Anton Hanga
07-09-09, 18:26
L'Islam nell'istante "unipolare"
:::: 2 Agosto 2005 :::: 11:50 T.U. :::: Analisi :::: Pahlawan Rumi
« Il Mondo si sorregge su quattro colonne: La Saggezza del Sapiente, La Giustizia del Potente,
La Preghiera del Giusto, ed il Coraggio del Valoroso »
(Scritto sul frontale dell’Università di Cordova, XI sec.)
La corrente situazione storica è percepita all’interno della comunità islamica come estremamente negativa. Prodromo dei peggiori aspetti che le vicende umane possono assumere. Chiunque miri a contrapporsi al cosiddetto «Nuovo Ordine Mondiale», dovrebbe tener conto di quale sia la reale situazione della comunità islamica e di alcuni aspetti metapolitici della sua tradizionale visione degli eventi del Mondo, per evitare di cadere preda dello «sguardo Gorgonico» del Mostro che si vorrebbe fronteggiare, la cui natura è molteplice, anzi per eccellenza duale, al di là della parodistica affermazione di unità.
Premessa metafisica. La base dell’Islam è la dottrina del Tawhid, ovvero l’unicità del Divino e la sua assolutezza; dal Principio deriva ogni relativo aspetto, sia esso «benefico» che «malefico»; ogni evento è predestinato dall’Essere Supremo e dalla Sua volontà è determinato. Perfino la più banale concatenazione di causa ed effetto è puramente illusoria, in realtà è determinata dalla manifestazione degli aspetti e delle qualità divine. Cosi’ ogni contrapposizione è di per sé apparente e relativa ed al Principio appartiene ogni esistenza e realtà.
Alla luce della succitata considerazione metafisica, gli eventi storici vengono interpretati come il risultato della provvidenziale azione divina (il cui scopo essenziale è far «ricordare» all’essere umano la sua natura di creatura destinata al servizio ed alla sottomissione al Principio Supremo) e della puramente apparente contrapposizione ad essa operata da un accidente relativo che cerca di «velare» o far «dimenticare» tale Verità: LA VERITÀ. Questo accidente trae la sua origine stessa dalla Volontà principiale e la sua azione è strettamente limitata nei piani della Provvidenza, quindi la sua esistenza è puramente illusoria. Nondimeno la sua più strenua ed assoluta essenza è appunto l’arrogarsi un'esistenza ed un valore metafisico indipendenti ed in questo risiede la sua «connaturata» falsità: esso è l’AVVERSARIO per eccellenza sia sul piano microcosmico che sul quello macrocosmico e viene appunto chiamato, nella tradizione islamica, Shaytan, colui che si oppone. La sua natura è creata, formale e sottile, di «fuoco», così come l’essere umano è di «terra» - non è un angelo caduto, come riferisce la tradizione biblica - e la sua ribellione è sita nella «indipendenza» di giudizio a fronte dell’ordine divino di «prosternarsi» di fronte ad Adamo (su di lui la Pace) per un segreto tra lui ed il suo Creatore. La sua essenza è «prometeica» e la sua massima menzogna consiste nel presentarsi come «arimanico».
Considerazioni metastoriche
Sul piano umano l’azione provvidenziale si manifesta attraverso esseri appositamente prescelti, siano essi Inviati (Mursalin = portatori di una determinata e definita forma tradizionale), Profeti (Anbiya’= rinnovatori all’interno di una forma già preesistente), Santi (Awliya' ar-Rahman [AR] = cooperatori, e continuatori dell'azione dei precedenti e quindi loro eredi spirituali, organizzati in specifiche gerarchie con funzioni proprie nei confronti dei diversi aspetti del creato; gli uomini di buona volontà di evangelica memoria).
Per la sua stessa connaturata tendenza parodistica anche l’Avversario (che ci sia concesso il rifugio dal suo inganno) opera similmente attraverso una gerarchia di creature umane che, come lui stesso, sono le prime vittime della loro illusione, essendo per loro natura «velate» come i servi della Provvidenza sono «svelati» rispetto alla Realtà Principiale.
Nella terminologia propria della tradizione islamica, questi «ingannati» ingannatori sono detti Awliya' ash-shaytan [AS], ed i loro «principi» Dajjalin, o «impostori» (plur. di Dajjal, di cui l’Anticristo apocalittico è l’ultima e più perniciosa manifestazione).
Le forme attuali di tale invertita quanto illusoria gerarchia sono derivazioni di «tradizioni» abrogate. La fonte coranica connette tali parodistiche forme alle tradizione egizia (Sura 20, 60-76, che descrive la sfida tra Seyyidna Musa [Mosè], su di lui la pace, ed i Maghi del Faraone), mentre nelle raccolte delle tradizioni profetiche (Hadith o detti e avvenimenti di Seyyidna Hadrat Muhammed, su di lui la Pace) tali esseri si presentano di volta in volta come Ebrei o come Arabi politeisti (1). Altre fonti tradizionali islamiche connettono tali forze con aspetti ancora più anteriori, antidiluviani, di cui la tradizione egizia e quella ebraica sono in qualche modo eredi. (2) Comunque sia, la base operativa delle loro «azione» risiede sempre nei domini intermedi della forze cosmologiche, e delle influenze erranti; non a caso è sempre attraverso la evocazione di apparenti contrapposizioni riconducibili alla dicotomia cosmologica di Coagulazione e Dissolvimento, che questi impostori per eccellenza creano le loro illusioni.
E nessuna illusione è mai stata più estesa e completa del cosiddetto mondo moderno, nato dalla perversione dell’Occidente cristiano attraverso una secolare ed ininterrotta opera appunto generata dall’alternarsi di tendenze, ideologie e «movimenti» inizialmente coagulanti, quali il protestantesimo, soprattutto nella forme puritano-calviniste, l’illuminismo, il positivismo, le teorie economico-sociali che ne derivano, e le estensioni tuttora attivamente propagate in altre forme tradizionali, quali il sionismo ed il riformismo-modernismo islamico. (3) Tendenze contro le quali ne sono state suscitate di opposte, quali i vari neospiritualismi che hanno imperversato ed imperversano in Europa e nelle Americhe negli ultimi tre secoli sino alle estreme «follie» New Age. Ovviamente l’opposizione tra questi aspetti era ed è puramente illusoria; non a caso un'attenta indagine storica spesso connette elementi che dovrebbero in principio esser inconciliabili, ma che per «strani» casi della storia «si generano» a vicenda. (4) Ma in questa sede non vogliamo dilungarci a narrare singole vicende che l’attento ricercatore potrà meglio trovare riassunte in altre sedi.
Altro carattere proprio della azione degli AS (o «controiniziati» come molti tradizionalisti amano definirli) negli ultimi sette secoli è stato quello di operare preferenzialmente, ma non unicamente, attraverso l’azione economica, culturale e quindi politica, sia palese che occulta, del mondo anglosassone, prima rappresentato dall’Impero Britannico e successivamente dalla «Superpotenza» degli Stati Uniti. Ma questi luoghi di dominio temporale sono lungi dal soddisfare le mire dei loro evocatori, poiché il loro fine è la completa sovversione delle diverse forme della rivelazione divina nei loro centri tradizionali: da Roma a Gerusalemme, fino a Mecca e Medina. (5) Infatti solo l’insediamento definitivo in tali luoghi sacri può permettere l’ulteriore progresso verso nuove fasi della Parodia satanica, la realizzazione illusoria di un Eden da cui il «serpente» fu primordialmente scacciato.
Riteniamo comunque parziale il voler far coincidere i centri controiniziatici esclusivamente con le terre d'Oltreoceano, anche se per forza di cose tali centri devono avere dei luoghi di manifestazione fisica. (6) Peraltro le cosiddette «torri di Satana» sono situate lungo una direttrice che va dal cuore dell'Asia centrale fino al Sudan centrale, spesso a ridosso di ben noti luoghi sacri. (7)
L’azione degli AS è stata comunque già descritta e dettagliatamente spiegata da autori molto più capaci di noi, e sulle vicende storiche dei loro ispirati discepoli gli esperti della teoria cospiratoria si sono lungamente soffermati con diversa capacità di reale comprensione. Perciò in questa sede preferiamo soffermarci sulle meno note modalità di azione degli AR (che Allah santifichi il Loro Segreto).
La gerarchia degli AR è duplice: una di natura regolare, trasmessa attraverso catene interrotte di esseri viventi fin dal Profeta Muhammed (su di lui la Pace), dai quali si dipartono le varie ramificazioni delle regolari ed attive confraternite proprie di ciascuna epoca. (8) Le fonti scritte, più o meno ben interpretate dai vari orientalisti, divergono spesso su tale argomento; spesso tale apparente confusione è dovuta all’uso di una stessa terminologia per indicare gerarchie diverse, alcune specifiche di determinati luoghi o tempi. Non è comunque nostra intenzione inoltrarci in tali considerazioni. Una seconda gerarchia dipende da una trasmissione che non sempre avviene tra viventi ed è in un certo senso dispensatrice di un insegnamento in condizioni straordinarie che solo parzialmente può sostituire, per individui eccezionali, quello proprio della gerarchia «storica». Spesso tali individui per il completamento del loro iter spirituale devono comunque ricollegarsi ai rappresentanti della prima in una forma o in un'altra. Le linee che da questa si dipartono sono dette «uweisi», dal santo yemenita Uweis Qarani, che ricevette una forma di istruzione diretta dal Profeta Muhammad (su di lui la Pace) senza mai incontrarlo fisicamente. Il capo supremo di tal e gerarchia è Hadrat al Khidr (su di lui la pace) ed i suoi più elevati rappresentanti sono detti Afrad, plurale di Fard, o i «separati» appunto. I santi di queste categorie, a differenza degli AR della gerarchia «storica», non intervengono negli eventi terreni se non in casi eccezionali. Alla base di questa gerarchia si trovano i cosiddetti majdhub o «rapiti», folli di Dio che servono in modo inintelligibile le superiori gerarchie; essi intervengono principalmente nei piani sottili ed incorporei del mondo umano, tanto che la loro azione viene interpretata come «folle» agli occhi dei profani.
Come già accennato, solo gli AR della gerarchia storica operano nel mondo profano, anzi ne sono i «reali» responsabili, e la loro azione è perfino più indiretta e difficilmente rilevabile di quella degli AS, soprattutto nelle attuali contingenze. All’interno delle società islamiche tradizionali il veicolo privilegiato di tale influenza era rappresentato dalle confraternite o turuq, nelle cui reti di connessioni familiari e sociali risiedeva il vero potere, indipendentemente da chi, Sultano, Emiro o Califfo, lo esercitasse esteriormente. (9) Tale funzione è sopravvissuta perfino quando, per contingenze storiche, le confraternite si sono dovute formalmente «dissolvere». Attualmente esse sono attive e vitali in tutti i territori tradizionalmente islamici e nei paesi di recente immigrazione, spesso sotto aspetti del tutto informali; anzi, queste «forme di clandestinità» forzata rendono talvolta l’azione sul mondo profano addirittura più efficace. Comunque solo in casi eccezionali questa influenza assume gli aspetti storici di una «cospirazione» o ha delle esteriorizzazioni che possiamo definire «politiche»: il suo scopo non quello di «prendere il controllo degli eventi», ma bensì solo di «limitare i danni». L’obiettivo è la salvaguardia delle possibilità spirituali che fanno di una forma tradizionale quello che essa è, ossia il veicolo per il «ritorno» dell’essere umano alla sua radice sacrale. Questo spiega perché non è raro riscontrare atteggiamenti talvolta contraddittori da parte delle stesse organizzazioni, e perfino organizzazioni che apparentemente si contrappongono l’una all’altra. (10) Contrariamente a quanto «auspicato» dagli AS, il fine dei singoli e delle organizzazioni ispirate dalle gerarchie tradizionali è esattamente l'opposto della Parusia finale: lo scontro «apocalittico» è materia della Provvidenza Divina, non dell’azione dei Santi. Non almeno fino al punto estremo, il cui raggiungimento si vuole ritardare il più possibile. L’esser un «fanatico dell’Apocalisse» automaticamente colloca in un fronte ben preciso di questo «scontro cosmico».
Gli incantesimi dei moderni: maschere dell’Islam contemporaneo
L’immagine che i media occidentali (e questa è una definizione culturale, non geografica) danno del mondo islamico è quanto mai confusa. Di volta in volta l’Islam è
intollerante, se si vuole sottolineare aspetti socialmente o eticamente in contrasto con i punti di vista moderni;
terroristico, quando un’opposizione armata all’azione politica delle potenze occidentali ha un base ideologica di ispirazione islamica, anche se del tutto o parzialmente eterodossa;
legittimo, quando per i più svariati motivi vi è un qualche interesse all’azione di popoli o paesi di cultura islamica: Kosovo, Cecenia, in parte Afghanistan, Bosnia, Kurdistan. In questi casi deliberatamente o meno l'Islam viene aggiunto come ingrediente ad altri fattori quali quelli etnici e nazionali, che poco o nulla hanno a che fare con una forma tradizionale per di sé sovranazionale e plurirazziale. Inoltre, senza coerenza alcuna, diverse «forme» di Islam vengono colorate come più accettabili o meno «pericolose»; i wahhabiti vanno benissimo o comunque sono tollerabili se sauditi, kuwaitiani o ceceni; la Shi’a va bene se irachena ed anti-Saddam; il tasawwuf solo se pacifista con tinte sincretiste e New Age. Ciò non è comunque sorprendente; più sorprendente è che in alcuni ambienti si accettino tali etichette come reali, talvolta perfino tra i musulmani stessi, e senza che si manifestino dubbi sul fatto che tale «confusione» può essere spiegata solo nell’ottica di una grossolana DISINFORMAZIONE. I primi a cadere in questa trappola sono spesso coloro stessi che se ne dichiarano immuni, altrimenti «teorie» accademicamente ineccepibili quanto politicamente irreali quali «la dorsale islamica» nei Balcani non sarebbero mai state enunciate. È evidente che certe nazioni quali Turchia, Albania e popolazioni affini sono manipolate, ma accettare l’etichetta "islamica" fa solo il gioco di chi si vorrebbe contrastare. In Turchia il potere è strettamente e saldamente nelle mani di una minoranza secolarizzata e dalle forti radici controiniziatiche (11), anche se diverse forme di «penetrazione» da parte di organizzazioni iniziatiche islamiche o di loro emanazioni hanno potuto operare una certa tutela degli elementi tradizionali, cosa che viene periodicamente rimessa in gioco (caso esemplare fu il defunto presidente Turuk Ozal, legato alla stessa linea iniziatica del Sultano Abd el Hamid II). L’Albania è un paese del tutto secolarizzato con un elemento islamico anche numericamente ridotto; in Kosovo l’appoggio delle turuq, le confraternite sufi, all’UCK ebbe termine nel momento stesso in cui gli USA entrarono in gioco, con la prevalenza assunta dall’elemento cristiano e secolarizzato (da notare che attualmente le autorità islamiche cossovare si trovano in Bosnia o… in Serbia). La Bosnia è un discorso a parte, ma può esser preso a paradigma della manipolazione occidentale e della miopia in cui può incorrere perfino chi aspira ad opporvisi.
Da un punto di vista più esteriore, il gioco degli AS è attuare, provocare, e perfino solo favorire e ispirare la massiccia repressione esteriore delle popolazioni musulmane che si identifichino come tali. Operata dai loro stessi governi, non fosse che attraverso perenni condizioni di miseria e vessazione economica accompagnata da endemica corruzione, o da governi di nazioni e popoli non musulmani con cui vengono appositamente creati, provocati e fomentati conflitti. Lo scopo è scardinare i sistemi sociali non ancora modernizzati, lasciando come unica alternativa la lotta armata sotto l’egida di una miriade di movimenti e fazioni che hanno una solo cosa in comune: l'adesione alle forme più virulentemente eterodosse della tradizione stessa che dichiarano di volere difendere. Lotta armata che per evidente disparità tecnica ha come unico risultato la creazione di masse diseredate, esauste, sradicate e pronte alla fine ad accettare qualsiasi cosa, ormai con il più pallido ricordo della propria cultura e tradizione. (12)
Allo stesso tempo questi stessi governi (USA & C.) favoriscono la massima tolleranza all’interno delle proprie nazioni, arrivando al parossismo di proteggere sul loro suolo quegli stessi elementi estremizzati che si peritano di combattere agli antipodi. Magari aiutando il formarsi, all’interno della proprie popolazioni, di ulteriori sentimenti di avversione ed intolleranza. Il fine a cui si punta è un musulmano occidentalizzato nei costumi e nello stile di vita, che a fatica continua più o meno la pratica della propria tradizione a puro livello privato, o uno spossessato e perseguitato che ha come massima aspirazione di raggiungere se non altro le condizione materiali del primo. Comunque sia, un essere senza radici che è controllabile in «definiti» canali di comportamento.
I volti dietro le maschere
La Umma contemporanea, in quanto essa è uno dei meno «danneggiati» supporti della rivelazione divina, è sottoposta ad una intensa azione di attacco e penetrazione. Il risultato è la progressiva suddivisione in differenti gruppi e sottogruppi, espressione delle tendenze coagulanti o disgreganti nei confronti della propria tradizione eccitate dal «mondo moderno».
Dal punto di vista islamico (13), esisterà sempre e comunque una maggioranza di credenti che conserveranno il Din (la tradizione islamica) nella sua interezza e ortodossia, anche se le forme che lo hanno permesso finora dovranno probabilmente modificarsi, non essendo alcuna forma immune dalla «infezione» della modernità montante; potremo definire questi ultimi come Musulmani tradizionali. Costoro preservano l’opera compiuta in 14 secoli di trasmissione ininterrotta della tradizione profetica, senza sentire alcuna necessità di riforme o restaurazioni, accettano la realtà delle quattro scuole giuridiche e mantengono strettamente distinti i domini spirituali da quelli giuridici, sono intrinsecamente refrattari ad ogni atteggiamento o costume «moderno» nell’ambito della propria tradizione; non assumono né forme né comportamenti che li facciano in qualche modo identificare come un gruppo o una corrente, né cercano alcun compromesso o affinità con mentalità, costumi o abitudini moderne. Né tanto meno reclamano per questa o quella cultura una qualsivoglia prerogativa di miglior preservazione della religione o miglior capacità di rivivificarla.
Da questi si distinguono tutti coloro che in un modo o nell’altro soccombono alla mentalità moderna, attualmente veicolata dalla cultura angloamericana. Alcuni subiscono principalmente il «fascino» delle idee riformiste e protestantizzanti, con le conseguenti impostazioni razionalistico-positiviste. Così tutta una pletora di movimenti «neo-kharigiti» (Wahhabiti, Salafiti, Dehobandi, Jamiat Tabligh) derivati da preesistenti forme di eterodossia che per mutate condizioni storiche, politiche e culturali sono state rafforzate al contatto con la cultura occidentale, sono penetrate nel seno dell'Islam sunnita, da cui erano in precedenza escluse. Queste ideologie sono solo la premessa ad una completa «desacralizzazione» dell’Islam (esattamente come la Riforma è stata la nutrice del secolarismo occidentale) che finisce per stemperarsi e «dissolversi» in varie forme di modernismo e laicismo.
Altri invece, reagendo a questa tendenza «riformistico-puritana», ormai bisecolare, sono «soggetti» all’opposta corrente, sempre moderna nella sua genesi intellettuale. Questa è tesa ad un tradizionalismo formale e sentimentale che potremmo definire, mutuando le similitudini storiche con la cristianità latina, come controriformistico. Questa nuova «modernizzazione» non a caso trova sia i suoi maggiori esponenti sia i suoi discepoli nelle recentissime comunità islamiche occidentali dall’Europa alle Americhe. Se il campo delle ideologie politiche era ed è quello da cui sono mutuati obiettivi e attitudini nel caso dei riformati, i controriformati prendono l’aspetto di organizzazioni comunitarie con interesse nel sociale, scendendo in competizione con i primi in termini di puritanesimo dei costumi ed applicazione letterale della Sharia. Spesso si tratta vere e proprie turuq (14) esteriorizzate e dominate da elementi di cultura e lingua anglosassone o germanica, le quali raccolgono su basi sentimentali e devozionali sia convertiti occidentali che le nuove generazioni delle comunità immigrate da paesi islamici, nate, cresciute ed educate in Occidente. Questo in sé non sarebbe tanto grave, se le suddette organizzazioni non si peritassero di giudicare e censurare o distorcere gli insegnamenti metafisici che dovrebbero trasmettere, arrivando talvolta per la limitata comprensione dei membri (cooptati attraverso un proselitismo degno delle sette cristiano-protestanti estremiste) a divenire dei banali movimenti neo-spiritualisti, eterodossi anche negli aspetti puramente esteriori della religione. Il principale pericolo che esse costituiscono è dovuto ai mezzi economici e tecnici di cui si possono avvalere ed alla perfetta «simbiosi» con la modernità globalizzante. (15)
Una conferma indiretta delle suddette considerazioni sono stati gli avvenimenti della guerra in Bosnia, nel contesto più generale dei conflitti per la «ristrutturazione» dei Balcani (16). L’apparente fine di tali recenti conflitti è contribuire all’accerchiamento dei paesi est-europei non ancora del tutto «stabilizzati», quali Federazione Russa, Romania e Bulgaria, alle direttive del Nuovo Ordine Mondiale. Ma la particolare virulenza e violenza che ha rivestito la guerra in Bosnia ha avuto un più profondo e inquietante obiettivo finale: lo «sradicamento» prima e l’«assorbimento» poi di comunità islamiche che - fino allora «periferiche» rispetto a molte delle manovre operate su altre popolazioni come quelle nordafricane e mediorientali - potevano rappresentare una «scomoda» testimonianza di un Islam ben diverso dai paradigmi definiti a Londra o a Washington. Quanto questa operazione abbia avuto successo è difficile dire, ma il limitato impatto tuttora ottenuto dalla propaganda «wahhabita», unitamente ad una certa «incompatibilità» etnica con la cultura anglosassone, stanno rallentando questo processo. Indubbiamente l’intero piano sarebbe stata molto più difficilmente operato se le azioni contro le popolazioni musulmane non fossero state così «stupidamente» violente, cosa peraltro già avvenuta nei precedenti conflitti balcanici (17).
Queste considerazioni, limitate nel loro schematismo, vorrebbero aiutare a comprendere diverse «apparenti» contraddizioni, che le odierne organizzazioni riformate e controriformate «islamiche» presentano; infatti operano solo apparenti ruoli contrapposti che alla fine «devono» contribuire ad una «nuova omogenea» fase dell'opera parodica.
[CONTINUA...]
:::: 2 Agosto 2005 :::: 11:50 T.U. :::: Analisi :::: Pahlawan Rumi
« Il Mondo si sorregge su quattro colonne: La Saggezza del Sapiente, La Giustizia del Potente,
La Preghiera del Giusto, ed il Coraggio del Valoroso »
(Scritto sul frontale dell’Università di Cordova, XI sec.)
La corrente situazione storica è percepita all’interno della comunità islamica come estremamente negativa. Prodromo dei peggiori aspetti che le vicende umane possono assumere. Chiunque miri a contrapporsi al cosiddetto «Nuovo Ordine Mondiale», dovrebbe tener conto di quale sia la reale situazione della comunità islamica e di alcuni aspetti metapolitici della sua tradizionale visione degli eventi del Mondo, per evitare di cadere preda dello «sguardo Gorgonico» del Mostro che si vorrebbe fronteggiare, la cui natura è molteplice, anzi per eccellenza duale, al di là della parodistica affermazione di unità.
Premessa metafisica. La base dell’Islam è la dottrina del Tawhid, ovvero l’unicità del Divino e la sua assolutezza; dal Principio deriva ogni relativo aspetto, sia esso «benefico» che «malefico»; ogni evento è predestinato dall’Essere Supremo e dalla Sua volontà è determinato. Perfino la più banale concatenazione di causa ed effetto è puramente illusoria, in realtà è determinata dalla manifestazione degli aspetti e delle qualità divine. Cosi’ ogni contrapposizione è di per sé apparente e relativa ed al Principio appartiene ogni esistenza e realtà.
Alla luce della succitata considerazione metafisica, gli eventi storici vengono interpretati come il risultato della provvidenziale azione divina (il cui scopo essenziale è far «ricordare» all’essere umano la sua natura di creatura destinata al servizio ed alla sottomissione al Principio Supremo) e della puramente apparente contrapposizione ad essa operata da un accidente relativo che cerca di «velare» o far «dimenticare» tale Verità: LA VERITÀ. Questo accidente trae la sua origine stessa dalla Volontà principiale e la sua azione è strettamente limitata nei piani della Provvidenza, quindi la sua esistenza è puramente illusoria. Nondimeno la sua più strenua ed assoluta essenza è appunto l’arrogarsi un'esistenza ed un valore metafisico indipendenti ed in questo risiede la sua «connaturata» falsità: esso è l’AVVERSARIO per eccellenza sia sul piano microcosmico che sul quello macrocosmico e viene appunto chiamato, nella tradizione islamica, Shaytan, colui che si oppone. La sua natura è creata, formale e sottile, di «fuoco», così come l’essere umano è di «terra» - non è un angelo caduto, come riferisce la tradizione biblica - e la sua ribellione è sita nella «indipendenza» di giudizio a fronte dell’ordine divino di «prosternarsi» di fronte ad Adamo (su di lui la Pace) per un segreto tra lui ed il suo Creatore. La sua essenza è «prometeica» e la sua massima menzogna consiste nel presentarsi come «arimanico».
Considerazioni metastoriche
Sul piano umano l’azione provvidenziale si manifesta attraverso esseri appositamente prescelti, siano essi Inviati (Mursalin = portatori di una determinata e definita forma tradizionale), Profeti (Anbiya’= rinnovatori all’interno di una forma già preesistente), Santi (Awliya' ar-Rahman [AR] = cooperatori, e continuatori dell'azione dei precedenti e quindi loro eredi spirituali, organizzati in specifiche gerarchie con funzioni proprie nei confronti dei diversi aspetti del creato; gli uomini di buona volontà di evangelica memoria).
Per la sua stessa connaturata tendenza parodistica anche l’Avversario (che ci sia concesso il rifugio dal suo inganno) opera similmente attraverso una gerarchia di creature umane che, come lui stesso, sono le prime vittime della loro illusione, essendo per loro natura «velate» come i servi della Provvidenza sono «svelati» rispetto alla Realtà Principiale.
Nella terminologia propria della tradizione islamica, questi «ingannati» ingannatori sono detti Awliya' ash-shaytan [AS], ed i loro «principi» Dajjalin, o «impostori» (plur. di Dajjal, di cui l’Anticristo apocalittico è l’ultima e più perniciosa manifestazione).
Le forme attuali di tale invertita quanto illusoria gerarchia sono derivazioni di «tradizioni» abrogate. La fonte coranica connette tali parodistiche forme alle tradizione egizia (Sura 20, 60-76, che descrive la sfida tra Seyyidna Musa [Mosè], su di lui la pace, ed i Maghi del Faraone), mentre nelle raccolte delle tradizioni profetiche (Hadith o detti e avvenimenti di Seyyidna Hadrat Muhammed, su di lui la Pace) tali esseri si presentano di volta in volta come Ebrei o come Arabi politeisti (1). Altre fonti tradizionali islamiche connettono tali forze con aspetti ancora più anteriori, antidiluviani, di cui la tradizione egizia e quella ebraica sono in qualche modo eredi. (2) Comunque sia, la base operativa delle loro «azione» risiede sempre nei domini intermedi della forze cosmologiche, e delle influenze erranti; non a caso è sempre attraverso la evocazione di apparenti contrapposizioni riconducibili alla dicotomia cosmologica di Coagulazione e Dissolvimento, che questi impostori per eccellenza creano le loro illusioni.
E nessuna illusione è mai stata più estesa e completa del cosiddetto mondo moderno, nato dalla perversione dell’Occidente cristiano attraverso una secolare ed ininterrotta opera appunto generata dall’alternarsi di tendenze, ideologie e «movimenti» inizialmente coagulanti, quali il protestantesimo, soprattutto nella forme puritano-calviniste, l’illuminismo, il positivismo, le teorie economico-sociali che ne derivano, e le estensioni tuttora attivamente propagate in altre forme tradizionali, quali il sionismo ed il riformismo-modernismo islamico. (3) Tendenze contro le quali ne sono state suscitate di opposte, quali i vari neospiritualismi che hanno imperversato ed imperversano in Europa e nelle Americhe negli ultimi tre secoli sino alle estreme «follie» New Age. Ovviamente l’opposizione tra questi aspetti era ed è puramente illusoria; non a caso un'attenta indagine storica spesso connette elementi che dovrebbero in principio esser inconciliabili, ma che per «strani» casi della storia «si generano» a vicenda. (4) Ma in questa sede non vogliamo dilungarci a narrare singole vicende che l’attento ricercatore potrà meglio trovare riassunte in altre sedi.
Altro carattere proprio della azione degli AS (o «controiniziati» come molti tradizionalisti amano definirli) negli ultimi sette secoli è stato quello di operare preferenzialmente, ma non unicamente, attraverso l’azione economica, culturale e quindi politica, sia palese che occulta, del mondo anglosassone, prima rappresentato dall’Impero Britannico e successivamente dalla «Superpotenza» degli Stati Uniti. Ma questi luoghi di dominio temporale sono lungi dal soddisfare le mire dei loro evocatori, poiché il loro fine è la completa sovversione delle diverse forme della rivelazione divina nei loro centri tradizionali: da Roma a Gerusalemme, fino a Mecca e Medina. (5) Infatti solo l’insediamento definitivo in tali luoghi sacri può permettere l’ulteriore progresso verso nuove fasi della Parodia satanica, la realizzazione illusoria di un Eden da cui il «serpente» fu primordialmente scacciato.
Riteniamo comunque parziale il voler far coincidere i centri controiniziatici esclusivamente con le terre d'Oltreoceano, anche se per forza di cose tali centri devono avere dei luoghi di manifestazione fisica. (6) Peraltro le cosiddette «torri di Satana» sono situate lungo una direttrice che va dal cuore dell'Asia centrale fino al Sudan centrale, spesso a ridosso di ben noti luoghi sacri. (7)
L’azione degli AS è stata comunque già descritta e dettagliatamente spiegata da autori molto più capaci di noi, e sulle vicende storiche dei loro ispirati discepoli gli esperti della teoria cospiratoria si sono lungamente soffermati con diversa capacità di reale comprensione. Perciò in questa sede preferiamo soffermarci sulle meno note modalità di azione degli AR (che Allah santifichi il Loro Segreto).
La gerarchia degli AR è duplice: una di natura regolare, trasmessa attraverso catene interrotte di esseri viventi fin dal Profeta Muhammed (su di lui la Pace), dai quali si dipartono le varie ramificazioni delle regolari ed attive confraternite proprie di ciascuna epoca. (8) Le fonti scritte, più o meno ben interpretate dai vari orientalisti, divergono spesso su tale argomento; spesso tale apparente confusione è dovuta all’uso di una stessa terminologia per indicare gerarchie diverse, alcune specifiche di determinati luoghi o tempi. Non è comunque nostra intenzione inoltrarci in tali considerazioni. Una seconda gerarchia dipende da una trasmissione che non sempre avviene tra viventi ed è in un certo senso dispensatrice di un insegnamento in condizioni straordinarie che solo parzialmente può sostituire, per individui eccezionali, quello proprio della gerarchia «storica». Spesso tali individui per il completamento del loro iter spirituale devono comunque ricollegarsi ai rappresentanti della prima in una forma o in un'altra. Le linee che da questa si dipartono sono dette «uweisi», dal santo yemenita Uweis Qarani, che ricevette una forma di istruzione diretta dal Profeta Muhammad (su di lui la Pace) senza mai incontrarlo fisicamente. Il capo supremo di tal e gerarchia è Hadrat al Khidr (su di lui la pace) ed i suoi più elevati rappresentanti sono detti Afrad, plurale di Fard, o i «separati» appunto. I santi di queste categorie, a differenza degli AR della gerarchia «storica», non intervengono negli eventi terreni se non in casi eccezionali. Alla base di questa gerarchia si trovano i cosiddetti majdhub o «rapiti», folli di Dio che servono in modo inintelligibile le superiori gerarchie; essi intervengono principalmente nei piani sottili ed incorporei del mondo umano, tanto che la loro azione viene interpretata come «folle» agli occhi dei profani.
Come già accennato, solo gli AR della gerarchia storica operano nel mondo profano, anzi ne sono i «reali» responsabili, e la loro azione è perfino più indiretta e difficilmente rilevabile di quella degli AS, soprattutto nelle attuali contingenze. All’interno delle società islamiche tradizionali il veicolo privilegiato di tale influenza era rappresentato dalle confraternite o turuq, nelle cui reti di connessioni familiari e sociali risiedeva il vero potere, indipendentemente da chi, Sultano, Emiro o Califfo, lo esercitasse esteriormente. (9) Tale funzione è sopravvissuta perfino quando, per contingenze storiche, le confraternite si sono dovute formalmente «dissolvere». Attualmente esse sono attive e vitali in tutti i territori tradizionalmente islamici e nei paesi di recente immigrazione, spesso sotto aspetti del tutto informali; anzi, queste «forme di clandestinità» forzata rendono talvolta l’azione sul mondo profano addirittura più efficace. Comunque solo in casi eccezionali questa influenza assume gli aspetti storici di una «cospirazione» o ha delle esteriorizzazioni che possiamo definire «politiche»: il suo scopo non quello di «prendere il controllo degli eventi», ma bensì solo di «limitare i danni». L’obiettivo è la salvaguardia delle possibilità spirituali che fanno di una forma tradizionale quello che essa è, ossia il veicolo per il «ritorno» dell’essere umano alla sua radice sacrale. Questo spiega perché non è raro riscontrare atteggiamenti talvolta contraddittori da parte delle stesse organizzazioni, e perfino organizzazioni che apparentemente si contrappongono l’una all’altra. (10) Contrariamente a quanto «auspicato» dagli AS, il fine dei singoli e delle organizzazioni ispirate dalle gerarchie tradizionali è esattamente l'opposto della Parusia finale: lo scontro «apocalittico» è materia della Provvidenza Divina, non dell’azione dei Santi. Non almeno fino al punto estremo, il cui raggiungimento si vuole ritardare il più possibile. L’esser un «fanatico dell’Apocalisse» automaticamente colloca in un fronte ben preciso di questo «scontro cosmico».
Gli incantesimi dei moderni: maschere dell’Islam contemporaneo
L’immagine che i media occidentali (e questa è una definizione culturale, non geografica) danno del mondo islamico è quanto mai confusa. Di volta in volta l’Islam è
intollerante, se si vuole sottolineare aspetti socialmente o eticamente in contrasto con i punti di vista moderni;
terroristico, quando un’opposizione armata all’azione politica delle potenze occidentali ha un base ideologica di ispirazione islamica, anche se del tutto o parzialmente eterodossa;
legittimo, quando per i più svariati motivi vi è un qualche interesse all’azione di popoli o paesi di cultura islamica: Kosovo, Cecenia, in parte Afghanistan, Bosnia, Kurdistan. In questi casi deliberatamente o meno l'Islam viene aggiunto come ingrediente ad altri fattori quali quelli etnici e nazionali, che poco o nulla hanno a che fare con una forma tradizionale per di sé sovranazionale e plurirazziale. Inoltre, senza coerenza alcuna, diverse «forme» di Islam vengono colorate come più accettabili o meno «pericolose»; i wahhabiti vanno benissimo o comunque sono tollerabili se sauditi, kuwaitiani o ceceni; la Shi’a va bene se irachena ed anti-Saddam; il tasawwuf solo se pacifista con tinte sincretiste e New Age. Ciò non è comunque sorprendente; più sorprendente è che in alcuni ambienti si accettino tali etichette come reali, talvolta perfino tra i musulmani stessi, e senza che si manifestino dubbi sul fatto che tale «confusione» può essere spiegata solo nell’ottica di una grossolana DISINFORMAZIONE. I primi a cadere in questa trappola sono spesso coloro stessi che se ne dichiarano immuni, altrimenti «teorie» accademicamente ineccepibili quanto politicamente irreali quali «la dorsale islamica» nei Balcani non sarebbero mai state enunciate. È evidente che certe nazioni quali Turchia, Albania e popolazioni affini sono manipolate, ma accettare l’etichetta "islamica" fa solo il gioco di chi si vorrebbe contrastare. In Turchia il potere è strettamente e saldamente nelle mani di una minoranza secolarizzata e dalle forti radici controiniziatiche (11), anche se diverse forme di «penetrazione» da parte di organizzazioni iniziatiche islamiche o di loro emanazioni hanno potuto operare una certa tutela degli elementi tradizionali, cosa che viene periodicamente rimessa in gioco (caso esemplare fu il defunto presidente Turuk Ozal, legato alla stessa linea iniziatica del Sultano Abd el Hamid II). L’Albania è un paese del tutto secolarizzato con un elemento islamico anche numericamente ridotto; in Kosovo l’appoggio delle turuq, le confraternite sufi, all’UCK ebbe termine nel momento stesso in cui gli USA entrarono in gioco, con la prevalenza assunta dall’elemento cristiano e secolarizzato (da notare che attualmente le autorità islamiche cossovare si trovano in Bosnia o… in Serbia). La Bosnia è un discorso a parte, ma può esser preso a paradigma della manipolazione occidentale e della miopia in cui può incorrere perfino chi aspira ad opporvisi.
Da un punto di vista più esteriore, il gioco degli AS è attuare, provocare, e perfino solo favorire e ispirare la massiccia repressione esteriore delle popolazioni musulmane che si identifichino come tali. Operata dai loro stessi governi, non fosse che attraverso perenni condizioni di miseria e vessazione economica accompagnata da endemica corruzione, o da governi di nazioni e popoli non musulmani con cui vengono appositamente creati, provocati e fomentati conflitti. Lo scopo è scardinare i sistemi sociali non ancora modernizzati, lasciando come unica alternativa la lotta armata sotto l’egida di una miriade di movimenti e fazioni che hanno una solo cosa in comune: l'adesione alle forme più virulentemente eterodosse della tradizione stessa che dichiarano di volere difendere. Lotta armata che per evidente disparità tecnica ha come unico risultato la creazione di masse diseredate, esauste, sradicate e pronte alla fine ad accettare qualsiasi cosa, ormai con il più pallido ricordo della propria cultura e tradizione. (12)
Allo stesso tempo questi stessi governi (USA & C.) favoriscono la massima tolleranza all’interno delle proprie nazioni, arrivando al parossismo di proteggere sul loro suolo quegli stessi elementi estremizzati che si peritano di combattere agli antipodi. Magari aiutando il formarsi, all’interno della proprie popolazioni, di ulteriori sentimenti di avversione ed intolleranza. Il fine a cui si punta è un musulmano occidentalizzato nei costumi e nello stile di vita, che a fatica continua più o meno la pratica della propria tradizione a puro livello privato, o uno spossessato e perseguitato che ha come massima aspirazione di raggiungere se non altro le condizione materiali del primo. Comunque sia, un essere senza radici che è controllabile in «definiti» canali di comportamento.
I volti dietro le maschere
La Umma contemporanea, in quanto essa è uno dei meno «danneggiati» supporti della rivelazione divina, è sottoposta ad una intensa azione di attacco e penetrazione. Il risultato è la progressiva suddivisione in differenti gruppi e sottogruppi, espressione delle tendenze coagulanti o disgreganti nei confronti della propria tradizione eccitate dal «mondo moderno».
Dal punto di vista islamico (13), esisterà sempre e comunque una maggioranza di credenti che conserveranno il Din (la tradizione islamica) nella sua interezza e ortodossia, anche se le forme che lo hanno permesso finora dovranno probabilmente modificarsi, non essendo alcuna forma immune dalla «infezione» della modernità montante; potremo definire questi ultimi come Musulmani tradizionali. Costoro preservano l’opera compiuta in 14 secoli di trasmissione ininterrotta della tradizione profetica, senza sentire alcuna necessità di riforme o restaurazioni, accettano la realtà delle quattro scuole giuridiche e mantengono strettamente distinti i domini spirituali da quelli giuridici, sono intrinsecamente refrattari ad ogni atteggiamento o costume «moderno» nell’ambito della propria tradizione; non assumono né forme né comportamenti che li facciano in qualche modo identificare come un gruppo o una corrente, né cercano alcun compromesso o affinità con mentalità, costumi o abitudini moderne. Né tanto meno reclamano per questa o quella cultura una qualsivoglia prerogativa di miglior preservazione della religione o miglior capacità di rivivificarla.
Da questi si distinguono tutti coloro che in un modo o nell’altro soccombono alla mentalità moderna, attualmente veicolata dalla cultura angloamericana. Alcuni subiscono principalmente il «fascino» delle idee riformiste e protestantizzanti, con le conseguenti impostazioni razionalistico-positiviste. Così tutta una pletora di movimenti «neo-kharigiti» (Wahhabiti, Salafiti, Dehobandi, Jamiat Tabligh) derivati da preesistenti forme di eterodossia che per mutate condizioni storiche, politiche e culturali sono state rafforzate al contatto con la cultura occidentale, sono penetrate nel seno dell'Islam sunnita, da cui erano in precedenza escluse. Queste ideologie sono solo la premessa ad una completa «desacralizzazione» dell’Islam (esattamente come la Riforma è stata la nutrice del secolarismo occidentale) che finisce per stemperarsi e «dissolversi» in varie forme di modernismo e laicismo.
Altri invece, reagendo a questa tendenza «riformistico-puritana», ormai bisecolare, sono «soggetti» all’opposta corrente, sempre moderna nella sua genesi intellettuale. Questa è tesa ad un tradizionalismo formale e sentimentale che potremmo definire, mutuando le similitudini storiche con la cristianità latina, come controriformistico. Questa nuova «modernizzazione» non a caso trova sia i suoi maggiori esponenti sia i suoi discepoli nelle recentissime comunità islamiche occidentali dall’Europa alle Americhe. Se il campo delle ideologie politiche era ed è quello da cui sono mutuati obiettivi e attitudini nel caso dei riformati, i controriformati prendono l’aspetto di organizzazioni comunitarie con interesse nel sociale, scendendo in competizione con i primi in termini di puritanesimo dei costumi ed applicazione letterale della Sharia. Spesso si tratta vere e proprie turuq (14) esteriorizzate e dominate da elementi di cultura e lingua anglosassone o germanica, le quali raccolgono su basi sentimentali e devozionali sia convertiti occidentali che le nuove generazioni delle comunità immigrate da paesi islamici, nate, cresciute ed educate in Occidente. Questo in sé non sarebbe tanto grave, se le suddette organizzazioni non si peritassero di giudicare e censurare o distorcere gli insegnamenti metafisici che dovrebbero trasmettere, arrivando talvolta per la limitata comprensione dei membri (cooptati attraverso un proselitismo degno delle sette cristiano-protestanti estremiste) a divenire dei banali movimenti neo-spiritualisti, eterodossi anche negli aspetti puramente esteriori della religione. Il principale pericolo che esse costituiscono è dovuto ai mezzi economici e tecnici di cui si possono avvalere ed alla perfetta «simbiosi» con la modernità globalizzante. (15)
Una conferma indiretta delle suddette considerazioni sono stati gli avvenimenti della guerra in Bosnia, nel contesto più generale dei conflitti per la «ristrutturazione» dei Balcani (16). L’apparente fine di tali recenti conflitti è contribuire all’accerchiamento dei paesi est-europei non ancora del tutto «stabilizzati», quali Federazione Russa, Romania e Bulgaria, alle direttive del Nuovo Ordine Mondiale. Ma la particolare virulenza e violenza che ha rivestito la guerra in Bosnia ha avuto un più profondo e inquietante obiettivo finale: lo «sradicamento» prima e l’«assorbimento» poi di comunità islamiche che - fino allora «periferiche» rispetto a molte delle manovre operate su altre popolazioni come quelle nordafricane e mediorientali - potevano rappresentare una «scomoda» testimonianza di un Islam ben diverso dai paradigmi definiti a Londra o a Washington. Quanto questa operazione abbia avuto successo è difficile dire, ma il limitato impatto tuttora ottenuto dalla propaganda «wahhabita», unitamente ad una certa «incompatibilità» etnica con la cultura anglosassone, stanno rallentando questo processo. Indubbiamente l’intero piano sarebbe stata molto più difficilmente operato se le azioni contro le popolazioni musulmane non fossero state così «stupidamente» violente, cosa peraltro già avvenuta nei precedenti conflitti balcanici (17).
Queste considerazioni, limitate nel loro schematismo, vorrebbero aiutare a comprendere diverse «apparenti» contraddizioni, che le odierne organizzazioni riformate e controriformate «islamiche» presentano; infatti operano solo apparenti ruoli contrapposti che alla fine «devono» contribuire ad una «nuova omogenea» fase dell'opera parodica.
[CONTINUA...]