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Visualizza Versione Completa : Garibaldi e Anita, benedette nozze



Colombo da Priverno
18-07-02, 22:25
documenti
Il matrimonio tra la donna e l’Eroe dei due Mondi celebrato anche con rito religioso: la conferma da alcune carte provenienti da Montevideo. E rispunta la domanda sulla fede del generale

da Ravenna Quinto Cappelli

Si riapre il caso del matrimonio religioso fra Giuseppe Garibaldi e Ana Maria De Jesus Ribeiro: per tutti Anita. Lo riporta alla luce don Isidoro Giuliani: 84 anni, 57 dei quali trascorsi alla guida della parrocchia di Mandriole di Ravenna, il paese dove il 4 agosto 1849 la ventottenne Anita morì. Ha appena dato alle stampe il libro Anita Garibaldi, vita e morte dove racconta: «Dall’arcivescovo di Montevideo è arrivata una precisazione storica, che non lascia adito ad altre interpretazioni»: il matrimonio tra la donna e l’Eroe dei due Mondi sarebbe stato celebrato anche con rito religioso. Il parroco di Mandriole si è impegnato per anni, in accurate ricerche «per rettificare certe notizie inesatte sulla "parrocchiana" Anita, che, come risulta dal registro parrocchiale dei morti, fu sepolta l’11 agosto 1849, secondo la testimonianza dell’allora curato don Francesco Burzatti». Don Giuliani appurato che il matrimonio di Giuseppe e Anita Garibaldi, celebrato il 26 marzo 1842 nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Montevideo, non è solo civile, come sostengono ancora vari storici e garibaldini, fra cui la pronipote Anita Garibaldi Jallet. La prova è arrivata il 18 luglio 1992 dall’arcivescovo di Montevideo. Nel libro del sacerdote viene pubblicato l’atto di matrimonio, redatto in spagnolo e in italiano, la cui lettura aveva in passato sollevato alcuni dubbi, specialmente nel passo dove si diceva che il matrimonio era stato celebrato «in facie ecclesiae» e «non ricevendo le benedizioni». L’arcivescovo di Montevideo, su questo nodo, ha precisato alcune cose, messe in evidenza anche da don Giuliani. «La prima espressione – scrive commentando l’atto – significa che il matrimonio fu contratto d’accordo con la legislazione canonica e che esso ha valore di sacramento, matrimonio religioso con tutti i diritti e doveri che ne derivano. La seconda espressione significa che i coniugi non hanno ricevuto la benedizione, che s’impartisce dopo il Padre Nostro, in quanto tempo di Quaresima. Però tale benedizione non è essenziale nella celebrazione del matrimonio religioso, che deve essere considerato valido». Una terza prova consiste nel fatto che all’epoca dei fatti la celebrazione del matrimonio aveva valore civile e religioso, in quanto in Uruguay il «Registro civile» fu creato solo nel 1879, ben 37 anni dopo il matrimonio dei coniugi Garibaldi. Secondo don Giuliani, moli altri fatti dimostrano la «fede cristiana» dell’Eroe dei due Mondi e dell’amata sposa: l’aver fatto battezzare i cinque figli, l’aver fatto celebrare tre messe per Anita morente dai frati cappuccini di Pietrarubbia in provincia di Pesaro; la sepoltura di Anita, prima nel cimitero (11 agosto 1849) e poi (nel 1859) all’interno della chiesa parrocchiale di Mandriole, da dove il 23 settembre 1859 lo stesso Garibaldi coi figli Menotti e Teresita, prelevò i resti mortali di Anita. A proposito di quest’ultimo episodio, scrive l’autore della ricerca: «Il ritorno a Mandriola riempì di commozione il generale. Il parroco, don Francesco Burzatti, che aveva accettato con spontanea complicità e senza alcuna richiesta alla Curia di Ravenna la traslazione delle spoglie in chiesa, pose la bara di Anita sul catafalco. Una bimba offrì al generale una piccola corona di fiori, che egli, grato, sistemò sopra la cassettina. Quindi s’inginocchiò e rimase nel più profondo e religioso silenzioso, per circa un quarto d’ora». E poi tutti partirono per Nizza. Proprio questa scena è stata immortalata dal pittore Erulo Eruli in una grande tela, esposta nel Museo del Risorgimento di Torino: nel quadro il parroco ravennate ha riconosciuto vari particolari della chiesa di Mandriole, fra cui la croce astile che si conserva ancora oggi. Nel cimitero di Nizza le spoglie di Anita restarono fino al 1932, anno nel quale Mussolini le fece prelevare per collocarle nel monumento a lei dedicato al Gianicolo di Roma. Altro capitolo. Don Giuliani respinge anche la tesi della morte di Anita per strangolamento per mano dello stesso marito e di altri garibaldini con lo scopo di sbarazzarsi di lei. Il sacerdote accetta la tesi della «morte naturale» per malaria. Chi è, allora, Anita Garibaldi? «Il bisogno di essere accanto al suo consorte – risponde don Giuliani – fu più forte di lei e questo sentimento di sposa l’accompagnò dall’Uruguay fino all’epilogo della sua vita, a Mandriole. Anita fu certamente donna coraggiosa e moglie devota e appassionata. Ma dobbiamo rifiutare le numerose invenzioni romanzesche, che hanno riempito gli spazi vuoti di notizie certe».

da "Avvenire"

Abrezio
19-07-02, 22:07
Originally posted by Lepanto
documenti
Il matrimonio tra la donna e l’Eroe dei due Mondi celebrato anche con rito religioso: la conferma da alcune carte provenienti da Montevideo. E rispunta la domanda sulla fede del generale

da Ravenna Quinto Cappelli

Si riapre il caso del matrimonio religioso fra Giuseppe Garibaldi e Ana Maria De Jesus Ribeiro: per tutti Anita. Lo riporta alla luce don Isidoro Giuliani: 84 anni, 57 dei quali trascorsi alla guida della parrocchia di Mandriole di Ravenna, il paese dove il 4 agosto 1849 la ventottenne Anita morì.
da "Avvenire"

... e ti pareva !
già in epoca non sospetta (30 anni fa), sostenevo ke prima o poi il Vatekanaglia riuscirà ad intorbidire le ackue a tal punto da aggiudicare santificazionem ecclesiae anke a Garibaldi e Napoleone; ... le manovra ke riguardano Garibaldi sono già iniziate, ... x Napoleone, si vedrà.-

GIUSEPPE GARIBALDI:" Fuggite la Chiesa che puzza d'infetti rettili e non la permettete ai vostri congiunti ... il prete è l'assassino dell'anima perchè in tutti i tempi ha fomentato l'ignoranza... occorre che gli animi dei Cittadini siano emancipati per davvero dal tradizionale servaggio in cui li ha messi la Chiesa; che questa sia ridotta in termini tali da non avere nè forza nè potestà da contendere allo Stato, alcuno degli uffici di pubblico educatore...".-
Abrezio... è oggi, quest'Italia, quella voluta dai suoi Padri Fondatori ? .. Io voglio una Padania come i suoi Padri Fondatori sognavano che lo diventasse l'Italia !

SIMON BOLIVAR:" ... La loro credulità ne fa dei cattolici una setta di idolatri".-

ABRAHAM LINCOLN:" Vedo nel nostro orizzonte una nube assai cupa e quella nube viene da Roma.-E' pregna di lacrime e di sangue.- La sua vera forza propulsiva è acquartierata dietro le pareti del Vaticano, i collegi e le scuole cattoliche, i conventi ed i confessionari di Roma".-

Colombo da Priverno
19-07-02, 22:11
Si lamenti con il povero Giuseppe Garibaldi...

Abrezio
19-07-02, 23:12
Originally posted by Lepanto
Si lamenti con il povero Giuseppe Garibaldi...

Sacramento o profanamente, fatto sta ke Garibaldi fu battezzato a Nizza e x non "compromettere" l'onorabilità della famiglia di Juanita, a Montevideo, s'è sposato con rito religioso kattokristico con ugual fede o devozione ke avrebbe avuto x kualsiasi altro kulto fosse appartenuta o professasse, la famiglia di sua moglie... me lo concedi kuesto ? ... e poi, x le convinzioni espresse dal nostro, ... altro ke scomunica ! ... o non l'avete scomunicato !? insomma deo fa secondo le vostre pretese e convenienze, prima scomunica e poi santifica; ke kazzo di deo è mai kuesto kristodio !?... mi pare assai capriccioso o "sbagliatore"... altrokè perfezione assoluta... ahahahahahah... somiglia assai alle nevrosi dei suoi kreatori suprematici giackè fa ciò k'essi dicono:" MA NON DOVEVA ESSERE IL CONTRARIO"?!
mandi fradi
Abrezio

Colombo da Priverno
19-07-02, 23:42
In questa vicenda l'unico poco coerente sarebbe il generale Garibaldi. Qui si prende atto dei fatti, per il resto il generale Garibaldi se la vedrà con il buon Dio.

Abrezio
20-07-02, 00:09
Originally posted by Lepanto
In questa vicenda l'unico poco coerente sarebbe il generale Garibaldi. Qui si prende atto dei fatti, per il resto il generale Garibaldi se la vedrà con il buon Dio.


Come rappresentanti in esclusiva di Dio, mi sa tanto ke siete spacciatori di patacke in simildeo, col kristo con kùi commerciate... attenti ke prima o poi la Casa Madre se ne accorgerà e vi denuncerà tutti... Gesù x primo !

cm814
20-07-02, 09:49
Originally posted by Abrezio



Come rappresentanti in esclusiva di Dio, mi sa tanto ke siete spacciatori di patacke in simildeo, col kristo con kùi commerciate... attenti ke prima o poi la Casa Madre se ne accorgerà e vi denuncerà tutti... Gesù x primo !

Quello che ha scritto e postato Lepanto è di una chiarezza tale, che solo una mente ottenebrata come la tua non può capire. Prendi me o Lepanto: noi siamo cattolici, e per quel che mi riguarda ( e posso garantire pure x Lepanto) nessuno di noi è massone..... i fatti sono chiari: o massone o cattolico. Punto. I problemi sono di Garibaldi: il perché l'abbia fatto poco importa. L'ha fatto. Se poi tu pensi che Lepanto, e parte del mondo cattolico, vogliano "portare" dalla nostra parte un altro "simbolo" dell'anticklericalismo ( di maniera, come lo sei tu del resto!), allora guarda che ti sbagli: TENETEVOLO il vostro Garibaldi! TENETEVOLO! e vada alla malora lui e tutta la gente come lui!

Abrezio
20-07-02, 16:37
cm814 - Quello che ha scritto e postato Lepanto è di una chiarezza tale, che solo una mente ottenebrata come la tua non può capire.
Abrezio - Ottenebrato significa " preso dalle tenebre, oscurato, ecc." ... allora mi pare proprio ke + di ki accetta dogmi e krede x fede cieca, nessun'altro lo sia nè possa esserlo.-

cm814 - Prendi me o Lepanto: noi siamo cattolici, e per quel che mi riguarda ( e posso garantire pure x Lepanto) nessuno di noi è massone..... i fatti sono chiari: o massone o cattolico. Punto.
Abrezio - ahahahahahahah.... evviva la kiarezza .. ahahahahahahah ahahahahahahah caro Carlo magno... ahahahahahahah ... sei simpatico eh ! ahahahahahahah....

cm814 - I problemi sono di Garibaldi: il perché l'abbia fatto poco importa. L'ha fatto. Se poi tu pensi che Lepanto, e parte del mondo cattolico, vogliano "portare" dalla nostra parte un altro "simbolo" dell'anticklericalismo (di maniera, come lo sei tu del resto!), allora guarda che ti sbagli: TENETEVOLO il vostro Garibaldi! TENETEVOLO! e vada alla malora lui e tutta la gente come lui!
Abrezio - A buon rendere e grazie, sia lode a Dio ! ahahahahahahahah

Colombo da Priverno
20-07-02, 16:45
Risus abundat in ore stultorum

Abrezio
20-07-02, 17:15
Originally posted by Lepanto
Risus abundat in ore stultorum

sed fecit bonum sanguem... (correggi, grazie !)... mi sono pur scusato con Carlo Magno ! non era derisione ma risata di gusto ! ahahahahahahah come ora ahahahahahah; cmq melio abundare kuam deficere, se debbo essere stolto è bene ke sia kiaro... ahahahahahaha
mandi fradi
Abrezio

cm814
20-07-02, 19:57
Originally posted by Abrezio
cm814 - Quello che ha scritto e postato Lepanto è di una chiarezza tale, che solo una mente ottenebrata come la tua non può capire.
Abrezio - Ottenebrato significa " preso dalle tenebre, oscurato, ecc." ... allora mi pare proprio ke + di ki accetta dogmi e krede x fede cieca, nessun'altro lo sia nè possa esserlo.-

cm814 - Prendi me o Lepanto: noi siamo cattolici, e per quel che mi riguarda ( e posso garantire pure x Lepanto) nessuno di noi è massone..... i fatti sono chiari: o massone o cattolico. Punto.
Abrezio - ahahahahahahah.... evviva la kiarezza .. ahahahahahahah ahahahahahahah caro Carlo magno... ahahahahahahah ... sei simpatico eh ! ahahahahahahah....

cm814 - I problemi sono di Garibaldi: il perché l'abbia fatto poco importa. L'ha fatto. Se poi tu pensi che Lepanto, e parte del mondo cattolico, vogliano "portare" dalla nostra parte un altro "simbolo" dell'anticklericalismo (di maniera, come lo sei tu del resto!), allora guarda che ti sbagli: TENETEVOLO il vostro Garibaldi! TENETEVOLO! e vada alla malora lui e tutta la gente come lui!
Abrezio - A buon rendere e grazie, sia lode a Dio ! ahahahahahahahah

Due cose: la prima è che voi anticlericali potreste cambiare musica. Alla faccia della modernità e del progresso, non fate altro che dire le solite cose da almeno 300 anni! Un po' più di originalità non guasterebbe.... non foss'altro x non annoiare! :ronf
La seconda è semplice: se la Fede Cattolica ottenebra, i tuoi riti anticlericali non sono da meno! Tranne che sei così poco smaliziato, da crederti "libero e ILLUMINATO" , solo perché non credi in Dio, ma allora diciamolo: voi pagani o anticlericali o illuminati o come cacchio vi fate chiamare avete qualche occhio in meno per guardare la realtà: anche voi credete in dogma, anche voi avete i vostri riti e , a leggere quello che hai scritto, le vostre preghiere laiciste che sciorinate alla prima occasione!!!

CHE BARBA.... CHE NOIA!
:ronf :ronf

Abrezio
20-07-02, 21:10
cm814 - Due cose: la prima è che voi anticlericali potreste cambiare musica. Alla faccia della modernità e del progresso, non fate altro che dire le solite cose da almeno 300 anni! Un po' più di originalità non guasterebbe.... non foss'altro x non annoiare! :ronf
Abrezio - L'Ateo è anticlericale.- Io non sono ateo nè anticlericale
(non combatto un uomo, nessun uomo, nemmeno il prete ke veste abiti, come uomo e fratello; ma combatto con forza le idee ke kausano le azioni delittuose ed ingannevoli del klero; il mio motto non è "kloro al klero" ma "scoprire e denunciare i loro vizi e passioni umane distorte... rivelandoli nei loro misfatti suprematici ed antinaturali"),
ma antikattokristo religio... causa e fonte di tutti i mali mondiali, a partire dal 325, data di nascita della Bestia (descritta nell'Apocalisse da Giovanni).-

cm814 - La seconda è semplice: se la Fede Cattolica ottenebra, i tuoi riti anticlericali non sono da meno!
Abrezio - Dove il dogma non c'è e tutto è investigabile, sino all'esaurimento di ogni possibilità speculativa, lì c'è libertà e raziocinio; a te ke manca, come degno figlio di putrescente papa NoNò Pio, di kuale ottenebramento parli,... kuello della tua cecità si rivela !

cm814 - Tranne che sei così poco smaliziato, da crederti "libero e ILLUMINATO", solo perché non credi in Dio
Abrezio - E dalle, ecco di nuovo l'animo commerciale del venditore di patacke diVINO, marca kristo, ke spaccia x Dio ! Tu Dio lo conosci x il grado di progresso ke hai raggiunto, solo ke, ciò ke tu ritieni ke sia Dio, non è altro ke la proiezione di te stesso ... e fin kuà, bene; xò kuando tu, ciò ke hai concepito come Dio, lo fai causa di ogni tuo comportamento, fanaticamente, non certo al Padre comune ti rivolgi, ma solo al tuo idolo ke ti sei kreato e ke rispeckia ancke le tue passioni; ti è tanto difficile capire ke sei un fanatico pieno di vizi e passioni retrograde !?

cm814 - ma allora diciamolo: voi pagani o anticlericali o illuminati o come cacchio vi fate chiamare avete qualche occhio in meno per guardare la realtà:
Abrezio - guarda bene... l'ockio in + ke hai, in realtà sono idiotrie in - ke ti fanno inciampare; mettiti gli ockiali, vivrai meglio e non scivolerai come ora continui.-

cm814 - anche voi credete in dogma, anche voi avete i vostri riti e , a leggere quello che hai scritto, le vostre laiciste preghiere che sciorinate alla prima occasione!!!
Abrezio - Il nostro dogma è "NON C'E' NULLA D'OCCULTO KE NON POSSA ESSERE SVELATO".- Le nostre preghiere sono preghiere LIBERE di Giustizia, uguaglianza e civile fratellanza, k'è poi il riconoscimento di cittadinanza comune (sia x gli uomini ke x le idee di progresso ... e la vostra è al servizio della supremazia e suprematicità toutcourt !), x i codici (breviari) di GIUSTIZIA E PROGRESSO KE NON RICONOSCONO SUPREMAZIE nè SOPRAFFAZIONI (Democratike, comuni e partecipative), tese unicamente a salvaguardare il diritto di tutti a professare i propri kredi, senza ledere kuelli di nessuno; sono dunkue di libertà le nostre idee e le nostre preghiere, mentre le vostre, con il malfamato motto e proclama di guerra all'umanità tutta dell' "Allinfuori di me non c'è salvezza", ke gridate forte e ferocemente applicate nel mondo ( è un potente grido d'odio e disprezzo verso kiunkue non comulghi con le vostre fallacie), sono nefaste e retrograde, rivolte non agli Dei dell'Olimpo ma ai demoni infernali delle vostre passioni ( risulta kiaro ke il diavolo e l'inferno non esistono nella realtà, ma sono solo dentro ciascuno di noi... e voi ne vivete gli ultimi attimi, xkè scompariranno x sempre, assieme alla votra suprematicità organizzata, ke oramai spazio nan ha + nella società civile.-
Non siete intoccabili nè appestati (anke se sì appestanti); il confronto delle idee, anke duro, leale e libero, lo dovrete affrontare inesorabilmente ... e sarà la vostra liberazione.-

cm814 - CHE BARBA.... CHE NOIA! :ronf :ronf
Abrezio - ahahahahahahahah... ti sei testè dilettato di sane letture su Maria Goretti e Bosco Giovanni !? ahahahahahahahah ... leggiti il Beccaria,... ti gioverebbe di + .-
mandi fradi
Abrezio

nuvolarossa
09-03-07, 18:48
A Genova inaugurata una mostra in occasione del bicentenario della nascita dell'"Eroe dei due mondi"
Garibaldi e le camicie rosse
Anche gli oggetti di uso comune testimoniano la popolarità del personaggio

di Ludovico Manardi

Dai famosi sigari toscani «Garibaldi» ancor oggi in commercio, all'elisir dagli effetti miracolosi, alla marca di jeans, all'antipasto «Garibaldino»: non solo documenti o opere d'arte testimoniano la notorietà dell'eroe dei due mondi, ma anche oggetti di uso comune, a volte anche un po' kitch. È quanto documenta la mostra «Garibaldi nell'immaginario popolare» inaugurata ieri a Genova nel bicentenario della nascita dell' "Eroe dei due mondi".

http://www.santamariamaddalena.net/vento2005/venton128/garibaldini128.jpg

«Immagini, ricordi, presenze iconografiche a tutto campo raccontano il vero legame affettivo della figura di Giuseppe Garibaldi (Nizza, 1807- Caprera, 1882) con il suo pubblico di tutti i tempi e di tutti i luoghi» spiegano il presidente della Provincia Alessandro Repetto e l'assessore alla Cultura Maria Cristina Castellani. E non è un caso se la mostra, aperta sino al 10 aprile, è allestita in via Garibaldi, nel salone di rappresentanza della Banca popolare italiana.
«Il personaggio storico più presente nell'immaginario collettivo è Giuseppe Garibaldi – sottolinea il curatore della mostra Franco Ragazzi –. In Italia non c'è città o paese che non abbia una via, piazza, lapide, monumento, scuola o teatro dedicati a Garibaldi. Sembra che non ci sia località che non possa fregiarsi del titolo di una sua visita o di una sua presenza, anche fuggevole. Ma pure all'estero la sua notorietà è grande».
Garibaldi divenne anche un ideale estetico ed etico «un selvaggio cavaliere dalla camicia rossa e dai lunghi capelli biondi – dice Ragazzi – bello come una divinità onirica, forte come un leone, buono come un santo, schivo dai lussi e dagli onori, romantico e incantevole affascinatore dei popoli e della fantasia dei poeti e degli artisti». I garibaldini e i patrioti si fregiavano del suo ritratto come, dal 1968 in poi, fecero i giovani di tutto il mondo con quello di Che Guevara.
L'immagine di Garibaldi superò la dimensione della pittura di ritratto e di genere, della statuaria monumentale e celebrativa e conquistò l'immaginario popolare con una infinità di oggetti. Troviamo il suo volto e le sue imprese nei mobili e nei soprammobili, nelle figurine, nelle scatole di fiammiferi, nei francobolli, nelle monete, nei fumetti, nella pubblicità, su oggetti personali quali spille, fermagli, ventagli, fazzoletti, bottoni, pipe e accessori per pipe.
Garibaldi è il personaggio italiano più effigiato nei francobolli emessi nel mondo e il suo volto dall'espressioneleonina comparve nel 1910 nel primo francobollo italiano emesso con un'immagine diversa da quella dei regnanti. Il suo nome divenne sinonimo d'italianità per i «macaroni» prodotti negli Usa, in Pennsylvania, per una grappa argentina, per lasagne di fabbricazione tedesca, per biscotti inglesi, per una marca di acciughe sotto sale del Ponente ligure destinata all'esportazione.
«La popolarità di concretizza proprio in questo. Quando hai voglia di rivedere il "tuo" personaggio anche in un oggetto non "sacro" – dice Repetto –. E se Garibaldi divenne il simbolo di un ideale romantico che attraversò tutte le classi sociali, questo fu ancor più sentito in Liguria, sia per le sue origini (Valgraveglia, Chiavari, Nizza) e per le sue vicende di marinaio (Sanremo, Camogli, Genova), sia per il radicamento del garibaldinismo nella società ligure risorgimentale e post-unitaria». Giuseppe Garibaldi è noto come l'"Eroe dei due mondi" perché fu anche in Sudamerica per combattere con gli indipendentisti di Rio Grande e dell'Uruguay. Fu lì che organizzò la Legione italiana, le famose camicie rosse con le quali più tardi compì l'impresa dei Mille per liberare il Regno delle Due Sicilie dalla dominazione borbonica.

tratto da http://www.gazzettadelsud.it/

Augustinus
09-03-07, 20:59
Beh ... Garibaldi non è un personaggio da celebrare. Qui. Grazie.

nuvolarossa
31-03-07, 11:10
San Marino: un francobollo per Garibaldi

Per celebrare i 200 anni della nascita di Giuseppe Garibaldi, la Repubblica di San Marino ha emesso una serie filatelica composta da 3 valori che riproducono episodi salienti della vita dell'eroe dei due mondi.

http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Gattona/Garibaldi.jpg

Il francobollo da € 0,65 rappresenta il particolare rapporto di solidarietà di San Marino con Giuseppe Garibaldi. Conscia del rischio, ma forte della neutralità storica, la Repubblica concesse ospitalità a Garibaldi. Questo episodio è illustrato attraverso l'arrivo nel Titano di Garibaldi, Anita e i suoi Mille e con il ritratto di Garibaldi così come è raffigurato nel busto che campeggia nella piazza di San Marino a lui dedicata. Sullo sfondo San Marino e il vessillo con i colori e lo stemma della Repubblica.

http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Gattona/Garibaldi2.thumb.jpg

Il secondo francobollo è dedicato all'impresa dei Mille: l'11 maggio 1860 Garibaldi e i suoi sbarcano a Marsala accolti da truppe rivoluzionarie locali che si uniscono ai Mille per la conquista del Regno delle due Sicilie. La conquista è illustrata attraverso lo sbarco a Marsala identificata dalla porta Garibaldi che la città dedicò all'eroe, e con la visione simbolo delle battaglie vittoriose che i garibaldini uniti ai "picciotti siciliani" combatterono contro le truppe borboniche.

http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Gattona/Garibaldi3.jpg

Il francobollo da € 2,00 illustra due episodi storici, il primo riguarda la lunga permanenza, dal 1835 al 1846, in Sud America dove guidò la vittoriosa guerra d'Indipendenza dell'Uruguay; l'altro riguarda l'epilogo della vicenda storica che vide Garibaldi protagonista delle guerre di Indipendenza italiane fino al 1860, a Teano, quando consegnò a Re Vittorio Emanuele II il Mezzogiorno d'Italia. Completa il francobollo un ritratto del protagonista.


CARATTERISTICHE TECNICHE DELL'EMISSIONE

Data emissione: 20 Aprile 2007
Valori: serie composta da 3 valori da € 0,65-1,40-2,00 (Importo € 4,05)
Fogli da 12 francobolli
Tiratura: 100.000 serie complete
Formato dei francobolli: 48 x 40 mm
Dentellatura: 13,50x2
Autore del bozzetto : Irio Ottavio Fantini
Stampa: offset a quattro colori a cura di Cartor Security Printing

tratto da http://a.marsala.it/index.php

Augustinus
31-03-07, 11:29
Garibaldi rovina della Sicilia

di Angela Pellicciari

In un diario la spietata testimonianza di La Farina, che organizzò nell’ombra la spedizione dei Mille.

[Da "La Padania", 27 ottobre 2001]

"Non si deve lasciar credere in Europa che l’unità italiana, per realizzarsi, avea bisogno d’una nullità intellettuale come Garibaldi. Gli iniziati sanno che tutta la rivoluzione di Sicilia fu fatta da Cavour, i cui emissari militari, vestiti da merciaiuoli girovaghi, percorrevano l’isola e compravano a prezzo d’oro le persone più influenti": così scrive sulla Deutsche Rundschau nell’ottobre 1882 il massone Pietro Borrelli, che si firma con lo pseudonimo di Flaminio.

Che le cose stiano così i lettori di questo giornale ormai lo sanno. Prima di passare ad un altro argomento però, vista l’importanza della vicenda, conviene descrivere ulteriormente la condotta di Garibaldi in Italia meridionale. Per farlo torniamo a La Farina e al suo epistolario. Prima di essere cacciato dalla Sicilia da Garibaldi che vuole scuotere il giogo della sua dipendenza da Cavour, La Farina fa in tempo a raccontare al conte le prodezze del generale. Leggiamo per esteso l’autorevole testimonianza della persona che, nell’ombra, ha organizzato la spedizione dei Mille.

• 10 giugno 1860 a Cavour: "Un governo ch’è la negazione di ogni governo. In un paese in cui è ignota la coscrizione, si pensava sul serio a fare una levata di 300.000 uomini. Si decreta che dai consigli civici siano esclusi gli antichi impiegati regii, che in certi municipii sono i soli che sappiano leggere e scrivere. Si sminuzzano le province che sono 7, creando governatori in tutti i distretti che sono 25. Si fa governatore di Palermo un giovinetto di Marcilepre, che nessuno conosce".

• 12 giugno: "Il governo (o per dir meglio, Crispi e Raffaele) sapendosi avversato dalla maggioranza dei cittadini, cerca farsi partigiani negli uomini perduti".

• 18 giugno: "Fanno leggi sopra leggi [...] mettono le mani nei depositi dei particolari esistenti in tesoreria [...] non trovando partigiani nel partito liberale, cercano farsi amici negli uomini più odiati e spregiati [...]. La legge della leva così imprudentemente pubblicata e stoltamente redatta, già produce i suoi frutti: un grido d’indignazione s’è levato da per tutto [...] In molti Comuni sono avvenute delle vere sollevazioni".

• 28 giugno: "Io non debbo a lei celare che all’interno dell’isola gli ammazzamenti sieguono in proporzioni spaventose; che nella stessa Palermo in due giorni quattro persone sono state fatte a brani; e che tutto è stato disordinato e messo sossopra con una insensatezza da oltrepassare ogni limite del credibile".

• 29 giugno: "L’altro giorno si discuteva sul serio di ardere la biblioteca pubblica, perché cosa dei gesuiti: ieri il comandante della piazza, Cenni, ordinava di fare sgombrare le scuole. Si assoldano in Palermo più di 20.000 bambini dagli 8 ai 15 anni e si dà loro tre tari al giorno! Si mette la finanza della Sicilia in mano di quel ladrissimo e ignorantissimo B...! In una sola partita di cavalli requisita nella provincia di Palermo ne spariscono 200! Si dà commissione di organizzare un battaglione a chiunque ne faccia domanda; così che esistono gran’numero di battaglioni, che hanno banda musicale ed officiali al completo, e quaranta o cinquanta soldati! Si dà il medesimo impiego a 3 o a 4 persone! Si manda al tesoro pubblico a prendere migliaia di ducati, senza né anco indicarne la destinazione! Si lascia tutta la Sicilia senza tribunali né civili, né penali, né commerciali, essendo stata congedata in massa tutta la magistratura! Si creano commissioni militari per giudicare di tutto e di tutti, come al tempo degli Unni".

• 2 luglio a Davide Morchio: "Non abbiamo nulla che possa somigliarsi ad un governo civile: non vi sono tribunali [...] non ci è finanza, avendo tutto assorbito l’intendente militare; non v’è sicurezza, non volendo il dittatore né polizia, né carabinieri, né guardia nazionale, non v’è amministrazione, essendo state sciolte tutte le intendenze".

• 17 luglio ad Ausonio Franchi: "Garibaldi dichiara pubblicamente che non vuole tribunali civili, perché i giudici e gli avvocati sono imbroglioni; che non vuole assemblea perché i deputati sono gente di penna e non di spada; che non vuole niuna forza di sicurezza pubblica, perché i cittadini debbono tutti armarsi e difendersi da loro".

• 19 luglio a Giuseppe Clementi: "I bricconi più svergognati, gli usciti di galera per furti e ammazzamenti [sono] compensati con impieghi e con gradi militari. La sventurata Sicilia è caduta in mano di una banda di Vandali".

Il famigerato Pol Pot, lo spietato dittatore cambogiano, non è stato il primo ad avere l’idea di servirsi di ragazzini per realizzare la giustizia proletaria.

FONTE (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=365)

Augustinus
31-03-07, 11:31
Garibaldi? Voleva cacciare Cavour

di Angela Pellicciari

In un libro sui Mille scritto nel 1859, il deputato Boggio indaga sulle reali intenzioni del generale.

[Da "La Padania", 25 ottobre 2001]

Nel Regno di Sardegna c’è un personaggio influente, massone, studioso e deputato, che si chiama Pier Cesare Boggio. Boggio è un personaggio atipico nel senso che paga di persona per le idee che professa: muore da eroe a Lissa nella battaglia navale che vede l’ammiraglio Persano in fuga davanti ad un nemico infinitamente più debole. In quella occasione Boggio rifiuta la personale salvezza offertagli dall’ammiraglio e affonda con la sua nave. Boggio dunque, che nella vita si è occupato - come più tardi farà Arturo Carlo Jemolo - di rapporti fra chiesa e stato scrivendo un bel testo dal titolo La chiesa e lo stato in Piemonte, nel 1859 dà alle stampe un libro-verità sulla spedizione dei Mille. La motivazione è semplice: il narciso Garibaldi, incantato dalle lodi dei mazziniani, vuole fare di testa propria e minaccia di avanzare su Roma. Se così accade per l’Italia sabauda la partita è chiusa perché Napoleone III è costretto a voltare le spalle a Vittorio Emanuele e ad intervenire a fianco del papa.

Questo il contesto in cui Boggio scrive Cavour o Garibaldi? Nell’intento evidente di sottoporre il generale ad una pressione forte che si avvicina al ricatto, Boggio descrive per filo e per segno le prodezze della dittatura garibaldina. Il deputato ricorda che Garibaldi pretende, come condizione per stare ai patti e consegnare il meridione a Vittorio Emanuele, la cacciata di Cavour dal governo. Ma - si domanda - "Ha Garibaldi il diritto di porre condizioni? Liberò la Sicilia - sta bene -; ma di grazia, con quali armi?". Il generale risponda: da chi ebbe "i cannoni e le munizioni da guerra? E le somme ingenti di denaro?". Boggio insiste: "Perché, Generale, entraste in Napoli senza colpo ferire?". Chi ha fatto in modo che "i capi delle truppe" disperdessero "le loro truppe"? Garibaldi vuol cacciare Cavour? Che spieghi prima che fine hanno fatto le "somme di pubblica ragione trovate in Palermo, e delle altre della stessa natura, ma anche più considerevoli trovate in Napoli! Volete un saggio di quel poco che moltissimo giunge insino a noi?". Boggio a questo punto si dilunga sulla descrizione delle eroiche gesta compiute in nome della libertà: "La dittatura è fatta sinonimo di anarchia; - di qua e di là del Faro non sono più leggi, non è più amministrazione regolare, non tutela delle persone e delle proprietà, non tribunali, non ordine, nulla insomma di ciò che costituisce il vivere civile di uno Stato"; ai cittadini "è venuta meno la tutela delle leggi antiche, senzaché siasi introdotta la protezione delle leggi nuove; suppliscono alla lacuna il capriccio e l’arbitrio".

I pro-dittatori si fanno e si disfanno: "Pro-dittatore scelto con molta solennità fu il Depretis"; dopo una settimana si cambia e pro-dittatore diventa Mordini "senza che pur una parola, una sillaba accenni che egli surroga Depretis"; Mordini è appena installato e "già si buccina che il suo posto è offerto ad Aurelio Saffi. Che pensare di tanta instabilità di persone e d’offici?". Tanti giri di valzer nelle poltrone per fare cosa? L’ufficio di pro-dittatore "è nominale e illusorio; dietro e sopra il governo officiale, sta un governo segreto, che è il solo padrone vero di tutto e di tutti. Il Principe di Torrearsa legge nel foglio ufficiale la propria nomina a Presidente il Consiglio dei Ministri, della quale è affatto inconsapevole: attende l’annunzio diretto del Capo dello Stato: passa un giorno, passano due, nulla riceve; e intanto escono sulla Gazzetta decreti e provvisioni che appaiono da lui emanate. Si presenta per tre volte al Dittatore per chiedere una spiegazione: gli dicono che non ha tempo di riceverlo; a gran fatica riesce il terzo giorno a farsi sentire, per protestare contro lo indegno abuso del nome". Ai ministri le cose vanno meglio? Parrebbe di no. Anche a loro capita di varare provvedimenti di cui nulla sanno e che pure portano in calce le loro firme: "il foglio ufficiale zeppo di decreti, tutti portanti in piena regola la firma dei ministri rispettivi: eppure questi sanno di nulla aver firmato di ciò, e quelle provvisioni che recano in calce il loro nome riescono loro affatto nuove". I ministri, ovviamente, protestano e "l’imperturbabile Bertani [segretario di Garibaldi, mazziniano] apre un portafogli, e mostrando loro le minute originali dei decreti: "Ecco, dice loro, ecco che abbiamo lasciato in bianco lo spazio per le firme vostre: potete apporle adesso"". Boggio ne ha per tutti; anche per gli stranieri patrocinatori della spedizione: "Lo sperpero del denaro pubblico è incredibile", scrive, "si acquistano navi e materiali da guerra assolutamente superflui, navi comprate all’estero, roba di rifiuto, inabili a tenere il mare, somme ingenti, favolose scompaiono colla facilità e rapidità stessa colla quale furono agguantate dalle casse Borboniche". "Voi dovete ricordarvi che non siete in un paese di conquista", conclude. Interessante davvero questo testo che, chissà perché, è letteralmente scomparso dalla letteratura risorgimentale.

FONTE (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=364)

Augustinus
31-03-07, 11:33
Garibaldi? Un romantico negeriero

di Angela Pellicciari

L’"eroe dei due mondi" esercitava squallidi traffici e preferiva proteggere gli animali.

[Da "La Padania", 17 ottobre 2001]

Un uomo dalla fantasia fervidissima: questo era Giuseppe Garibaldi. Per sincerarsene basta dare uno sguardo alla sua dimenticata produzione letteraria. Si tratta di romanzi in cui eroine e manigoldi vengono a confronto per la sconfitta dei secondi e la vittoria dei primi. Chi sono i manigoldi? Una domanda così ingenua può venire in mente solo ai nostri giorni. Ovvio che malfattori, violentatori, incestuosi, bugiardi siano i preti in generale, i gesuiti in particolare.

Il credo di Garibaldi è infatti il seguente: il prete è "il vero rappresentante della malizia e della vergogna, più atto assai a la corruzione e al tradimento dello schifoso e strisciante abitatore delle paludi"; il gesuita è "il sublimato del prete": "quando sparirà - si domanda - dalla faccia della terra questa tetra, scellerata, abominevole setta, che prostituisce, deturpa, imbestialisce l’esser umano?". Tanto è lo schifo che Garibaldi nutre per tutto quanto ricorda Santa Romana Chiesa e i suoi rappresentanti, che per i preti arriva ad immaginare un rimedio attuato circa un secolo dopo nei confronti degli odiati "borghesi" dalla fantasia malata di un altro grande della storia: Mao Tse-Tung.

Come Mao ha inventato per gli intellettuali un rimedio sicuro (mandarli nelle campagne ad imparare come si vive dai contadini), così Garibaldi ha ideato per i preti la bonifica delle paludi pontine: "i preti alla vanga" diranno i suoi seguaci.

Ardente benefattore dell’Umanità (con la U rigorosamente maiuscola come i massoni - di cui Garibaldi è autorevolissimo esponente - scrivono), liberatore degli italiani dalla schiavitù del cattolicesimo, Garibaldi è uomo che non si tira indietro di fronte al commercio di carne umana. Mentre combatte per la liberazione dei popoli latino-americani, l’eroe dei due mondi tira a campare come può: col furto di cavalli si procura il taglio dei padiglioni auricolari, ma col commercio marittimo le cose gli vanno meglio. Il 10 gennaio del 1852 Garibaldi, comandante della "Carmen" di proprietà dell’armatore ligure Pietro Denegri, salpa dal Callao, in Perù, diretto verso Canton; la nave trasporta guano, preziosa qualità di letame. Giustamente convinto di vivere una vita memorabile, il generale è molto preciso nel racconto delle proprie gesta che descrive in dettaglio nelle Memorie. Del viaggio Callao-Canton-Lima sappiamo praticamente tutto: giorni di traversata, carichi trasportati, traversie. Manca solo un particolare: non viene specificato con che tipo di merce Garibaldi, dopo aver venduto a condizioni vantaggiose il guano, faccia ritorno in Perù.

A questa dimenticanza provvede fortunatamente l’armatore Denegri che, per encomiare le qualità umane del generale, racconta all’amico e biografo Vecchj il dettaglio mancante: Garibaldi "m’ha sempre portati i Chinesi nel numero imbarcati e tutti grassi e in buona salute; perché li trattava come uomini e non come bestie".

Romanziere e negriero, Garibaldi ha un cuore tenero. È pieno di compassione per l’amara sorte capitata agli animali che vivono in un paese cattolico. I figli di Santa Romana Chiesa si ostinano a non credere all’inconfutabile verità della loro discendenza dalla bestie ed è per questo che le tormentano in ogni modo senza nessuno scrupolo.

Non sto scherzando: i liberali sono assolutamente certi della verità di questo assunto.

Da sempre tenero con le donne, il cuore del generale è attratto dall’amara sorte toccata agli animali italiani da una nobildonna inglese che, in viaggio per l’Italia, constata di persona i gravi maltrattamenti inflitti dai superstiziosi e ignoranti cattolici alle bestiole. È sull’onda dello sdegno che Garibaldi fonda nel 1871 la Società per la protezione degli animali. Forse che i cattolici del secolo scorso sono davvero così spietati nei confronti delle bestie? A leggere i documenti dell’epoca non si direbbe. Sembra anzi il contrario. Proprio i cattolici si fanno paladini degli animali caduti sotto il bisturi positivista di provetti scienziati umanitari. Un gruppo di scienziati stranieri ha iniziato a Firenze la pratica della vivisezione "per sorprendere i misteri della vita nei suoi recessi" ma una campagna stampa sostenuta dal "partito cattolico" impedisce che simili sperimentazioni continuino in Italia. Gli scienziati positivisti sono costretti ad emigrare a Ginevra, patria del calvinismo progressista.

Protettore degli animali, romanziere e negriero? Garibaldi non è passato alla storia con questo clichet. Tutti lo conosciamo come impavido eroe dei due mondi, libertador, disinteressato condottiero, esule volontario, uomo puro e scevro da compromessi. Garibaldi con questa immagine è conosciuto e rispettato in tutto il mondo. Basti dire che nella centralissima piazza George Washington di New York, nuova capitale mondiale, la statua di Garibaldi è una delle due che accompagna, con minor magnificenza e con dimensioni molto più ridotte è vero, ma nondimeno con grande valore simbolico, la statua a cavallo del generale Washington, padre della patria americana.

FONTE (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=361)

Augustinus
31-03-07, 11:34
Garibaldi: un uomo dal "cuore tenero"

di Angela Pellicciari

Aspetti sconosciuti della vita dell’eroe dei due mondi: amava gli animali, trasportava schiavi e odiava i preti. Che avrebbe mandato volentieri ai lavori forzati.

Un tenero di cuore. Ebbene sì; Giuseppe Garibaldi era tenero di cuore. Come spesso capita a chi con gli uomini non ha troppi scrupoli – ci si ricorderà di Hitler -, il cuore del generale batte di amore paterno per gli animali. E dire che oggi quasi nessuno se ne ricorda. Come mai la sorte degli animali sta tanto a cuore all’eroe dei due mondi? Perché la loro situazione nei paesi cattolici, in primis ovviamente l’italia, è letteralmente da compiangere sottoposti come sono dai seguaci di santa romana Chiesa - che non credono di essere loro diretti discendenti - a brutalità di ogni tipo. Da sempre attento alle esigenze del mondo femminile, il cuore del generale è attartto dall’amare sorte toccata agli animali di una nobildonna inglese che, in viaggio per l’Italia, constata di persona i gravi maltrattamenti inflitti dai superstiziosi e ignoranti cattolici alle bestiole. È così che, sull’onda dello sdegno, il generale fonda nel 1871 la Società per la Protezione degli Animali.

Forse che i cattolici del secolo scorso erano davvero così spietati nei confronti delle bestie? A leggere i documenti dell’epoca non si direbbe. Sembrerebbe anzi che fossero proprio i cattolici a farsi paladini delle bestie cadute sotto il bisturi positivista di provetti scienziati umanitari. Un gruppo di scienziati stranieri aveva infatti iniziato a Firenze la pratica della vivisezione "per sorprendere i misteri della vita nei suoi recessi". Fu proprio una campagna stampa sostenuta dal "partito cattolico" ad impedire che simili sperimentazioni continuassero in Italia. E così chi li faceva continuò il suo lavoro nella più ospitale - calvinista e puritana - Ginevra.

Garibaldi, oltre che tenero di cuore, era anche fantasioso romanziere. E pure questo aspetto del poliedrico generale è rimasto praticamente sconosciuto anche perché difficilmente la sua produzione letteraria potrebbe definirsi riuscita.

Interessante sì. Perché testimonia, se ce ne fosse bisogno, l’odio che uno dei padri nobili della nostra patria nutre per la Chiesa in generale, i suoi ministri in particolare, i gesuiti in modo speciale. Sì, perché se il prete è "il vero rappresentante della malizia e della vergogna, più atto assai a la corruzione e al tradimento dello schifoso e strisciante abitatore delle paludi", il gesuita è "il sublimato dei prete".

"Quando sparirà - si chiede, affranto, Garibaldi - dalla taccia della terra questa tetra, scellerata, abominevole setta, che prostituisce, deturpa, imbestialisce l’esser umano?".

Tanto è lo schifo che il generale nutre per tutto quanto ricorda santa romana Chiesa ed i suoi rappresentanti, che per i preti arriva ad immaginare un rimedio attuato circa un secolo dopo dalla fantasia malata di un altro grande della storia: Mao Tse-Tung.

La Cina degli anni Sessanta assiste esterrefatta ad uno straordinario esperimento: come gli odiati "borghesi", nella fattispecie i boriosi intellettuali - medici, ingegneri, professori -, possano imparare dai contadini l’arte, preziosa, di vivere. La "rivoluzione culturale’ , i cui milioni di morti non si sa quando potranno essere contati, distrugge la vita culturale, e quindi economica oltre che familiare, della nazione cinese.

Ebbene Garibaldi questo provvedimento lo aveva anticipato, anche se solo nelle intenzioni. Solo che, invece dei borghesi, nei campi ci voleva mandare i preti. Nelle sue intenzioni "i preti alla vanga" avrebbero realizzato una magnifica bonifica delle paludi pontine.

Questo benefattore dell’Umanità (con la U rigorosamente maiuscola come i massoni - di cui Garibaldi èautorevolissimo esponente - scrivono) oltre che tenero di cuore e romanziere è pure commerciante di schiavi. E anche questo aspetto della vita del liberatore d’italia dal giogo pontificio poco si conosce. L’attività di negriero Garibaldi la esercita negli anni eroici passati a combattere per la liberazione dell’America Latina. Convinto di vivere una vita memorabile, è Garibaldi stesso a redigere un resoconto delle proprie azioni in una lunga autobiografia. Solo che, a questo riguardo, le Memorie sono leggermente reticenti e devono essere integrate con altre fonti.

Garibaldi non racconta del commercio di carne umana. Si limita a specificare che il 10 gennaio del 1852, da comandante della Carmen, parte dal porto del Callao, in Perù, alla volta della Cina. La nave trasporta un carico di guano che è una qualità di letame molto pregiata. Il generale è in genere molto preciso nel racconto delle proprie gesta che descrive in dettaglio; così dei viaggio Callao-Canton-Lima sappiamo praticamente tutto: giorni di traversata, carichi trasportati, traversie. Manca solo un particolare: non viene specificato con che tipo di merce Garibaldi, dopo aver venduto a condizioni vantaggiose il guano, faccia ritorno in Perù.

A questa dimenticanza provvede fortunatamente l’armatore ligure Pietro Denegri che volendo lodare il capitano della Carmen, racconta all’amico di famiglia nonché biografo del generale, tale Vecchj, il dettaglio mancante: Garibaldi "m’ha sempre portati i Chinesi nel numero imbarcati e tutti grassi e in buona salute; perché li trattava come uomini e non come bestie". Protettore degli animali, romanziere e negriero? Garibaldi non è passato alla storia con questo clichet. Tutti lo conosciamo come impavido eroe dei due mondi, libertador, disinteressato condottiero, esule volontario, uomo puro e scevro da compromessi. Garibaldi con questa immagine è conosciuto e rispettato in tutto il mondo. Basti dire che nella centralissima piazza George Washington di New York, nuova capitale mondiale, la statua di Garibaldi è una delle due che accompagna, con minor magnificenza e con dimensioni molto più ridotte è vero, ma nondimeno con grande valore simbolico, la statua a cavallo del generale Washington, padre della patria americana. Davvero grande e onnipresente è l’odio per santa romana Chiesa. È stato profetizzato.

Bibliografia

Angela Pellicciari, L’altro Risorgimento. Una guerra di religione dimenticata, Piemme, Casale Mon.to 2000.
Angela Pellicciari, Risorgimento da riscrivere. Liberali & massoni contro la Chiesa, Ares, Milano 1998.
Patrick Keyes O’Cleary, La rivoluzione italiana. Come fu fatta l’unità della nazione, Ares, Milano 2000.

(il Timone n. 15, Settembre/Ottobre 2001)

FONTE (http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=305)

Augustinus
29-07-07, 11:57
http://www.identitanazionale.it/gari5.jpg

Francesco Pappalardo

Perché non celebriamo Garibaldi

Se per Risorgimento s’intende il movimento culturale che ha accompagnato l’Unità, cioè il processo di unificazione politica della penisola italiana, con l’intenzione esplicita di «modernizzare il paese», ossia «[...] di disfare il tradizionale ethos italiano radicato nel cattolicesimo per costruire un ethos nuovo, progettato a tavolino, modellato sulle presunte caratteristiche delle più avanzate nazioni protestanti europee» (1), non possiamo celebrare Giuseppe Garibaldi, autorevole esponente del «partito anti-italiano» risorgimentale (2).

Il programma «nazionale» — che Garibaldi indossa in pieno, favorendone apertamente l’ideologismo più radicale —, ispirato alla duplice intenzione di unificare l’Italia e di procedere al «rinnovamento morale e civile» degli italiani, ha rappresentato un tentativo insidioso di «rieducazione» popolare, volto a demolire la cultura dell’antica nazione italiana. «In termini polemici si potrebbe dire che Garibaldi fu tra quelli che "fecero l’Italia per ‘disfare’ gl’italiani"» (3).

Garibaldi riteneva, infatti, che la lacerazione fra «paese legale» e «paese reale», evidente fin dai primi giorni di vita del nuovo Stato unitario, fosse la conseguenza del radicamento della cultura religiosa presso la stragrande maggioranza della popolazione. Mentre altri operavano a livello della minoranza colta, Garibaldi diffonde, in forme più immediate e comunicative, fermenti anticattolici presso i ceti popolari, anche con la distribuzione capillare di opuscoli e di catechismi che attribuivano a lui la vera rappresentanza della «legge di Cristo» contro le imposture del Papa. Il sacerdote è presentato come «[...] la più nociva di tutte le creature, perché egli più di nessun altro è un ostacolo al progresso umano, alla fratellanza degli uomini e dei popoli» (4) e Papa Pio IX (1846-1878) viene definito «un metro cubo di letame» (5). Nelle sue invettive anticlericali trabocca spesso dal terreno politico a quello della dogmatica cattolica: per esempio definisce l’Eucaristia come il «[...] modo d’inghiottire il reggitore dei mondi, e depositarlo poi, in un Closet qualunque. Sacrilegio, che prova l’imbecillità degli uomini» (6), oppure intervenendo sull’infallibilità del Papa, «[...] un povero vecchio che conformandosi alle leggi inesorabili della natura tra poco pagherà come noi tutti ad essa il suo tributo e sarà ben difficile distinguere il nauseante suo teschio da quello di qualunque mendico» (7).

Garibaldi manifesta il suo furore anticattolico pure attraverso la stesura di romanzi ingiuriosi e denigratori nei confronti del clero e del Pontefice: «Gli ultimi anni di vita — scrive lo storico gesuita Pietro Pirri (1881-1969) — sono anche i più miserevoli sotto l’aspetto morale. G. [aribaldi] non trovò di meglio che sfogare i suoi crucci con libri in prosa e in versi, per lo più insulsi, riboccanti di volgari ingiurie e di denigrazioni contro il clero e il Papa, e di roboanti declamazioni contro una società che aveva il torto di non pigliare sul serio i sogni della sua mente ottenebrata da vieto anticlericalismo e da grette idealità massoniche» (8).

Il riferimento alla massoneria non è casuale, perché Garibaldi, iniziato fin dal 1844 quando si trovava «esule» in Uruguay — prima presso la loggia dissidente denominata Asilo della Vertud, quindi presso la loggia Les Amis de la Patrie, riconosciuta dal Grande Oriente di Francia, notoriamente laicista e anticristiano —, ha sempre considerato la Libera Muratoria il perno di quel fronte laico e radicale che avrebbe dovuto contribuire a trasformare il paesaggio sociale e culturale dell’Italia unita: «Io sono di parere che l’unità massonica trarrà a sé l’unità politica d’Italia [...]. Io reputo i massoni eletta porzione del popolo italiano. Essi [...] creino l’unità morale della Nazione. Noi non abbiamo ancora l’unità morale; che la Massoneria faccia questa, e quella sarà subito fatta» (9).

Non va dimenticato, peraltro, che in lui l’anima razionalista e negatrice del mistero coesiste con quella occultistica. Nel 1863 accetta la presidenza onoraria di una società spiritica veneziana, e dell’avvenimento non mancano di dare notizia gli Annali dello Spiritismo in Italia. Il nome di Garibaldi non deve stupire, perché fra il mondo politico radicale e anticlericale e il mondo spiritistico c’è per grande parte dell’Ottocento una continua simbiosi, che ribadisce quell’ambiguità fra razionalismo e irrazionalismo che caratterizza tutta la mentalità moderna. Nel 1881 il nizzardo, che aveva spesso optato per una struttura «aperta», al fine di facilitare la comunione dei diversi corpi massonici, torna a preferire strutture verticizzate e forme più riparate d’iniziazione, chiudendo la propria carriera come Grande Ierofante del Rito Antico e Primitivo, suprema carica dei rami rituali di Memphis e Misraïm.

Garibaldi viene celebrato come «l’anima popolare» (10) del Risorgimento, ma ciò non corrisponde alla realtà. Egli stesso era ben consapevole dell’isolamento della minoranza risorgimentale, come scrisse il 26 febbraio 1854 a Giuseppe Mazzini: «[...] le masse che ponno fare una rivoluzione non servono alla formazione d’un esercito per sostenerla, non avendo con noi massime i contadini» (11).

Ciò è vero innanzitutto per l’America del Sud, dove combatteva non per la libertà dall’Argentina delle popolazioni del Rio della Plata, che anzi s’impegneranno strenuamente nella difesa delle loro tradizioni culturali, ispaniche e cattoliche, ma per assicurare libertà di commercio all’impero britannico, molto interessato a quell’area geopolitica. Per questo motivo deve ricorrere, come ammette nelle sue Memorie, a «[...] marinai avventurieri conosciuti sulle coste americane dell’Atlantico e del Pacifico sotto il nome di "Frères de la côte", classe che aveva fornito certamente gli equipaggi dei filibustieri, dei bucanieri, e che oggi ancora dava il suo contingente alla tratta dei neri» (12) oppure «[...] quasi tutti disertori da bastimenti di guerra. E questi devo confessarlo erano i meno discoli. Circa agli americani, tutti quanti, quasi, erano stati cacciati dall’esercito di terra per misfatti e massime per omicidio. Dimodoché, essi erano veri cavalli sfrenati» (13).

È vero per la cosiddetta prima guerra d’indipendenza italiana, nel 1848-1849, quando gli viene affidato il comando di un migliaio di uomini, in maggioranza «[...] gente che aveva disertato od era stata dichiarata fisicamente inabile al servizio militare presso gli eserciti sardo o lombardo; e per quanto non fossero veri e propri criminali, come i marinai montevideani, al fuoco si mostrarono meno coraggiosi e meno fidati di questi» (14).

È vero per la Repubblica Romana, dove i rivoluzionari sono «tiepidamente aiutati, o non aiutati affatto, dai romani (a parte il folto gruppo di trasteverini, guidati dal loro capopopolo Ciceruacchio [Angelo Brunetti (1800-1849)]» (15) e durante la ritirata verso l’Italia settentrionale sperimentano «[...] gli effetti della reazione rinascente in tutte le province Italiane» (16). Garibaldi lamenta che lo abbandonino soprattutto gli ufficiali, fra cui i vecchi compagni di tante battaglie: «I gruppi dei disertori scioglievansi sfrenati per le campagne e commettevano violenze d’ogni specie. [...] codardi nell’abbandonare vilmente la causa santa del loro paese, scendevano ad atti osceni e crudeli cogli abitanti» (17). Episodi simili si verificano anche in occasione della spedizione contro lo Stato Pontificio nel 1867, quando Garibaldi lamenterà che «l’irregolarità della nostra organizzazione ha cagionato nei suoi primordi degli atti ben vergognosi» (18) e attenderà invano la sollevazione di Roma, chiudendo ingloriosamente la sua avventura a Mentana, dove è sconfitto dai regolari pontifici, mentre i suoi uomini danno luogo a fenomeni massicci di diserzione e di fuga, quali mai si erano visti fino ad allora.

Unica eccezione sembrerebbe la spedizione dei Mille, caratterizzata da una partecipazione popolare, limitata e iniziale, che si esaurisce non appena sono chiari gli scopi politici — l’annessione dell’ex Regno di Sicilia al costituendo Regno d’Italia — e socio-economici, cioè la salvaguardia dell’ordine esistente, come risulterà chiaro a Bronte, dove lo stesso Garibaldi autorizza la strage, ordinando al governatore di Catania d’inviare «[...] immediatamente una forza militare atta a sopprimere li disordini che vi sono in Bronte che minacciano le proprietà inglesi» (19). Le milizie garibaldine ottengono uno scarso contributo dal volontariato meridionale; già nelle prime settimane arrivano i rinforzi dal Regno di Sardegna, come ricorda, fra gli altri, il memorialista piemontese Giuseppe Cesare Abba (1838-1910), descrivendo la prima spedizione di soccorso, modello di tutte le altre: «Medici [Giacomo (1817-1882)] è arrivato con un reggimento fatto e vestito; quaranta ufficiali coll’uniforme dell’esercito piemontese formavano la vanguardia» (20). Grazie all’aiuto, prima indiretto poi diretto, dell’esercito sabaudo, i Mille si moltiplicheranno e porteranno a termine vittoriosamente l’aggressione al Regno delle Due Sicilie. L’episodio più celebrato del Risorgimento, l’unico che potrebbe rivendicare i caratteri di epopea popolare, si configura dunque sostanzialmente come un’operazione di pirateria al servizio dell’idea unitaria e degli interessi britannici — come una riedizione in scala più ampia, tutta da meditare in sede storiografica, delle imprese uruguayane di Garibaldi —, compiuta da un gruppo di uomini armati non aventi alcuna legittimazione giuridica e condotta contro le più elementari norme del diritto internazionale, con l’obbiettivo di ribaltare le istituzioni legittime di uno Stato sovrano da sempre riconosciuto dal consesso delle nazioni e benedetto dalla suprema autorità spirituale.

Come ha ben documentato la studiosa di origine irlandese Lucy Ryall, «[...] la celebrità di Garibaldi fu il risultato di una precisa strategia politica e retorica» (21).

L’audacia del combattente, l’austerità della vita, la semplicità dei modi, il disprezzo per gli intrighi della diplomazia hanno favorito senza dubbio la nascita della leggenda e del culto dell’«eroe dei Due Mondi», facendo scivolare in secondo piano gli aspetti della sua vita privata, caratterizzata da tre mogli, almeno otto figli riconosciuti e numerose e fugaci relazioni: «Non indifferenti erano pure le schiave di colore» (22) brasiliane, come non lo furono la diciottenne marchesina lombarda Giuseppina Raimondi (1841-1918) — sposata nel 1860 dopo una breve relazione e ripudiata lo stesso giorno delle nozze, non appena informato del suo perdurante legame con altra persona — e le donne della sua servitù: «con suprema indifferenza per il loro aspetto metterà incinta le due ragazze che, con sorte assai diversa, giungeranno serva o balia [Francesca Armosino (1848-1923] a Caprera» (23).

Anche per questo motivo non celebreremo Garibaldi, vero «soldato del cosmopolitismo rivoluzionario» (24), secondo la definizione dell’agitatore francese Jean-Joseph-Charles-Louis Blanc (1811-1882), e «rivoluzionario disciplinato» (25), cioè pronto a mettere da parte ogni sua ambizione per il trionfo della Rivoluzione in Italia. In conclusione, una figura tutt’altro che limpida ed esemplare, tanto nella prospettiva religiosa quanto in quella civile, se si considera un valore la continuità identitaria della nostra nazione. Una figura che contribuisce a dividere e non, come auspicato, a unire: accettarne l’icona equivarrebbe infatti ad accettare un’unità intossicata da una falsa e ideologica nozione d’italianità, in contraddizione con le radici più genuine della civiltà italica. Non a caso Garibaldi fu assunto come emblema nel 1943-1945 dalle brigate partigiane comuniste, nonché dal Fronte Popolare socialcomunista nella battaglia elettorale — felicemente persa — del 18 aprile 1948.

[B]Francesco Pappalardo
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Note

(1) Massimo Introvigne, L’«ethos» italiano e lo spirito del federalismo, con una presentazione di Pierferdinando Casini, Gruppo Parlamentare Centro Cristiano Democratico-Camera dei Deputati-Di Giovanni Editore, San Giuliano Milanese (Milano) 1995, pp. 20-21.
(2) Ibid., p. 20.
(3) Giovanni Cantoni, Introduzione al mio Il mito di Garibaldi. Vita, morte e miracoli dell’uomo che conquistò l’Italia, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria) 2002, pp. 9-14 (p. 14).
(4) Giuseppe Garibaldi, Scritti e discorsi politici e militari, Cappelli, Bologna 1937, vol. III (1868-1882), p. 334.
(5) Idem, Lettera dell’11-10-1869, in Scritti politici e militari, ricordi e pensieri inediti, raccolti su autografi, stampe e manoscritti da Domenico Ciampoli (1852-1929), Enrico Voghera, Roma 1907, pp. 523-525 (p. 524).
(6) Ibidem.
(7) Idem, Scritti e discorsi politici e militari, cit., vol. III, p. 154.
(8) Pietro Pirri S.J., Voce Garibaldi, in Enciclopedia Cattolica, Ente per l’Enciclopedia Cattolica e per il Libro Cattolico, vol. V, Città del Vaticano 1950, coll. 1938-1943 (col. 1942).
(9) G. Garibaldi, Scritti e discorsi politici e militari, Cappelli, Bologna 1935, vol. II (1862-1867), pp. 385-386.
(10) Messaggio alle Camere del Capo dello Stato, Sandro Pertini (1896-1990), per il centenario della morte di Giuseppe Garibaldi, del 2-6-1982, in Corriere della Sera, 3-6-1982.
(11) G. Garibaldi, Epistolario, a cura di Giancarlo Giordano, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma 1981, vol. III (1850-1858), pp. 62-63.
(12) Le memorie di Garibaldi nella redazione definitiva del 1872, Cappelli, Bologna 1932, p. 57.
(13) Ibid., p. 144.
(14) Jasper Ridley, Garibaldi, 1974, trad. it., Mondadori, Milano 1975, p. 290.
(15) Mino Milani, Giuseppe Garibaldi. Biografia critica, Mursia, Torino 1982, p. 187.
(16) Le memorie di Garibaldi nella redazione definitiva del 1872, cit., pp. 300-301.
(17) Ibid., p. 302.
(18) G. Garibaldi, Scritti e discorsi politici e militari, cit., vol. II, p. 434.
(19) Idem, Lettera del 3-8-1860, in Epistolario, a cura di Massimo De Leonardis, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma 1988, vol. V (1860), p. 197.
(20) Giuseppe Cesare Abba, Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille, Zanichelli, Bologna 1960, p. 141.
(21) Lucy Ryall, Garibaldi. L’invenzione di un eroe, trad. it., Laterza, Roma-Bari 2007, p. XXVII.
(22) Le memorie di Garibaldi nella redazione definitiva del 1872, cit., p. 59.
(23) M. Milani, op. cit., p. 533. Sul profilo morale di Garibaldi, dal punto di vista informativo, è utile anche la lettura del dossier Il lato segreto di Garibaldi, contenuto nel n. 12, del gennaio 2007, del mensile Focus Storia.
(24) Cit. in Fulvio Conti, L’Italia dei democratici. Sinistra risorgimentale, massoneria e associazionismo fra Otto e Novecento, Franco Angeli, Milano 2000, p. 83.
(25) Cfr. Mario Isnenghi, Garibaldi fu ferito. Storia e mito di un rivoluzionario disciplinato, Donzelli, Roma 2007.

Fonte: Istituto storico dell'Insorgenza e per l'identità nazionale (http://www.identitanazionale.it/diba_q008.php)

Augustinus
29-07-07, 12:11
http://www.identitanazionale.it/gemma.jpg

Andrea Gemma F.D.P.
Vescovo emerito di Isernia-Venafro

Lettera aperta al[l'allora] Presidente della Repubblica [Carlo Azeglio Ciampi] del 15 novembre 2001

Signor Presidente, perdoni l’iniziativa, che so attuata anche da altri e ciò mi conferma nella necessità di levare la voce perché certi luoghi comuni, ormai diventati insopportabili, non continuino ad ingannare i semplici.

Partecipavo con gioia ed intima partecipazione alla «festa dell’unità d’Italia e delle forze armate» il 4 novembre scorso. Avevamo insieme pregato in Cattedrale — anche per Lei signor Presidente — e ci eravamo recati al monumento ai caduti in una mattinata piena di sole.

Tutto bello, tutto coralmente sentito, compreso l’inno nazionale d’Italia. Poi, la doccia fredda: il suo messaggio, signor Presidente. Alti pensieri, nobili richiami, doverosa partecipazione. In questo contesto tanto elevato, l’accenno al Risorgimento e, addirittura, a quel Garibaldi che, creda, ad Isernia, è tristemente famoso, insieme alle sue truppe mercenarie.

Ah, no, signor Presidente, quel richiamo a una storia, per fortuna quasi dimenticata, è stato proprio fuori luogo.

Creda — e glielo dice un pastore della Chiesa cattolica — nessuno di noi vuole tornare indietro di centocinquant’anni, se non altro per non riaprire le piaghe sanguinanti; nessuno di noi vuole ripristinare il regno di Napoli e la dinastia borbonica, dalla quale peraltro il Sud ha ricevuto grandi benefici; nessuno di noi vuole rimettere in piedi lo Stato pontificio, sottratto al legittimo sovrano, con guerra non dichiarata e quindi contro lo ius gentium, plurisecolare; nessuno di noi vuole frazionare l’Italia (semmai ci penserà qualche porzione della nostra classe dirigente); ma nessuno ci potrà convincere della bellezza esaltante di un’azione che a suo tempo, tutta l’Europa, per non dire il mondo intero, ha stigmatizzato coralmente; nessuno potrà accettare l’accomodante esaltazione di un avventuriero armato che con le sue truppe mise a ferro e fuoco le pacifiche zone del Sud, tra cui la mia città episcopale. Le teste tagliate degli iserniani esposte al pubblico ludibrio sono su stampe e documenti dell’epoca che Ella stessa potrà reperire.

Nessuno di noi vuole rivangare il passato, signor Presidente, soprattutto un tale passato. Non lo può fare nemmeno Lei, travisando la storia.

Su casi del genere gli antichi nostri avi dicevano saggiamente: «Parce sepultis!».

Per carità, signor Presidente, non ci costringa a tirar fuori dagli armadi del cosiddetto «risorgimento» certi scheletri ripugnanti.

Cerchiamo insieme di costruire un’Italia migliore, insieme ai nostri giovani, i quali conoscono la storia e guardano al futuro, senza ripristinare insopportabili travisamenti di una storia che ormai i più avveduti conoscono. Le suggerisco, al riguardo, la lettura di un simpatico libro di una giovane studiosa d’Italia: [Angela Pellicciari,] Risorgimento da riscrivere [. Liberali & massoni contro la Chiesa, con prefazione di Rocco Buttiglione e postfazione di Franco Cardini, Ares, Milano 1998].

E poi, appena sarà pronto, Le invierò, in omaggio per la sua segreteria, un libro che un mio presbitero ha scritto e per il quale ha già ottenuto un plauso internazionale.

Lasci stare il «risorgimento», signor Presidente, e parliamo insieme di «rivincita» morale, civile, religiosa che la nostra Italia merita e di cui tutti, insieme, vogliamo essere artefici operosi, senza nostalgie per un passato non troppo antico, che ha assai poco da insegnarci.

Perdoni l’ardire, signor Presidente, ma non potevo tenermi dentro quanto qui Le ho semplicemente accennato. «Nessun silenzio comprato!» — è uno dei miei motti preferiti.

Con deferente ossequio, La saluto.

(Documento trascritto da Notiziario. Diocesi di Isernia-Venafro, anno XVIII, n. 11, Isernia 30-11-2001, pp. 39-40, dove è comparso con il titolo Lettera aperta al Presidente della Repubblica. La data è stata fornita dall’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi. Inserzioni fra parentesi quadra e titolo redazionali).

Fonte: Istituto storico dell'Insorgenza e per l'identità nazionale (http://www.identitanazionale.it/riso_3006.php)

nuvolarossa
13-08-07, 14:04
Una simpatica manifestazione a Sant’Angelo in Vado, esce vincitrice la durantina Galeotti
Un omaggio a Garibaldi, Chiara eletta “Miss Anita”

S. Angelo in Vado - E’ la durantina Chiara Galeotti, la miss Anita Garibaldi 2007. Eletta nel concorso di qualche sera fa da una selezionata giuria; la manifestazione che rientrava nel programma “Estate delle notti bianche”, di S. Angelo in Vado, svoltasi nella piazza principale ha visto la presenza di un folto pubblico nonostante la serata sia stata disturbata da qualche goccia di pioggia, seppur attesa, che non ha fermato i valenti organizzatori, per portare a termine la bella e simpatica iniziativa. Una iniziativa a ricordo di Giuseppe Garibaldi, di cui ricorre il 200° anniversario della nascita. Diversi sono i ricordi a S. Angelo in Vado, fra cui il monumento nazionale che sorge nella vicina strada 73bis dove l’eroe si scontrò con truppe pontificie; nel museo del comune sono conservati dei fucili appartenenti ai garibaldini; intitolata a lui anche la via principale di S. Angelo “corso Garibaldi” a testimonianza del passaggio del Generale, verso S.Marino. Nel soggiorno a S. Angelo in Vado, Garibaldi aveva con sè la compagna Anna Maria de jesus Ribeiro, nota a tutti Anita. A ricordo dell’evento, con una manifestazione speciale è stata eletta miss Garibaldi.

http://www.forkids.it/public/img_bacheca/SantAngeloBig.gif

Sul palcoscenico le 20 ragazze hanno indossato per tale serata, l’abbigliamento firmato “Nana”(della fabbrica di Nazario Romanini, presidente anche della vadese calcio) e “tempo di sport”. La giuria che ha votato lo stile, la simpatia e la bellezza delle ragazze alla fine ha eletto con il punteggio più alto, l’attesa miss Anita Garibaldi: Chiara Galeotti. Non poteva mancare a questo evento, la finalista di miss Italia 2006: la vadese Giovanna Bravi.

tratto da http://www.corriereadriatico.it/articolo.aspx?varget=7117DA39E94BC6269676D64A5CCE3 B5E

Federale
13-08-07, 15:43
Eh no!!! Proprio no!!!
Toccatemi tutto tranne i toscani!
I sigari che fumavno i Papi e gli unici monarchi legittimi del Sud Italia, da Re Ferdinando a Re Francesco!!!
Certo ci sono quei sigari Garibaldi, dolciastri, insignificanti come chi li rappresenta. Quando li fumavo poi usavo le scatole per il tiro a segno, mirando all'orecchi sinistro del furfante dei due mondi (il destro glielo tagliarono in Argentina quando beccarono Garibbardo a rubare i cavalli).
L'anticlericale e pregiudicato Garibaldi si sposò in Chiesa? Fatti suoi. Chissà cosa avrà pensato quando vedeva l'officiante dopo la messa, nella talare che lui tanto odiava.

Augustinus
16-08-07, 21:36
Delle manifestazioni "garibaldine" un forum cattolico come questo non sa cosa farsene. Pertanto, ulteriori "avvisi" di manifestazioni saranno censurati.