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Visualizza Versione Completa : Cgil - Sull'accordo separato facciamo votare i lavoratori



Roderigo
08-07-02, 12:24
Sergio Cofferati: "Grave il silenzio di chi ha firmato
sulla norma che ci escludeva dal confronto futuro"
"Un attacco alla democrazia Isolarci è la loro ossessione"
"L'Ulivo sottovaluta la gravità dell'accordo separato
Il referendum? Chi non è d'accordo sull'art. 18, ci aiuti"

di MASSIMO GIANNINI


ROMA - "Colpire la Cgil ormai è un'ossessione, ma tagliarci fuori dalla prossima trattativa è un attacco alla democrazia sostanziale": Sergio Cofferati, in un'intervista a Repubblica, risponde a Roberto Maroni e accusa il governo di volere aggredire il suo sindacato "con ogni pretesto e con ogni argomento". "La mia coscienza è a posto", dice ancora il leader della Cgil, "perché al contrario del governo io attacco le misure e non le persone". E a proposito delle polemiche nel centrosinistra sul "Patto per l'Italia" siglato a Palazzo Chigi venerdì: "D'Alema sbaglia a dire che la firma di quell'accordo non è un dramma. Nel centrosinistra c'è una sottovalutazione seria di quelle norme". E sull'articolo 18 si apre una settimana di scioperi nei trasporti.

Sergio Cofferati il suo no al patto per l'Italia costa caro alla Cgil. Maroni annuncia che sarete esclusi dalle prossime tappe del dialogo sociale sulle riforme.
"Il cuore di tutto ciò che è successo mi pare chiarissimo. C'è in questo governo, almeno in una sua parte, una totale mancanza dell'idea di democrazia. E' un atto grave. Così come è grave il silenzio degli altri firmatari sulla norma che escludeva la Cgil dal confronto futuro su materie di ordine generale. Quello è un atto contro la democrazia sindacale. Dunque è un atto contro una parte della democrazia sostanziale. Se una parte del governo è pronto a commetterlo, è perché hanno un solo obiettivo: tagliare fuori, in ogni modo possibile, la Cgil" .

Il ministro ha fatto una mezza retromarcia.
"E' solo una mossa, smaccata e volgare, per rimediare alla gravità dell'atto che ha commesso. Siamo una vera e propria ossessione per loro. Siamo un soggetto da aggredire, con ogni pretesto e con ogni argomento. Cercano di isolarci. Del resto la teorizzazione dell'esclusione della Cgil era nella premessa al Libro bianco scritta proprio dal ministro Maroni. Ora stanno semplicemente rendendo esecutiva quella teorizzazione. E questo fornisce anche una chiave interpretativa di ciò che è successo nei giorni scorsi".

A cosa si riferisce?
"Attribuirci responsabilità false e infamanti sul terrorismo e sulla violenza, indicarci come quelli che puntano allo scontro sociale e politico a tutti i costi. Questa è la loro ossessione, questi sono gli argomenti che usano per attaccarci in modo sistematico".

Berlusconi le imputa di fomentare in modo irresponsabile il conflitto sociale, e di aver usato toni minacciosi: "Patto scellerato", libro "limaccioso". E' vero o no?
"Chi mi accusa di avere usato toni minacciosi, in questi mesi si è esibito in un florilegio di accuse infamanti verso intellettuali, magistrati, giovani pacifisti e no-global, girotondini e giornalisti. A nessuno è stata risparmiata un'aggressione. E soprattutto, questa aggressione si è materializzata nei nostri confronti. Credo che a questo tentativo occorra rispondere come abbiamo fatto in questi giorni: restando al merito, ma con fermezza e serenità. Ormai è diventata una sorta di rito caricaturale. Ogni volta che da parte nostra c'è una obiezione di merito la risposta è sempre la stessa: ci minacciate, oppure fate politica".

Il premier le ha chiesto in aula un "esame di coscienza". Lei è pronto a farlo?
"La mia coscienza è a posto. Ho espresso in questi mesi giudizi molto duri su atti di governo che non ho condiviso e non condivido. Per consolidata abitudine mi sono sempre rivolto al merito dei provvedimenti, e non alle persone che li avevano attivati. Contrariamente a quello che sistematicamente dal governo si fa verso la Cgil e verso di me".

Veniamo al merito dei provvedimenti: il patto per l'Italia, appena firmato tra governo e patti sociali, secondo lei è davvero "scellerato"?
"E' un pessimo accordo. Lontano mille miglia dalle vere esigenze di questo paese. Per tornare a crescere, l'economia italiana ha bisogno di obiettivi e politiche competitive alte. In quel testo, al contrario, non c'è l'economia della conoscenza, non ci sono i saperi, la scuola, la ricerca, l'innovazione. C'è solo la destrutturazione dei rapporti di lavoro, la flessibilità che diventa precariato e la negazione dei diritti delle persone".

Non le sembra di esagerare nel giudizio su un accordo che, semmai, va criticato per la portata assai modesta degli effetti che potrà generare?
"L'enfasi e la propaganda li usa il governo, non io. Più lavoro, dice Berlusconi. A me sembra invece che quel patto indichi un quadro caratterizzato solo dalla incertezza di tutte le variabili, quelle di finanza pubblica e quelle macroeconomiche. Gli obiettivi sono esposti alle incognite dei duri giudizi dell'Unione europea, con ricadute molto nefaste sul debito pubblico".

Tremonti dice che c'è il più grande sgravio fiscale della storia repubblicana.
"No, c'è l'accettazione implicita da parte dei firmatari del patto su una modifica del prelievo che è impressionante. Salta la progressività, il calo del gettito non copre il Welfare futuro. Premierà i più ricchi, mentre i più poveri non avranno più protezione sociale. Dal punto di vista fiscale, la manovra del governo altera i meccanismi redistributivi. I vantaggi sono tutti presunti, e non sono reali. Non c'è niente per pensionati e lavoratori".

Ma arriveranno sconti fiscali per 5,5 miliardi di euro, e grossi benefici per i redditi fino a 25 mila euro.
"Sono tutti gli sconti già previsti dai governi precedenti. Il nuovo governo li cancella, e al loro posto ne aggiunge altri, in misura minore, e con tabelle esemplificative del tutto prive di fondamento".

Ci sono almeno i soldi per gli ammortizzatori sociali.
"Già, i 700 milioni di euro. Quasi una cifra simbolica. E non c'è traccia di riforma. Aumenta solo l'indennità di disoccupazione. Non c'è nulla per le persone finora del tutto prive di diritti. Non c'è nulla per i giovani che non hanno tutele. Quell'accordo, a queste categorie, non parla. C'è solo un ridimensionamento visibile di atti collettivi e diritti individuali" .

Pezzotta e Angeletti sostengono il contrario.
"Sul piano strettamente sindacale sono ancora oggi convinto che non si possano scambiare un diritto con un vantaggio materiale. Ma a Cisl e Uil dico: cosa avete scambiato? Voi avete ceduto su un punto essenziale, per il quale avevate scioperato insieme a noi. Per ottenere che cosa? Nulla, non c'è nulla sull'altro piatto della bilancia".

Qualcosa evidentemente c'è, se no non firmavano. Non le pare?
"A questo punto io pongo anche un problema di democrazia sindacale. Possibile che il patto sia sottratto al giudizio di lavoratori e pensionati italiani? Serve davvero un atto di democrazia compiuta, come facemmo nel '93, nel '95 e nel '97: ci vuole un voto della gente. Io dico ai firmatari del patto: sono pronto, andiamo insieme a sollecitare un referendum nei luoghi di lavoro, andiamoci oggi, come facemmo negli anni passati. Sottoponiamo gli accordi alla consultazione, nelle aziende e nelle fabbriche. Voglio l'applicazione completa dell'articolo 39 della Costituzione. Voglio la democrazia rappresentativa nei luoghi di lavoro. E nei prossimi mesi anche su questo daremo battaglia".

Il patto l'hanno firmato trentanove sigle, tra cui alcune radicate a sinistra, come la Cna, la Confesercenti, le Cooperative. Stavolta la Cgil è isolata davvero. Non è una sconfitta per lei?
"Per niente, la Cgil è sola, ma con qualche milione di persone intorno. Certo, se guardo alle sigle, noi siamo fuori. Ma gli scioperi e le manifestazioni di questi giorni dimostrano nel paese un consenso molto, molto vasto, che va ben oltre le nostre dimensioni associative. Tra i cittadini vinciamo, non c'è nessuna solitudine della Cgil. Nei prossimi giorni e nei prossimi mesi saremo in campo. Faremo le nostre proposte sull'estensione dei diritti e sul Welfare, sugli ammortizzatori sociali e sull'economia del sapere. Parteciperemo alla promozione del referendum abrogativo, nel momento in cui sarà legge la modifica dell'articolo 18. Raccoglieremo cinque milioni di firme per due proposte di legge di iniziativa popolare. Dimostreremo che c'è un consenso di massa, intorno alla nostra battaglia. Altro che isolamento...".

Anche la chiamata a raccolta dei leader del centrosinistra può essere letta come un segno di debolezza, oltreché di condizionamento politico. Lei non crede?
"Non si tratta di una chiamata a raccolta. Abbiamo chiesto solo di incontrare i leader del centrosinistra per prospettare loro le nostre valutazioni sul quadro complessivo. Vogliamo spiegare cosa intendiamo fare. Le nostre lotte riguardano anche la politica, le leggi di iniziativa popolare che presenteremo avranno ricadute parlamentari. E' utile ragionarne insieme".

Per Pezzotta e Angeletti questa è la prova del nove che lei ormai fa solo politica, e non più sindacato.
"Nient'affatto. Io faccio sindacato. Ma le nostre azioni attivano necessariamente la politica. Sarebbe spocchia e autosufficienza non parlare con la politica. Che è chiamata ad esporsi e a pronunciarsi sulle nostre iniziative. Al contrario, l'unico vero atto politico che io ho visto in questi giorni riguarda proprio i firmatari del patto, che hanno sottoscritto il documento di programmazione economica senza conoscerlo. Lo accettano, facendone oggetto di un patto negoziale. Questo è il vero atto politico, che si configura come un oggettivo sostegno all'azione del governo. Questo è il vero atto che annulla l'autonomia del sindacato".

Ma a che titolo lei rimprovera all'Ulivo di non lottare abbastanza contro questi atti del governo?
"Io non rimprovero nessuno. Dico solo che bisogna mettersi d'accordo. La critica è parte della funzione autonoma che io rappresento. L'Ulivo è chiamato oggettivamente a un giudizio di merito, al quale non potrà sottrarsi, sul patto e sul Dpef. Le faccio un esempio: i contenuti del patto in materia di articolo 18 sono contrari al piano presentato da Amato e Treu. Le conseguenze le tirino loro. Dicano chiaramente se hanno scherzato prima e se vogliono fare sul serio adesso. Dovranno votare il Dpef. E' un'aberrazione che la sua parte costitutiva sia quello che è stato ribattezzato il Patto per l'Italia".

Eppure lei non risparmia le critiche al centrosinistra, proprio alla vigilia dell'incontro con i suoi leader.
"Non ho difficoltà ad ammettere che nel centrosinistra vedo una sottovalutazione seria, che mi preoccupa, sugli effetti che quelle norme comportano rispetto alla forma della rappresentanza sociale".

D'Alema dice che l'accordo separato non è un dramma. E un attacco a lei?
"Dire che l'accordo separato non è un dramma è un errore grave. Capisco la naturale propensione a non drammatizzare gli accordi separati. Ma in questo caso il medico pietoso è il peggiore. L'auspicio all'unità futura non autorizza nessuno a pensare che questa non sia una rottura drammatica. Ben diversa da quella dell'84, quando si ruppe su uno specifico tema, tra organizzazioni che avevano una stessa idea della rappresentanza. Qui, invece, la rottura avviene tra formazioni che vogliono cambiare la natura del sindacato. Altro che riformismo. Io capisco quanto sia delicato il rapporto tra forze centriste e Cisl. Quello è un nervo oggettivo di sofferenza. Ma questo non può far sfuggire da un giudizio sul merito, che prima o poi tutto l'Ulivo dovrà dare".

Si arriverà al referendum sull'articolo 18. Voi cosa farete?
"Noi ci faremo promotori, insieme alle altre forze, della raccolta di firme. Quando ci sarà la legge, chiederemo la mobilitazione di tutti coloro che ritengono questo un duro colpo ai diritti delle persone. Le forze politiche decideranno autonomamente, ma anche lì dovranno essere coerenti: trovo difficile che chi ha contrastato con noi le modifiche all'articolo 18 avanzate in questi mesi dal governo, non aiuti poi chi vuole concretamente impedire che quei danni si verifichino" .

Repubblica (8 luglio 2002)

Roderigo
08-07-02, 13:26
Intervista a Sergio Cofferati
"Facciamo votare i lavoratori"

MILANO Sergio Cofferati, segretario generale della Cgil: il ministro Maroni ha deciso che d’ora in poi tratterà solo coi sindacati che hanno sottoscritto il Patto per l’Italia. Voi, quindi, siete fuori da ogni tavolo.
«Siamo di fronte a un tentativo esplicito di escludere la Cgil che peraltro aveva già preso corpo durante la trattativa: nel testo del Patto c’era una formula che prevedeva l’esclusione dei soggetti che non firmavano. E’ un’affermazione grave, prefigura la discriminazione dai temi di interesse generale dei soggetti che non sottoscrivono accordi particolari. E’ una idea deformata e inaccettabile della democrazia sindacale. E’ un atto di ostilità nei nostri confronti».

Al negoziato sul Welfare ci sarà il Sindacato Padano, Sinpa, ma potrebbe non esserci il più grande sindacato italiano, la Cgil.
«Questa è l’idea di Maroni: per discutere questioni che riguardano milioni di persone avrebbe titolo il Sinpa e non la Cgil. Non mi sorprende. Nel Libro Bianco era esplicitata la norma che prevedeva il riconoscimento delle parti in virtù dell’accettazione dell’accordo col governo. Questo mentre ci si rifiuta di promulgare una legge sulla rappresentanza indispensabile per dare sostanza all’art. 39 della Costituzione».

Ma nessuno dei firmatari del Patto ha protestato per la vostra esclusione?
«Quella norma contro la Cgil è stata in un primo tempo ritirata su nostra richiesta, e poi è rientrata dalla finestra. Di fronte a questo disegno di Maroni, Cisl, Uil e tutte le associazioni imprenditoriali sono rimaste in silenzio, mi sembra un dato grave e preoccupante. C’è, a mio avviso, il tentativo di condizionare le dinamiche sindacali e negoziali, di impedire l’esercizio del dissenso, alterando la dialettica democratica».

La Cgil non condivide il Patto, adesso che cosa succede?
«A proposito di democrazia devo sottolineare che il cosiddetto Patto per l’Italia viene sottratto al giudizio dei lavoratori e dei pensionati. Perchè non li si coinvolge direttamente? Nel 1993, 1995, 1997, di fronte ad accordi importanti sottoscritti dai sindacati confederali, i documenti vennero sottoposti al giudizio e al voto di milioni di persone».

E cosa propone a Cisl e Uil?
«La Cgil è pronta a una consultazione tra i lavoratori e i pensionati: ognuno si presenta con le proprie tesi, alla fine si vota. Chiaro e semplice, un esercizio di democrazia. Ma non c’è traccia di questo, non mi sembra che i firmatari del Patto vogliano conoscere che cosa ne pensano i destinatari. Il Patto per l’Italia gli italiani lo conosceranno solo dagli slogan di Berlusconi e della tv».

Che cosa farà la Cgil?
«Tante cose, agiremo a tutto campo. Intanto ci sono argomenti importanti che il Patto non sfiora, ad esempio l’estensione dei diritti verso quelli che non li hanno. Il Patto lede i diritti importanti e vitali e non dà nessun diritto a milioni di giovani, ai lavoratori coordinati continuativi. Il sindacato confederale diceva di voler estendere diritti dei padri ai figli, e invece si tolgono diritti ai padri e non si dà nulla ai giovani. E’ un problema da affrontare, lo faremo noi con una proposta di legge di iniziativa popolare sul tema estensione dei diritti. Poi il Patto nega la riforma degli ammortizzatori sociali, ci sono poche risorse, una mancia solo per aumentare l’indennità disoccupazione. Presenteremo un’altra proposta di collegamento degli ammortizzatori e della formazione per offrire a chi ha perso il reddito l’occasione formativa per rientrare stabilmente sul mercato del lavoro».

Come si configurerà questa iniziativa?
«Per presentare una legge di iniziativa popolare bastano 50mila firme, noi ne vogliamo raccogliere 5 milioni. Ai giovani, ai lavoratori, a tutti i cittadini che ci accompagnano in questa battaglia tornereno poi a chiedere un’altra firma quando la modifica dell’articolo 18 contenuta nel Patto diventerà legge. Chiederemo un referendum, penso che debba essere un comitato di persone, con accanto naturalmente la Cgil, a promuovere un referendum abrogativo delle norme. Il quadro delle nostre iniziative si completa con azioni di lotta e di contrasto anche relative ai temi non affrontati, ma che valgono moltissimo come la scuola e la formazione. L’economia della conoscenza ha come punto chiave d’accesso quello dei saperi, la valorizzazione delle risorse umane. Il governo e le imprese non ne parlano, così come cercano di far passare sotto silenzio l’attacco devastante al sistema previdenziale. Le deleghe presentate dal governo minano il sistema perchè il calo dei contributi a vantaggio delle imprese fa saltare la previdenza dei giovani e dei pensionati».

Ma gli altri sindacati dicono che il Dpef offre vantaggi...
«E’ un pessimo accordo quello sottoscritto: c’è un Dpef che fa riferimento a un quadro di finanza pubblica senza certezze, c’è il rischio di tagli di spesa per compensare gli squilibri. Il Dpef non crea lavoro, non ci sono risorse per recuperare competività, non ci sono stimoli o incentivi alla ricerca e all’innovazione, per il Mezzogiorno c’è una somma di intenzioni e i soldi indicati sono quelli che c’erano già prima. Tutto si riduce all’effetto mediatico dell’annuncio delle grandi infrastrutture. E non si parla più di sommerso, il fallimento del governo».

E la riduzione delle tasse?
«Bisogna fare bene i conti. Per la piccola impresa e commercianti c’è pochissimo, tanto che hanno espresso riserve e critiche. C’è un vantaggio per le imprese industriali mentre quello che viene presentato un vantaggio per i redditi medio-bassi non è tale perchè già i governi precendenti avevano fissato gli obiettivi di riduzione della pressione fiscale. Non c’è niente. Anzi il governo non restituisce il fiscal drag, e interviene ridisegnando il modello complessivo: cambiano la natura e le funzioni del pagare le tasse, salta la progressività, il taglio del gettito toglie risorse per il welfare futuro, i redditi alti sono compensati dalla riduzione delle tasse, gli altri sono colpiti duramente. C’è un’alterazione a vantaggio dei ricchi e a danno dei poveri. La politica dei redditi viene distrutta, per funzionare ha bisogno di dinamiche coerenti tra salari, prezzi e tariffe e fisco, se il fisco cambia radicalmente efficacia verso i percettori di salari non tutti saranno protetti come prima. Questa situazione comporterà necessariamente un cambiamento dei comportamenti di massa sul piano contrattuale».

Nel Dpef ci sono i fondi per i contratti pubblici?
«Per la verità non ho capito dove sono le risorse che dovrebbero confermare le condizioni per i dipendenti pubblici e della scuola, non vorrei che fossero stati destinati altrove».

Il suo collega della Uil Angeletti dice che l’articolo 18 non è stato toccato.
«Sono affermazioni che non meritano commenti. Alla negazione dell’evidenza, a parole senza pudore, voglio rispondere che la normativa ha tratti visibilmente incostituzionali. Verrà scatenata la concorrenza tra aziende non verso la qualità, ma contro i diritti perchè i diritti che hanno un costo si fanno sparire in nome della competizione. Altro che difesa del’articolo 18».

Pezzotta sostiene che il referendum non ha mai portato bene al sindacato.
«Non capisco l’obiezione visto che loro non sono interessati alla questione. Del referendum si occuperà chi, come noi, vuole difendere i diritti dei lavoratori. Noi siamo contrari a modificare l’art.18 e mi pare ci sia una larghissima consapevolezza sull’importanza dei diritti nel mondo del lavoro. Inoltre potrei ricordare che oltre dieci milioni di voti erano stati raccolti dai sindacati confederali nel referendum, non valido per mancanza del quorum, proposto dai radicali e Confindustria contro lo Statuto dei lavoratori».

Alcuni sostengono che la fermezza della Cgil è determinata da Cofferati, Se Cofferati toglie il disturbo le cose cambiano, è così?
«La linea della Cgil è stata costruita collettivamente, è evidente che al segretario generale tocca una maggiore esposizione degli altri, deve gestirla pubblicamente. Ma è una linea condivisa da tutta l’organizzazione. Bisogna solo aspettare che io me ne vada per avere la prova che la linea della Cgil non cambia. In realtà anche in questo caso, siamo di fronte alle intenzioni di alcuni ministri, come Maroni, ad atti intimidatori rivolti non più al segretario che sta lasciando ma al suo successore. Sono volgarità sgradevoli».

Lei e la Cgil siete stati accusati dal presidente del Consiglio e da altri di usare un linguaggio dai toni pericolosi, addirittura contigui con la violenza...
«E’ un’infamia. Ma la cosa è ancora più grave perchè punta a intimidire un’organizzazione di milioni di cittadini. Queste accuse ci vengono da chi, nel dibattito politico, ha dato pessima prova di sè, con un florilegio di calunnie verso tutti: intellettuali, magistrati, giovani dei movimenti pacificti e no global. Adesso è il turno della Cgil. Abbiamo espresso giudizi molto duri sui provvedimenti del governo riferendoci al merito e mai alle persone. Non cambiertemo atteggiamento, manterreno la nostra fermezza. Il 23 marzo scorso, a Roma, ai giovani, ai magistrati, agli intellattuali avevo detto di non farsi intimidire, avevo ben chiaro che cosa sarebbe successo».

Che cosa dirà ai partiti di centro sinistra che incontrerà nei prossimi giorni?
«Illustreremo le nostre preoccupazioni per la situazione economica e sociale, presenteremo le nostre iniziative nel rispetto dell’autonomia e dei ruoli di tutti. Il centro sinistra sarà costretto a scelte nette. Capisco le ragioni delle forze politiche, la delicatezza della vicenda attuale, c’è un problema di rapporto tra le forze centriste e una parte delle organizzazioni sindacali che hanno firmato, per appartenenza e vicinanza ideale. Non mi sfugge il problema, l’unità sindacale è un obiettivo da perseguire. E tuttavia le forze politiche sono chiamate a un giudizio di merito, dovranno votare in Parlamento sul Dpef che, questo è l’aspetto aberrante, conterrà l’accordo firmato. Dovranno dare un voto sul Patto per l’Italia. Ci sono ulteriori questioni che chiamano in causa il centro sinistra: l’accordo siglato da Cisl e Uil conferma e accetta i contenuti della delega sul mercato del lavoro, la somma delle deleghe del governo è contraria alla proposta di legge Amato-Treu in materia di mercato del lavoro e regole. Voglio dire che il provvedimento del governo cancella i contenuti della proposta della sinistra. L’Ulivo deve dire che cosa vuole fare: ha scherzato o no?».

Anche a sinistra c’è una forte preoccupazione per la rottura sindacale.
«Lo comprendo. Ma la sinistra oggi deve guardare e valutare l’obiettivo del governo di snaturare le funzioni del sindacato. Lo vuole ridurre a un erogatore di servizi che oggi sono di responsabilità dello Stato, e il governo è disposto a finanziare queste attività per nuovi enti bilaterali che non hanno niente da spartire con quelli del passato. Di questo stiamo parlando, è un problema di tutti. C’è il rischio di un bipolarismo anche nella rappresenza sindacale, già evidente nel Patto e nel Dpef».

Si sente solo?
«Per la verità no. Anzi proprio in questi giorni sono confortato dal grandissimo affetto che ho trovato nelle Feste dell’Unità e in tutte le iniziative pubbliche che hanno coinvolto anche molti iscritti ai Ds».

E’ pronto l’esposto che aveva annunciato dopo la pubblicazione di alcune lettere di Marco Biagi?
«Presenteremo l’esposto denuncia nei prossimi giorni ai magistrati competenti. Chiediamo che la magistratura faccia piena luce sulle ragioni per le quali una persona spaventata è stata progressivamente privata della protezione della scorta. Chiediamo poi di sapere chi, e per quali ragioni, ha alimentato presso il professor Biagi il timore verso la mia persona, per inesistenti minacce. Chi è stato e perchè l’ha fatto visto che le lettere del professore che ne parlano sono scritte in un periodo nel quale non c’erano polemiche pubbliche, né sul suo lavoro o su altri temi attinenti».

l'Unità 8 luglio 2002
http://www.unita.it

Roderigo
08-07-02, 14:21
Documenti, articoli e commenti sull'accordo separato, da Rassegna sindacale
http://www.rassegna.it/2002/lavoro/articoli/flessibilita/maratona/03.htm

R.