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Visualizza Versione Completa : Tg3 in «agitazione», la Rai frena la tv federalista



Il Patriota
11-07-02, 13:08
Il direttore generale dà ragione a Di Bella «scavalcato» dal suo vice. Petruccioli (Vigilanza): produzione più articolata, ma resterà unitaria



Saccà contro il piano del «telegiornale del Nord» del leghista Bracalini. Norme più rigide per i programmi locali


ROMA - Rai in subbuglio dopo la «prova generale» della tv federalista di domenica e per il caso Bracalini, il vicedirettore del Tg3 da Milano di area leghista (con delega per la nuova edizione delle 12) che ha inviato al direttore generale Agostino Saccà e ai consiglieri di amministrazione un piano editoriale con giudizi sul passato (la Rai di Milano sarebbe stata «trasformata in una colonia romana, in un campo libero delle troupe romane») e progetti dettagliati: una tv «non più schiava di Roma» e che chiuda con «l’informazione ossequiente romana» e con un giornalismo romano «spesso asservito e comunque associato al potere, quando non se ne fa complice». Bracalini conclude chiedendo l’assunzione di «sei giornalisti giovani e disposti al sacrificio». L’assemblea del Tg3 ha proclamato lo stato di agitazione e ha chiesto al direttore Antonio Di Bella di ritirare la delega a Bracalini. L’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai (filo-Ulivo) accusa Bracalini di essersi «autoproclamato direttore di testata: è vicina la dissoluzione delle gerarchie». Il Comitato di redazione della sede di Torino giudica «preoccupanti gli atti e le dichiarazioni di Bracalini». Ed è probabile che del caso si discuterà nel Consiglio di amministrazione di mercoledì prossimo.

SACCA’ E BALDASSARRE - Di Bella ha scritto al presidente della Rai Antonio Baldassarre chiedendo una presa di posizione sulla vicenda e il rispetto delle prerogative dei direttori giornalistici sulla responsabilità della linea editoriale. Il documento Bracalini girava da giorni per i corridoi Rai. Il responsabile della Divisione tv 2, Giuseppe Cereda, lo ha ha persino analizzato giudicando «troppo onerose» le richieste (le sei assunzioni). Saccà aveva già inviato una lettera «di stigmatizzazione» a Bracalini dopo la sua cronaca dello Speciale Pontida su Raidue del 23 giugno. Per questa ragione ieri, in un primo momento, Saccà si è irritato per la lettera di Di Bella a Baldassarre («sto seguendo la faccenda da giorni e adesso...»). Ma poi il direttore generale (che secondo la versione ufficiale Rai solo ieri avrebbe letto il documento Bracalini, ma resta da capire come mai un suo stretto collaboratore come Cereda lo avesse già esaminato) ha chiamato Di Bella confermando che la Rai rispetta «il rapporto gerarchico e dei contratti di lavoro» e che quindi «spetta solo ai direttori avanzare proposte al direttore generale». Saccà avrebbe promesso al direttore del Tg3 una lettera, sia a lui che a Bracalini, di definitivo chiarimento. Nel frattempo Saccà avrebbe chiesto da Bracalini la fine di ogni sua «esternazione» (infatti ieri l’interessato si limitava a un neutro «preferisco aspettare prima di fare dichiarazioni»). Il consigliere Luigi Zanda, area Ulivo, ironizza: «Mi pare che le dichiarazioni di Bracalini svelino la megalomania di chi è convinto, da solo, di cambiare la storia Rai. E trovo gravissimo che non abbia smentito molte espressioni offensive. Invece di arginare polemiche la Rai dovrebbe studiare seriamente un progetto di tv federalista». Nel frattempo il cda ha votato una direttiva di «freno» per i distacchi delle sedi regionali. D’ora in poi la richiesta (l’idea è stata del consigliere Carmine Donzelli, Ds) dovrà essere esaminata dal Direttore della Divisione 1, dal direttore di Raitre, dal Marketing strategico e approvata dal direttore generale. Ma il consigliere leghista Ettore Adalberto Albertoni avverte: «Quell’esperimento è il primo effetto di un processo di cambiamento del servizio pubblico».


I POLITICI - Dal governo il ministro Maurizio Gasparri minimizza («Bracalini? Non so niente, mai sentito nominare»). Alessio Butti, An, chiede: «Un Tg al Nord? Ma dov’è il problema? I toni usati da Bracalini possono far discutere e in qualche caso non essere condivisibili, ma come non comprendere l’azione di un giornalista, vicedirettore del Tg3 , che si trova ad agire e lavorare nella redazione più militarizzata a sinistra che il servizio pubblico abbia conosciuto?». L’Ulivo insorge. Giuseppe Giulietti, Ds, va al sodo: «Non facciamo gli ipocriti: la spiegazione è che Bossi sta chiedendo a Berlusconi il rispetto di un accordo politico preciso, che prevede un po’ di redattori capo nelle sedi regionali del Nord Italia». Claudio Petruccioli, Ds, presidente della Vigilanza: «Non credo si arriverà ad una scomposizione della produzione televisiva. È evidente che ci sarà un’articolazione, ma su un tronco che resterà unitario».


NOMINE E CASO SANTORO - Ieri il Cda ha varato alcune nomine. I vice di Antonio Bagnardi a Televideo saranno Camillo Tommasi di Vignano (confermato), Marcello Masi, Sandro Roazzi e Fabio Scaramucci. Sandro Testi sarà condirettore di Rai International . Riccardo Berti dirigerà i canali di pubblica utilità della radiofonia. Carlo Nardello andrà a capo del Marketing strategico. Nessuna nomina alle Tribune Politiche : resta sospesa la candidatura a vice di Simonetta Faverio, ex deputato della Lega. Sul suo nome ci sarebbero le «perplessità» dei consiglieri Donzelli e Zanda (Ulivo) e di Marco Staderini (Udc). Michele Santoro ha inviato una lettera a Baldassarre in cui manifesta «completa disponibilità a favorire la conclusione della nostra vicenda. Qualora il Cda deliberasse, come io auspico, che Sciuscià continui, sarei tuttavia pronto ad aprire un tavolo di lavoro con il direttore generale per studiare nuove iniziative».