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Visualizza Versione Completa : Ci date una mano ? .. per un'Europa Federale ....



Europa Plurale
13-07-02, 10:06
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


Cari amici,
seguo da anni, come federalista europeo, il dibattito interno al Partito Repubbicano.
Pur essendo piuttosto lontano dalle vostre radici culturali sono spesso rimasto affascinato da alcune vostre figure storiche : in particolare da Luciano Bolis.
Grande antifascista, federalista europeo, repubblicano.
Il suo libro autobiografico : Il mio granello di sabbia, meriterebbe di essere letto in ogni scuola.
Con alcuni amici federalisti abbiamo aperto un sito web ed una rivista nel quale vorremmo inserire materiale anche su Luciano Bolis.
L'indirizzo per questa ed altre collaborazioni è :

http://europaplurale.supereva.it

Un caloroso (in ogni senso !) saluto

Francesco Lauria
coordinatore rivista ed associazione EUROPA PLURALE
per un federalismo globale.

nuvolarossa
13-07-02, 18:16
Diamo il benvenuto a Europa Plurale sulle pagine del Forum dei Repubblicani Italiani
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Ti segnaliamo che esiste un Forum dedicato alla specifica materia che piu' ti interessa......:
http://www.politicaonline.net/forum/forumdisplay.php?s=&forumid=42
che potreste "vivificare" con la vostra presenza.
Ho visitato il vostro sito.....simpatico....ho visto che avete una sezione dedicata ai links.
Anche noi sul Forum abbiamo una sezione
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=1930
dedicata ai links....ed ovviamente vi proponiamo il reciproco scambio....:

Un saluto cordiale.

Europa Plurale
14-07-02, 20:34
Domani verrà effettuato il link sul nostro sito.
Sarebbe comunque interessante avere contributi repubblicani ed in particolare "mazziniani" sul processo che porterà alla federazione europea.
E, per noi federalisti integrali, alla società federalista.

Saluti,
per EUROPA PLURALE
Francesco Lauria

nuvolarossa
01-08-02, 21:53
Antonio Russo: Ancora censure contro il radicale-giornalista

L'università di Udine vieta la dedica ad Antonio Russo di un convegno sull'informazione. L'imposizione decisa dal preside della facoltà di Lingue e da alcuni finanziatori, che hanno imposto agli organizzatori di eliminare la menzione del radicale giornalista.
Roma, 16 gennaio 2002 - Francesco Lauria, studente di scienze internazionali diplomatiche presso l'università di Trieste e federalista europeo, fino a qualche giorno fa era membro del comitato organizzatore del convegno supportato dalla facoltà di Relazioni Pubbliche di Gorizia,sede staccata di Trieste. "Questo convegno si terrà il 26 e 27 febbraio 2002 a Gorizia, ma non vedrete mai le dediche ad Antonio Russo - afferma Francesco Lauria - per il semplice motivo che è stato deciso di togliere ogni riferimento ufficiale alla sua figura" risponde Lauria ad un'intervista di Lorenzo Rendi per i microfoni di Radio Radicale

I primi sospetti

"In un primo momento l'università aveva deciso di affiancare ad Antonio la figura di Maria Grazia Cutuli, in modo da limitare la portata di questa dedica. Dopo una lunga riflessione - continua - abbiamo deciso di accettare, per accomunare due storie estremamente diverse, ma con uno stesso epilogo".

"Dobbiamo essere più politically correct"

Fin qui tutto bene, ma i giovani studenti cominciano ad avere sospetti quando l'università di Udine decide di cambiare titolo al convegno "La prima azione scorretta è stata il cambio di titolo - racconta Lauria - trasformato da 'Comunicazione: il potere di costruire verità' a 'Comunicazione:il potere di costrure realtà', più potically correct."

"Antonio Russo non deve comparire"

La denuncia di Lauria è molto chiara: "La mazzata finale è stata la comunicazione da parte dell'università di Udine del fatto che la dedica ad Antonio Russo non si doveva fare, con motivazioni molto confuse: ufficiosamente si può dire che i finanziatori di questo convegno, che ha un budget intorno ai 30 milioni,e alcune figure istituzionali dell'università di Udine hanno chiesto che questa dedica venisse tolta".

Tanti forse ma nessun perchè

Lauria azzarda ipotesi, nonostante non gli siano state date delle spiegazioni dettagliate e ufficiali sul perchè di questa decisione: "Non ho la certezza - dice - ma è evidente che le responsabilità sono da attribuirsi alla facoltà di Lingue e Letterature Straniere, in particolare al preside, Andrea Csillaghy, di cui potete trovare tutti i riferimenti sul sito www.uniud.it". Abbiamo provato a contattare più volte il preside Csillaghy, ma non siamo riusciti a parlarci.

"I radicali strumentalizzano Russo"

La facoltà ha deciso di vietare ogni riferimento e ogni link, sul proprio sito, a Radio Radicale e alla Lista Federalista Europea, spiegando che i federalisti e i radicali strumentalizzerebbero la morte di Antonio. La dedica ad Antonio Russo, quindi, formalmente non si può fare. E' stato concesso un piccolo riferimento in un angolo degli atti del convegno, accompagnato con una decina di altri nomi di giornalisti deceduti.

Schiacciati da interessi più grandi

Francesco Lauria conclude addolorato: "Io mi sono dimesso dal comitato organizzatore, perchè la situazione stava diventando insostenibile e non si riescono a capire i veri motivi. Ci siamo sentiti schiacciati da interessi più grandi di noi".
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tratto dal sito web:
http://europaplurale.supereva.it/
all'interno...clicca su.....
intervista a Francesco Lauria.....
....e scarica l'intervista "sonora"....

Europa Plurale
02-08-02, 23:21
Questo convegno è stata una vicenda triste, ma era nato da una scelta politica e di amore e alla fine ha comunque offerto qualche sprazzo di luce.
Potete comunque leggere relazioni, programmi e ricordi di Antonio Russo (e di Ilaria Alpi) sul sito :
http://www.comunicazionego.supereva.it
Sul sito di Europa Plurale ( lo ripeto http://www.europaplurale.supereva.it) trovate inoltre numerosi link e pagine web nel caso voleste approfondire la vicenda della morte del giornalista abruzzese e del guerra cecena.
Che il mondo universitario italiano fosse allo sfascio lo sapevo (mi sto laureando) che fosse così mafioso no davvero non lo pensavo.

Francesco Lauria

nuvolarossa
23-09-04, 11:57
Temo che d’Europa si dovrà tornare a parlare, per porre una questione politica che la dividerà, anzi, che ne dimostrerà l’inesistenza.
E lo scriviamo noi, europeisti da sempre, perché non sono possibili proroghe.

(continua al link sotto ....)
http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/961

Golia
24-09-04, 11:33
Sono un vero problema tutti questi paesi europei che si isolano dall'Italia e rimangono da soli.

Non si rendono conto di mettere in crisi la costruzione dell'Europa Federale.

kid
03-06-05, 17:47
http://www.ilcannocchiale.it/blogs/bloggerarchimg/nuvolarossa/VoceTestata.JPG

Crediamo che occorrano piedi di piombo a fronte di una situazione come l’attuale, dove si può toccare con mano tutto il malumore dei cittadini europei per le proposte istituzionali da dare al continente.
C’è un disagio evidente, un rigetto, ma bisogna evitare di precipitare le cose. E’ cosa diversa, ad esempio, respingere il trattato istituzionale, dal respingere la moneta unica. Come è diverso provare un fastidio per l’allargamento a 25, dal rigetto dei vecchi accordi di Maastricht. Questo non significa che la moneta unica non abbia posto dei problemi gravi alla nostra economia e che non si possa analizzarne la validità. Noi pensiamo, in fondo, che prima delle monete si fanno gli Stati e se non ci sono gli Stati, non ci sono nemmeno le monete. Ma scoprire oggi questa situazione e voler tornare indietro, e ripristinare la moneta nazionale ad esempio, non è proprio un’operazione da niente. Un conto sarebbe non essere mai entrati nell’euro, un conto uscirne. Anche una doppia circolazione porrebbe dei problemi, tanto che forse sarebbe valsa la pena di far coesistere un po’ più a lungo le due monete.
Per questo è opportuno riflettere a fondo prima di avventurarsi in azioni di dubbia portata, perché quello che davvero bisogna evitare dopo anni di acritico filoeuropeismo è l’errore contrario: quello dell’ipercritica. Noi magari non sappiamo quando sarà il giorno in cui il francese, il tedesco e l’italiano, si accorgeranno di essere tutti europei, ma siamo certi che il percorso comune europeo di queste nazioni è una risorsa importante, che va ben ponderata, soprattutto nei momenti più difficili, rifuggendo da colpi di mano. L’importante è rendere consapevoli i governi e le istituzioni europee degli errori commessi in questi anni, ed evitare di farne di più gravi accelerando le nostre reazioni e le nostre parole.

nuvolarossa
04-06-05, 12:35
Ue: La Malfa, Il No Di Francia e Olanda Grave Battuta d'Arresto

Di (Ter/Gs/Adnkronos)

Messina, 4 giu. (Adnkronos) - Il no di Francia e Olanda alla Costituzione europea ''costituisce una grave battuta di arresto per l'Europa, ma non dobbiamo considerarlo come l'inizio di un processo di disgregazione del continente, a patto pero' che si inizi il rilancio''. Lo ha detto il ministro per le Politiche comunitarie, Giorgio La Malfa, intervenendo a Messina alla celebrazione del 50esimo anniversario della Conferenza europea.

nuvolarossa
07-06-05, 18:19
http://www.ilriformista.it/imagesfe/bossi-lira-c1431_img.jpg

nuvolarossa
09-06-05, 19:32
Innovazione/La Malfa: Lisbona grande occasione

Il programma di Lisbona che entro ottobre prevede un piano degli Stati europei per lo sviluppo dell'occupazione, secondo il ministro per i Rapporti Comunitari Giorgio La Malfa rappresenta ''una grande occasione per l' Italia da cogliere per colmare il ritardo accumulato nei confronti degli altri Paesi europei''.

La Malfa lo ha sostenuto oggi a Verona, intervenendo a un convegno della Fondazione ''Liberal'' durante il quale ha ribadito che in tema di innovazione ''tutti i protagonisti economici devono investire. La particolare caratteristica dello sviluppo economico italiano - ha sostenuto La Malfa - e' stata formata dalle piccole, a volte piccolissime e medie industrie; e' sempre stata una forza ma ora non e' piu' sufficiente per una ricerca che richiede grandi mezzi finanziari''.

Sugli attuali rapporti tra Italia ed Europa e in particolare su recenti provvedimenti Ue relativi ad deficit italiano, La Malfa ha sottolineato che l' intervento di Bruxelles deve ''essere analizzato con serenita'. L' anno scorso sono state la Francia e la Germania sotto inchiesta. Certo e' una cosa che da' fastidio pur sapendo che i nostri dati vanno presi con serenita'''.

Verona, 9 giugno 2005 (ANSA)

nuvolarossa
14-06-05, 21:12
Ue/La Malfa: urgente un dibattito parlamentare

In Europa crisi profonda, ma ratifiche devono andare avanti

''Il governo crede che un dibattito in sede parlamentare sulle condizioni dell'Europa, sulle prospettive finanziarie e sulle conseguenze del no francese debba avvenire al piu' presto''. Lo dice il ministro delle Politiche Comunitarie Giorgio La Malfa chiudendo la discussione generale sulla legge Comunitaria in aula alla Camera. La Malfa ha ribadito la posizione gia' espressa dal ministro degli Esteri Fini sulle ratifiche del trattato europeo: ''Il mio auspicio e' che si vada avanti nel processo di ratifica. Ma questa posizione - aggiunge - e' bene che scaturisca dal consiglio europeo. Una posizione troppo rigida di un governo su questo tema potrebbe irrigidire ulteriormente la situazione''. Quanto alle cause della bocciatura del trattato Ue in Francia e in Olanda, La Malfa osserva: ''In Europa la crisi e' molto profonda. L'andamento dell'economia nelle nazioni maggiori come Francia, Germania e Italia e' cosi' negativo da avere ripercussioni profonde. Dunque l'Europa deve ripartire dall'economia: e' vero che il processo di Lisbona si e' rivelato finora poco efficace, ma e' importante che ora abbia successo. Una flessibilita' di mercato - conclude - non e' piu' solo un'opzione ma un'assoluta necessita'''.

Roma, 14 giugno 2005 (ANSA)
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/JURASSICPARK.mid

nuvolarossa
24-05-06, 13:28
Quelle menzogne sull’europeismo di Napolitano

di Cristina Missiroli

Rimbambita dal sole del primo weekend che sa d’estate, ascolto i telegiornali della domenica sera e sento che, in fondo in fondo, qualcosa non va. A mente più lucida, leggo i giornali del lunedì mattina e mi rendo conto che, effettivamente, qualcosa non va. E’ il tono delle cronache. Raccontano della visita del neo presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Ventotene. Si celebra il ventennale della morte di Altiero Spinelli, il grande federalista che nel 1941, durante il confino nell’isola, scrisse “Il manifesto per un’Europa Libera e Unita”, insieme a Ernesto Rossi e Eugenio Colorni. E’ un’ottima occasione per la prima uscita pubblica del settennato. Napolitano ci tiene. All’Europa ha dedicato uno dei passaggi più importanti del suo discorso d’insediamento. Tutto molto bello e commovente. Però a leggere i giornali sembra che il padre dell’Europa unita sia il capo dello Stato e non Spinelli. O almeno, che sia il capo dello Stato insieme a Spinelli. E’ come se il compagno di tante antiche battaglie fosse andato a rendere omaggio al suo migliore amico. Persino la Gioventù Federalista Europea accoglie il nuovo presidente della Repubblica al grido: “Da Altiero Spinelli a Giorgio Napolitano per l’Europa Unita”. La speranza - spiegano i giovani federalisti - è che l’Italia sia veramente all’avanguardia dell’integrazione europea nel solco tracciato da Spinelli, De Gasperi, Einaudi, e oggi da Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano.

Non c’è giornale che non abbia seguito questa via: trasmettendo la sensazione che Spinelli e Napolitano fossero, in fondo, antichi combattenti di una medesima causa. Niente di più falso. Napolitano, semplicemente non è stato (fino a tempi recentissimi) un grande europeista come lo intendiamo noi oggi. Il presidente Napolitano è quello stesso Napolitano che da parlamentare tenne il discorso con cui i comunisti spiegarono perché non si dovesse entrare nel Sistema Monetario Europeo. Niente Sme, niente Banca Centrale, niente euro, niente Unione Europea. Alla faccia dell’europeismo. A quell’epoca i militanti del partito comunista italiano marciavano per il disarmo degli occidentali e a favore dei missili nucleari sovietici. E non risultano proteste di Napolitano. Era già la fine degli anni Settanta quando Napolitano divenne un “convinto sostenitore dell’eurocomunismo, che interpretò - spiega il Vocabolario della lingua italiana Treccani - come processo di avvicinamento del Pci alla tradizione del socialismo europeo e simultaneamente di distacco dall’Unione Sovietica”. Ma anche in questo ultimo caso l’idea d’Europa social-comunista che aveva in mente Napolitano era ben lontana dalla federazione degli stati liberi e democratici che sognavano Spinelli e Rossi a Ventotene.

Insomma, quella trasmessa dai giornali è una vera menzogna, ma provate a parlarne in giro e la stragrande maggioranza degli interlocutori vi dirà che Napolitano è un grande europeista. Mistificazioni come questa sono all’ordine del giorno. L’Italia è un paese di smemorati. E i giornali hanno buon gioco. Anche per questo la Fondazione Free di Renato Brunetta ha deciso, con l’aiuto del quotidiano “Libero” di Vittorio Feltri, di pubblicare e distribuire in maniera massiccia una nuova serie di “instant book”: dei “manuali di conversazione politica”, dedicati a chi vuole avere a disposizione argomentazioni e, soprattutto dati, per ragionare con la propria testa e controbattere la sicumera con cui spesso gli interlocutori di sinistra inchiodano chi non la pensa come loro. Un’iniziativa tanto più lodevole quanto più l’elettorato di centrodestra, allergico al conformismo e al pensiero unico, finisce spesso per ritrovarsi a corto di strumenti cognitivi. Il terzo dei volumetti s’intitola “Perché la sinistra non ha vinto. Dal pareggio elettorale all’occupazione delle istituzioni”. Lo trovate da ieri in edicola assieme a “Libero”. E se siete state invitati ad una cena piena di fan di Napolitano, potrebbe esservi davvero utile.

tratto da L'Opinione
24 maggio 2006

nuvolarossa
09-01-07, 00:38
La doppia morale
Il governo che si voleva europeista attacca la Commissione Ue.

In una lettera al Commissario dell'Unione Europea alla Concorrenza Neelie Kroes, il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro afferma che la Società Autostrade avrebbe occultamente "finanziato a pioggia tutti i partiti per assicurarsi un consenso a prescindere dal vincitore delle elezioni". Visto che la vicenda sembra presentarsi come una notizia di reato, e che oltretutto il ministro delle Infrastrutture di notizie di reato se ne intende, vogliamo far sapere immediatamente e con fermezza che il Partito repubblicano non ha avuto alcun finanziamento da Società Autostrade o affini, e ritiene necessario, a questo punto, conoscere nel dettaglio quali sarebbero invece i partiti o singoli personaggi che secondo il ministro Di Pietro avrebbero usufruito di detti finanziamenti.

http://static.blogo.it/soldiblog/DiPietroAntoniosheriff.JPG

La denuncia avanzata dal Ministro, se è una informazione di qualche verità, pone un problema al suo stesso governo e in particolare al ministero della Giustizia, che dovrà a questo punto intraprendere un chiarimento rispetto a quanto è stato affermato.

Questo episodio, dunque, riveste una particolare importanza, quale quella che attiene alla moralità pubblica e al rispetto delle leggi, nell'ambito di una questione che già di per sé appariva rilevante, quale la proposta di fusione fra l'italiana Società Autostrade e la spagnola Abertis. Il ministro delle Infrastrutture ha fatto tutto ciò che era in suo potere per opporvisi, tant'è che - secondo quanto scrive "La Stampa" - il suo partito avrebbe financo restituito i soldi presi da Autostrade - e, in un crescendo rossiniano, ha anche rispolverato il mito dell'italianità, usando argomenti che si possono definire in tanti modi, fuorché diplomatici. Non vogliamo discutere l'appassionato vigore del ministro Di Pietro contro la fusione in questione. Può essere che gli argomenti abbiano una ragione valida. Il problema però è un altro, visto che questo governo doveva essere un governo europeo ed europeista. Il livello di polemica con l'Europa che si è stabilito nella circostanza - tanto da arrivare a coinvolgere direttamente lo stesso commissario alla concorrenza e a polemizzare con il commissario italiano che ci rappresenta nella Ue - è invece senza precedenti. Lo si comprende anche dall'imbarazzo e dal disagio del ministro delle Politiche Comunitarie, consapevole che su questa linea, piuttosto, ci si estranea dall'Europa. Vorremmo allora anche capire quale sia la posizione del governo, ovvero se esso si sente rappresentato dall'irriducibile orgoglio nazionalista del ministro Di Pietro.

Roma, 8 gennaio 2007

tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

nuvolarossa
18-08-08, 10:51
Testo del relatore Giorgio La Malfa in apertura della discussione generale sul disegno di legge di ratifica del trattato di Lisbona

Nell’impostare l’esame del disegno di legge di ratifica del Trattato Europeo di Lisbona bisogna tener conto di due esigenze in parte contrastanti fra loro. Da un lato vi è la necessità di procedere molto rapidamente all’esame ed alla approvazione del ddl, anche per tener conto delle sollecitazioni che ci provengono dalla Commissione Europea e di cui si è fatto interprete il presidente Barroso nella sua recente audizione alla Camera. Dall’altro vi sarebbe, anzi vi è, la necessità di procedere ad una discussione ampia ed approfondita del Trattato e, partendo da esso, della situazione attuale dell’Unione Europea e delle prospettive dell’integrazione europea. L’occasione offerta dalla discussione del Trattato, infatti, ha una tale importanza, sia per il merito sia per le condizioni di incertezza che si colgono nelle opinioni pubbliche europee, da rendere opportuna una disanima attenta di tutti gli aspetti di questa problematica. Da questo punto di vista un esame affrettato sarebbe controproducente anche se, come è emerso dall’esame del Senato conclusosi nei giorni scorsi, vi è una larga condivisione, anzi una vera e propria unanimità, dei gruppi politici sulla ratifica del Trattato. Per tener conto di queste due esigenze contrastanti, vorrei, pur sollecitando un iter rapido del ddl, cercare di mettere a fuoco il problema europeo in tutti i suoi principali aspetti in maniera da sollecitare una discussione approfondita in seno al Parlamento.

Dividerei in tre parti questa relazione:
1. le vicende che hanno preceduto e accompagnato la firma del Trattato di Lisbona;
2. l’illustrazione dei contenuti principali del Trattato, o meglio dei due Trattati negoziati e sottoscritti a Lisbona nei quali sarà articolata la vita dell’UE;
3. l’analisi politica della situazione europea e delle sue prospettive all’indomani del voto negativo dell’Irlanda nel referendum sul Trattato.


1. Le vicende che hanno preceduto e accompagnato la firma del Trattato di Lisbona

Da circa 20 anni si pone il problema di una diversa configurazione delle istituzioni europee nelle due esigenze per certi versi contrastanti fra loro di un funzionamento che sia insieme più efficiente e più democratico. E’ facile percepire infatti l’esigenza sia di rafforzare le istituzioni europee sia di controllarne meglio il funzionamento in modo da attenuare quel senso crescente di lontananza dei cittadini europei dalle istituzioni europee che concorre a spiegare gli esiti negativi di alcuni dei referendum degli ultimi anni. La mia tesi di fondo è che il problema della maggiore democraticità spiega molto del malessere che circonda il cammino dell’Europa.

Il problema del rafforzamento delle istituzioni si è sempre posto nel corso della storia dell’integrazione europea, ma si è posto con forza particolare alla fine degli anni 80 quando emerse l’idea dell’unione monetaria. Nel 1989 quando il Comitato Delors licenziò il suo Rapporto, che prefigurava l’unione monetaria e descriveva compiti e funzioni della Banca Centrale Europea, lo stesso Delors sostenne che il rafforzamento dell’unione monetaria presupponeva un rafforzamento dell’unione politica, sia per ciò che riguardava l’accompagnamento della politica monetaria con la politica economica, sia per il rafforzamento dell’unione politica in quanto tale. In coerenza con questa impostazione, quando venne approvato il progetto Delors, si decise di istituire due conferenze intergovernative, una sull’unione monetaria l’altra sull’unione politica, i cui risultati sarebbero stati travasati nel Trattato di Maastricht del 1992. Avvenne però che, mentre la conferenza intergovernativa sull’unione monetaria, avendo alle spalle il lavoro molto preciso e dettagliato del comitato Delors, trovò la strada relativamente spianata e poté stendere un testo che fu praticamente travasato nel testo del Trattato di Maastricht, la parallela conferenza intergovernativa, che aveva per oggetto il rafforzamento dell’unione politica, ebbe invece un andamento molto meno soddisfacente e i risultati furono molto modesti. In sostanza in quel momento nacque il problema della differente velocità dell’integrazione monetaria rispetto all’integrazione politica.

Questo problema ebbe un ulteriore sviluppo quando, con la caduta del muro di Berlino nel 1989, si pose il problema dell’allargamento dell’UE alle nuove democrazie dell’Europa centro-orientale. Lo stesso Delors, che fu fautore di questo allargamento, affermò in quella circostanza che il processo di allargamento presupponeva un processo di approfondimento e cioè che se si voleva governare un’Europa non più a 15 ma a 20, 25, o magari 30 paesi con una popolazione che si avvicina a 500 milioni di abitanti, sarebbe stato necessario dotare l’Europa di istituzioni capaci di funzionare in maniera efficiente: dunque restringere il numero delle aree nelle quali vige il principio dell’unanimità, adottare meccanismi di voto che rendessero più difficile il veto nelle decisioni, rafforzare i poteri di controllo del Parlamento Europeo, definire meglio i rapporti tra gli Stati membri, la Commissione e il Consiglio Europeo, insomma tutte le questioni che sono sul tavolo dagli anni 90.

Nel corso degli anni 90, dopo l’insuccesso sul terreno politico che aveva caratterizzato il Trattato di Maastricht, la strada del rafforzamento istituzionale fu tentata per due volte attraverso lo strumento delle conferenze intergovernative. Una prima conferenza diede luogo al Trattato di Amsterdam, che contiene minori modificazioni per quanto riguarda la questione cruciale delle istituzioni; la seconda diede invece luogo al Trattato di Nizza, nel 2000, convenuto in una condizione difficile di scontro in seno al Consiglio Europeo allora presieduto dalla Francia, con il rischio del fallimento e l’impressione che la strada delle conferenze intergovernative fosse ormai stata esplorata senza successo, con la conseguente necessità di cambiare strategia.

A seguito del fallimento di Nizza, Romano Prodi, da poco Presidente della Commissione, ma anche l’allora Presidente francese, Jacques Chirac,Chirac, avanzarono la proposta che apparve suggestiva di abbandonare la strada delle conferenze intergovernative e di coinvolgere nell’elaborazione dei passi successivi del processo di integrazione europea e nella redazione dei trattati forze diverse dalle burocrazie ministeriali, coinvolgendo in primo luogo i Parlamenti nazionali. Nacque così l’idea della Convenzione Europea, formalmente lanciata dal Consiglio di Laeken, che ha svolto i suoi lavori dal 2001 e che ha avuto come presidente Giscard D’Estaing e come uno dei 2 vicepresidenti il nostro Giuliano Amato. La Convenzione Europea lavorò con grande impegno ed al termine dei suoi lavori presentò come prodotto di essi il testo del Trattato costituzionale europeo, che fu poi adottato a Roma nell’ottobre del 2004 e a cui fu dato il nome di Trattato (di Roma) “che istituisce una Costituzione per l’Europa”.

Ma anche questa strada si è rivelata più un miraggio che un percorso concreto, sia per quanto riguarda i contenuti del nuovo Trattato, sia per quanto riguarda le procedure della sua approvazione. Circa i contenuti, il problema è che la Convenzione ha rappresentato una rivoluzione a metà. Non era infatti previsto che essa producesse un testo definitivo pronto per la ratifica da parte dei Parlamenti degli Stati membri; essa doveva invece produrre un testo base per una conferenza intergovernativa dalla quale sarebbe scaturito il nuovo Trattato. E’ avvenuto così che buona parte delle novità si sono perse per strada: in parte la Convenzione stessa è stata più prudente del necessario per cercare di produrre un testo che la conferenza intergovernativa potesse fare proprio; in parte la conferenza intergovernativa ha limato ulteriormente il testo ricevuto per mostrare di avere un ruolo ed una responsabilità sua propria. Alla fine, probabilmente per compensare la scarsità dei risultati concreti, la Convenzione ha ritenuto opportuno assegnare al Trattato che essa aveva elaborato il nome roboante di Costituzione, finendo per offrire un bersaglio semplice e conveniente a quella parte delle opinioni pubbliche che manifesta preoccupazioni per gli eccessi di potere delle istituzioni europee.

In sostanza, il contributo più innovativo dell’idea della Convenzione – quello di attenuare il peso dei governi nei negoziati europei, attraverso la presenza diretta dei rappresentanti dei Parlamenti nazionali – è stato in larga parte vanificato dall’aver previsto che il lavoro della Convenzione affluisse a una conferenza intergovernativa svolta in un ambiente chiuso e non aperto come quello dei lavori della Convenzione, e dove i problemi di veto e di unanimità rischiavano di attenuarne la forza, prima di essere firmato dai governi e successivamente proposto per la ratifica secondo le diverse procedure parlamentari o referendarie previste dai vari ordinamenti nazionali. In realtà, una volta avanzata la proposta di scegliere la via della Convenzione, si sarebbe dovuto ragionare fino in fondo su questo problema e superare decisamente il meccanismo delle conferenze intergovernative. Naturalmente, poiché il meccanismo delle conferenze intergovernative è previsto dai trattati, una procedura innovativa che prevedesse di saltare questa fase, avrebbe richiesto la modifica dei trattati con il rischio di non avere l’unanimità necessaria. E’ difficile dire se nel 2000-2001 una proposta di un breve Trattato che sancisse regole diverse per l’elaborazione dei Trattati europei avrebbe avuto una qualche possibilità di successo. Ma nessuno sembra avere pensato a questa ipotesi. Ed ora è forse troppo tardi per avanzare con qualche probabilità di successo questa proposta.

Il testo del Trattato costituzionale, sottoposto alla ratifica degli Stati contraenti, è stato, come è noto, bocciato dai due referendum tenuti in Francia e in Olanda metà del 2005. Ritengo che l’uso della parola “Costituzione,” che aveva un’ambizione troppo grande rispetto allo stato delle pubbliche opinioni europee del momento, sia stato un fattore non marginale nel contribuire all’insuccesso. Ho l’impressione che se il Trattato di Roma fosse stato presentato, come oggi viene presentato il Trattato di Lisbona, e cioè come un trattato che modificava i trattati esistenti ma non era la Costituzione dell’Europa, forse le pubbliche opinioni lo avrebbero considerato con minore ostilità di come poi è avvenuto.

Comunque la bocciatura francese, la bocciatura olandese e la recente bocciatura irlandese debbono essere prese molto sul serio. Non condivido l’atteggiamento minimalista che anche il Presidente della Commissione Europea, Manuel Barroso, ha avuto nell’audizione davanti al nostro Parlamento, quando ha sostenuto che ci sono motivi particolari che spiegano il “no” irlandese ed ha aggiunto che l’Irlanda in realtà ha avuto tali vantaggi dall’Europa che si può dire che gli irlandesi si sono sbagliati a votare così come hanno votato. Credo invece che ci sia un problema di insoddisfazione nei confronti della costruzione europea che circola nel corpo dei cittadini europei e che si manifesta nei referendum. E’ chiaro che quando sono i Parlamenti a ratificare i trattati, la discussione si svolge ad un livello di maggiore sofisticazione che non quando si è di fronte a un referendum popolare. In una discussione parlamentare si possono evidenziare e pesare vantaggi e svantaggi. Quando a giudicare sono i cittadini attraverso i referendum emergono giudizi più semplificati, stati d’animo o addirittura sensazioni che possono influire sul voto più delle considerazioni economiche relative ai vantaggi ed agli svantaggi dell’integrazione europea. Questo però non vuol dire che si possa pensare che sia giusto escludere la ratifica attraverso i referendum, ipotesi che qualcuno in queste settimane ha avanzato, perché non si può rifiutare il giudizio diretto dei cittadini se esso è previsto dalle leggi o se sia ritenuto comunque opportuno.. Bisogna invece domandarsi per quale motivo i cittadini, posti di fronte a qualcosa che rappresenta la storia del nostro continente in questi ultimi 50 anni, che è una storia di pace e di sviluppo economico, dicono “no”. Bisogna capire le radici di questo no e cercare di fare un passo avanti.

Questo è il quadro nel quale si è consumata la bocciatura del Trattato Costituzionale. Dopo una pausa di riflessione, il Consiglio Europeo ha deciso che la via di uscita dall’impasse della bocciatura del Trattato costituzionale fosse quella di travasare il maggior numero possibile dei suoi contenuti in un nuovo contenitore, presentato in termini meno iperbolici, senza riferimento alla Costituzione, da sottoporre alla necessaria procedura di ratifica. A dimostrazione dei limiti insuperabili della procedura delle conferenze intergovernative, il Consiglio Europeo di Berlino del giugno 2007, nel lanciare la conferenza intergovernativa che è poi sfociata nel Trattato di Lisbona, ne ha fissato rigidamente i contenuti, quasi prefigurandone il testo. Il Trattato di Lisbona è il risultato di questa lunga storia di progressi, ma anche di insuccessi.

tratto da http://www.fulm.org/public/Blog/2008/08/testo-del-relatore-giorgio-la-malfa-in.html

nuvolarossa
17-11-08, 18:15
E' la Russia "il problema"
Una Ue debole di fronte all'espansionismo di Mosca

di Italico Santoro

Sono almeno quattro i motivi di perplessità che abbiamo circa la proposta di moratoria sullo scudo spaziale fatta dal presidente dell'Unione Europea, Nicolas Sarkozy, al suo omologo Dmitri Medvedev nel corso del vertice tra la UE e la Russia tenuto a Nizza venerdì scorso.

Primo motivo. Correttezza politica avrebbe voluto che le proposte da rivolgere alla Russia venissero concordate in precedenza con i nostri alleati (e diretti interessati), e cioè gli Stati Uniti; e poi formulate ai russi, che sono, per riprendere un'espressione di Marina Sereni, soltanto i nostri vicini. Tanto più che l'amministrazione Bush è stata accusata di "unilateralismo". Sono gli europei, adesso, che hanno deciso di percorrere questa strada? Non sarebbe stato opportuno aspettare l'insediamento di Barack Obama prima di assumere iniziative politiche non concordate, neppure anticipate agli interlocutori americani, e pertanto "unilaterali"?

Secondo motivo. A quanto pare, la proposta di Sarkozy non è stata discussa con gli altri paesi europei, o almeno con quelli interessati al progetto di scudo spaziale: Polonia e Repubblica Ceca. Il presidente di quest'ultima – che tra l'altro dal primo gennaio sarà anche presidente della UE – ha dichiarato addirittura di averla appresa dalla stampa. E poi ci si lamenta se nei paesi dell'Europa orientale cresce lo scetticismo nei confronti dell'Unione!

Fenomeno inevitabile, se per la loro sopravvivenza come nazioni indipendenti quei paesi sono costretti a guardare esclusivamente oltrealtantico, visto che gli stati dell'Europa occidentale non sono disposti a farsi carico delle loro esigenze di autonomia dal potente vicino. L'iniziativa di Sarkozy, insomma, si è rivelata un bel contributo alla disunione dell'Europa: del quale, francamente, si sarebbe fatto volentieri a meno.

Terzo motivo. I missili Iskander che i russi minacciano di installare nell'enclave di Kaliningrad non sono commensurabili con gli intercettori americani. Questi ultimi, senza testata atomica, hanno per obiettivo quello di impedire a missili ostili – e in particolare a quelli iraniani di ultima generazione, con una gittata in grado di raggiungere l'Europa – di colpire i loro bersagli. Vengono installati, quindi, a difesa dei paesi europei, per renderli autonomi dalla minaccia (e dal ricatto) dell'Iran; non a tutela degli Stati Uniti. Per di più l'amministrazione Bush – prendendo atto dei problemi avanzati dai russi – aveva proposto a questi ultimi (ricevendone, a quanto pare, l'assenso) di inviare loro ispettori per compiere tutte le verifiche necessarie. I missili Iskander, a testata nucleare rappresentano invece – è proprio il caso di dirlo – "un provocazione", la rottura di equilibri strategici consolidati da tempo: che richiederebbero una risposta ferma e dura da parte occidentale. E invece, come ha detto Lech Walesa , la proposta di Sarkozy "ha tutta l'aria dell'ennesima vittoria russa".

Quarto motivo. Rispolverando un'antica volontà di potenza, senza peraltro averne i mezzi, la Russia è diventata "il" problema dell'Europa. Ed è interesse dei paesi dell'UE contenerne le mire espansionistiche, cercando di coinvolgere gli americani in questo sforzo. Non è il contrario. Anzi, il nuovo presidente degli Stati Uniti – il primo presidente "globale", come si è detto – di fronte all'inaffidabilità e all'inconsistenza degli europei potrebbe accordare priorità ad altri scacchieri; e Bush rivelarsi l'ultimo presidente "occidentale" degli Stati Uniti. Lo tengano bene a mente quanti oggi, nel vecchio continente, profittando della transizione americana, ballano una danza allegra e improvvisata sul ponte del Titanic.

Per concludere. Temiamo che ancora una volta, come avviene da un secolo a questa parte, l'Europa continui a pasticciare. Non vorremmo che, come accade appunto da un secolo a questa parte, debbano arrivare gli americani per rimettere ordine. Sempre, naturalmente, che questa volta ne abbiano voglia.

Roma, 17 novembre 2008

tratto da http://www.pri.it/new/