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Johnny Buleghin
14-07-02, 10:06
Caro Gigi, parliamoci chiaro …

Intanto, benvenuto in Lega.

Oggi, domenica 14 luglio, con il tuo editoriale sulla nuova edizione de la PADania, mi avresti quasi convinto …

Però – c’è sempre un però – vorrei anche aggiungere che la LL (leggasi Liga/Lega), con i suoi sia pur finanziariamente e tecnologicamente modesti mezzi di comunicazione, potrebbe fare di più e ancor meglio.

Come?

Ne riparleremo.

Intanto, però, forza GM e avanti tutta: non v’è dubbio che il rimorchiatore LL stia pian piano trainando la nave italionica, stracolma di gioiosi passeggeri, fuori delle paludi del passato.

Quindi, per ora non mi resta che concludere con un’esortazione, in lingua veneta neoclassica:

“Liga ben el Logo de la Lega, se nò te mando al Lago”!

Anzi, dalla Dal Lago (eh,eh, forte questa, neh?)

Cordialmente

Johnny Buleghin

PS L’Umberto, nella fretta del momento ha dimenticato d’informarti che, da oggi, sono io, Buleghin, il tuo nuovo Direttore Supervisore Multiculturale.
:D

Johnny Buleghin
15-07-02, 21:25
Il cambio di guardia alla direzione del nostro quotidiano “la Padania” non è un banale evento giornalistico, una semplice routine amministrativa di scarsa rilevanza, come taluni potrebbero essere indotti a ritenere.

Chiunque volesse, direttamente o indirettamente, contribuire a fornire un ulteriore stimolo al processo in corso verso un secondo Risorgimento politico in questa penisola, meglio farebbe ad appoggiare più concretamente gli sforzi che la Lega sta facendo con in propri (ahinoi limitati) mezzi di comunicazione.

Questo è un invito a leggere e riflettere attentamente sul contenuto degli articoli allegati:

1. L’annuncio d’Umberto Bossi, nell’intervista di Gianluca Savoini
2. L’eccellente commento ed augurio di Stefano Stefani
3. Il primo editoriale di Gigi Moncalvo

Saluti

J.B.

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GIANLUCA SAVOINI

Onorevole Bossi, da oggi il nostro quotidiano è diretto da Gigi Moncalvo.
Dopo tre anni Giuseppe Baiocchi è infatti giunto alla scadenza naturale del suo mandato.

“Si, Ia Padanla passa dalla direzione di Baiocchi, da un giornale quindi che approfondiva i problemi quasi analiticamente, ma più lento ad agganciarsi all’attualità, a un direttore come Moncalvo che proviene proprio dall’attualità.
Baiocchi, che è uno storico e un cattolico, ha peraltro contribuito a chiudere la Contrapposizione tra la Lega e la Chiesa cattolica”.

Sono stati tre anni di importanti cambiamenti politici, Segretario?

“Sono stati tre lunghi e difficili anni, in cui bisognava moderare i toni rispetto al cambiamento federalista ancora Iontano, ma tenendo in vita la certezza che il giorno sarebbe venuto. E Baiocchi ha diretto iI quotidiano da par suo, avvicinando al nostro giornale anche il mondo intellettuale. Le sue interviste andavano senza pregiudiziali in tutte Ie direzioni, essendo stato egli mosso dall’encomiabile desiderio di far comprendere aI lettori come, su idee fondamentali quail il controllo dell’irnmigrazione, il federalismo, l’Europa, la Lega fosse non soltanto iI motore creativo, ma un’avanguardia, le cui idee erano condivise dai più insospettabili settori della cultura, della politica e dell’economia. Tutto ciò da un lato ha slcuramente milgliorato iI glornale nei contenuti, dall’altro gli ha però tolto un pò di brio popolare, legato all’immediatezza delle notizie.Lo storico Baiocchi ha flnito iI suo lavoro e a lui mandiamo infiniti ringraziamenti, certi che anche dalla sua nuova posizione in Rai riuscirà ad incidere con il suo pensiero a fin di bene e di llbertà”.

Cosa si attende dalla nuova direzione?

“Al nuovo direttore Moncalvo facciamo innanzitutto iI saluto di ben arrivato e gli inviamo gli auguri di buon lavoro, afflnché riesca a trovare l’equiIiIbrio tra le scintille delle contrapposizioni dilalettiche - che sono il sale fondamentale per interessare iI lettore - e le idee e l’azione della Lega.
La necessità di fare inchieste senza remore, magari ottenendo qualche importante scoop, si dovrà saldare solidamente alla visione generale del mondo in cui investe la Lega. Una visione del mondo basata sulla libertà, sulla famiglia e sulle tradizioni dei popoli”.

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Per dare voce a chi voce non ha mai avuto

STEFANO STEFANI

Quando un direttore di un quotidiano lascia e ne arriva un altro, è come se il giornale lanciasse una nuova sfida, a se stesso e ai suoi lettori. Giuseppe Baiocchi lascia la dlrezione della Padania a Gigi Moncalvo e la Lega s’attende molto da questo cambio al timone del nostro giornale.
Molte sono, peraltro, le insidie che il nuovo direttore troverà sulla sua strada, Ie stesse che venivano e vengono frapposte sulla strada dei suoi colleghi al vertice delle testate di partito. Specie da parte di chi afferma che ormai la stampa di partito non ha più ragione di esistere. Su questo punto non posso e non si può essere d’accordo, almeno per quel che ci riguarda. Infatti da parte nostra non sono mai venute meno le per le quali La Padania è nata. Ovvero: dare alla Lega uno strumento di informazione per far conoscere, senza mediazioni e senza manipolazioni, i propri programmi e le proprie intiziative, che gli altri quotidiani ovviamente, visto il potere dirompente verso lo scenario istituzionale che le nostre idee hanno sempre avuto - hanno sempre ignorato, quando non addirittura manipolato, alterato, falsificato, sino alla distorsione più completa al solo fine di screditarci e di “criminalizzarci” di fronte all’opinione pubblica.
Da parte nostra, tuttavia, è necessaria anche una certa dose di autocritica. Forse Ia Padania non ha saputo cogliere appieno le opportunità che il partito, che il movimento le aveva delegato. Forse Ia Padania ha legato le sue Iniziative a mere e logoranti battaglie di trincea, quelle in cui non vince chi ha più coraggio, ma chi ha più tempo, più pazienza, ma soprattutto più risorse, cioè più denaro, più uomini, più potere. Forse La Padania, logorata da questa tattica attendista nel chiuso della propria trincea, ha perso per strada e nel tempo una parte del carattere, della decisione, del temperamento che ne avevano connotato le prime battute, limitandosi a continuare a fare un resoconto talvolta burocratlco di quello che accadeva intorno a noi e dentro di noi, dimenticando che invece, ormai, il nostro è un partito di governo, che ha assunto responsabilità ben precise sulla strada del riformismo, e che soprattutto non ha mai accettato un ruolo di alleato cieco e subordinato.
È proprio per questo, è anche per questo che a Gigi Moncalvo, che ha accettato con entusiasmo questa scommessa e che ha sempre dato prova di saper combattere in prima persona anche le più dure battaglie assumendosi tutte le responsabilità, non possiamo che chiedere e augurare di tornare alle nostre origini, a quelle radici che avevano fatto della Padania uno strumento di autentica battaglia politica, di proposta e di critica, sempre al servizio del popolo nel suo complesso e del cittadino nella sua individualità.
Alla Padania degli anni che verranno, il nostro movimento e la nostra gente chiedono nuovi stimoli, nuovi impulsi affinché il giornale ridiventi ciò per cui era nato: Ia voce di chi voce non ha mai avuto.
Al nuovo Direttore non abbiamo posto dei traguardu né degli obiettivi, pur se, innegabilmente, da lui ci attendiamo che contribuisca fattivamente a invertire il trend non positivo delle nostre vendite, che sono poi l’unico vero dato che consente al giornale, a qualsiasi glornale, di continuare a vivere, e alla società editoriale che lo sostiene di essere sempre più forte e solida.
A Gigi Moncalvo abbiamo invece chiesto di fare in modo che tutti noi possiamo tornare a essere orgogliosi di un giornale che tante battaglie ha intrapreso e condotto, e altrettante - se non di più - intende continuare a combattere nell’interesse della gente della Padania, ma anche del resto del Paese, ovunque si annidi un’ingiustizia, un sopruso, un torto da riparare, un diritto da ripristinare e da far tornare a rispettare a favore e nell’interesse di tutti i cittadini.
In sostanza vogliamo che la nostra Padania torni a essere un giornale davvero libero e pugnace, “tosto” e pieno di forza, di carattere, di temperamento, insomma torni a rispecchiare le nostre caratteristiche più autentiche e genuine. La Padania non può più permettersi di fare a meno e di rinunciare a battaglie, iniziative, lotte, campagne che fanno parte del nostro Dna, del Dna della Lega, della sua gente, del suoi dirigenti, del suo segretario.
Se tutto questo dovesse venire meno e non potesse realizzarsi ci troveremmo di fronte a quello che considero il peggiore dei mali per un giornale: l’omologazione. Il grigiore, l’appiattimento che sono davvero - queste sì - Ie caratteristiche proprie del principio di un regime. Ma proprio per questo, tutti insieme dobbiamo fare e faremo in modo con tutte Ie nostre forze che ciò non avvenga. Mai.

Responsablle del Media della “Lega Nord”

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Saluto ai lettori

Parliamoci chiaro

Di Gigi Moncalvo

La Padania del 14/07/2002

State tranquilli: no ho nessuna intenzione di propinarvi una sorta di “predica” sui massimi sistemi dell’informazione, sulla libertà di stampa, l’obiettività, il lettore come unico svrano, la Verità con la v maiuscola, i fatti separati (quasi mai) dalle opinioni. Intorno a voi avete ogni giorno molti esempi di gente che scrive, si riempie la bocca in tv o ciancia nei convegni, di simili principi, e poi, appena girato l’angolo, li vìola sui propri giornali sotto gli occhi di tutti senza nemmeno vergognarsene o senza nemmeno avere il pudore di nascondere certi palesi tradimenti delle proprie promesse.
Io amo la sincerità, e chi mi conosce sa quale tipo di giornalismo pratico. Chi ha letto i miei libri e i miei articoli, oopure ha visto in questi anni le mie trasmissioni tv e condiviso le mie battaglie (o anche solo vi ha assistito curioso di vedere come andavano, e come andavo, a finire) lo sa benissimo. Quindi niente ipocrisia, cominciamo, anche qui, a dire le cose come stanno.
Questo giornale, e chi vi lavora – a cominciare da me – ha una grande fortuna e una sorta di “certificato di autenticità” che tutti i giorni è sotto i vostri occhi: noi sappiamo bene chi è il nostro Editore, e chi è il nostro “padrone”, il nostro principale, chi ci paga lo stipendio a fine mese. Sappiamo bene, noi e voi, come la pensa il nostro Editore, quale ideologia ha, qual è la gente onesta che rappresenta, quali sono gli intendimenti, i modi di essere e di pensare che ci ha chiesto di vedere rappresentati ogni giorno rappresentati, illustrati, spiegati ma anche difesi e tutelati dalle menzogne e dalla malafede degli altri.
Questo giornale è nato da una esigenza profonda, sentita e incontestabile: poter informare, poter far conoscere, senza le manipolazioni e le mistificazioni della cosiddetta “grande stampa” e dgli interessi e poteri che essa rappresenta, le “nostre” posizioni, i nostri intendimenti, i nostri progetti, il nostro lavoro.
Noi siamo politici, siamo giornalisti. Ma conosciamo, e vogliamo che sappiate, qual è il patto di lealtà che abbiamo “firmato”, in tutti i sensi, col nostro Editore, col nostro Direttore Politico – l’onorevole Umerto Bossi – con tutti voi, e soprattutto con la nostra coscienza.
Dobbiamo e vogliamo solo registrare le notizie, sceglierle, proporvele, commentarle. Ma soprattutto vogliamo mostrarvi, sottoporvi, le bugie, le contraddizioni, i mutamenti, le incoerenze, i tradimenti degli altri, per dimostrarvi in modo semplice ed efficace quanto noi siamo diversi da loro, quanto loro sono diversi da noi.
Loro, che dicono di difendere i lavoratori e non lo fanno. Loro che dovrebbero difendere i deboli e non se lo sognano nemmeno. Loro che dovrebbero dare degli esempi di correttezza, di onestà, di rispetto verso i più poveri, i più colpiti, i più deboli, e hanno smesso da un pezzo di farlo.
Abbiamo appena finito di leggere con orrore e indignazione le “prediche”, queste sì, di chi oggi invita alla sobillazione, alla rivolta, alla disobbedienza, di chi fornisce le istruzioni scritte su come aggirare o contrastare la legge Bossi-Fini contro l’immigrazione clandestina. Si tratta di palesi reati, di autentici inviti a commettere reati, di violazioni degli articoli 414 e 415 del codice penale.
Mi sbaglio o in Italia c’è l’obbligatorietà dell’azione penale? Ma non sono proprio i magistrati a lamentarsi che il governo vuole abolire questa obbligatorietà?
… Non sono forse questi magistrati, coi loro comportamenti omissivi, ad averla di fatto già abolita? Dove sono i procuratori cui bastava trovare in una perquisizione un distintivo o una cartina geograflca per aprire un fascicolo e mandare un avviso di garanzia? Il reato è palese, ieri lo potevate trovare in evidenza su pagine intere di due quotidiani. Restiamo in attesa di vedere che cosa accadrà..
Le “prediche” cui accennavo arrivano -guarda caso - proprio da parte di coloro che usarono definizioni insultanti contro chi, ad esempio, invitava Ia gente non a violare una legge ma semplicemente a mettere in pratica una forma di protesta avvalendosi delle istruzioni contenute in un libretto che milioni di persone conoscono e hanno in •casa e che porta il titolo di “Modalità di disdetta del canone radiotelevisivo”. Noi venimmo indicati come mascalzoni”. “lestofanti”, “poco di buono” per una protesta di tipo fiscale su un tema come quello. Noi, ora, che cosa dovremmo dire delle mistificazioni, dell’invito alla sedizione (mandano avanti gil altri, come sempre) di costoro che flngono dl stare dalla parte del “poveri” immigrati, mentre invece spesso sono animati da una
una sola evidente preoccupazione personale: regolanizzare, pagare I contributi arretrati della colf filipplna, smettere di “sfruttarla” economicamente, dover andare a fare la coda in questura per i documentl necessari. Come farà il direttore dell’”Unità” a nisolvere questo problema che certo lo assilla personalmente? Come farà a regolarizzare una sola colf lui che, da perfetto sedicente “uomo dl sinistra”, è sicuramente ablituato ad averne ben più di una? Le farà passare per “badantl?
Colf a parte, pensate alle reazioni e agli interessi delle imprese che adesso non avranno più fuori dalla porta una coda interminabile di aspiranti operal e non potranno più sottopagare, sfruttare, ‘torchiare” simili lavoratori, ma dovranno regolarizzarli, tutelarli, rispettarli. E quindi smetteranno di lucrare profitti, mettendo nelle loro tasche gli utili e addossando alla collettività gli enormi costi
sociali. E, finalmente, queste imprese dovranno anche scegliere dei lavoratori, dei giovani delle nostre parti offrendo loro condizioni di lavoro, contratti e salari adeguati. Per non parlare di quel “certo volontariato” (con “volontari” stipendiati che assorbono l’80 per cento delle risorse di queste associazioni) e che teme che vengano meno gli interessi cospicui che ruotano intorno al business-immigrazione.
Sì, cari amici e care amiche: per tutti costoro l’immigrato è un business, non un essere umano. E infine, con la legge Bossi-Fini viene a cadere anche la loro speranza dl avere una massa di votanti extracomunitari. Altro che preoccupazioni di carattere-umanitario, altro che il discorso delle impronte! Tutti i cittadini di sesso maschile fino a poco tempo fa hanno fornito le proprie impronte, al raggiungimento dei 18 anni, in occasione della visita di leva. E se in seguito sono stati chiamati a prestare il servizio militare, tali impronte sono state prese loro per la seconda volta. Le persone oneste e perbene non hanno alcun problema, non hanno alcuna paura a dare, a fornlre le proprie impronte. Anzi, sono liete di farlo. Se, per caso, fossero accusate ingiustamente di un reato avrebbero, grazie alle impronte, una possibilità in più per dliscolparsi o essere scagionate. Al contrarlo, se mai io decidessi di accoltellare qualcuno o compiere una rapina, gli inquirentl avrebbero il compito facilitato nell’identlficarmi e catturarmi.
Deflnlre “razzista e fascista” questa legge è pericoloso, apocallittico, falso. C’è un solo obiettivo: sobillare la rivolta, tenere alta la fiamma sotto una pentola che non sanno più come portare al punto di ebollizione, un compito che nonostante gli sforzi di Cofferati, ancora non è riuscito. E non riuscirà. In molte reazioni di certa sinistra e di certi organi dei poteri forti emerge una autentica incitazione all’odio politico attraverso l’eccitazione di quello che qualcuno ha definito “il senso di colpa occidentale”. La realtà è che l’immigrazione è un fenomeno sociale da governare, non solo in Italia. Stanno cercando di farlo anche Blair, Chirac, Schroeder. Chi si pone il problema di arginare gli arrivi selvaggi con accordi internazionali, chi cerca di garantire quote di immigrazione pensando a garantire la sicurezza collettiva, chi ha lavorato e lavora per una legislazione al servizio dei propri cittadini, o attraverso i’impiego corretto della Marina e degli organi di polizia, non è un razzista, non è un fascista, ma solo uno preoccupato per il futuro del proprio paese, uno che intende tutelare, prima di tutti gli altri, i proprl cittadini.
Ma lasciamo perdere i finti e faziosi moralizzatori. Avete notato quali sono gli organi di stampa che si dimostrano più apocalittici e preoccupati (lasciamo perdere quelli che insultano)? Avete notato la consonanza tra chi, consapovole che sta per perdere utili e potere, ordina ai suoi giornali di sparare a zero? Ho letto un lncredibile “appello” addirittura alla Marina Militare, una sorta di invito all’insubordinazione. Gente che fino a leri ha sputato contro gli uomini in divisa, qualunque essa fosse, oggi vorrebbe essere ascoltato (e sentirsi ubbidito) da ammiragli, tenenti di vascello, capitani di corvetta e nostromi. Quale coerenza! Quale faccia tosta! Volete sapere chi firmò il 25 marzo 1997 l’infausta convenzione politica intergovernativa tra Itaila e Albania che portò allo speronamento tra una nave itailana e una carretta albanese? Il sottosegretario agli Interni, Massimo Brutti Ds), per conto del ministero della Difesa e per conto del governo di Romano Prodi. E sapete che cosa prevedeva quel testo? App oggiava Ia tesi che si potesse usare violenza nei riguardi dei profughi. E allora ci viene proprio voglia di rivolgere un appello, non alla Marina Miltare ma al proprietario di “Ikarus” o a tutti quegli uomini di sinistra abituati al “tek degli yacht”, al legno pregiato del loro velieri o delle loro imbarcazioni d’altura, piuttosto che alla conoscenza vera dei problemi o al solo contatto con i clandestini, o con le vittime della violenza di certi criminali arrivati nel nostro paese.
Come vedete, fin da subito, abbiamo tenuto fede al nostro impegno. Che è riassumibile in un concetto: noi non porgiamo l’altra guancia. Questo giornale cercherà di informare. farà campagne e battaglie al servizio dei cittadini ma sarà anche uno strumento di difesa: di fronte alle ingiustizie, di fronte ai soprusi, di fronte alle illegalità, ma anche di fronte a chi insulta la nostra gente, il Popolo della Lega e i suoi rappresentanti in Parlamento e al Governo. Noi, questo gtornale, siamo dalla parte del Popolo, come sempre. Lo abbiamo dimostrato, e lo dimostreremo coi fatti, giorno per giorno. Questo è un organo di informazlone che ha una cosa in più importantissima e decisiva, rispetto agli altri: la possibilità di non limitarsi ad “abbaiare alla luna”. Le nostre battaglie, fatte in nome dei cittadini, di tutti i cittadini, avranno una prosecuzione nei nostri gruppi parlamentari, nei nostri uomini di governo, nel nostro leader, che è anche il nostro Direttore politico. E diventeranno occasione, spunto, suggerimento per azioni politiche.
Io sono un artigiano di questo mestiere. Ho imparato a fare il giornalista da direttori come Cesare Lanza, Piero Ottone, Franco Di Bella, Guglielmo Zucconi ma soprattutto da Pierluigi Magnaschi, il migliore di questa generazlone. Io ho imparato i segreti artigianali di questo mestiere da uomini meno noti dei precedenti come Carlo Galimbertl o Lorenzo Pilogallo, miei indimenticabili caporedattori al Corriere della Sera. Al mio tavolo di lavoro in via Solferino avevo di fronte, nella redazione del Politico, un uomo dabbene che si chiamava Walter Tobagi. Lo assassinarono le Brigate Rosse. Lo voglio ricordare oggi, insleme a sua moglie Stella e ai loro degni figlioli, Luca e Benedetta. E rileggendo quello che accade oggi sull’uccisione di Marco Biagi, rivedo certe situazioni di allora, a proposito di mandanti morali e di certi ambienti sindacali.
Un giornalista americano una volta ha scritto: i giornalisti, specie quelli italiani, passano la metà del loro tempo a scrivere quello che non sanno, e l’altra metà del tempo a non scrivere quello che sanno”.
Cercheremo di invertire Ia tenenza. Al vostro servizio, al servizio della gente che ci segue e che tornerà a seguirci, per le nuove grandi battaglie che ci apprestiamo a compiere a favore della famiglia, nella lotta contro la prostituzione nelle strade, per la devolution. In sostanza le riforme per cambiare il nostro Paese. Grazie a chi vorrà seguirci e a chi avrà fiducia in me e in questa redazlone che non ha nulla da invidiare a nessuno e che aspetta i vostri suggerimenti, i vostri consigli, il vostro appoggio, il vostro aiuto, e naturalmente le vostre critiche. Un’ultima notazlone: voglio ricordare l’amico e collega Daniele Vimercati. Da lui ho imparato che, fin dal primo giorno, un direttore di giornale deve sempre tenere pronta la valigia, non deve disfarla del tutto. Infattl, io non sono mai rimasto incatenato aIla poltrona a tutti i costi. Qualora dovessi accorgermi che è venuta meno la fiducia del mio Editore, del mio Direttore politico certo non farei come Biagi (Enzo) o Santoro. Io, contrariamente a loro, conosco bene il significato della parola “dimissioni”. Senza sapere se il giorno dopo ci sarà ad aspettarmi un nuovo contratto o la disoccupazione.

Gigi Moncalvo

Il Patriota
15-07-02, 21:29
6La necessità di fare inchieste senza remore, magari ottenendo qualche importante scoop, si dovrà saldare solidamente alla visione generale del mondo in cui investe la Lega. Una visione del mondo basata sulla libertà, sulla famiglia e sulle tradizioni dei popoli”.



...e molti naziossgenati farebbero bene a riflettere su queste parole del Capo!!

BELLOVESO
16-07-02, 01:29
Originally posted by Il Patriota
6La necessità di fare inchieste senza remore, magari ottenendo qualche importante scoop, si dovrà saldare solidamente alla visione generale del mondo in cui investe la Lega. Una visione del mondo basata sulla libertà, sulla famiglia e sulle tradizioni dei popoli”.



...e molti naziossgenati farebbero bene a riflettere su queste parole del Capo!!



Che problema c'è? I naziossigenati sono una cosa, la Lega Nord per l'Indipendenza della Padania è ben altra.

saluti padanisti, leghisti ed antinazisfigati

Fenrir
16-07-02, 09:25
Avete dimenticato anche l'editoriale di Max Parisi, molto ben fatto!!
Padania Libera

Johnny Buleghin
16-07-02, 10:26
Originally posted by FENRIR
Avete dimenticato anche l'editoriale di Max Parisi, molto ben fatto!!
Padania Libera

totalmente.

Anche quello di Pagliarini è importante.

Purtroppo ci sono troppi argomenti, sulla Padania stessa e in questo sito, tutti molto importanti, che richiederebbero molto più tempo per poterli discutere decentemente...

Che possiamo farci?

Saluti padanisti.

J.B.:cool: