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Visualizza Versione Completa : Un lavoro militarizzato



Roderigo
05-07-02, 22:38
Un lavoro "militarizzato". Un lavoro "militarizzato". Così può essere chiamato il frutto dell'accordo tra Confindustria e Forze Armate, che definisce in qualche modo una corsia preferenziale tra mondo produttivo e militare per garantire occupazione a chi sceglierà la leva volontaria, con tanto di banca dati con i nominativi e i curricula dei soldati. Un modo certamente per invogliare i giovani ad orientarsi in direzione di questa scelta. La formazione sarà orientata verso le professionalistà più richieste dalle imprese, ma anche, in futuro, la possibilità, negli ultimi mesi di leva, di fare stage direttamente nelle aziende. E' questo il senso della convenzione firmata due giorni fa tra Confindustria e ministero della Difesa alla presenza, tra gli altri, del sottosegretario della Difesa, Salvatore Cicu, e del direttore generale di viale dell'Astronomia, Stefano Parisi. Secondo i fautori dell'intesa, l'accordo avrà come obiettivo non solo quello di colmare la carenza delle professionalità richieste dalle piccole e medie imprese, ma anche quello di facilitare la mobilità dei giovani dal Sud al Nord (l'80% dei giovani militari proviene dalle aree del Mezzogiono e la collocazione avviene per il 70% nelle caserme del Centro-Nord), un fatto questo certamente non nuovo. Ma i giovani non si illudano: «il lavoro "certo" non ci sarà e le imprese di Confindustria - spiega il direttore generale Stefano Parisi - non si impegnano ad assumere. Questa è solo un'occasione per favorire l'occupazione offrendo un servizio di incontro della domanda e dell'offerta ma non un posto di lavoro». Il sottosegretario alla Difesa, Salvatore Cicu, ha definito comunque l'intesa: «una pietra miliare nel nuovo approccio collaborativo tra la Difesa e il mondo imprenditoriale e produttiivo, che permetterà alle imprese di reperire risorse umane altamente qualificate e specializzate». Insomma chi vorrà anche solo sperare di avere qualche possibilità in più di trovare lavoro dovrà indossare una divisa e imbracciare un fucile. Un altro motivo dunque per essere contro la leva volontaria visto invece che per chi sceglierà il servizio civile non è previsto alcun aiuto occupazionale.

Liberazione 5 luglio 2002
http://www.liberazione.it

Roderigo
05-07-02, 22:40
di ELETTRA DEIANA

Militare e civile come facce di una stessa medaglia, nell'era della globalizzazione e della "guerra costituente". Questo è il modello economico sociale giuridico che, in un clima di preoccupante disattenzione politica e culturale, viene velocemente avanti e si configura ogni giorno di più come aspetto strutturale della vita quotidiana. Mille segnali, mille dinamiche apparentemente diverse e lontane ci dicono che le cose stanno andando proprio in questa direzione. Dalla ricerca e dalla produzione industriale, sempre più congegnate nella logica del "dual use", che rende impossibile stabilire se si tratti di scelte produttive destinate alla vita civile o a quella militare, all'organizzazione del mercato del lavoro, dove le Forze armate diventano - nelle intenzioni dei nostri strateghi - una grande agenzia di collocamento e la nuova visione del mondo militare, secondo gli auspici dei medesimi strateghi, deve tendere a realizzare una crescente interazione con la società civile. Confindustria e Ministero della Difesa hanno sottoscritto nei giorni scorsi un accordo in base al quale si stabilisce un accesso privilegiato al mondo del lavoro per chiunque decida di arruolarsi nella ferma volontaria di tre anni, prevista nell'ambito del passaggio dall'esercito di leva a quello professionale. Analoghi accordi sono stati sottoscritti negli ultimi tempi con Confapi e Confcommercio. Questi accordi violano apertamente tutti i principi del diritto del lavoro, compresi quelli di ispirazione liberale, che prevedono un sistema di parità formale, nell'accesso al mercato del lavoro, per tutti i cittadini e le cittadine. In occasione della chiusura dell'anno accademico del Centro Alti Studi della Difesa, il capo di stato maggiore della Difesa, generale Rolando Mosca Meschini, ha annunciato che è intendimento del Ministero presentare un provvedimento legislativo per rendere "requisito vincolante" per l'accesso alle carriere delle Forze di polizia e dei Vigili del fuoco aver prestato un anno di servizio volontario nelle Forze armate. Anche qui siamo di fronte a una palese violazione di ordine costituzionale, perché un tale provvedimento limiterebbe a una categoria di cittadini l'accesso a un impiego pubblico e creerebbe inoltre un'ulteriore discriminazione nei confronti delle donne. I requisiti fisici di ammissione nelle Forze armate sono infatti diversi e più penalizzanti di quelli previsti per le forze di polizia e i posti per il personale femminile nelle Forze armate sono limitati mentre così non accade nella polizia. La ragione che muove tutti questi piani di strisciante militarizzazione della vita quotidiana sta in prima battuta nello scarso fascino che la vita militare non più obbligatoria esercita sui ragazzi nonché sulle ragazze, nonostante la retorica con cui si è creata negli anni scorsi la figura della giovane donna proiettata con grande slancio e protagonismo verso un radioso futuro nelle Forze armate. La campagna ideologica sull'esercito professionale lascia in realtà tiepide le nuove generazioni creando preoccupazioni negli stati maggiori. Niente di meglio dunque che creare corsie preferenziali, promesse di lavoro, incentivi di ogni sorta per attirare i giovani nelle Forze armate. Il risultato rischia di essere un processo di militarizzazione di ogni forma della vita civile e della quotidianità, un adattamento culturale e psicologico alla logica totalizzante della dimensione militare, per di più resa più pericolosa dai processi di involuzione autoritaria che segnano oggi il mondo militare.

Siamo in una fase storica sempre più pesantemente segnata dal primato del militare e dall'affarismo bellico. Anche queste strategie del Ministero della Difesa, da contrastare nettamente in tutte le sedi, lo stanno a dimostrare.

Liberazione 5 luglio 2002
http://www.liberazione.it