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Visualizza Versione Completa : Geografia economica occitana



LN
08-08-02, 11:54
Quella occitana è una montagna severa, specialmente a sud della Val Chisone, dove incombe direttamente sulla pianura: in soli 20 Km., in linea d'aria, si passa dai 3841 m. del Monviso ai 370 di Barge, presso Saluzzo, e in poco più di 16 Km. dai 2650 del Marguareis ai 570 di Chiusa Pesio, nell'alta pianura cuneese.

Anche il clima è a tinte forti, adatto a gente scolpita nella pietra, poichè qui si incontrano e scontrano influssi mediterranei e padano-alpini, con evidenti ripercussioni sull'andamento delle temperature e delle precipitazioni. Altrettanto singolare è il connubio tra la vegetazione alpina (la foresta di larici delle Navette, presso Upega, che si spinge fin sotto i 1200 m. di quota) e quella mediterranea, testimoniata dalla fioritura di lavanda o di ginestre a quote relativamente elevate.

La morfologia, è aspra, specie nell'imponente massiccio cristallino dell'Argentera, ed offre scenari grandiosi con la piramide del Monviso, incisa nelle rocce verdi, con le formazioni calcaree della Valle Stretta, con la Rocca Provenzale o coi contrafforti del Marguareis.

Se consideriamo come Occitania l'intero territorio delle Comunità Montane comprese tra l'alta Val di Susa a nord e l'estremo lembo occidentale delle Valli Monregalesi a sud, ci troviamo di fronte a una piccola regione di oltre 4900 Kmq. con una popolazione al 1991 di quasi 180.000 abitanti. Un territorio, dunque, la cui estensione supera del 50% quella della Valle d'Aosta e di oltre il 10% quella del Molise.

Gran parte delle vallate occitane è soggetta a un forte processo di spopolamento, con tassi tra i più elevati di tutte le Alpi occidentali, che già si distinguono per un trend particolarmente negativo. Se escludiamo dal computo i centri urbani o semi-urbani situati allo sbocco delle valli in pianura, (es. Barge, Verzuolo, Busca, Caraglio, Boves, Borgo S.Dalmazzo), vediamo che le valli cuneesi mostrano nel novantennio 1901-1991 un decremento compreso tra un minimo del 50% per la Comunità Montana Gesso-Vermenagna-Pesio a un massimo del 75% per quella della valle Stura, mentre nel territorio di Briga Alta, nel quale ci troviamo, lo spopolamento raggiunge l'85%. A questa dura legge non sfugge nessuna delle maggiori stazioni turistiche, da Pontechianale a Sampeyre, da Crissolo a Frabosa e a Limone Piemonte, ed anzi quasi tutte nella seconda metà del secolo (1951-91) vedono accelerare il tasso di spopolamento.

Le valli situate in provincia di Torino presentano una situazione globale meno negativa: la Val Pellice, ad esempio, mantiene la propria popolazione sostanzialmente invariata e la Val Chisone registra nel dopoguerra una flessione inferiore al 20%. Si deve però osservare che il comportametno demografico della prima è fortemente influenzato dai centri semi-urbani di Torre Pellice e Luserna San Giovanni, e quello della seconda dai centri industriali di Villar Perosa e Perosa Argentina. L'unica vera anomalia è dunque costituita dall'alta Val di Susa, che a un decremento di poco inferiore al 40% nella prima metà del secolo contrappone -unica tra le comunità montane occitane- un significativo incremento nell'ultimo quarantennio.

Ora, è fin troppo facile mettere in relazione tale andamento con il forte sviluppo turistico di stazioni come Sestrières, Sauze d'Oulx o Bardonecchia, con le grandi infrastrutture per lo sci alpino e la comoda accessibilità, accresciuta negli ultimi anni dall'autostrada del Frejus.

Quest'ultima, ha inferto peraltro un duro colpo a un contesto ambientale già compromesso dalla massiccia urbanizzazione (seconde case) e dall'intenso traffico pesante innescato nel 1980 dall'inaugurazione del traforo, secondo una prassi che potremmo definire "la via italiana alla realizzazione delle grandi infrastrutture": prima si inaugura la galleria, poi si induce la popolazione locale, strangolata dal traffico, ad accettare l'autostrada quasi come una liberazione; autostrada, beninteso, a pedaggio, che oltretutto va a totale beneficio di gruppi economici estranei, antitetici direi, alla comunità alpina.

Ma anche nel "modello Val di Susa" deve esserci qualche cosa che non funziona, se è vero che l'incremento demografico complessivo va ascritto interamente alle grandi stazioni di sport invernali e al centro di servizi di Oulx, mentre i comuni limitrofi, come Salbertrand ed Exilles, continuano a spopolarsi. I grandi centri turistici, dunque non sono stati in grado di creare occupazione per l'intera comunità e il loro incremento si spiega col fatto che hanno richiamato ingenti flussi di popolazione dalla vicina metropoli e da altre regioni, risultando talora teatro di attività ed operazioni al limite o al di fuori della legalità.

Il modello di sviluppo turistico portato avanti a macchia di leopardo nelle Alpi piemontesi è dunque miseramente fallito, se è vero che non è riuscito a frenare (ed anzi talvolta ha persino accelerato) la forte emorragia di popolazione in quasi tutte le comunità montane.

Questo modello, errato, di sviluppo si basa su una ricettività alberghiera modesta, un settore para-alberghiero mal organizzato e difficilmente quantificabile, e una valanga di seconde case, oltretutto realizzate con moduli architettonici quasi sempre scadenti, tipici della più anonima periferia: ciò è vero non solo per gran parte del tessuto urbano di grandi stazioni come Sauze d'Oulx e Bardonecchia, o per Sestrières, il cui nucleo originario costituisce almeno un buon esempio di razionalismo architettonico, ma anche, purtroppo, per località meno note al grosso pubblico, come Sampeyre e Pontechianale, Crissolo e Rucas di Bagnolo Piemonte, per non parlare di Prato Nevoso o Artesina. Si pensi che la maggiore stazione turistica del Cuneese, Limone Piemonte, possiede - secondo una mia stima - appena 920 letti alberghieri e 23.000 in seconde case e appartamenti in affitto, mentre a Bardonecchia la proporzione è di 1550 contro 28.000.

Bisogna dunque intervenire in fretta, se si vuole impedire che si estingua del tutto la presenza umana nelle vallate occitane e più in generale nelle Alpi occidentali italiane, che ad esclusione della Val d'Aosta presentano in generale le stesse caratteristiche di povertà ed abbandono. Una povertà reale e non metaforica -ancorchè sopportata senza clamori, senza sussulti di criminalità - se è vero che alla metà degli anni '80 - secondo un'indagine del Banco di Santo Spirito - il reddito pro-capite di Oncino, in Valle Po, era del 45% inferiore a quello medio della provincia di Agrigento, che si collocava all'ultimo gradino nella classifica italiana. Occorrerà dunque non solo arrestare l'esodo della popolazione, ma incentivare il rientro delle forze vitali che in questi ultimi decenni hanno abbandonato queste valli, perchè a gestire la rinascita sia in gran parte, se non interamente, la popolazione locale.

La rinascita delle valli occitane dovrà imperniarsi su due elementi fondamentali, e cioè l'agricoltura di montagna - inclusa la coltivazione di prodotti con metodi naturali, sull'esempio di quanto è stato finora realizzato dal centro vallesano "LaNaTour" - e il turismo, che ad essa deve essere strettamente connesso.
Un terzo elemento, laddove risulterà possibile e conveniente, potrà essere costituito dall'artigianato e da piccole attività industriali compatibili con l'ambiente; certo non dalle cave che hanno sfigurato la valle Gesso, o da ulteriori installazioni idroelettriche di grossa portata.
Il punto focale resta comunque il binomio turismo/agricoltura di montagna, imperniata su di un allevamento sovvenzionato e quindi redditizio, svincolato dalle quote CEE, poichè non tutto il lavoro deve essere vincolato alla produttività, alla concorrenzialità, ma può e deve essere finalizzato alla riproduttività, cioè alla cura del territorio contro ogni sfruttamento di rapina: in altre parole, è nell'interesse di tutti i paesi che si spartiscono il territorio alpino favorire la presenza e il lavoro dell'uomo su queste montagne, perchè questo è il solo modo per garantire quella stabilità ambientale che costituisce il vero baluardo contro le catastrofi naturali.

Ora, se l'Europa ricava dei vantaggi economici dal fatto che la regione alpina sia ecologicamente stabile, in quanto non deve effettuare ingenti investimenti per proteggerla dalle catastrofi naturali o per riparare i loro danni, è giusto che una parte di tale risparmio venga messa a disposizione delle popolazioni alpine, per contribuire a risolvere le difficoltà produttive e a migliorare le difficili condizioni di vita.
La completa attuazione della Convenzione delle Alpi, promossa dalla CIPRA ed entrata in vigore il 6 marzo 1995, potrà essere un primo, importante passo per pervenire a una soluzione comune e sovra-nazionale dei problemi delle popolazioni di montagna; semprechè, naturalmente, tale collaborazione abbia ripercussioni giuridiche, cioè obbligatorie ed esigibili, onde evitare che si rimanga sul piano delle lodevoli raccomandazioni e delle pie intenzioni.

Per quanto concerne il turismo, nelle valli occitane c'è ancora molto da fare. Occorre creare una reale ricettività para-alberghiera, basata non sull'affitto annuale o stagionale di appartamenti a qualche affezionato 'habituè' (ne tanto meno sulla vendita di immobili ad uso di seconda casa), ma sull'affitto giornaliero, pluri-giornaliero o settimanale di camere e abitazioni in costruzioni tradizionali appositamente restaurate, direttamente gestite dalla popolazione locale, col solo tramite dell'ufficio turistico, come avviene normalmente in Svizzera; occorre creare un minimo di ricettività alberghiera, almeno nei siti ambientalmente più attraenti; occorre predisporre un'organica rete di rifugi e posti-tappa, provvedere alla perfetta manutenzione dei sentieri, serviti da una segnaletica chiara e capillare.

Occorre infine modernizzare e razionalizzare le infrastrutture per lo sci alpino laddove esistono documentate condizioni favorevoli alla pratica di tale attività; mentre l'eventuale realizzazione di nuovi impianti dovrà essere preceduta da studi seri e approfonditi sulle caratteristiche del sito e dell'innevamento e sull'impatto ambientale che questi comporterebbero, e dovrà essere soprattutto incompatibile con parallele operazioni immobiliari.

Uno dei principali ostacoli allo sviluppo delle valli occitane - che certo non si avvalgono dei vantaggi delle nostre Regioni Autonome nè di quelli derivanti dall'appartenere al mondo culturale germanico, più sensibile alla salvaguardia ecologica delle Alpi e alle condizioni di vita dei contadini - è infine l'organizzazione politica del territorio: i confini degli stati moderni, correndo lungo lo spartiacque, hanno separato regioni culturalmente omogenee, subordinando i problemi delle Alpi a quelli di altre parti del territorio, ben più vaste e popolose, quindi con ben diverso peso politico.
Qualora, nel quadro di una nuova Repubblica Federativa Europea, venisse a formarsi uno Stato alpino, comprendente l'intero arco montuoso dalla Provenza a Vienna, tali problemi potrebbero essere certo più agevolmente risolti; ma allo stato attuale dei fatti questo scenario sembra ancora lontano. Allo stesso modo, non può essere trascurata l'ipotesi che l'intero territorio delle Alpi italiane, eventualmente suddiviso in una regione occidentale ed una centro-orientale, possa costituire una Repubblica federata all'interno di una Confederazione Italiana, svincolandosi anche dal controllo diretto delle metropoli del Nord Italia.
A questo proposito, mi piace ricordare che, 53 anni or sono, un gruppo di giovani intellettuali -tra i quali Emile Chanoux, che verrà massacrato dai nazi-fascisti - elaborarono la Carta di Chivasso,nella quale si riconosceva alle valli alpine il diritto di costituirsi in comunità politiche di tipo cantonale nel quadro di un nuovo Stato Italiano di tipo federale, al fine di salvaguardare l'economia e la cultura locale, duramente conculcata dal fascismo.
Ma la Carta di Chivasso, come si sa, è rimasta lettera morta, e sono occorsi anzi ben 26 anni perchè il "nuovo Stato" si decidesse, dopo due interventi dell'ONU, a concedere all'Alto Adige/SÜdtirol lo Statuto di Autonomia previsto dal Trattato di Parigi ed altri 20 per la sua completa applicazione. Per le valli occitane occorrerà intervenire più in fretta, pena la totale scomparsa dell'elemento urbano e il dissesto irreversibile del territorio.

LN
08-08-02, 11:55
tratto da : www.occitania.it