correva l'anno 1972 e, all'atto dell'approvazione della legge, Valpreda era ancora in carcere. Fu completamente scagionato e assolto soltanto quindici anni dopo, nel 1987. A dar retta ai girotondisti e all'eco delle loro urla scomposte che rimbombano fino nelle severe aule parlamentari, sarebbe la prima legge del genere in Italia quella che ha testé ricevuto l'approvazione del Senato. Che io ricordi ce ne sono state diverse e mai nessuna ha sollevato tanto clamore.
N el 1997 non ero più deputato ma ho ben presente che, in pieno governo di centro-sinistra, il ministro Flick, che poi diverrà membro del Consiglio superiore della magistratura, ha fatto approvare dal Parlamento una norma che riguardava il reato di abuso di ufficio non patrimoniale, tenendo l'occhio fisso sulla situazione in cui processualmente si erano venuti a trovare alcuni assessori regionali di un certo orientamento politico, rei di favoritismi nell'attribuzione di incarichi nelle Usl e nella ripartizione di fondi comunitari. All'indomani del grido «Io non ci sto» lanciato dal presidente della Repubblica Scalfaro alla tv a reti unificate, dopo che era stata formulata nei suoi confronti l'accusa di non aver rendicontato i 100 milioni di lire mensili che il Sisde (servizio segreto civile) gli aveva messo a disposizione quand'era ministro dell'Interno (governo Craxi), fu introdotta la norma che dimezzava le pene e i termini della prescrizione per il reato di abuso di ufficio patrimoniale. Ma il caso più clamoroso di legge fatta su misura si ebbe dopo il crollo del muro di Berlino, quando cominciavano ad aprirsi gli archivi segreti dell'impero sovietico, da cui era possibile avere la prova dei finanziamenti elargiti a piene mani dall'Unione Sovietica ai “partiti fratelli”, tra cui in primo luogo il Partito comunista italiano di Togliatti, Longo ed Enrico Berlinguer, come fu accertato dai magistrati di Roma molto tempo prima che fosse pubblicato a Londra il rapporto Mitrokhin, l'agente del Kgb che portò in piazza i segreti di Mosca. Le sinistre comuniste ebbero una parte importante nell'approvazione dell'amnistia per i reati di illecito finanziamento ai partiti, anche da fonti estere, commessi fino a quella data. Così i comunisti che ogni fine mese dovevano retribuire un esercito formato da 18mila funzionari e sopportare ingenti oneri per mantenere sedi, case editrici, case cinematografiche, giornali, riviste attingendo a finanziamenti illeciti, passarono per santi grazie all'amnistia. Gli altri erano tutti corrotti! In questa prateria degli inganni fiorì la stagione di Mani pulite, che lasciò sulla scena politica italiana solo gli ex comunisti, altrove spazzati via dal fulmineo disfacimento del comunismo sulla scena mondiale.
L' anno successivo, sempre il governo di centro-sinistra fece approvare la cosiddetta “legge Sofri”, secondo cui nel caso di revisione del processo disposta dalla Cassazione il nuovo giudizio doveva svolgersi in una corte di assise diversa da quella competente per giurisdizione, se il giudice naturale fosse intervenuto nelle indagini preliminari o nella sentenza di rinvio a giudizio. Era appunto il caso di Sofri. Nessuno, allora, si sognò di gridare che era vergognosa la sottrazione dell'imputato al suo giudice naturale. Più recentemente un caso clamoroso di legge ad personam , ma questa volta non a favore dell'imputato che, guarda caso, non era di sinistra, è stato risolto dal ministro della Giustizia, il già citato Diliberto, che con proprio decreto ha rinviato di sei mesi l'incompatibilità in cui si era venuto a trovare un magistrato, così consentendogli di rinviare a giudizio Berlusconi e Previti. Sarebbe bello che si avverasse l'auspicio che Silvio Spaventa formulò quasi cent'anni fa, secondo cui non si dovrebbero conoscere i nomi di coloro ai quali le leggi vengono applicate. Purtroppo la storia è ricca di casi contrari. Nei lontani anni dello studio del diritto romano, il nostro maestro Francesco De Martino, che poi ho rincontrato nella sua qualità di ministro e di segretario del Partito socialista italiano, ci ricordava spesso la legge Manilia del 66 avanti Cristo con la quale vennero estese a un certo caso le prerogative di Pompeo. Oggi però è lo stesso Parlamento a ripristinare l'ipotesi di legittimo sospetto, cancellata dal codice di procedura penale nella legislatura precedente, quando era a maggioranza di centrosinistra, all'inizio dell'offensiva contro il giudice Carnevale della Cassazione. Agisce in anticipo prima che la Corte costituzionale glielo imponga ad ottobre. Ma perché in questo paese sostanzialmente anormale che rimane l'Italia le leggi sono opportune quando difendono gli amici e scandalose negli altri casi? Povero Spaventa. Che delusione deve provare nel profondo della sua tomba!
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dalla GAZZETTA DEL SUD 8 agosto 2002

FRANCO (POL)
09-08-02, 16:08
Ho letto su Repubblica, quotidiano di quart'ordine in verità, che Del Pennino e il parlamentare di forza italia, ex-socialista, Cicchitto stavano per dare alle stampe una nuova rivista, intitolata Ircocervo. Volevo sapere qual'è il progetto che si prefiggono i due parlamentare? Qualch'uno ha maggiori informazioni?

Roberto (POL)
09-08-02, 21:56
Originally posted by FRANCO
Ho letto su Repubblica, quotidiano di quart'ordine in verità, che Del Pennino e il parlamentare di forza italia, ex-socialista, Cicchitto stavano per dare alle stampe una nuova rivista, intitolata Ircocervo. Volevo sapere qual'è il progetto che si prefiggono i due parlamentare? Qualch'uno ha maggiori informazioni?

www.bietti.it

Saluti

R.

hussita
09-08-02, 22:40
la Bietti se non sbaglio è l'editrice di Properzij

nuvolarossa
10-08-02, 11:53
http://www.prilombardia.it/libro/laici.jpg

.......esatto !
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C'ERANO UNA VOLTA I LAICI

di Giacomo Properzj

C'erano una volta i Laici

Nel 1861, quando fu proclamato il Regno, l'Italia aveva poco più di 21 milioni di abitanti ed era priva di qualsiasi struttura industriale importante. Non solo era un Paese agricolo, ma era anche un Paese inselvatichito, pastorale e poverissimo.

In quegli anni l'Egitto sotto la dittatura di Mohammed Alì, che era morto da poco (nel 1849), si era sviluppato assai di più, dapprima per ragioni militari poi dietro la spinta di interessi economici franco-inglesi. L'Egitto disponeva di una industria cantieristica discretamente sviluppata, di importanti fonderie e una buona industria tessile, tutte cose che a quell'epoca in Italia non esistevano. Francesi ed inglesi stavano investendo rilevanti capitali per la costruzione del Canale di Suez ed il Cairo era una città più grossa e importante di Napoli che era la città più grossa e importante dell'Italia di allora.

Per tutte queste ragioni, sulla Borsa di Parigi, i titoli del debito pubblico egiziano erano accolti meglio di quelli del debito pubblico del nascente Regno d'Italia.

Ma, nel giro di poco più di cinquant'anni, malgrado difficoltà enormi nel campo sociale ed economico, l'Italia ebbe un progresso tale che la portò ad affrontare lo sforzo della I guerra mondiale alla pari con le più grandi potenze mondiali e a sconfiggere, in via definitiva, quello che era stato lo storico nemico del Risorgimento italiano cioé l'Impero austroungarico. Tutto questo, come si é detto, nel giro di poco più di cinquantacinque anni (poco meno della vita media di un uomo dell'epoca) avendo, la classe dirigente, come obiettivo, un'idea semplice ma efficace: la costruzione dell'Unità Nazionale.

Intorno a questa Idea, che per altro aveva avuto una lunghissima gestazione nei decenni precedenti l'Unità, si erano adoperate poche generazioni, espressione di una classe dirigente sostanzialmente ristretta. Una classe dirigente divisa su molte cose ma unita intorno a quella che veniva chiamata "Idea Nazionale" che rappresentava un vincolo politico e sentimentale sia per coloro che avevano vinto, i liberal monarchici, sia per coloro che avevano perso, i repubblicani sociali.

Queste due componenti sono normalmente indicate come i laici risorgimentali dove l'aggettivo risorgimentale chiarisce il sostantivo laico, di per se stesso assai complesso da definire poiché é un sostantivo di origine ecclesiale dove laico si distingueva da chierico. Nel senso di appartenente al popolo e non "insignito di ordine o di carica ecclesiastica".

Nel corso della storia poi questo sostantivo si trasformò in aggettivo e venne a caratterizzare le classi dirigenti e l'ideologia liberale che si opponeva, a partire dalla Rivoluzione francese, al potere temporale della Chiesa e delle Monarchie Assolute.

Non per questo il laicismo poté essere definito un'ideologia, ma al contrario fu una condizione politica nella quale si ritrovarono anche molti cattolici. Né i laici potevano dirsi tutti anticlericali o, addirittura, antireligiosi. Insomma laici furono, nel Risorgimento e nel post Risorgimento, tutti coloro che, con spirito moderno, tennero divisa l'autorità morale della religione e della Chiesa da quella dello Stato secondo l'idea che Cavour ebbe fino all'ultimo minuto della sua vita se é vero quanto si narra che al confessore, che veniva a dargli l'estrema unzione, disse, prima di spirare, "Frate, Frate, libera Chiesa in libero Stato".

Questa definizione di laico non ha pretesa scientifica né filosofica ma serve solo a caratterizzare un certo tipo di classe dirigente e di posizione politica che aveva una religione civile fondata sui valori patriottici tesi al completamento e al consolidamento dell'Unità Nazionale.

Estranei a questi valori erano tutte quelle forze che si erano battute contro l'Unità Nazionale e in primo luogo i cattolici tradizionali. Lo erano anche i socialisti di provenienza hegheliana e marxista che vennero affermandosi in Italia all'inizio del secolo XX.

Non era contraria, lo si é detto già prima, ai valori risorgimentali la sinistra storica, cioé i radicali e i repubblicani. Ma il mito di una rivoluzione universale e della solidarietà internazionale di classe relegò presto, nell'ambito della sinistra, i partiti tradizionali ad un ruolo marginale ed elettoralmente limitato.

Dopo la I guerra mondiale, che rappresentò il culmine dello sforzo della classe politica post risorgimentale, già la maggioranza del Parlamento era nelle mani di coloro che i valori risorgimentali avevano avversato oppure li consideravano superati.

Il Fascismo fu, per molti aspetti, una reazione, sbagliata e violenta, a questa situazione ma, d'altronde, é ben noto che le violenze nei confronti dei reduci di guerra, che consideravano di essersi battuti per il completamento dell'Unità Nazionale, fu uno degli elementi determinanti per la nascita e la vittoria del Fascismo.

Dopo la II guerra mondiale e la caduta del Fascismo la stragrande maggioranza degli italiani spostò il proprio consenso su partiti che nulla più avevano a che vedere con la tradizione risorgimentale e rimasero a guardia dei valori dell'Unità Nazionale solo piccole formazioni politiche che avevano uno scarso seguito elettorale anche se potevano vantare un notevole prestigio.



INDICE

C’erano una volta i laici

La Società Aperta e l’Europa

Federalismo e devolution

Laici e liberali

I fondamenti dello Stato Unitario

La monarchia

L’esercito

I cattolici liberali

La scuola

L’università

Il movimento degli studenti e gli organismi rappresentativi universitari

La massoneria

La magistratura

Gli ebrei

Lo spettacolo e l’opera lirica

Lo sport

Le reti e i computers

Gestione del potere e potere mediatico

Il concetto di classe dirigente

Il progetto politico ed il partito di progetto

Il Mezzogiorno e la malavita organizzata

I partiti laici

Marco Pannella

Eugenio Scalfari

I grandi giornali

I nuovi media

L’informazione come caricatura della politica e della vita

I nuovi confini della scienza ed il mondo laico

Le scoperte scientifiche del futuro: l’energia

Le scoperte scientifiche del futuro: la genetica

Rinascita del mondo laico e liberale

Terzo Risorgimento

Allegato n. 1: Credo laico di E. Gombrich

Allegato n. 2: Dichiarazione di goliardia

Allegato n. 3: Il Sillabo

Allegato n. 4

Bigliografia
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Il libro può essere acquistato in libreria o direttamente on-line dal sito della casa editrice Bietti www.bietti.it che provvederà a recapitarlo a domicilio.
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tratto dal sito web:
http://www.prilombardia.it/frameset_home_page.html

nuvolarossa
10-08-02, 12:01
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nuvolarossa
27-09-02, 13:48
Gli interventi del sen. Del Pennino sulla conversione del Decreto per la regolarizzazione degli extracomunitari

Signor Presidente, intervengo in dichiarazione di voto per richiamare l'attenzione dei colleghi sulla valenza della mia proposta emendativa.

Ero e rimango favorevole all'impostazione originaria del decreto-legge oggi al nostro esame che escludeva dalla regolarizzazione i destinatari di un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno. Poiché, peraltro, l'orientamento prevalso in seno alle Commissioni riunite è stato quello di estendere le possibilità di regolarizzazione anche a coloro che sono stati destinatari di un provvedimento di espulsione per motivi diversi, mi è sembrato opportuno fissare alcuni paletti al fine di meglio definire i casi in cui è possibile consentire la regolarizzazione nonostante vi sia stata l'intimazione a lasciare il Paese.

La mia proposta mira ad aggiungere oltre a quelle formulate dalle Commissioni riunite, quattro ipotesi in cui non è possibile la regolarizzazione . La prima riguarda coloro che appartengono ad una delle categorie indicate dalle leggi n. 327 del 1988 e n. 646 del 1982; si tratta di persone che, pur non essendo sottoposte a procedimento penale, sono indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altro tipo di associazione criminale, o che, sulla base di elementi di fatto, vengono ritenute abitualmente dedite a traffici illeciti. Questo perché molti provvedimenti di espulsione sono stati assunti prima dell'entrata in vigore della cosiddetta legge Bossi-Fini e per questi casi era previsto dalle vecchie norme il semplice provvedimento di intimazione e non l'accompagnamento alla frontiera.

L'emendamento prevede, inoltre, che non sia consentita la regolarizzazione per coloro nei cui confronti sia stata emessa un'intimazione a lasciare il territorio dello Stato perché il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato o perché privi di valido documento attestante l'identità e la nazionalità; ed ancora per quanti siano entrati clandestinamente nel territorio nazionale, dopo essere stati respinti alla frontiera; infine per coloro che siano destinatari di un provvedimento di espulsione avverso il quale è stato presentato un ricorso successivamente respinto.

Indicare questi come casi in cui non è consentita la regolarizzazione corrisponde, a mio giudizio, ad una logica che non può essere contestata da nessuno.

La seconda parte dell'emendamento da me presentato tende a precisare meglio i dati obiettivi sulla base dei quali può essere revocato il provvedimento di espulsione. Si deve trattare di dati che documentino in modo certo l'inserimento sociale, familiare e lavorativo del soggetto, nonché il comportamento complessivo tenuto dallo stesso. Tali dati dovranno essere verificati dall'autorità che ha emanato il provvedimento di intimazione a lasciare il territorio dello Stato prima di procedere alla revoca dell'intimazione stessa.

Introdurre queste precisazioni - a mio avviso - darebbe maggiore rigore e serietà all'insieme del provvedimento al nostro esame.

Concludo, signor Presidente chiedendo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico dell'emendamento 1.460.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.460.

Intervento n.2

DEL PENNINO Signor Presidente, mi asterrò dal voto sul testo come è stato modificato dall'Assemblea.

Io stesso, nel corso della discussione sulla legge Bossi-Fini, avevo dichiarato che si sarebbe dovuto accompagnare la nuova normativa con un provvedimento di regolarizzazione di quanti svolgono un'attività lavorativa non denunciata nel nostro Paese. Anzi, avevo detto che avrei preferito che tale norma fosse contenuta nello stesso testo di riforma, così come avvenuto per le colf e per le badanti. Per questo avevamo salutato con favore il decreto emanato dal Governo che mi sembrava rappresentare un giusto punto di equilibrio.

Il prevalere di una pseudocultura dell'accoglienza, che ha accomunato l'opposizione con i colleghi dell'UDC, ha portato ad una formulazione francamente incongrua che consente la regolarizzazione di coloro che, entrati clandestinamente nel Paese, hanno poi ricevuto un provvedimento di espulsione, anche per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno. Si tratta di 250.000 persone, per le quali il controllo delle ragioni che autorizzano la revoca del provvedimento di espulsione da parte delle prefetture sarà di fatto impossibile, con il risultato che, o non regolarizzeremo nessuno o li regolarizzeremo tutti.

E la mia previsione è che si adotti questa seconda soluzione. E proprio fra coloro che non sarebbero meritevoli di regolarizzazione( quali quelli che avevamo cercato di escludere con l'emendamento che ho proposto e che l'Assemblea ha respinto) saranno più numerosi i casi di commistioni con pseudodatori di lavoro per aggirare la legge e consentirne la regolarizzazione.

Ma al di la di questo probabile pericoloso risultato vi è un altro elemento negativo che la soluzione adottata comporta . Essa conferma infatti, non solo che nel nostro Paese è difficile assumere dei provvedimenti di espulsione, ma anche che quelli presi vengono poi vanificati da una normativa che interviene successivamente; e suonerà come una specie di tam tam di richiamo per l'immigrazione clandestina nel nostro Paese.

Giovedì 26 settembre 2002
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tratto dal sito web
http://www.pri.it

nuvolarossa
27-09-02, 22:14
UDC: posizione inaccettabile sull'immigrazione clandestina

La legge Bossi-Fini era stata considerata dai repubblicani come un serio passo in avanti nella disciplina dell'immigrazione clandestina. Fissando paletti precisi tra quanti potevano essere regolarizzati e quanti invece non lo potevano, introduceva una linea di demarcazione che sarebbe valsa, per il futuro, a scoraggiare o almeno contenere altri flussi migratori.

Questa valutazione positiva viene purtroppo ridimensionata dopo che il Senato ha modificato il testo del decreto con cui il governo provvedeva a regolarizzare gli immigrati che svolgono un'attività lavorativa non denunciata, così come già era stato fatto per le colf e le badanti.

Come ha osservato il sen. Antonio Del Pennino nel suo intervento, "il prevalere di una pseudocultura dell'accoglienza, che ha accomunato l'opposizione con i colleghi dell'UDC, ha portato ad una formulazione francamente incongrua che consente la regolarizzazione di coloro che, entrati clandestinamente nel Paese, hanno poi ricevuto un provvedimento di espulsione, anche per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno. Si tratta di 250.000 persone, per le quali il controllo delle ragioni che autorizzano la revoca del provvedimento di espulsione da parte delle prefetture sarà di fatto impossibile, con il risultato che, o non regolarizzeremo nessuno o li regolarizzeremo tutti".

E' facile prevedere, purtroppo, che sarà adottata questa seconda soluzione. In questo modo la legge - che doveva avere carattere restrittivo - rischia di trasformarsi in un'ennesima sanatoria a maglie larghe.

Per di più la soluzione adottata conferma non solo che nel nostro paese è difficile assumere dei provvedimenti di espulsione, ma anche che quelli presi vengono poi vanificati da una normativa che interviene successivamente. E suonerà come una specie di tam tam di richiamo per l'immigrazione clandestina nel nostro paese.

Roma, 27 settembre 2002
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tratto dal sito web nazionale
http://www.pri.it

nuvolarossa
29-10-02, 18:49
http://www.frangipane.it/archivio/dicembre2000/20001205.gif

tratto da
http://www.frangipane.it/archiviox.gif (http://www.frangipane.it/index.html)

nuvolarossa
18-12-02, 23:18
Interrogazione a risposta scritta

AL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA
AL MINISTRO DELL'ECONOMIA
AL MINISTRO PER LE POLITICHE COMUNITARIE

Il sottoscritto, senatore Antonio Del Pennino, chiede di interrogare i Ministri in indirizzo per conoscere se risulti loro:

che in Germania, in Francia e in Gran Bretagna, malgrado gli obblighi di legge, i bilanci delle società non vengono depositati;

che questo stato di cose determina una distorsione nel mercato comune dell'Unione europea;

che gli operatori economici italiani non sono in grado di conoscere le condizioni delle società alle quali fanno o possono fare credito.

Ciò premesso, il sottoscritto chiede, altresì, di conoscere quali iniziative i Ministri interrogati intendono assumere presso i governi dei partner europei interessati e presso i competenti organi della Unione europea.

Senatore

Antonio Del Pennino
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tratto dal sito
http://www.pri.it/immagini/da%20inserire%20pri/logosinistra.jpg (http://www.pri.it)

nuvolarossa
11-01-03, 14:09
http://www.bietti.it/ircocervo/immagini/copertina2_sopra.jpg
E' uscito il numero 2 dell' Ircocervo,
trimestrale di cultura politica, edito da
Edizioni Bietti - Societa' della Critica srl (http://www.bietti.it/index.htm#)

mcandry
12-01-03, 00:55
scusate la mia ignoranza, ma che animale mitologico è l'ircocervo? un incrocio tra berlusconi e chi ci deve per forza stare a braccetto?

lucifero
12-01-03, 23:09
sembra essere un felino cornuto. e siccome le corna, ad occhio, le portano solo gli erbivori (a parte quelle metaforiche, che dopo il caso Cacciari sono diventate un vanto), è una cosa veramente contro natura, cosìccome quella citata da mcandry

nuvolarossa
13-01-03, 01:28
L' Ircocervo e' un animale veramente strano.
Il primo a evocarne l'immagine mitologica fu Benedetto Croce proprio per la sua stranezza dovuta alla combinazione di altri animali conosciuti.
Nell'intento dei creatori di questa rivista trimestrale c'e' quello di utilizzare questa definizione paradossale ... l' Ircocervo, appunto ... per definire il fenomeno di una forza politica come Forza Italia vista come un insieme di aree culturali diverse seppur collaterali.
Rivista quindi che raccoglie nel suo comitato scientifico persone la cui origine culturale è molto diversa ma unita su valori e scelte essenziali: il garantismo, la lotta per il ripristino dello stato di diritto, l’economia sociale di mercato, il solidarismo, il rispetto della persona umana”.
E' dall'assemblaggio di questi valori condivisibili che deve uscire, secondo i promotori di questa rivista, una nuova realta' sociale che, purtroppo, ancora non si intravede compiuta nel nostro paese e che, con la fantasia della mente ... puo' appunto essere raffigurata ad un animale strano ... strano proprio perche' inestistente e mitologico come l' Ircocervo
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I Link di NUVOLAROSSA (http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/index-9.html)

nuvolarossa
13-03-03, 23:20
Illustrazione della sospensiva proposta dal sen. Del Pennino sul DDL sulla brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche

Signor Presidente,

Intervengo per proporre una questione sospensiva, chiedendo il rinvio del provvedimento in esame in Commissione.

Illustro brevemente le ragioni di questa richiesta. Negli scorsi giorni oltre trecento scienziati professori universitari, ricercatori e medici hanno rivolto un appello ai parlamentari , denunciando quale fatto gravissimo le modifiche apportate dalle Commssioni Industria e Sanità del Senato al disegno di legge di recepimento della direttiva sulle invenzioni biotecnologiche,, in quanto verrebbe escluso dalla brevettabilità qualsiasi procedimento e tecnica riguardante le cellule staminali embrionali umane, anche quelle ottenute con la tecnica del trasferimento nucleare di cellule staminali autologhe previste dal rapporto Dubecco.

L'appello degli scienziati promosso dall'Associazione Luca Coscioni è caduto nell'indifferenza dei colleghi, ma credo che debba essere attentamente considerato dal Parlamento , anche alla luce delle dichiarazione rese ieri dal Presidente del Consiglio all'inaugurazione della Menarini biotecnologica.

Il Presidente del Consiglio ha giustamente rilevato i ritardi del nostro Paese nel settore della ricerca e ha affermato che, fra i molti mali di cui soffre il nostro sistema di ricerca, quello del mancato collegamento con il mondo dell'industria è uno dei motivi per cui molte iniziative rimangono senza esito, chiuse nei cassetti:" urge quindi un preciso intervento del Governo e del Parlamento per collegare la ricerca pubblica a quella privata."

Questo provvedimento rappresenta in realtà un blocco per la ricerca nel settore delle biotencologie da parte delle università e dei centri di ricerca italiani e creerà una condizione in cui l'industria italiana nel settore delle biotencologie sarà tributaria nei confronti dei brevetti stranieri .

Ecco perché ritengo necessario una fase di riflessione sul disegno di legge al nostro esame, che è profondamente diverso dal testo di recepimento della direttiva che era stato predisposto dal Governo D'Alema nella scorsa legislatura e da quello che il Governo Berlusconi aveva presentato all'altro ramo del Parlamento nell'attuale legislatura.

Propongo quindi il rinvio in Commissione del provvedimento.

Roma, 13 marzo 2003
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http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI164.JPG (http://www.pri.it)

nuvolarossa
16-04-03, 22:17
http://www.adnkronos.com/bottoni/img/sx/banner_adn.gifhttp://www.adnkronos.com/bottoni/img/dx/ccahp.gif
Iraq/Del Pennino (Pri): sì a decisione governo

''I Repubblicani voteranno a favore della mozione della Cdl perche' hanno apprezzato le dichiarazioni di Frattini e condividono la decisione del governo''. Cosi' il sen. Antonio Del Pennino (Pri) ha spiegato il voto a favore della mozione della Cdl. Del Pennino ha anche auspicato una risoluzione ''complessiva dell'intera Unione europea'' e ha anche dichiarato fin d'ora il voto favorevole del suo gruppo per l'impiego di militari in futuro ''anche in operazione di supporto a truppe alleate per ristabilire l'ordine e la stabilizzazione dell'Iraq''.

nuvolarossa
07-05-03, 23:16
Del Pennino presenta al Senato un ddl sulle aree di sosta polifunzionali per la protezione civile

Il senatore Antonio Del Pennino ha presentato in Senato, insieme al senatore Carrara, un disegno di legge recante "Norme per la realizzazione di aree di sosta polifunzionali per la protezione civile".

Il disegno di legge integra la legge sulla Istituzione del servizio nazionale di protezione civile, prevedendo la realizzazione di aree di sosta polifunzionali dotate di tutti gli strumenti necessari ad ospitare le strutture della protezione civile.

In questo modo, in caso di eventi calamitosi, la protezione civile disporrà di aree già appositamente attrezzate per l’attività di soccorso, riducendo al minimo i disagi delle popolazioni eventualmente colpite da tali eventi.

Il disegno di legge del senatore Del Pennino prevede, inoltre, che le stesse aree, quando non si versa in situazioni di emergenza, siano adibite a campeggi o aree di sosta per turisti che utilizzano veicoli ricreazionali, come caravan e autocaravan, al fine di coprirne i costi di realizzazione e di incentivare il turismo open air.

Roma 7 Maggio 2003
tratto dal sito web del
http://www.pri.it/immagini/titsx.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
01-09-03, 21:56
Quale ruolo per il Primo Ministro/Proposte dei repubblicani

Le modifiche costituzionali nel ddl presentato dal Pri

Pubblichiamo qui di seguito il disegno di legge costituzionale avente per oggetto "Norme sulla forma di governo basata sull'elezione diretta del Primo Ministro. Modifica degli articoli 49, 72, 88, 92, 93 e 94 della Costituzione", messo a punto nel corso di un seminario tenuto presso il Pri il 17 gennaio 2003 e presentato al Senato in data 21 gennaio 2003, primo firmatario il senatore Antonio Del Pennino.

Art. 1.

1. L'articolo 49 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 49. – Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere a determinare la politica nazionale.

L'ordinamento interno dei partiti, che disciplina la loro struttura ed il loro funzionamento, deve corrispondere ai princìpi fondamentali della democrazia.

La legge disciplina il finanziamento dei partiti e prevede le forme e le procedure atte ad assicurare la trasparenza ed il pubblico controllo del loro stato patrimoniale e delle loro fonti di finanziamento.

La legge definisce altresì il contenuto minimo degli statuti dei partiti stabilendo le disposizioni dirette a garantire la partecipazione degli iscritti a tutte le fasi di formazione della volontà dei partiti, compresa la designazione dei candidati alle elezioni, ivi incluse le candidature per l'elezione del Primo Ministro".

Art. 2.

1. All'articolo 72 della Costituzione sono aggiunti i seguenti commi:

"Entro quindici giorni dalla sua approvazione, una legge può essere deferita all'esame della Corte costituzionale, per motivi di legittimità costituzionale, su iniziativa di almeno un quarto dei componenti di una Camera.

Il ricorso non sospende la promulgazione".

Art. 3.

1. L'articolo 88 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 88. – Il Presidente della Repubblica, oltre ai casi di scioglimento necessario previsti dall'articolo 94, può, su proposta del Primo Ministro, sentiti i Presidenti delle Camere, sciogliere le Camere. Il decreto di scioglimento produce la contestuale decadenza del Primo Ministro".

Art. 4.

1. L'articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 92. – Il Governo della Repubblica è composto dal Primo Ministro, dal Vice Primo Ministro e dai Ministri, che insieme costituiscono il Consiglio dei Ministri.

Il Primo Ministro è eletto a suffragio universale e diretto contestualmente con l'elezione delle Camere.

Le candidature alla carica di Primo Ministro possono essere proposte dai partiti che presentino con il medesimo contrassegno, o i medesimi contrassegni in caso di coalizione, propri candidati per l'elezione delle Camere in almeno due terzi dei collegi, distribuiti almeno in quindici Regioni.

La legge definisce le modalità di applicazione del presente articolo".

Art. 5.

1. L'articolo 93 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 93. – Il Primo Ministro presta giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica entro tre giorni dall'elezione. Dopo il giuramento il Primo Ministro entra nell'esercizio delle sue funzioni.

Il Primo Ministro nomina con proprio decreto il Vice Primo Ministro, i Ministri e i vice Ministri. Allo stesso modo può revocarli.

Prima di assumere le funzioni, il Vice Primo Ministro e i Ministri prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica, i vice Ministri nelle mani del Primo Ministro.

Nei casi di dimissioni volontarie, di morte o impedimento permanente del Primo Ministro, il Presidente della Repubblica procede all'insediamento nell'ufficio del Primo Ministro del Vice Primo Ministro, che ne esercita le funzioni fino al termine della legislatura".

Art. 6.

1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 94. – Entro dieci giorni dal giuramento il Primo Ministro presenta alle Camere gli indirizzi programmatici del Governo.

Il voto contrario di una o di entrambe le Camere su una proposta del Governo non comporta obbligo di dimissioni.

Le Camere possono esprimere la sfiducia al Governo soltanto mediante mozione motivata votata per appello nominale a maggioranza assoluta dei loro membri.

La mozione deve essere presentata da almeno un quarto dei componenti di una Camera e non può essere messa in discussione prima di cinque giorni dalla sua presentazione. Nei primi due giorni di tale periodo possono essere presentate mozioni alternative.

Se la mozione è approvata, anche da una sola Camera, il Presidente della Repubblica riceve le dimissioni del Primo Ministro e ne dichiara in ogni caso la decadenza. Contestualmente procede allo scioglimento delle Camere, indicendo nuove elezioni per il Primo Ministro e per le Camere".

Art. 7.

1. Nel testo della Costituzione e delle leggi le espressioni: "Presidente del Consiglio dei Ministri" e "Presidente del Consiglio", ovunque ricorrano, sono sostituite dalla seguente: "Primo Ministro".
(http://nuvolarossa.ilcannocchiale.it/)
tratto dal sito web del
http://www.prilombardia.it/imgs/pri.gif (http://www.pri.it)

nuvolarossa
16-10-03, 21:17
Innovazione, la proposta repubblicana/Gli emendamenti di Del Pennino

Come fornire supporti logistici alle imprese

Riproduciamo gli emendamenti all'art.. 4 del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, presentati dal senatore Del Pennino.

L'articolo 4 del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, è sostituito dai seguenti:

Art. 4.

(Distretti di Alta Tecnologia)

1. Al fine di promuovere la creazione dei Distretti di Alta Tecnologia (Biotecnologia, Information Communication Technology, Energia, Nano tecnologie), di seguito denominati "Distretti", per la realizzazione del trasferimento della ricerca scientifica al settore industriale, il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministro delle Attività Produttive e il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, è autorizzato a bandire, ogni quinquennio, concorsi per interventi finanziari per cinque anni a sostegno di progetti presentati dalle Regioni per la creazione dei Distretti. I bandi di indizione dei concorsi sono finalizzati alla erogazione di contributi che possano costituire un fondo iniziale di dotazione per l'avvio dei Distretti, nonché per il finanziamento delle attività imprenditoriali e delle iniziative per la creazione di attività di impresa operanti nell'area di riferimento dei Distretti medesimi.

2. Per le finalità di cui al presente articolo è destinata una somma di 50 milioni di euro per l'anno 2004 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2014.

3. I Distretti sono finalizzati a fornire servizi e supporti logistici ed operativi alle piccole e medie imprese operanti nei settori di Alta Tecnologia, nonché a soggetti operanti nel settore della ricerca che intendono avviare attività imprenditoriali nell'ambito dell'Alta Tecnologia. Essi si connotano per una rilevante presenza di università, di centri di ricerca e di strutture professionali in grado di alimentarne costantemente le attività, attraverso il trasferimento di studi ed approfondimenti scientifici e l'erogazione di servizi reali, e possono essere caratterizzati dalla presenza di imprese operanti nello specifico settore di Alta Tecnologia. Tali Distretti si caratterizzano, altresì, per la presenza di società regionali a partecipazione pubblica che realizzano interventi di finanziamento di imprese o di iniziative imprenditoriali attraverso l'utilizzo di fondi stanziati ai sensi di norme nazionali, regionali o dell'Unione Europea e devono disporre di una adeguata rete di servizi finalizzati alla erogazione di supporti alle iniziative imprenditoriali nonché di strutture logistiche utili al supporto operativo ed alla eventuale localizzazione di iniziative imprenditoriali nell'area del Distretto. L'area territoriale di ciascun Distretto è determinata con decreto del Presidente della giunta regionale. Due o più Regioni, peraltro, possono consorziarsi ai fini di un progetto congiunto e caratterizzato da sinergie scientifiche, strutturali ed operative. In tal caso l'area territoriale del Distretto viene definita di concerto dai presidenti delle Regioni interessate.

4. Una società di gestione appositamente costituita, secondo le modalità di cui al comma 5, provvede alla gestione operativa del Distretto. La società di gestione assicura, in forma diretta o attraverso soggetti opportunamente selezionati in base a specifiche garanzie, un complesso di servizi alle iniziative imprenditoriali. Tali servizi potranno essere offerti anche in forma di incubatori.

5. Le società di gestione dei Distretti sono costituite in forma di società per azioni, alle quali possono partecipare, oltre alla Regione, altri enti pubblici e privati. La partecipazione al capitale della società di gestione prevede, per la fase di avvio, una ripartizione tale da riservare una quota fino al 70 per cento alle Regioni e ad altri enti pubblici operanti a livello locale. La quota restante potrà essere ripartita tra soggetti finanziatori e privati. Le società di gestione sono localizzate nell'ambito delle aree geografiche di riferimento dei singoli Distretti.

6. Per il conseguimento delle finalità di cui al precedente comma 1, il Presidente del Consiglio dei Ministri si avvale della consulenza, per ciascun settore di Alta Tecnologia, di un comitato tecnico-scientifico composto da quattro ricercatori di chiara fama e comprovata competenza e da tre personalità di rilievo del mondo imprenditoriale e finanziario, nominati sulla base di criteri specificati dal regolamento di cui all'articolo 4-ter. Il comitato tecnico-scientifico:

a) esprime motivato parere sullo schema di bando di concorso di cui all'articolo 4-bis;

b) valuta le domande di contributo presentate dalle Regioni;

c) verifica periodicamente, secondo modalità specificate nel regolamento attuativo, di cui all'articolo 4-ter, lo stato di attuazione dei progetti finanziati e propone la sospensione dei contributi in caso non siano stati raggiunti, da parte dei beneficiari dei finanziamenti, gli obiettivi previsti nel progetto di costituzione dei Distretti.

Art. 4-bis

(Concorso quinquennale per la costituzione dei Distretti di Alta Tecnologia)

1. I bandi di concorso per la valutazione della qualità ed incisività dei progetti concernenti i Distretti relativi ai diversi settori dell'Alta Tecnologia, sono emanati ogni cinque anni dal Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministro delle Attività Produttive e il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in conformità alle disposizioni contenute nel regolamento di attuazione, di cui all'articolo 4-ter, e sulla base del parere espresso dal comitato tecnico-scientifico del settore.

2. In sede di prima applicazione, i bandi sono emanati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, entro il 30 Giugno 2004, nel rispetto delle procedure indicate dalla presente legge.

3. I soggetti abilitati a presentare la domanda per la costituzione dei Distretti sono le Regioni, singole o consorziate, qualora il progetto riguardi l'ambito territoriale di più Regioni. La Regione promotrice indica gli altri soggetti coinvolti nel funzionamento operativo del suo Distretto, nella costituzione della società di gestione e nel finanziamento complessivo dell'iniziativa.

4. A valere sulla disponibilità di cui all'articolo 4, comma 2, a ciascuna Regione risultata vincitrice del concorso in base al parere del comitato tecnico-scientifico del settore con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è erogato, per cinque anni un contributo per un ammontare annuale unitario determinato in base alla valutazione dei progetti stessi. Il numero delle Regioni vincitrici non potrà essere superiore a tre per ciascun settore di Alta Tecnologia. Il contributo erogato sarà destinato alla copertura del 50 per cento del fabbisogno necessario per il finanziamento del progetto e delle iniziative imprenditoriali presentate dai soggetti appartenenti al Distretto ed è integrato, per il restante 50 per cento, per una quota del 30 per cento da fondi stanziati dalla regione o da finanziarie regionali, e per una quota del 20 per cento da parte degli altri soggetti finanziatori. Per garantire ulteriori esigenze finanziarie connesse alla costituzione del Distretto, e per avviare una linea costante di finanziamenti per le iniziative presentate successivamente al primo quinquennio, o aggiuntive rispetto a quelle inizialmente previste, le società di gestione dei Distretti avviano, entro il terzo anno di attività, una Società di Gestione del Risparmio (SGR), ai sensi della comunicazione della Banca d'Italia del 19 Luglio 2001, con la finalità di promuovere uno o più fondi mobiliari chiusi volti al finanziamento di iniziative imprenditoriali nel settore dell'Alta Tecnologia.

Art. 4-ter

(Regolamento d'attuazione e copertura finanziaria)

1. Entro il 30 Aprile 2004, il Presidente del Consiglio dei Ministri emana, con proprio decreto, ai sensi dell'articolo l7, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il regolamento di attuazione della presente legge. Detto regolamento definisce, per ciascuno dei settori di Alta Tecnologia, di cui all'articolo 4 comma 1, la composizione del comitato tecnico-scientifico, e stabilisce i criteri per la valutazione e la selezione dei progetti ammessi a concorso, nonché quelli relativi alla ripartizione dei contributi erogabili a ciascun settore.

2. All'onere derivante dall'applicazione dei precedenti articoli 4 e 4-bis si provvede con quota parte delle maggiori entrate recate dal presente decreto." (http://nuvolarossa.ilcannocchiale.it/)

nuvolarossa
23-01-04, 20:20
L'intervento in aula del senatore Antonio Del Pennino in merito al disegno di legge sull'ordinamento giudiziario (21 gennaio 2004)

Signor Presidente, annuncio il voto favorevole dei repubblicani su questo disegno di legge sulla riforma dell'ordinamento giudiziario perché apprezziamo il tentativo di introdurre norme volte a garantire criteri più rigorosi per l'accesso alla magistratura, una separazione delle funzioni tra magistratura giudicante e magistratura requirente, la tipizzazione degli illeciti disciplinari.

Non posso, peraltro, esimermi da alcune considerazioni analoghe a quelle già sviluppate in sede di discussione generale dal collega senatore Compagna. Non ritengo cioè che il complesso problema di un miglior funzionamento del nostro sistema giudiziario possa essere risolto da questo solo provvedimento, ma che occorra porre mano ad una revisione complessiva delle norme costituzionali sia per quanto riguarda i criteri di accesso alla magistratura, sia per quanto riguarda la composizione del CSM. In questo senso il senatore Compagna ed io presenteremo nei prossimi giorni un apposito disegno di legge.

Riteniamo infatti che il nostro sistema giustizia sia caratterizzato da due diversi mali: da un lato, la condizione di conflittualità dell'ordine giudiziario con gli altri poteri dello Stato, dall'altro una ormai congenita inefficienza, specie nel settore del contenzioso civile. Ma questi due aspetti, apparentemente contraddittori, hanno in realtà la stessa origine, cioè lo status della nostra magistratura.

Negli anni ‘50, e ancora negli anni successivi, il giovane che entrava in magistratura aveva il compito di interprete della legge. Buon magistrato era colui che forniva la lettura più fedele possibile del testo normativo. Successivamente, a partire dagli anni ‘70, è stata introdotta la tesi secondo la quale l'interpretazione non è, né può essere, una semplice lettura, ma è sempre necessariamente un atto di creazione: tesi codesta che sul piano logico formale contiene ovviamente una sua parte di verità, ma che ha finito con l'aprire la strada alla possibilità per il giudice di superare gli invalicabili limiti linguistici del testo normativo.

Un processo lungo e complesso, di cui sarà interessante un giorno scrivere la storia, portò alla fine degli anni ‘80 alla creazione di un nuovo modello di magistratura, che si è completamente sostituito al precedente. Se questo è il punto di arrivo di un'evoluzione cinquantennale, sarebbe assolutamente illusorio pensare di spostare indietro le lancette della storia. E le stesse norme introdotte per limitare l'interpretazione creativa in questo disegno di legge non ci sembrano una soluzione del problema. Ciascuno di noi può preferire l'uno o l'altro modello di magistratura, ma sul piano pratico il passato non ammette restaurazioni. La realtà è che siamo di fronte a due modelli del tutto eterogenei, anzi opposti fra di loro, e che certi comportamenti, che sono scandalosi se raffrontati al vecchio modello della magistratura, diventano del tutto normali e conseguenti se riferiti al modello nuovo.

Indietro però non si torna.

In queste condizioni, quindi, credo che il nodo di fondo sia quello di modificare, almeno parzialmente, i criteri di selezione per l'accesso alla magistratura. Bisogna cioè incominciare a pensare a un sistema di elezione diretta popolare dei magistrati, almeno per quanto riguarda i ruoli dirigenti. È del resto una vecchia tesi avanzata dalla sinistra alla Costituente, dagli onorevoli Gullo e Laconi, ed è la sola soluzione che può farci superare le polemiche sulla legittimazione del ruolo interpretativo e creativo della magistratura.

Credo che questa sia una riflessione complessiva che noi dobbiamo fare. Certo, non si può pensare a una modifica radicale di tutto il nostro ordinamento giudiziario, perché sappiamo che una modifica troppo radicale può aggiungere vizi nuovi ai vecchi vizi; ma, quanto meno per quanto riguarda i ruoli direttivi, credo che questa sia una misura a cui dobbiamo seriamente pensare.

Come dobbiamo pensare a una riforma del Consiglio superiore della magistratura. Anche qui oggi assistiamo, rispetto al dibattito alla Costituente, a una strana inversione delle parti: alla Costituente fu la sinistra, in particolare gli onorevoli Togliatti e Laconi, a sostenere, con Calamandrei e Leone, la tesi di un Consiglio Superiore della Magistratura paritetico fra membri laici e membri togati. L'onorevole Togliatti ebbe a dichiarare che questa era una garanzia per impedire le chiusure corporative e la separatezza della magistratura rispetto agli altri poteri dello Stato. Ebbene, una riflessione sulla composizione del Consiglio Superiore della Magistratura credo sia qualche cosa che oggi deve essere fatta da tutti in uno spirito bipartisan.

Con il collega Compagna abbiamo pensato e indichiamo nel nostro disegno di legge una formula che era stata avanzata negli anni passati anche dall'allora Ministro per le Riforme Istituzionali, onorevole Maccanico, cioè una composizione che ripeta il modulo della Corte Costituzionale anche all'interno del Consiglio Superiore della Magistratura, attribuendo un ruolo di garanzia al Capo dello Stato e a quelli che saranno i membri del Consiglio Superiore della Magistratura da lui nominati, come elemento di equilibrio fra quelli di nomina politica e quelli eletti dai magistrati.

Ma a questo punto vi è un altro elemento che desidero sottolineare, perché fa parte del nostro dibattito di questi giorni. Nel disegno di legge, che affronteremo la prossima settimana, relativo alla riforma dell'ordinamento costituzionale, vi è una disposizione che riguarda il Consiglio Superiore della Magistratura. Ebbene, io credo che sia un grave errore introdurre una riformetta, una piccola modifica relativa alla nomina del vice presidente in quella legge, perché questo significherebbe pregiudicare un più complessivo ragionamento sulla riforma della composizione del Consiglio Superiore della Magistratura. Credo quindi (e introduco sin d'ora questo elemento di riflessione) che sarebbe forse opportuno stralciare quella norma per farne oggetto di una riflessione più complessiva sulla revisione costituzionale delle norme che riguardano l'ordinamento giurisdizionale.

nuvolarossa
12-02-04, 12:32
«Magistratura: vertici eletti, così sarà più equilibrata»

ROMA - Elezione popolare dei magistrati con incarichi direttivi. Facoltà di «esternazione» prevista solo per loro. Abolizione dell’obbligo dell’azione penale. Csm con meno poteri e un rafforzato ruolo di garanzia del capo dello Stato.
È una riforma radicale della magistratura e delle leggi che la regolano quella che propone il senatore repubblicano Antonio Del Pennino, assieme a Luigi Compagna (Udc). Lui stesso la definisce «un’ipotesi audace, magari azzardata ma che affonda le radici nel dibattito sulla Costituente».

Senatore Del Pennino, in che cosa questa proposta migliora la giustizia?

«Cerca di "decorporativizzare" il sistema. Se ne parlò già nella Costituente, ed era la sinistra quella più preoccupata che i magistrati non divenissero un corpo separato».

Perché la eleggibilità dei giudici?

«Solo dei presidenti e i pg di Corte d’appello, i presidenti di Tribunale e i procuratori. Generalizzarla ora sarebbe un passaggio troppo brusco. L’eleggibilità ovvierebbe al problema della interpretazione evolutiva della legge, i capi degli uffici sarebbero legittimati in questa funzione legislativa che ora la magistratura non ha, essendo un’espressione burocratica e non democratica. E poi dovrebbero garantire l’equilibrio, mentre ora si preoccupano solo di assicurarsi il consenso delle correnti».

Lei propone di modificare la composizione del Csm.

«Non solo. Il Csm era stato pensato come garanzia dell’autonomia del singolo giudice. Non come strumento di governo dei giudici sui giudici. Le sue prerogative vanno ridefinite. E poi non si può continuare a discutere se i magistrati sono insultati o insultano. Occorre rafforzare il ruolo di arbitro del capo dello Stato. Spetterebbe a lui nominare un terzo dei componenti del Csm, il primo presidente e il pg della Corte di Cassazione».

L’intento di rendere meno «politicizzata» la magistratura non è vanificato dalla eleggibilità?

«A Palermo - interviene Compagna - quando era procuratore Caselli, la priorità delle indagini erano Andreotti, Contrada, etc. Se avesse dovuto competere con Pietro Grasso forse avrebbe avuto una visione meno antagonista».

In astratto è possibile anche il contrario.

«Certo. Ma questa legge ha un aspetto provocatorio. Però tocca il cuore del problema. Cosa che il centrodestra non è ancora riuscito a fare».

Virginia Piccolillo
(www.nuvolarossa.org)

Giuseppe Gizzi
13-02-04, 09:41
Debbo fare pubblicamente ammenda su Antonio Del Pennino. Quando vidi infatti, che fu candidato (pare tra l'altro per volontà del suo amico Berlusconi), mi chiesi: ma come uno sta fuori tanti anni dal Partito e poi rientra per diventare senatore. Nutrivo anche seri dubbi,- e mi pare che discussi animatamente con Calvin-, della sua possibilità di autonomia parlamentare. Invece, dopo un inizio in sordina, Antonio Del Pennino sta nobilitando la sua elezione, con tante proposte di legge, anche su temi caldi come la fecondazione, che caratterizzano in senso positivo questa sua legislatura. E se il Pri è spesso sulla stampa, molto del merito va ascritto al senatore Del Pennino.
P.s. Salto di palo in frasca, ma ieri sera tutti avete potuto vedere dove arrivi la tracotanza juventina. Con Boniperti si parlava di stile Juve. Oggi la Juve ha perso stile, gioco e dignità. Comunque non sarà certo un Pellegrino a salvarla dal suo inarrestabile declino. FORZA INTER!

nuvolarossa
27-02-04, 22:21
Dichiarazione di voto Sen. Del Pennino sul decreto proroga partecipazione italiana alle missioni internazionali

Signor Presidente, i repubblicani voteranno a favore del decreto di proroga della partecipazione italiana ad alcune operazioni internazionali.

Senza voler riaprire il dibattito sulle ragioni che hanno determinato l'intervento anglo-americano in Iraq né su quelle che ci hanno indotti a partecipare con l'invio di un contingente alla ricostruzione irachena; oggi il mancato rifinanziamento di quella missione ed il conseguente ritiro delle nostre truppe rappresenterebbero una fuga irresponsabile, un'offesa alla stessa memoria dei caduti di Nasiriya e insieme una perdita di credibilità internazionale dell'Italia.

Per usare le parole di un fondo del quotidiano "Il Riformista", ritirare le truppe occidentali dall'Iraq mentre iracheni e terroristi stranieri sparano contro altri iracheni, fanno strage di reclute della polizia locale, non ancora in grado di difendersi, equivarrebbe a dire: "prego, si accomodi" ad un regime di binladenisti.

Né ha senso la tesi secondo cui fino a quando non si realizza un ruolo preminente delle Nazioni Unite nel teatro iracheno sarebbe meglio lasciare solo agli anglo-americani il compito di garantire l'ordine in Iraq.

Se la preoccupazione è quella di evitare che la presenza straniera assuma agli occhi della popolazione il carattere di un'occupazione militare, è evidente che l'intervento di una pluralità di Nazioni, in particolare di quelle che non hanno partecipato al conflitto, rappresenta un fattore di garanzia e di apertura verso una prospettiva di avvio alla vita democratica del popolo iracheno.

Roma, 18 febbraio 2004

nuvolarossa
04-03-04, 20:42
Intervento sen. Del Pennino sull' articolo 12 ddl riforma dell'ordinamento dello Stato

E' iniziata la discussione in Senato, nell'ambito del disegno di legge di riforma dell'ordinamento dello Stato, dell'articolo 12 che regola la ripartizione delle competenze tra la Camera dei Deputati e il nuovo cosiddetto Senato Federale, prevedendo che al Senato venga assegnata la definizione dei principi fondamentali nelle materie oggetto di legislazione concorrente far Stato e Regioni. La legislazione concorrente è sempre stata oggetto di critiche da parte dei repubblicani che hanno sottolineato come la stessa rappresenti motivo di conflitto di attribuzione fra lo Stato e le Regioni, come rilevato anche dal comunicato della Segreteria dei giorni scorsi.

Riportiamo l'intervento del Senatore Del Pennino, reso in discussione generale sull'articolo:

"Signor Presidente, desidero esprimere le forti perplessità che mi indurranno a non votare l'articolo 12 che viene proposto dal relatore e che, se rimanesse nel testo che c'è stato proposto, comporterà una ripartizione delle competenze tra Camera e Senato federale che di fatto presuppone il mantenimento in vita integrale dell'attuale Titolo V della Costituzione.

In questo senso, sul piano procedurale concordo con l'obiezione avanzata ieri dal senatore Villone che sarebbe stato opportuno limitare la discussione sull'articolo 12 al mero procedimento di formazione delle leggi, mettendo da parte gli emendamenti che possono incidere sulla definizione delle competenze in modo da non pregiudicare le successive decisioni. Poiché questa scelta procedurale non è stata fatta, dobbiamo valutare nel merito questo articolo 12 così come ci viene sottoposto.

Esso conferma in modo credo irreversibile la scelta di mantenere nel nostro ordinamento costituzionale la cosiddetta legislazione concorrente.

Ho già avuto modo di dire, nel corso della discussione generale sul disegno di legge in esame, che i repubblicani giudicano la legislazione concorrente come l'elemento che determina il maggiore conflitto di attribuzioni e la maggiore confusione nei rapporti tra Stato e Regioni. Credo che questo dato sia confermato anche dalla pregevole pubblicazione del Servizio studi del Senato, che ha illustrato la giurisprudenza costituzionale dopo la riforma del Titolo V e che evidenzia come più della metà dei casi su cui si è dovuta pronunciare la Corte derivino dalle norme relative alla legislazione concorrente. Il fatto quindi di basare sulla legislazione concorrente, sulla competenza, cioè, nella definizione dei princìpi generali a cui dovrebbero ispirarsi poi le Regioni, la diversità di competenze tra Camera e Senato rappresenta una scelta che noi non possiamo in alcun modo condividere.

Ciò detto, desidero sottolineare come comunque, anche entrando nella logica di mantenere la legislazione concorrente e di fare di questo il punto cardine per la distinzione delle competenze tra Camera e Senato federale, vi sono, nel testo che viene presentato, alcune incongruenze per cui ho proposto degli emendamenti che non toccano, purtroppo, l'impianto, ma tendono quanto meno a correggere alcune distorsioni che derivano da questa scelta.

Mi riferisco, in particolare, al fatto che tutte le competenze relative al secondo comma dell'articolo 117 sono attribuite alla Camera, compresa quelle della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, che sono materia su cui invece l'intervento da parte delle Regioni e dei poteri locali è essenziale. Vi è quindi la necessità che su questo vi sia, quanto meno, una competenza bicamerale, se non quella prevalente del Senato federale.

L'altra considerazione è quella relativa alle norme tributarie, che vengono qui affidate alla competenza della Camera. Ora, noi sappiamo benissimo che, anche con l'avvio del cosiddetto federalismo fiscale, per molti anni manterremo un sistema in cui la finanza delle Regioni e degli enti locali sarà basata su una compartecipazione ai tributi statali: sarà difficile sul breve termine l'introduzione prevalente di tributi propri delle Regioni e degli enti locali. E allora, non fare di questa materia relativa alle norme tributarie qualcosa di competenza comune dei due rami del Parlamento significa contraddire quella stessa logica federale cui ci si vuole, in teoria, ispirare.

Infine, credo vada precisato in modo chiaro che è competenza bicamerale tutta la materia elettorale, compresa quindi quella relativa ai referendum e alla legislazione per il Parlamento europeo, non solo quella relativa all'elezione di Camera e Senato.

Queste sono alcune indicazioni che noi diamo per cercare di correggere alcune storture che a nostro avviso vi sono nell'articolo che stiamo esaminando, ma non tolgono, anche se fossero accolte, il motivo di fondo del dissenso che io debbo esprimere su questa scelta, cioè la decisione di mantenere in vita un sistema in cui la legislazione concorrente - di cui tra l'altro non si propone nemmeno un ridimensionamento, come pure era stato nelle prime indicazioni venute dal ministro La Loggia - rimane il cardine della costruzione costituzionale.

Io credo che in questo modo non solo non abbiamo la capacità di correggere le incongruenze della riforma del centro-sinistra adottata nella passata legislatura, ma rischiamo per alcuni aspetti addirittura di aggravarle".

Roma, 3 marzo 2004

nuvolarossa
11-03-04, 23:45
Dichiarazione di voto del sen. Del Pennino sul disegno di legge relativo alla modifica dell'ordinamento dello Stato

Continua al Senato l'esame del disegno di legge relativo alla modifica dell'ordinamento dello Stato. Durante le dichiarazioni di voto sugli emendamenti all'articolo 12, riguardanti il riparto di competenze tra il Senato federale e le Regioni (9 marzo 2004), il senatore Del Pennino è così intervenuto:

Signor Presidente, le avevo chiesto la parola, ma lei non se n'è accorto, per annunciare il mio voto favorevole all'emendamento 12.501 del senatore Marini, perché quella proposta era volta ad introdurre una logica completamente diversa da quella che presiede al nuovo testo dell'articolo 70 della Costituzione, prescindendo dal riferimento alla distinzione contenuta all'articolo 117 tra legislazione di competenza statale, legislazione di competenza regionale e legislazione concorrente.

Ho già affermato in discussione generale che il principale limite dell'articolo 12 è rappresentato dal fatto che la divisione delle competenze fra Camera e Senato fa riferimento alla legislazione concorrente, che noi giudichiamo come l'elemento di maggiore confusione e fonte di conflitti di attribuzione fra Stato e Regioni.

Ora, bocciato l'emendamento del senatore Marini, con l'emendamento 12.95, non riesco a modificare l'impianto del nuovo testo dell'articolo 70 come c'è stato proposto dal relatore, ma cerco quanto meno di correggerlo, attribuendo alla competenza primaria del Senato le materie indicate alle lettere p) e s) del secondo comma dell'articolo 117, cioè quelle relative alla legislazione elettorale, agli organi di governo e alle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, nonché quella relativa alla tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

Mi sembra infatti che si tratti di materie sulle quali il Senato federale dovrebbe avere una funzione prioritaria, anche se non si tratta di materie che rimarrebbero di sua esclusiva competenza, perché vi sarebbe sempre la possibilità di richiamo e revisione da parte della Camera dei deputati.

Propongo poi che venga indicata come materia di competenza bicamerale quella relativa alle norme tributarie, perché è chiaro, come ho avuto modo di dire anche in discussione generale, che in un sistema che continuerà ad essere basato nei prossimi anni su una compartecipazione da parte delle Regioni ai tributi erariali - perché è lungo e difficile il percorso che ci può portare ad un tipo di finanza regionale basata su tributi propri differenti dai tributi statali - se si vuole dare un significato ed un ruolo a quella che si giudica la Camera rappresentativa delle realtà territoriali è necessario introdurre in questa materia una competenza bicamerale.

Non è che con questo emendamento si modifichi sostanzialmente la logica, che non condividiamo, contenuta nell'articolo 12; si cerca solo di porvi qualche limitata correzione. Ecco perché raccomando tale emendamento al voto dell'Aula.

nuvolarossa
05-04-04, 19:54
Intervento del sen. Del Pennino sulla modifica alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, in materia di elezione dei rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo

Signor Presidente, intervengo a favore dell'emendamento 3.1, soppressivo dell'articolo, di cui è primo firmatario il senatore Stiffoni. Non credo che il problema della partecipazione delle donne alla vita pubblica si risolva con le quote. Ritengo che questo sia un modo demagogico di affrontare il problema che non porterà ai risultati che si propone di raggiungere. Quella delle quote è una logica che sempre più nella società moderna tende ad essere cancellata; è infatti la capacità di autodeterminazione, di impegno civile e di lotta dei singoli a determinare la loro crescita e la loro partecipazione alla vita pubblica. Non è certo prevedendo un trattamento speciale, quasi da specie protetta dal WWF, che si risolve il problema.

Ma vi è di più. Oggi sostenete che prevedere l'obbligo di garantire la presenza nelle liste di almeno un terzo di componenti di ciascuno dei due sessi, nella fattispecie delle donne, significa favorire la loro eleggibilità. Nella realtà si otterrà esattamente l'opposto. Con questa norma, infatti, si creerà una condizione in cui, in un sistema elettorale come quello basato sulle preferenze che caratterizza le elezioni europee, verrà agevolata la dispersione dei voti di preferenza tra le candidate.

Quindi, nel momento in cui crediamo di risolvere il problema della partecipazione delle donne alla vita pubblica e della loro presenza nel Parlamento europeo, invece creiamo le premesse per diminuire le loro possibilità di elezione proprio per la vastità imposta del numero di candidature femminili.

Credo che un processo di maturazione civile comune debba affidare alla responsabilità delle dirigenze politiche la possibilità di offrire nuove occasioni di partecipazione e di presenza delle donne nella vita delle istituzioni. Ma imporre tutto questo con una norma, e prevedere relative sanzioni amministrative in caso di mancato rispetto, significa non avere fiducia nelle donne e non rispettare la loro capacità di fare politica . E, aggiungo (perché non desidero nascondermi dietro un dito su un problema che riguarda anche la forza politica a cui appartengo), significa creare una situazione in cui la possibilità di rispettare questa norma determinerà una condizione di difficoltà per le liste espressione delle forze politiche minori. Vincolare al rispetto di quote percentuali chi ha un minimo di possibili candidati più ridotto rispetto a quello dei partiti maggiori significa, infatti, indebolirli nella formazione delle stesse liste.

Vi sono quindi diversi motivi che mi inducono a votare a favore dell'emendamento soppressivo dell'articolo 3. Innanzitutto una questione di principio, vale a dire la necessità di non stabilire un criterio di quote che si oppone ad ogni logica democratica. Vi è poi il problema di incentivare davvero la partecipazione delle donne alla vita politica, che non si ottiene creando un sistema di liste in cui saranno più difficili le possibilità di successo elettorale per le donne perché verrà ridotta la loro possibilità di raccogliere preferenze a causa della dispersione fra più numerose candidate; infine in questo modo si penalizzano le liste che rappresentano forze politiche minori.

Per tutti questi motivi, dunque, voterò a favore dell'emendamento 3.1, soppressivo dell'articolo.

Roma 1 aprile 2004

nuvolarossa
14-05-04, 03:33
Senato, 12 maggio 2004, seduta antimeridiana

Intervento e dichiarazione di voto del senatore Antonio del Pennino sulla istituzione della Provincia di Monza e della Brianza

Signor Presidente, gli emendamenti a mia firma si ispirano ad una logica radicalmente diversa da quella che stava alla base degli interventi con i quali ieri è stata manifestata contrarietà all'istituzione della Provincia di Monza e della Brianza e delle altre due nuove Province, da parte dei senatori che hanno parlato nel corso della discussione generale. I colleghi che sono intervenuti contro questi provvedimenti hanno sostenuto che fosse ingiusto dare la priorità a tali Province senza prendere in considerazione una serie di altre richieste contenute nei disegni di legge da loro presentati, quasi come se questo fosse "l'ultimo treno per Iuma" sulla strada della realizzazione di nuove Province e vi fosse il pericolo che a questo treno non si agganciassero altri vagoncini. Io sono contrario, invece, all'istituzione di nuove Province tout court, siano quelle oggi presentate, siano quelle nuove richieste da altri colleghi. Infatti, nel nostro ordinamento l'ente Provincia ha una scarsa funzionalità, e i suoi costi sono assai superiori ai benefici che apportano alle comunità locali. Nel dibattito successivo mi soffermerò su quel mostrum rappresentato dalla Provincia tricipite di Barletta - Andria - Trani. Ora, per quanto riguarda la Provincia di Monza ci troviamo dinanzi ad una inversione di ogni procedimento logico. Nella Costituzione abbiamo introdotto una norma che prevede la dignità costituzionale dell'ente Città metropolitana. Non vi è dubbio che Milano e l'area milanese rappresentano una delle quattro grandi aree del nostro Paese degne di essere definite Città metropolitane. Quindi, la logica vorrebbe che prima si definisse l'ambito territoriale della Città metropolitana, si istituisse l'ente Città metropolitana sostitutivo anche della Provincia di Milano e successivamente si individuassero le aree che non rientrano nell'ambito della Città metropolitana e che, pertanto, possano dare vita alla realizzazione di nuove Province. Approvando prima la Provincia di Monza, invertiremmo il procedimento logico. Questo è un primo motivo per cui non ritengo opportuno tale provvedimento. La seconda considerazione è che diversi Comuni indicati come costituenti la nuova Provincia di Monza e della Brianza - in particolare i Comuni di Agrate Brianza, Aicurzio, Bellusco, Cavenago di Brianza, Mezzago, Usmate, Velate, Sulbiate e Vimercate - hanno dichiarato, con delibere dei Consigli comunali, la loro volontà di non appartenere alla nuova Provincia. Con buona pace del senatore Cesarino Monti e della senatrice Baio Dossi, è evidente che in questo modo non realizziamo una procedura democratica andando incontro alla volontà dei Comuni, ma imponiamo ad alcuni Consigli comunali che si sono espressi in modo difforme l'aggregazione alla nuova Provincia, e ciò avviene per rispondere non alle esigenze della popolazione bensì a quelle di un certo ceto politico locale.

Di seguito riportiamo la dichiarazione di voto.

Signor Presidente, malgrado l'appassionato intervento della senatrice Teodolinda Baio Dossi e il tentativo del senatore Monti di porsi la Corona Ferrea in testa, devo annunciare il mio voto contrario su questo provvedimento per le ragioni che ho già espresso nell'illustrare gli emendamenti. Non si risolve infatti il problema di un corretto governo del territorio attraverso l'istituzione di una nuova Provincia anziché attraverso la realizzazione della Città metropolitana, anche perché l'esigenza di decentramento dei servizi di competenza statale, come ha riconosciuto la stessa senatrice Baio Dossi, è già risolta in quell'area. Quindi, creare la Provincia significa solo creare un ente inutile in più.
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nuvolarossa
21-05-04, 21:48
Intervento del sen. Antonio Del Pennino nel dibattito intorno alle mozioni presentate sulla missione irachena (20 maggio 2004)

Signor Presidente, colleghi senatori, i repubblicani voteranno a favore della mozione di maggioranza e voteranno contro la mozione delle opposizioni unificate, la cui logica ci è davvero difficile comprendere.

I massimi dirigenti dell'Ulivo avevano sostenuto, da più di un anno, la necessità di un coinvolgimento delle Nazioni Unite nella gestione del dopoguerra in Iraq e avevano a ciò condizionato il loro consenso al mantenimento della presenza del nostro contingente di pace.

Oggi, quando con il piano Brahimi la prospettiva di una svolta prende concretamente corpo, ripiegano sulle posizioni di Rifondazione comunista, dei Comunisti italiani e dei Verdi, chiedendo al Governo un immediato ritiro. Essi sembrano giungere a questa conclusione come conseguenza delle drammatiche vicende che hanno visto il nostro contingente esposto agli attacchi delle bande di guerriglieri che sono costati la vita al caporale Vanzan.

Commenterò questo atteggiamento con le parole di un giornale della sinistra, "Il Riformista" che scrive: "Ecco una cosa che in una democrazia più antica e solida non accadrebbe mai. Mai, sotto il fuoco del nemico, uno dei partiti che si alternano al Governo negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nemmeno in Francia proporrebbe il ritiro dei soldati. L'unico legame tra i fatti di questi giorni e l'ipotesi del ritiro italiano è che chi ci attacca vuole che ci ritiriamo".

Ai colleghi dell'Ulivo che con imbarazzo giustificano il loro atteggiamento di oggi negando che la svolta ci sia, vorrei ancora ricordare come con riferimento alle ipotesi di un ritiro degli alleati, Sandy Berger, già Consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Clinton e adesso stretto collaboratore dell'avversario di Bush, il candidato democratico Kerry, ha dichiarato di considerare il ritiro unilaterale un vero disastro e che lo stesso Kerry segue con ansia il dibattito in Gran Bretagna ed in Italia sul ritiro delle truppe perché teme di restare senza interlocutori in caso di vittoria.

In realtà, il problema che abbiamo davanti oggi non è quello di riaprire una polemica sulla fondatezza o meno dell'intervento militare angloamericano in Iraq che ci ha diviso in passato, né di confermare l'orrore e lo sdegno che invece ci sono comuni per le torture inflitte ai prigionieri iracheni, ma di valutare politicamente cosa accadrebbe se l'Iraq oggi fosse abbandonato a se stesso dal mondo occidentale.

Credo che su questo la risposta più autorevole l'abbia data un uomo che rappresenta la tradizione non fondamentalista del mondo islamico, il presidente egiziano Mubarak, che ha dichiarato: "Nel caso in cui gli americani ed i loro alleati si ritirassero il 30 giugno da un Iraq senza esercito, senza polizia e senza ministeri, si creerebbe una situazione di anarchia terribile ed il Paese si trasformerebbe in uno spaventoso centro di azioni terroristiche".

Il nostro dovere è restare per continuare una missione di pace e per evitare i timori di Mubarak si concretizzino.

nuvolarossa
27-05-04, 20:54
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Del Pennino scrive a Ciampi/Sulle nuove province è stato violato l'articolo 81 della Costituzione

Quando la legge è sprovvista di una corretta copertura

Lettera indirizzata al Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, in data 19 maggio 2004, dai senatori Del Pennino, Ciccanti, Morando.

Illustre Presidente, ci permettiamo di sottoporre alla Sua cortese attenzione alcune considerazioni relative al disegno di legge, approvato in seconda lettura dal Senato e trasmessoLe per la promulgazione, riguardante l'istituzione della nuova Provincia di Monza e della Brianza.

A noi sembra che il testo licenziato dalle Camere non rispetti l'ultimo comma dell'articolo 81 della Costituzione , come è emerso anche nel corso del dibattito parlamentare.

Lo confermano, in particolare, la nota n. 85 del marzo 2004 del Servizio Bilancio del Senato e il conseguente dibattito svoltosi in seno alla V° Commissione, che avevano ravvisato l'incongruenza della Relazione Tecnica del 25 marzo 2003 rispetto al testo approvato dalla Camera dei Deputati il 29 ottobre 2003.

La Relazione Tecnica del 25.03.2003, infatti, contraddiceva in modo evidente ed inspiegabile le quantificazioni contenute nelle Relazioni Tecniche dei Ministeri dell'Interno e del Tesoro e dell'Economia del 5.02.2001 e del 15.05.2002, che già, peraltro, ignoravano gli oneri correlati all'istituzione di nuove province relativi a ulteriori uffici quali INPS, INPDAP, INAIL ecc. e che, a norma dell'art. 27 della Legge 468/78, devono essere posti a carico del bilancio dello Stato, in quanto incidono sul conto economico e finanziario ai fini della quantificazione della spesa pubblica nella definizione del rapporto deficit/PIL, previsto dall'art. 104 del Trattato dell'Unione Europea.

Inoltre la stessa Relazione Tecnica del 25.03.2003 non considerava, nella quantificazione degli oneri del DDL, la spesa di 10.337.080 euro, prevista nella Relazione Tecnica del 15.05.2002, relativa all'erogazione del contributo erariale integrativo, già previsto per l' istituzione di altre province. In proposito va ricordato che il Servizio bilancio del Senato aveva evidenziato come la legge 448/1998, art. 31, comma 10, avesse previsto l' erogazione di 41.650 milioni di lire ( 21,51 milioni di euro ) per le province istituite nel 1992.

Lo stesso rappresentante del Governo, il Sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle Finanze Senatore Giuseppe Vegas, recependo le motivazioni critiche sull' inadeguatezza della copertura finanziaria rappresentata dalla citata Relazione Tecnica, ne aveva proposto una nuova. Tale successiva Relazione aveva poi evidenziato una serie di problemi connessi agli oneri riferiti all'attività del Commissario incaricato di attuare i provvedimenti necessari per l'istituzione della nuova provincia; alla spesa delle elezioni ed al funzionamento degli organi assembleari ed aveva altresì rilevato la necessità di un adeguamento della copertura finanziaria al nuovo triennale 2004 -2006.

Ciò nonostante la Commissione Bilancio del Senato , nella seduta di giovedì 6 maggio 2004, ha ignorato la nota della Ragioneria Generale dello Stato del 22 aprile 2004, prot. 0050665, che, accompagnando la Relazione Tecnica, aveva sottolineato la necessità di adeguare la norma finanziaria .

Non potendo comunque esprimere, di fronte all'evidenza dei fatti, parere favorevole, la Commissione Bilancio varava, a maggioranza, un arzigogolato "parere non ostativo nel presupposto che l'indicazione del bilancio triennale 2003 - 2005, di cui all'articolo 7, si debba intendere riferita al nuovo bilancio triennale 2004 - 2006, e che l'attività del commissario di cui all'articolo 2 venga sospesa al termine dell'arco temporale cui è riferita la copertura dei relativi oneri di finanziamento di cui all'articolo 7." Ed osservava altresì che "le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 1, con riferimento anche all'articolo 21, comma 3, lettera f) del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sulla base delle valutazioni di analoghe disposizioni inserite in precedenti provvedimenti volti all'istituzione di nuove province, non rappresenta una garanzia assoluta del non manifestarsi di ulteriori oneri correlati all'istituzione di uffici decentrati delle amministrazioni statali nelle nuove province.

La discussione ed il voto finale dell'Assemblea del Senato non hanno preso in considerazione neppure le osservazioni della 5a Commissione né, tantomeno, gli emendamenti 4.401, 4.403 e 7.401, che proponevano la modifica del testo nei termini proposti dalla Ragioneria Generale dello Stato con la nota dianzi richiamata.

A noi pare quindi evidente che in tal modo sono state eluse le norme di contabilità pubblica sia per l' inidoneità della copertura finanziaria degli oneri necessari per l'attività del Commissario del Governo e della spesa per le variazioni dei ruoli del personale dello Stato, sia per la insufficienza delle quantificazioni degli oneri eventuali, riferiti alla istituzione di nuovi uffici periferici dello Stato.

Per questo secondo aspetto va rilevato che la vigente legislazione, prevede, in ragione delle competenze rimaste in capo allo Stato in forza dell'art. 117, comma 2, della Costituzione, una organizzazione degli uffici periferici la cui imperatività non può essere elusa con la generica norma di indirizzo prevista dall'art. 21 del T.U.E.L., di cui al D. Leg.vo 267/2000. La disposizione dello stesso art. 21 non consente, infatti, di eludere altre norme cogenti, che stabiliscono l'istituzione di uffici periferici non previsti e valutati nella Relazione Tecnica e quindi nella norma finanziaria di copertura delle relative spese (Commissione Tributaria Provinciale, Comando Nucleo provinciale Carabinieri, Comando provinciale Guardia di Finanza, Motorizzazione Civile, ecc.). Lo stesso parere del 6 maggio della Commissione Bilancio riconosce la inidoneità della norma a contrastare l'istituzione dei medesimi nuovi uffici periferici.

Ci permettiamo infine di richiamare la Sua attenzione sul fatto che l' art. 7 del DDL, che prevede la copertura degli oneri derivanti dall'intero provvedimento, fa erroneamente riferimento alla corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 2003-2005, anziché del bilancio triennale 2004 -2006.

Non è pensabile che - come ipotizzato dalla maggioranza della Commissione Bilancio del Senato - tale indicazione possa essere interpretata come riferita al triennio 2004-2006. Lo conferma il fatto che la stessa Ragioneria Generale dello Stato ha correttamente segnalato che il "fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell' Economia e delle Finanze a cui imputare la spesa è per l'anno 2004, e non per il 2003,come indicato dal testo dell' art.7.

Sul punto va ricordato che, per un recente importante provvedimento, quello sulla procreazione assistita, si è resa necessaria una nuova lettura, da parte della Camera dei Deputati, esclusivamente per l'adeguamento dell'art. 18, relativo alla norma finanziaria, in quanto lo stesso conteneva un errato riferimento al triennio di imputazione.

Illustre Presidente, conoscendo la Sua alta sensibilità rispetto al tema della corretta copertura delle leggi e confidando che le nostre osservazioni Le possano apparire non prive di un qualche fondamento , La ringraziamo per l'attenzione accordataci e Le porgiamo i più deferenti saluti.

Sen. Antonio Del Pennino, Sen.Amedeo Ciccanti, Sen. Antonio Enrico Morando
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nuvolarossa
10-03-05, 23:03
Del Pennino: no alle ipotesi strumentali

Nel corso del dibattito al Senato sulle informazioni del presidente del Consiglio relative alla morte dell’agente del Sismi Nicola Calipari, è intervenuto il senatore Del Pennino a nome del Pri. Questo il suo discorso: "Signor Presidente, desidero esprimere innanzitutto il cordoglio dei Repubblicani per la morte di Nicola Calipari e testimoniare alla famiglia la nostra profonda ammirazione per il suo eroico comportamento.

Abbiamo apprezzato le dichiarazioni del Presidente del Consiglio non meno dell’azione complessiva svolta dal Governo e dai nostri servizi di intelligence nella liberazione di Giuliana Sgrena, ma riteniamo debba essere fatta piena luce sulle cause che hanno portato all’uccisione di Nicola Calipari e al ferimento della Sgrena e del maggiore del Sismi.

Condividiamo l’opinione espressa ieri nel dibattito alla Camera dal Vice Presidente del Consiglio che non può esserci stata una volontaria azione militare degli Stati Uniti nei confronti della macchina che portava verso l’aeroporto la Sgrena e i nostri valorosi agenti, e giudichiamo strumentali le ipotesi in questo senso avanzate nell’altro ramo del Parlamento da alcuni esponenti dell’opposizione. Con simili congetture, si tende non già all’accertamento della verità, ma solo a far crescere un sentimento antiamericano nell’opinione pubblica.

Consideriamo peraltro necessario che siano compiuti tutti gli sforzi - come oggettivamente il Governo sta facendo e come ci ha confermato poc’anzi il Presidente del Consiglio - per avere un pieno chiarimento, attraverso la leale collaborazione degli Stati Uniti, nella ricostruzione di quel drammatico evento e nella individuazione di tutte le responsabilità.

Giudichiamo, infine, inaccettabile l’ipotesi di collegare questa dolorosa vicenda alla presenza delle truppe italiane in Iraq e apprezziamo che il Governo abbia escluso la possibilità di una riconsiderazione delle decisioni assunte in funzione degli ultimi dolorosi avvenimenti".

nuvolarossa
13-04-05, 22:41
Intervento di Del Pennino sui trattamenti sanitari

Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari: martedì 12 aprile il senatore del Pri Antonio Del Pennino è intervenuto in Commissione Sanità, sottolineando come le recenti vicende evidenzino la delicatezza del tema. La necessità di procedere ad un intervento legi-slativo che individui con chiarezza quali sono i soggetti titolati ad esprimere la volontà per conto del soggetto interessato quando quest'ultimo versa in stato di incapacità, è - a suo avviso - tanto più pressante in considerazione della circostanza che la magistratura è sovente chiamata a svolgere una funzione suppletiva. Soffermandosi sulle principali differenze fra il disegno di legge presentato dal Tomassini (n. 2943), da un lato, e quelli a firma sua e del senatore Ripamonti (n. 2279), nonché della senatrice Acciarini (n. 1437), dall'altro, ha sottolineato che questi ultimi si caratterizzano per la previsione di un unico soggetto titolato ad esprimere l'assenso al trattamento quando l'interessato non è più in grado di manifestarlo, mentre nel primo vi è un riferimento ad una pluralità di soggetti. Del Pennino ritiene necessario individuare una figura unica, che sia titolare del diritto ad esprimere il consenso ai trattamenti sanitari, sempre che essa sia stata previamente indicata dal soggetto interessato. Solo in assenza di tale designazione, è a suo avviso auspicabile fare riferimento ad ulteriori soggetti.

Relativamente al grado di vincolatività delle dichiarazioni anticipate di volontà, egli ha ricordato che il disegno di legge a sua firma prevede che esso sia assoluto. Ha colto peraltro l'occasione per esprimere invece contrarietà nei confronti di quegli emendamenti che intendono restringere il valore vincolante della dichiarazione. Ha infine concluso auspicando che si giunga ad individuare soluzioni largamente condivise, onde favorire una sollecita conclusione dell'iter legislativo.

nuvolarossa
28-04-05, 23:13
Governo/Dichiarazione di voto di Del Pennino

Onorevole Presidente del Consiglio, il Partito Repubblicano Italiano esprimerà un voto di fiducia al Governo da Lei presieduto, giudicando adeguata la piattaforma programmatica che Ella ha illustrato alle Camere, forte l'impegno politico per superare le difficoltà e le contraddizioni che hanno caratterizzato la maggioranza nelle scorse settimane.

Una piattaforma programmatica, concreta ed essenziale, incentrata sull'esigenza di coniugare la difesa della stabilità finanziaria con misure utili a rilanciare il sistema produttivo, che non rappresenta un libro dei sogni, ma la concreta indicazione di un metodo di governo, e considera l'eliminazione degli sprechi e dei privilegi e la riduzione delle aree di parassitismo, ancora forti nel nostro sistema pubblico, come premessa per una più compiuta utilizzazione delle energie intellettuali e produttive che il Paese è in grado di esprimere.

Un impegno politico che non si nasconde le difficoltà sinora incontrate e non ignora il segnale rappresentato dal voto del 3 e 4 aprile, ma si propone di superarli nella consapevolezza che una ritrovata solidarietà delle forze di maggioranza può consentire a questa coalizione di creare le premesse per il recupero di quei consensi che alle ultime elezioni politiche le consentirono di assumere responsabilità di governo.

Responsabilità che richiedono comportamenti coerenti per essere all'altezza dei compiti che ancora ci attendono.

nuvolarossa
27-08-05, 18:07
Riforme costituzionali/Dichiarazione di voto del sen. Del Pennino

Signor Presidente, ho già avuto modo di esprimere, nel corso della discussione sugli emendamenti, le ragioni che sostanziano il complessivo giudizio negativo dei repubblicani sul provvedimento al nostro esame.

Il testo che ci è pervenuto dalla Camera, e che nel corso del dibattito non si è voluto minimamente modificare qui in Senato, non risolve, infatti, i problemi che ci avevano indotto ad esprimere il nostro dissenso in occasione della prima lettura del disegno di legge.

Certo, sono state migliorate alcune disposizioni che erano contenute nella riforma del Titolo V approvata nella passata legislatura, anche se in modo non ancora soddisfacente.

E se fossero state accolte le nostre proposte di stralcio ed il voto fosse stato limitato alla parte del provvedimento relativa alla cosiddetta devolution e alla revisione dell'articolo 117, diverso avrebbe potuto essere il nostro atteggiamento, anche se permangono forti incongruenze pure nella nuova stesura.

Ma essendo stato respinto lo stralcio siamo in presenza di un testo complessivo che ci induce ad esprimere un voto negativo.

Giudichiamo infatti pasticciato e confuso il meccanismo previsto per la formazione delle leggi; di fatto vanificato il ruolo del Senato cui rimane una competenza residuale; squilibrato il rapporto Governo Parlamento nel momento in cui non si modifica l'articolo 49, prevedendo un sistema di vere primarie, sia per la scelta del Primo Ministro sia per quella dei parlamentari; scarse le garanzie, non essendo stata introdotta la possibilità di ricorso alla Corte Costituzionale da parte delle minoranze; evasive le norme sul CSM, che non servono a correggerne il carattere corporativo; demagogica e foriera di conflitti di attribuzione la previsione che consente a Comuni, Province e Città metropolitane di impugnare direttamente davanti alla Corte Costituzionale le leggi o gli atti aventi forza di legge, qualora ritengano violate le loro competenze.

Francamente non capiamo le ragioni che inducono ad un'approvazione frettolosa di un testo improvvisato e contraddittorio, sol che si pensi che le disposizioni che riguardano la riforma del bicameralismo e della forma di Governo sono destinate ad entrare in vigore solo nel 2011.

Quando si è in presenza di norme che devono regolare e garantire i processi politici e la vita democratica del Paese, fretta ed improvvisazione dovrebbero essere messe da parte.

Non avete voluto farlo e non potete chiedere che il PRI, partito storico delle istituzioni, non neghi il proprio consenso.

Roma, 23 marzo 2005

nuvolarossa
26-11-05, 22:02
Legge 194

Il rischio per le donne di ricadere nella piaga dell'aborto clandestino

di Antonio Del Pennino

Nel dibattito apertosi in questi giorni sull'applicazione della legge 194, ci sembra difficile non rilevare il carattere pretestuoso e strumentale di alcune delle proposte avanzate.

E lo diciamo con riferimento non tanto alle posizioni assunte dalla Cei, quanto alle indicazioni date dal Ministro Storace e alle iniziative legislative di parlamentari dell'Udc e della Lega. Essi hanno posto il problema in modo che sembra ispirato più al desiderio di una "captatio benevolentiae" nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche, che a una meditata e responsabile valutazione della normativa in vigore.

Va preliminarmente rilevato che già la legge attuale prevede che "i consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita".

Ora, il volere imporre la scelta di una specifica organizzazione di volontariato ideologicamente qualificata a chi ha la responsabilità della gestione dei consultori, appare una forzatura e una prova di sfiducia nei confronti degli attuali operatori che verrebbero inevitabilmente demotivati.

Ma non è solo questo. Portare l'enfasi sul ruolo dei consultori, ignorando che la 194 prevede come interlocutori della donna nella decisione sull'eventuale interruzione della gravidanza oltre ai consultori stessi anche una struttura socio-sanitaria abilitata dalle regioni o un medico di fiducia, significa o sollevare solo un polverone, o creare le premesse per una revisione della legge.

Il compito di informare la donna che intende interrompere la gravidanza per aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero a scegliere l'aborto, informandola dei diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, è previsto dalla 194 come comune ai consultori, alle strutture socio-sanitarie e al medico di fiducia.

Quando nella stesura della legge prevedemmo tre tipi di interlocutori per le donne che intendevano interrompere la gravidanza, ed in particolare, superando molte resistenze, la figura del medico di fiducia, lo facemmo partendo da due ordini di considerazioni. Da un lato, l'inadeguata diffusione della rete di consultori sul territorio nazionale; dall'altro, il fatto che alla donna che già si trovava in uno stato di difficoltà e di turbamento sarebbe stato più semplice rivolgersi a un medico di fiducia che non a una struttura socio-sanitaria con le inevitabili complicazioni burocratiche.

E la previsione di contemplare la possibilità di rivolgersi a un medico di fiducia si è rivelata lungimirante, dato che la grande maggioranza delle donne, che si sono trovate in questi anni di fronte al dramma dell'aborto, si è rivolta proprio ad un medico di fiducia, sfuggendo alla clandestinità.

Oggi, con la motivazione di potenziare l'attività dei consultori per prevenire l'aborto, si intendono creare le premesse per un ridimensionamento del ruolo del medico di fiducia.

Nella proposta di legge avanzata dalla Lega questo aspetto è sottinteso. Ci si limita, infatti, a proporre alcune norme che affidano ai consultori compiti non di "ragionevole convincimento" ma di "pesante condizionamento" delle decisioni delle donne. In particolare si prevede l'obbligatoria presenza nei consultori di un medico obiettore di coscienza, e che i consultori si adoperino, non nel rispetto della volontà e della dignità della donna, ma del principio della tutela della vita umana fin dal suo concepimento, affinché la donna possa portare a termine la gravidanza.

L'obiettivo appare, invece, di tutta evidenza nel progetto di riforma dei consultori elaborato dalla presidenza del Forum delle Famiglie insieme al Movimento per la vita e trasmesso al Ministero del Welfare. In tale progetto si stabilisce che la donna che si rivolge al suo medico di fiducia per chiedere la certificazione necessaria all'aborto, debba essere necessariamente inviata al consultorio dove le "viene ricordato il suo dovere morale di collaborare nel tentativo di superare le difficoltà che l'hanno indotta a chiedere l'interruzione volontaria di gravidanza".

Questa procedura rischierebbe di allontanare la donna anche dal contatto con il medico di fiducia e favorirebbe la ricaduta nella piaga dell'aborto clandestino. Ammesso che non sia invece il grimaldello per arrivare ad una modifica della legge che elimini addirittura il ruolo del medico di fiducia.

La donna che si trova di fronte all'angoscioso dilemma se proseguire o interrompere la gravidanza, ha bisogno di aiuto, consiglio, sostegno, non di imposizioni o di complicazioni burocratiche. Un conto è impostare una politica di potenziamento dei consultori per metterli in condizione di svolgere più adeguatamente le loro funzioni di prevenzione e di assistenza. Altro, come sembra delinearsi dalle proposte avanzate in questi giorni, è pensare di fare dei consultori lo strumento per trasformare il percorso che la donna deve compiere per giungere ad una decisione in un vero e proprio calvario.

Quando si vuole porre l'ideologia alla base delle soluzioni legislative si rischia di perdere di vista l'umanità.

Roma, 25 novembre 2005

nuvolarossa
21-06-06, 09:06
... Formigoni lascia il Senato ... e subentra il nostro Antonio Del Pennino ... il passaggio sara' formalizzato in questi giorni.

http://www.nuvolarossa.org/

nuvolarossa
21-06-06, 09:48
Formigoni si dimette da senatore

09.14: Roberto Formigoni ha deciso di dimettersi da senatore e di restare governatore della Regione Lombardia. Ad annunciarlo e' stato lo stesso esponente di Forza Italia, ospite stamani di una trasmissione televisiva, rispondendo all'appello dei presidenti di Camera e Senato contro i doppi incarichi. A succedergli a Palazzo madama sara' il Repubblicano Antonio Del Pennino.

tratto da audionews.it
http://www.audionews.it/notizia.asp?id=152710

nuvolarossa
21-06-06, 17:06
SENATO: FORMIGONI RESTA GOVERNATORE E LASCIA POSTO A DEL PENNINO

(ASCA) - Roma, 21 giu - Roberto Formigoni ha deciso di rimanere al vertice della Regione Lombardia e di lasciare il suo posto a Palazzo Madama al repubblicano Antonio Del Pennino. L'annuncio e' stato dato dal governatore della Lombardia nel corso della trasmissione Omnibus, in onda su La 7. ''Ho deciso di dimettermi'' ha esordito Formigoni, il quale ha tenuto a precisare, in risposta anche alle sollecitazioni giunte in tal senso dai presidenti di Camera e Senato, Bertinotti e Marini, che ''in questo periodo non ho preso un soldo in piu' dal doppio incarico''. Formigoni ha quindi chiesto il subentro di Antonio del Pennino al suo posto, da realizzarsi ''immediatamente'', vista anche ''l'esile differenza di voti tra centrodestra e centrosinistra al Senato''.

njb/cam/ss

tratto dalla Agenzia Asca 21 giugno 2006

nuvolarossa
13-07-06, 19:44
Senato/Del Pennino subentra a Formigoni.

Ufficialmente la Giunta per le elezioni del Senato della Repubblica ha preso atto delle dimissioni di Formigoni. E' subentrato il repubblicano Antonio Del Pennino.

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tratto dal sito del Partito Repubblicano
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nuvolarossa
20-07-06, 19:37
Del Pennino: il mio "no" a chi ostacola la ricerca

Mercoledì pomeriggio nell'aula del Senato, il Ministro dell'università e della ricerca scientifica, on. Fabio Mussi, ha illustrato i contenuti del 7° Programma quadro di attività comunitarie di ricerca e sviluppo tecnologico, che verrà esaminato dal Consiglio dell'Unione Europea il prossimo 24 luglio.
Alla fine delle dichiarazioni del Ministro si è aperto un ampio dibattito, sui temi della ricerca scientifica e della bioetica, conclusosi con la presentazione di proposte di risoluzioni.
La seduta è stata particolarmente accesa. Nel centro destra, i senatori di Forza Italia Biondi e Sterpa hanno dichiarato di non partecipare al voto, in quanto critici nei confronti della posizione del Ministro ma anche contrari agli ostacoli che le risoluzioni proposte pongono alla ricerca scientifica.
Il senatore del Pri Antonio Del Pennino ha, invece, espresso un voto contrario a tutte le proposte di risoluzioni, in quanto ritenute lesive della libertà di ricerca scientifica.
Riportiamo di seguito il resoconto stenografico della dichiarazione di voto del senatore Del Pennino.

Vorrei premettere a questa breve dichiarazione di voto una considerazione di carattere generale.

Su temi come quelli che oggi affrontiamo che riguardano questioni di fondo, coinvolgendo il problema della libertà di ricerca e dei limiti alla ricerca, ognuno di noi ha il dovere di esprimere le sue posizioni con riferimento solo alla propria coscienza, senza vincoli di maggioranza o di opposizione che su questi temi non valgono, come dimostra il fatto che le divisioni in materia passano trasversalmente per i due schieramenti.

Nel merito, voterò contro le risoluzioni 1, 2 e 3 presentate dai senatori Eufemi, Buttiglione, e Peterlini, che, sia pure con formulazioni diverse, mirano tutte a bloccare ogni possibilità di finanziamenti europei alla ricerca sulle cellule staminali embrionali e, come esplicitamente affermato dalla risoluzione Eufemi, avrebbero l'effetto di vincolare il Governo a un voto in sede di Consiglio Europeo che introduca criteri restrittivi rispetto alla proposta modificata di decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio concernente il settimo programma quadro di attività comunitaria di ricerca e sviluppo tecnologico.

Queste risoluzioni rispondono alla stessa logica, rispettabilissima, ma che non condivido, che ha ispirato la legge 40, legge rispetto alla quale ho ripetutamente espresso il mio dissenso, e su cui mi riservo di presentare un disegno di legge correttivo.

Ero orientato, pur consapevole che per il nostro regolamento ha l'effetto di un voto negativo, ad esprimere invece un voto di astensione sulla proposta di risoluzione presentata dalla senatrice Finocchiaro che è equivoca e contraddittoria, frutto del compromesso interno all'attuale maggioranza, ma non di totale chiusura.

Essa infatti da un lato impegna il Governo a sostenere sotto il profilo finanziario in sede di Consiglio Europeo la valorizzazione della ricerca sulla cellule staminali adulte comprese le cordonali, introducendo implicitamente un giudizio negativo sulla utilità della ricerca sulle cellule staminali embrionali.

Dall'altro contiene però uno spiraglio, che non intendo sottovalutare, laddove impegna il Governo a verificare la possibilità di ricerca sugli embrioni crioconservati, aprendo così la strada anche ad una possibile revisione della legge 40.

Le dichiarazioni del Ministro, però, che ha affermato di voler interpretare questa risoluzione come una spinta verso una soluzione più restrittiva rispetto alla proposta modificata di decisione del Parlamento e del Consiglio europei, mi inducono a pronunciarmi anche contro questa risoluzione, poiché riconosco pure in essa uno strumento che può spingere il nostro Governo a sostenere posizioni più arretrate.

(applausi dei senatori Biondi e Sterpa)

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nuvolarossa
28-07-06, 18:39
Afghanistan: dichiarazione di voto di Del Pennino

Dichiarazione di voto del Senatore Antonio Del Pennino sul rifinanziamento delle missioni internazionali.

I repubblicani sono favorevoli alla partecipazione italiana alle missioni internazionali volte alla creazione di un ordine mondiale più giusto ed a una ricerca attiva della pace.

In particolare siamo favorevoli alla missione in Afghanistan, a sostegno del regime democratico da poco sorto in quel paese che si vede minacciato dal ritorno del fanatismo e dalla sfida terroristica.

E' questo l'impegno che ci viene chiesto dalle Nazioni Unite e dal governo afgano. Venirvi meno comprometterebbe la credibilità internazionale dell'Italia.

Per questo avevamo salutato con grande favore l'ampia convergenza che si era verificata alla Camera tra maggioranza ed opposizione su questo tema.

Non c'eravamo illusi che questo significasse il ritrovare un comune sentire su tutti i problemi di politica estera del nostro Paese.

Ma ritenevamo che potesse rappresentare un segnale per lo sviluppo di un dialogo su questioni essenziali e che il governo cogliesse l'importanza di un voto comune con i gruppi di opposizione su questo provvedimento anche al Senato.

Purtroppo così non è stato, malgrado il voto unanime delle commissioni Esteri e Difesa.

Le contraddizioni interne all'attuale maggioranza, che, come ha notato un acuto commentatore politico, trova proprio nella politica estera il suo vero tallone d'Achille, hanno indotto il Governo a non tener conto degli autorevoli suggerimenti che erano stati avanzati negli scorsi giorni sulla necessità di trovare su questo terreno la più ampia convergenza possibile.

Per riportare all'ordine la dissidenza interna della componente massimalista presente nella sua maggioranza, il Presidente del Consiglio ha scelto la strada del voto di fiducia.

E' una strada su cui i repubblicani non possono seguirlo non solo perché l'aspetto politico rappresentato dal ricorso alla fiducia prevale sempre sul merito dei provvedimenti su cui la fiducia viene posta, ma anche perché nella fattispecie questa decisione appare un successo della dissidenza espressa dalle frange più estreme del centro-sinistra.

Per salvaguardare l'autosufficienza della maggioranza in realtà il governo compie un atto che premia l'ala antagonista dello schieramento che lo sostiene, rivelando tutta la sua fragilità e crea le premesse per il ripetersi di episodi che sono destinati a incrinarne ulteriormente la credibilità .

Il volervi rinchiudere nel perimetro della vostra maggioranza non è prova di forza, ma solo di arroganza, una arroganza che non vi porterà lontano.

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nuvolarossa
27-09-06, 19:32
Il testamento biologico
E' necessario intendersi su cosa significhi accanimento terapeutico

di Antonio Del Pennino

La Commissione Igiene e Sanità del Senato ha ripreso ieri l'esame dei disegni di legge relativi al consenso informato e alle dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari (il cosiddetto testamento biologico).

La decisione si colloca all'indomani del drammatico appello rivolto al Capo dello Stato da Piergiorgio Welby per rivendicare il suo diritto a morire, e della risposta civile e istituzionalmente ineccepibile che a tale appello ha dato il Presidente Napolitano, rilevando la necessità di un approfondito esame parlamentare del problema.

Torna così al centro del dibattito politico un tema amaro e difficile, un tema che spesso siamo tentati di allontanare dalla nostra mente ma che deve essere invece oggetto di profonda riflessione, perché il problema di come morire è intrecciato con quello della vita.

Occorre in particolare saper valutare ciò che divide la speranza di vita dall'illusione di vita, dare una risposta al problema se esiste o no un pieno diritto di rifiutare trattamenti che possano diventare solo riproduzione artificiale della vita.

E' questo il grande tema che sta oggi al centro della discussione che la Commissione Sanità del Senato ha avviato e che va affrontato alla luce dei principi costituzionali, senza voler imporre le proprie convinzioni ideologiche, che su un tema di così grande rilevanza etica porterebbero inevitabilmente a rigide contrapposizioni.

Il principio di autodeterminazione nel campo delle cure mediche e la consapevolezza che ogni persona ha il diritto di essere protagonista delle scelte riguardanti la propria salute, sia nel senso di accettare sia nel senso di rifiutare l'intervento medico, sono sanciti dall'articolo 32 dalla carta costituzionale che stabilisce che "nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario se non per disposizioni di legge".

Esso trova conferma anche nella Convenzione sui diritti umani, approvata dal Consiglio d'Europa nell'aprile 1997 e ratificata dall'Italia con la legge 28 maggio 2001 n. 145, che ha affermato, all'articolo 5 che qualsiasi intervento medico non può essere effettuato senza il consenso della persona.

Tuttavia questi principi non hanno sempre trovato coerente applicazione: in particolare, il diritto di autodeterminazione per quanto riguarda le scelte relative alle cure ha incontrato insuperabili limitazioni nei casi di persone che abbiano perso la capacità di decidere ovvero di comunicare le proprie decisioni.

Da qui la necessità di un intervento legislativo, ribadito anche dal Comitato Nazionale di Bioetica nel suo parere sul testamento biologico.

Tale parere, che ha rappresentato un apprezzabile tentativo di individuare una soluzione di mediazione fra le diverse posizioni presenti nel Comitato, ha peraltro lasciato aperte due questioni su cui il Comitato si è diviso, questioni che anche nei disegni di legge presentati al Senato hanno trovato diverse risposte e dalla cui soluzione dipenderà la reale portata della normativa che verrà introdotta.

Mi riferisco all'obbligo o meno del medico di attenersi alla dichiarazione di volontà contenuta nel testamento biologico e al problema dell'idratazione e dell'alimentazione artificiale.

Sul primo punto appare davvero contraddittorio da un lato prevedere, come fanno tutti i disegni di legge, che ogni trattamento sanitario sia subordinato all'esplicito ed espresso consenso dell'interessato, e poi, in caso di dichiarazione di volontà anticipate, consentire che le stesse possano essere disattese.

Sul secondo punto la drastica previsione che l'idratazione e l'alimentazione artificiale non siano assimilate all'accanimento terapeutico e che non possano essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento mi sembra rappresenti una forzatura che rischia di vanificare la reale portata delle dichiarazioni stesse.

I repubblicani affronteranno il dibattito parlamentare sul testamento biologico in base a queste considerazioni, senza pregiudiziali chiusure, ma con la consapevolezza che solo una normativa che consenta pienamente ad ogni individuo di decidere se e in che condizioni sottoporsi alle cure, può garantire la dignità della vita.


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nuvolarossa
28-09-06, 21:08
Stalking: è una piaga che si sta diffondendo/Del Pennino, e altri, firmatari di un apposito disegno di legge
Per tutelare chi è perseguitato

È' stato ripresentato in Senato il disegno di legge sullo stalking, con il quale, per iniziativa del senatore Del Pennino e altri senatori della Casa delle Libertà, si vuole colmare una lacuna del nostro codice penale, in merito a situazioni la cui riprovevolezza sociale ha assunto i massimi livelli, soprattutto negli ultimi anni.

Si tratta di punire, con una fattispecie autonoma, l'interferenza molesta nella vita pubblica e privata altrui, lesiva sia della libertà personale sia della salute psicofisica delle persone molestate.

Il nostro codice penale contiene norme volte a colpire la violenza privata (art. 610 cp), le interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis cp), le molestie e il disturbo alle persone (art. 660 cp). Ma queste fattispecie non possono ritenersi adeguate a contrastare il fenomeno dello stalking in quanto mancano di quella connotazione tipica della condotta dello stalker che è la petulanza continuata e reiterata.

Tale connotazione deve costituire elemento essenziale del fatto e quindi criterio per la commisurazione della pena.

Con questo disegno di legge si intende fornire alle forze dell'ordine e ai magistrati gli strumenti necessari al fine di contrastare un vero e proprio fenomeno dilagante: solo per fare alcuni esempi, messaggi o doni molesti, comunicazioni telefoniche o via e-mail, pedinamenti e/o appostamenti presso il luogo di lavoro o di abitazione, vandalismo, e altri atti posti in essere da diverse tipologie di soggetti persecutori che vanno dall'innamorato deluso al fan di personaggi famosi, passando per coloro che ritengono di aver subito un torto o un grave danno (colleghi di lavoro, pazienti verso i medici, clienti verso avvocati o altro).

Allo stesso tempo si potrà dare risposta alle tante esigenze di sicurezza che sempre più spesso i cittadini sono costretti a denunciare e che altrettanto spesso, purtroppo, rimangono inascoltate.

Tali comportamenti assillanti non sono, infatti, semplicemente causa di fastidio per chi li subisce, ma spesso sono fonte di preoccupazione e alle volte di terrore. Una paura dovuta al fatto che spesso un molestatore assillante si tramuta in stupratore o in omicida.

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McFly
29-09-06, 21:41
Del Pennino fa ostruzione con biechi mezzi, alla nascita di una nuova sezione con più di 120 iscritti a Milano. La sezione si sarebbe dovuta chiamare Randolfo Pacciardi ma del pennino ed i suoi scagnozzi, hanno paura di essere defenestati da chi vuol trattare per la riunificazione dei Repubblicani.
VERGOGNA!!!!!! questa è la politica nel prrrrrrr(OOOOOTTTT)i
Complimentissimi! siete bananas nel sangue!

nuvolarossa
30-09-06, 18:44
Del Pennino fa ostruzione con biechi mezzi ... hanno paura di essere defenestrati ....
McFly ... quando si fanno affermazioni "gravi" come la tua occorre essere circostanziati, occorre dimostrare con dati, documenti, fonti ... e non straparlare a vuoto dimostrando solo livore e attitudine al chiacchiericcio da comare sull'uscio.
Le maldicenze o i gossip fanno pur parte della quotidiana vita politica ... ma di quella che porta al qualunquismo ... che da sempre, da che mondo e' mondo, e' patrimonio della destra conservatrice ... che in tal modo impedisce al Popolo di ragionare ... dandogli in pasto argomenti futili da Bar Sport ...

jmimmo82
30-09-06, 20:27
Prima non si fanno tanti scrupoli nel dividere l'elettorato repubblicano e poi si sentono i profeti della riunificazione.

McFly
01-10-06, 21:00
McFly ... quando si fanno affermazioni "gravi" come la tua occorre essere circostanziati, occorre dimostrare con dati, documenti, fonti ... e non straparlare a vuoto dimostrando solo livore e attitudine al chiacchiericcio da comare sull'uscio.
Le maldicenze o i gossip fanno pur parte della quotidiana vita politica ... ma di quella che porta al qualunquismo ... che da sempre, da che mondo e' mondo, e' patrimonio della destra conservatrice ... che in tal modo impedisce al Popolo di ragionare ... dandogli in pasto argomenti futili da Bar Sport ...

Chiedilo a Del pennino e poi se sei onesto vieni a chiedermi scusa qui pubblicamente! dillo puire al tuo triste seguace di catanzaro con la bandiera americana.

nuvolarossa
01-10-06, 21:08
Chiedilo a Del pennino.... ... ma come ... vieni a buttare il sasso nello stagno ... parlando male di Del Pennino e poi, quando ti si chiede di "circostanziare" le tue calunnie, mi dici che devo andare ad informarmi dal calunniato ...
Ma che uccello segone sei tu !!?
Se hai documenti, date, riferimenti, testimonianze ... postale ... senza spargere letame gratuitamente ...altrimenti fai piu' bella figura a dire e non dire ... rimanere sull'evasivo ... non rischi cosi' di fare la figura del perecottaro ...

McFly
01-10-06, 21:14
... parlando male di Del Pennino,
le tue calunnie, spargere letame gratuitamente ...perecottaro ...

:-0008n verità bello verità! in quanto a te sei messo peggio di bondi, cicchitto, schifani e vito messi insieme.

nuvolarossa
01-10-06, 21:32
... ma stai zitto ... ballista o aspirante tale ... non ti accorgi che a spargere letame (mestiere che tu fai molto bene) in maniera gratuita, come fai tu, ti appalesi agli altri per quello che sei veramente?
Mi viene il sospetto che tu faccia un mestiere per cui ti devi inchinare a tutti, durante la giornata, e poi ti vieni a sfogare dove credi di trovare masochisti pronti a tenerti la fronte mentre vomiti le tue cattiverie.

Prova a "darti indietro" al tuo mercatino rionale settimanale, dammi retta ...

nuvolarossa
25-10-06, 20:05
Fecondazione: per Del Pennino il giudizio di inammissibilità non consacra la legittimità dell'articolo 13
Il senatore Antonio Del Pennino, relatore di minoranza della legge 40 e promotore del referendum, ha rilasciato la seguente dichiarazione: "Non mi convincono i toni trionfalistici dei sostenitori della legge 40 di fronte alla sentenza della Consulta sull'articolo 13 della legge stessa.

Sembrerebbe che la Corte non sia entrata nel merito della valutazione di costituzionalità del suddetto articolo, ma che si sia limitata ad eccepire l'inammissibilità della questione per problemi procedurali".

"Attendiamo - ha proseguito Del Pennino - di leggere le motivazioni della sentenza per trarne un giudizio complessivo, ma non mi sembra che si possa affermare, ad oggi, una consacrata legittimità dell'articolo 13, rispetto al quale, come ad altre parti della legge 40, il Pri si riserva di assumere iniziative legislative volte alla correzione del testo attualmente vigente".

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
10-11-06, 20:21
Del Pennino a seminario sul centrodestra

"La terza fase del centrodestra" è un seminario di studio organizzato da Forza Italia a San Zeno di Montagna (Verona). Il senatore Del Pennino partecipa alla tavola rotonda di domenica 12 novembre.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
21-11-06, 19:37
Riforma partiti/Del Pennino: apprezzamento per parole Napolitano

"Abbiamo molto apprezzato le parole del capo dello Stato sulla necessita' di garantire la vita democratica all'interno dei partiti". Lo afferma Antonio Del Pennino, senatore del Pri. "Per questa ragione ho ripresentato il disegno di legge che nella passata legislatura redassi con il senatore Compagna, trovando il consenso di molti esponenti di Forza Italia e di altre forze politiche, tanto che quella repubblicana non e' piu' un'iniziativa solitaria e possiamo sperare che terminata la sessione di bilancio il Parlamento affronti le questioni relative all'articolo 49 della Costituzione che da sessant'anni sono rimaste inevase. L'intervento del presidente Napolitano ci e' parso incoraggiante".

Roma, 21 novembre 2006 (Velino)

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
22-12-06, 11:08
Welby/Del Pennino: tutti gli rendano omaggio
Il senatore repubblicano Antonio Del Pennino ha rilasciato la seguente dichiarazione:

"Si è conclusa la dignitosa e drammatica battaglia di Piergiorgio Welby, come egli voleva. Dobbiamo tutti rendere omaggio al suo coraggio ed al suo impegno civile. Appaiono in proposito volgari e inaccettabili le dichiarazioni dell'onorevole Volontè che ha voluto strumentalizzare, senza alcuna pietà cristiana, una umana e dolorosa vicenda".

tratto da http://www.pri.it

la_pergola2000
22-12-06, 16:26
E' cominciata la mattanza.

trifoglio
22-12-06, 23:14
La dichiarazione del Senatore Del Pennino è a dir poco stupefacente.Posso accettare le affermazioni nei confronti dell'On. Volontè anche se non pienamente condivisibili, ma che non si dica una parola su un ministro della repubblica, On. Bonino, che reclamizza in conferenza stampa un'azione illegale significa che anche noi repubblicani mandiamo al macero la certezza del diritto dando un pessimo insegnamento a tutti i cittadini che sono obbligatio a rispettare le leggi. Credo che l'unica battaglia che un repubblicano in questa occasione dovrebbe fare è perseguire le dimmissioni del Ministro Bonino con tutte le nostre forze.
Trifoglio

la_pergola2000
23-12-06, 03:35
continua come ha fatto con la sua tesi di laurea a urbino.

Oggi alcuni giornali si affrettano a sottolineare come il vecchio politico abbia ancora una volta attirato l' attenzione degli italiani su un problema come quello della eutanasia.

tutto cio per far dimenticare agli italiani che con la sua rosa nel pugno ha votato la finanziaria di Prodi, e tutto questo per far avere uno strapuntino ministeriale alla Bonino, che quando parla non si capisce più quello che dice, l'ho sentita l'altra sera, è oramai l'ombra di se stessa.

Ora i parlamentari faranno a gara per sostenersi a vicenda , secondo lo stile bipartisan nel votare leggi non a furor di popolo, ma a furor di Pannella e a furor di giornalisti televisivi che con un accanimento mediatico in questi sessanta giorni, tutti i giorni e ad ogni telegiornale ci hanno propinato il caso welby.
Ora la gente credulona è convinta che con un semplice " ma se uno lo vuole" può risolvere il caso del nonnetto e o della cara vecchia zia in coma da cinque giorni.

E' un bell'esempio di democrazia a tutto campo.

I politici più accorti stanno zitti e fanno bene, quando si tratta di morte, si fanno scongiuri e movimenti apotropaici, secondo lo stile di totò.
Mi pongo una domanda perchè del Pennino, a corto di proposte politiche , fa una battaglia per la ricerca , comprese le cellule staminali , mentre dall'altra invoca la morte, la sedata morte, non è un pò in contraddizone ?

la_pergola2000
23-12-06, 03:40
Mi fa ridere del Pennino che invoca la pietà cristiana, si può sapere a che partito politico appartiene se in questi due giorni ha detto tutto e il contrario di tutto.lasciando perdere Volontè , naturalmente.

jmimmo82
23-12-06, 14:42
La Procura di Roma ha attacato l'ordinanza emessa dal Tribunale civile ritenendola "incostituzionale", in quanto la Costituzione italiana difende il diritto soggettivo perfetto. Vi posto gli articoli 13 e 32 che riguardano il diritto a non curarsi.


tratto dalla COSTITUZIONE
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Parte I - Diritti e doveri dei cittadini
Titolo I - Rapporti civili

Articolo 13

La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria [cfr. art. 111 c. 1, 2] e nei soli casi e modi previsti dalla legge [cfr. art. 25 c. 3].

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalid.a nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

E` punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà [cfr. art. 27 c. 3];.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.





Parte I - Diritti e doveri dei cittadini
Titolo II - Rapporti etico-sociali

Articolo 32

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
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antikle
24-12-06, 12:40
http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Enzo/LOGOFORUM03BIG.sized.gifhttp://www.lumiarte.com/luardeoutono/musitalia/andrea-fdeandre.mid

Caro McFly di Alleanza Laica,
la storia della seconda sezione è nota a tutti... non scherzare. Avete fatto una ridicola figuraccia, manipolati da Del Pennino e poi abbandonati a voi stessi.
Avete lasciato il PRI con roboanti dichiarazioni di guerra e ora mestamente chiedete di riessere ammessi all'unica (per ora) sezione VERA di Milano, la Cattaneo.
E noi tutti ne siamo felici, beninteso.
A

nuvolarossa
24-12-06, 13:51
antikle e emoned ... i messaggi per l'adesione alla Lista Repubblicana ... sono stati spostati sullo specifico thread ... al link ...
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?p=5065199#post5065199

Emoned
24-12-06, 13:58
perfetto

McFly
25-12-06, 22:11
Caro McFly di Alleanza Laica,
la storia della seconda sezione è nota a tutti... non scherzare. Avete fatto una ridicola figuraccia, manipolati da Del Pennino e poi abbandonati a voi stessi.

:confused:


Avete lasciato il PRI con roboanti dichiarazioni di guerra e ora mestamente chiedete di riessere ammessi all'unica (per ora) sezione VERA di Milano, la Cattaneo.

:confused::confused: :K:K


E noi tutti ne siamo felici, beninteso.

:confused::confused::confused:

Ma chi è questo? ma che vuole? ma chi ti conosce!!!!!

nuvolarossa
22-01-07, 23:21
Mercoledì 24 gennaio h. 17,15 RaiDue

"Tribuna politica sul tema delle pensioni"

Parteciperà il sen. Del Pennino

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
02-02-07, 18:50
Del Pennino sulla base Usa/Conflitto che ha caratterizzato l'atteggiamento del governo
E' inutile trincerarsi dietro la scusa degli enti locali

Riproduciamo la dichiarazione di voto del senatore Antonio Del Pennino (Dc- Pri, Ind- Mpa) nella convulsa giornata di Palazzo Madama che ha visto approvare a maggioranza l'ordine del giorno presentato dalla Cdl sulle dichiarazioni del ministro della Difesa Parisi, giovedì primo febbraio. Come si ricorderà si è registrato il singolare fatto di un ministro appoggiato dall'opposizione e sconfessato dalla sua maggioranza su una rilevante questione di politica internazionale.

"Signor presidente, i senatori del gruppo Dc - Pri, Indipendenti - Movimento per l'autonomia voteranno a favore delle mozioni presentate dai gruppi dell'opposizione e dell'ordine del giorno presentato dalla maggioranza. Non possiamo non sottolineare il carattere paradossale di quanto sta avvenendo oggi con queste votazioni che vedono rovesciate le posizioni e vedono l'opposizione approvare la scelta del governo, mentre l'ordine del giorno di maggioranza prende solo atto delle dichiarazioni del governo e lo impegna su una serie di temi che non hanno nulla a che vedere con il merito delle questioni che stiamo discutendo e con la decisione che il ministro Parisi ci ha illustrato questa mattina. Questo perché vi è un conflitto esistente all'interno della maggioranza, che è stato confermato dal dibattito. Non a caso il senatore Colombo ha parlato di solitudine del ministro Parisi rispetto alla sua maggioranza ed il Senatore Salvi ha definito la sua esposizione come un'esposizione meramente burocratica. Vi è un conflitto che ha caratterizzato tutto l'atteggiamento del governo in questa vicenda, un atteggiamento contraddittorio, evidenziato proprio dalla ricostruzione precisa dei fatti che è stata svolta questa mattina dal ministro Parisi. Dalla sua esposizione è emerso che non esistevano accordi segreti del precedente governo che vincolassero le decisioni dell'attuale esecutivo, che quindi era responsabilità di quest'ultimo il pronunciarsi a favore o contro l'allargamento della base di Vicenza e che non era stato precostituito dalla maggioranza precedente alcun parere favorevole del Comune di Vicenza o del comitato paritetico della Regione, perché questi pareri sono arrivati, rispettivamente, nel giugno 2006 e nell'ottobre 2006, cioè quando era già in carica l'attuale Governo.

E' chiaro che il tentativo di trincerarsi dietro alla scelta degli enti locali – con quell'improvvida dichiarazione del presidente Prodi che ha detto "chi sono io, sindaco di Vicenza?" come se questa fosse materia di competenza comunale – maschera una contraddizione sulle decisioni che riguardano la continuità della nostra politica estera, dei nostri rapporti con gli Stati Uniti e non l'eredità del precedente Governo, né possono essere evase rifugiandosi nelle competenze locali.

E' di tutta evidenza come il ricercare una via di fuga dalle responsabilità che spettavano al governo è una strada che non poteva essere percorsa e alla fine il governo ha dovuto assumersi le sue responsabilità, evidenziando il conflitto che divide questa maggioranza, che non è tra chi vuole mantenere una linea di fedeltà alla politica tradizionale di solidarietà euroatlantica e al sistema di alleanze del nostro Paese e chi invece risente di un antiamericanismo ideologico. Non si tratta infatti solo di un giudizio negativo sulla politica del Presidente Bush, ma di un antiamericanismo ideologico che ritiene esprimersi con il no all'ampliamento della base militare di Vicenza, per poi mascherarsi dietro la dichiarazione di voler interpretare il sentimento delle popolazioni locali. In realtà dietro questa dichiarazione c'è solo il tentativo di coprire le contraddizioni di questa maggioranza su un tema cruciale per il nostro Paese, quale quello della politica estera. Una maggioranza incapace di una coerente linea di politica estera è una maggioranza che il nostro Paese non merita".

http://www.nuvolarossa.org/images/library/barra.jpg

tratto dal sito del Partito Repubblicano
http://www.pri.it

http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Darwin/LogoPri.gif

nuvolarossa
05-02-07, 20:01
Martedì 6 febbraio h. 17,15 RaiDue

Tribuna politica sul tema della scuola

Parteciperà il sen. Del Pennino

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
16-02-07, 20:35
"Il Principe" di Del Pennino e Compagna presentato al Senato

Il 20 febbraio, presso la Sala degli Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato, Piazza della Minerva, Roma, presentazione del libro di Antonio Del Pennino e Luigi Compagna, "Il Principe indisciplinato: l'Italia dei partiti". Intervengono Gerardo Bianco, Sandro Bondi, Cesare Salvi.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
21-02-07, 15:19
FECONDAZIONE/ DEL PENNINO (FI): LEGGE 40 VA RIVISTA, PRESTO PDL

Da parlamentari Cdl la prossima settimana

Roma, 20 feb. (APCom) - La legge 40, quella sulla procreazione assistita, va rivista. Parte da qui il progetto di legge che forse verrà presentato la prossima settimana da un gruppo di parlamentari della Cdl. E questo pomeriggio durante un incontro in Senato, organizzato dall'Associazione Luca Coscioni, per celebrare la prima Giornata sulla libertà di ricerca, diversi esponenti di entrambi gli schieramenti politici si sono confrontati proprio su questo tema, sulla contestata legge 40. Tra loro: Natale D'Amico (Ulivo), Antonio Del Pennino (Fi), Alfredo Biondi (Fi), Vittoria Franco (Ds) Antonio Paravia (An) e Ignazio Marino (Ulivo).

E' proprio Del Pennino a fare l'annuncio: "la prossima settimana verrà presentata una proposta di modifica della legge 40 perchè il Parlamento può intervenire per cambiare ciò che il referendum non ha abrogato".

Elemento comune tra tutti i senatori presenti, dunque, la necessità di rimettere mano alla legge 40 senza barriere ideologiche e politiche. "Penso che non sia giusto scrivere una legge che ha dei presupposti antiscientifici - spiega Marino -. O si scrivono testi dove ci siano anche delle proibizioni chiare, se questo è l'orientamento del Paese, oppure si deve cercare di farlo in linea con le conoscenze scientifiche".

Marco Cappato, presidente dell'Associazione, durante l'incontro lancia una vera e propria provocazione: una raccolta di embrioni 'in disuso' da destinare a centri di ricerca internazionale. "Già tre coppie - sostiene Cappato - hanno aderito all'iniziativa".

tratto da http://notizie.alice.it/home/index.html

nuvolarossa
23-02-07, 13:58
... Sappiamo Che Ce' Gente Come Del Pennino Che Non Aspetta Altro Di Essere Sentito Se E' Disposto A Tradire Il Berlusca. E Quanto Vuole ?

Ma Sinceramente Credo Personalmente Che Un Mercenario Come Lui Non Lo Vuole più Nessuno!!! ...
Questi ragionamenti "bambineschi", qualunquisti e livorosi ... confermano il detto popolare secondo cui .... "la madre dei cretini e' sempre incinta" ...

nuvolarossa
23-02-07, 14:12
CONSULTAZIONI: DEL PENNINO, SERVE GOVERNO LARGAMENTE RAPPRESENTATIVO

(ASCA) - Roma, 23 feb - L'attuale coalizione ''e' oggi improponibile'' ma ''e' necessario dare risposte ai problemi del Paese. Per questo serve un governo fortemente rappresentativo con un programma limitato'' che comprenda una
nuova legge elettorale. Lo afferma Antonio Del Pennino, del Pri, al termine del colloquio con il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

tratto da http://www.asca.it/

Lincoln (POL)
23-02-07, 15:47
Questi ragionamenti "bambineschi", qualunquisti e livorosi ... confermano il detto popolare secondo cui .... "la madre dei cretini e' sempre incinta" ...

Ma no Nuvola credimi,non è questo il caso di usare certe definizioni.Semplicemente Biondini non si esprime per quello che è,ma per quello che ha.

JohnPollock
23-02-07, 17:10
CONSULTAZIONI: DEL PENNINO, SERVE GOVERNO LARGAMENTE RAPPRESENTATIVO

(ASCA) - Roma, 23 feb - L'attuale coalizione ''e' oggi improponibile'' ma ''e' necessario dare risposte ai problemi del Paese. Per questo serve un governo fortemente rappresentativo con un programma limitato'' che comprenda una
nuova legge elettorale. Lo afferma Antonio Del Pennino, del Pri, al termine del colloquio con il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

tratto da http://www.asca.it/

Chiaro e conciso. Un pilastro del PRI pieno di saggezza.

kid
27-02-07, 11:29
questa sera Ballarò manderà in onda un intervista al senatore Del Pennino. Ho i mieri informatori.

nuvolarossa
02-03-07, 19:46
Estrema sinistra inadatta ad un Paese moderno

Intervento sulla fiducia in Senato al Governo Prodi, 28 febbraio 2007.

di Antonio Del Pennino

Onorevole Presidente, i Repubblicani non si muovono mai da posizioni aprioristiche, poiché sono il partito della ragione, e della ragione è parte il dubbio.

Non credo quindi che si potranno ritenere le considerazioni che mi accingo ad esprimere come ispirate da una pregiudiziale ostilità nei confronti del Governo che oggi si ripresenta al Senato.

Esse sono piuttosto dovute ad un'attenta considerazione del passaggio politico che stiamo vivendo e all'analisi delle caratteristiche della composita maggioranza, nonché ad una oggettiva valutazione del discorso programmatico del Presidente del Consiglio e dei 12 punti che sono stati posti a base del rinnovato patto fra le forze politiche che sostengono l'esecutivo.

Oggi si richiede un voto di fiducia a questo ramo del Parlamento dopo che per ben due volte, su scelte che coinvolgevano un tema essenziale per un paese e per il Governo del paese qual è il tema della politica estera, la maggioranza è stata battuta e non per un destino "cinico e baro", per usare una espressione evocata in altri tempi e in altre circostanze da un autorevole uomo politico, ma perché sulla politica estera il Governo non gode di una autonoma maggioranza.

Si possono considerare arroganti i toni con cui il Ministro degli Esteri si è rivolto al Senato in occasione del voto di mercoledì scorso quando il Governo è stato battuto, ma non si può certo imputare ai toni dell'Onorevole D'Alema la causa del risultato.

Il dato è che sulla politica estera, come su una serie di altri temi su cui mi soffermerò appresso, le contraddizioni interne all'Unione sono insuperabili.

Come ha osservato un nostro ex collega che appartiene al centro-sinistra, Franco De Benedetti: "è un truismo dire che il Governo è caduto per il risicato margine del Senato. Quel margine al contrario è la conseguenza aritmetica di un fatto politico: che non è possibile governare un grande paese occidentale ad economia di mercato con una maggioranza di cui la sinistra antagonista sia parte organica. Non succede ovviamente nell'Inghilterra di Blair, non succede in Germania, dove a Schroeder manco è passato per la testa di allearsi con Gysi, non succede, a ben vedere, nella Spagna di Zapatero. Tutti paesi nei quali - evidenzia De Benedetti - vige o il maggioritario, o un proporzionale dell'alternanza".

Solo l'Onorevole Prodi ritiene di poter fare il miracolo di conciliare, nel comune odio verso l'Onorevole Berlusconi, sinistra riformista e sinistra antagonista.

Ma l'indicazione di un nemico da battere può servire a tenere unito un cartello elettorale, non a garantire una maggioranza per governare.

E l'esperienza di questi mesi lo ha confermato.

Logica avrebbe voluto che il Presidente del Consiglio prendesse coraggiosamente atto dell'impossibilità di garantire una coesa maggioranza a sostegno del Governo e con un atto di responsabilità nazionale desse un contributo alla ricerca di una soluzione che consentisse, con la continuità della legislatura, di affrontare davvero i gravi problemi che il paese ha davanti.

Non è la mia una valutazione di parte, sol che si rilegga quanto ha scritto un uomo che alla storia e alla tradizione della Sinistra appartiene in modo organico: Emanuele Macaluso.

Ha affermato, infatti, Macaluso: "non basta un rabbercio nella maggioranza per andare avanti. Riproporre quindi oggi la stessa leadership e la stessa linea politica è insensato: sarebbe un'avventura che non terrebbe conto né degli interessi generali del Paese né del logoramento cui sarebbero sottoposte le istituzioni".

Questo senso della responsabilità nazionale non è stato sentito dal Presidente Prodi che richiede oggi un voto di fiducia sulla base di 12 punti e di dichiarazioni programmatiche o generiche o tali da riaprire immediatamente il conflitto nella maggioranza.

Generico, ad esempio, è l'impegno per il riordino del sistema previdenziale. Si afferma l'esigenza di privilegiare le pensioni basse e i giovani, ma non si dice nulla sul problema dell'innalzamento dell'età pensionabile, "conditio sine qua non" per consentire, con l'equilibrio del nostro sistema previdenziale, la possibilità di garantire un adeguato trattamento pensionistico per le nuove generazioni. E ciò perché non vi è accordo tra di voi sul punto.

Sono destinati a riaprire il conflitto nella maggioranza anche gli impegni per confermare la missione in Afghanistan e la realizzazione della TAV. E' stato e sarà motivo di scontro anche il disegno di legge sulla liberalizzazione dei servizi pubblici degli enti locali. Non a caso il Presidente del Consiglio si è sentito in dovere di sottolineare l'impegno ad individuare politiche particolari per il settore dell'acqua, al fine di accontentare l'ala antagonista della maggioranza.

Su questi temi si sa che mancheranno i voti di alcuni dei Senatori che oggi possono accordare la fiducia, ma non si ha il coraggio di riconoscere che questo Centro-Sinistra non è autosufficiente e, conseguentemente, non si è avuta, né si avrà, alcuna intenzione di aprire un serio dialogo con l'opposizione.

Strumentale è suonata anche l'affermazione del Presidente Prodi che il governo intende coinvolgere tutte le parti politiche sul tema della riforma elettorale, quasi a prevenire l'obiezione che una soluzione di questa materia esige un governo di diverso profilo che non sia espressione di una risicata maggioranza, né sia frutto di una contrapposizione frontale.

Nella realtà, il Presidente del Consiglio si è rinchiuso nella orgogliosa rivendicazione del voto che ha indicato una maggioranza alla Camera ma solo un esiguo margine al Senato, dove ora confida nella ricerca di qualche individuale sostegno.

Ma così facendo non solo non trova, né troverà, il consenso dei Repubblicani, ma rischia di inverare le parole di Bruto nel "Giulio Cesare" di Shakespeare: "c'è nelle cose umane una marea che colta al flusso mena alla fortuna: perduta, l'intero viaggio si arena su fondali di miserie".

Ha colto il flusso della fortuna che ha portato questa maggioranza al Governo. Ma ora lo ha perso.

C'è solo da augurarsi che nei fondali in cui finirà questo Governo non finisca anche il Paese.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
12-03-07, 20:15
Riceviamo da Giovanni Postorino

COMUNICATO STAMPA

Mercoledì 14 marzo alle ore 15,30 presso la Sala Conferenze Stampa del Senato (ingresso da Piazza Madama), i Senatori Antonio DEL PENNINO, Alfredo BIONDI, e Antonio PARAVIA, illustreranno il disegno di legge di modifica della Legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di procreazione medicalmente assistita, da loro presentato insieme ad altri senatori della Casa delle Libertà.

nuvolarossa
13-03-07, 11:55
Martedì 13 marzo ore 13.10 RaiTre

Tribuna Politica su "Unioni Civili"

Interviene il sen. Antonio Del Pennino

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
28-03-07, 19:07
Convivenze, la proposta Pri/Carenze nel testo sui Dico
Tutelare le nuove realtà di coppia

Intervento sulla legge sulle convivenze, martedì 27 marzo, Commissione Giustizia del Senato.

di Antonio Del Pennino

Mi spiace dissentire da quanto affermato dal senatore Buttiglione circa l'irrilevanza sociale del fenomeno delle coppie di fatto e l'ultroneità di una legge in proposito.

Non sottovaluto, né trascuro le posizioni di quanti sostengono il prevalente valore dell'istituto della famiglia e la necessità di privilegiare gli interventi a suo sostegno.

Come non sottovaluto il fatto che ai diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio sia destinata una specifica previsione costituzionale.

Ma è la stessa costituzione che, all'art. 3 riconosce e garantisce i diritti dell'uomo nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, quindi anche nelle convivenze che si realizzano al di fuori dell'istituto familiare come definito all'art. 29.

Non è quindi possibile invocare lo stesso art. 29 per negare i diritti che si esprimono in altre formazioni sociali. Si può pensare solo ad una tutela più attenuata per queste ultime.

Che questa tutela sia comunque oggi necessaria appare a me fuori di dubbio, sol che si pensi ai mutamenti culturali e comportamentali intervenuti dopo l'approvazione della carta del ‘48 e al fatto che a quell'epoca era assolutamente prevalente (se non addirittura esclusivo) nella società italiana il modello della famiglia tradizionale, spesso con caratteristiche patriarcali.

Rispetto ad allora la condizione è profondamente modificata. Vi hanno contribuito l'introduzione del divorzio, l'emancipazione e il nuovo ruolo della donna, l'affermarsi di diverse forme di rapporti interpersonali. Si sono comunque determinate nuove situazioni che non è possibile più ignorare.

Basti pensare che, sulla base di dati pur approssimativi, a fronte di circa 250.000 matrimoni registrati nel 2005, si sono verificati 80.000 separazioni nel 2004, mentre le coppie di conviventi al di fuori del matrimonio superano le 500.000.

Ripeto, non intendo mettere in discussione il valore della famiglia tradizionale, e ho il massimo rispetto delle convinzioni di quanti si oppongono al riconoscimento delle convivenze, temendo che ciò rappresenti un vulnus per l'istituto familiare (timore che peraltro io non condivido ) né voglio contestare il diritto della Chiesa a richiamare i credenti alla tutela dei suoi principi, ma ritengo che compito del legislatore sia quello di dare una risposta ai problemi reali della società. E quello dei diritti delle coppie di fatto è un problema reale della società.

Per entrare ora nel merito dei disegni di legge al nostro esame, desidero fare alcune considerazioni preliminari che riguardano il disegno di legge governativo.

Al di là delle valutazioni di merito, su cui mi soffermerò dopo, giudico che esso rappresenti un errore di metodo.

Su temi come quello che stiamo affrontando, che coinvolgono la coscienza dei singoli parlamentari, al di là delle contingenti collocazioni di maggioranza o di opposizione, la presentazione di un disegno di legge governativo, nel nome del programma dell'Unione, era ed è inevitabilmente destinato a introdurre elementi di rigidità nel confronto parlamentare e a creare un clima di contrapposizione politica di cui non si sente proprio il bisogno in questa materia.

Ho apprezzato il fatto che il Presidente del Consiglio abbia dichiarato che si tratta solo di un contributo al dibattito parlamentare e che il Governo si rimette alle decisioni delle Camere.

Ma non basta.

Non basta anche perché il giudizio di merito su quel disegno di legge è sostanzialmente negativo.

Non voglio riprendere le considerazioni con cui il Presidente Salvi ha demolito sul piano tecnico - giuridico il provvedimento evidenziando il carattere contraddittorio ed equivoco di molte delle norme in esso contenute, considerazioni ribadite anche dal Senatore Palma. Non voglio riprenderle perché le condivido totalmente.

Mi limiterò solo a due ulteriori rilievi rispetto a quelli sollevati da Salvi, anche se potrei aggiungerne altri, ma mi riservo di farlo nel prosieguo del dibattito, interessandomi oggi soprattutto fissare il punto politico.

La norma che autorizza un DI.CO. tra fratelli non solo si rivela – come ha osservato Salvi - inutile per la preesistente previsione dell'art. 439 del Codice Civile - ma si presta anche ad essere interpretata – come ha fatto l'On. Tremonti e come mi sembra abbia osservato anche il senatore Palma – quale legittimazione dell'incesto.

La disposizione che consente al cittadino extra-comunitario l'immediata acquisizione del permesso di soggiorno (senza fissare almeno la durata minima della preventiva legittima permanenza sul territorio italiano e l'assenza di precedenti penali specifici) è estremamente pericolosa in quanto si presta a tutti i possibili sotterfugi ed imbrogli per aggirare le norme generali sul permesso di soggiorno.

Né si può coerentemente da parte degli estensori – che negano che i DI.CO. siano un simil-matrimonio – invocare la direttiva europea 428, giacché essa autorizza il diritto permanente di soggiorno nel territorio dello Stato qualora la legislazione dello stato membro ospitante, equipari l'unione registrata al matrimonio.

Anche per queste ragioni di merito – ma ne potrei aggiungere altre – ho detto che le dichiarazioni del Presidente Prodi non bastano.

Occorre accantonare il disegno di legge del governo per adottare un diverso testo base.

La mia personale preferenza va al testo Biondi, e sono lieto che il Sen. Casson e il Sen. Bulgarelli abbiano detto di non avere pregiudiziali rispetto a questa ipotesi.

Caso mai ritengo che la previsione di un contratto di unione solidale che quel testo richiede concluso davanti al notaio, possa essere utilmente integrata da quella contenuta nel disegno di legge Manzione che l'autorizza anche davanti al giudice di pace.

Poi si può discutere ove registrarlo.

In subordine penso che – non prendendo come testo base il disegno di legge del governo, cui per prassi si dovrebbe fare riferimento – la Commissione debba procedere alla stesura di un nuovo testo che abbia quale presupposto, che dà vita al rapporto di convivenza, da cui derivano le situazioni giuridiche tutelate, una dichiarazione congiunta da entrambe le parti secondo la logica civilista che presiede ai contratti privati.

Sulla base di questo presupposto dovranno essere indicati i nuovi diritti che si intendono attribuire ai conviventi; e dovranno essere ridefiniti anche quelli già riconosciuti dalla legislazione vigente o dalla giurisprudenza.

E ciò anche perché nei casi in cui la giurisprudenza ha riconosciuto alcuni diritti ai conviventi essa ha sempre fatto riferimento al convivente "more uxorio", escludendo quindi implicitamente le coppie omosessuali che pure vanno tutelate.

Mi riferisco in particolare ai casi relativi a:

-il diritto alla successione nel contratto di locazione,

-il diritto al risarcimento del danno da lesione o uccisione del convivente,

-il diritto all'assegnazione di alloggi popolari,

-il diritto al patrocinio a spese dello Stato.

Inoltre la Corte Costituzionale ha riconosciuto l'illegittimità della norma relativa alla disciplina delle locazioni di immobili urbani nella parte in cui non prevede la successione del convivente more uxorio nella titolarità nel contratto di locazione in caso di morte del conduttore, solo quando vi sia prole naturale.

E anche nel caso dell'assegnazione di alloggi popolari la Corte Costituzionale ha assunto come elemento rilevante ai fini del subentro il fatto che il convivente fosse affidatario della prole.

In tali casi è quindi necessaria una revisione della disciplina esistente anche in riferimento alle sole coppie di conviventi eterosessuali, se si vuole dare un'organica definizione alla materia.

Per questo ritengo non basti quanto suggerito dal Sen. Buttiglione di intervenire volta per volta, e quando se ne presenti l'occasione, sulla legislazione speciale, ove si ravvisi una mancanza di tutela dei diritti.

Sarebbe una risposta parziale e necessariamente contraddittoria.

Quello di cui vi è bisogno invece, è una legge organica, una legge non ideologica, ma in grado di risolvere un problema reale della società.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
04-04-07, 12:19
45° Congresso Pri/Ipotesi future prospettate da Del Pennino
Lavoriamo per unire le varie forze

Congresso del Pri, Roma, 1° aprile 2007.

di Antonio Del Pennino

In queste settimane un fantasma si aggira nelle stanze della politica italiana. Un fantasma che attrae l'attenzione degli osservatori politici e dei media.

Un fantasma che non sappiamo ancora se prenderà corpo, e in caso positivo , se quel corpo corrisponderà alle attese di quanti stanno tentando di dargli forma.

Mi riferisco al costituendo Partito Democratico.

Voglio partire, nelle considerazioni che intendo sottoporre al nostro Congresso, proprio da qui, dall'ipotetico Partito Democratico, che sarà il tema centrale dei congressi dei due maggiori partiti del centro-sinistra che seguiranno a breve il nostro, ma che probabilmente peserà anche sul Congresso dell'UDC e già ve ne sono i primi segnali.

Lo farò seguendo il filo di un complesso ragionamento, che vuole indurre gli amici ad una riflessione sulle nostre prospettive politiche, anche se so che non è destinato ad infiammare una platea congressuale.

Ma tant'è, questo mi ha insegnato un nostro maestro, Oronzo Reale, e poi - come diceva Lacan - "ciascuno ha il suo stile".

Partirò da alcune considerazioni sul Partito Democratico, perché sono convinto che dal se e dal come nascerà il Partito Democratico dipenderà molto del divenire politico del nostro paese.

E' infatti del tutto evidente che se il tentativo di dare vita al Partito Democratico fallisse, entrerebbe in crisi l'attuale schieramento di centro - sinistra, una crisi assai più profonda di quella che già oggi attraversa, con il riflusso della Margherita verso posizioni di centro.

Se il Partito Democratico dovesse, invece, davvero nascere, mi sembra inevitabile che esso determini una lacerazione all'interno delle due forze politiche che concorreranno a dargli vita.

E' manifesta ormai la volontà della sinistra DS di non farne parte, ma mi sembra assai probabile, per le caratteristiche che sempre più si vanno configurando del Partito Democratico come punto di incontro tra il nucleo centrale dell' ex PCI e la sinistra cattolica, che si determinino fughe anche nella direzione opposta.

E ciò, sia da parte di quanti di estrazione ex democristiana difficilmente accetteranno una convivenza egemonizzata dagli ex PCI, egemonia garantita dall'adozione prevista del principio "una testa un voto", sia da parte di quanti si illudevano che il Partito Democratico potesse rappresentare una forza liberal-democratica.

E in proposito significative sono le recenti dichiarazione dell'Onorevole Zanone.

E' evidente quindi che, sia la nascita, sia l'aborto del Partito Democratico sono destinate a modificare l'attuale quadro politico e gli equilibri che hanno caratterizzato negli ultimi anni l'improvvisato bipolarismo italiano.

Questo sarebbe inevitabile nel caso in cui si delineasse, col fallimento del Partito Democratico, una tendenza verso il centro della Margherita, che porrebbe il problema di un riposizionamento anche nel centro-destra.

Ma lo sarebbe, del pari, se l'esperienza del Partito Democratico si realizzasse determinando la nascita alla sua sinistra di uno schieramento, più ampio dell'attuale, ispirato a una logica "alternativa", sia sul piano della politica economico-sociale, sia su quello della politica estera. Questo renderebbe difficile un'alleanza tra l'ala riformista e quella antagonista, perché i mutati rapporti di forza ridurrebbero il peso e il ruolo dei riformisti in modo così rilevante da non consentire la convivenza.

Per questo non dobbiamo guardare solo alla situazione contingente, ma muoverci ipotizzando quelli che saranno gli sviluppi futuri e operare per cercare di creare le condizioni perché gli stessi ci consentano di muoverci in modo da valorizzare la nostra tradizione e la nostra storia.

Io non ho nessuna simpatia per l'UDC. Ritengo che nel centro- destra, sia la formazione a noi più lontana per le sue posizioni integraliste sul tema di diritti civili - dalla procreazione assistita, alla convivenza delle coppie di fatto - e quando sento parlare su questi temi Volontè o Giovanardi mi viene un brivido.

Ma capisco che l'UDC si sta da oggi intelligentemente attrezzando per occupare una posizione di centro cattolico con la Margherita, se l'esperienza del Partito Democratico abortirà, o per recuperare i fuoriusciti ex democristiani, se il Partito Democratico nascerà

E questo, come accennavo prima, finirà col ripercuotersi sulle altre forze della Casa (o meglio) ex Casa delle Libertà, accentuando le spinte "teo-con", nella logica di contendere il voto cattolico al nuovo centro, col rischio di snaturare anche la fisionomia liberale di Forza Italia, al di là delle intenzioni del Presidente Berlusconi, che è stato ed è il garante della convivenza delle diverse anime di quel partito.

In questo quadro più forte sarà l'esigenza di garantire una voce laica e liberale autonoma.

E per questo dobbiamo attrezzarci.

Dobbiamo a maggior ragione attrezzarci, perché anche altri lo stanno facendo e non possiamo farci sottrarre l'iniziativa.

Ho seguito con interesse l'incontro promosso dal mio amico Turci a Bertinoro.

Ma devo dire che al di là della sua interessante relazione, per la "costruzione di una forza politica laica e liberal-socialista", il convegno mi è apparso assai deludente.

E non solo per l'elemento di equivoco introdotto dall'On. Formica quando ha proposto un incontro "socialista" con la componente DS che fa capo all'Onorevole Mussi, una ipotesi che può forse conciliare (e lo dico con la massima stima e il grande affetto che provo per Rino Formica) la sua vocazione socialdemocratica di oggi con le sue origini trotzkiste, ma che sul piano politico rappresenterebbe un vero pasticcio.

Ma anche perché mi è apparso che a Bertinoro, più che cercare di aprire una prospettiva nuova ed originale, si sia riproposto semplicemente, al di la delle intenzioni di Turci, una rifondazione socialista.

E non è certo ciò di cui il mondo laico, liberale, repubblicano, liberal - socialista ha bisogno per intercettare le componenti "liberal" che non si riconosceranno nell'accordo catto-comunista su cui nascerà, se nascerà, il Partito Democratico o per riprendere le fila di un dialogo con le componenti laiche della Margherita, se questa finirà in un accordo neo-democristiano con l'UDC e l'UDEUR.

Ma Bertinoro è un segnale. E' un segnale che dopo il fallimento della Rosa nel Pugno anche nel mondo radicale e socialista si cerca una nuova strada e una nuova risposta alle attese dei laici.

Alla ricerca di questa strada e di questa risposta noi dobbiamo dare un nostro peculiare contributo. Non possiamo rinchiuderci in una orgogliosa quanto sterile rivendicazione dei nostri meriti storici o delle nostre precedenti intuizioni. Un primo passo lo abbiamo compiuto con il patto federativo stretto con il PLI cui va dato merito a Nucara. ma è un primo passo.

Noi dobbiamo anche aprire un confronto serrato e concludente innanzitutto con i repubblicani della diaspora, senza rancori e senza pregiudiziali, con i laici della Margherita, molti dei quali appartengono alla nostra tradizione e alla nostra storia, con il mondo radicale e con quei socialisti che nella tradizionale del socialismo liberale di Carlo Rosselli si riconoscono.

Mi direte che è una mia vecchia mania.

Lo so.

Ma so anche che forse se avessimo seguito questa strada tre anni fa invece di innamorarci dell'accordo con Sgarbi, di cui giustamente Nucara ha ricordato il negativo bilancio, saremmo in una condizione migliore .

E soprattutto so che, al di fuori di questa prospettiva, il partito è destinato solo a garantirsi qualche presenza istituzionale, e lo dice chi ne è stato e ne è beneficiario e ne è soggettivamente lieto, ma non a svolgere un reale ruolo politico.

So che è una strada difficile, che soprattutto sarà difficile il discorso con il mio amico Pannella, forse meno con altri esponenti del mondo radicale.

Ma le sfide difficili sono le più affascinanti.

Tutto ciò non significa che dobbiamo abbandonare oggi la nostra attuale collocazione politica nella Casa o meglio nell'ex Casa delle Libertà. Non ve ne sono le ragioni e non sarebbe corretto per gli impegni assunti di fronte all'elettorato. Non vi sono inoltre le condizioni rispetto a un governo e a una maggioranza che ogni giorno di più si rivelano inadeguati, se non nocivi, per lo sviluppo del paese e per la sua credibilità internazionale .

Significa invece che, anche se da posizioni diverse, dobbiamo aprire un fruttuoso dialogo con i frastagliati interlocutori che vi sono nel mondo laico, liberal-democratico, e liberal-socialista, per cercare di costruire insieme una prospettiva futura che vada al di là delle diverse attuali e contingenti collocazioni.

Certo la possibilità di costituire una nuova prospettiva dipenderà dal superamento dell'attuale logica bipolare, di un bipolarismo selvaggio in cui è difficile non dico comprendere, ma solo valutare le ragioni dell'altro.

E in questo contesto fondamentali saranno le scelte in materia di legge elettorale.

Ogni prospettiva di superamento del nostro bipolarismo selvaggio sarebbe vanificata se dovesse andare avanti l'iniziativa referendaria.

I quesiti referendari al di là della loro tecnicalità sono destinati ad aggravare i difetti del nostro sistema, favorendo il passaggio obbligato ad un bipartitismo (almeno sul piano elettorale) per cui non esistono le oggettive condizioni .

Come mostra l'esperienza di questi anni, i mutamenti che non nascono da una effettiva maturazione interna alle forze politiche, ma sono indotti solo dalle norme elettorali contengono in sé tali elementi di contraddizione che finiscono col vanificare gli obiettivi che ci si era proposti.

I quesiti referendari, con l'attribuzione del premio di maggioranza non alla coalizione, ma al partito che ha ottenuto la maggioranza relativa e innalzando la soglia di sbarramento, mirano al favorire una semplificazione obbligata e brutale dell'attuale assetto politico che non corrisponde alla realtà italiana.

Né garantirebbero una effettiva governabilità perché costringerebbero ogni schieramento a inseguire l'utilità marginale delle forze estreme e a portare quindi al suo interno contraddizioni tali che non gli consentirebbero di assicurare una guida politica adeguata a risolvere i problemi della società italiana.

Per questo il partito deve impegnarsi per evitare il referendum, combattendo l'asse Fini-Parisi, o Fini-Veltroni, come dir si voglia, e per cercare di impedire che Forza Italia sia risucchiata sulle posizioni di quell'asse.

E deve altresì impegnarsi perché una riforma della legge elettorale intervenga prima di una nuova consultazione politica, perché da questo dipende non solo il nostro futuro ma anche la possibilità di dare al nostro Paese un assetto politico moderno

Voglio peraltro dire , correggendo un'indicazione che avevo dato nella mia relazione al congresso regionale lombardo, che oggi forse la legge elettorale che meglio può accompagnare il processo di transizione politica non è una legge sul modello tedesco.

Non lo è perché non essendo ancora matura una articolazione tripolare, o quadripolare del nostro sistema politico essa non favorirebbe gli sviluppi futuri, e rischierebbe di divenire elemento di instabilità .

Mi parrebbe più opportuna - e la offro al partito come momento di riflessione su cui dovremmo discutere - l'ipotesi di una legge proporzionale con premio per la coalizione vincente, ma senza clausola di sbarramento.

Una legge elettorale non può contemporaneamente prevedere premio di maggioranza e clausola di sbarramento.

E' un modello che non esiste in nessun altro paese Europeo.

Ce lo ha autorevolmente ricordato, nel corso delle consultazioni per l'ultima crisi di governo, anche il Presidente Napolitano.

Una legge elettorale che preveda il premio di maggioranza, ma che non introduca sbarramenti, può bene accompagnare la difficile transizione italiana assicurando, da un lato, la governabilità nell'immediato e consentendo, dall'altro, non solo il diritto di tribuna, ma anche la possibilità di crescita per nuovi soggetti politici che siano in grado di offrire al Paese una prospettiva più rispondente al modello europeo.

Ma se la legge elettorale è la condizione per una diversa articolazione della lotta politica in Italia e la premessa per una autonoma presenza delle forze liberal-democratiche non può da sola garantire questa presenza e esaltare il nostro ruolo.

Occorre definire una precisa piattaforma programmatica, su cui aprire - come ho detto prima - un confronto con tutte le componenti della galassia liberal-democratica e riformista, anche sul modello di quanto hanno fatto "i volenterosi" per costruire una presenza comune che sia risposta alle tentazioni proprie di una paleo-sinistra non meno che alle vocazioni di statalismo etico sempre più forti nell'ambito del centro-destra.

Non voglio addentrarmi in tutti i problemi che dovrebbero far parte di questa piattaforma, e su cui, del resto Nucara nella sua relazione, ci ha dato importanti indicazioni.

Ma desidero soffermarmi su un punto che ha me è particolarmente caro .

Bisogna che il partito sulle questioni riguardanti la bioetica sia meno timido di quanto è stato in occasione del referendum sulla PMA, occasione nella quale se si escludono la partecipazione di Nucara, malgrado fosse sottosegretario, al comitato promotore e l'impegno della Federazione Giovanile, il PRI è stato troppo assente, consentendo ai radicali di divenire protagonisti di una iniziativa che noi avevamo proposto.

E dobbiamo dire alto e forte che su questi temi non accettiamo vincoli di coalizione.

Non li accettiamo sul testamento biologico, non li accettiamo sulla riforma della legge 40, non li accettiamo sulla legge per le coppie di fatto.

E a questo proposito voglio aggiungere che se per noi non va bene la pasticciata soluzione Bindi-Pollastrini è perché lavoriamo a una proposta più avanzata.

E lo affermo con tanta più forza all'indomani della pronuncia della CEI.

Perciò sia chiaro, che se le pressioni cui è soggetto il senatore Biondi perché ritiri il suo testo su cui oggi si sta manifestando una significativa convergenza, dovessero ottenere un risultato (ma sono certo che egli resisterà), in questa sciagurata ipotesi, dicevo, farò mio quel disegno di legge, o ne presenterò uno analogo, su cui si possa verificare un consenso trasversale.

Amici, io ho finito le brevi considerazione che volevo affidarvi.

Sono considerazioni che cercano di indicare una prospettiva politica forse avveniristica, che può apparire una velleità o un desiderio.

Ma questa velleità e questo desiderio sono frutto della mia passione politica.

Anche se so che c'è una frase contenuta in un vecchio libro cinese, "Il Loto D'Oro", un romanzo erotico, bandito già dalla dinastia dei Ming, ma che a me, vecchio libertino, è caro, la quale dice: "C'è un limite alla nostra energia, ma non ai nostri desideri, un uomo che non pone limite alla sua passione, non può che vivere per breve tempo".

tratto da http://www.pri.it

kid
04-04-07, 15:47
libertini di tutto il mondo uniamoci!

nuvolarossa
04-04-07, 17:17
libertini di tutto il mondo uniamoci!Dove si prende la tessera ?

kid
05-04-07, 10:53
tu ce l'hai già.

nuvolarossa
10-05-07, 18:28
Gino Strada: Interpellanza del sen. Antonio Del Pennino

Riproduciamo il testo dell'interpellanza a risposta urgente al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri che reca le firme di Del Pennino, Quagliariello, Saro, Pastore, Biondi, Pitelli e altri.

Premesso che:

- nell'intervista rilasciata a Guido Ruotolo, apparsa sulla "Stampa" del 2 aprile, alla domanda del giornalista: "nel corso dei suoi tre contatti telefonici con Dadullah, era chiaro che l'oggetto dello scambio erano i due ostaggi?", il dott. Gino Strada ha risposto: "Sì. Non voglio fare commenti, ma il governo italiano nei colloqui con me non ha mai neanche nominato Adjamal. Però immagino che fossero d'accordo sul fatto che noi l'avessimo chiesto. Su questo non voglio aprire una polemica";

- tale affermazione appare in assoluto contrasto con quanto ripetutamente dichiarato dal governo di essersi mosso per la liberazione di entrambi gli ostaggi e in particolare con quanto dichiarato dall'On. D'Alema alla Camera nella seduta del 16 Aprile 2007, in cui aveva affermato che "il Governo italiano chiedeva a Gino Strada che la consegna effettiva dei tre rilasciati avenisse in cambio della liberazione effettiva e contestuale dei due ostaggi – di entrambi, lo ripeto – ancora nelle mani dei rapitori";

si chiede di sapere quali siano state le effettive indicazioni date dal Presidente del Consiglio e dal Ministro degli Esteri, sia direttamente, sia tramite l'ambasciatore italiano a Kabul, al dott. Gino Strada in relazione alle trattative per la liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo e del suo interprete Adjamal Nashkbandi, conclusesi con il salvataggio del giornalista di "Repubblica", ma con la decapitazione del cittadino afgano.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
17-05-07, 09:41
Intervista a Antonio Del Pennino / Un’interpellanza per capire se mente Prodi o Gino Strada

di Raffaella Viglione

Trentasette senatori dell’opposizione (tra Forza Italia, Udc e An) hanno presentato un’interpellanza a risposta urgente al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri chiedendo quali siano state le effettive indicazioni date dal Premier e dal responsabile della Farnesina a Gino Strada in relazione alle trattative per la liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo e del suo interprete Adjamal Nashkbandi. La vicenda del rapimento, conclusasi con il salvataggio del cronista di “Repubblica” e la decapitazione del cittadino afgano, torna d'attualità oggi che il leader dei talebani Dadullah, responsabile dei sequestri, è stato ucciso ed Emergency è in fase di smembramento in Afghanistan. Se Gino Strada non riaprirà entro il 25 maggio i suoi 3 ospedali e le 25 piccole cliniche “ci penseremo noi a gestirli o ridistribuirli a chi sa farlo” è l'ultimatum del portavoce del ministero della Sanità afgano, Abdullah Fahim, che prosegue “non possiamo permetterci di tenere chiuse queste strutture”.

Le condizioni di Gino Strada per il ritorno in Afghanistan sono note: il chirurgo chiede la liberazione o almeno un chiarimento sulla posizione giuridica di Rahmatullah Hanefi, il responsabile dell'ospedale di Lashkargah che ha svolto il ruolo di mediatore con i talebani nei casi Torsello e Mastrogiacomo e che ora è detenuto. Anche l'interpellanza dei senatori dell’opposizione parte dalla vicenda assai poco chiara della liberazione di Mastrogiacomo e da un’intervista rilasciata dal fondatore di Emergency a “La Stampa” il 2 aprile. Allora,Gino Strada alla domanda: “Nel corso dei suoi tre contatti telefonici con Dadullah, era chiaro che l’oggetto dello scambio erano i due ostaggi?” aveva risposto: “Sì. Il governo italiano nei colloqui con me non ha mai neanche nominato Adjamal. Però immagino che fossero d’accordo sul fatto che noi l’avessimo chiesto”. Ai senatori firmatari tale affermazione appare in assoluto contrasto con quanto ripetutamente dichiarato dal governo, e cioè di essersi mosso per la liberazione di entrambi gli ostaggi. In particolare contrasta con quanto dichiarato dal ministro D’Alema alla Camera durante la seduta del 16 aprile, in cui aveva affermato che: “Il Governo italiano chiedeva a Gino Strada che la consegna effettiva dei tre rilasciati avvenisse in cambio della liberazione effettiva e contestuale dei due ostaggi – di entrambi, lo ripeto – ancora nella mani dei rapitori”. Abbiamo parlato con il senatore Del Pennino primo firmatario dell’interpellanza.

Senatore Del Pennino, perché questa interpellanza?
Perché nella vicenda del sequestro Mastrogiacomo e della sua liberazione vi sono ancora molti lati oscuri, soprattutto per quanto riguarda la decapitazione dell’interprete Adjamal Nashkbandi. Il governo italiano ha sempre dichiarato che la trattativa era stata condotta per la liberazione dei due ostaggi ma resta un buco nero, un momento di mistero sul fatto che non sia stato liberato anche l’interprete. Questo lo ha ribadito il ministro D’Alema in Senato in commissioni riunite. Strada parla di un intervento del governo italiano presso di lui affinché svolgesse la sua attività di mediatore con i talebani, ma egli afferma anche che non gli si era mai parlato dell’interprete. Si tratta di una contraddizione profonda che chiediamo sia verificata.

Quali sono le ipotesi possibili, allora?
Una è che a mentire sia stato Strada e la sua polemica contro il governo italiano gli attribuisce indirettamente la responsabilità di non essersi interessato della sorte dell’interprete. Oppure mente il governo o i suoi rappresentanti quando dicono che le direttive erano precise e riguardavano tutti e due gli ostaggi. Noi vogliamo che sia fatta chiarezza in parlamento su questo punto.

Per questa vicenda si è rischiata l’ennesima crisi del governo Prodi, perché?
Questo è un altro aspetto misterioso: Karzai ha dichiarato che Prodi gli disse che egli doveva attivarsi per la liberazione degli ostaggi, rimettendo in libertà alcuni terroristi talebani, perché il governo italiano rischiava di cadere. Quindi Karzai avrebbe agito sotto le pressioni del governo italiano e perché non voleva creare problemi a un paese che stava aiutando l’Afghanistan. Ma il nostro governo nega di aver fatto pressioni su Karzai e anzi afferma che il presidente afgano ha deciso in piena autonomia. Anche in questo caso siamo in presenza di due verità.

tratto da http://www.opinione.it/

nuvolarossa
22-05-07, 18:33
Appuntamenti elettorali di Del Pennino

Il sen. Antonio Del Pennino, in vista delle elezioni provinciali di Varese, domenica 20 maggio alle ore 11,45 sarà a Laveno: visita al museo della Ceramica e saluto alle autorità locali; ore 12, 45 rinfresco allo Skippers Club e incontro con simpatizzanti; ore 14,00 visita a Brebbia: ritrovo a Samarcando ed inaugurazione di una associazione locale; ore 15,30 omaggio ai caduti con saluto alle autorità al Monte San Martino; ore 17.00 visita al Museo Innocenti Salvini; ore 18,00 visita al Museo Alfredo Binda a Cittiglio; ore 19.00 saluto alle autorità.

Lunedì 21 maggio, ore 20,30, a San Nicolò (Piacenza) incontro elettorale al ristorante "Feeling", via Emilia Pavese, 5.

Martedì 22 maggio, ore 11,00 incontro con Capitano Piscioneri, Comandante Carabinieri di Busto Arsizio; ore 11,30 incontro con dott. Scalise, Comandante Polizia di Busto Arsizio; ore 12,00 incontro con Comandante della Guardia di Finanza; ore 12,30 pranzo; ore 15,30 visita al Museo del Tessile Palazzo Cicogna; ore 17,00 conferenza stampa.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
23-05-07, 18:00
Appuntamenti elettorali di Del Pennino

Giovedì 24 maggio, alle ore 18,00, il sen. Antonio Del Pennino, in vista delle elezioni amministrative del 27/28 maggio, sarà a Varese in Piazza del Podestà; alle ore 21,00 a Rho in Piazza Duomo.

Venerdì 25 maggio a Sesto San Giovanni, alle ore 18,00, presso la Sala Camino, in Via Puricelli Guerra, 24, incontrerà i candidati repubblicani: Paola Giovanna Brambilla, Plinio Mascetti, Michele Picerno e il candidato a sindaco della CdL Giuseppe Pasini.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
04-06-07, 18:20
Martedì 5 giugno h. 19,45
Del Pennino intervistato da "Nessuno.Tv"
(canale Sky 890)

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
06-06-07, 18:46
Tre indizi fanno una prova
Dichiarazione di Antonio Del Pennino sul caso Visco. Senato, 6 giugno 2007

Non ho alcun pregiudizio ostile nei confronti dell'Onorevole Visco, direi che ho piuttosto simpatia nei suoi riguardi, perché ricordo suo padre che è stato uno dei più diretti collaboratori di un mio maestro, l'Onorevole Oronzo Reale quando questi fu guardasigilli.

Non ho alcun pregiudizio ostile, ma non condivido la sua concezione sul ruolo della politica quale è emersa da questa vicenda.

Io non indulgo ai facili qualunquismi oggi di moda, e non contesto né il ruolo né il primato della politica , ma questi vanno collocati nelle loro giuste dimensioni, quando si tratta di rapporti con le strutture burocratiche o con le Forze Armate. In una dimensione, cioè, come mi ha insegnato Ugo La Malfa, che non interferisca con i compiti e i poteri delle strutture amministrative, rispetto alle quali il politico deve limitarsi a dare direttive generali.

So che è un confine sottile, perché se il politico rinuncia alla sua funzione di indirizzo abdica ai suoi compiti; e se invece supera questo limite, invadendo le sfere di competenza di altri organi, esorbita dai suoi poteri, realizzando un sopruso.

Ora, nel caso dell'on. Visco di cui stiamo discutendo mi sembra si configuri questa seconda ipotesi: l'ipotesi di un potere politico che ha invaso altre sfere, realizzando, non in termini penali, ma certamente in termini di responsabilità politica, un abuso di potere.

Io non entrerò nei dettagli della vicenda che hanno riguardato la richiesta di spostamento dei vertici della Guardia di Finanza della Lombardia né sulle cause che l'hanno ispirata. Su questo si sono già ampiamente intrattenuti altri colleghi.

Mi limiterò sul punto a dichiarare che considero invero strumentale la campagna posta in atto da un autorevole quotidiano nazionale che, con l'obiettivo di delegittimare i vertici della Guardia di Finanza, e di sostenere in conseguenza il Vice Ministro, che pure dichiarava di voler criticare, ha parlato di una nuova P2 che si sarebbe infiltrata negli apparati dello Stato.

Quello che mi preme sottolineare è che in questa caso si è invece espressa una concezione distorta del primato della politica.

Ma che soprattutto questa non è stata la sola occasione. Sulla base delle notizie apparse sulla stampa, essa si era già manifestata in altre due episodi, in cui vi erano state invasioni ingiustificabili di ambiti di competenza Mi riferisco innanzitutto ad un episodio che risale al 2001 e che è stato rievocato in questi giorni. L'on. Visco, allora Ministro dell'Economia, avrebbe chiesto, al Presidente della Camera Luciano Violante, di destituire il capo del servizio studi della Camera dei Deputati, reo di aver espresso, parlando a titolo personale in un seminario dell'Associazione Mario Rossi, dubbi sulla tenuta dei conti pubblici, ed ipotizzato l'esistenza di un extra - deficit.

In quella circostanza solo grazie alle procedure garantiste relative alla nomina dei consiglieri dell'amministrazione della Camera, non fu possibile "esaudire" la richiesta dell'on. Visco.

Ma ne derivò una curiosa lettera del Segretario Generale della Camera diretta a tutti i dipendenti che li richiamava al rispetto dei principi di imparzialità e terzietà nell'esercizio dei propri diritti costituzionali e politici, per evitare che l'Amministrazione della Camera si trovasse coinvolta nella competizione tra le parti politiche (sic!).

Il secondo episodio è quello denunciato sulle colonne de "Il Giornale" del 3 giugno, dall'ex direttore dell'Ansa, la prima agenzia di stampa italiana, Pierluigi Magnaschi, e relativo al suo licenziamento, sollecitato dal Governo, perché reo di aver riportato su un'agenzia del 16 luglio 2006 la notizia che era stata chiesta la decapitazione del vertice della Guardia di Finanza di Milano in relazione alla vicenda delle intercettazioni telefoniche sul caso Unipol.

Non è chiaro in questo caso se le pressioni fossero giunte dal Vice Ministro dell'Economia o da altri esponenti del Governo. Quello che comunque è evidente è che la richiesta sarebbe stata avanzata per avere l'Ansa divulgato la notizia di una pressione indebita riferibile all'Onorevole Visco.

Quindi quello di questi giorni sarebbe il terzo episodio. E come dicono i processualisti: tre indizi concordanti formano una prova.

La prova di una concezione del ruolo del potere politico che va nella direzione esattamente opposta a quella che dovrebbe essere seguita per mantenere un quadro di corretti rapporti tra organi politici e organi amministrativi, tra esponenti di Governo e organi di informazione. La dimostrazione di una intolleranza verso chi dissente propria di una certa sinistra nostrana.

Ecco perché l'attuale vicenda trascende dal singolo episodio ed assume una valenza più generale, quella di un pessimo costume cui l'attuale esecutivo si è abituato e che è pericoloso per un corretto funzionamento delle nostre istituzioni

Un corretto funzionamento che non può certo essere ripristinato fingendo che nulla sia accaduto e revocando temporaneamente all' Onorevole Visco le deleghe relative alla Guardia di Finanza solo per superare i contrasti interni alla coalizione .

Un corretto funzionamento per cui è indispensabile l'accoglimento della richiesta delle opposizioni di assicurare, non in via transitoria ma definitiva, che il corpo della Guardia di Finanza dipenda direttamente e a tutti gli effetti dal Ministro dell'Economia, ponendo così fine a un processo di lottizzazione degli apparati dello Stato, all' interno della maggioranza.

Non ci illudiamo che l'accoglimento di questa richiesta possa da sola riparare al "vulnus" che si è verificato tra il potere politico e l'arma .

I danni introdotti rischiano di essere di più vasta portata.

Ma almeno un segnale di ripensamento verrebbe dato. Temiamo però che questo Governo non vorrà, né potrà dare nemmeno questo timido segnale.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
12-06-07, 07:44
Lo strano caso dei licenziamenti all’Agenzia nazionale stampa associata
Visco, chi si invischia è rimosso

Sospetta epurazione all’Ansa dopo la pubblicazione della notizia dell’azzeramento dei vertici della Guardia di finanza in Lombardia

di Aldo Torchiaro

Le ombre non smettono di addensarsi intorno alla condotta del viceministro Vincenzo Visco. Sono in molti, tra i politici e i giornalisti, a chiedersi se esiste "una relazione diretta fra la pubblicazione da parte dell'Ansa della notizia dell'azzeramento dei vertici della Guardia di finanza della Lombardia e la successiva rimozione del direttore promossa dal presidente dell'Ansa Boris Biancheri”. A formalizzare la domanda, con questa formula, sono stati ieri i deputati di Alleanza nazionale Maurizio Gasparri e Tommaso Foti (piacentino come Magnaschi) che lo hanno chiesto senza perdersi in passaggi secondari direttamente a Romano Prodi attraverso un'interpellanza che ricostruisce minuto per minuto una vicenda, quella Magnaschi-Visco, legata a doppio filo a quella del generale Speciale ma rimasta fuori dal dibattito di mercoledì scorso a Palazzo Madama.

Secondo i due esponenti di An, l'ex direttore dell'Ansa, Pierluigi Magnaschi (anche lui piacentino e che, secondo fonti locali, il candidato di centro-destra Dario Squeri vorrebbe vedere in Giunta comunale in caso di vittoria nell'imminente ballottaggio), è stato mandato in pensione il 29 novembre scorso per aver, il 16 luglio 2006, pubblicato la notizia: “Azzerati i vertici della Guardia di Finanza”, punto di partenza del caso politico fra il viceministro dell'economia Visco e il generale Speciale. “Subito dopo quel 16 luglio - si legge nell'interpellanza - il presidente dell'Ansa, Boris Biancheri, 77 anni, scopriva improvvisamente che il suo principale collaboratore, Pierluigi Magnaschi, direttore dell'Ansa, aveva compiuto 65 anni cinque mesi prima (l'11 febbraio precedente) e che quindi poteva (non doveva) essere messo in pensione”. Peccato perché qualcuno, tra gli addetti ai lavori, ha fatto notare che per l'agenzia di stampa, “gli anni della direzione Magnaschi sono stati anni 'di utile' dopo 'anni di pesanti sofferenze' dovute ad altri diversi da Magnaschi”.

Analoghe perplessità vengono sollevate dal senatore Antonio Del Pennino, del Pri, che interpreta la “cacciata” dell’ex direttore dell’agenzia Ansa come una diretta conseguenza dell’interesse posto dall’agenzia stessa alla vicenda Visco. Lo stesso senatore repubblicano ricorda che il viceministro dell’Economia è recidivo in quanto alla pratica delle rimozioni. Ci provò un’altra volta nel 2001, anche se in quel caso non il colpo non gli riuscì. “Mi riferisco innanzitutto ad un episodio che risale al 2001 e che è stato rievocato in questi giorni”, dice Del Pennino. “L’onorevole Visco, allora ministro dell’Economia, avrebbe chiesto, al Presidente della Camera Luciano Violante di destituire il capo del servizio studi della Camera dei Deputati, reo di aver espresso, parlando a titolo personale in un seminario dell'Associazione Mario Rossi, dubbi sulla tenuta dei conti pubblici, ed ipotizzato l'esistenza di un extra–deficit”. Un tentativo di sostituzione tanto maldestro da suscitare una generale levata di scudi a difesa del funzionario.
“In quella circostanza solo grazie alle procedure garantiste relative alla nomina dei consiglieri dell’amministrazione della Camera, non fu possibile “esaudire” la richiesta dell’on. Visco. Ma ne derivò – conclude Del Pennino - una curiosa lettera del segretario generale della Camera diretta a tutti i dipendenti che li richiamava al rispetto dei principi di imparzialità e terzietà nell'esercizio dei propri diritti costituzionali e politici, per evitare che l'Amministrazione della Camera si trovasse coinvolta nella competizione tra le parti politiche”.

tratto da http://www.opinione.it/

nuvolarossa
13-06-07, 19:18
Del Pennino: sul testamento biologico si rischiano tempi biblici

In seguito alla discussione sui disegni di legge relativi al Testamento biologico, svoltasi martedì 12 giugno in Commissione Igiene e Sanità del Senato, il senatore Antonio Del Pennino, a nome del PRI, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

"La procedura scelta di dare corso ad una discussione generale sull'insieme dei disegni di legge relativi al testamento biologico anziché su un testo base o su un testo presentato dalla relatrice, rischia di far adottare tempi biblici nell'esame di questo provvedimento.

Questa procedura è frutto dei contrasti interni alla maggioranza che non riesce a trovare un accordo sui punti più controversi come quelli relativi all'idratazione e all'alimentazione artificiale e all'obiezione di coscienza, dopo l'ultimatum della senatrice Binetti.

È necessario che nelle prossime sedute si cambi registro.

Occorre che la relatrice presenti un testo base su cui sia possibile la discussione e la presentazione degli emendamenti, se non si vuole "affossare" il provvedimento.

In proposito desidero avanzare un suggerimento: sarebbe opportuno che la relatrice riproponesse il testo approvato all'unanimità dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato nel corso della passata legislatura. Su quel testo ci fu un consenso bipartisan e credo sarebbe difficile per tutti proporre oggi emendamenti che lo stravolgessero".

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
05-07-07, 21:34
http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Enzo/LOGOFORUM03BIG.sized.gifhttp://www.fmboschetto.it/musica/lunarossa.mid

Ordinamento giudiziario e revisione costituzionale
Intervento in Senato sulla riforma dell'ordinamento giudiziario, 5 luglio 2007.

di Antonio Del Pennino

Il DDL nel testo approvato dalla Commissione che viene oggi al nostro esame rappresenta certo un miglioramento rispetto all'originario disegno di legge governativo.

E non possiamo non sottolineare positivamente il fatto che rispetto ai diktat della A.N.M., a cui il governo con le sue proposte emendative aveva ceduto, i colleghi che compongono la Commissione, sia di maggioranza che di opposizione, abbiano saputo resistere.

E di questo diamo lealmente atto in particolare al relatore Di Lello.

Ma questo non ci induce ad un giudizio positivo sul testo che stiamo discutendo.

Non tanto e non solo perché vi sono alcune norme che destano motivi di perplessità, ma per una più generale considerazione sulla forma e sui modi con cui si è affrontato e si affronta il problema dell'ordinamento giudiziario e quello più generale della collocazione della magistratura nel nostro quadro costituzionale.

Mi soffermerò innanzitutto su una questione che più direttamente inerisce al provvedimento al nostro esame.

L'attuale testo prevede la possibilità di passare dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa per ben quattro volte nel corso della carriera; si tratta evidentemente di una soluzione che pregiudica la possibilità di distinguere il ruolo e la funzione del pubblico ministero da quella del giudice, come invece esigerebbe il dettato costituzionale (art. 111 Cost.) che esplicitamente prevede che il Giudice sia terzo e imparziale.

Consentire il tramutamento delle funzioni per ben quattro volte nel corso della carriera di un magistrato equivale ad annacquare il timido barlume di separazione di funzioni, posto che già oggi, mediamente, un magistrato passa da una funzione all'altra due o tre volte nell'arco della propria carriera.

Se questa previsione legislativa non è accettabile (e in merito ho presentato delle proposte emendative), va invece apprezzata la norma che stabilisce che non solo i giudici, che non hanno funzioni direttive, e sostituti del pubblico ministero debbano cambiare distretto al momento del passaggio di funzione (come faceva l'originario testo governativo), ma che tale obbligo sia esteso a tutti i magistrati (anche ai Presidenti di Tribunale e ai Procuratori della Repubblica) e che i magistrati che lavorano nelle cinque regioni che hanno più di un distretto di Corte d'Appello (Lombardia, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia) debbano uscire dalla regione per cambiare funzione.

Ma al di là di questo aspetto - come dicevo - si pone il problema di una più generale riflessione su come debba essere risolto il problema di un migliore funzionamento del nostro sistema giudiziario.

Ho già avuto occasione di affermare nel corso del dibattito sulla riforma dell'ordinamento giudiziario presentato nella scorsa legislatura dall'allora Ministro Castelli che il nostro sistema giustizia è caratterizzato da due diversi mali: da un lato, la condizione di conflittualità dell'ordine giudiziario con gli altri poteri dello Stato, dall'altro una ormai congenita inefficenza, specie nel settore del contenzioso civile.

E come pertanto vi sia bisogno, non solo di un intervento del legislatore ordinario, ma anche di una revisione costituzionale.

Sul primo punto, relativo alla separatezza, confinante con l'ostilità, che la magistratura associata ha assunto rispetto al potere politico. Se separatezza volesse dire rivendicazione della propria autonomia (e in particolare autonomia del singolo giudice) nulla "quaestio". Ma se la separatezza confina con l'ostilità, in nome di un presunto primato morale, questo esce dal quadro costituzionale.

E qui si pone il delicato problema dell'autogoverno della magistratura e della revisione costituzionale delle norme, che questo DDL ordinario non può toccare, sulla composizione del CSM.

E' un tema che fu oggetto di scontro già alla Costituente, quando, in contraddittorio con la tesi del'On. Scalfaro, che poi prevalse, l'On. Togliatti e l'On. Laconi sostennero che il CSM avrebbe dovuto essere: "un organismo il quale assume una funzione particolare di antidoto alla completa autonomia del potere giudiziario come tale". Il che li portava a ritenere che il Consiglio Superiore dovesse essere formato per metà da magistrati e per metà da membri eletti dall'Assemblea Nazionale: un elemento – secondo Togliatti - che accresceva, non diminuiva, il prestigio della magistratura.

Dicendo questo non voglio sposare la tesi che in allora sosteneva la sinistra, ma credo si debba riflettere, per superare la separatezza, sull'ipotesi di un CSM modellato su uno schema analogo alla Corte Costituzionale, (1/3,1/3, 1/3) da tempo ipotizzato dal collega Maccanico.

Il secondo punto che ho sottolineato è quello relativo alla necessità di realizzare un recupero di efficienza, che garantisca ai cittadini la tutela dei propri diritti in tempi e con metodi accettabili.

La soluzione ordinamentale che appare più logica è quella di responsabilizzare i vertici degli uffici. Si tratta di dare ad reali poteri di direzione e di controllo.

In questo senso penso che occorra introdurre un secondo comma all'art.97 della Costituzione prevedendo che il Primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di Cassazione, i Presidenti e i Procuratori Generali presso le Corti d'Appello, i Presidenti e i Procuratori della Repubblica presso i Tribunali ordinari, assicurino, ciascuno nel proprio ambito di competenza, l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia secondo i criteri di buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione.

Inoltre, ed è una provocazione che lancio, bisognerebbe forse anche riflettere sull'ipotesi di soluzioni diverse, tramite l'elezione popolare per le designazioni dei responsabili della Corti d'Appello, dei Tribunali e delle Procure.

Che poi non è tanto una novità se, come ricorda Carlo Lozzi nel saggio "La Magistratura innanzi al nuovo parlamento", nel 1883, già il Procuratore Generale Giuseppe Manfredi, che fu poi Presidente di questo ramo del parlamento nel discorso avanti alla Corte di Cassazione di Firenze aveva sostenuto "il radicale innovamento della elezione popolare de' giudici", opinando "che il sistema da propugnarsi debba essere tale da conciliare il principio dell'elezione con quello dell'autonomia propria dell'Ordine Giudiziario!".

Colleghi Senatori, queste brevi considerazioni che ho voluto esporre sono solo alcune sollecitazioni per una più approfondita riflessione sui problemi complessi del nostro ordinamento giudiziario, che vanno al di là del merito del provvedimento in esame, ma sono opportune se vogliamo aprire una stagione di riforme più incisive.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
16-07-07, 20:47
Riforma della Giustizia
Garantire l'autonomia dei singoli magistrati senza corporazioni

di Antonio Del Pennino

Il voto con cui il Senato ha approvato il disegno di legge sulla riforma dell'ordinamento giudiziario esige alcune riflessioni.

Il testo approvato dalla Commissione Giustizia e trasmesso all'aula presentava luci ed ombre. Distingueva, infatti, tra funzioni giudicanti e funzioni requirenti, abolendo l'affermazione contenuta nell'originario disegno di legge governativo che parlava di "magistratura ordinaria unica nel concorso di ammissione, nel tirocinio e nel ruolo di anzianità", stabilendo, invece, che, "i magistrati ordinari sono distinti secondo le funzioni esercitate".

Prevedeva inoltre che in caso di passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti, il magistrato non potesse rimanere nello stesso distretto o all'interno di altri distretti della stessa regione.

Era una formulazione insufficiente perché si consentiva il passaggio da una funzione all'altra per ben quattro volte nell'arco dell'intera carriera. E su questo punto insieme ad altri colleghi della CdL avevamo presentato degli emendamenti tendenti a ridurre ad uno, al massimo due, le possibilità di passaggio.

Consentire quattro volte la possibilità di passaggio da una all'altra funzione, malgrado i vincoli prima ricordati, infatti, vanifica ogni reale distinzione delle funzioni e pregiudica la possibilità di distinguere il ruolo del Pubblico Ministero da quello del Giudice, come invece prevede l'art.111 della Costituzione che parla di un "giudice terzo ed imparziale".

Ma non solo questa correzione è stata respinta dalla maggioranza.

Si è poi introdotta, con un emendamento del Sen. Brutti, fatto proprio dal governo, sotto la pressione dell'A.N.M., un'ulteriore correzione al testo della Commissione che stabilisce la possibilità di deroga al divieto di passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti all'interno dello stesso distretto o all'interno di altri distretti della stessa regione, nel caso in cui il magistrato, che chiede il passaggio alle funzioni requirenti, abbia svolto funzioni esclusivamente civili o del lavoro o nel caso in cui il magistrato che ha esercitato funzioni requirenti chieda di essere assegnato a funzioni civili o del lavoro.

Si è cioè introdotta una norma che non solo vanifica l'originale divieto contenuto nel testo della Commissione (anche perché, ad esempio, nel caso di giudizi in materia fallimentare o di lavoro possono esserci risvolti penali), ma che rappresenta anche, una schizofrenia legislativa dato che inserisce una distinzione tra funzioni civili e funzioni penali che il disegno di legge, nell'indicazione delle funzioni, non prevede.

Va in proposito sottolineato che il governo e la sua maggioranza si sono mossi con la preoccupazione di evitare lo scontro con l'A.N.M. e l'introduzione della modifica prima ricordata ha risposto all'esigenza di venire incontro alle richieste dell'A.N.M. e dei suoi portavoce in seno al Parlamento: il Ministro Di Pietro e l'Italia dei Valori, che minacciavano un voto contrario.

Se a questo si aggiunge il fatto che il disegno di legge Mastella attribuisce un diritto assoluto al C.S.M. sulle carriere e la destinazione dei magistrati, costringendo il singolo a sottostare alle logiche correntizie, ci sembra che un'ulteriore considerazione vada fatta.

L'obiettivo di garantire un ordinamento giudiziario autonomo, ma non separato e contrapposto agli altri poteri dello Stato, (che fu già posto, soprattutto dalla sinistra nel dibattito alla Costituente) non può essere risolto affrontando il problema solo attraverso interventi di legislazione ordinaria.

Il nodo di fondo * che è responsabilità del centro-destra non aver affrontato nella passata legislatura, e del centro-sinistra per non volerlo affrontare in questa * è quello della composizione del C.S.M.

Che non può essere un organo "castale" in cui sono prevalenti le espressioni delle diverse componenti della Magistratura che decidono in base a scelte "lottizzate".

Occorre sul punto una revisione costituzionale. Quale quella, proposta originariamente dal Sen. Maccanico e ripresa in un disegno di legge che presentai nella passata legislatura insieme al Sen. Compagna, che prevede un C.S.M. modellato sullo schema della Corte Costituzionale, con 1/3 dei membri eletti dai magistrati, 1/3 eletti dal Parlamento e 1/3 nominati dal Capo dello Stato, come supremo garante, anche in funzione del suo ruolo di Presidente del C.S.M.

E' solo su questa strada che si possono evitare chiusure corporative, meglio garantire l'autonomia dei singoli magistrati ed accrescere il prestigio dell'ordine giudiziario.

Roma, 16 luglio 2007

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
24-07-07, 19:43
Il bipolarismo viziato/In Italia nascono coalizioni eterogenee incapaci di reale governabilità
La legge elettorale non garantisce maturità politica

Intervento in Commissione Affari Costituzionali del Senato, 24 luglio 2007.

di Antonio Del Pennino

Mi dispiace non unirmi al coro pressoché unanime dei colleghi che hanno esaltato il valore del bipolarismo e del sistema maggioritario come strumento per realizzare il bipolarismo. Si afferma che nella cosiddetta seconda Repubblica, quella che stiamo vivendo, si è realizzato l'obiettivo della alternanza come effetto della legge elettorale maggioritaria. Obiettivo che nella vituperata prima Repubblica non era stato possibile raggiungere per via del sistema proporzionale. Mi sembra una assoluta banalità.

Se nella prima Repubblica non è stato possibile realizzare una piena democrazia dell'alternanza e siamo stati costretti ad un bipartitismo imperfetto, per usare l'espressione di Giorgio Galli, questo non è stato frutto della legge elettorale, ma della condizione internazionale, della divisione del mondo in due blocchi e dell' egemonia che un PCI legato all'URSS, aveva sulla sinistra italiana.

E non è un caso che solo dopo l'89, la caduta del muro di Berlino, la fine della contrapposizione tra Est e Ovest, sia diventata realistica l'ipotesi di un alternanza perché, anche grazie alla trasformazione del PCI in PDS, si rendeva possibile un ruolo di governo della sinistra. Il passaggio dal proporzionale al maggioritario non fu determinante. La valutazione quindi sul sistema elettorale non può rapportarsi al fatto che esso sia in grado o meno di realizzare una democrazia dell'alternanza, quanto piuttosto alla sua capacità di garantire sia una reale governabilità, sia una possibilità di espressione delle diverse realtà culturali e ideali presenti nel paese.

Da questo punto di vista il nostro sistema elettorale ha realizzato un bipolarismo che, per dirla con il prof. Sartori, "non è immaturo né maturo, è semplicemente sbagliato". Perché è un bipolarismo viziato che costringe all'inseguimento del voto marginale, e quindi a coalizioni eterogenee che poi non sono in grado di assicurare una reale governabilità ma dànno vita a maggioranze contraddittorie, rissose, incapaci di una effettiva guida dei processi economici e sociali.

Nei paesi europei in cui si è realizzato un reale sistema bipolare, questo è avvenuto indipendentemente dalla legge elettorale, perché storicamente sono cresciute forze politiche omogenee con vocazione maggioritaria che hanno saputo rendersi interpreti delle esigenze prevalenti nella società e dare ad esse una organica risposta.

Ma questo è stato frutto di un processo culturale e politico che la legge elettorale ha accompagnato, non imposto. Le leggi elettorali condizionano, ma sono anche condizionate dai processi politici. Se si pensa che la legge elettorale di per sé possa condizionare processi politici che non sono ancora maturati, si commette un errore di prospettiva.

Per questo giudico illusoria l'ipotesi referendaria perché essa costringerebbe, per vincere le elezioni, ad un'aggregazione forzata di soggetti non omogenei, tra i quali, all'indomani del voto, si riaprirebbe un conflitto che renderebbe difficile ogni azione di governo. Ma per gli stessi motivi, proprio perché non esistono in Italia, per usare l'espressione di Sartori, le condizioni di "un bipolarismo rigido", ma piuttosto vi è l'esigenza di un "bipolarismo flessibile" (e quanto Sarkozy sta realizzando in Francia dovrebbe insegnarci qualcosa) l'ipotesi che ci ha presentato il Presidente Bianco non mi convince.

Credo piuttosto che per la realizzazione di un "bipolarismo flessibile" sia meglio una legge elettorale che riprenda il cosiddetto modello tedesco. E lo dico sapendo che questa soluzione inevitabilmente comporterebbe un'alta soglia di sbarramento che penalizzerebbe la forza politica che rappresento. Ma lo affermo perché guardo non a interessi di bottega, ma ad un'esigenza generale di governabilità del paese.

Ma se contro queste mie considerazioni si formerà, come temo, una convergenza sull'ipotesi di una soluzione che preveda un premio di maggioranza per la coalizione vincente, allora è necessario adottare la soluzione proposta nel DDL del Sen. Cutrufo. Cioè una soluzione che, proprio perché prevede il premio di maggioranza non stabilisce alcuna forma ,neppure minima, di sbarramento. E questo non solo per consentire un diritto di tribuna alle diverse espressioni politiche e culturali presenti nel paese, ma anche perché, una volta garantita la cosiddetta governabilità col premio di maggioranza, assegnato anche alle coalizioni che non raggiungono il 51%, non ha senso imporre a chi del premio di maggioranza non vuole usufruire, ma vuole mantenere una propria individualità, lo scotto dell'esclusione dalla rappresentanza parlamentare.

Mi sembra a questo proposito assai pertinente l'osservazione di Giuseppe De Rita che proprio la scorsa settimana ha sottolineato come "non si sia in grado di far uscire la politica italiana e la sua classe dirigente dall'attuale stato di confusione se non si prende coscienza che siamo di fronte al tramonto di un ciclo di cultura e impostazione politica. Il declino del ciclo che ha privilegiato il decisionismo, la concentrazione e la verticalizzazione del potere sacrificando ogni meccanismo e sede di rappresentanza".

D'altro canto è stato proprio il Presidente della Repubblica a ricordarci che non esiste in nessun altro paese una legislazione elettorale che preveda contemporaneamente premio di maggioranza e soglia di sbarramento.

Detto questo sulla legge elettorale, desidero aggiungere una considerazione relativa al rapporto tra elettori ed eletti, riprendendo un'indicazione già data dal collega Nania.

E' evidente a tutti il distacco tra elettori ed eletti che l'attuale normativa determina, prevedendo forme di designazione dei parlamentari da parte dei vertici dei partiti senza il correttivo delle preferenze. Non ripropongo il ritorno al sistema delle preferenze, ma ritengo che per superare l'attuale condizione sia necessaria una regolamentazione giuridica dei partiti che ne garantisca la democrazia interna e, come proponeva appunto Nania, un sistema di primarie vere, regolamentate per legge (non quelle dei gazebo) per la selezione dei candidati.

Ma questo presuppone, Signor Presidente, che la Commissione parallelamente alla discussione sulla legge elettorale affronti anche i disegni di legge sull'attuazione dell'art. 49 della Costituzione che avevamo iniziato e poi inopinatamente abbandonato.

Se le due cose non andranno avanti di pari passo, anche con sedute straordinarie della Commissione, non credo che saremo in grado di dare risposta ai problemi di un corretto assetto del nostro sistema istituzionale.

tratto da http://www.pri.it

Emoned
24-07-07, 22:18
che bell'intervento, una perla davvero!

nuvolarossa
25-07-07, 19:35
Dare credito ad Hamas significa indebolire Israele
Dichiarazione di voto sulle missioni all'estero, Senato, 24 luglio 2007.

di Antonio Del Pennino

Signor Presidente, desidero anch'io preliminarmente, come ha fatto il collega Buttiglione, esprimere a nome dei senatori del Gruppo della Democrazia Cristiana per le autonomie - Partito Repubblicano Italiano - Movimento per l'Autonomia la solidarietà al ministro D'Alema, come agli altri colleghi che ne sono stati oggetto, per l'attacco mediatico - giudiziario cui abbiamo assistito in questi giorni, attacco che ripropone il delicato problema di un corretto rapporto tra organi giudiziari e rappresentanze istituzionali e che ogni giorno di più è evidente nel nostro Paese.

Detto questo, i senatori del nostro Gruppo non voteranno per la proposta di risoluzione di maggioranza e voteranno invece a favore delle diverse risoluzioni presentate dai senatori Schifani, Pianetta, Mantica, Marini e Calderoli. Non possiamo votare la proposta di risoluzione che approva le comunicazioni del Governo non per un preconcetto di opposizione ma perché le dichiarazioni del Ministro degli esteri, pur contenendo considerazioni sulla politica europea e sull'impegno italiano per l'abolizione della pena di morte su cui conveniamo e su cui vasto è il consenso di tutte le forze politiche, appaiono, per altri versi, assai contraddittorie.

In particolare pur riconoscendo, a proposito della missione UNIFIL, il permanere di infiltrazioni di armi dalla Siria al Libano e il fatto che il controllo dei confini libanesi è oggi insufficiente, ci è apparso che, sul punto, egli sottovaluti i pericoli e la gravità della situazione. Basta ricordare le dichiarazioni al quotidiano in lingua araba "Hayat" dello sceicco Mohammed Yazbek, membro dell'ufficio politico di Hezbollah, che ha affermato: "Rispetto alla guerra dello scorso anno le nostre capacità sono quasi raddoppiate, siamo pronti ad ogni eventualità. Se il nemico si è preparato ed è pronto, noi pure siamo pronti a impartirgli una lezione che non dimenticherà".

La dichiarazione, arrivata dopo l'incontro a Damasco tra il segretario generale degli Hezbollah, Nasrallah, con il presidente Ahmadinejad e con quello siriano Bashar al-Assad, è resa più significativa dal ruolo che lo sceicco Yazbek ricopre, cioè quello di rappresentante ufficiale in Libano della guida suprema iraniana, l'ayatollah Khamenei.

Ci saremmo quindi aspettati dal Ministro alcune precise proposte da avanzare in sede di Nazioni Unite sul come rendere più incisiva la missione UNIFIL e non solo l'affermazione che, secondo il capo del Governo libanese, è necessario estenderla sino al 2008.

Del pari, pur ribadendo l'importanza della Conferenza tenuta a Roma sull'Afghanistan, ella, onorevole Ministro, ha piuttosto posto l'enfasi sulla necessità di un confronto internazionale, promosso dall'Italia sul valore della missione afgana. Forse perché era condizionato dall'appello firmato da 41 senatori della sua maggioranza proprio questa mattina, che hanno affermato: "attendiamo ancora la svolta in Afghanistan. La coalizione internazionale sembrerebbe aver rinunciato a praticare una netta discontinuità rispetto al passato. Per queste ragioni torniamo oggi a chiedere al Governo italiano di impegnarsi per un'effettiva inversione di rotta".

Proseguivano poi in questo appello, dichiarando che "la soluzione diplomatica dovrà essere perseguita con massima determinazione attraverso una conferenza internazionale, coinvolgendo l'Europa, i Paesi presenti con propri contingenti militari e i Paesi confinanti, nonché tutte le componenti del popolo afgano, chi accetta la presenza delle truppe internazionali e chi la osteggia". Quindi, secondo questi colleghi, anche i talebani.

Ecco perciò, su questo punto delicato, se il Ministro avesse voluto precisare una posizione chiara, evidentemente avrebbe determinato non pochi contrasti nella maggioranza.

Per quanto riguarda il problema dei rapporti israeliano-palestinesi, ci è sembrato che ella abbia voluto oggi correggere le sue precedenti dichiarazioni di San Miniato, ribadendo il ruolo di Abu Mazen e la sua personale amicizia con lui. Tuttavia, francamente, questo non ci appare ancora sufficiente. Hamas è un'organizzazione che ha un programma di guerra, di terrorismo e di distruzione di Israele. Non riteniamo possa mai essere coinvolta in un processo di pace, di costruzione dello Stato palestinese, se non ripudia il terrorismo come strumento di lotta e non accetta di riconoscere il diritto all'esistenza di Israele.

Ogni pur cauta apertura di credito verso questa organizzazione, il permetterle di ritenere che vi possa essere nei suoi confronti un ammorbidimento della comunità internazionale, senza che essa modifichi le sue posizioni, è qualcosa che non rafforza Abu Mazen e non avvicina il processo di pace in quella martoriata area.

Negli scorsi giorni - credo l'abbia ribadito anche poc'anzi in Aula - un autorevole collega della sua parte politica, il senatore Furio Colombo, ha scritto su "l'Unità" che "è chiaro a tutti ormai che senza Israele non ci sarebbe mai stata neppure la rivendicazione di uno Stato palestinese, dal momento che Giordania ed Egitto si erano già attribuite parte del territorio che avrebbe dovuto diventare Palestina". E proseguiva, affermando che "senza la permanenza stabile e sicura di Israele e del suo diritto alla pace non ci sarà mai alcuna patria dei palestinesi, ma soltanto guerriglia senza fine".

Sono affermazioni che condividiamo totalmente. La difesa del diritto di Israele ad uno Stato sicuro, secondo il Gruppo dei senatori della Democrazia cristiana, del Partito repubblicano, del Movimento per le autonomie, deve rimanere il punto centrale di ogni politica italiana nel Medioriente.

tratto da http://www.pri.it

nuvolarossa
30-07-07, 19:31
Intervista ad Antonio Del Pennino / Proposte repubblicane contro gli sprechi

di Raffaella Viglione

Il senatore del partito Repubblicano Antonio Del Pennino ha presentato alcuni emendamenti al disegno di legge governativo del ministro Lanzillotta sul riordino degli enti locali, con la convinzione che per favorire il contenimento della spesa pubblica e dei costi della politica occorra una reale semplificazione degli organismi sub-provinciali. Ecco cosa ci ha detto.

Perché questi emendamenti?

Il disegno di legge del ministro Lanzillotta riorganizza completamente il sistema delle autonomie locali, con un’affermazione di principio iniziale che vuole semplificare ed evitare duplicazioni, ma poi nei fatti non lo fa. Negli altri paesi dagli anni ’70 a oggi c’è stato un processo di accorpamento e riduzione del numero dei comuni: in Belgio da 2.539 del 1974 si è passati a 589, in Danimarca da 1.100 del 1967 a 270, in Germania da 24.476 del 1963 a 13.423, in Austria da 4.039 del 1961 a 2.358, in Italia il numero dei comuni è aumentato da 8.092 a 8.103. Nel sistema degli enti locali vi è un grave problema: gli sperperi rappresentati da una pluralità di istituzioni che si sovrappongono fra di loro e che hanno costi molto elevati. Noi repubblicani da tempo sosteniamo l’abolizione delle province, perché enti sostanzialmente inutili. Per raggiungere questo obiettivo ci vuole una legge costituzionale e un consenso politico vastissimo che non c’è. Senza considerare le spinte localistiche che negli ultimi tempi hanno portato alla creazione di nuove province rispetto alle vecchie. Addirittura province con 200mila abitanti, quanto un quartiere di Roma o di Milano.

Quali sono i principali contenuti di questi emendamenti?

Nel momento in cui non si aboliscono le province e anzi con il disegno di legge Lanzillotta si arricchiscono di nuove funzioni, diventa indispensabile un’azione di semplificazione delle strutture intermedie tra Comune e Provincia, cominciando dalle Comunità montane. Qualche dato: le Comunità montane oggi sono 356, alcune riguardano territori in parte o per nulla montani; ne fanno parte 4.201 comuni per un numero di 10.822.609 di abitanti; hanno spese correnti per 852.131,000 di euro (al 2003) a fronte di spese dichiarate in conto capitale pari a 1.167.000.000 di euro (ma 111.615.000 di euro delle spese in conto capitale sono indicati per Amministrazione generale, gestione e controllo); hanno oltre 7.500 dipendenti e 12.820 consiglieri i cui gettoni di presenza ammontano a 75 milioni di euro l’anno. Inoltre proponiamo che i consigli di circoscrizione siano ammissibili solo nei comuni con più di 300 mila abitanti, la previsione di legge stabilisce che ci siano in comuni con più di 100mila abitanti mentre sono facoltativi in quelli inferiori ai 100mila, in questo modo si ridurrebbe il numero dei consiglieri di circoscrizione che passerebbe da 12.820 a 2.468. Ammesso che non si riducano anche nei comuni capoluogo, come per esempio Roma che ha 475 consiglieri di circoscrizione. Prevediamo inoltre che le Unioni di comuni che spesso si sovrappongono tra di loro, siano uniche e polifunzionali e assorbano i consorzi di funzione. In Italia abbiamo 1.118 consiglieri regionali, 119mila consiglieri comunali, 12.820 consiglieri di comunità montane, si pensa giustamente di ridurre il numero dei parlamentari, ma un consiglieri di circoscrizione per ogni 200 abitanti sembra raffigurare un’Italia formata da condomini più che da enti funzionali per perseguimento dell’interesse generale.

tratto da http://www.opinione.it/

nuvolarossa
01-08-07, 21:10
Accade in Parlamento: Intervento durante il dibattito del 1° agosto/Provvedimento che trova la sua copertura fondamentale in un aumento del deficit
Si aggira un fantasma chiamato "tesoretto"

"Tesoretto": intervento al Senato, 1° agosto 2007.

di Antonio Del Pennino

Colleghi Senatori, l'oggetto di cui stiamo discutendo è un fantasma. Quel "tesoretto" che la maggioranza si appresta a ripartire, in effetti, come ha detto lucidamente Mario Draghi, non esiste.

Siamo, infatti, in presenza di un provvedimento che trova la sua copertura sostanziale nell'aumento del deficit: in violazione dello spirito, ancor prima che della forma, degli accordi di Maastricht. So bene che il Governo ha presentato una sua ipotesi di copertura. Ma lo schema è visibilmente incongruo. L'onere indicato, in termini di saldo netto da finanziare, è pari a 4.131 milioni di euro. Una cifra esattamente pari all'extragettito accertato in sede di bilancio di assestamento, ridotto delle maggiori spese, nel frattempo maturate. Sconcerta, innanzitutto, la simmetria delle cifre: 4.131 milioni di miglioramento del saldo; 4.131 milioni di maggiori spese. Si è quindi raschiato il fondo del barile, senza alcuna preoccupazione per le eventuali ulteriori spese che, da qui alla fine dell'anno, dovessero maturare.

E aggiungo che la spesa effettiva del decreto legge in termini di indebitamento netto, il parametro che vale ai fini di Maastricht, è di gran lunga superiore: pari a 5,6 miliardi di euro .

Si dice che la manovra è comunque giusta. Premia istanze sociali che eurocrati, dal cuore di pietra, non riescono nemmeno a concepire. Qui c'è un'altra vistosa contraddizione. L'aumento dei minimi pensionistici costa soltanto 900 milioni di euro: pari ad appena il 16 per cento del costo complessivo del provvedimento. Il resto si sparge in una miriade di rivoli. Vogliamo forse discutere, tanto per dire a caso, dell'Istituto Nazionale per studi ed esperienze di architettura navale cui si elargisce un chip di 5 milioni di euro?

La verità è che le pensioni sono solo una ciliegina sulla torta. La parte più consistente del provvedimento è solo conseguenza del patteggiamento tra le diverse componenti di questa variegata maggioranza.

Non ci sarebbe nulla di male, se le risorse fossero sufficienti. Ma la loro inadeguatezza risulta evidente dalla struttura stessa del decreto legge. La maggior parte delle spese – il 64 per cento del totale – sono coperte solo sul 2007. Tra queste: i contratti di servizio per le imprese pubbliche, gli investimenti per la rete delle FFSS, dell'ANAS, dell'ENAV e di Poste italiane.

Non ci sembra un criterio razionale.

Esso impedisce ogni visione programmatica di medio periodo e costringe ciascuno di questi soggetti a vivere alla giornata. Questo significa che per gli anni successivi si dovrà provvedere con legge finanziaria, dando copertura a quegli 11,3 miliardi di euro previsti dal tendenziale a "legislazione vigente", ma non a "politiche invariate". Terminologia che rischia di occultare una parte della maggiore spesa che non è di carattere discrezionale – per quest'ultima occorreranno altri 10 miliardi – ma definita e certa ancor prima del varo della prossima legge finanziaria.

Tutto ciò dimostra un'indifferenza ai richiami della ragionevolezza e delle compatibilità finanziarie. Né si può essere certi che questo sia l'ultimo tributo da pagare. Domani sorgeranno altre necessità e sarà difficile resistere alla tentazione di replicare un pericoloso precedente.

Nel DPEF il Ministro dell'Economia aveva enunciato un principio assolutamente condivisibile. "E' auspicabile – è detto nel documento – che il valore della spesa primaria diventi un punto di riferimento nella discussione Parlamentare sul presente Documento di Programmazione Economica – Finanziaria". In sostanza il Governo chiedeva al Parlamento di rispettare la linea del Piave costituita da un tetto di spesa primaria complessiva di "circa 700 miliardi di euro, pari al 45,3 per cento del PIL". All'interno di questo contesto avrebbero dovuto essere trovate le risorse per finanziare circa 21 miliardi di euro di spesa ulteriore. Il che era ed è possibile solo con tagli corrispondenti.

L'impostazione, secondo i repubblicani, è corretta. Peccato sia il Governo a disattenderla. Se nel 2007 non si è riusciti a rimodulare la spesa per 5,6 miliardi di euro, come sarà possibile tentare, per il 2008, un'operazione che è quattro volte tanto? Con questo decreto quindi il Governo sta mettendo a dura prova la sua credibilità. Ha dovuto incassare i rimproveri della Commissione europea e francamente inopportuna appare ogni analogia con il caso francese.

In quel caso l'allentamento dei vincoli finanziari è logica conseguenza di una terapia – shock rivolta ad accelerare il ritmo di crescita di quell'economia. Nel caso italiano è solo frutto dell'impotenza decisionale e delle contraddizioni della maggioranza.

Ma soprattutto il Governo ha negato le premesse del suo disegno di politica finanziaria per il 2008, ancor prima che la Legge finanziaria sia stata presentata in Parlamento.

Non riusciamo, pertanto, a comprendere come si potrà far fronte alle nuove esigenze, se non facendo ricorso ad un ulteriore aumento della pressione fiscale. Una misura odiosa, che già ha suscitato reazioni durissime da parte di tutti i contribuenti onesti che vorrebbero una contropartita adeguata in termini di servizi e prestazioni.

Alla fine il Ministro dell'Economia, anche non volendo come del resto ha fatto finora, sarà costretto a cedere ed assecondare questo disegno.

E' questo il labirinto in cui il Governo si sta cacciando. Forse inconsapevolmente. Più probabilmente insistendo nel riproporre quella doppiezza culturale, ancor prima che politica, che ne ha finora caratterizzato il respiro. Anche se il fallimento di questa strategia è ormai evidente.

La speranza è che le forze ragionevoli della maggioranza facciano, al più presto, sentire alta e forte la loro voce, per arrestare una deriva rovinosa.

tratto da http://www.pri.it/1%20Agosto%20Internet/DelPenIntervTesoretto.htm

nuvolarossa
27-09-07, 18:35
Del Pennino: urgente modificare la legge 40 sulla procreazione assistita

Il senatore Del Pennino ha replicato a Monsignor Betori: "Con tutto il rispetto per monsignor Betori vorrei preliminarmente osservare che la Corte costituzionale non si era mai pronunciata sulla legittimità costituzionale della norma contenuta nella legge 40 che vieta la ricerca clinica sugli embrioni, ma si era limitata a dichiarare inammissibile il ricorso per motivi procedurali. Conseguentemente il tribunale di Cagliari non poteva essere vincolato da una pronuncia del giudice delle leggi. Essendo stato affermato dalle linee guida che la donna non può essere costretta ad un impianto coatto, è evidente che non si può imporre il trasferimento in utero dell'embrione malato. Oltretutto per la diversa previsione esistente qualora si procedesse all'impianto dell'embrione malato sarebbe sempre possibile il ricorso all'aborto. Ciò evidenzia l'assurdità di questa norma contenuta nella legge 40 al pari di molte altre previsioni della stessa legge e rende urgente un intervento correttivo del Parlamento. Voglio in proposito ricordare che da oltre sei mesi ho depositato in Senato un disegno di legge di modifica della legge 40 con altri sei colleghi della Cdl e si rende quindi urgente un esame dello stesso insieme ad analoghi provvedimenti proposti da altre parti politiche. In questo senso chiederò al presidente Marino di porre al più presto all'ordine del giorno della Commissione i disegni di legge di revisione della 40".

tratto da http://www.pri.it/26%20Settembre%202007%20Internet/DelPenModifLegge40.htm

nuvolarossa
04-10-07, 09:31
GDF: SENATO RESPINGE MOZIONE DEL PENNINO

Roma, 3 ott. (Adnkronos) - L'aula di palazzo Madama ha respinto l'ordine del giorno di Antonio Del Pennino (del gruppo Pri-Mpa-Dca, all'opposizione) che chiedeva la revoca definitiva delle deleghe a Vincenzo Visco e il ridimensionamento della compagnie governativa. I voti favorevoli sono stati 156, i contrari 154 ma le quattro astensioni sono state determinanti nel cassare il documento.

tratto da http://www.itnews.it/2007/1003200201357/gdf-senato-respinge-mozione-del-pennino.html

nuvolarossa
04-10-07, 09:34
gdf: del pennino, mio odg non passato per astenuti

Roma, 3 ott. (Adnkronos) - La prede con filosofia il senatore repubblicano Antonio Del Pennino: la bocciatura del suo ordine del giorno sulla questione Visco e' passata solo grazie ai quattro astenuti: "Come numero di voti tra i si' e i no abbiamo prevalso ma naturalmente con il regolamento del Senato i quattro astenuti hanno fatto si che l'ordine del giorno non passasse".

tratto da http://www.romagnaoggi.it/showarticle.php?articleID=254958&section=news/Politica&storico=tutti

nuvolarossa
04-10-07, 17:44
INTERVENTO SU VISCO

di Antonio Del Pennino

Il nuovo dibattito sul cosiddetto caso Visco si apre in un contesto ulteriormente aggravato rispetto a quando lo affrontammo nel giugno scorso.
Aggravato dalle motivazioni addotte dallaProcura di Roma nel richiedere 'archiviazione per l'ipotesi di reato di abuso di ufficio e di minacce.
lCome noto, pur riconoscendo l'inesistenza dell'ipotesi di reato la Procura difatti ha considerato illegittima la condotta del Vice Ministro, perché tenuta " in violazione di specifiche norme che non gli conferiscono il potere di disporre o di ordinare il trasferimento di ufficiali del corpo, norme di cui aveva consapevolezza".
Infatti , prosegue la Procura " e' pacifico che il Vice Ministro Visco abbia tentato di ottenere il trasferimento di 4 ufficiali cercando di imporre al Comandante Generale di provvedere in tal senso, esercitando indebite pressioni, "mentre egli "non aveva potere, poiché il potere decisionale in materia è attribuito da una norma primaria al Comandante Generale."
Inoltre il documento della Procura ricordo che nell'interrogatorio del 24 giugno Visco ha parlato , a proposito dei quattro ufficiali, "del loro rapporto molto stretto con i vertici della Guardia di Finanza e, presumibilmente con la precedente gestione governativa ... Dichiarazione che sicuramente confligge con i principi che nel nostro ordinamento regolano il rapporto tra autorità politica e autorità amministrativa."
E qui veniamo al punto: quello del rispetto dell'articolo 97 della Costituzione e del rapporto fra il potere politico e le strutture burocratiche o le forze armate.
Siamo convinti che dovere del potere politico sia quello di non interferire con i compiti delle strutture amministrative, rispetto alle quali il politico deve limitarsi a dare direttive generali.
Se si supera questo confine si creano inevitabilmente conflitti tra organi dello Stato . E questo confine , il Ministro Visco ha superato ampiamente.
Non vi è in queste considerazioni alcun pregiudizio aprioristico . Vi è solo la constatazione di una situazione che si è determinata che ha aperto una gravissima frattura istituzionale.
Per questo nell'ordine del giorno che ho presentato sottolineo la necessità , al di là di quelli che saranno gli sviluppi giudiziari e le decisioni del GIP, di affidare definitivamente le responsabilità di indirizzo politico sulla guardia di finanza al Ministro dell'Economia e delle Finanze.
Non è più sufficiente il solo congelamento delle deleghe del Vice Ministro.
Occorre un provvedimento inequivocabile che serva a superare lo stato di malessere che si è determinato nei rapporti fra il governo e un corpo essenziale dell'Amministrazione dello Stato.
Credo che il governo darebbe un segnale importante seguendo la via che ho indicato, un segnale che contribuirebbe ad aumentarne la credibilità. Ma forse questo solo non basterebbe, come indico con l'altra proposta contenuta nel mio ordine del giorno.
Se vuole acquisire un'autorevolezza che oggi ha perduto il Presidente del Consiglio dovrebbe prendere spunto da questo episodio per procedere prontamente a un riassetto organizzativo che conduca alla limitazione del numero dei Ministri e dei Sottosegretari, in linea con la legislazione vigente all'atto del suo insediamento, legislazione che è stata aggirata con il cosiddetto spacchettamento.
Sarebbe oltretutto una risposta forte rispetto alle spinte dell'antipolitica che
si stanno ormai sempre più diffondendo.
Una risposta che confido il parlamento possa dare con un voto sul mio ordine del giorno , che mi auguro vada al di là dei tradizionali confini tra maggioranza e opposizione.

Roma, 3 ottobre 2007

tratto da http://ederanet.blogspot.com/

nuvolarossa
06-11-07, 11:59
Dichiarazione di voto del Senatore Antonio Del Pennino sull'emendamento al decreto finanziario relativo ai servizi idrici

Roma (Aula del Senato) - Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'emendamento 26. 0. 4. /1 non rappresenta un intervento tecnico, né una misura di carattere economico che si colloca nel quadro della manovra finanziaria; esso pone, invece, un grave problema politico.
Lo ha detto con chiarezza il relatore: questo emendamento è il frutto dello stralcio di una norma dal provvedimento sulle liberalizzazioni presentato dal ministro Bersani. In quel provvedimento, la logica era di allargare lo spazio dell'intervento dei privati, di creare condizioni di concorrenza, di introdurre un sistema di liberalizzazioni nel nostro ordinamento economico. Tuttavia, vi era una norma che si collocava in controtendenza rispetto alla logica di quel provvedimento, una norma che era di chiusura rispetto ad un'ipotesi di concorrenza e di liberalizzazione, ed era quella relativa ai servizi idrici. Si trattava di una norma che era stata imposta, dopo un duro confronto all'interno dell'attuale maggioranza tra la componente riformista e la componente antagonista, dalla componente antagonista, che ne aveva fatto la condizione per dare il via libera anche al disegno di legge del ministro Lanzillotta sulle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali.
Oggi ci troviamo in una situazione in cui il disegno di legge sulla liberalizzazione dei servizi pubblici degli enti locali è fermo (ne abbiamo iniziato l'esame con le relazioni e poi si è bloccata la discussione in Senato); è fermo il disegno di legge Bersani sulle liberalizzazioni; invece, va avanti con ritmi serrati, con tempi rapidi, l'unica norma che rappresenta una chiusura pubblicistica e anticoncorrenziale che era nel provvedimento Bersani.
Questo è il senso politico di quello che stiamo discutendo oggi; un senso politico che mi porta a dire agli amici di Rifondazione Comunista e della sinistra antagonista: avete vinto, rispetto alle componenti moderate e riformatrici della vostra maggioranza; avete avuto un successo, ma questo successo politico non risponde a quelle che sono le esigenze del Paese, perché la condizione del nostro sistema idrico è ben nota.
Mi avvio a concludere, signor Presidente. Abbiamo il 42 per cento dell'acqua che viene dispersa dopo l'inserimento negli acquedotti.
Questo avviene perché abbiamo un sistema idrico che è un colabrodo e rispetto al quale l'intervento pubblico non è stato capace di modificare la condizione esistente.
Esaltando con questo emendamento la priorità, anzi l'esclusività dell'intervento pubblico, facciamo un'affermazione ideologica: diamo un contributo alla vittoria della sinistra antagonista, ma non realizziamo nulla che possa servire al Paese. (Applausi dai Gruppi DCA-PRI-MPA e FI).

Roma, 25 ottobre 2007

tratto da http://ederanet.blogspot.com/2007/10/dichiarazione-di-voto-del-senatore.html

nuvolarossa
08-11-07, 15:11
Finanziaria inadeguata
Manovra incapace di dare un indirizzo ai problemi del Paese

Intervento in Senato del 6 novembre 2007.

di Antonio Del Pennino

Signor Presidente, Onorevole rappresentante del Governo, Colleghi senatori, nell'accingermi a esprimere il giudizio dei repubblicani sulla legge finanziaria per il 2008 non posso non partire dalla constatazione che un coro di critiche ha accompagnato il varo di questo provvedimento, senza distinzione tra economisti amici ed analisti prevenuti.

Contro l'impostazione della manovra hanno, infatti, parlato uomini come Mario Monti, Tito Boeri, Fabrizio Galimberti, Francesco Gavazzi e Guido Tabelloni: solo per citarne alcuni.

Carenza di respiro programmatico, sottovalutazione dei gravi problemi strutturali dell'economia, mancanza di coraggio nell'affrontare gli squilibri finanziari più profondi caratterizzano, in realtà, il provvedimento al nostro esame.

Voglio citare solo un dato.

Il grafico allegato alla relazione tecnica del disegno di legge per l'attuazione del protocollo sul welfare mostra che la spesa pensionistica crescerà, nei prossimi 13 anni, di 0,1 punti di PIL ogni anno. Alla fine del periodo sarà quindi cresciuta di oltre 1 punto di PIL.

Era necessario? Nel 2006, secondo le valutazioni dell'ISTAT, la spesa previdenziale è stata pari al 43 per cento della spesa corrente, al netto dei trasferimenti e degli interessi. Era proprio indispensabile ridurre ulteriormente una vita lavorativa, già troppo breve, rispetto agli standard internazionali?

Se a questo dato sommiamo il peso della finanza decentrata, pari al 32,1 per cento, alle amministrazioni centrali non resta che il 24,9 per cento del totale.

Con queste somme dovremmo fare tutto, dalla sicurezza, alla ricerca scientifica, agli investimenti in infrastrutture. Pari negli ultimi anni ad appena 1 punto di PIL.

La cosa che più sorprende è che di questi problemi non c'è consapevolezza.

Una finanziaria inadeguata, quindi.

Inadeguata di fronte ai problemi. Incapace di tracciare una rotta che orienti le grandi scelte collettive verso traguardi in grado di mettere a riparo l'Italia da una crisi – quella internazionale – di cui è, ancora oggi, difficile valutare la portata e le possibili conseguenze.

Scarso coraggio, in definitiva, e poca lungimiranza. Conseguenze inevitabili di una maggioranza divisa su tutto. Immaginiamoci su quelle scelte di fondo che presuppongono un cemento culturale comune ed un sistema di valori condiviso.

Gli italiani non si meritano questa finanziaria.

Ci fossimo trovati di fronte ad un'irresponsabilità diffusa o al rifiuto di misurasi con le difficoltà del Paese, l'avremmo capito. Davanti a fenomeni di rigetto sarebbe stato giustificato anche un atteggiamento rinunciatario.

Ma oggi è questa la situazione? Vi sono forse stati fenomeni di apatia, di indifferenza, di non condivisione nello sforzo per superare la crisi?

Guardiamo ai dati. Il 6 dicembre dello scorso anno, ad un passo dall'approvazione della legge finanziaria, il Vice Ministro Visco presentò, qui in Senato, le sue previsioni di entrate. Le calcolò in 33,858 miliardi. Solo poche mesi dopo l'ISTAT indicò invece una cifra pari a 46,273 miliardi. Con una differenza pari a 12,414 miliardi. Forse, se le previsioni fossero state più accurate, fin da allora, si poteva scrivere una finanziaria diversa ed evitare uno shock depressivo all'economia italiana. A consuntivo si può dire che il primo "tesoretto" è stato pari a circa 1,2 punti di PIL. Tant'è che il deficit, previsto dalla nota di aggiornamento del DPEF nel 3,6 per cento, al netto delle spese una tantum, si è ridotto al 2,4 per cento. Nel frattempo, tuttavia, la pressione fiscale era aumentata di 1,7 punti e le spese di 1,9.

Nel 2007 abbiamo assistito alla stessa sceneggiata. Di nuovo le previsioni di entrata sono state sottostimate. Di nuovo il miracolo di un "tesoretto" che nasce come Venere dalla spuma del bilancio. Il totale delle maggiori entrate, accertate in due distinte tranche, è stato pari ad oltre 14,5 miliardi di euro. Ve ne sarà un terzo? Che spunterà durante la discussione in aula a Montecitorio, pronto per essere speso su richiesta della sinistra antagonista?

Non ne conosciamo l'importo esatto, ma è credibile che l'ordine di grandezza superi i 3 o 4 miliardi di euro.

E sarà un nuovo episodio della saga del "tassa e spendi".

Tutto questo non è serio. Perché delle due l'una. O vi è incapacità assoluta nel maneggiare le cifre. O non si forniscono le cifre esatte al Parlamento e a un'opinione pubblica che assiste sconcertata al susseguirsi delle docce scozzesi. Per cui in un momento siamo al 1992. Il giorno dopo i conti pubblici sono risanati, grazie all'indefessa azione del Governo.

Mi auguro che, nella sua replica, il Ministro dell'economia possa mettere fine a questo balletto ed assumersi le sue responsabilità.

Se i grandi sacrifici degli italiani, che hanno pagato senza battere ciglio più di quanto era stato loro richiesto, fossero stati premiati, oggi il deficit sarebbe stato pari all'1,4 per cento. Nel 2008 sarebbe inferiore all'1 per cento. Ad un passo dalla più virtuosa Germania.

Queste risorse, invece, sono state sprecate in una politica senza costrutto: fatta di piccole mance e di interventi a pioggia che non hanno recato vantaggio alcuno. Non hanno dato reale sollievo alle zone di disagio sociale. Non hanno rimesso in moto il processo di sviluppo, visto che l'Italia è all'ultimo posto della classifica europea. Non hanno alimentato quel processo di riforme che è indispensabile per superare lo stato di incertezza profonda in cui versa il paese.

Diciamo la verità. Quella che manca è l'indicazione di una rotta. Per cui gli interventi si sommano e si contraddicono in un gioco a saldo zero. Anzi negativo, visto la regressione in atto nei tratti di fondo dell'economia nazionale. Ma se manca la rotta, le responsabilità prime sono del Presidente del consiglio che per sopravvivere è costretto ad una continua, quanto paralizzante, opera di inconcludente mediazione.

Negli scorsi mesi, il Partito Repubblicano aveva indirizzato una lettera aperta al Ministro dell'economia. Gli avevamo offerto tutto il nostro appoggio, in una linea di rigore al servizio dei grandi interessi nazionali. Rinnoviamo la nostra disponibilità. Ma che Padoa Schioppa faccia sul serio il ministro dell'economia. Si faccia forza del suo "sapere tecnico". Da economista, qual è, ricorra al linguaggio dei numeri.

Non replichi con battute, che producono effetti controproducenti. E sappia dire di no.

I grandi ministri del Tesoro della storia italiana hanno sempre parlato poco ed operato con mano ferma. Anche quando le condizioni politiche avrebbero chiesto di largheggiare. Padoa Schioppa proviene dal vivaio della Banca d'Italia. Non dovrei essere io a ricordargli l'insegnamento di Guido Carli. Quando Antonio Giolitti, allora ministro del bilancio, inseguiva il sogno della programmazione, il Governatore della Banca d'Italia realizzava – era il 1964 – la prima stretta creditizia del dopoguerra. Perché chi ha la responsabilità delle finanze pubbliche ha una missione da compiere e non può sottostare alle contrastanti pressioni settoriali.

Non prometta, quindi, il Ministro cose che non può mantenere, come l'ipotetico taglio di spese per un importo pari a 21 miliardi di euro, come indicato nell'ultimo DPEF.

Il paese ha bisogno del linguaggio duro e amaro della verità.

Forse usarlo contribuirebbe a far saltare gli equilibri di questa composita maggioranza.

Ma è meglio che saltino questi equilibri piuttosto che non le prospettive di sviluppo italiane.

tratto da http://www.pri.it/7%20Novembre%202007/DelPenFinanz6Nov.htm

nuvolarossa
09-11-07, 19:47
L'emendamento dei repubblicani alla legge finanziaria per l'anno 2008
Contro l'abuso del "tassa e spendi"

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008). Emendamento presentato dal Pri.

di Antonio Del Pennino

Signor Presidente, l'emendamento 1.2 si colloca nella logica di quanto ho avuto modo di affermare ieri in sede di discussione generale, quella cioè di cercare di rovesciare la tendenza che ci sembra propria di questo Governo del tassa e spendi, fissando, quindi, un paletto preciso rispetto alla ipotesi che si verifichino entrate maggiori di quelle che sono state preventivate dal Governo, affinché queste non vengano disperse in mille rivoli, in mance e in spese minori ma vengano invece utilizzate per ridurre innanzitutto il deficit e successivamente la pressione fiscale.

Abbiamo preso per buona la cifra indicata dal Governo nell'allegato 8 alla finanziaria che aveva presentato, cioè 426.708 milioni al netto delle regolazioni contabili e debitorie; cifra che troviamo poi confermata anche nelle tabelle allegate al testo licenziato dalla Commissione.

Conseguentemente, partendo da questo dato, affermiamo che le maggiori entrate tributarie che si realizzassero nello stesso esercizio vanno prioritariamente destinate a realizzare gli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e sui saldi di finanza pubblica definiti dal DPEF (ed in questo non modifichiamo la previsione contenuta nel testo della Commissione). In caso in cui le maggiori entrate siano eccedenti rispetto a tali obiettivi prevediamo invece una destinazione diversa da quella decisa dalla Commissione e cioè che debba essere istituito un apposito fondo, denominato fondo per il giusto indennizzo fiscale, da destinare, con successivi provvedimenti, esclusivamente al taglio lineare dell'IRPEF e dell'IRES, non ad una riduzione selezionata come quella che prevede la Commissione.

Questo ci sembra rispondere ad una logica, secondo noi, fondamentale, quella di indicare una volontà precisa da parte del Parlamento di ridurre la pressione fiscale qualora dovessero giungere ulteriori entrate, dopo che queste sono state destinate alla riduzione del disavanzo, e porre, ripeto, un paletto al tentativo di spendere questi quattrini in modo indiscriminato. Questa è la logica del mio emendamento che raccomando al voto dell'Assemblea.

tratto da http://www.pri.it/8%20Novembre%202007/DelPenEmendamFinanz.htm

nuvolarossa
22-11-07, 18:48
Savoia, Del Pennino d'accordo con Calderoli

Per il senatore repubblicano Del Pennino "è positiva l'iniziativa del senatore Calderoli che ha tutto il sostegno del Pri. Avevamo votato contro il testo del 23 ottobre 2002 perché temevamo che in questa maniera, più che la normativa europea sulla libera circolazione delle persone, si avviasse una rivisitazione della storia che non condividevamo. I successivi comportamenti dei discendenti della famiglia Savoia hanno dimostrato questa nostra preoccupazione. E' bene che si ripristini il testo originario della Costituzione e che ci si renda conto che è stato un errore abrogarlo".

tratto da http://www.pri.it/22%20Novembre%202007/DelPenSavoiaCalderoli.htm

nuvolarossa
10-12-07, 19:10
Intervento del Senatore Antonio Del Pennino al convegno su “SICUREZZA E TERRITORIO” promosso dal Consigliere De Angelis presidente del Gruppo Misto di Palazzo Marino

Il tema della sicurezza e della lotta alla criminalità è da sempre problema per i governanti.

Ma si presenta con particolari caratteristiche nelle moderne società industriali.

Aggravato dal problema del fenomeno della globalizzazione e dalle grandi ondate migratorie.

Aggravato in quelle realtà che vedono confinanti società del benessere e realtà sottosviluppate.

Non è certo un problema solo italiano ed europeo. Basti pensare a quanto avviene alla frontiera tra USA e Messico.

L’Italia però è più esposta di altri. Per la vicinanza coi paesi africani del Mediterraneo e dei paesi europei che escono dall’esperienza comunista che aveva procurato condizioni di grave indigenza.

Ma esposte anche per la presenza e l'incidenza di grandi organizzazioni criminali, sempre alla ricerca di manovalanza, da arruolare e che trovano in molti disperati brodo di coltura.

Questo pone problemi alla politica e agli amministratori pubblici, stretti tra due opposte esigenze.

Quella di reprimere per garantire la sicurezza dei cittadini, e quella di non violare diritti elementari di libertà.

E il rischio è che il pendolo tra queste due opposte esigenze nelle sue oscillazioni non trovi il punto di equilibrio.
Che si ceda a tentazioni ultrarepressive, identificando emarginazione sociale e micro – criminalità senza cercare, proprio per estirpare la seconda, di affrontare la prima. O si indulga ad un “buonismo caritativo”, giustificando in nome della solidarietà al “povero” all’”emarginato” anche violazioni della legge, e delle normali regole di convivenza.

Una risposta politica seria deve cercare di prevenire, più che reprimere, ma non può sfuggire al dovere di interventi repressivi quando questi si rendono necessari per garantire i diritti del cittadino, rispetto a chi non li rispetta.

E’ un punto di equilibrio difficile da raggiungere, sia per i legislatori che per gli amministratori, entrambi sottoposti a contrastanti pressioni.

Ma è una ricerca, quella del punto di equilibrio che ci deve sempre ispirare.
E lo deve fare oggi con riferimento a due temi che abbiamo nell’agenda parlamentare.
Mi riferisco al decreto legge relativo all’allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza di cittadini comunitari, e al disegno di legge annunciato dal governo, anche se non ancora presentato alle Camere, relativo alle nuove attribuzioni ai Sindaci di funzioni di competenza statale e a una serie di disposizioni relative a reati contravvenzionali che violano il tessuto urbano.

Sul 1° punto:
si tratta di un decreto modificativo del decreto legislativo della direttiva 2004/38/CE.

Ora la direttiva 2004/38/CE è stata redatta al fine di tutelare il cittadino comunitario dalle eventuali restrizioni di Stati membri dell’Unione del suo diritto di libera di circolazione. Essa, quindi è orientata a proteggere chi si presume entri regolarmente in un altro Stato dell’ Unione,è cioè concentrata sull’ingresso di chi vuole stabilirsi per lavoro e protegge costui da un regime di facili allontanamenti.
La realtà deve invece tenere conto che esiste una fascia di cittadini provenienti da Paesi comunitari, che non hanno nessuna intenzione di farsi riconoscere, di rispettare la legge e di lavorare legalmente: persone che entrano nel territorio nazionale per porsi ai margini della vita sociale, e spesso delinquere dopo averlo già fatto nei Paesi d’origine.
La situazione di costoro, pur non essendo forse contemplata al momento dell’emanazione della direttiva, trovava, però, un condizionamento al comma 5 dell’art. 5 della stessa che prevede, a proposito del diritto d’ingresso: “Lo Stato membro può prescrivere all’interessato di dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale entro un termine ragionevole e non discriminatorio. L’inosservanza di tale obbligo può comportare sanzioni proporzionate e non discriminatorie”.
Tale disposizione non è stata però recepita dal decreto legislativo 30/2007 che nulla prevede sulla dichiarazione d’ingresso e solo prescrive all’art. 9 l’obbligo, per i cittadini dell’Unione che intendono soggiornare in Italia per un periodo superiore a 3 mesi, di iscriversi all’anagrafe.
Ora è evidente che questa mancata attuazione nella nostra legislazione di un obbligo che la direttiva consente di prescrivere impedisce ogni effettiva verifica sulla data di ingresso del cittadino comunitario e conseguentemente della data ex quo lo stesso deve richiedere il permesso di soggiorno, favorendo la permanenza oltre i 3 mesi consentiti.
Né questa disposizione viene modificata dal decreto presentato dal governo 1/11/2007 che non fissa alcun termine inderogabile per il cittadino comunitario, una volta entrato, di dichiarare la sua presenza sul territorio nazionale.
Ecco un esempio in cui la carenza del legislatore nel fissare una norma in prevenzione, finirà poi col dover imporre il ricorso a misure repressive.

Il provvedimento di allontanamento di coloro che non hanno acquisito il diritto di soggiorno non è precluso dalla direttiva n. 38. La direttiva 38 vieta l’immediato allontanamento solo per coloro che, avendo già maturato il “diritto di soggiorno” – perché originariamente in possesso dei requisiti -, poi hanno perduto i requisiti medesimi; non riguarda invece chi, non avendo provveduto né a dichiarare la propria presenza né a iscriversi all’anagrafe, non può rivendicare il diritto di soggiorno.
Anche su questo punto il decreto legislativo 30/2007 appare più lassista della direttiva. Né a tal proposito innova il nuovo decreto legge del governo.
E’ evidente che se, rispetto a una direttiva europea garantista, il legislatore nazionale introduce una normativa che allarga le possibilità di permanenza sul territorio nazionale e riduce la possibilità di allontanamento questo suona come un richiamo alle presenze illegali nel nostro paese.
Ma vi è di più.
Il decreto legge presentato dal governo rappresenta la correzione di “un errore tecnico” – contenuto nel decreto legislativo 30/2007 – errore tecnico, come ha correttamente riconosciuto il Ministro Amato alla 1a Commissione del Senato il 25/9/2007, che ha in qualche modo ridotto al possibilità di espulsione di un “cittadino comunitario”.
Si tratta della mancata previsione di ricorrere all’espulsione con l’accompagnamento alla frontiera per quei cittadini per cui esistono, secondo i termini della direttiva, motivi imperativi di Pubblica Sicurezza.
E’ una questione annosa, che si pose già in occasione del decreto Martelli del ‘90 sugli extracomunitari. Quello dei limiti alle espulsioni con accompagnamento alla frontiera.
E l’esperienza indica che l’espulsione attraverso intimazione senza accompagnamento alla frontiera resta una grida manzoniana.
E anche nella vigenza del decreto 181/2007 che lo ha introdotto per i cittadini comunitari come caso straordinario i dati ci dicono che su 177 provvedimenti di espulsione decisi dopo l’entrata in vigore del decreto, secondo dati del Ministero degli Interni, solo 78 sono stati eseguiti per motivi imperativi.

Alcuni brevi cenni ora sul disegno di legge che dovrebbe consentire a livello locale maggiori possibilità di intervento per la sicurezza della città.
Si tratta del provvedimento richiesto tra agosto e settembre a gran voce soprattutto da sindaci del centro – sinistra (Domenici, Cofferati, Chiamparino).
Il disegno di legge governativo – ammesso che rimanga quello – ragione per cui il giudizio è provvisorio – prevede tre misure utili: maggiori sanzioni per l’impiego dei minori nell’accattonaggio, consente l’accesso della polizia municipale alla banca dati della polizia statale, contiene nuove norme per la pubblicazione del provvedimento nella casa comunale in sostituzione delle notificazioni per quanto riguarda le contestazioni delle violazioni amministrative.
Ma mantiene come perseguibili solo a querela di parte i reati di danneggiamento, deturpamento e imbrattamento di cose altrui , occupazione di suolo pubblico e generica rimane, in quest’ultimo caso, la previsione che i sindaci possano ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti.
Più incisiva invece la disposizione che prevede, se si tratta di occupazione a fini di commercio la chiusura dell’esercizio.
Ma quella che appare ancora vaga e non incidente è la nuova formulazione dell’art. 54 del TUEL sulle competenze dei Sindaci, che affida loro generici compiti relativi alla” vigilanza per quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico, informandone il prefetto” e quello di “assicurare la cooperazione della Polizia Locale con le forze di polizia statale, secondo forme che saranno disciplinate con apposito regolamento del Ministero dell’Interno”, che chissà quando verrà.
Anche qui quindi, per tornare a quanto dicevo all’inizio, siamo in presenza di norme che non garantiscono la prevenzione e si riducono a contemplare interventi repressivi di dubbia efficacia.
E’ necessario invece uno sforzo di tutta la politica per vincere l’illusione di poter convivere con le baraccopoli, gestendo in modo indolore l’immigrazione irregolare.
E su questo terreno sono chiamate in prima fila le responsabilità delle amministrazioni locali.
Ma è anche necessario uno sforzo proprio nella logica della prevenzione, per evitare – uso io, laico non sospetto di debolezze verso Oltretevere - le parole del Cardinal Martini: “per evitare, cioè, uno scontro di civiltà, ma dimostrare che noi cresciamo e maturiamo proprio nel confronto col diverso”.

tratto da http://ederanet.blogspot.com/2007/12/intervento-del-senatore-antonio-del.html

nuvolarossa
10-12-07, 19:37
Decreto sulla sicurezza/Un provvedimento che vanifica ogni possibilità di controllo
Come l'Italia spalanca le porte alla criminalità

Dichiarazione di voto 6 dicembre in Senato.

di Antonio Del Pennino

Signor Presidente, Colleghi Senatori, si è arrivati al voto finale sul disegno di legge di conversione del decreto relativo all'allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza di cittadini comunitari in un clima diverso da quello che i repubblicani si erano augurati.

Non cioè a conclusione di un positivo confronto tra maggioranza e opposizione su un tema che, come ci ha ricordato anche ieri il Capo dello Stato, richiederebbe condivisione e non conflittualità, ma a seguito di un irrigidimento della maggioranza che, con la reiezione prima di quasi tutti gli emendamenti dell'opposizione e il ricorso poi da parte del Governo al voto di fiducia su un emendamento relativo alle parti più qualificanti del testo, ha interrotto ogni possibilità di dialogo.

A questo si è giunti sotto le pressioni della sinistra antagonista che sostiene l'attuale esecutivo, che non ha consentito quelle correzioni che sarebbero state necessarie per rendere il provvedimento realmente efficace.

E non era già di per sé compito semplice, perché i margini entro cui dovevamo muoverci erano abbastanza ristretti in quanto non potevamo distaccarci dalle prescrizioni contenute nella direttiva europea che era stata redatta con l'obiettivo di tutelare il cittadino comunitario dalle eventuali restrizioni di Stati membri dell'Unione rispetto al suo diritto di libera circolazione, e ha quindi natura squisitamente garantista e non ha previsto il diffondersi del fenomeno, verificatosi con l'allargamento dell'unione, di cittadini provenienti da altri paesi europei che si trasferivano per porsi ai margini della vita sociale del paese ospite e delinquere, dopo averlo magari già fatto nei paesi di origine.

La situazione di costoro, pur non essendo contemplata al momento dell'emanazione della direttiva, trovava però una possibilità di controllo al comma 5 dell'articolo 5 della stessa che prevede, a proposito del diritto di ingresso, che lo stato membro può prescrivere all'interessato di dichiarare la propria presenza sul territorio nazionale in un termine ragionevole non discriminatorio e prevedere proporzionate sanzioni.

Ora il disegno di legge che ci accingiamo a votare non prevede né questa prescrizione né il termine, prevede solo la facoltà del cittadino comunitario di dichiarare il suo ingresso nel paese ospite, vanificando quindi ogni effettiva possibilità di controllo.

Ma il punto più delicato e irrisolto resta un altro: quello delle forme attraverso le quali si dà corso al provvedimento di espulsione.

E' una annosa questione che si pose già, a proposito dei cittadini extracomunitari, in occasione del decreto Martelli del ‘90.

L'esperienza di questi anni ci ha insegnato che l'espulsione attraverso intimazione senza accompagnamento alla frontiera resta una grida manzoniana.

Ora il decreto di cui stiamo discutendo la conversione, al pari dell'emendamento su cui il governo ha posto la fiducia, dà una definizione limitativa dei motivi imperativi di pubblica sicurezza che, in base alla direttiva, possono consentire l'espulsione immediata.

Prova ne è il fatto che i dati del Ministero dell'Interno ci dicono che nella vigenza dello stesso decreto, su 177 provvedimenti di espulsione decisi dopo la sua entrata in vigore, solo 78 sono stati eseguiti per motivi imperativi, e quindi con accompagnamento alla frontiera.

Dopo l'efferato omicidio di Giovanna Reggiani, su pressione dell'onorevole Veltroni, il Governo si era deciso a ricorrere a un decreto, presentandolo come uno strumento che aveva valore non solo repressivo ma anche preventivo, per il suo carattere di deterrenza.

Temiamo che, per la debolezza del suo impianto, il provvedimento che ci accingiamo a votare, quando ne saranno a tutti evidenti i contenuti, non solo si rivelerà strumento di dubbia efficacia per gli allontanamenti dal territorio nazionale, ma non avrà nemmeno effetto di dissuasione rispetto a coloro che sono venuti nel nostro Paese non per integrarsi e lavorare, ma con tutti altri obiettivi.

Non è una logica ciecamente repressiva quella che non ci consente di votare questo provvedimento, ma la preoccupazione che, se alle declamazioni seguiranno dimostrazioni di impotenza rispetto al fenomeno dell'immigrazione irregolare, lo stesso sia destinato ad aggravarsi.

tratto da http://www.pri.it/7%20Dicembre%202007/DelPenDicVotoSic6Dic.htm

nuvolarossa
31-12-07, 11:07
GOVERNO/ DEL PENNINO-SARO: NON DAREMO SOSTEGNO A PRODI
Simpatia per Manzione, ma non è nostro portavoce

Roma, 30-12-2007 13:16 (Apcom) - "Abbiamo grande simpatia per il senatore Manzione che ricordiamo dai tempi della militanza nella Federazione Giovanile Repubblicana, ma non l'abbiamo mai nominato nostro portavoce né autorizzato a prefigurare nostri cambiamenti di posizione rispetto al governo. Ce ne dispiace per lui e per il presidente Prodi, al quale, secondo quanto riportato in un articolo del Corriere della Sera di oggi, avrebbe dato rassicurazioni". Lo affermano in una nota congiunta i senatori del Pri Antonio Del Pennino e Ferruccio Saro, smentendo le indiscrezioni secondo cui il senatore Roberto Manzione vorrebbe convincerli ad aderire al gruppo dell'Ud rafforzando così la maggioranza al Senato.

tratto da http://notizie.alice.it/notizie/search/index.html?filter=foglia&nsid=13724326&mod=print

nuvolarossa
12-01-08, 12:13
Domani un incontro al Bim promosso dalla sezione di Sondrio del Partito Repubblicano:
Sprechi e riforme: ne parla Del Pennino



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SONDRIO - Antonio Del Pennino, senatore e rappresentante del partito Repubblicano in Lombardia, interverrà in qualità di relatore all'incontro pubblico, organizzato dalla neo costituita sezione di Sondrio del partito repubblicano in programma per domani, sabato 12 gennaio, dalle 16.30 alla sala delle Acque del Bim e dedicato a «Riforme istituzionali e costi della politica», tema di stretta attualità e che negli ultimi anni ha animato le discussioni dentro e fuori le stanze del potere. Moderatori saranno Carlo Mola e un giornalista de «La Provincia di Sondrio». «La scelta di invitare il senatore Del Pennino ? commenta Adelino Tralli, segretario provinciale del Partito Repubblicano ? è stata motivata dalla sua profonda conoscenza di questo importante ed attuale argomento e dal suo impegno in Senato per sostenerlo». Tra gli argomenti che il senatore affronterà nel corso del suo intervento vi sarà l'illustrazione della sua proposta per la riduzione degli stipendi ai parlamentari ed in materia di riforme quelle inerenti le Norme sul riconoscimento giuridico, sul finanziamento, sui bilanci e le campagne elettorali dei partiti. Questo appuntamento è stato voluto dalla sezione del Partito repubblicano per evidenziare l'attenzione della popolazione valtellinese su questo argomento che è di estrema attualità tenendo conto della difficile situazione economica e politica che il nostro paese sta vivendo». «Con questo appuntamento il Pri in Valtellina ? prosegue Tralli ? avanziamo in quel percorso che è stato iniziato nel 2006 con l'obiettivo principale di migliorare anche la città di Sondrio, specialmente in due settori di importanza primaria come sono il sociale e la sicurezza della cittadinanza». Nell'occasione non mancherà certo qualche riferimento alle prossime elezioni amministrative per la scelta del sindaco di Sondrio. A.O.

tratto da http://www.laprovinciadisondrio.it/online/online.asp?SiglaEdizione=SO&Sezione=SONDRIO&Bassa=si&Pagina=15&IDNotizia=2777648

nuvolarossa
14-01-08, 11:24
L'argomento è stato trattato dal senatore Del Pennino nell'incontro organizzato ieri dai Repubblicani - Suggerito anche l'accorpamento dei Comuni
«Tagliare i costi della politica? Cominciamo dagli Enti montani»

SONDRIO - (a.o.) "Sala delle acque" del Bim gremita di gente, tra cui anche il presidente della Provincia Fiorello Provera e il padrone di casa Pierangelo Bonetti e a numerosi esponenti delle varie realtà politiche presenti in Valtellina, in occasione dell'incontro organizzato dalla sezione di Sondrio del partito repubblicano su ? Riforme istituzionali e costi della politica? che ha visto la partecipazione del senatore Antonio Del Pennino, una delle massime autorità in materia e rappresentante del Pri in Lombardia. «Questo incontro - ha esordito il segretario provinciale dei repubblicani Adelino Tralli - è stato voluto per focalizzare l'attenzione dei valtellinesi su questi due argomenti a fronte della preoccupazione per il continuo aumento dei costi della politica a tutti i livelli e per quel che riguarda le riforme dal fatto che quest'anno si festeggia il 60° anniversario della Costituzione». Dopo una breve presentazione del partito repubblicano da parte del professor Carlo Mola, che ha ricordato come questa compagine abbia sempre avuto il ruolo di «coscienza critica della maggioranza», la parola è passata al senatore Del Pennino che come primo tema ha affrontato la delicata questione della legge elettorale ricordando che i costi della politica e le riforme sono due argomenti strettamente correlati. «Bisogna cercare di essere oggettivi - ha detto -. Il maggioritario e il proporzionale hanno aspetti positivi e negativi. Nella nostra condizione politica, con l'incognita sulla durata dell'attuale governo, forse la formula migliore è quella che prevede un premio di maggioranza che garantisca la governabilità ma senza sbarramento in modo da permettere la presenza di quei movimenti che hanno una base politica». Il rappresentante del Senato ha proseguito spiegando che in un'ottica di riduzione dei costi della politica un ruolo fondamentale è rappresentato dalla differenziazione delle competenze a tutti i livelli, nazionale e locale, in modo da snellire le procedure a livello legislativo. «Il mio partito ha sempre sostenuto l'abolizione delle Comunità montane - ha aggiunto Del Pennino - che erano state create per occuparsi di quei settori non gestibili dai Comuni singolarmente e che poi sono stati affidati alle Province con una sovrapposizione di competenze, e i consigli di circoscrizioni che all'inizio erano stati ideati per le grandi città e poi erano stati estesi ai grandi comuni con più di 100mila abitanti e in seguito anche a quelli con più di 30mila». Altro punto su cui ha insistito è stato quello dell'accorpamento dei Comuni, come già è avvenuto in altri Paesi europei, in modo non solo da diminuire le spese, ma anche nell'ottica di un miglioramento dei servizi ai cittadini. Alla domanda sul qualunquismo imperante Del Pennino ha risposto che «la responsabilità è data alla classe politica e che questo tema è stato strumentalizzato dalla stampa per vendere di più. Un terzo elemento è il sentimento di insoddisfazione nei confronti dei partiti e delle istituzioni».

tratto da http://www.laprovinciadisondrio.it/online/online.asp?SiglaEdizione=SO&Sezione=SONDRIO&Bassa=si&Pagina=9&IDNotizia=2780550

nuvolarossa
05-04-08, 19:33
Incontro conviviale a Lodi

Venerdì 4 aprile, nello storico covo dei Repubblicani lodigiani ( http://www.isolacaprera.com/ ), il nostro senatore Antonio Del Pennino ha incontrato gli amici dell'Edera della bassa Lombardia, che spazia da Pavia a Mantova.


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La squisita ospitalità e l'ambiente accogliente hanno ravvivato nei partecipanti la concreta speranza di avere anche per la prossima legislatura un rappresentante dell'Edera in Senato. E un rappresentante lombardo.


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Il nostro senatore, particolarmente in forma, si è anche esibito sulla pista da ballo, come potete vedere con i vostri occhi.

tratto da http://ederanet.blogspot.com/2008/04/incontro-conviviale-lodi.html

nuvolarossa
08-04-08, 19:23
Lodi, intervento del senatore Del Pennino - Le molte ricadute sul territorio dell'Expo 2015 a Milano
Le iniziative del Pri lombardo

La serata conviviale organizzata dal Partito Repubblicano di Lodi al ristorante Isola Caprera in occasione della visita del Sen. Antonio Del Pennino ha avuto un notevole successo.

I convenuti, arrivati anche dalle province di Pavia, Cremona, Milano e Mantova, hanno apprezzato l'intervento dell'esponente repubblicano soprattutto quando ha tracciato un breve excursus sulla situazione politico - economica del Paese e sulla necessità di riformare drasticamente le istituzioni, rilanciando l'economia del territorio, sottolineando la necessità di mettersi a disposizione affinché l'Expo 2015, che si svolgerà a Milano, possa avere ricadute economiche e strutturali anche sul territorio lodigiano.

Negli interventi che si sono susseguiti, il Segretario Regionale Carlo Visco Gilardi ha evidenziato la necessità di creare un tavolo di discussione di tutti gli esponenti repubblicani della bassa Lombardia per rafforzare l'azione di pungolo programmatico e di governo delle istituzioni che ha sempre caratterizzato lo stile repubblicano.

Il coordinatore provinciale Paolo Cipriani ha precisato che questo è solo il primo passo di una lunga battaglia che vedrà tornare i repubblicani protagonisti sulla scena politica locale in occasione delle prossime elezioni amministrative; ed ha ottenuto l'impegno del Sen. Del Pennino ad essere presente periodicamente nel lodigiano per sostenere le esigenze politico - amministrative provenienti dal nostro territorio: "L'assoluta assenza di candidati locali eletti a Lodi, rafforza il ruolo che noi potremo avere dopo il 14 aprile ed il legame storico con il Sen. Del Pennino ci metterà nella condizione di poter rappresentare degnamente gli interessi dei lodigiani in Parlamento".

Pri, Coordinamento Provinciale di Lodi

tratto da http://www.pri.it/new/8%20Aprile%202008/DelPenninoLodi.htm