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Visualizza Versione Completa : Antiamerica ora e sempre!!!



Der Wehrwolf
06-07-02, 10:51
Anche l'Europa è diventata un luogo comune. Poco di più, purtroppo.
Quello che, dopo quarant'anni di gravidanza, si è riusciti a partorire in fatto di Europa dall'alvo dei democratici rappresentanti di quest'ultima non è altro che un topolino spelacchiato. Né poteva attendersi nulla di meglio, dato che costoro si sono sempre bigottamente attenuti all'imperativo categorico di ignorare -contro l'evidenza- che l'aprile 1945 ha segnato semplicemente la sconfitta dell'Europa stessa, come popoli e come civiltà, ad opera del barbaro e apolide imperialismo finanziario con casa-madre in New York - U. S. A.. Ora, se si ha presente che il prendere coscienza di tale insopprimibile verità per trame le rigorose conseguenze è la condizione necessaria e sufficiente perché nel nostro continente possa cominciare a parlarsi di rinascita e addirittura di unità, non v'è affatto da stupirsi che tanto consumo di saliva, di carta e di quattrini (e molto meno di buona volontà) non abbia dato che tale miserevole risultato. Dato però che i nostri lettori appartengono a quella eletta minoranza che quell'imperativo ha spennacchiato da un pezzo, ritengo utile portare altra mia pietruzza al cantiere invitandoli a riflettere su un fatale aprile di altri ottant'anni prima, in cui altro e non meno losco avvenimento costituì la premessa di quello testé commemorato, segnando la definitiva conquista, da parte dei grandi usurai e speculatori internazionali, di tutte le risorse umane e materiali degli Stati Uniti d'America, divenuti così da allora una sorta di poderoso braccio secolare per il loro disegno di dominio della Terra.
Quello che va posto infatti in chiaro per potere raccapezzarsi nella politica mondiale è appunto che la grande nazione americana è una cosa, e quella che i fratelli Rothschild definivano la Fratellanza Bancaria Mondiale è tutt'altra cosa, anche se ama indossare le spoglie della prima.
Allorché, dopo aver diramata la famosa "circolare Hazard" (1863), la Fratellanza predetta trasferì i suoi penati da Londra -da cui aveva propiziato e finanziato la guerra di secessione sovvenendo ambo le parti- a New York, nella sua politica non si verificò infatti il minimo cambiamento e le menti direttive rimasero le stesse. Dobbiamo trascrivere un suggestivo stralcio di detta circolare: "La schiavitù potrebbe nel corso di questa guerra essere soppressa e la servitù della gleba limitata. Ciò è salutato con favore da me e dai miei amici europei. La schiavitù infatti non è che il possesso della forza-lavoro: elimina la preoccupazione per la manodopera. Il piano europeo in proposito, formulato in Inghilterra (da lorsignori, ovviamente - n. d. a.) consiste in ciò: che il capitale finanziario deve controllare la forza-lavoro attraverso la fissazione delle mercedi. Ciò può realizzarsi attraverso il controllo della valuta. Il grande debito nazionale che i capitalisti ricaveranno da questa guerra deve essere usato per controllare il volume del circolante".
E, guarda coincidenza, nello stesso 1863 si venne al National Bank Act, che concedeva a un gruppo di privati il diritto di battere moneta!
L'ininterrotto filo conduttore che lega quelle remote manovre alle attuali è attestato -oltre tutto?-dallo stile inconfondibile. Come l'intenditore d'arte riconosce dalla pennellata, dagli accostamenti di colore e da altre caratteristiche la mano di un determinato pittore, così è dato a chi non si lasci intontire dalle chiacchiere propagandistiche riconoscere la mano dell'autore o
dagli autori di certe catene di eventi storici, verificatisi in apparenza per cause eterogenee.
Uno stile costante della sullodata Fratellanza è la falsificazione storica capillare, massiva, spesso addirittura tracotante, alla quale tutti i mezzi di persuasione collettiva, dalle scuole alla grande stampa, si adeguano in mirabile concerto come una classe di scolaretti. Così era stato anche prima di quella primavera del 1865 (racconteremo un'altra volta l'esilarante istoria della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo in Francia) e così fu ininterrottamente fino ad oggi, con costante crescendo permesso dall'evoluzione dei mass-media. Le manovre più ciniche per la schiavizzazione dei popoli furono e sono in tal modo regolarmente ammantate di verità di comodo e di patetiche fregnacce ideologiche che la maggioranza sprovveduta è pronta a salmodiare devotamente, condannandosi a non capire nulla di ciò che realmente accade ai propri danni.
Racconta dunque la favola diffusa, a quel tempo, dalla Fratellanza degli Strozzini che l'unione degli Stati nordisti, guidata da Lincoln, condusse per quattro anni una sanguinosissima guerra contro la confederazione sudista al nobile e umanitario scopo di liberare (anche il liberare a tutto spiano fa parte dello stile che dicevamo) gli schiavi negri adibiti soprattutto ai lavori agricoli. Il 5 aprile 1865, ad Appomatox, Lee si arrese a Grant. Solo pochi giorni dopo la vittoria, Lincoln venne però assassinato a Washington dal fanatico schiavista John Wilkes Booth . Anche nei libri delle nostre scuole c'è scritto così. Amen.
Quale sia la versione per adulti della faccenda, ce lo ha già rivelato la citata circolare Hazard, in aggiunta alla quale occorrerebbe chiedersi come mai grandi Stati schiavisti come il Kentucky, il Maryland o il Delaware militassero bravamente dalla parte dell'Unione. Tutto si spiega considerando che con le cause del conflitto che insanguinò gli States i negri c'entravano
ben poco, e che esso scoppiò tra il Nord industriale, accentratore e protezionista e il Sud agricolo, autonomista e bisognoso di un libero commercio per l'acquisto dall'Europa dei prodotti industriali che gli mancavano in cambio di quelli agricoli che gli abbondavano. Il famoso proclama di Lincoln che dichiarò liberi gli schiavi (del Sud) fu emanato a guerra in corso, sia per creare marasma nel fronte opposto che per cattivarsi la simpatia dell'Europa liberale. Ma è inutile dire da chi fosse caldeggiato e ispirato, con le finalità che abbiamo visto, ben più concrete e meno umanitarie.
Sennonché Abramo Lincoln era uomo di considerevole statura intellettuale e politica, e come tale mal si prestava ad essere strumentalizzato dalla fratellanza dei furboni senz'altra patria che il denaro. Ciò gli costò la vita, per mano dell'attore Booth, che non aveva mai posseduto uno schiavo in vita sua.
Il National Bank Act poteva ormai funzionare senza remore. Avevano scritto in proposito i soliti fratelli Rothschild (di Londra) il 25 giugno 1863 ai loro "corrispondenti" in Wall Street Ickleheimer, Morton & Wandergould: "Questa legge produrrà effetti massimamente favorevoli per la Fratellanza Bancaria di tutto il mondo... I pochi che possono comprendere il sistema o saranno interessati al proprio vantaggio o saranno alle dipendenze dei primi, tanto che da quella parte non vi è da attendersi alcuna opposizione; mentre d'altro canto il grosso mucchio di quelli intellettualmente incapaci di riconoscere quale gigantesco beneficio il capitale ricaverà da questo sistema porterà il suo fardello senza protestare e forse non sospetterà mai che il sistema è contro i suoi interessi".
Lincoln rifiutò di imboccare la china scivolosa che avrebbe ridotto in seguito il suo Paese al ruolo di gorilla dei grandi padrini dell'usura internazionale. In altri termini, rifiutò di farsi finanziare dai banchieri in agguato e preferi ricorrere a un prestito speciale mondiale degli U.S.A. (i famosi Greenbacks).
Pretendeva -nientemeno!- di adottare in America una politica nell'interesse degli Americani. Con le revolverate al teatro Ford quella politica tramontò per sempre.
Centotrent'anni e passa sono trascorsi da allora, più che sufficienti per trasformare del tutto i grandi Stati Uniti, con tutto il loro potenziale industriale e militare, in un succube e obbediente strumento nelle mani della fratellanza usuraia apolide lanciata alla conquista del mondo. Fu quella l'America che ottant'anni dopo colonizzò l'Europa. Un enorme robot senz'anima, telecomandato dai manovratori di quell'ectoplasma cartaceo che è il dollaro.
Per chi sappia vedere le cose da tale realistico punto di vista, ecco che le inesplicabili contraddizioni, errori ed insuccessi di cui si suole da qualcuno accusare la politica americana nel mondo svaniscono del tutto svelando l'oculata strategia sottostante e le sue ben precise finalità, alle quali sono del tutto estranee le aspirazioni e gli interessi del popolo americano. Basti solo pensare -a titolo di esempio- alla tracotante determinazione e all'asfissiante propaganda con cui è stata imposta negli U.S.A. la nefasta e assurda integrazione razziale, calpestando la precisa e più volte espressa volontà della cittadinanza sia bianca che negra.
Va d'altronde considerato che, dopo che recentemente il secondo grande strumento dei medesimi banchieri affratellati, e cioè il Bolscevismo, esaurita la funzione assegnatagli di distruzione della civiltà europea, è stato buttato allo sfascio, l'americanismo è diventato quasi lo strumento unico nelle mani di quella sinarchia. E dico quasi prendendo atto del ruolo -secondario ma non trascurabile- tuttora giocato dalla riforma conciliare della Chiesa cattolica e dal brav'uomo Carol Woityla, che non a caso ha voluto chiamarsi Giovanni Paolo e non certo Gregorio Leone, con i suoi abbracci indiscriminati e vani
lamenti umanitaristici che troncano ogni illusione sulla funzione di rettifica spirituale che un cattolicesimo fiero del suo passato avrebbe potuto forse esercitare. Voci clamantis in deserto come l'Istituto Mater Boni Consilii o la Comunità Sacerdotale S. Pio X, che hanno tutta la mia simpatia, nulla tolgono purtroppo a tale sconfortante conclusione.
Ma torniamo all'americanismo, pagliaccione chiassoso e multicolore con cui i grifagni padroni si mascherano gli artigli, che sta ormai dilagando oltre gli Urali.
Non ha alcun senso osservare che gli Yankee, una volta distrutti in nome del progresso gli Amerindi, non sono altro che Europei emigrati e loro discendenti, e accomunarli per questo a noi sotto la dizione Occidentali. L'America creata e manipolata dai vicari in terra di ciò che Gesù chiamava Mammona è Antieuropea ben più che le orde di Attila o di Tamerlano. Fratelli in spirito possiamo trovare vivaddio in uomini di tutt'altre razze, dai kamikaze del Tenno all'eroe sioux Cavallo Pazzo, da Mencius a Salaladino ma non certo nel ghigno anglosassone di Roosevelt!
E allora dev'essere ben chiaro che, se qui non ci si libera della Liberazione cosiddetta americana, con tutti i suoi miti e i suoi corollari, non si farà mai alcuna Europa. Accorgendoci che solo in secondo luogo esso è da noi un problema politico, o economico, o militare. È in primo luogo un problema di mentalità e di costume. L'infezione -mai minimamente combattuta- è penetrata a fondo, ha tarlato le coscienze, ha stravolto i valori, ha sovvertito le usanze, ha soffocato la fantasia, ha sporcato la lingua, ha spalmato sulla società uno strato dell'imitazione più scema e servile.
Se non sapessimo bene chi dirige l'orchestra dei dibattitori di problemi, potremo davvero stupirci che persino quelli che sostengono la necessità di una sterzata nella politica internazionale e di una radicale revisione storica non avvertano
che la prima salutare reazione dev'essere rivolta a troncare i mille tentacoli sottili che avvincono la coscienza popolare e a guarire quel complesso d'inferiorità indotto che ha fatto dei Padani e degli Europei una massa di poveri sudditi coloniali.
Voglio limitarmi a uno sguardo panoramico (e necessariamente incompleto) sulle più evidenti manifestazioni di una siffatta degradazione castrante, che raggiunge tutti gli strati del nostro popolo, senza distinzione di sesso, di età, di idee politiche o di categorie.
Percorriamo una strada cittadina -di megalopoli o di piccolo comune è lo stesso- e noteremo che la maggioranza dei negozi, dei cinematografi, dei locali, soprattutto se di tono "elegante", espone insegne in lingua inglese, anzi americana. Vedremo sui manifesti cinematografici che anche gli attori padani del genere di azione si ritengono in dovere di assumere pseudonimi pseudohollywoodiani. I circoli sportivi e ricreativi si denominano regolarmente Sporting Club, Health Club, Body Building Club e roba del genere. Sembra che l'uso della nostra bella lingua sia incompatibile con la distinzione e l'eleganza, sia un marchio di arretratezza e di volgarità.
La pubblicistica, soprattutto nei quotidiani e rotocalchi, è sempre più folta di termini americani, anche quando sono la semplice traduzione di parole già esistenti. Del resto, ora esiste pure un orgoglio gay, apertamente proclamato e registrato dalla stampa d'informazione con il massimo rispetto. L'orgoglio frocio ce lo vedreste a tenere la ribalta?
È quasi impossibile reperire nei negozi e nei mercati una maglietta per ragazzi (chiedo scusa: un T-shirt) sulla quale non sia vistosamente stampato il simbolo o il motto di una qualche squadra americana di baseball o di football, ovvero altre scritte e simboli della stessa nazionalità, di cui i portatori ignorano quasi sempre il significato (è palesemente americano e questo basta). Di frequente la gioventù reca sulle più disparate zone anatomiche addirittura bandiere stars and stripes.
Non parliamo poi delle fogge. Dalla testa ai piedi, un ragazzo padano non è che l'imitazione più precisa possibile di un coetaneo yankee, e la sua frenesia imitatoria si estende caricaturalmente anche agli atteggiamenti sbracati e alle movenze dinoccolate con cui si aggira o si affolla intorno a flippers, videogames e slot-machines. Avvenenti fanciulle, sedute a cosce larghe con la testa incassata tra le spalle, sconciano i propri delicati lineamenti ruminando rumorosamente come vacche il loro chewing-gum. La quasi totalità dei ragazzi e ragazze indossano soltanto jeans (ignorando che il nome non è che lo storpiamento di Genova, luogo d'origine di quel tessuto, ma se si chiamassero genovi la vendita calerebbe in verticale).