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Visualizza Versione Completa : Aborto: da Strasburgo raccomandazioni fuori luogo



Der Wehrwolf
08-07-02, 18:10
Temi di simile valenza etica sono prerogative della cultura
e del comune sentire del singolo Stato

di Giacomo Stucchi
Presidente XIV Commissione Politiche Unione europea

Il voto di Strasburgo che invita gli stati membri a garantire “un interruzione di gravidanza accessibile a tutti e una facilitazione dei metodi anticoncezionali di emergenza”, ancorché privo di efficacia legislativa, è soprattutto politicamente fuori luogo. Nel senso che il Parlamento europeo non solo non è chiamato a votare alcunché su simili materie, né su molte altre che restano di stretta competenza degli stati membri, ma, facendo esattamente il contrario, rischia di compromettere lo stesso processo di integrazione. È stato giustamente fatto notare, infatti, che mentre in Spagna e Portogallo , l’aborto è consentito solo per motivi terapeutici, o in caso di gravidanza che siano il frutto di violenza carnale, in Irlanda l’aborto è addirittura illegale. In tal senso il popolo irlandese si è già pronunciato con un referendum, così come dovrà fare nella prossima consultazione popolare sulla ratifica del trattato di Nizza. Non sfugge a nessuno, quindi, come la raccomandazione del Parlamento europeo a favore dell’aborto abbia fornito ai sostenitori irlandesi del fronte del “no” all’Europa unita uno straordinario ed efficace strumento propagandistico. Inoltre, ho la sgradevole sensazione che il “colpo di mano” della sinistra parlamentare europea potrebbe essere il primo di una lunga serie di tentativi. Almeno per altri due anni, quanti ne mancano cioè al rinnovo del Parlamento europeo, il cui mandato scadrà nel giugno 2004, è probabile infatti che altri argomenti di estrema importanza sociale diventino oggetto di “approfonditi studi o di documentati rapporti”. Come quelli alla base delle risoluzione parlamentare sull’aborto presentata dalla socialista belga Anne Van Lancker e diventata una bandiera nelle mani di forze politiche ormai al capolinea e, tuttavia, disposte a tutto pur di lasciare una traccia della loro presenza nelle istituzioni europee. Ma torniamo al voto in questione.
Abbiamo già detto che la raccomandazione non ha alcun valore legislativo, ma allora perché tanto clamore? Esistono almeno due ragioni. La prima. Il Parlamento europeo, pur non legiferando alcunché, è pur sempre l’unica assemblea rappresentativa europea eletta direttamente dai popoli e, come tale, la sua volontà ha un alto valore politico. La seconda ragione, invece, risiede nella natura stessa dell’argomento in discussione. Come si è visto, le legislazioni in materia di aborto sono molto dissimili tra i Paesi membri dell’Unione. Persino all’interno degli Stati, qualche volta, non esiste uniformità di vedute. In Italia, tanto per restare a casa nostra, è in vigore una legge, la 194, che permette l’aborto entro tre mesi dal concepimento e, passato quel periodo, solo in caso di rischio di vita della gestante o di malformazione del feto. Tuttavia, nel campo della prevenzione o degli aiuti alle donne che intendano portare avanti la maternità, le regioni possono attuare le politiche che ritengono più idonee. Ed è proprio questo il punto: la garanzia del rispetto della diversità delle scelte e la tutela del diritto alla vita sono legate anche ai valori fondanti, cioè alle radici di ogni comunità regionale, secondo le proprie sensibilità. Il voto del Parlamento di Strasburgo, che invita gli Stati membri ad avere un unico atteggiamento di favore verso l’aborto, va nella direzione contraria e dimostra quanto fondate siano le preoccupazioni della Lega che, oltre ad essere stata la prima a mettere in guardia dal pericolo della perdita delle libertà, della cancellazione delle identità e dei valori storici dei singoli popoli, sulla strada dell’Europa unita, oggi più che mai costituisce un baluardo in difesa della personalità sociale, delle leggi e delle istituzioni politiche distinte. Ai burocrati di Bruxelles e agli europarlamentari come la belga van Lancker, la Lega manda a dire che ai popoli d’Europa non serve una legislazione comune sull’aborto o su altre materie di altrettanta rilevanza sociale, ma un fronte, quello sì comune e insormontabile, a difesa delle loro identità.