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Der Wehrwolf
14-07-02, 12:41
Concetti strategici degli USA
dalla fine della guerra fredda
Da leader del Mondo Libero a potenza predatrice





Se il fondamento della politica estera degli Stati Uniti d'America nel periodo della guerra fredda era stato unico e in definitiva riducibile a tre semplici enunciati - "contenimento" (containment) dell'URSS, freno alla diffusione mondiale del "comunismo", promozione della crescita economica nel "mondo libero" sotto l'egida Americana - con la caduta del muro di Berlino si apre una fase caratterizzata da una pluralità di concezioni strategiche possibili.
Queste risultano appartenere a tre filoni principali, che gli strateghi statunitensi (tradizionalmente affezionati all'uso di espressioni-chiave) hanno definito come internazionalismo trionfante, neo-isolazionismo o disimpegno e neo-interventismo selettivo.

1.
E' nel campo dell'internazionalismo trionfante che si collocano le opzioni dottrinarie caratterizzate da un'istanza di continuità con la politica estera degli anni 1945-1989; una continuità che peraltro, almeno in alcune posizioni, è corretta dall'urgenza di "cogliere il momento favorevole", di avvantaggiarsi al massimo della posizione di unica superpotenza mondiale.
Un concetto chiave di questa corrente è quello celebre di nuovo ordine mondiale (New World Order), coniato dal presidente Bush nel 1990 in occasione della prima campagna di aggressione contro l'Irak e in seguito passato a definire il nuovo ruolo e le nuove "responsabilità" degli USA. Il concetto in sé non esprime novità sostanziali rispetto alla fase precedente: preoccupazione per la stabilità, mantenimento dello statu quo, riconoscimento della "leadership globale" degli USA. Più interessante è la riflessione sull'applicazione pratica del concetto, avvenuta con l'operazione Desert Storm e il suo proseguimento nel Golfo Persico. Affiora la giustificazione della guerra preventiva come strumento di preservazione dell'ordine mondiale, ma allo stesso tempo - con il divario evidente fra potenza militare dispiegata e risultati conseguiti in termini di condizioni per una pace duratura - una scissione fra potenza militare e responsabilità politica; scissione che secondo alcuni le successive scelte operate in Somalia e Bosnia confermerebbero.
Ma se i vertici politici mostrano tutta la loro carenza nel dare sostanza al concetto di nuovo ordine mondiale, i vertici militari suppliscono con entusiasmo.
Nel 1992 uno dei tanti "scoop pilotati" porta alla pubblicazione sulle pagine del New York Times di un rapporto "segreto" del Pentagono (Defense Planning Guidance, redatto sotto la direzione del sottosegretario alla Difesa per gli affari politici, Paul Wolfowitz) interpreta esplicitamente il nuovo ordine mondiale come volontà degli USA di mantenere il proprio status di superpotenza unica facendo leva soprattutto sulla potenza militare, da impiegarsi - se del caso - anche unilateralmente. La NATO, in questa prospettiva, è il veicolo degli interessi americani in Europa e il massimo garante della sicurezza europea.
E' un giornalista (Charles Krauthammer) a coniare il significativo concetto di momento unipolare per descrivere il carattere al tempo stesso assoluto e temporaneo della supremazia USA; fra due, tre decenni nuovi rivali potranno essere abbastanza forti per sfidarla. Ma unipolarità implica anche concentricità attorno ad un polo: quindi, al centro dell'ordine mondiale, una confederazione occidentale di cui il Gruppo dei Sette è una specie di prefigurazione), e al centro di questa gli USA. Cerchi concentrici dove la distanza dal centro si misura in perdita di sovranità. Obiettivo finale, la formazione di quel mercato comune mondiale preconizzato da Fukuyama nella sua Fine della storia. Ma l'obiettivo primo, e il primo compito da realizzare, è l'unificazione dell'Occidente economicamente avanzato.
Precursore in questa direzione era stato Robert Strausz- Hupé, che sin dal 1957 aveva agitato la necessità di unificare il mondo sotto la bandiera a stelle e strisce "nell'arco di una generazione" (!) e - campione del mondialismo ante litteram - bollato l'idea di Stato-nazione come un'odiosa invenzione ideologica francese e come "la forza più retrograda del XX secolo". Il sogno federalista mondiale di Strausz-Hupé (nel quale la NATO era il nucleo fondante) investiva gli USA del ruolo di "architetti di un impero senza imperialismo", con la cultura anglosassone a fare da tramite fra le culture antiche e la nuova cultura mondiale emergente. La miseria di tale concezione non le impedisce di continuare a fare adepti, fra cui Strobe Talbott, attuale numero due del Dipartimento di Stato di Clinton.
Joseph Nye sottolinea invece gli aspetti "morbidi" del pensiero internazionalista. Dopo la guerra del Golfo Persico, è chiaro che la potenza economica non ha mandato in soffitta la potenza militare. Gli USA sono al primo posto perché egemoni sul piano del hard power (potere di coercizione) come del soft power (potere di persuasione). Questo secondo aspetto rinvia agli istituti transnazionali nei quali gli USA devono assicurarsi il controllo in ultima istanza: il World Trade Organization (ex GATT), il FMI, il Trattato per la non-proliferazione nucleare, e via dicendo. In questo delirio di onnipotenza, il ruolo possibile dell’America è stato descritto come quello di "grande organizzatore" mondiale, paragonabile a quello svolto dalla Gran Bretagna nei secoli XVIII e XIX, all’Austria fra il 1812 e il 1818, al Papato nei secoli XII e XIII, fino all’Atene prima della guerra del Peloponneso.
Si arriva a rigurgiti "spengleriani" (con tante scuse a Oswald Spengler) nell’appello di Ben Wattenberg, direttore di Radio Free Europe, affinché il popolo Americano riconosca il suo "nuovo destino manifesto" (new manifest destiny) nel compito di promuovere nel mondo la "democrazia di tipo americano". Qui è la cultura ad assumere una funzione primaria, e gli USA dispongono delle migliori armi anche su questo terreno: il mondo dello spettacolo, i media, la lingua inglese, il turismo, l’istruzione universitaria (sic) e i sistemi informatici – senza dimenticare il business dell’entertainment. Insomma, Coca Cola, Bill Gates e Pamela Anderson al servizio del mondo unipolare a dominanza USA.
Altri non esitano a riciclare con disinvoltura termini oggigiorno messi al bando dall’ossessione puritana del politically correct. Il conservatore d’assalto Irving Kristol dalle pagine del Wall Street Journal (agosto 1997) celebra "il giorno non lontano .. in cui il popolo Americano prenderà coscienza di essere una nazionale imperiale… una grande potenza può essere insensibilmente condotta ad assumersi delle responsabilità senza esservisi esplicitamente impegnata".

2.
Ad una maggiore sobrietà è improntato – almeno in apparenza – il pensiero neo-isolazionista. I suoi esponenti riconoscono l’impossibilità per l’America di gestire efficacemente una politica estera internazionalista, economicamente e militarmente: lo vieta, fra l’altro, un bilancio della difesa che negli anni ’90 è prossimo a 300 miliardi di dollari annui, a fronte del gonfiarsi del debito interno, di un tasso di risparmio fra i più bassi del mondo, di un sistema dell’istruzione fallimentare (evviva la sincerità) e di una scarsa propensione a reinvestire capitali nella sfera della produzione invece che nella sfera finanziaria.
Isolazionismo non significa – né ha mai significato, nella storia degli USA – volontà di isolamento. E’ una dottrina politica che non preclude lo sviluppo crescente di relazioni economiche con l’esterno, esprimendo tuttavia un desiderio di disimpegno finalizzato, in ultima analisi, a non legare in alcun modo le mani all’azione politica Americana.
Tradizionale cavallo di battaglia del pensiero repubblicano, accentuato dalla sconfitta nel Vietnam, il neo-isolazionismo ha la sua tendenza "nazional-populista" in Patrick Buchanan. L’ex collaboratore di Nixon e Reagan auspica il totale ritiro delle forze USA dall’Europa e dall’Asia, ma senza disarmare. Il primato Americano deve essere mantenuto in mare, nell’aria e nello spazio; l’interventismo non viene escluso, a patto che non sia di terra (evidente la natura del compromesso raggiunto con Clinton in occasione dell’aggressione contro la Jugoslavia).
Questa specie di riedizione della "dottrina Monroe" è condivisa e radicalizzata da Ted Carpenter, direttore del Cato Institute. Carpenter si batte per una strategia indipendente, libera da impegni onerosi ed obsoleti; gli "interessi vitali" degli USA vanno rigorosamente definiti, l’interventismo a tutto campo va rigettato; i conflitti locali (Europa inclusa) non devono essere considerati una minaccia ai suddetti "interessi vitali". "Quali sono gli interessi vitali dell’America?" si domanda Edwin Feulner, presidente della Heritage Foundation, ed elenca cinque punti: salvaguardare la sicurezza nazionale (territorio, confini, spazio aereo americani); prevenire la minaccia da parte di una potenza antagonista in Europa, nell’Estremo Oriente e nel Golfo Persico (il riferimento è rispettivamente a Russia, Corea del Nord, Iran e Irak); mantenere la capacità di accesso degli USA ai mercati esteri; proteggere gli Americani da "terrorismo e criminalità internazionale"; preservare la possibilità di accesso alle risorse strategiche.
Corollario della tesi di Carpenter è il giudizio netto sulle alleanze attuali e sulla NATO – un’eredità del passato di cui disfarsi. Il tutto in un contesto di "pessimismo della ragione": l’istante unipolare non durerà.
E’ ancora il Cato Institute, per voce di Barbara Conray, a negare che nel perseguimento della leadership politica e militare possa consistere il fondamento della politica estera Americana. Essere il "Gendarme del Mondo" presenta costi superiori ai benefici.
Attorno a questo assunto, un ampio ventaglio di posizioni non crede nella possibilità che l’egemonia USA sopravviva alla guerra fredda. Non nasceranno nuove superpotenze, anzi le crisi regionali condurranno ad una crescente frammentazione del potere. Gli USA devono quindi adoprarsi per "compartimentare" questa instabilità regionale, senza intervenirvi attivamente. I 40 anni della guerra fredda hanno conferito eccessiva preminenza alla politica estera, lamenta l’ex ambasciatore all’ONU Jeane Kirkpatrick: è ora che l’America affronti questioni di ordine inferiore.
Perché il potere oggi è essenzialmente economico, ed è su questo terreno che si svilupperà la vera competizione. L’opzione mondialista non avrà come premio un mondo costituito attorno ai valori americani. E la difficile situazione socioculturale dell’America rende urgente un profondo rinnovamento all’interno.

3.
Agli "opposti estremismi" dell’internazionalismo e dell’isolazionismo si contrappone la corrente di pensiero favorevole ad un neo-internazionalismo pratico (practical internationalism, secondo l’espressione di Richard Gardner, attuale consigliere di Clinton).
Il concetto chiave che ispira buona parte dell’azione di politica estera dell’amministrazione Clinton è quello di sicurezza multilaterale (identificato con la figura del segretario di stato aggiunto per gli affari esteri Tarnoff). L'interpretazione stretta di questa dottrina vede gli USA limitare l'uso della forza ad un contesto multilaterale, salvo il caso in cui certi loro interessi vitali siano messi in gioco. A seguito delle critiche che hanno bersagliato l'amministrazione per il modo con il quale sono state trattate le crisi in Bosnia e in Somalia, Si è riscontrato uno spostamento a favore di un concetto allargato di sicurezza multilaterale, secondo il quale la multilateralità è un mezzo, non un fine, e l'azione unilaterale non va esclusa in assoluto.
Legato al concetto di sicurezza multilaterale è quello di indipendenza strategica. Se la dottrina del contenimento esprimeva la volontà di impedire in Eurasia il dominio di una potenza egemone, ora - restando fermo questo obiettivo strategico - l'America rinuncerebbe ad agire in prima persona e punterebbe a mantenere una situazione di equilibrio fra potenze a livello globale e a livello regionale; l'indipendenza strategica degli USA consisterebbe nel poter sfruttare la rivalità fra le altre potenze potendo beneficiare dei vantaggi geopolitici derivanti dall'insularità, dalla lontananza dal teatro dei conflitti, dalla superiorità militare e nucleare.
In questa riedizione della teoria dell'equilibrio delle forze, Henry Kissinger precisa che gli USA non potranno più fare fronte contemporaneamente a tutte le situazioni di crisi potenziale: si impone una selezione. Nell'interventismo selettivo di Kissinger, alcune crisi potranno esigere un intervento unilaterale dell'America, altre richiedere un'azione soltanto multilaterale, altre ancora non meritare alcun tipo di intervento militare. In questa prospettiva viene meno, in quanto irrealizzabile nel nuovo contesto mondiale, l'intento di costituire un ordine globale fondato sugli interessi Americani (la cosiddetta "Pax Americana"); il ruolo dell'America viene così a rassomigliare a quello dell'Inghilterra nel XIX secolo
Questa concezione viene ripresa e rafforzata dalla riflessione di Zbigniew Brzeszinski. Il concetto di impegno globale selettivo (global selective commitment) riassume per gli USA
• il possibile scollamento fra i propri interessi in politica estera e quelli dei tradizionali alleati
• il mantenimento del ruolo di principale polo di dissuasione nucleare
• il mantenimento di vantaggi militari (aviazione, marina) su alleati e non
• l'impegno selettivo e proporzionato in forme variabili di cooperazione su scala regionale (la NATO essendo l'esempio classico)
A questo indirizzo - che l'amministrazione Clinton ha fatto proprio - si coniuga quello di allargamento della "comunità liberale".
Alcuni autori di questa corrente di pensiero hanno apertamente candidato la supremazia economica al ruolo primario, ricacciando in secondo piano sicurezza e diffusione di valori (si pensi in proposito alla rapida riconversione della CIA - o per lo meno delle sue strutture "evidenti" - allo spionaggio economico). Alla bipolarità del mondo della guerra fredda si sostituirebbe una tripolarità - USA, Europa e Giappone - di superpotenze economiche. Una concezione funzionale all'urgenza di mantenere i mercati esteri aperti alla concorrenza e agli investimenti Americani. In questo contesto, la promozione di sistemi di leadership collettiva - collettiva, beninteso, ma rigidamente controllata dagli USA - diventa un obiettivo primario da promuovere; pena l'emergenza di blocchi regionali sempre più "chiusi" all'influenza del capitale a stelle e strisce.
Il segretario di stato Warren Christopher nel 1992 ha affermato che la "sicurezza economica" rappresenta l'obiettivo primario di politica estera dell'amministrazione Clinton. Il segretario di stato aggiunto Strobe Talbott nel 1994 ha parlato di "diplomazia per una competitività globale" - che cosa intenda con questa definizione, lo ha chiarito perfettamente lo stesso Strobe Talbott: stare in guardia affinché i nuovi raggruppamenti economici regionali non si pongano obiettivi contrastanti con i famosi interessi superiori degli Stati Uniti. L'Unione Europea - fra gli altri - è avvertita.
L’America come Big Corporation che deve sfruttare una temporanea posizione di forza sul mercato per plasmarlo e trasformarlo ai propri fini. E’ quanto suggerisce in The Reluctant Sheriff (1997) Richard Haas, maître à penser della Brookings Institution, ed ex consigliere di Bush: "Obiettivo della politica estera americana deve essere operare, con gli altri attori che condividono le stesse idee, a migliorare il funzionamento del mercato e a rafforzare il rispetto dele sue regole fondamentali. Con il consenso, se possibile, con la forza, se necessario". Non il Gendarme del Mondo, impegnato 24 ore su 24 a combattere i cento Imperi del Male, ma lo Sceriffo, che – quando la situazione rischia di divenire incontrollabile – raccoglie in fretta volontari e mercenari e parte alla volta di una spedizione punitiva.
Ci ricorda qualcosa?

4.
Abbiamo voluto dedicare un paragrafo a parte a Samuel Huntington. Il saggio dal titolo The Clash of Civilizations? - con tanto di punto interrogativo - apparve nel bimestrale Foreign Affairs nell'estate del 1993. L'approfondimento della questione - e la scomparsa del punto interrogativo - viene tre anni dopo con il volume The Clash of Civilizations and the New World Order. Il nucleo dell'argomentazione, rispetto al tema che qui ci interessa, è esposto all'inizio del settimo capitolo:
"L'ordine instaurato all'epoca della guerra fredda fu il prodotto del dominio delle due superpotenze sui rispettivi blocchi e dell'influenza da essi esercitata sul Terzo Mondo. Nel mondo emergente, il concetto di potenza globale è ormai obsoleto, il villaggio globale un sogno. Nessun Paese, neanche gli Stati Uniti, vanta significativi interessi di sicurezza su scala globale. Gli elementi costitutivi dell'ordine internazionale in un mondo più complesso ed eterogeneo quale quello odierno, vanno individuati all'interno delle singole civiltà e nelle interazioni fra queste. Il mondo sarà ordinato in base alle civiltà o non lo sarà affatto. Al suo interno, gli stati guida delle diverse civiltà prendono il posto delle superpotenze, si ergono a tutori dell'ordine all'interno delle rispettive civiltà e, tramite il negoziato con gli altri stati guida, nei rapporti fra esse. ... Uno stato guida può svolgere la sua funzione di tutore dell'ordine perché gli stati membri lo considerano culturalmente affine. ... Laddove sono presenti, gli stati guida rappresentano l'elemento cardine del nuovo ordine internazionale fondato sulle civiltà".
E qui il discorso ci riguarda da vicino. Qual è infatti la "nostra" civiltà secondo Huntington?
"Durante la guerra fredda gli Stati Uniti erano al centro di un ampio e variegato gruppo di Paesi accomunato dall'obiettivo di impedire l'ulteriore espansione dell'URSS. Questo gruppo, variamente denominato Mondo libero, Occidente o Alleati, comprendeva molte ma non tutte le società occidentali, Turchia, Grecia, Giappone, Corea, Filippine, Israele ... Con la fine della guerra fredda ... l'Occidente multiculturale della guerra fredda si riconfigura in un nuovo raggruppamento più o meno coincidente con la civiltà occidentale".
La violenza alla geopolitica operata da Huntington è strumentale all'azzeramento di ogni differenza fra il mondo anglosassone e la civiltà europea in un concetto di civiltà occidentale che assorbe la seconda nel primo.
Fin qui, l'esito dell'analisi è sconcertante, ma efficace sul piano della teorizzazione del ruolo egemone degli USA e dell'alleato britannico sull'Europa.
E' quando l'autore cerca di forzare la realtà nei suoi schemi che emergono le incongruenze più evidenti ma anche più interessanti.
Definiti i conflitti di faglia (fault-line conflicts) come "conflitti fra stati limitrofi appartenenti a gruppi di civiltà diverse che vivono in seno ad una stessa nazione" - in opposizione ai conflitti fra stati guida che coinvolgono gli stati principali delle diverse civiltà - Huntington passa ad esaminare in questa chiave i principali scontri degli anni '80 e '90.
Vediamo il caso di maggiore interesse. Qui - ricordiamolo, siamo nel 1996 - Huntington si riferisce alla guerra di Bosnia, ma l'argomentazione è perfettamente applicabile al conflitto del Kosovo.
In una guerra di faglia agirebbero attori di primo livello (nel caso bosniaco, i contendenti serbi e croati, oltre ai bosniaci stessi), di secondo livello (i governi delle tre popolazioni coinvolte), e di terzo livello, per lo più i rappresentanti delle rispettive civiltà- - in questo caso Germania, Austria, Vaticano, stati e gruppi cattolici europei al fianco della Croazia, Russia, Grecia e altri Paesi e gruppi ortodossi al fianco della Serbia, e - al fianco dei bosniaci - diversi stati Islamici e... gli Stati Uniti d'America!
Si tratta di una "parziale eccezione", ammette Huntington, di "un'anomalia", che potrebbe essere spiegata come un errore dell'amministrazione Clinton, troppo condiscendente verso le "forti pressioni dei suoi amici nel mondo musulmano".
Un'anomalia tanto poco anomala da ripetersi, come un perfetto copione, nel caso dell'aggressione angloamericana alla Jugoslavia che ha avuto come pretesto la questione del Kosovo.
Curiosamente, questa raffinata concezione teorica finisce per demolire gli stessi presupposti sui cui vorrebbe fondarsi... oppure?
Oppure, ancora una volta, c'è qualcosa che non si voleva ancora dichiarare apertamente - forse quella concezione di "Third American empire" avente i Balcani come territorio conteso, pubblicizzata da Michael Lind e Jacob Heilbrunn nel gennaio 1996 (Washington Post). Allora sì, diviene comprensibile come gli USA possano presentarsi come "attori di terzo livello" - o come padrini mafiosi, fuor di metafora - di uno "pseudo Islam" cui è affidato il ruolo di cuneo, a vietare la ricomposizione di un grande spazio europeo.

5.
Due parole a mo' di conclusione. E' tempo di rimettere la realtà sui piedi. Come l'isolazionismo degli USA in politica estera non è mai esistito, riducendosi alla preferenza - nel periodo fra le due guerre - per i metodi indiretti basati sulla coercizione economica e sulla manipolazione diplomatica - e quindi è una finzione l'appello ad un supposto neo-isolazionismo - allo stesso modo l'urgenza di contrastare un declino che si annuncia irreversibile, sul piano politico, diplomatico, economico, militare, svuota di ogni contenuto di "disimpegno" l'interventismo pratico e selettivo: dietro la maschera dell'America garante della "sicurezza multilaterale" e degli equilibri regionali, sta l'organizzazione sistematica della destabilizzazione diplomatica, politica, finanziaria e militare a livello mondiale - a partire dal "cuore del mondo", dal continente eurasiatico.
Qui sta il significato storico della guerra di Jugoslavia.
Ma, se in ogni menzogna si nasconde un briciolo di verità, allora siamo debitori a Huntington di una lezione preziosa. In un mondo nel quale saranno sempre più le civiltà, nel loro reciproco rispettarsi, comprendersi e coesistere, a produrre senso, di fronte all'assenza di senso della globalizzazione, gli USA e i loro omologhi in terra d'Albione sono davvero un'anomalia che deve scomparire.

Originale pubblicato su "Arctogaia" http://www.arctogaia.com/

Der Wehrwolf
14-07-02, 12:43
UN SECOLO
DI AGGRESSIONI
AMERICANE



http://www.asslimes.com/documenti/america/aggressioni%20usa/lady%20usa.jpg


1890 - ?
Usa - South Dakota (28 dicembre)
Quattro squadroni di cavalleria massacrano 300 indiani Miniconjou nella valle di Wounded Knee (Chankpe Opi Wakpala). L'episodio segna emblematicamente la fine della libertà indiana e l'inizio del "secolo americano"

Argentina
Nel paese scoppia una grave crisi del regime parlamentare in seguito alla corruzione del presidente Celman, asservito agli interessi e alla politica USA: i militari americani intervengono.

1891
Cile (gennaio)
Il presidente Josè Manuel Balmaceda viene accusato di nutrire ambizioni dittatoriali; scoppia una guerra civile che vede l'intervento della marina militare Usa contro i ribelli nazionalisti.

Haiti
I militari reprimono la rivolta anti-americana dei lavoratori negri che reclamano la proprietà dell'isola di Navassa (fra Haiti e Giamaica, attualmente territorio Usa).

1892
Usa - Idaho (giugno)
Scoppiano scioperi dei lavoratori dell'acciaio e dei minatori (miniere d'argento). L'intervento repressivo di agenti della compagnia Pinkerton e di truppe federali provoca grande tensione e gravi incidenti.

1893 - ?
Hawaii (gennaio)
Gravi disordini interni offrono agli Stati Uniti l'occasione per intervenire nelle isole Hawaii. La marina rovescia il governo indipendente: il 17 gennaio viene proclamata la repubblica. Il nuovo governo è controllato dagli americani, e le isole sono dichiarate protettorato statunitense. Il definitivo trattato di annessione verrà ratificato il 12 agosto 1898.

1894
Chicago
Scendono in sciopero i lavoratori delle officine ferroviarie Pullman (la Pullman Palace Car Company): il sindacato dei ferrovieri (American Railway Union), fondato nel 1893 da Eugene Victor Debs, si schiera al fianco degli scioperanti. Il presidente Stephen Cleveland primo democratico dai tempi della Guerra di Secessione, in carica dal 1884 al 1888, poi rieletto nel 1892), invia sul posto truppe federali: il bilancio delle repressione è di 34 morti.

Nicaragua
Insieme a Honduras ed El Salvador tenta di dar vita a un'Unione dell'America centrale, ma le pressioni militari statunitensi (che occupano per mesi la città costiera di Bluefields) e le rivalità commerciali fomentate dall'esterno destineranno il progetto al fallimento.

1894-95
Cina
La marina militare è presente durante la guerra cino-giapponese

1894-96
Corea
La marina militare è di stanza a Seul durante la guerra

1895
Panama
La marina sbarca in territorio colombiano

1896
Nicaragua
La marina militare sbarca nel porto di Corinto

1898
Usa - Minnesota
L'esercito si scontra con gli indiani Chippewa a Leech Lake

Cuba
Il 21 aprile gli Stati Uniti (che già nel 1895 avevano solidarizzato con i moti insurrezionali antispagnoli) intimano alla Spagna di concedere l'indipendenza a Cuba e di abbandonare l'isola. Scoppiate le ostilità, con una serie di rapide operazioni militari gli statunitensi distruggono la flotta spagnola e sbarcano a Cuba dopo aver riportato un'altra vittoria in Nicaragua.

Puerto Rico (Luglio - Ottobre)
Le truppe statunitensi procedono all'invasione (25 luglio), prendono possesso della zona e vi insediano un governatore militare (ottobre)

Parigi (10 Dicembre)
Spagna e Stati Uniti firmano il trattato di pace, che prevede condizioni durissime per la Spagna: ritiro da Cuba e cessione ai vincitori di Puerto Rico, Guam e Filippine. Gli Stati Uniti assurgono al rango di potenza mondiale.

1899
Filippine (Febbraio)
La popolazione insorge contro la tutela degli Stati Uniti, che si sono semplicemente sostituiti alla dominazione spagnola senza neppure prendere in considerazione le aspirazioni indipendentiste degli indigeni. Si sviluppa un'intensa attività di guerriglia cappeggiata da Emilio Aguinaldo, che provoca l'immediato intervento armato degli USA: nell'arco di una decina di anni i filippini uccisi dalle truppe statunitensi sarebbero stati non meno di 600.000

Nicaragua
La marina militare sbarca nel porto di Bluefields.

Samoa
L'arcipelago delle Samoa viene spartito fra Germania (Samoa occidentali) e Stati Uniti (Samoa orientali): questi ultimi intervengono militarmente per orientare la successione al trono.

1899-1900
Cina
I militari si scontrano con i Boxer in rivolta.

1899-1901
Usa-Idaho
L'esercito occupa la regione mineraria di Coeur d'Alene, già territorio indiano.

1901
Usa - Oklahoma
L'esercito reprime la rivolta degli indiani Creek.

1901
Panama
Marina militare ed esercito fomentano la secessione del paese dalla Confederazione colombiana.

1903
Honduras
I marines intervengono nella rivoluzione.

Panama (4 Novembre)
Il pese si costituisce in repubblica indipendente il 4 novembre 1903: gli Stati Uniti riconoscono immediatamente il nuovo stato e impediscono alla Colombia di intervenire militarmente.

1903 - 1905
Repubblica Dominicana
I militari "proteggono" gli interessi americani nella Rivoluzione. In particolare, nel 1905 il presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt (1858 - 1919, in carica dal 1901 e, rieletto, fino al 1909), repubblicano progressista, impone il controllo statunitense delle finanze e delle dogane dominicane, malgrado l'opposizione del Senato, e invia sul posto una squadra navale a sostegno della "big stick policy", suo cavallo di battaglia.

1904
Panama (13 Febbraio)
Il Panama proclama la costituzione della nuova repubblica; il governo concede agli Stati Uniti l'uso della zona del Canale da questo momento fino al 1999.

1904 - 1905
Corea
I marines sono presenti durante la guerra russo-giapponese.

1906 - 1909
Cuba (Agosto)
Dopo la sospetta rielezione di Estrada Palma alla presidenza della repubblica, scoppia un'insurrezione popolare. Gli USA inviano nell'isola truppe d'occupazione unitamente al rappresentante americano William H. Taft (1857 - 1930, presidente dal 1909 al 1913), incaricato di procedere alla formazione di un governo provvisorio.

1907
Nicaragua
I militari intervengono, ufficialmente per impedire l'allargarsi di un conflitto in America Latina, ma di fatto per instaurare il protettorato della "Dollar Diplomacy" (che prevede l'espansione e la tutela a oltranza del commercio statunitense: sarà la punta di diamante della politica commerciale ed estera promossa a partire dal 1909 dal presidente Taft).

Honduras
I marines intervengono nella guerra col Nicaragua.

1908
Panama
I marines intervengono nella competizione elettorale.

1909
Nicaragua (Dicembre)
Gli USA, preoccupati per la politica troppo aggressiva ed espansionista di Santos Zelaya, appoggiano una rivolta di notabili locali per rovesciare il "dittatore" e preservare la propria influenza nella zona.

1910
Nicaragua
I marines sbarcano a Bluefields e Corinto.

1911
Honduras (ottobre)
I militari difendono gli interessi statunitensi nella guerra civile e intervengono nelle nuove elezioni presidenziali che vedono la vittoria dell'ex presidente Bonilla, persona grata agli USA.

1911 - 1941
Cina
Marina militare ed esercito USA applicano una costante occupazione.

1912
Honduras (Gennaio)
Truppe statunitensi sbarcano per difendere la proprietà USA e imporre al governo locale un controllo sulle finanze del paese.

Nicaragua (Agosto)
I marines intervengono, anche con bombardamenti, nella guerra civile che infuria nel paese, e impongono come capo del governo il conservatore Adolfo Diaz; gli Stati Uniti assumono il controllo delle finanze del paese, stabiliscono una base militare a Managua (l'occupazione durerà vent'anni, contrastata da innumerevoli azioni di guerriglia).

Cuba
I militari intervengono nuovamente per proteggere gli interessi USA all'Avana.

Panama
I marines intervengono durante l'accesa competizione elettorale.

1913
Messico (Febbraio)
La marina militare fa evacuare i cittadini americani durante la rivoluzione seguita al colpo di Stato del generale Victoriano Huerta.

1914
Repubblica Dominicana
La marina militare si scontra con i ribelli a Santo Domingo.

Usa - Colorado
L'esercito reprime gli scioperi dei minatori.

Messico
La marina militare e l'esercito compiono una serie di interventi contro i nazionalisti.

1915
Haiti (Luglio)
Una serie di incidenti e la grave situazione finanziaria del paese, fortemente indebitato con l'estero, inducono l'esercito statunitense ad inviare truppe nell'isola e a concludere un trattato che impone il protettorato politico e finanziario degli USA per un periodo di dieci anni. L'esercito ricorrerà ripetutamente ai bombardamenti in questa occasione e negli anni a venire.

1916
Messico (Marzo)
Un presunto sconfinamento delle truppe rivoluzionarie di Francisco "Pancho" Villa nel Nuovo Messico, provoca l'immeditata risposta degli Stati Uniti, con l'invio di una spedizione punitiva nel Messico settentrionale

Repubblica Dominicana (Maggio)
Disordini elettorali inducono il governo degli Stati Uniti a inviare truppe nel paese. Il presidente Henriquez y Carvajal rifiuta di firmare il trattato che sottopone le finanze dominicane al controllo statunitense: gli USA reagiscono occupando militarmente la Repubblica ed esautorando il governo locale. Il territorio subirà un'occupazione di 8 anni.

1917
Cuba (Febbraio)
Sospetti brogli elettorali provocano una rivolta di orientamento liberale. Truppe americane sbarcano in forze a Santiago; l'esercito instaura l'occupazione militare e il protettorato economico, imponendo la rielezione alla presidenza del conservatore Mario Garcia Menocal.

Usa (6 Aprile)
Nell'ambito della Prima Guerra Mondiale, dichiarazione di guerra alla Germania.

Europa (Giugno)
Le prime truppe americane sbarcano sul Vecchio Continente

Usa (7 Dicembre)
Dichiarazione di guerra all'Austira. Fino alla fine del conflitto, marina militare ed esercito affondano numerose imbarcazioni combattendo contro la Germania.

1918 - 1922
Russia
Marina militare ed esercito intervengono in almeno cinque distinte occasioni contro i bolscevichi.

1918 - 1920
Panama
I militari partecipano a diverse operazioni di polizia nel corso dei disordini seguiti alle elezioni.

1919
Costa Rica (4 Giugno)
I marines sbarcano nel paese, la cui stabilità politica appare compromessa dal susseguirsi di numerosi colpi di stato, per proteggervi gli interessi statunitensi.

Honduras (11 Settembre)
In seguito all'insurrezione del liberale Lopez Gutierrez e alle minacce di guerra civile, truppe statunitensi sbarcano nel paese e impongono una "pacificazione".

Costa Rica (Dicembre)
Nonostante lo svolgersi di regolari elezioni che portano alla presidenza Julio Acosta Garcia, la presenza di truppe e consiglieri statunitensi non accenna a diminuire, restando, anzi, a lungo determinante.

1920
Guatemala
I militari intervengono per due settimane contro le agitazioni promosse dai sindacalisti a tutela dei lavoratori locali.

1920 - 1921
Usa - West Virginia
L'esercito reprime pesantemente le agitazioni dei minatori, ricorrendo anche ai bombardamenti.

1921
Panama
Scoppiano scontri armati tra Panama e Costa Rica, ma l'intervento degli Stati Uniti porta a una risoluzione "pacifica" della vertenza.

1922
Turchia
I militari si scontrano con i nazionalisti a Smirne (Izmir)

1922 - 1927
Cina
Marina militare ed esercito intervengono ripetutamente durante le rivolte nazionaliste.

1923
Messico
Il generale de la Huerta guida una rivolta contro il presidente Obregòn il quale, appoggiato militarmente dagli Stati Uniti, riesce facilmente ad avere ragione dei rivoltosi.

1924 - 1925
Honduras
L'esercito interviene due volte, in occasione degli scontri elettorali, a sostegno dei conservatori portando, nel 1925, all'elezione di Miguel Paz Barahona.

1925
Panama
L'intervento della marina militare è decisivo per la repressione dello sciopero generale.

1926
Nicaragua (Novembre)
In seguito allo scoppio di una rivolta liberale guidata dal generale Augusto Sandino, le truppe statunitensi intervengono imponendo l'elezione del conservatore Alfonso Diaz.

1927 - 1934
Cina
I marines sono di stanza in tutto il paese.

1932
El Salvador
Navi da guerra sono inviate in occasione della rivolta cappeggiata da Farabundo Martì

Washington DC
L'esercito interviene per bloccare la protesta dei veterani della Prima Guerra Mondiale, che rivendicano la concessione, da parte del governo, di un'indennità.

1941 - 1945
Seconda Guerra Mondiale
Gli Stati Uniti intervengono massicciamente contro l'Asse, con attacchi navali e di terra nonché con devastanti bombardamenti non soltanto convenzionali: questa è infatti la prima guerra nucleare

1947 - 1949
Grecia
Consiglieri statunitensi effettuano "operazioni di controllo" e sostengono massicciamente il governo conservatore con l'invio di cospicui aiuti economici e militari.

1948
Filippine (Ottobre)
Il governo del presidente Quirino, sostenuto militarmente ed economicamente dagli Stati Uniti, lacia una vasta offensiva nell'isola di Luzòn contro il movimento dei guerriglieri Huk; La CIA è presente con generiche "operazioni di controllo".

1950
Puerto Rico
Gli USA intervengono con operazioni di controllo in occasione della rivolta indipendentista scoppiata a Ponce.

Formosa (Giugno)
Reparti dell'esercito statunitense sbarcano a Taiwan, dove si è rifugiato il governo nazionalista di Chiang Kai-shek

1950 - 1953
Corea
Il 27 giugno 1950 gli Stati Uniti intervengono nel conflitto che da appena due giorni oppone Corea del Nord e Corea del Sud. La guerra si protrarrà per tre anni, e comporterà da parte degli USA massicci interventi di esercito e marina, nonché bombardamenti convenzionali e minacce di ricorso all'arma nucleare. Attualmente, nella regione sono ancora presenti basi.

1953
Iran
La CIA interviene nel colpo di Stato militare che rovescia il governo nazionalista del generale Mossadeq e insedia sul trono lo scià Reza Pahlavi

1954
Guatemala (Giugno)
Truppe provenienti dall'Honduras e appoggiate dagli Stati Uniti con la supervisione della CIA invadono il paese e rovesciano il governo progressista del generale Arbenz

1955
Formosa (Gennaio-Febbraio)
Il Congresso degli Stati Uniti autorizza l'intervento di truppe americane per difendere Formosa e le isole Pescadores, rivendicate dalla Cina comunista (25 gennaio). Nel giro di pochi giorni (5 febbraio) la settima flotta statunitense interviene per consentire alle truppe cino-nazionaliste di evacuare le isole Tachen, bombardate e poi occupate dall'esercito della Repubblica Popolare Cinese.

1956
Egitto
In seguito alla nazionalizzazione del Canale di Suez voluta dal presidente Nasser, gli Stati Uniti pongono in allarme le loro forze armate ed esercitano forti pressioni sull'Unione Sovietica perché si tenga fuori dalla crisi di Suez.

1958
Libano (Maggio - Luglio)
Scoppiano violenti tumulti antigovernativi: il presidente Chamoun fa appello agli Stati Uniti perchè intervengano a sostenere il regime. Gli USA rispondono con uno sbarco alla metà di luglio.

Iraq
Gli USA intimano all'Iraq di non invadere il Kuwait, pena il ricorso all'arma nucleare.

Cina
La Cina viene diffidata dall'avanzare pretese sull'arcipelago di Taiwan, anche a mezzo di minacce nucleari.

Panama
I militari intervengono nelle preteste nazionaliste destinate a risolversi in scontri di piazza.

1961 - 1975
Vietnam
L'11 maggio 1961 il vicepresidente statunitense Lyndon Johnson si reca nel Vietnam del Sud e conclude un accordo col presidente Diem per garantire un maggiore impegno militare USA nella lotta contro i partigiani vietcong: alla fine dell'anno i "consiglieri" americani saranno già più di 15.000. Da qui fino al 1975, non si contano gli interventi militari di terra e di mare, i bombardamenti, le minacce nucleari e il ricorso ad armi non convenzionali e chimiche. La più lunga e distruttiva guerra condotta dagli Stati Uniti farà quasi due milioni di morti e ridurrà in ginocchio per decenni l'economia di un paese.

1961
Cuba (17 aprile)
Nella baia dei Porci fallisce la spedizione di esuli castristi pilotata dai servizi segreti americani e autorizzata dal presidente Kennedy.

Germania
Allarme di minaccia nucleare nel corso della crisi relativa al Muro di Berlino.

1962
Cuba
Il 25 aprile gli Stati Uniti riprendono gli esperimenti nucleari nel Pacifico e in ottobre il presidente Kennedy decide il blocco navale dell'isola per intercettare le navi sovietiche che incrociano in acque cubane. Si sfiora la guerra con l'URSS, e la crisi viene risolta in extremis il 28 ottobre, quando i sovietici accettano di ritirare i loro missili dalle installazioni cubane in cambio dell'impegno statunitense a non invadere l'isola.

1964
Panama (9 Gennaio)
Nella zona del Canale scoppiano gravi incidenti fra cittadini panamensi e truppe statunitensi, in seguito ai quali il Panama rompe le relazioni con gli Stati Uniti e denuncia le irregolarità del trattato in merito alla zona del Canale. La controversia viene ricomposta in aprile.

1965
Repubblica Dominicana (Aprile)
In seguito allo scoppio della guerra civile e col fine dichiarato di difendere i cittadini americani, truppe statunitensi sbarcano sull'isola e occupano rapidamente la capitale.

Indonesia (30 Novembre-1 Dicembre)
Per prevenire una presunta minaccia comunista, i militari prendono il potere e costringono il presidente Sukarno a nominare il generale Suharto capo di stato magggiore dell'esercito, conferendogli in pratica pieni poteri. Si scatena un generale "caccia ai comunisti", controllata e sostenuta dalla CIA, che nel giro di pochi mesi porta all'uccisione di oltre 500.000 persone e all'internamento di altre 350.000

1966 - 1967
Guatemala
La CIA interviene con "operazioni di controllo". I "Berretti Verdi" vengono impiegati nella contro guerriglia.

1967
Stati Uniti
SI intensifica l'opposizione alla guerra nel Viet-nam: sono sempre più numerosi i giovani che si rifiutano di rispondere alla chiamata di leva e si rifugiano in Canada, mentre gruppi antimilitaristi organizzano manifestazioni collettive; marce per la pace a San Francisco, New York e Washington, dove l'esercito interviene pesantemente contro i dimostranti. Intanto, per la terza estate consecutiva si verificano gravi tumulti razziali in numerose città, fra cui Detroit, che conosce il più pesante bilancio della repressione: l'intervento delle truppe federali causa 43 morti.

1968
Stati Uniti (Aprile- Maggio)
In seguito all'assassinio di Martin Luther King, leader del movimento per i diritti civili della popolazione di colore, avvenuto il 4 aprile a Memphis (Tennessee), in numerose città si scatenano nuovi tumulti razziali: a Washington deve intervenire l'esercito, e più di 21.000 militari vengono impiegati sul territorio.

1970 - 1975
Cambogia
In seguito ad un colpo di Stato militare (marzo 1970), la Cambogia viene invasa dalle truppe sudvietnamite appoggiate dagli Stati Uniti. Nel giugno 1970 le truppe americane completano l'evacuazione della Cambogia dopo aver fallito l'obbiettivo di distruggere i "santuari" dei guerriglieri vietnamiti. L'aviazione USA interviene con massicci bombardamenti a più riprese, causando nel corso degli anni più di due milioni di morti fra incursioni militari, carestia indotta e caos politico.

1970
Stati Uniti (maggio)
Nel corso di manifestazioni di protesta contro l'intervento americano in Cambogia, tenute in un centinaio di città, la polizia interviene pesantemente uccidendo 12 dimostranti (1 maggio). Qualche giorno dopo, il 4 maggio, all'università di Kent (Ohio) la guardia nazionale apre il fuoco sugli studenti in manifestazione, facendo 4 vittime.

1973
Wounded Knee (Sud Dakota - Usa)
Il 27 febbraio circa 500 indiani Sioux Oglala occupano il villaggio di Wounded Knee, teatro del famigerato massacro del 1890, e chiedono l'apertura di un'inchiesta parlamentare sulle attività dell'ufficio federale per gli affari indiani. In aprile due indiani vengono uccisi dalle forze di polizia che cercano di sgomberare il villaggio.

Medio Oriente
Sfiorata la crisi nucleare durante la guerra in Medio Oriente.

Cile (settemmbre - novembre)
La Cia appoggia il colpo di stato militare contro il governo di Salvador Allende, ce tenta una disperata resistenza in armi, ma viene ucciso all'interno del palazzo presidenziale l'11 novembre.

1975
Cambogia (maggio)
La navre-spia statunitense Mayaguez viene catturata in acque territoriali cambogiane (12 maggio): scoppia un grave incidente diplomatico. Poco dopo (15 maggio) truppe americane attaccano di sorpresa il porto di Kompong Som e recuperano la nave e il suo equipaggio.

1980
Afghanistan (20 gennaio)
In seguito all'invasione sovietica gli Stati Uniti, col discorso del presidente Jimmy Carter sullo stato dell'unione, ammoniscono che ogni tentativo sovietico di assicurarsi il controllo politico del Medio Oriente è considerato un attentato agli "interessi vitali" dell'America e sarà contrastato anche con un intervento militare.

Iran (25 aprile)
Truppe statunitensi autotrasportate tentano un'incursione per liberare gli ostaggi dell'ambasciata di Teheran: il tentativo fallisce e 8 militari muoiono nella caduta di un elicottero. In patria, il 28 aprile, il segretario di Stato Cyrus Vance rassegna le dimissioni.

1981-1992
America Latina
La Cia interviene ripetutamente in Salvador e Honduras con "operazioni di controllo", consulenze militari, sostegni esterni di vario genere e attività antiguerriglia.

1983-1984
Grenada (19-25 ottobre)
Un colpo di stato porta al potere una giunta militare. Gli Stati Uniti, col pretesto che nell'isola sarebbero presenti anche reparti cubani, la invadono e nel giro di pochi giorni la sottopongono al proprio controllo avvalendosi anche di contingenti forniti da piccoli stati caraibici.

1986
Libia (gennaio)
Il presidente americano Reagan, dopo aver accusato il colonnello Gheddfi di corresponsabilità negli attentati agli aereoporti di Romae Vienna, annuncia la rottura delle relazioni diplomatiche e commerciali con la Libia e ne congela gli averi presso le banche americane. A distanza di qualche settimana (24-31 gennaio) la flotta statunitense compie manovre aereonavali davanti alle coste libiche. Inizia una serie di attacchi e contrattacchi che vede coinvolte le forze statunitensi e quelle libiche, sfiorando la crisi internazionale.

1989
Libia (4 gennaio)
L'aviazione militare statunitense abbatte due caccia libici accrescendo la tensione tra i due paesi, ma la crisi rientra in seguito alla restituzione, da parte delle autorità libiche, della salma di un pilota americano caduto durante le incursioni USA del 1986.

Filippine (1-9 dicembre)
Un ennesimo colpo di Stato contro Corazòn Aquino viene sventato grazie all'intervento dell'aviazione americana; negli scontri muoiono pltre 100 persone.

1989 - 1990
Panamà
In seguito all'annullamento delle elezioni da parte del regime, i rapporti fra Panamà e gli Stati Uniti precipitano: gli Usa chiedono l'estradizione di Manuel Noriega per traffico di droga, e il parlamento panamense dichiara lo stato di guerra conferendo a Noriega le funzioni di capo dello Stato (15 dicembre). Dopo l'uccisione di un'ufficiale statunitense (20 dicembre), gli USA inviano un corpo di spedizione con l'intento di catturare Noriega; dopo durissimi combattimenti e bombardamenti, che provocano migliaia di morti fra la popolazione civile, gli Usa assumono il controllo del paese. Noriega si consegna agli americani.

1990
Arabia Saudita
Offensiva contro l'Iraq che ha appena invasso il Kuwait; 540.000 militari sono di stanza in Oman, Quatar, Bahrein, Israele.

1991
Iraq (16 gennaio)
Inizia l'operazione denominata "Tempesta nel deserto", sotto la guida del generale statunitense Schwarzkopf: il primo atto è il bombardamento della città di Baghdad. Gli Stati Uniti bloccano numerosi porti iracheni e giordani, e intervengono con massicci attacchi aerei che fanno più di 200.000 morti nell'invasione di IraqKuwait; viene stabilita la "no-fly zone" sul Kurdistan settentrionale, mentre si procede alla distruzione su larga scala degli apparati militari iracheni.

1992
Los Angeles (Usa, 2 maggio)
Esercito e marines intervengono nei disordini scatenati dalle comunità nere dopo l'assoluzione di 4 poliziotti bianchi che nel marzo del1991 (come documentato da un video amatoriale) avevano praticamente linciato un automobilista nero. Il bilancio della rivolta, estesasi a San Francisco,
Las Vegas, Atlanta e Seattle, è di 48 morti e oltre 2000 feriti.

1993
Somalia (giugno)
Interventi militari con bombardamenti, ai danni delle postazioni del generale Mohammad Farah Aydid. Prosegue l'uccisione di caschi blu in imboscate e agguati

1993 - 1995
Bosnia
Le forze NATO, indirizzate dagli Stati Uniti, intervengono pesantemente nel conflitto: la "no-fly zone" è pattugliata; vengono abbattuti aerei militari e i civili serbi sono fatti oggetto di bombardamenti.

1994
Haiti
Scatta il blocco commerciale contro la giunta militare che ha detronizzato il presidente Aristide; il 22 novembre gli americani sbarcano nell'isola.

1995
Croazia
Continua, inasprendosi, l'offensiva NATO: sempre più disastrosi, i bombardamenti su civili causano numerose stragi e devastano il territorio.

1998
Sudan
L'aviazione militare interviene attaccando le industrie farmaceutiche ritenute produttrici di gas nervini impiegati per usi "terroristici"

Afghanistan
Le truppe statunitensi colpiscono gli ex campi d'addestramento della CIA usati dai gruppi fondamentalisti islamici ritenuti colpevoli degli attacchi all'ambasciata.

Iraq
Quattro giorni di massicci attacchi aerei dopo dichiarazioni della commissione ispettiva nominata dall'ONU, secondo la quale l'Iraq avrebbe ostacolato lo svolgimento delle ispezioni alle fabbriche di prodotti chimici e di armi. Si saprà poi delle irregolarità commesse dagli incaricati ONU, e di come tutta la faccenda altro non sia stata che una colossale montatura.

1999
Ex-Jugoslavia
Alle 20 ora italiana di mercoledì 24 marzo il Segretario generale della NATO Javier Solana annuncia l'inizio degli attacchi aerei contro obbiettivi serbi. E' la prima volta che l'Alleanza atlantica scatena un'offensiva contro uno stato sovrano. Nel giro di una sola settimana, il bilancio appare già gravissimo: oltre un migliaio di vittime civili dovute a circa 1500 incursioni NATO. Mercoledì 31 il ministro delgi esteri russo Egor Ivanov rivela che gli USA hanno da tempo un piano per la secessione del Kossovo e la divisione dei territori jugoslavi: comincia qui la falsificazione della storia che pesa e peserà ancora sull'Europa.

2002

Afganisthan

Der Wehrwolf
14-07-02, 12:43
John Kleeves

CAPIRE GLI STATI UNITI

Noi non viviamo in un tempo come un altro, in cui ognuno puo' prendersi il lusso di dedicarsi soltanto alle sue cose personali, al suo lavoro e ai suoi interessi particolari, perché tanto " il mondo va avanti lo stesso ". Il mondo ora sta correndo un pericolo e se nessuno fa niente non dico che finirà, ma certamente non andrà più avanti come prima. Il pericolo si chiama Stati Uniti d’America : tale federazione - in realtà un Paese unico e monolitico - è sul punto di ottenere il dominio planetario e questo è un pericolo perché gli USA non vogliono comandare il mondo allo scopo di governarlo, ma allo scopo di sfruttarlo. Gli USA non sono una riedizione dell’Impero Romano, come pure vogliono fare credere con la falsa modestia d’obbligo. Lo fossero qualcuno li potrebbe anche accettare, ma non lo sono : i Romani assoggettarono si' il mondo con la forza ma poi lo governarono, gli diedero cioè qualcosa in cambio, una amministrazione, degli ordinamenti, delle città edificate, delle infrastrutture ( ad esempio 85.000 chilometri di strade, quasi tutte in contrade che non le avevano mai viste prima ) ; agli Americani invece gli altri popoli interessano solo come fornitori di materie prime e di manodopera, come schiavi. Eventualmente come consumatori.

Il problema è che la gente non si rende conto del pericolo. Non se ne rende conto perché gli USA sono un Paese singolare, di un tipo unico nel suo genere e che non si era mai visto prima ; non se ne rende conto perché gli USA, nonostante la notorietà e l’abbondanza delle informazioni, della cronaca e anche dei contatti diretti, sono in verità degli sconosciuti. C’è quindi un compito impellente in questi tempi per gli uomini all’altezza e di buona volontà : contribuire a colmare questa lacuna, informare la gente sulla vera natura degli Stati Uniti.

Gli USA non sono un argomento semplice. Del resto lo fosse stato non saremmo qui a parlarne ora. Gli USA innanzitutto sono un sistema, dove tutte le sue manifestazioni sono collegate e interdipendenti : non si puo' veramente capirne un solo aspetto se non si è capito il tutto. Il fatto poi che questi aspetti siano tutti negativi, alcuni addirittura micidiali ( le vittime delle guerre e delle repressioni per procura, che sono decine di milioni ), aggrava l’inconveniente perché la gente stenta a credere a una negatività cosi' completa : sembra pregiudizio. Quindi gli USA presentano una difficoltà davvero singolare : la costante dicotomia fra cio' che dicono di essere e di fare e cio' che invece effettivamente sono e fanno. Sono un Paese che sembra preda di una ipocrisia congenita e profondissima, si direbbe patologica, dove i fatti contraddicono costantemente le parole e dove la pratica sconfessa sistematicamente la teoria. Le nobili parole della Dichiarazione di Indipendenza nascondevano la ribellione dei grandi mercanti Puritani del New England nei confronti della Corona inglese che li aveva tagliati fuori dal mercato della Cina per favorire la East India Company di Londra. La Costituzione del 1787 cominciava con le parole WE THE PEOPLE cosi' in maiuscolo ma stabiliva un sistema oligarchico basato sul danaro cosi' ferreo da essere arrivato da allora sino ad oggi assolutamente inalterato. La libertà di stampa e di espressione cosi' decantata e vantata dagli americani è cosa campata per aria, sterile : si puo' stampare e dire cio' che si vuole a patto che cio' non arrivi davvero al pubblico. Come con gli oppositori : anche se pacifici, possono esistere se non mettono in pericolo davvero il sistema, altrimenti sono incarcerati con pretesti, perseguitati nella vita o anche uccisi dall’FBI per strada. Teoricamente ci possono essere tutti i partiti politici, e difatti ce ne sono attualmente 29 negli USA, compreso un Communist Party USA, ma di fatto per il meccanismo dei finanziamenti e delle liste se ne possono affermare solo due, quelli infatti sulla ribalta da sempre, il Democratico e il Repubblicano, che oltretutto sono un partito solo, o le due facce della medesima medaglia. La politica estera americana è sempre stata un campionario di belle intenzioni e di roboanti slogan dietro cui stavano costantemente obiettivi addirittura sordidi. Si potrebbe continuare per pagine.

Gli USA sono dunque un argomento complesso e difficile. Ma se si vuole fare qualcosa per il mondo, questa è una occasione. Il tempo e le energie che si dedicano alla diffusione della comprensione degli USA non sono buttati via.

Novembre 2001 John Kleeves

Der Wehrwolf
14-07-02, 12:47
LE OPPOSIZIONI AMERICANE
ALLA GUERRA DI ROOSEVELT
Robert Steuckers



La storia delle opposizioni americane alla seconda guerra mondiale è molto interessante. Essa ci introduce alle idee degli isolazionisti e neutralisti degli Stati Uniti, i soli alleati oggettivi e fedeli che noi possiamo avere oltre Atlantico, a parte, naturalmente, i patrioti dell’America ispanica.
Affrontare questo argomento implica formulare alcune avvertenze preliminari.

- La storia contemporanea è inquadrata all’interno di un’angolazione propagandistica. Quale ? Quella che è stata orchestrata dai guerrafondai americani, coalizzati attorno al Presidente Roosevelt. Il compito della storia è dunque quello di ritrovare la realtà al di là della cortina fumogena propagandistica.

- La storia contemporanea è determinata dalla prospettiva roosveltiana, dove:
a) gli Stati Uniti sono l’avanguardia, la terra di elezione della libertà e della democrazia ;
b) gli Stati Uniti devono agire in modo che il mondo si allinei sulle loro posizioni;
c) Per via della loro ideologia messianica, interventista e mondialista, gli Stati Uniti si pongono come il braccio armato di Yahvé, sono chiamati ad unificare il mondo sotto l’autorità di Dio. Il loro presidente è il vicario di Yahvé in Terra (e non più il Papa di Roma).

Ma, per imporsi, questa ideologia messianica, interventista e mondialista ha dovuto battere dei nemici interni, degli avversari isolazionisti, neutralisti e differenzialisti. In effetti, negli anni 30, 40 e 50, due schieramenti si affrontarono negli Stati Uniti. Nel linguaggio attuale, si potrebbe dire che i sostenitori del " villaggio globale " si scontrarono con i difensori dell’ "autocentrismo".
Quali sono stati gli avversari del mondialismo di Roosevelt, oltre al più celebre tra di loro, il pilota Lindbergh, vincitore dell’Atlantico? Noi ne studieremo cinque :
1) Oswald Garrison VILLARD, editore del giornale Nation, schierato a sinistra, liberale e pacifista.
2) John T. FLYNN, economista ed editorialista di New Republic, ugualmente collocato a sinistra.
3) Il Senatore Robert A. TAFT dell’Ohio, capo del Partito Repubblicano, soprannominato " Mr. Republican".
4) Charles A. BEARD, storico progressista.
5) Lawrence DENNIS, intellettuale etichettato " fascista", ex diplomatico in America latina, specialmente in Nicaragua e in Perù.

Tutti questi uomini avevano una storia personale, un passato molto diversi. Negli anni 38-41, essi erano tutti isolazionisti. Negli anni 43-50, sono considerati come " conservatori " (vale a dire avversari di Roosevelt e dell’alleanza con l’URSS); dal 1948 al 1953, essi rifiutavano la logica della Guerra Fredda (difesa dalla sinistra social-democratica nel dopo-guerra).
Perché questa evoluzione, che non si comprende molto al giorno d’oggi ?
- Intanto perché la sinistra è favorevole al " globalismo "; ai suoi occhi gli isolazionisti sono passatisti e gli interventisti sono internazionalisti e " progressisti ".
- In seguito alla Guerra del Vietnam (altra guerra interventista), la sinistra ha cambiato punto di vista.
In effetti, l’interventismo è sinonimo d’imperialismo (che è moralmente condannabile per la sinistra ostile alla Guerra del Vietnam). L’isolazionismo rileva del non-imperialismo americano, dell’anti-colonialismo ufficiale degli USA, quello che, nel contesto della Guerra del Vietnam, è moralmente accettabile. Da ciò la sinistra militante deve riallacciarsi ad un concezione anti-imperialista. La morale è dalla parte degli isolazionisti, anche se un Flynn, ad esempio, è diventato maccartista e se Dennis ha fatto l’apologia del fascismo. Esaminiamo le idee e gli argomenti di ciascuno di questi cinque isolazionisti.

Charles A. BEARD
Charles A. Beard è uno storico, autore di 33 libri e 14 importanti saggi. La sua tesi centrale è quella del "determinismo economico" ; essa prova che egli è un uomo di sinistra nel solco della tradizione britannica dei Mill, Bentham e del marxismo moderato. La struttura politica e giuridica, per Beard, deriva dalla strategia economica. Il divenire complessa da parte dell’economia, implica uno sviluppo di complessità del gioco politico per moltiplicazione degli attori. La Costituzione e l’apparato legale sono dunque il riflesso dei desiderata delle classi dirigenti. L’aumento di complessità postula successivamente l’introduzione del suffragio universale, perché la complessità reale della società possa riflettersi correttamente nelle rappresentanze.
Beard sarà disgustato dalla guerra del 1914-18.
1. I risultati di questa guerra sono contrari all’idealismo wilsoniano, che aveva spinto gli Stati Uniti a intervenire. Dopo il 1918, c’è nel mondo maggiore totalitarismo e autoritarismo di prima. La prima guerra mondiale si chiude con un arretramento della democrazia.
2. Sono gli investimenti all’estero (principalmente in Francia e in Gran Bretagna) che hanno spinto gli Stati Uniti a intervenire (per salvare i loro clienti dalla sconfitta).
3. Di qui l’autentico rimedio è quello dell’autarchia continentale (continentalismo).
4. Agli investimenti all’estero, bisogna opporre, dice Beard, degli investimenti all’interno. Serve una pianificazione nazionale. Si deve costruire una buona infrastruttura stradale negli Stati Uniti, si devono aumentare gli stanziamenti per le scuole e le università. Per Beard, la pianificazione si oppone al militarismo. Il militarismo è un messianismo, essenzialmente diffuso dalla Marina, appoggiato per primo dall’Ammiraglio Mahan, teorico della talassocrazia. Per Beard, l’US Army non deve essere che uno strumento difensivo.
Beard è dunque un economista e un teorico politico che annuncia il New Deal di Roosevelt. Egli è perciò favorevole in un primo momento al Presidente, perché questi lancia un gigantesco piano di lavori di pubblico interesse. Il New Deal, agli occhi di Beard è una ristrutturazione completa dell’economia interna americana. Beard ragiona come i continentalisti e gli autarchisti europei e giapponesi (in special modo Tojo, che parla ben presto di " sfera di co-prosperità est-asiatica "). In Germania, questa ristrutturazione autarchizzante preconizzata dal premier Roosevelt suscita entusiasmo e porta acqua al mulino dei sostenitori di un nuovo dialogo germano-americano dopo il 1933.
Il programma " Big Navy "
Ma Roosevelt non potrà applicare il suo programma, perché incontrerà l’opposizione degli ambienti bancari (che ricavano maggiori profitti dagli investimenti all’estero), del complesso militar-industriale (nato durante la prima guerra mondiale) e della Marina Militare. Per Beard, il programma " Big Navy " tradisce l’autarchia promessa dal New Deal.
Il programma " Big Navy " provocherà una ripetizione storica. Roosevelt prepara la guerra e la militarizzazione degli Stati Uniti, deplora Beard. Nel 1934, scoppia lo scandalo Nye. Un’inchiesta condotta dal Senatore Gerald Nye prova che il Presidente Wilson, il Segretario di Stato Lansing e il Segretario di Stato al Tesoro Gibbs McAdoo, il Colonnello House e i centri bancari (specialmente la J.P. Morgan & Co) hanno deliberatamente spinto il Paese in guerra per evitare una crisi, una depressione. Risultato: questa depressione non è stata che rinviata di dieci anni (1929). Dunque la politica ragionevole sarebbe di decretare l’embargo generale verso ogni guerra a meno che gli Stati Uniti non vi siano trascinati a fianco di uno dei belligeranti.
Nel 1937, Roosevelt pronuncia il suo famoso " Discorso di Quarantena ", dove annuncia che Washington metterà gli "aggressori " in quarantena. Applicando preventivamente questa misura di ritorsione ai soli aggressori, Roosevelt opera una scelta e lascia il terreno della neutralità, constata Beard. Quando i Giapponesi attaccano Pearl Harbour, la mattina del 7 dicembre 1941, Beard rivela alla stampa che Roosevelt ha deliberatamente obbligato il Giappone a commettere questo irreparabile atto di guerra. Dal 1941 al 1945, Beard ammetterà la natura "espansionistica" della Germania, dell’Italia e del Giappone, ma non cesserà di esortare gli Stati Uniti a non seguire questo esempio, perché gli Stati Uniti sono "autosufficienti" e l’aggressività di questi Stati non è direttamente rivolta contro di essi. Inoltre, in secondo luogo, la guerra disintegra le istituzioni democratiche americane. Si passa da una democrazia a un cesarismo con facciata democratica.
Beard accusa il governo americano di Roosevelt di cercare di entrare in guerra ad ogni costo contro il Giappone e la Germania. La sua accusa poggia specialmente su quattro fatti importanti :
1. Egli denuncia lo scambio di cacciatorpediniere di fabbricazione americana contro basi militari e navali inglesi nei Caraïbi e a Terranova (New Foundland).
2. Egli denuncia la " Conferenza dell’Atlantico ", tenuta tra il 9 e il 12 agosto 1941 tra Churchill e Roosevelt. Essi hanno brindato su un atto di guerra ai danni del neutrale Portogallo: l’occupazione delle Azzorre da parte degli Americani e dei Britannici.
3. Egli denuncia l’incidente del settembre 1941, dove navi tedesche rispondono al fuoco dell’USS Greer. Beard pretende che Roosevelt dia enorme risalto all’incidente e basa la sua argomentazione sul rapporto dell’Ammiraglio Stark che prova l’intervento della nave a fianco degli Inglesi.
4. Nell’ottobre del 1941, un incidente simile contrappone dei bastimenti della Kriegsmarine all’USS Kearny. Roosevelt amplifica l’avvenimento con l’appoggio dei media. Beard replica basandosi sul rapporto del Segretario della Marina Knox, il quale rivela che la nave americana ha preso parte attiva ai combattimenti tra unità inglesi e tedesche.
Una strategia di provocazione
Beard deduce che la strategia di Roosevelt cerca di provocare deliberatamente un incidente, un casus belli. Questo atteggiamento mostra che il Presidente non rispetta le istituzioni americane e non segue la via gerarchica normale, che passa per il Congresso. La democrazia americana non è più che una facciata: gli Stati Uniti sono diventati cesaristi e non rispettano più il Congresso, organo legittimo della nazione.
E’ interessante notare che la sinistra americana recupererà Beard contro Johnson durante la guerra del Vietnam. Da Roosevelt a Johnson, la sinistra americana ha in effetti del tutto cambiato, modificato completamente la sua posizione; essa era favorevole a Roosevelt perché egli aveva dato impulso al New Deal, con tutti i suoi aspetti sociali e dirigisti, e perché egli è stato il leader della grande guerra " anti-fascista ". Essa cessa di sostenere l’opzione presidenzialista contro il democratico Johnson, ritorna favorevole al Congresso, perché essa si oppone alla guerra del Vietnam e all’influenza delle lobbies militar-industriali. Infatti, la sinistra americana riconosceva di essere stata negli anni 60 autoritaria, scudo dell’autocrazia rooseveltiana e antiparlamentare (accusando i fascisti di essere tutto questo!). Peggio, la sinistra ammetteva di essere stata "fascista" per "anti-fascismo"!
In un primo tempo dunque, la sinistra americana era stata interventista. In una seconda fase, essa diventa isolazionista. Questa contraddizione si è (molto) parzialmente esportata verso l’Europa. Questo trasformazione, tipicamente americana, costituisce la specificità del paesaggio politico d’Oltre-Atlantico.
Mettere il Giappone con le spalle al muro!
Sono ugualmente interessanti da studiare le posizioni di Beard circa la guerra americana contro il Giappone. Beard inizia constatando che il Giappone voleva una "sfera di co-prosperità est-asiatica", che includesse la Cina ed estendesse profondamente l’influenza giapponese nei territori dell’ex Celeste Impero. Per questo motivo, convinto di contrastare l’espansione nipponica, Roosevelt organizza l’embargo contro il Giappone, mirando così alla sua asfissia. Con la pratica di una simile politica, il Presidente americano ha messo il Giappone con le spalle al muro: o morire lentamente o tentare il tutto per tutto. Il Giappone, a Pearl Harbour, ha scelto il secondo termine dell’alternativa. La posta in gioco nella guerra americano-giapponese è dunque il mercato cinese, verso il quale gli Stati Uniti hanno sempre desiderato avere un accesso diretto. Gli Stati Uniti vogliono una politica della "porta aperta" in tutta l’Asia, come avevano voluto una identica politica nella Germania di Weimar. Nella polemica che lo oppone a Roosevelt, Beard si schiera con Hoover, il cui giudizio ha molto peso. Beard e Hoover pensano che l’azione del Giappone in Cina non tocchi per nulla la sovranità nazionale americana, né nuoccia agli interessi degli Stati Uniti. Questi ultimi non si devono preoccupare: mai i giapponesi giungeranno a nipponizzare la Cina. Dopo la seconda guerra mondiale, Beard non cesserà di opporsi alle manifestazioni di bellicismo del suo paese. Egli critica la politica di Truman. Egli rifiuta la bipolarizzazione, così come si cristallizza nelle macchine propagandistiche. Egli critica l’intervento americano e britannico in Grecia e in Turchia. Egli critica la ricerca d’incidenti nel Mediterraneo. Egli rigetta lo spirito di "crociata", compreso quando mira al mondo comunista.
In conclusione, Beard è rimasto durante tutta la sua vita politica un sostenitore dell’autarchia continentale americana e un avversario risoluto del messianismo ideologico. Beard non era né anti-fascista né anti-comunista: egli era un autarchista americano. L’anti-fascismo e l’anti-comunismo sono delle idee internazionaliste, dunque disincarnate e irreali.

Oswald Garrison VILLARD
Nato nel 1872, Oswald Garrison Villard è un giornalista new-yorkese molto celebre che offre la sua prosa precisa e chiara a due giornali, Post et Nation, di proprietà del padre. Il retroterra ideologico di Villard è il pacifismo. Egli diventa membro della Lega anti-imperialista dal 1897. Nel 1898, egli si oppone alla guerra contro la Spagna (in cui essa perde Cuba e le Filippine). Egli ritiene che la guerra sia incompatibile con l’ideale liberale di sinistra. Nel 1914, egli è uno dei principali sostenitori della neutralità. Tra 1915 e il 1918, egli esprime la sua delusione nei confronti di Wilson. Nel 1919, egli prende posizione contro le clausole del Trattato di Versailles: la pace è ingiusta dunque fragile, perché essa sanziona il diritto del più forte, egli non cessa di ripetere dalle sue colonne. Egli s’oppone all’intervento americano contro la Russia sovietica, nel momento in cui Washington fa sbarcare delle truppe ad Arkangelo. Dal 1919 al 1920, egli si felicita per l’esclusione di Wilson, per la non adesione degli Stati Uniti alla SdN. Egli apporta il suo sostegno al neo-isolazionismo.
Tra il 1920 e il 1930, Villard modifica la sua filosofia economica. Egli evolve verso il dirigismo. Nel 1924, sostiene le iniziative del populista LaFollette, che voleva fosse inserito nella costituzione americana l’obbligo di procedere ad un referendum prima di ogni guerra per capire ogni operazione militare all’estero. Villard si augurava egualmente la creazione di un " Terzo Partito ", senza l’etichetta socialista, ma il cui obiettivo fosse quello di unir tutti i progressisti.
Nel 1932, Franklin Delano Roosevelt arriva al potere. Villard saluta questa salita alla presidenza, proprio come Beard. E come Beard, egli romperà più tardi con Roosevelt perché boccerà la sua politica estera. Per Villard, la neutralità è un principio cardinale. Essa deve essere un imperativo (neutralità obbligatoria). Durante la Guerra di Spagna, la sinistra (tra cui il suo giornale Nation, rappresenta un’eccezione) sostiene i Repubblicani spagnoli (come Vandervelde al POB). Lui, imperturbabile, perora una neutralità assoluta (come Spaak e De Man al POB). La sinistra e Roosevelt vogliono decretare un embargo contro gli " aggressori ". Villard, sull’esempio di Beard, rigetta questa positione che contrasta con l’assoluta neutralità.
Più potere al Congresso
Le posizioni di Villard permettono di studiare le divergenze in seno alla sinistra americana. In effetti, negli anni 30, il New Deal si rivela un fiasco. Perché? Perché Roosevelt deve subire l’opposizione della " Corte Suprema " (CS), che è conservatrice. Villard vuole dare più potere al Congresso. Come reagisce Roosevelt ? Egli aumenta il numero di giudici nella CS e vi introduce così dei suoi uomini. La sinistra applaude, credendo così di poter realizzare le promesse del New Deal. Villard rifiuta questo espediente perché conduce al cesarismo. La sinistra rimprovera a Villard di allearsi ai conservatori della CS, accusa che è falsa perché Villard aveva suggerito di aumentare i poteri del Congresso.
Nel corso di questa polemica, la sinistra si rivela " cesarista " e ostile al Congresso. Villard resta fedele a una sinistra democratica e parlamentare, pacifista e autarchista. Villard non " tradisce ". Questa divergenza conduice a una rottura tra Villard e la redazione di Nation, ormai diretto da Freda Kirchwey. Nel 1940, Villard lascia Nation dopo 46 anni e mezzo di buono e leale servizio, accusando Kirchwey di "prostituire " il giornale. Questa "prostituzione" consiste nel rigettare il principio autarchico e ad aderire all’universalismo (messianico). Villard passa allora al contrattacco:
1. Ribadisce che egli è un sostenitore del Congresso, dunque è democratico e non filo-fascista.
2. Ribadisce ugualmente di essersi opposto ai conservatori della CS.
3. Afferma che il dilettantismo di Roosevelt ha provocato il fiasco del New Deal.
4. Dimostra che nel sostenere Roosevelt, la sinistra diviene " fascista " perché contribuisce a imbavagliare il Congresso.
Né il Giappone né la Germania ce l’hanno con gli Stati Uniti, scrive, dunque non vi è nessun bisogno di fare loro la guerra. L’obiettivo ragionevole da perseguire, ripete, è di giustapporre nel pianeta tre moderni blocchi autarchici ed ermetici: l’Asia sotto la guida del Giappone, l’Europa e l’America. Egli riunisce l’America-First-Committee che afferma che se gli Stati Uniti interverranno in Asia e in Europa, il caos si estenderà sulla Terra e i problemi irrisolti si accumuleranno.
Villard non risparmierà nemmeno la politica di Truman e la subisserà delle sue critiche. Nei suoi editoriali, Truman è decritto come un " incompetente politico di paese ", spinto al vertice da Roosevelt e dalla sua " cricca ". Villard criticherà il bombardamento atomico di Hiroshima e di Nagasaki. Egli si opporrà al Tribunale di Norimberga, agli Americani che cercavavo di favorire il dominio francese sulla Saar, a tutti coloro che volevano smembrare la Germania. Villard sarà in seguito un nemico della Guerra Fredda, si schiererà contro la divisione della Corea e contro la creazione della NATO.

Robert A. TAFT
Il padre di Robert A. Taft fu durante un periodo della sua vita Presidente della CS. L’ambiente familiare era composto di Republicani di vecchia data. Robert A. Taft compie i suoi primi passi politici sulla scia di Herbert Hoover e collabora al suo " Food Programm ". Nel 1918, è eletto in Ohio. Nel 1938, egli diventa Senatore di questo Stato. Da allora s’impegna a fondo nella battaglia il " non-intervento ". Tutta la politica, secondo lui, dev’essere difensiva. Egli fustiga le posizioni " idealiste " (cioè al di fuori della realtà), dei messianici democratici. " Bisogna difendere le cose concrete e non astrazioni ", ecco il suo leitmotiv. La guerra, dice, condurrà ad imbavagliare il Congresso, a fare arretrare i governi locali, a rafforzare il governo centrale. Anche se la Germania vince, argomenta, essa non attaccherà gli Stati Uniti e l’eventuale vittoria del Reich non arresterà i flussi commerciali. Di qui, afferma Taft, bisogna senz’altro rafforzare il " Neutrality Act ", non far entrare le navi americane nelle zone di battaglia, evitare gli incidenti e decretare un embargo generale, ma che permetta tuttavia il sistema di vendita " cash-and-carry " (" paga e importa "), da applicare a tutti i belligeranti senza restrizioni. Taft è realistico : si devono vendere tutti i prodotti senza eccezione. Nye, Senatore del Nord Dakota, et Wheeler, Senatore del Montana, vogliono un embargo sulle munizioni, le arme e il cotone.
"Lend-Lease" e "cash-and-carry"
Taft non sarà il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali perché l’Est vota contro di lui ; egli non beneficia che dell’appoggio dell’Ovest, contrario alla guerre in Europa. Eli si opporrà alla pratica commerciale del " Lend-Lease ", perché questa implica l’invio di convogli attraverso l’Atlantico e provoca immancabilmente incidenti. Nel luglio 1941, la necessità di proteggere gli invii porta all’occupazione dell’Islanda. Taft formula una contro-proposta: al " Lend-Lease ", si deve sostituire il " cash-and-carry ", cosa che non impedisce per niente di produrre aerei per la Gran Bretagna. Nel giugno 1941, la sinistra aderisce a una sorta di fronte internationale antifascista, su istigazione dei comunisti (visibile o cammuffata). Taft mantiene la sua decisione di neutralità e constata che la maggioranza è ostile alla guerra. Solo una minoranza appartenente al mondo finanziario è favorevole al conflitto. Taft martella allora la sua idea forza : il popolo lavoratore dell’Ovest è manipolato dall’oligarchia finanziaria dell’Est.
All’interno del partito Repubblicano, Taft lotta egualmente contro la frazione interventista. Il suo avversario principale è Schlesinger che pretende che gli isolazionisti provochino una scissione al- l’interno del partito, che rischia di scomparire o di essere escluso a lungo dal potere. Che cosa accade in questa lotta? Gli interventisti repubblicani, schierati con Wendell Willkie, cercheranno l’alleanza con la destra democratica di Roosevelt, per impedire ai Repubblicani di rritornare al potere. Dal 1932 al 1948, i Repubblicani saranno emarginati. Un simile situazione aveva già caratterizzato la storia americana : la scissione dei Whigs nel 1858 sulla questione della schiavitù (che è sfociata poi nella Guerra di Secessione).
Per Schlesinger, i capitalisti, i conservatori e la CS sono ostili a Roosevelt e al New Deal, che essi ritengono una forma di socialismo. Taft ribatte che i plutocrati e i finanzieri si sono alleati ai rivoluzionari, ostili alla CS, perché questa è un valore statuale perenne, al servizio della causa del popolo, la maggioranza generalmente silenziosa. I plutocrati sono favorevoli al bellicismo di Roosevelt, perché sperano di conquistare mercati in Europa, in Asia e in America latina. Questa è la ragione del loro bellicismo.
Sia Schlesinger che Taft accusano i capitalisti o l’alta finanza (i " plutocrati " come si diceva a quel tempo). La differenza, è che Schlesinger denuncia come capitalismo il capitale produttore fisso (investimenti), mentre Taft denuncia il capitale finanziario e mobile (non investitore).
Contro l’idea di " Crociata "
Quando i Giapoonsi bombardano Pearl Harbour il 7 dicembre 1941 e distruggono le navi da guerra che vi si trovano, la stampa, unanime, si prende gioco di Taft e dei suoi principi neutralisti. La strategia giapponese è stata di colpire il porto hawaiano, dove non stazionavano che vecchie navi per impedire alla flotta di portare aiuto alle Filippine, che i Giapponesi si preparavano a invadere, prima di lanciarsi verso il petrolio ed il caucciù indonesiani. Taft ribatte che si sarebbe dovuto negoziare e accusa Roosevelt di negligenza tanto alle Isole Hawaïi che alle Filippine. Egli non smette di criticare l’idea di crociata. Perché gli Stati Uniti sarebbero gli unici a poter dare il via a delle crociate ? Perché non Stalin ? O Hitler ? L’idea e la pratica della " crociata " conduce alla guerra perpetua, dunque al caos. Taft denuncia inoltre come un’aberratione l’alleanza tra gli Stati Uniti, la Grand Bretagna e l’URSS (cara a Walter Lippmann). A tale alleanza, bisogna sostituire dei piani locali, raggruppare attorno alle potenze egemoniche i piccoli Stati troppo deboli per sopravvivere equilibratamente in un mondo che sta cambindo su larga scala.
Taft si opporrà a Bretton Woods (1944), agli investimenti massicci all’estero ed alla creazione del FMI. Egli manifesterà il suo scetticismo nei confronti dell’ONU (Dumbarton Oaks, 1944). Egli vi è favorevole a condizione che questa instanza divenga una corte di arbitraggio, ma rifiuta ogni rafforzamento dell’ideologia utopista. Dopo la guerra Taft s’opporrà alla Dottrina Truman, alla creazione della NATO, al Piano Marshall e alla Guerra di Corea. Nel 1946, Churchill pronuncia la sua famosa frase (" Noi abbiamo ucciso il porco sbagliato ", riferendosi a Hitler come " porco buono ", essendo Stalin da ammazzare) e deplora che una " cortina di ferro " sia calata da Stettino all’Adriatico, facendo piombare la Mitteleuropa orientale in una serie di " regimi polizieschi ". Taft, conservatore " vecchio repubblicano ", ammette gli argomenti anti-comunisti, ma questa ostilità legittima sul piano dei principi non deve portare alla guerra nei fatti.
Taft si oppone alla NATO perché essa è una struttura interventista, contraria agli interessi del popolo americano e ai principi di arbitraggio che dovrebbero essere quelli dell’ONU. Inoltre, essa sarà una voragine di spese. Riguardo all’URSS, egli modifica leggermente il suo giudizio da quando Mosca si dota anch’essa della Bomba A. Egli appoggia tuttavia Joe Kennedy (padre di John, Robert/Bob e Ted) quando questi richiede il ritiro delle truppe americane dalla Corea, da Berlino e dall’Europa. Taft è immediatamente accusato di " fare il gioco di Mosca ", ma egli rimane un anti-comunista. In realtà, resta fedele alle sue posizioni iniziali: egli è un isolazionista americano, constata che il Nuovo Mondo è separato dal Vecchio e che questa separazione è un dato naturale, di cui si deve tenere conto.

John T. FLYNN
John T. Flynn può essere descritto come un " New Dealer " deluso. Beard e Villard avevano egualmente espresso la loro delusione di fronte al fiasco della ristrutturazione roosveltiana dell’economia nord-americana. Flynn denuncia assai presto l’iniziativa del Presidente consistente nel darsi dei " nemici mitici " per distogliere l’attenzione dai fallimenti del New Deal. Egli critica il voltafaccia dei comunisti americani, che divengono favorevoli alla guerra a partire dal 1941. I comunisti, egli sostiene, tradiscono i loro ideali e utilizzano gli Stati Uniti per far avanzare la politica sovietica.
Flynn era vicino suo malgrado agli ambienti fascisti (e folkloristici) americani (Christian Front, German-American Bund, l’American Destiny Party di Joseph McWilliams, un antisemita). Ma il successo di Lindbergh e del suo America-First-Committee lo interessa. Dopo la guerra, egli criticherà le posizioni della Fabian Society (che egli definisce di "socialismo fascista") e si dichiarerà per un governo popolare, cosa che lo porterà sulle posizioni di McCarthy. In questa ottica, egli esprime sovente l’equazione "comunismo = burocrazia", argomentando che l’organizzazione della burocrazia negli Stati Uniti è stata introdotta da Roosevelt e perfezionata da Truman. Ma, malgrado questa prossimità con l’anticomunismo più radicale, Flynn rimane ostile alla guerra di Corea e a ogni intervento in Indocina, contro i comunisti locali.

Lawrence DENNIS
Nato nel 1893 ad Atlanta in Georgia, Lawrence Dennis studia alla Philips Exeter Academy e ad Harvard. Egli serve il suo paese in Francia nel 1918, dove giunge al grado di tenente. Dopo la guerra, il inizia la carriera diplomatica che lo conduce in Romania, in Honduras, in Nicaragua (dove è testimone della ribellione di Sandino) e in Perù (nel momento in cui emerge l’indigenismo peruviano). Tra il 1930 e il 1940, egli assume un ruolo intellettuale maggiore. Nel 1932, esce il suo libro E’ il Capitalismo predestinato ? E’ un’arringa a favore della pianificazione, contro l’estensione smisurata dei crediti, contro l’esportazione di capitali, contro il non-investimento che preferisce prestare danaro invece di investire sul posto e genera così la disoccupazione. Il programma di Dennis è di creare una fiscalità coerente, di perseguire una politica di investimenti che creino impiego e di sviluppare un’autarchia americana. Nel 1936, un’altra opera suscita il dibattito: L’Avvento del Fascismo Americano. Questo libro constata il fallimento del New Deal, a causa d’una pianificazione insufficiente. Egli constata ugualmente il successo dei fascismi italiano e tedesco che, dice Dennis, portano a conclusioni positive le teorie di Keynes. Il fascismo si oppone al comunismo perché non è egualitario e il non-egalitarismo favorisce i buoni tecnici e i buoni gestori (i "direttori", dirà Burnham).
C’è una differenza tra il "fascismo" (pianificatore) come lo definisce Dennis e il "fascismo" rooseveltiano che denunciano Beard, Villard, Flynn, etc. Questo cesarismo/fascismo rooseveltiano si schiera in nome dell’anti-fascismo e aggredisce i fascismi europei.
Nel 1940, una terza opera di Dennis fa la sua comparsa: Le Dinamiche di Guerra e Rivoluzione. In questo lavoro, Dennis prevede la guerra, che sarà una "guerra reazionaria". Dennis riprende la distinzione di Corradini, Sombart, Haushofer e Niekisch, tra "nazioni proletarie" e "nazioni capitaliste". La guerra, scrive Dennis, è la reazione delle nazioni capitaliste. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, nazioni capitaliste, s’oppongono alla Germania, all’Italia e all’URSS, nazioni proletarie (il Patto germano-sovietico è ancora in vigore e Dennis ignora che esso sarà sciolto nel giugno 1941). Ma Le Dinamiche di Guerra e Rivoluzione costituisce soprattutto un’autopsia del mondo capitalista americano e occidentale. La logica capitalista, spiega Dennis, è di espansione, essa cerca di estendersi e, se essa non ha più la possibilità di farlo, si indebolisce e muore. Da ciò il capitalismo cerca costantemente dei mercati, ma questa ricerca non può essere perpetua, non essendo la Terra estendibile all’infinito. Il capitalismo non è possibile a meno che non abbia un’espansione territoriale. Da qui, nasce la logica della " frontiera ". Il territorio s’ingrandisce e la popolazione aumenta. Le curve di profitto possono accrescersi, vista la necessità d’investire per occupare o colonizzare questi territori, di organizzarli, di fornire loro un’infrastruttura, e la necessità di nutrire una popolation in fase di esplosione demografica. Storicamente parlando, questa espansione ha avuto luogo tra il 1600 e il 1900 : i popoli bianchi d’Europa e d’America avevano una frontiera, uno scopo da raggiungere, dei territori da dissodare e da organizzare. Nel 1600, l’Europa investe il Nuovo Mondo ; tra il 1800 e il 1900, gli Stati Uniti hanno il loro West ; l’Europa si estende in Africa.
L’era capitalista è terminata.
Conclusione di Dennis : l’era capitalista è terminata. Non saranno più possibili guerre facili, né creazione di situazioni per spedizioni coloniali dotate di mezzi modesti, poco costose dal punto di vista degli investimenti, ma enormemente remunerative quanto a dividendi. Questa impossibilità di nuove espansioni territoriali spiega la stagnazione e la depressione. Per far fronte a questi fenomeni, si offrono ai governanti quattro possibilità:
1. Accettare passivamente la stagnatione ;
2. Scegliere il sistema comunista, cioè la dittatura degli intellettuali borghesi che non hanno potuto accedere al capitalismo;
3. Creare un regime dirigista, corporativo e collettivista, senza sopprimere l’initiativa privata e dove la funzione del controllo politico-statale consiste nel dare delle direttive efficaci ;
4. Fare la guerra su grande scala, a titolo di palliativo.
Dennis è favorevole alla terza soluzione e teme la quarta (per la quale opta Roosevelt). Dennis si oppone alla seconda guerra mondiale, tanto sul Pacifico quanto sui teatri europei. In seguito, egli s’opporrà alle guerre di Corea e del Vietnam, creazioni di situazioni simili, tendenti a distruggere dei materiali per poterli ricostruire o per accumulare dei profitti che servono solo a speculazioni e non a investimenti produttivi. Per aver assunto tali posizioni, Dennis sarà insultato volgarmente dalla stampa del sistema dal 1945 al 1955, ma egli continua imperturbabilmente ad affinare le sue tesi. Comincia con il rifiutare l’idea di " peccato " nella pratica politica internazionale: per Dennis, non esiste il " peccato fascista " o il " peccato comunista ". L’ossessione americana di praticare delle politiche di " porte aperte " (open doors policy) è un eufemismo per designare il più implacabile degli imperialismi. La guerra fredda implica rischi enormi per il mondo intero. La guerra del Vietnam, il suo invischiamento e il suo fallimento, mostrano l’inutilità della quarta solutione. Per questa analisi, Dennis ha un impatto indiscutibile sul pensiero contestatore di sinistra e sulla sinistra populista, nonostante la sua etichetta di " fascista ".
Nel 1969, in Riflessioni Pratiche per la Sopravvivenza, Dennis offre ai suoi lettori la sua summa finale. Essa consiste in una critica radicale dell’American Way of Life.

Conclusione
Abbiamo rievocato cinque figure di oppositori americani a Roosevelt. I loro argomenti sono similari, a dispetto delle loro diverse provenienze ideologiche e politiche. Avremmo potuto confrontare le loro posizioni a quelle di dissidenti americani più conosciuti in Europa come Lindbergh o Ezra Pound, o meno conosciuti come Hamilton Fish. Avremmo egualmente potuto analizzare i lavori di Hoggan, storico contemporaneo non conformista, che sottolineano le responsabilità britanniche e americane nel secondo conflitto mondiale ed espongono particolareggiatamente le posizioni di Robert LaFollette. Infine, avremmo potuto analizzare più in profondità l’avventura politica di questo populista degli anni 20, leader dei "progressisti". Punto comune a tutti costoro: la volontà di mantenere una linea isolazionista, di non intervenire al di fuori del Nuovo Mondo, di portare al massimo lo sviluppo del territorio degli Stati Uniti. L’80% della popolazione li ha seguiti. Gli intellettuali erano divisi.
L’avventura di questi uomini ci dimostra la potenza della manipolazione mediatica, in grado di capovolgere rapidamente l’opinione dell’ 80% della popolazione americana e di trascinarla in una guerra che non la riguardava minimamente. Essa dimostra inoltre l’impatto dei principi autarchici, che dovevano condurre ad un confronto pacifico dei grandi spazi autonomi ed autosufficienti. In Europa, questo argomento di dibattito viene deliberatamente ignorato nonostante la sua ampiezza e la sua profondità, l’avventura intellettuale e politica di questi Americani non conformisti è ormai sconosciuta e rimane inesplorata.
Uno studio di questa problematica vieta ogni approccio manicheo. Si può constatare che all’interno della sinistra americana (come in una certa destra, quella di Taft, ad es.), l’ostilità alla guerra contro Hitler ed il Giappone implica, per una logica implacabile e costante, l’ulteriore ostilità alla guerra contro Stalin, l’URSS, la Corea del Nord o il Vietnam di Ho Chi Minh. Nello spazio linguistico francofono, sembra che i non-conformismi (di destra come di sinistra) non abbiano mai tenuto conto dell’opposizione interna a Roosevelt, la cui logica è di una chiarezza e di una limpidezza ammirevoli. Desolante miopia politica!

Conferenza pronunciata a Ixelles alla Tribuna de l'EROE nel 1986, sotto il patrocinio di Jean E. van der Taelen ; testo pubblicato solamente nel 1999 nella rivista francese Dualpha edita da M. Philippe Randa