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Visualizza Versione Completa : estate 1942, il canto del cigno...



Fecia di Cossato
18-06-02, 09:14
Estate del 1942, sesanta anni or sono, per l'Italia, schierata in guerra a fianco della Germania, le sorti della guerra non erano state così favorevoli in precedenza, nè lo sarebbero state poi. In quella tragica estate l'Italia di Mussolini dovette giocare il tutto per tutto e, perduta quest'unica possibilità, ad essa non restò altra 'prospettiva' all'infuori del baratro del 25 luglio, dell'8 settembre, dell'occupazione tedesca al nord, dell'occpupazione agloamericana al sud, e della guerra civile.

Che cosa è mancato in quel momento decisivo?... Come mai l'Italia che al Piave venticinque anni prima aveva saputo capovolgere una situazione che a detta di tutti era disperata, non fu capace quella volta di cogliere il successo?... Fu l'alleanza con i Tedeschi la nostra rovina?... Fu per il tradimento dei nostri stati maggiori?... O fu semplicemente perchè in questa vittoria non credavamo?...

Per cercare una risposta, cominciamo a parlare del primo episodio significativo di questo periodo, quella che è passata alla storiografia navale con il nome di Battaglia di Mezzo-Giugno, l'ultima nella quale la Regia Marina impegno il nucleo principale delle proprie forze. Fu una vittoria o una sconfitta?... Ancora oggi la questione, a lungo dibattuta, non ha trovato definitiva risposta.

A fine maggio del 1942 Rommel inizia la sua avanzata che dalla Libia lo porterà ad El Alamein. I capi Alleati si rendono conto che i successi riportati dall'Afrika Corps sono dovuti al traffico mercantile italiano che, non più contrastato, gli aveva permesso di ricostruire depositi di carburante, di armi e di munizioni. Ciò era accaduto perchè da Malta, sotto assedio, non erano più potuti partire sommergibili, navi ed aerei per attaccare i convogli italiani. Vista l'allentata pressione sull'isola [la maggioranza degli aerei tedeschi si era spostata in Libia e sul fronte orientale], si poteva pensare di rifornirla con una massiccia operazione che prevedeva l'invio simultaneo di due convogli, uno da Gibilterra e l'altro, simultaneo, da Alessandria, chiamati, rispettivamente ‘Harpoon’ e ‘Vigorous’. L'invio di questi convogli sfocerà nella battaglia passata alla storia come battaglia di mezzo giugno.

Battaglia di mezzo giugno 1942

La Squadra di Alessandria dirige verso Malta, scortando un grande convoglio composto da 9 mercantili. La Squadra italiana, al comando dell'Ammiragli Iachino esce dal porto di Taranto per intercettarla; sono le 13.00 del 14 giugno. Alle 18.00 un ricognitore alleato avvista la formazione italiana ed avverte il comando inglese; il convoglio, che nel frattempo si è ridotto perchè due mercantili sono stati affondati da bombardieri in picchiata tedeschi, viene avvisato della minaccia: continuando su quella rotta alle 7 del mattino del 15 giugno avrebbe incontrato la flotta italiana in netta condizione di inferiorità [8 incrociatori leggeri e 25 cacciatorpediniere inglesi contro due corazzate, 4 incrociatori e 12 cacciatorpediniere italiani]: che fare? Il convoglio prosegue, con prudenza, confidando nella sua aviazione fino all'una di notte, poi inverte la rotta. Nella notte, all'alba e nelle prime ore del mattino gli inglesi dovrebbero sferrare violenti attacchi aerei ma, per la prima volta, la flotta italiana è munita di radar: sul Ct [i]Legionario è installato un Dete [radar] tedesco. Manovrando grazie al radar, la flotta italiana evita le ricerche inglesi fino al mattino, quando viene scoperta ed attaccata ed il Trento viene colpito da un siluro sganciato da un arereo e rimane immobile [verrà affondato qualche ora più tardi dal sommergibile inglese P.35 che lo sorprese mentre erano in corso le operazioni di rimorchio da parte di due cacciatorpediniere che erano rimasti indietro per questa operazione]. La formazione italiana prosegue. Nella notte anche il convoglio inglese ha avuto i suoi guai: attaccato de E-boote tedeschi [motosiluranti] ha avuto un cacciatorpediniere affondato ed un incrociatore, il Newcastle, danneggiato. Alle 4.30 il convoglio aveva nuovamente invertito la rotta, ritenendo di aver inflitto danni tali da costringere la Squadra italiana al rientro. Alle 08.00 del mattino gli inglesi vengono avvisati dai loro ricognitori che la flotta italiana è praticamente intatta: gli inglesi allora abbandonano l'impresa e, invertita definitivamente la marcia, fanno rotta verso Alessandria: a questo punto si trovano nel corridoio tra Creta e l'Egitto, zona molto rischiosa, tanto che era stata soprannominata dai marinai inglesi ‘bomb valley’, ed infatti ecco apparire gli stukas tedeschi: due cacciatorpediniere sono colati a picco e l'incrociatore Birmingham è gravemente danneggiato. Il convoglio prosegue, sempre inseguito dalla formazone italiana, e riesce a rientrare ad Alessandria, non senza perdere l'incrociatore Hermione, affondato da un sommergibile tedesco. L'operazione inglese è completamente fallita.

Battaglia di Mezzo giugno 1942. [Scontro di Pantelleria]

Mentre la Squadra italiana di base a Taranto è impegnata contro il convoglio da Alessandria, un altro convoglio composto da sette mercantili, dirige verso Malta da ovest, protetto dalla squadra inglese di Gibilterra. Al largo della Sardegna, il convoglio è attaccato da sommergibili ed aerei: un mercantile è affondato e l'incrociatore Liverpool, danneggiato, deve rientrare a Gibilterra. Prima di Capo Bon, la Squadra inglese inverte la rotta, mentre il convoglio prosegue con la scorta di un incrociatore, nove cacciatorpediniere e 16 tra dragamine e motocannoniere. Per intercettare il convoglio inglese, alle 19.24 del 14 giugno, al comando dell'Ammiraglio Da Zara esce dal porto di Palermo la 7^ Divisione, composta dagli incrociatori Eugenio di Savoia e Montecuccoli, oltre che a 7 cacciatorpediniere [ridotti poi a 5 perché due rientrano alla base per avarie al motore]. All'alba del 15 giugno, sono le 5.30, 25 miglia a sud-ovest di Pantelleria, c'è il reciproco avvistamento. Alle 5.39 le unità aprono il fuoco e, mentre la scorta inglese è impegnata nel combattimento, i mercantili subiscono gli assalti dell'aviazione. Alle 8.30 l'Ammiraglio Da Zara rompe il contatto, certo di una grande vittoria [rientrerà in porto con i cannoni alla massima elevazione in segno di vittoria e sarà accolto da grandi festeggiamenti, oltre che decorato da Mussolini]. Nel pomeriggio le navi inglesi sono sottoposte ad altri attacchi aerei e, di notte, incappano in un grosso campo minato presso Malta; solo due mercantili riusciranno ad entrare in porto. Cos'era successo nello scontro?... I rapporti erano contrastanti e, comunque, l'Ammiraglio Da Zara dava per certo l'affondamento di un incrociatore classe Kenya e di due cacciatorpediniere oltre al grave danneggiamento di altri tre. In seguito le ricostruzioni ufficiali italiane, oltre che il controllo incrociato con quelle inglesi, dimostrarono che nello scontro a fuoco tra le due formazioni gli italiani avevano danneggiato gravemente il cacciatorpediniere inglese Bedouin, danneggiato il similare Partridge e centrato con un colpo l'incrociatore Cairo, danneggiandolo lievemente. Da parte loro gli Italiani se l'erano cavata con poco: il cacciatorpediniere Vivaldi, colpito e con un incendio a bordo, era stato costretto a rientrare alla base, e i due incrociatori avevano subito un colpo ciascuno, ma con scarsi danni. Pur essendo stata una vittoria italiana lo scontro di Pantelleria non era stato portato a fondo e l'operazione inglese aveva avuto il parziale successo di far arrivare a Malta due piroscafi con il loro carico, che, per l'isola assediata, era una vera e propria boccata d'ossigeno.

http://www.marina.difesa.it/Storia/Almanacco/Parte04/Foto04g/n0425-01ag.jpg

L'incrociatore Eugenio di Savoia, protagonista dello scontro di Pantelleria, qui ripreso in una immagine anteguerra. La splendida unità è sopravvissuta al conflitto, solo per essere ceduta alla Grecia in seguito alle condizioni imposteci dal trattato di pace...

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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Ambrogio
19-06-02, 11:08
Per rispondere devo ricorre ai ricordi famgliari.

Circa fine Novembre1956 ora di cena.Mia mamma,mio fratello,mia
sorelal ed io siamo a tavola in attesa del ritorno dal lavoro il mio papa',borghese et piccolo industriale.La televisione sta
trasmettendo il telegiornale con servizi sulla debacle anglo francese al Canale di Suez dove gli anglo-francesi devono arrestare la loro azione a casusa del veto americano.Per contro
gli Ungheresi che hanno creduto alle frattole dell'americana Radio Europa Libera vengono abbandonati al loro destino.Si combatte senza speranza per le strade di Budapest.A Bologna sfilano i comunisti in una manifestazione di solidarieta' alla'Armata Rossa( insieme a loro i " carristi " del PSI).Recano cartelli giganti che dicono " VIVA LA GLORIOSA ARMATA ROSSA ! "

In quella arriva mio padre e guardando quello che la TV sta tresmettendo dice in milanese: Ghe'um capi' nagott " ! ( non avevamo capito mulla.

Grandissimo stupore in particolare di mia madre ed io.Con quelle frase mio padre si rimangiava tutto quello che aveva detto tra il 1939 ed il 1945 quando era stato filo inglese e filo americano e antitedesco per la pelle .Si beveva Radio Londra e malgrado la tessera del PNF diceva che l'Italia aveva sbagliato tutto.

Solo nel Novembre 1956 si accorge di essersi sbagliato e che gli europei lo hanno preso in quel tal posto.

Voglio dire con cio' che tra il 39 ed il 45 la borghesia italiana
si fece abbindolare dalla propaganda anglo-americana e tanto fece da provocare il collasso del 43 e non tanto per la questione della resa inevitabile quantor per il modo e lo stile con cui ci si arrivo' dopo non avere sostenuto lo sforzo bellico ed esprimemdo una classe militare che sempre borgfhese era di livello molto basso.

Alla borghesia italiana fino allora Mussolini aveva fatto comodo
or non piu'.Si saltava il fosso.

Certamente nel 1917 il nemico era di tutta un'altra forza,i nostri alleeati di allora pure ma quello del 1943 fu un voltafaccia ed uno sbracamento che un'altra borgfhesia avrrebbe evitato

Il resto sono dettagli come appunto quelli da te citati.

Ghe'um capi' nagot ! Quella frase mi e' rimasta impressa nella mente e nel cuore !

Un saluto !

pillimo
19-06-02, 14:36
I tedeschi invece che ci credettero sino alla fine videro la propria capitale ridotta in macerie e il proprio territorio smembrato...

Le guerre le vince per il 99% il più forte.
Il resto sono chiacchere di stampo biscardiano...

pillimo
19-06-02, 14:49
Originally posted by Fecia di Cossato
Estate del 1942, sesanta anni or sono, per l'Italia, schierata in guerra a fianco della Germania, le sorti della guerra non erano state così favorevoli in precedenza, nè lo sarebbero state poi. In quella tragica estate l'Italia di Mussolini dovette giocare il tutto per tutto e, perduta quest'unica possibilità, ad essa non restò altra 'prospettiva' all'infuori del baratro del 25 luglio, dell'8 settembre, dell'occupazione tedesca al nord, dell'occpupazione agloamericana al sud, e della guerra civile.

Che cosa è mancato in quel momento decisivo?... Come mai l'Italia che al Piave venticinque anni prima aveva saputo capovolgere una situazione che a detta di tutti era disperata, non fu capace quella volta di cogliere il successo?... Fu l'alleanza con i Tedeschi la nostra rovina?... Fu per il tradimento dei nostri stati maggiori?... O fu semplicemente perchè in questa vittoria non credavamo?...

Per cercare una risposta, cominciamo a parlare del primo episodio significativo di questo periodo, quella che è passata alla storiografia navale con il nome di Battaglia di Mezzo-Giugno, l'ultima nella quale la Regia Marina impegno il nucleo principale delle proprie forze. Fu una vittoria o una sconfitta?... Ancora oggi la questione, a lungo dibattuta, non ha trovato definitiva risposta.

A fine maggio del 1942 Rommel inizia la sua avanzata che dalla Libia lo porterà ad El Alamein. I capi Alleati si rendono conto che i successi riportati dall'Afrika Corps sono dovuti al traffico mercantile italiano che, non più contrastato, gli aveva permesso di ricostruire depositi di carburante, di armi e di munizioni. Ciò era accaduto perchè da Malta, sotto assedio, non erano più potuti partire sommergibili, navi ed aerei per attaccare i convogli italiani. Vista l'allentata pressione sull'isola [la maggioranza degli aerei tedeschi si era spostata in Libia e sul fronte orientale], si poteva pensare di rifornirla con una massiccia operazione che prevedeva l'invio simultaneo di due convogli, uno da Gibilterra e l'altro, simultaneo, da Alessandria, chiamati, rispettivamente ‘Harpoon’ e ‘Vigorous’. L'invio di questi convogli sfocerà nella battaglia passata alla storia come battaglia di mezzo giugno.

Battaglia di mezzo giugno 1942

La Squadra di Alessandria dirige verso Malta, scortando un grande convoglio composto da 9 mercantili. La Squadra italiana, al comando dell'Ammiragli Iachino esce dal porto di Taranto per intercettarla; sono le 13.00 del 14 giugno. Alle 18.00 un ricognitore alleato avvista la formazione italiana ed avverte il comando inglese; il convoglio, che nel frattempo si è ridotto perchè due mercantili sono stati affondati da bombardieri in picchiata tedeschi, viene avvisato della minaccia: continuando su quella rotta alle 7 del mattino del 15 giugno avrebbe incontrato la flotta italiana in netta condizione di inferiorità [8 incrociatori leggeri e 25 cacciatorpediniere inglesi contro due corazzate, 4 incrociatori e 12 cacciatorpediniere italiani]: che fare? Il convoglio prosegue, con prudenza, confidando nella sua aviazione fino all'una di notte, poi inverte la rotta. Nella notte, all'alba e nelle prime ore del mattino gli inglesi dovrebbero sferrare violenti attacchi aerei ma, per la prima volta, la flotta italiana è munita di radar: sul Ct [i]Legionario è installato un Dete [radar] tedesco. Manovrando grazie al radar, la flotta italiana evita le ricerche inglesi fino al mattino, quando viene scoperta ed attaccata ed il Trento viene colpito da un siluro sganciato da un arereo e rimane immobile [verrà affondato qualche ora più tardi dal sommergibile inglese P.35 che lo sorprese mentre erano in corso le operazioni di rimorchio da parte di due cacciatorpediniere che erano rimasti indietro per questa operazione]. La formazione italiana prosegue. Nella notte anche il convoglio inglese ha avuto i suoi guai: attaccato de E-boote tedeschi [motosiluranti] ha avuto un cacciatorpediniere affondato ed un incrociatore, il Newcastle, danneggiato. Alle 4.30 il convoglio aveva nuovamente invertito la rotta, ritenendo di aver inflitto danni tali da costringere la Squadra italiana al rientro. Alle 08.00 del mattino gli inglesi vengono avvisati dai loro ricognitori che la flotta italiana è praticamente intatta: gli inglesi allora abbandonano l'impresa e, invertita definitivamente la marcia, fanno rotta verso Alessandria: a questo punto si trovano nel corridoio tra Creta e l'Egitto, zona molto rischiosa, tanto che era stata soprannominata dai marinai inglesi ‘bomb valley’, ed infatti ecco apparire gli stukas tedeschi: due cacciatorpediniere sono colati a picco e l'incrociatore Birmingham è gravemente danneggiato. Il convoglio prosegue, sempre inseguito dalla formazone italiana, e riesce a rientrare ad Alessandria, non senza perdere l'incrociatore Hermione, affondato da un sommergibile tedesco. L'operazione inglese è completamente fallita.

Battaglia di Mezzo giugno 1942. [Scontro di Pantelleria]

Mentre la Squadra italiana di base a Taranto è impegnata contro il convoglio da Alessandria, un altro convoglio composto da sette mercantili, dirige verso Malta da ovest, protetto dalla squadra inglese di Gibilterra. Al largo della Sardegna, il convoglio è attaccato da sommergibili ed aerei: un mercantile è affondato e l'incrociatore Liverpool, danneggiato, deve rientrare a Gibilterra. Prima di Capo Bon, la Squadra inglese inverte la rotta, mentre il convoglio prosegue con la scorta di un incrociatore, nove cacciatorpediniere e 16 tra dragamine e motocannoniere. Per intercettare il convoglio inglese, alle 19.24 del 14 giugno, al comando dell'Ammiraglio Da Zara esce dal porto di Palermo la 7^ Divisione, composta dagli incrociatori Eugenio di Savoia e Montecuccoli, oltre che a 7 cacciatorpediniere [ridotti poi a 5 perché due rientrano alla base per avarie al motore]. All'alba del 15 giugno, sono le 5.30, 25 miglia a sud-ovest di Pantelleria, c'è il reciproco avvistamento. Alle 5.39 le unità aprono il fuoco e, mentre la scorta inglese è impegnata nel combattimento, i mercantili subiscono gli assalti dell'aviazione. Alle 8.30 l'Ammiraglio Da Zara rompe il contatto, certo di una grande vittoria [rientrerà in porto con i cannoni alla massima elevazione in segno di vittoria e sarà accolto da grandi festeggiamenti, oltre che decorato da Mussolini]. Nel pomeriggio le navi inglesi sono sottoposte ad altri attacchi aerei e, di notte, incappano in un grosso campo minato presso Malta; solo due mercantili riusciranno ad entrare in porto. Cos'era successo nello scontro?... I rapporti erano contrastanti e, comunque, l'Ammiraglio Da Zara dava per certo l'affondamento di un incrociatore classe Kenya e di due cacciatorpediniere oltre al grave danneggiamento di altri tre. In seguito le ricostruzioni ufficiali italiane, oltre che il controllo incrociato con quelle inglesi, dimostrarono che nello scontro a fuoco tra le due formazioni gli italiani avevano danneggiato gravemente il cacciatorpediniere inglese Bedouin, danneggiato il similare Partridge e centrato con un colpo l'incrociatore Cairo, danneggiandolo lievemente. Da parte loro gli Italiani se l'erano cavata con poco: il cacciatorpediniere Vivaldi, colpito e con un incendio a bordo, era stato costretto a rientrare alla base, e i due incrociatori avevano subito un colpo ciascuno, ma con scarsi danni. Pur essendo stata una vittoria italiana lo scontro di Pantelleria non era stato portato a fondo e l'operazione inglese aveva avuto il parziale successo di far arrivare a Malta due piroscafi con il loro carico, che, per l'isola assediata, era una vera e propria boccata d'ossigeno.

http://www.marina.difesa.it/Storia/Almanacco/Parte04/Foto04g/n0425-01ag.jpg

L'incrociatore Eugenio di Savoia, protagonista dello scontro di Pantelleria, qui ripreso in una immagine anteguerra. La splendida unità è sopravvissuta al conflitto, solo per essere ceduta alla Grecia in seguito alle condizioni imposteci dal trattato di pace...

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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

A parte gli ovvi discorsi sugli atti eroici dei nostri marinai e dei nostri comandanti di marina io non capisco come si possa vincere se il nemico riesce a rimapiazzare le proprie unità perdute ad un ritmo molto più elevato rispetto al proprio.

Il secondo è un dubbio di natura strategica che non sono mai riuscito a spiegarmi.
Perché quei genialoidi dell'alto commando italiano della marina non hanno mai neppure tentato di conquistare Malta?
Mi si potrà rispondere che è uno scoglio. Ma lo scoglio in questione poteva benissimo ospitare una forte base aerea dell'epoca che avrebbe fornito la necessaria copertura aerea ai nostri convogli verso la Libia e dare più di qualche fastidio ai convogli inglesi diretti ad Alessandria.
Avevamo già basi aeree in Liba, Sicilia e Tunisia? Dalle scuole medie si sa che "il luogo dei punti geometrici equidistanti dalla circonferenza è il centro del cerchio", in parole povere Malta era il luogo che ci permetteva di massimizzare la portata aerea della nostra aviazione.
Possibile che nessuno tra gli alti papaveri italiani e tedeschi vi abbia pensato?

Ambrogio
19-06-02, 15:25
Per Pillimo.

Fu l'osservazione che fece subito l'addetto militare giapponese in Italia.

Quella della mancata azione iniziale su Malta che tanti vantaggi ci avrebbe dato fu una diretta conseguenza dei taciti o meno accordi sul nostro ingresso in guerra.

Doveva essere una guerra per finta tanto per arrivare come cobelligeranti della Germania ad un armistizio previsto al massimo per il Settembre del 40 e qui " bilanciare " i tedeschi.

Nessuna azione offensiva in Africa Settentrionale,in Africa Orientale occupazione della Somalia Britannica che poi avremmo dovuto avere ...in regalo ( l'ennesimo ...oltre Giuba datoci dopo la prima guerra mondiale ), insomma un atteggiamento attendista in vista di una pace data per sicura.Di conseguenza nessuna occupazione di Malta.

Ma era tutto un trucco.Quando si penso' a Malta era troppo tardi.
Avevamo messo il piede nella tagliola.

Tutto il resto fu la conseguenza logica di quella valutazione errata ma dico io anche comprensibile date tutte le incognite di una equazione agli occhi di Mussolini senza altre soluzioni come l puo' esserlo una equazione di sesto o settimo grado.

Non dimentichiamo per esempio la continua provocazione inglese con il fermo di quasi 1.500 piroscafi con tutti i danni immaginabili tra il Settembre del 30 e il Maggio del 1940 ( rapporto Pietromarchi non chiacchere ) compresi i sequestri di cittadioni tedeschi sui nostri transatlantici in acque internazionali ).

La Gran Bretagna spnigeva l'Europa alla guerra e ci voleva dall'altra parte dove saremmo stati un peso enorme per la Germania. E cosi' fu. Avevamo fatto comodo da questa parte nella prima guerra mondiale poi dopo Caporetto divenimmo un peso e da qui venne agli inglesi l'idea di cui sopra.

Se vuoi ti cerco il promemoria di Mussolini alla forze armate
del 31 Marzo 1940 con le relative istruzioni dettagialte.

Un saluto

pillimo
19-06-02, 16:50
Originally posted by Ferruccio

Se vuoi ti cerco il promemoria di Mussolini alla forze armate
del 31 Marzo 1940 con le relative istruzioni dettagialte.

Un saluto

Ti ringrazio, mi piacerebbe molto leggerlo. :)

Ambrogio
19-06-02, 17:07
Originally posted by pillimo


Ti ringrazio, mi piacerebbe molto leggerlo. :)


Lo recupero a casa e domani lo scrivo in riassunto.Diro' anche il
libro sul quale lo ho trovato che e'pure interessante.

Un saluto

Fecia di Cossato
19-06-02, 18:20
Da oltre cinqunt'anni gli storici hanno speso fiumi di inchiostro sulla scelta più tormentata che gli strateghi dell'Asse dovettero compiere nel mese di giugno del 1942: attaccare Malta oppure l'Egitto. Con il senno del poi, dal momento che l'ambiziosa puntata di Rommel contro l'Egitto, dopo alterne vicende, si risolse alla fine, come vedremo, in un fallimento, quasi tutti hanno concluso che si doveva prendere Malta. Purtroppo per noi la Storia non ammette 'se' o 'ma' e quindi con tutta probabilità la questione è destinata a restare irrisolta. Vediamo come si crearono le premesse di questo 'dilemma'...


L'offensiva che avrebbe portato le truppe Italo-tedesche sulle dune infuocate di El Alamein, scattò il 26 maggio del 1942. Dopo tre settimane di duri combattimenti, il 21 giugno venne espugnata Tobruk, ultima roccaforte inglese in Libia, presidiata da circa 30000 soldati inglesi sotto il comando del generale Ritchie. Il morale dell'Ottava Armata non era mai sceso così in basso, tanto che Rommel dopo una fulminea penetrazione in Egitto, con i suoi pochi mezzi riuscì a conquistare velocemente Marsa Matruk, nonostante gli Inglesi avessero una netta superiorità di uomini e mezzi. Basta solo pensare che ai 26 carri tedeschi usati per l' attacco, gli inglesi ne contrapposero ben 150. L'Ottava Armata però non venne distrutta ma solo messa in fuga e sotto il comando di Ser Claude Aunchinlek [comandante in capo inglese del Medio Oriente], si dispose per l'ulima difesa nella linea di El Alamein. La decisione di Aunchinlek fu saggia, in questo luogo, il deserto egiziano si restringe fino a formare un collo largo circa 70 km e compresa fra il mare e la depressione di Bab el Qattara, vi era una area paludosa al di sotto del livello del mare. Tutto ciò rendeva molto più facile la difesa di Alessandria e del Canale di Suez. Il 28 giugno le colonne inglesi iniziarono a prendervi posizione e giorno 30 la linea di difesa poté essere completata. Il deserto verso la direzione da cui dovevano giungere i carri tedeschi sembrava vuoto. Improvvisamente si alzò una nube di sabbia che girava vorticosamente e si udì in lontananza un sordo rombo di motori. Gli Italo-Tedeschi adesso erano a soli 88 km da Alessandria, ma in pieno deserto. Rommel in contrasto con il generale Bastico, comandante supremo delle forze in Africa Settentrionale e suo diretto superiore [a livello nominale], dopo la presa di Tobruk aveva deciso lo stesso di avanzare, contravvenendo agli ordini, di sospendere tutte le operazioni per consentire di attuare l'importante piano della conquista della base inglese di Malta, [Operazione Ercole]. L'isola costituiva una spina nel fianco per i convogli italiani diretti in Libia, e questa decisione come si vedrà in seguito, gli fu fatale.

L'pperazione 'Ercole' o 'C3', fu un piano messo a punto dallo Stato Maggiore italiano, fin dalla fine del 1941 per la conquista di Malta. L'isola era diventata una vera spina nel fianco per i convogli italiani che dovevano rifornire le truppe in Africa settentrionale. Grazie alla sua importantissima posizione strategica, collocata tra la Sicilia e la Libia, gli aerei inglesi potevano in qualunque momento, sorprendere i convogli in navigazione e distruggerli. Durante la primavera del 1942 le condizioni per un tale sbarco erano molto favorevoli. Malta per i continui bombardamenti era ridotta alla fame, dei 198 Spitfire stanziati sull'isola, ne erano rimasti soltanto 7. La marina inglese intanto, non riusciva a rifornirla per la continua sorveglianza di unità italiane e tedesche, poste agli sbocchi del Canale di Sicilia. Le operazioni di sbarco furono affidate ad una apposita, Formazione Navale Speciale [FSN] che comprendeva, il reggimento 'S. Marco', tre divisioni di fanteria, quattro 'Battaglioni M' di Camice Nere, un raggruppamento speciale di Granatieri di Sardegna e la divisione di paracadutisti 'Folgore'. L'operazione non venne mai eseguita, per l'ostinazione di Rommel di continuare la sua avanzata nel deserto egiziano, sottraendo così uomini e materiali indispensabili per essa. Il generale aveva erroneamente confidato sul fatto che gli Inglesi in ritirata, non avrebbero avuto il tempo di distruggere i loro depositi di benzina e munizioni, potendosene così impadronire e continuare ad avanzare, senza l'aiuto di rifornimenti via mare. Questo come si vedrà in seguito non avvenne e lo sbaglio del mancato sbarco, si scontò ad El Alamein.

http://utenti.lycos.it/luposabatini/elalamein1.jpg http://utenti.lycos.it/luposabatini/elalamein3.jpg

Queste due immagini di carri armati distrutti danno un'idea realistica di quella che è stata la guerra sul teatro nord-africano

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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Ambrogio
20-06-02, 10:08
Originally posted by pillimo


Ti ringrazio, mi piacerebbe molto leggerlo. :)

Dal libro di Carlo De Risio " LA CLESSIDRA DEL DUCE " - I NOVE MESI DI NON BELLIGERANZA - eD.sETTIMO SIGILLO

MEMORIA SEGRETA DI MUSSOLINI DEL 31 MARZO 1940 FATTA INOTTO COPIUE:AL Re , a Badoglio, a Graziani , al ministro degli
esteri, al Ministro dell'Afriuca Italiana , ai Capi di Satto Maggiore della Mari na e dellaereonautia ,copia alla Segreteria mParticolare di Mussolini unitamernte all'autografo.


SINTETIZZO EXTRAPOLANDO LE FRASI PIU' IMPORTANTI.


In una situazione quale l'attuale ...e' difficile-se non impossibile ..fare delle previsioni sullo sviluppo degli eventi e sulle fasi avvenire della guerra


Pace Negoziata di compromesso.

Allo stato degli atti, tale possibilita' e' da escludersi............gli obiettivi di guerra degli Alleati sono tali -OGGI - che un compromeso e' impossibile.............una pace di compromessO puo' essere piu' agevolmente accettata dalla Germania , non
dalle grandi democrazie........................................ .......


Operazioni militari terrestri.

E' prevedibile che i franco inglesi assumano l'iniziativa delle operazioni, cioe' di un attacco al Westwall sul fronte occidentale ?Allo stato degli atti e' da escludere................


Operazioni germaniche.


Da parecchi mesi si parla di una offensiva germanica contro la Maginot o contro Belgio e Olanda per arrivare alla Manica.A rigor di logica anche questa ofensiva sembra doversi escludere per i eguenti motivi:


a - perche'la Germania ha gia' raggiunto i suoi obiettivi di guerra e puo' quindi attendere l'attacco avversario.

b - perche' e' troppo rischioso giocare tutto su una carta poiche' se l'offensiva fallisse ..........e ci fossero perdite rilevanti una crisi
interna della Germania sarebbe inevitabile, dato che il morale del popolo tedesco e' complessivamente mediocre e in taluni centri come Berlino e Monaco meno che mediocre.E' quindi probabile che tra la guerra di attacco e quella di resistenza la Germania scegliera' quest'ultima...................................... ........
...........

POSIZIONE DELL'ITALIA

Se si avverera' la piu' improbabnile delle eventualita'-cioe' la pace negoziata nei prossimi mesi.l'Italia potra'-malgrado la sua non belligeranza.avere voce in capitolo e non essere esclusa dalle negoziazioni:ma se la guerra continua,credere che l'Italoia possa rimanere estranea sino alla fine e' assurdo e impossibile.
...........
.........
Anche se l'Italia cambiasse atteggiamento e passasse armi e
bagagli ai franco-inglesi,essa non eviterebbe la guerra immediata con la Germania che dovrebbe sostenere DA SOLA:e' solo l'alleanza con la Germania e cioe' con uno Stato che non ha ancora bisogno dcel nostro concorso militare e si contenta dei nostri aiuti economici e della nostra solidarieta' morale che ci permette il nostro attuale stato di non-belligeranza.
............
.........

L'Italia non puo' rimanere neutrale per tutta la durata della guerra,senza dimissionare dal suo ruolo,senza squalificarsi,senza ridursi al livello di una Svizzera moltiplicata per dieci..........................si tratta soltanto di sapere quando e come:si tratta di ritardare il piu' a lungo possibile,compatibilmente con l'onore e la dignita' la nostra entrata in guerra.......
..........

..perche' l'Italia non puo' fare una guerra lunga ,non puo' cioe' spendere centinania di miliardi come sono costretti a fare i paesi attualmente belligeranti


PIANO DI GUERRA

Premesso che la guerra e' inevitabile e che NON POSSIAMO marciare coi franco-inglesi, cioe' non possiamo marciare contro la Germania,si tratta di fissare sin da questo momento le linee della nostra strategia in modo da orientarvi gli studi di dettaglio.

Fronte terrestre.


Difensivo sulle Alpi Occidentali.NESSUNA INIZIATIVA.
SORVEGLIANZA.INIZIATIVA SOLO NEL CASO, A MIO AVVISO IMPROBABILE,DI UN COMPLETO COLLASSO FRANCESE SOTTO
L'ATTACCO TEDESCO.

...Verso la Jugoslavia in un primo tempo osservazione diffidente.Offensiva nel caso di un collasso interno di quello Stato dovuto alla secessione gia' in atto dei croati.

Fronte albansese .........

LIBIA, difensiva tanto verso la Tunisia quanto verso l'Egitto.L'idea di una offensiva verso l'Egitto e' da scartare..........

Egeo:difensiva

Etiopia:offensiva per garantire l'Eritrea e operazioni su Gedaret e Kassala:offensiva su Gibuti o nel caso controffensiva sul fronte
del Kenia

ARIA: adeguare la Sua attivita' a quelle dell'Esercito e della Marina.Attivita' offensiva e difensiva a seconda dei fronti e a seconda delle iniziative nemiche.

MARINA:

Offensiva su tutta la linea nel Mediterranero e fuori.


E' su queste direttive che gli Stati Maggiori devono basare i loro studi ed il lavoro di preparazione senza perdere un'ora di tempo.poiche' , malgrado la nostra volonta' di ritardare-per le ragioni gia' dette-il piu' a lungo possibile la nostra attuale non belligeranza, la volonta' dei franco-inglesi o una complicazione
impreveduta potrebbero metterci,anche in un avvenire immediato
di fronte alla necessita' di impugnare le armi.


MUSSOLINI



Mia nota: queso testimonia tra l'altro come Mussolini neanche supponesse il collasso francese che alla fin dei conti fu la vera ragione del nostro intervento oltre alle pressioni francesi in tale senso specie da parte del Ministro degli Estrei francesi Daladier.

Ma di questo parlero' altra volta.

Fecia di Cossato
15-07-02, 11:23
http://www.bdp.it/~ctps0002/elalamein/Mappa3.jpg

Proprio sessant'anni fa, nel luglio del 1942, si è combattuta la prima battaglia di El Alamein. Nonostante i disperati sforzi degli italo-tedeschi sotto la guida del feldmaresciallo Erwin Rommel, non è stato possibile sfondare il muro difensivo britannico messo in piedi i fretta e furia ad El-Alamein e il sogno di conquistare Alessandria è stato inesorabilmente infranto. A mio modesto parere a questo punto, e solo a questo punto, la guerra dell'Italia è stata perduta. L'intervento degli Stati Uniti infatti, anche se in quel momento ancora non si poteva apprezzare completamente, alla lunga era destinato ad essere decisivo.

Che cosa è mancato in quel momento decidivo?... Da chi e dove sono stati fatti gli errori determinanti?... non ci sono dubbi circa il fatto che non vi fu una causa soltanto, ma un complesso di cause a determinare la disfatta.

Una è stata la possibilità da parte degli Inglesi di 'leggere' i messaggi radio tedeschi cifrati con ENIGMA...

Un'altra è stata l'ortinazione di Rommel di ripetere sempre e soltanto la stesssa manovra d'attacco [ossia aggiramento da sud e poi puntata verso nord], manovra che gli Inglesi oramai avevano imparato...

Un'altra è stata la gravissima penuria di carburante, determinata non solo dagli 'affondamenti' delle nostre petroliere [che spesso viaggiavano prive di scorta, ovvero con scorta insufficiente], ma, cosa assai più grave, anche e soprattutto del sabotaggio [come si accenna anche nel seguito la benzina che arrivava il Libia era mischiata con acqua, e nei porti africani le cisterne che arrivavano non potevano scaricare a causa di 'guasti misteriosi alle pompe']...

Il 'sabotaggio', un capitolo del quale nel dopoguerra si è voluto parlare il meno possibile, aveva avuto del resto luogo anche nella operazione aereo-navale 'mezzo giugno', quella precedentemente descritta, durante la quale sui nostri aerosiluranti erano stati imbarcati siluri rivelatisi poi all'impiego difettosi. Ebbene quasi vent'anni dopo un tecnico del silurificio Whitehead di Napoli, candidatosi alle elezioni politiche nelle fila del Pci, ebbe ad evocare a sè il merito del sabotaggio di quei siluri, sicuro della 'impunità' concessa a lui e agli altri come lui dal vergognoso trattato di pace impostoci nel 1946.

Ecco a voi, cari amici, la 'cronaca' del luglio '42...

Auchinleck in quel momento disponeva di una divisione sudafricana attorno El Alamein, di due brigate indiane, di tre brigate neozelandesi schierate lungo la depressione di Bab el Qattara e di circa 150 carri di cui 60 erano Grant, [la versione inglese del carro americano Lee] raccolti sul crinale di Ruweisat. In un luogo chiamato Deir el Shein, aveva lasciato intenzionalmente un varco tra i sudafricani e la nona brigata indiana, in modo di attirare colà i Tedeschi ed attaccarli da entrambi i lati. Le forze dell' Asse adesso, nonostante le folgoranti vittorie, erano molto spossate, le distanze dalle basi di rifornimento si erano allungate moltissimo e la RAF aveva il dominio quasi assoluto dal cielo. A Rommel, dell'Afrikakorps erano rimasti soltanto 26 carri e 1500 uomini della fanteria motorizzata tedesca. Nonostante le difficoltà egli era ancora fiducioso nelle sue possibilità di vittoria. Ordinò così alla 90a Leggera di spingersi sopra Deir el Shein per poi tagliare a nord in direzione della costa, circondando così i sudafricani. Contemporaneamente le sue due divisioni di ‘panzer’ più il 20o Corpo italiano, avrebbero travolto a sud i neozelandesi a Bab el Qattara aggirando il crinale di Ruweisat. Ma l'attacco della 90a, infiltratasi nel varco lasciato apposta dagli inglesi fallì, essendo assaliti i tedeschi da tutti lati dai sudafricani, i quali invece dovevano sorprendere. Mentre a sud gli Italiani non riuscirono a sfondare le linee tenute dagli indiani Sick e Gurka. Solo molto più tardi riuscirono a passare con l'aiuto dei carri tedeschi, ma ormai l'aggiramento era fallito per il forte ritardo nell'esecuzione del piano. In serata rendendosi conto del fallimento tedesco, Auchinleck ordinò un contrattacco sul fronte meridionale con l'appoggio di carri armati, intendendo adesso accerchiare a sua volta il nemico. Rommel da parte sua moltiplicò lo sforzo a nord, chiamando in aiuto della 90a tutta l'Afrikakorps. Gli Inglesi comunque ancora sconvolti dalle recenti sconfitte non riuscirono ad intaccare seriamente lo schieramento difensivo tedesco a sud ed essi nonostante i furiosi attacchi non riuscivano ad avanzare di mezzo metro. Durante i combattimenti venne anche distrutta la divisione corazzata italiana ‘Ariete’, dai neozelandesi e dalla prima divisione corazzata inglese. Finalmente ci fu una sosta temporanea il 4 luglio e l'America era già entrata in guerra. I Tedeschi dovevano fare presto. Ma adesso erano le truppe inglesi ad attaccare tenendo sottopressione le truppe italiane, che essendo male armate, costringevano i Tedeschi ad accorrere da per tutto, per tamponare le falle che si aprivano nel loro sistema difensivo. In questo modo non potevano continuare la loro offensiva. La situazione si era invertita, ora erano gli Inglesi ad attaccare i Tedeschi. Auchinleck tentò un ultimo attacco lungo la strada costiera con la nona divisione australiana il 26 luglio e dopo una prima infiltrazione vennero però respinti da un furioso contrattacco italo-tedesco. Mancò infatti l'appoggio dei carri, che non riuscirono a passare tra i campi minati tedeschi e in un attacco diversivo condotto al centro dello schieramento nemico, ne vennero distrutti addirittura 96 dai cannoni controcarro 88, per essersi appunto bloccati in mezzo alle mine. Finisce così la prima fase della battaglia di El Alamein, con i due eserciti ormai esausti che pensano ad riorganizzarsi il più presto possibile. Da parte dell'Asse però vi erano enormi difficoltà per far giungere i rifornimenti alle truppe, i sommergibili inglesi facevano strage di piroscafi italiani nel Mediterraneo. Era la benzina il problema più grosso e lamentava Rommel nel suo diario, che quando arrivavano i fusti dall'Italia, questi, addirittura, erano pieni per i due terzi d'acqua. Nell'esercito inglese in questo senso di problemi ve ne erano molti di meno, data la vicinanza del canale di Suez dove venivano sbarcati i rifornimenti, anche se le navi che li trasportavano dovevano compiere l'intero periplo dell'Africa. Un grosso cambiamento ci fu nel comando. Churchill reputando che ormai le truppe non avevano più fiducia nei loro comandanti, silurò ingiustamente Auchinleck che pure aveva brillantemente fermato l'Afrikakorps, sostituendolo con Sir Harold Alexander, come comandante del Medio Oriente. A capo dell'Ottava Armata fu designato, invece, dapprima il generale Gott, ma l'aereo che lo stava portando al fronte fu abbattuto, si scelse così Bernard L. Montgomery.

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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Ambrogio
07-08-02, 10:30
Originally posted by Fecia di Cossato
'... Cossato, ma tu lo sai vero che fine fece Rommel?...

... ma lo sai che Rommel fu esiliato in Libia da Hitler perchè filosovietico e contrario alla guerra contro l'urss,
a differenza,es., di gente come Guderian?...

... ma lo sai inoltre che l'apologia di fascismo è un reato?...

... ma lo sai che per ogni soldato italiano che si batteva 'coraggiosamente', c'era un bambino ebreo che finiva al forno?...

caro amico

... ma lo sai di essere un autentico e perfetto idiota?...


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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato


Caro Fecia di Cossato , per cortesia niente insulti personali.

Ognuno puo' avere la sue opinioni giuste o sbagliate che siano.

Queste si possono contestare e discutere ma senza offendere il prossimo.

Mi raccomando !

Un saluto


Ferruccio

Fecia di Cossato
07-08-02, 11:28
messaggio ricevuto...

non sarebbe meglio cancellare i post a partire da quello di agaragar, dato che sull'argomento proposto hanno ben poco da aggiungere?...

ricambio il saluto!...

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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Ambrogio
08-08-02, 09:01
Originally posted by agaragar
ma lo sai che..... spacciarsi falsamente per un comandante dei Carabinieri è reato?

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aspè che becco il sito dell'arma....

Agaragar ,

anche a te: moderazione nell'indirizzarti agli altri forumisti e non portare asserzioni e illazioni che non puoi provare.

Manteniamo le nostre discussioni su di uno stile signorile ed educato.Te ne prego.Non vorrei proprio dover intervenire.


Un saluto

F.B.
08-08-02, 09:48
Originally posted by agaragar
ma si spieghi la prego



Eccomi :)

Le do un paio di indizi... Comandante CC Carlo Fecia di Cossato.

Bene: ora dubiti della sua interpretazione di "Comandante CC"... anche alla luce dell'avatar del Comandante, oltre che dell'immagine che compare nella sua firma...

:) :)

Felix (POL)
09-08-02, 17:43
mi sono visto costretto -a malinquore e per la prima volta- a cancellare alcuni messaggi perchè contenenti insulti gratuiti all'indirizzo di altri forumisti. Tali messaggi inoltre avevano inceppato il corretto procedere della discussione con riferimenti completamente estranei al tema del thread.

invito inoltre il forumista Agaragar ad attenersi alle norme di correttezza segnalate nel regolamento di Pol. Anche Fecia, per favore, risponda senza toni ed espressioni insultanti.

saluti

il moderatore
Felix
________________

per agaragar: il post che citavi mi era sfuggito. Par condicio ed equità per tutti. Sono stati cancellati i tuoi e i post di Fecia con contenuti violatori del regolamento. Chiusa la faccenda.

Felix (POL)
09-08-02, 17:53
Originally posted by pillimo
...

Le guerre le vince per il 99% il più forte.
Il resto sono chiacchere di stampo biscardiano...

bello spunto di riflessione, anche se non attinente al tema del thread. Le guerre sono prive di valore etico-morale, perchè a deciderne l'esito è solo l'equilibrio delle forze (includendo strategia, astuzia, propaganda e diplomazia). Non vince "il migliore" ma semplicemente il +forte.

agaragar
10-08-02, 15:25
cancellare i posts....è come falsificare la storia,
io non mi vergogno di nulla di quello che ho scritto, e protesto.

Fernando
10-08-02, 21:46
Originally posted by Felix


bello spunto di riflessione, anche se non attinente al tema del thread. Le guerre sono prive di valore etico-morale, perchè a deciderne l'esito è solo l'equilibrio delle forze (includendo strategia, astuzia, propaganda e diplomazia). Non vince "il migliore" ma semplicemente il +forte.

Le guerre hanno alle spalle una molteplicità di "interessi", tra cui anche quello etico-morale (cioè ciò che si considera sia il "bene" in quel dato momento) e questa componente (oltre, naturalmente, alla strategia, alla capacità produttiva, alle risorse disponibili, alla propaganda, ecc.ecc.) può fare anche la differenza.
Prosit
:K

Fecia di Cossato
18-08-02, 11:29
http://utenti.lycos.it/luposabatini/axum.jpg

http://utenti.lycos.it/luposabatini/tanker.jpg

Nella foto in alto è ripreso il sommergibile italiano Axum [TV Renato Ferrini] che dnel corso dell'operazione 'mezzo agosto' eseguì un fantastico lancio di siluri colpendo quasi contemporaneamente ben tre navi: gli incrociatori inglesi Nigeria e Cairo e la petroliera americana Ohio. La foto in basso, assai spettacolare, riprende la petroliera proprio nell'estante dell'esplosione del siluro



Nel mese di agosto di sessant'anni fa si verificò l'ultima grande battaglia aeronavale del Mediterraneo, conosciuta nella storiografia navale italiana come 'operazione mezzo-agosto'. All'origine della battaglia, che per le armi italiane rappresentò l'ultimo disperato sforzo per volgere la guerra a favore dell'Asse, vi fu una gogantesca operazione degli Inglesi avente lo scopo di rifornire l'isola di Malta, baricentro strategico della guerra neol Mediterraneo, per la quale fu istituito un convoglio di circa 60 navi sia inglesi che americane.
Gli inglesi organizzarono una scorta comprendenti le corazzate Rodney e Nelson, le portaerei Eagle, Furious, Indomitable e Victorius, gli incrociatori pesanti Manchester, Nigeria e Kenia e gli incrociatori antiaerei Cairo, Phoebe, Charybdis e Sirius, altre a cacciatorpediniere e sommergibili.

Il convoglio fu da prima attaccato a sud delle isole Baleari da sommergibili italiani e tedeschi e uno di questi ultimi mandò a fondo la portaerei Eagle.

Il 12 agosto, le forze aeree dell'Asse lanciarono il primo attacco riuscendo ad affondare il primo cargo Deucalion] danneggiandone altri. Vicino Biserta, così come accadette durante la battaglia di mezzo giugno, parte della scorta abbandonò il convoglio lasciando solo 4 incrociatori e 10 cacciatorpediniere.
La sera del 12 agosto, i sommergibili italiani Dessie e Axum affondarono l'incrociatore Cairo, danneggiarono gli incrociatori Nigeria e Kenia e le navi mercantili Ohio e Brisbarne Star, così infliggendo gravi danni al convoglio.

La stessa notte Mas italiani affondarono l'incrociatore Manchester e altre 5 navi mercantili. Il giorno seguente, forze aeree dell'Asse affondano ancora un'altra nave mercantile.

Assenti dalla battaglia erano le corazzate italiane che, a causa del razionamento del carburante, erano relegate in porto. Supermarina, ben al corrente della mancanza di carburante, decise di usare solo la IIIa divisione navale composta degli incrociatori Bolzano, Gorizia e Trieste e la VIIa divisione comprendente l'Eugenio di Savoia, il Montecuccoli [già protagonisti della battaglia di 'mezzo-giugno'] e l'Attendolo. Il piano d'attacco provvedeva per un attacco di superficie vicino l'isola di Pantelleria, e data la situazione assai precaria del convoglio, molte unità della cui scorta erano state già affondate o gravemente danneggiate, le probabilità di successo sarebbero state assai alte.

A questo punto l'ennesimo comportamento enigmatico di Supermarina, il comando in capo della Regia Marina: alle unità italiane fu ordinato di rientrare nei porti senza tentare di intercettare quanto rimaneva del convoglio inglese. Cinque piroscafi supertiti dei sedici partiti dall'Inghiletrra riuscirono a raggiungere così Malta e il carico da essi trasportato fu sufficiente a ridare potenzialità offensive a quella base e questo dovette di lì a poco rivelrsi uno dei fattori decisivi della sconfitta italiana.

Durante il viaggio di ritorno, il Bolzano e l'Attendolo furono attaccati da sommergibili inglesi che riuscirono a colpire ciascuna nave con un siluro. Il Bolzano, a causa di un incendio divampato vicino ai magazzini munizione, fu arenato sull'isola di Panarea e successivamente salvato, mentre l'Attendolo, malgrado avesse perso la prua, rientrò in porto senza necessità di aiuto.

Molto si è scritto nel dopoguerra sui motivi che insdussero Supermarina ad ordinare il rientro degli incrociatori italiani. Si disse a più riprese che la colpa era stata dei tedeschi che avevano negato alle nostre navi la protezione aerea che l'eperienza aveva dimostrato essere oramai necessaria in contesti aeronavali ma numerosi scrittori hanno di fatto smentito tale versione. Resta il fatto che ancora una volta Supermarina scelse la tattica della 'prudenza' in un frangente della guerra decisivo, quasi che lo scopo non fosse quello di vincere la guerra, bensì quello di preservare il più possibile le navi in vista della resa finale.

Per consolazione del lettore concluderò questa rievocazione della battaglia di 'mezzo-agosto' con la ricostruzione particolareggiata fatta da Francesco Mattesini dell'azione spettacolare condotta dai Mas italiani nel Canale di Sicilia nella notte tra il 12 e il 13 agosto del '42. Anche se la storiografia navale non ha mai dato rilievo particolare a questa azione, essa costituisce di fatto il più grosso successo ottenuto da motosiluranti nel corso dell'intero conflitto mondiale... in barba alle tanto decantate PT americane che, ad onta degli innumerevoli film propagandistici, nel teatro del Pacifico si rivelarono un completo fallimento.


http://utenti.lycos.it/luposabatini/manchester.jpg

http://utenti.lycos.it/luposabatini/mas.jpg

Nella foto in alto l'elegante incrociatore inglese H.M.S. Manchester, vittima delle motosiluranti italiane [rappresentate nella foto sotto] nell'azione della notte del 12-13 agosto


Capitolo XIV – Notte di tragedia nel canale di Sicilia

Prevedendo che il nemico avrebbe potuto procedere verso Malta seguendo la rotta a sud di Pantelleria oppure quella di Capo Bon che si allungava verso sud est in prossimità di Ras Mahmur, il Comando della Marina di Trapani aveva distribuito le sue unità insidiose verso quella zona.
La 2-a Squadriglia Motosiluranti [MS 16, 22, 23, 25, 26, 31] uscita da Trapani al comando del CC Giorgio Manuti ricevette la zona di agguato ‘Gamma 3’ compresa tra Ras el Mihr e Ras Mahmur, lungo la costa della Tunisia, che venne ripartita in tre sottozone in ciascuna delle quali andò ad operare una sezione di tre unità.
La 18-a Squadriglia Mas [556, 560, 562, 557] uscita anch’essa da Trapani al comando del TV Luigi Sala raggiunse una zona situata a sud ovest di Pantelleria rea i paralleli 36° 25’ nord, 36° 39’ nord e i meridiani 11° 30’ est e 11° 40’ est.
La 20-a Squadriglia Mas [552, 553, 554, 564] uscita da Pantelleria al comando del TV Carlo Paolizza si portò in una zona situata a sud dell’isola ma rispetto alla 18-a Squadriglia leggermente spostata a levante, tra i paralleli 36° 24’ Nord, 36° 39’ nord e i meridiani 11° 30’ est, 11° 40’ est.

Sia alle motosiluranti che ai Mas venne data la consegna di eseguire un rastrello iniziale nella zona assegnata, senza vincoli di limiti di zona, e di accorrere in caso di intercettazione di segnali di allarme per aggredire il nemico. Ai comandanti venne inoltre richiesto il massimo spirito offensivo.

Per evitare la zona a levante di Capo Bon che era stata a più riprese minata dagli italiani, la Forza X seguì una rotta costeggiante la scoscesa e brulla costa della Tunisia passando in acque territoriali francesi a sud dell’Isola di Zembra.
Dopo gli attacchi nella zona del Banco di Skerki la formazione inglese aveva proseguito la sua navigazione lasciandosi dietro il livido chiarore delle navi in fiamme. Un’improvvisa quiete era scesa nella notte e i cacciatorpediniere di scorta ne approfittavano per riordinare le unità disperse in una formazione più o meno compatta.
Poco prima della mezzanotte [ore 23.54] le prime navi della formazione, raggiunto Capo Bon, piegavano a sud navigando lungo costa per passare al largo di Kelibia, il cui faro, come riferì il comandante del piroscafo americano Almeria Likes, illuminando il mare permetteva di individuare la sagoma di una nave a dieci miglia di distanza.
Trovandosi in acque ostili e insidiate da mine le navi britanniche procedevano il lunga formazione, con i cacciatorpediniere Ashanti, ICarus e Fury all’avanguardia che, con i paramine in funzione, dragavano di prora per aprire un canale sicuro. Precauzione pienamente giustificata dovendo proteggere le navi che seguivano, il cacciatorpediniere Ashanti, con a bordo il contrammiraglio Burrosugh, e gli incrociatori Kenia e Manchester, seguiti a loro volta dagli unici mercantili ancora in vista, il Glenorchy, l’Almeria Likes e il Wairangi. Più indietro navigavano il Melbourne Star, il Waimarama, il Santa Elisa, il Dorset e il Rochester Castle in compagnia del solo cacciatorpediniere Pathfinder, la Ohio con il cacciatorpediniere Ledbury, il Port Chalmers con il cacciatorpediniere Penn 3d infine, più lontani e isolati, il cacciatorpediniere Bramhan e il piroscafo Brisbane Star.

Il primo contatto con le moto siluranti ebbe luogo poco dopo mezza notte e vide impegnata l’avanguardia delle navi da guerra. L’Ashanti individuò a dritta con il radar due piccoli scafi s subito dopo la scorta del convoglio aprì il fuoco con tutte le armi ed accostò in quella direzione per schivare eventuali siluri. Le unità nemiche si allontanarono emettendo fumo, ma poco dopo tornarono ad avvicinarsi cautamente e vennero controbattute mentre navigavano ad alta velocità fin oltre il faro di Kelibia. Da trasmissioni radio intercettate dall’Ashanti gli inglesi compresero che una delle motosiluranti era stata danneggiata.
Alla stessa ora passando presso il faro di Kelibia nelle stesse acque dove la notte precedente il cacciatorpediniere italiano Malocello aveva posato lo sbarramento di mine ‘S6’, l’Ashanti osservò due mine ad antenna scivolare lungo il bordo a tre metri di distanza. Il comandante Onslow ritenne trattarsi di armi i cui cavi di ormeggio erano stati tagliati dai cacciatorpediniere che navigavano di prua.
Vi furono pochi minuti di tregua dopo di che all’improvviso un nuovo disastro di abbatté sulla sfortunata Forza X, le cui unità di testa vennero avvistate all’altezza di Ras Mustafà dalle motosiluranti italiane MS.16 [CC Giorgio Manuti] e MS.22 [TV Franco Mezzadra].
La luce di un proiettore che si accese improvvisamente su una delle navi, riconosciuta dal comandante Manuti per un incrociatore della classe Arethusa, e che illuminò altre sagome di prora permise alle due motosiluranti di scegliere i bersagli. La MS.16 diresse lentamente contro l’incrociatore e alle 01.04 dalla distanza di ottocento metri gli scagliò contro il siluro di dritta. Deviando dalla traiettoria, probabilmente per cattivo funzionamento degli organi di direzione, l’arma fallì il bersaglio e passò di prora alla MS.22 che in quel momento di trovava duecento metri più avanti rispetto alla MS.16 e stava puntando contro l’unità centrale della fila nemica apprezzata per un cacciatorpediniere della classe Tribal.
Rinunciando a lanciare il secondo siluro contro un bersaglio in allontanamento la MS.16 accostò per dirigere contro una delle navi che seguivano e all’improvviso venne a trovarsi in posizione favorevole per lanciare contro un altro incrociatore che si trovava a poppa dell’unità attaccata in precedenza. Lo stesso bersaglio venne individuato anche dalla MS.22 la quale all’ultimo momento rinunciò a lanciare contro un cacciatorpediniere puntando invece sull’incrociatore. Il tal modo alle 01.07 le due motosiluranti, che all’accostata si erano perdute di vista, attaccarono la stessa nave. La MS.16 lanciò il suo secondo siluro da una distanza di ottocento metri e dopo ventisette secondi vide la parte posteriore dell’incrociatore sollevarsi ed illuminarsi di un bagliore rosso arancione. La MS.22, che rispetto alla MS.16 occupava una posizione avanzata [l’intero equipaggio fu concorde nell’affermare di aver visto un siluro proveniente da poppa passare avanti alla motosilurante e perdersi sulla scia dell’incrociatore], attaccò da distanza di seicento metri lanciando due siluri. Il primo di essi per errore di angolazione passò a prora del bersaglio mentre il secondo fu visto scoppiare dopo trenta secondi all’altezza del fumaiolo di poppa.
Subito dopo le motosiluranti si disimpegnarono defilando lungo il convoglio sotto un fuoco intenso. Accostando a zig-zag per disturbare la correzione del tiro esse diressero ad alta velocità sotto costa finendo all’incaglio in bassi fondali. La MS.16 dopo aver girato intorno al relitto del cacciatorpediniere Havock che aveva scambiato per una unità del convoglio si arenò nei pressi di Ras el Mihr, la MS.22 a ridosso di Ras Mustafà.
Il Manchester [CV Harold Drew], l’unico incrociatore della Forza X che ancora non aveva subito danni, all’ultimo momento si accorse della presenza delle motosiluranti. Immediatamente aprì il fuoco con le torri trinate prodiere da 152 mm e accostò bruscamente per evitare i siluri. Uno riuscì a schivarlo ma un secondo lo raggiunse sul fianco destro in un deposito di proiettili da 102 mm. Tredici uomini rimasero uccisi nello scompartimento poppiero delle macchine, che si allagò insieme agli adiacenti compartimenti dell’estrema poppa. Il timone della nave si arrestò e tre dei quattro alberi portaeliche rimasero immobilizzati. Privo di governo e di energia elettrica a causa delle dinamo andate in avaria l’incrociatore continuò la sua corsa descrivendo lentamente un arco di cerchio per poi arrestarsi sbandato sul fianco di dodici gradi ed emettendo fumo e vapore dallo scafo.
Le tre navi mercantili che seguivano il Manchester manovrarono in modo da non entrare in collisione con l’incrociatore e in parte si sbandarono. Il Waimarama, ultimo della fila, rimase per qualche tempo isolato. L’Almeria Likes si allontanò verso il largo di circa un miglio ma poi riuscì a portarsi sulla scia del Kenia. Il Glenorky proseguì nella sua rotta originale e prima di riportarsi a poppa del piroscafo americano che lo precedeva inquadrò con il fuoco delle sue armi una delle motosiluranti e dichiarò di averla vista saltare in aria.
Più indietro intanto stavano arrivando in linea di fila altri quattro piroscafi guidati dal Pathfinder [CF E.A. Gibbs]. Allorquando alle 01.40 il cacciatorpediniere avvistò l’immobilizzato Manchester esso ordinò ai mercantili di proseguire nella loro rotta a sud degli sbarramenti di mine esistenti nella zona e si avvicinò all’incrociatore. Dopo un colloquio con il comandante della nave danneggiata, che si dichiarò fiducioso di poter eseguire le riparazioni sufficienti per tornare a Gibilterra con i propri mezzi, il CF Gibbs imbarcò centocinquantotto membri dell’equipaggio del Manchester e poiché non poteva lasciare soli i mercantili si affrettò a seguirli.
In tal modo l’incrociatore rimase del tutto isolato e privo di una qualsiasi protezione proprio quando avrebbe avuto bisogno di assistenza. Non appena entrarono in azione i gruppi elettrogeni di emergenza lo sbandamento della nave venne ridotto a cinque gradi mediante il controbilanciamento di alcuni compartimenti. Le macchine però non erano in grado di funzionare e il Manchester non riusciva a muoversi. Alle 02.45 venne ordinata l’evacuazione e poco dopo vennero fatte esplodere le cariche di autoaffondamento. Alle 05.50 la bella nave si inabissò a sei miglia dalla costa della Tunisia in lat. 36° 50’ nord, long. 11à 10’ est. Quattrocentotrentatre uomini che costituivano la maggior parte dell’equipaggio raggiunsero la terraferma e vennero internati dalle autorità francesi.
Frattanto il convoglio era stato avvistato dalle altre mot5osuiluranti.La prima a farsi sotto fu la tedesca S.79 che riprese il contatto alle 01.15 il lat. 36° 57’ nord, long.11° 02’ 4est, ma la perse dopo venti minuti a sette miglia da Kelibia. Poi sopraggiunse la italiana M.S. 31 [TV Antonio Calvani], che avendo captato un segnale di scoperta della M.S. 32 si era portata sottocosta per mettersi in condizioni più favorevoli. Alle 01.50 essa avvistò il gruppo navale di testa che si trovava leggermente a sud di Kelibia e, nonostante un’avaria al timone prontamente riparata, diresse contro un cacciatorpediniere e poi, in lat. 36° 45’ nord, long. 11° 50’ est, contro il più importante bersaglio costituito dal piroscafo Glenorky [capitano G. Leslie], in quel momento illuminato dal fascio di un proiettore. Alle 02.15 il mercantile fu colpito sul fianco destro da due siluri lanciati da settecento metri dalla M. S.31. Con la sala macchine allagata e fortemente sbandato rimase immobile e venne abbandonato.
Subito dopo le navi dell’avanguardia vennero attaccate dalla M.S. 26 [ST.V. Alberto Bencini] a circa sette miglia a sud di Ras Mustafà. Il piccolo scafo venne illuminato da luce di bengala mentre dirigeva contro un piroscafo e un cacciatorpediniere individuati sul lato sinistro. Le due navi inglesi aprirono un fuoco intenso e la motosilurante per sfuggire ai colpi si insinuò rapidamente in mezzo al convoglio defilando controbordo ad un piroscafo, con il quale scambiò raffiche di mitraglia. Oltrepassata questa nave Bencini individuò alla distanza di circa mille metri dalla prua la sagoma di un incrociatore della classe Arethusa e dopo averlo attaccato alle 02.20 da breve distanza con due siluri ebbe l’impressione di averlo colpito con entrambe le armi.
Subito dopo il cacciatorpediniere Pathfinder, ‘una nave – disse l’ammiraglio Burrough – che era sempre al posto giusto nel momento giusto’, manovrò per speronare la M.S. 26 e la inquadrò con il proiettore e con il fuoco di tutti i pezzi. La piccola unità italiana, coprendosi con cortine di fumo e lasciando nella sua scia bombe di profondità, diresse verso la costa tunisina per portarsi al sicuro in una zona minata, manovra che portò a termine agevolmente dal momento che il cacciatorpediniere inglese abbandonò l’inseguimento per dedicarsi all’attenzione di una nuova motosilurante che aveva segnalato la sua presenza sulla rotta del convoglio.
Si trattava ancora della M.S. 31 che, essendo rimasta senza siluri, si era messa dietro la formazione britannica seguendola e comunicandone i movimenti per radio. Nello stesso tempo si avvicinarono la M.S. 25 [TV Franco la Pera] e la M.S. 23 [ST.V. Giacomo Patrone] ma trovarono le unità nemiche in stato di completo allarme.
La M.S. 25 avvistò alle 02.10 un grosso piroscafo a circa sette miglia a sud di Kelibia e nel portarsi all’attacco venne illuminata dai fasci di alcuni riflettori e presa di mira da intenso fuoco di atrtiglieria. Mentre tentava di allontanarsi avvistò un incrociatore contro il quale effettuò il lancio di un siluro da grande distanza senza successo. Subito dopo si disimpegnò lasciando cadere in mare le bombe di profondità per prevenire un inseguimento. La M.S. 23 non arrivò neppure al lancio.
Intanto le unità di punta del convoglio avevano proseguito la loro rotta sotto la costa della Tunisia fino all’altezza del Banco Kurba. Malta distava ancora centottanta miglia quando alle 02.20 il Kenia
Virò verso sud-est per passare a sud della montagnosa isola di Pantelleria. Dopo circa un quarto d’ora l’incrociatore avvistò sulla sinistra il Santa Elia che, al pari delle altre navi rimaste indietro, aveva seguito una rotta più diretta per ricongiungersi all’avanguardia, tagliando attraverso le zone minate. In tal modo anche il Port Chalmers, accompagnato dai cacciatorpediniere Penn e Bramhan, potè attraversare la zona pericolosa e recuperare parte del tempo perduto in precedenza.
Alle ore 02.45 l’incrociatore Charybdis e i cacciatorpediniere Eskimo e Somali raggiunsero la testa della formazione portando all’ammiraglio Burrough un notevole incremento difensivo nel momento in cui il convoglio
si inoltrava nella zona di agguato del Mas italiani della 20-a squadriglia.
Fino a quell’istante il Fury, l’Icarus e l’Interepid, i cacciatorpediniere incaricati di dragare la rotta davanti al convoglio, non avevano potuto dare alle navi mercantili che seguivano quasi nessun aiuto, né lo poterono in seguito poiché costretti a mantenere la loro posizione prodiera in forzata inattività. Pertanto quando alle 03.10 il gruppo di piroscafi di testa, costituito dal Santa Elia e dal Wairangj, venne attaccato in lat. 36° 30’ nord, long. 11° 12’ est, dal Mas 552 [ST. V. Rolando Perasso], il Kenia, che guidava la fila, poco potè per evitare nuovi danni. L’incrociatore avvistò il Mas 552 e lo impegnò violentemente con le armi leggere. Il piccolo scafo però diresse decisamente contro il Wairangi [capitano R. Gordon] e lo colpì sul fianco destro a poppa con un siluro lanciato da una distanza di quattrocento metri. Il piroscafo, centrato nel locale macchine, si arrestò con la sala mortori allagata, leggermente sbandato sul fianco e invano l’equipaggio tentò di rimetterlo in moto. Alle 04.10 la nave trasmise con la radio il segnale di S.O.S. e poco dopo venne abbandonata.
Quasi contemporaneamente in lat. 36° 30’ nord, 11° 15’ est, si volgeva l’azione delle due motosiluranti tedesche S.30 e S.36. Alle 02.20 esse avevano avvistato il nemico navigante verso sud alla velocità di tredici nodi, a circa venti miglia a sud di Ras Mahmur e si erano separate muovendosi all’attacco.
La S.30 [STV Horst Weber] penetrò silenziosamente in mezzo alla formazione insinuandosi tra i cacciatorpediniere di scorta e alle 03.14, giunta a ottocento metri di distanza da un grosso, piroscafo di 10-12.000 tonnellate, lanciò due siluri uno dei quali fu visto colpire a proravia della plancia. La motosilurante rimase ferma per osservare l’effetto del siluro e ricaricò i tubi di lancio. Non potè tuttavia tentare altre azioni poiché la nave attaccata dette l’allarme lanciando un razzo giallo e trasmettendo segnali radio. Subito dopo da prima si accesero i bengala che illuminarono la S.30 e successivamente i proiettori di numerose unità di scorta. Centrata dal fuoco di armi di ogni genere la motosiliurante si disimpegnò sottraendosi anche all’inseguimento di un cacciatorpediniere che la tenne sotto tiro parecchi minuti.
Nel frattempo la S.36, [STV Gunther Brauns] attaccava a lento moto un grosso cacciatorpediniere contro il quale lanciò una coppia di siluri che passarono vicini al bersaglio. La motosilurante ricaricò i tubi e alle 03.28 si avvicinò ad una petroliera di 8-10000 tonnellate. Sebbene illuminata dal fuoco delle unità di scorta che avevano percepito la minaccia lanciò un siluro dalla distanza di seicento metri e ritenne di aver raggiunto il bersaglio sotto il centro del castello. Subito dopo fu costretta a disimpegnarsi per sottrarsi alla reazione dei cacciatorpediniere della scorta.
Alle 03.40 il Mas 554 [STV Marco Calcagno] attaccò in lat. 36° 30’ nord, long. 11° 25’ est. Approfittando di alcuni bengala che illuminarono improvvisamente la profonda oscurità della notte diresse contro il piroscafo americano Almeria Likes, che si trovava di poppa al cacciatorpediniere Somali, e da una distanza di cinquecento metri lanciò i due siluri, uno dei quali colpì il bersaglio a prora sul lato sinistro. L’esplosione aprì uno squarcio nella stiva numero uno dove si trovavano munizioni che fortunatamente non deflagrarono. Nondimeno la dinamo andò immediatamente fuori uso e cinque minuti dopo le macchine si fermarono. Alle 04.30 il comandante si vide costretto ad ordinare l’evacuazione.
Contemporaneamente ai Mas della 20-a squadriglia avrebbero dovuto intervenire quelli della 18-ma. A partire dalle 01.30 e fino alle 04.00 essi avvistarono ad intervalli bagliori ed esplosioni dovuti al fuoco dell’artiglieria, ai fasci di proiettori e ai bengala, che si spostavano verso sud ed intercettarono segnali di scoperta lanciati dalle motosiluranti. Trovandosi a sud degli sbarramenti minati italiani 6AN e 6AN-bis e vedendo bagliori verso Capo Bon le unità della squadriglia si trovarono in posizione favorevole per intercettare il nemico diretto verso oriente in quanto il convoglio a causa delle zone minate sarebbe stato costretto ad attraversare la parte meridionale del settore di agguato. Invece di portarsi tra la costa della Tunisia e lo sbarramento 6AN-bis ove era probabile sarebbe passato il nemico in modo da favorire l’incontro, il capo flottiglia preferì rimanere con le sue unità passivamente nella zona occupata.
Nonostante ciò il Mas 557 [GM Battista Cafiero] non si attenne all’imposizione e con lodevole iniziativa si spostò a circa quaranta miglia a sud-ovest di Pantelleria, ove alle 04.40 avvistò il piroscafo americano Santa Elisa. Constatato che la distanza non gli avrebbe permesso di poe4rtarsi in posizione favorevole al lancio manovrando con i soli motori ausiliari, il GM Cafiero non esitò a mettere in moto i motori principali, pur sapendo che il loro rumore avrebbe messo in allarme il nemico. Il Santa Elisa percepì la minaccia e quando poco dopo vide sbucare dall’oscurità, molto vicina e sul lato sinistro, la sagoma della motosilurante manovrò opportunamente schivando il siluro. Fra il piroscafo e il Mas 557 che lo oltrepassava di poppa ad alta velocità si svolse da prima un violento scambio di colpi di mitragliera, poi l’unità italiana tornò all’attacco dall’altro lato e alle 05.10 lanciò da breve distanza il secondo siluro che arrivò a segno a prora del mercantile determinando un forte scoppio e immediatamente dopo una fiammata alta dai centocinquanta ai duecento metri di colore giallo-azzurrognolo. Trasportando in massima parte benzina per aerei il Santa Elisa prese fuoco da una estremità all’altra. Parte dell’equipaggio ebbe appena il tempo di mettersi in salvo calando in mare tre imbarcazioni prima che le fiamme, insieme all’esplosione del carico di munizioni, trasformassero la nave in un rottame incandescente. Due ore più tardi i ventotto superstiti vennero raccolti dai cacciatorpediniere Penn e Bramham, rimasti arretrati per scortare il piroscafo Port Chalmers.
Gli attacchi delle unità insidiose contro il convoglio in transito a sud di Pantelleria continuarono con intensità fino all’alba. Alle 05.00 il Mas 564 [N. II c. Giuseppe Iofrate] diresse contro il fianco sinistro del Rochester Castle [capitano Richard Wren] e da breve distanza lanciò un siluro che mancò il bersaglio. A questa azione e alla pronta reazione del piroscafo che aprì il fuoco con le mitragliere assistette la motosilurante germanica S.30, che aveva seguito il convoglio e attendeva l’occasione per attaccare eludendo i cacciatorpediniere di scorta. Il STV Weber si portò avanti sulla dritta del Rochester Castle e, fermate le macchine, lanciò due siluri. Con tale inosservata manovra, avvenuta alle 05.08 in lat. 36° 33’ nord, 11° 40’ est, il comandante della S.30 precedette un secondo attacco del Mas 564 ma non ebbe fortuna. Allorquando infatti circa due minuti più tardi si verificò lo0 scoppio seguito immediatamente da una immensa fiammata che avvolse completamente la nave attacata le armi della motosilurante avevano già percorso circa duemila metri e quindi una distanza molto maggiore di quella calcolata dal STV Weber per il lancio.
Con ben altro esito si era svolto alle 05.10 il secondo attacco del Mas 564 che aveva aggirato il piroscafo con il favore dell’oscurità. Il Rochester Castle riuscì ad individuare l’unità attaccante nello stesso tempo in cui fu raggiunto sul fianco destro da un siluro che aprì uno squarcio in corrispondenza della stiva 3. Fortunatamente per la nave le paratie ressero, le macchine continuarono a funzionare e il piroscafo, pur con la prua notevolmente abbassata, potè continuare la sua rotta mantenendo l’elevata velocità di 13 nodi.
Nel frattempo alle 05.08 un altro attacco era stato portato a compimento dal Mas 553 [TV Carlo Paolizza] in lat. 46° 28’ nord, long. 12° 00 est. Il piccolo scafo che di trovava qualche miglio più a levante del Mas 564 diresse contro un mercantile apprezzato per petroliera e ritenne di averlo colpito con un siluro sul fianco destro verso il centro dove scoppiò un incendio. Si trattò evidentemente di una osservazione errata poiché a quell’ora in quella zona non vennero affondate o danneggiate altre navi del convoglio.
Alla stessa ora, quando ormai stavano apparendo ad oriente le prime luci dell’alba, andarono ancora all’attacco tre motosiluranti italiane.
La prima fu la M.S. 31 che dopo aver silurato il Glenorky aveva seguito la lungo la testa del convoglio dei cui movimenti comunicò per circa quattro ore preziose informazioni. Avendo avvistato alle 05.15 due piroscafi ne attaccò uno da breve distanza lanciandogli contro, in mancanza di siluri, bombe di profondità. Il mercantile evitò le esplosioni accostando in fuori e comunicò la presenza della motosilurante ad un cacciatorpediniere che inseguì la M.S. 31 senza successo.
Poco più tardi, alle 05.20, la M.S. 25 e la M.S. 23 attaccarono un piroscafo scortato da un cacciatorpediniere la cui presenza era stata segnalata dalla M.S. 16. Poiché a causa della sorgente luce dell’alba il lancio dei tre siluri venne effettuato da eccessiva distanza le armi non arrivarono a bersaglio.
Sulla rotta del ritorno Pantelleria le due moto siluranti avvistarono un grosso piroscafo e una petroliera immobilizzati. La M.S. 23 aveva ancora un siluro ma il comandante non approfittò dell’occasione che gli si presentava di finire una di quelle navi in evidenti precarie condizioni di navigazione.

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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Fecia di Cossato
06-09-02, 15:22
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Sessant'anni fa la 'volpe del deserto' e la 'faina del deserto' si scontrarono in quella che doveva essere la 'battaglia decisiva' sul teatro di guerra del Mediterraneo... l'esito purtroppo lo conosciamo...

Veniamo ora a parlare di quella che in fondo è la pagina più amara, la seconda battaglia di El-Alamein combattuta tra la fine di agosto e l'inizio di settembre del '42. Lì si è giocato l'ultimo 'asso' che avrebbe potuto ancora far volgere la partita a favore dell'Asse, non ha funzionato e da allora di 'assi' non ve ne sono stati più a disposizione...

Che cosa è mancato?...

Lascio a voi il compito di trovare la risposta e mi limito a riportare la cronaca degli avvenimenti di quei giorni...

Quell’agosto del 1942 fu un mese denso di avvenimenti e di fondamentale importanza. Innanzitutto mentre una gigantesca tenaglia sembrava chiedersi sul Medio Oriente e le truppe tedesche e giapponesi cercavano, rispettivamente a Stalingrado e Guadalcanal lo sfondamento a sud-est, gli americani fecero sentire per la prima volta l’importanza della loro presenza nel conflitto e presero l’iniziativa. Il 7 agosto essi sbarcarono a Guadalcanal, dando così l’avvio ad una furibonda battaglia nella giungla [destinata a durare ben sei mesi] contro la 17-a armata giapponese del generale Haruyo Yakutake, che comprendeva 35.000 soldati.

Sul teatro di guerra africano anche i britannici avevano manifestato la loro volontà di riprendere l’iniziativa. Dopo che il generale H.E.W. Gott, destinato ad assumere il comando dell’8-a armata, era stato abbattuto il 7 agosto da un caccia tedesco mentre si recava in aereo da Burg el-Arab al Cairo, i britannici posero al comando dell’armata un uomo di grandi capacità, Sir Bernard Law Montgomery.
‘Monty’ era stato appena nominato comandante della 1-a armata, in sostituzione di Sir Harold Alexander, quando l’8 agosto seppe per telefono che doveva assumere il comando dell’8-a armata. Ebbe appena il tempo di affidare il fido cane ad un amico che il 9 partì per l’Egitto, dove giunse il 12. Al quartier generale dell’8-a armata trovò un’atmosfera ‘deprimente, fosca e provvisoria’ e si decise perciò ad assumere il comando già il 13 con due giorni di anticipo. Alle 18.30 comunicò agli uomini del suo stato maggiore che l’era delle ritirate era finita. Il flemmatico inglese comprese però anche ciò che i suoi predecessori non avevano capito, e cioè l’importanza di creare un mito intorno alla propria persona per galvanizzare le proprie truppe , contrapponendo il basco storto agli occhialoni antisabbia di Rommel, divenendo così in breve il naturale antagonista della ‘volpe del deserto’, ovvero la ‘faina del deserto’. Quanto al superiore di Montgomery, Claude J. E. Auchinleck, che al contrario di Churchill non intendeva passare subito al contrattacco, fu sostituito al comando dello scacchiere levantino proprio da Sir Harold Alexander, coetaneo di Rommel. Quest’ultimo seppe instaurare un’ottima collaborazione con ‘Monty’ ed il suo stato maggiore… era il 15 agosto.
El-Alamein è una stazioncina posta a metà strada tra Alessandria d’Egitto e Marsa Matruh, che prende il nome da un’altura detta Tel el-Alamein [‘collina delle cime gemelle’], situata tra la ferrovia e la costa. La località era servita negli anni prima della guerra come posto di ristoro e di pernottamento ai soldati britannici destinati alla guarnigione di Marza Matruh, che al tempo era raggiungibile solo attraverso una polverosa pista. Lo squallore del luogo era mitigato da una spiaggia incantevole da dove ci si poteva immergere in una azzurra acqua sub-tropicale che compensava tutte le asperità del deserto. Circa 28 miglia più a sud di El-Alamein vi è una località che si chiama Qaret el-Himeimat e subito più a sud di essa si apre la depressione di Qattara, una enorme conca salmastra posta a 60 metri sotto il livello del mare intransitabile per automezzi e carri armati e solo in alcuni punti attraversabile a dorso di cammello. Non si poteva pensare di aggirare la depressione poichè essa si estende fino all’oasi di Siva, e cioè a circa 250 km a sud della costa. Ciò voleva dire che o si sfondava ad El-Alamein o non vi era altra via per raggiungere il canale di Suez, obiettivo della ‘volpe del deserto’.
Né vi era alternativa poiché tutto il mondo si stava coalizzando contro l’Asse. Nei giorni 22 e 28 agosto infatti anche il Brasile dichiarò guerra rispettivamente alla Germania e all’Italia.Occorreva assolutamente una vittoria sul campo. Accantonata ogni idea di ripiegamento Rommel decise di attaccare il 30 agosto e alle 22 lanciò quella che doveva essere l’offensiva finale. Gli obiettivi erano ambiziosi. La 21-a divisione corazzata avrebbe preso Alessandria d’Egitto mentre la 15-a divisione corazzata e la 90-a divisione leggera avrebbero raggiunto prima il Cairo[1] e poi Suez. Mussolini, che aveva categoricamente ordinato alle truppe italiane di compiere ogni sforzo per entrare prima dei tedeschi ad Alessandria, attendeva ormai solo di poter presenziare sul suo cavallo bianco alla parata della vittoria. Dopo di che l’armata corazzata Afrika avrebbe puntato su Gerusalemme e da qui, attraverso il deserto Siriano, su Bassora e sul Golfo Persico.

A tutto questo però si opponeva ‘Monty’. La ‘faina del deserto’ aveva spostato subito il suo quartier generale verso la costa per essere più vicino al comando dell’Aviazione, ed aveva disposto la creazione di depositi nelle zone avanzate e la riorganizzazione delle forze in profondità, forze a cui non aveva lesinato munizioni, acqua e vettovagliamento. In breve aveva ridato fiducia alla 8-a armata e ciò che più conta aveva afferrato appieno la tattica di Rommel. Troppe volte sperimentata per non essere logora: puntare a sud verso il deserto, spinta profonda in direzione est e rapida conversione verso nord. Non gli sarebbe stato dunque molto difficile, sfruttando la superiorità di forze, parare e neutralizzare la mossa dell’avversario [2]. Per sovrappiù in questo ‘primo incontro’ egli venne favorito dall’astuzia e dalla fantasia del suo capo di stato maggiore, Francis De Guinguand, che, preparata una carta topografica truccata ove erano segnate false piste percorribili, errate zone di sabbia impraticabili per gli automezzi e finte posizioni di campi minati nel settore del XIII corpo d’armata, la fece cadere con abile stratagemma nella terra di nessuno in mano ai tedeschi che, prendendola per buona, se ne servirono in azione con conseguenze immaginabili.
Partito all’attacco con 281 carri armati italiani e 234 tedeschi Rommel tentò di sorprendere il XXX corpo d’armata britannico [generale William H.C. Ramsden] ed il XIII [generale Brian G. Horrocks], entrambi forti di 712 carri armati. Perno della lotta fu quota 132, punto dominante della cresta di Alam el-Haifa, altura strategica su cui montgomery aveva piazzato una divisione. Già cinque ore dopo l’offensiva si arenò. Presi sotto il fuoco della 7-a divisione corazzata e dell’aviazione del deserto, parte dei carri dell’Asse finirono in campi minati non individuati e altri si insabbiarono su itinerari che erano stati segnalati sulla carta come praticabili. I rimanenti non riuscirono ad avanzare che di una quindicina di chilometri. Il 31 agosto il generale Walther Nehring, comandante dell’Afrika-Korps, rimase ferito in un attacco aereo e fu sostituito dal colonnello Fritz Bayerlein e poi nel corso della stessa giornata dal generale Gustav von Vaerst. Il 1° settembre lo stesso feldmaresciallo Rommel scampò per un pelo ad una attacco della RAF e il 3 settembre, vista l’impossibilità di sfondare, dovette sospendere l’offensiva e ripiegare sulle linee di partenza. L’armata corazzata Afrika lamentava 2865 uomini tra morti, feriti e dispersi, oltre a 56 carri perduti. Tra i morti vi era anche il generale Georg von Bismark, comandante della 21-a divisione corazzata che nel tentativo di raggiungere Alessandria era saltato su una mina. Tra i feriti il comandante della 90-a divisione leggera, colpito durante un attacco aereo. Dal canto suo l’8-a armata britannica lamentava la perdita di 1600 uomini tra morti, feriti e dispersi e la perdita di 68 carri. L’estrema offensiva di Rommel era stata bloccata da una poderosa barriera di ferro e fuoco e con ciò l’Asse aveva perso definitivamente la possibilità di vincere la guerra nel Mediterraneo. Ora non restava che arroccarsi sulle posizioni raggiunte ed attendere il giorno x che l’avversario, ormai superiore a dismisura e padrone dell’iniziativa, avrebbe presto o tardi fissato con comodo.

[1]Come in Russia, anche in Egitto Napoleone fu più abile [o più fortunato] di Hitler, avendo occupato il Cairo il 24 luglio 1978.

[2] Alla fine di luglio Rommel ricevette di rinforzo la divisione di paracadutisti italiana Folgore e la brigata paracadutisti tedesca Ramke, entrambe originariamente destinate all’operazione ‘C3’ contro Malta che poi era stata annullata. Entrambe vennero da lui impiegate come normali unità di fanteria mentre nel corso della battaglia di fine agosto ad El-Alamein un eventuale lancio di paracadutisti alle spalle delle linee difensive britanniche avrebbe potuto costituire una mossa a sorpresa di imprevedibili sviluppi. Essa avrebbe richiesto tuttavia una elasticità mentale che evidentemente alla ‘volpe del deserto’ in questa circostanza mancò del tutto.

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06-09-02, 15:22
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Sessant'anni fa la 'volpe del deserto' e la 'faina del deserto' si scontrarono in quella che doveva essere la 'battaglia decisiva' sul teatro di guerra del Mediterraneo... l'esito purtroppo lo conosciamo...

Veniamo ora a parlare di quella che in fondo è la pagina più amara, la seconda battaglia di El-Alamein combattuta tra la fine di agosto e l'inizio di settembre del '42. Lì si è giocato l'ultimo 'asso' che avrebbe potuto ancora far volgere la partita a favore dell'Asse, non ha funzionato e da allora di 'assi' non ve ne sono stati più a disposizione...

Che cosa è mancato?...

Lascio a voi il compito di trovare la risposta e mi limito a riportare la cronaca degli avvenimenti di quei giorni...

Quell’agosto del 1942 fu un mese denso di avvenimenti e di fondamentale importanza. Innanzitutto mentre una gigantesca tenaglia sembrava chiedersi sul Medio Oriente e le truppe tedesche e giapponesi cercavano, rispettivamente a Stalingrado e Guadalcanal lo sfondamento a sud-est, gli americani fecero sentire per la prima volta l’importanza della loro presenza nel conflitto e presero l’iniziativa. Il 7 agosto essi sbarcarono a Guadalcanal, dando così l’avvio ad una furibonda battaglia nella giungla [destinata a durare ben sei mesi] contro la 17-a armata giapponese del generale Haruyo Yakutake, che comprendeva 35.000 soldati.

Sul teatro di guerra africano anche i britannici avevano manifestato la loro volontà di riprendere l’iniziativa. Dopo che il generale H.E.W. Gott, destinato ad assumere il comando dell’8-a armata, era stato abbattuto il 7 agosto da un caccia tedesco mentre si recava in aereo da Burg el-Arab al Cairo, i britannici posero al comando dell’armata un uomo di grandi capacità, Sir Bernard Law Montgomery.
‘Monty’ era stato appena nominato comandante della 1-a armata, in sostituzione di Sir Harold Alexander, quando l’8 agosto seppe per telefono che doveva assumere il comando dell’8-a armata. Ebbe appena il tempo di affidare il fido cane ad un amico che il 9 partì per l’Egitto, dove giunse il 12. Al quartier generale dell’8-a armata trovò un’atmosfera ‘deprimente, fosca e provvisoria’ e si decise perciò ad assumere il comando già il 13 con due giorni di anticipo. Alle 18.30 comunicò agli uomini del suo stato maggiore che l’era delle ritirate era finita. Il flemmatico inglese comprese però anche ciò che i suoi predecessori non avevano capito, e cioè l’importanza di creare un mito intorno alla propria persona per galvanizzare le proprie truppe , contrapponendo il basco storto agli occhialoni antisabbia di Rommel, divenendo così in breve il naturale antagonista della ‘volpe del deserto’, ovvero la ‘faina del deserto’. Quanto al superiore di Montgomery, Claude J. E. Auchinleck, che al contrario di Churchill non intendeva passare subito al contrattacco, fu sostituito al comando dello scacchiere levantino proprio da Sir Harold Alexander, coetaneo di Rommel. Quest’ultimo seppe instaurare un’ottima collaborazione con ‘Monty’ ed il suo stato maggiore… era il 15 agosto.
El-Alamein è una stazioncina posta a metà strada tra Alessandria d’Egitto e Marsa Matruh, che prende il nome da un’altura detta Tel el-Alamein [‘collina delle cime gemelle’], situata tra la ferrovia e la costa. La località era servita negli anni prima della guerra come posto di ristoro e di pernottamento ai soldati britannici destinati alla guarnigione di Marza Matruh, che al tempo era raggiungibile solo attraverso una polverosa pista. Lo squallore del luogo era mitigato da una spiaggia incantevole da dove ci si poteva immergere in una azzurra acqua sub-tropicale che compensava tutte le asperità del deserto. Circa 28 miglia più a sud di El-Alamein vi è una località che si chiama Qaret el-Himeimat e subito più a sud di essa si apre la depressione di Qattara, una enorme conca salmastra posta a 60 metri sotto il livello del mare intransitabile per automezzi e carri armati e solo in alcuni punti attraversabile a dorso di cammello. Non si poteva pensare di aggirare la depressione poichè essa si estende fino all’oasi di Siva, e cioè a circa 250 km a sud della costa. Ciò voleva dire che o si sfondava ad El-Alamein o non vi era altra via per raggiungere il canale di Suez, obiettivo della ‘volpe del deserto’.
Né vi era alternativa poiché tutto il mondo si stava coalizzando contro l’Asse. Nei giorni 22 e 28 agosto infatti anche il Brasile dichiarò guerra rispettivamente alla Germania e all’Italia.Occorreva assolutamente una vittoria sul campo. Accantonata ogni idea di ripiegamento Rommel decise di attaccare il 30 agosto e alle 22 lanciò quella che doveva essere l’offensiva finale. Gli obiettivi erano ambiziosi. La 21-a divisione corazzata avrebbe preso Alessandria d’Egitto mentre la 15-a divisione corazzata e la 90-a divisione leggera avrebbero raggiunto prima il Cairo[1] e poi Suez. Mussolini, che aveva categoricamente ordinato alle truppe italiane di compiere ogni sforzo per entrare prima dei tedeschi ad Alessandria, attendeva ormai solo di poter presenziare sul suo cavallo bianco alla parata della vittoria. Dopo di che l’armata corazzata Afrika avrebbe puntato su Gerusalemme e da qui, attraverso il deserto Siriano, su Bassora e sul Golfo Persico.

A tutto questo però si opponeva ‘Monty’. La ‘faina del deserto’ aveva spostato subito il suo quartier generale verso la costa per essere più vicino al comando dell’Aviazione, ed aveva disposto la creazione di depositi nelle zone avanzate e la riorganizzazione delle forze in profondità, forze a cui non aveva lesinato munizioni, acqua e vettovagliamento. In breve aveva ridato fiducia alla 8-a armata e ciò che più conta aveva afferrato appieno la tattica di Rommel. Troppe volte sperimentata per non essere logora: puntare a sud verso il deserto, spinta profonda in direzione est e rapida conversione verso nord. Non gli sarebbe stato dunque molto difficile, sfruttando la superiorità di forze, parare e neutralizzare la mossa dell’avversario [2]. Per sovrappiù in questo ‘primo incontro’ egli venne favorito dall’astuzia e dalla fantasia del suo capo di stato maggiore, Francis De Guinguand, che, preparata una carta topografica truccata ove erano segnate false piste percorribili, errate zone di sabbia impraticabili per gli automezzi e finte posizioni di campi minati nel settore del XIII corpo d’armata, la fece cadere con abile stratagemma nella terra di nessuno in mano ai tedeschi che, prendendola per buona, se ne servirono in azione con conseguenze immaginabili.
Partito all’attacco con 281 carri armati italiani e 234 tedeschi Rommel tentò di sorprendere il XXX corpo d’armata britannico [generale William H.C. Ramsden] ed il XIII [generale Brian G. Horrocks], entrambi forti di 712 carri armati. Perno della lotta fu quota 132, punto dominante della cresta di Alam el-Haifa, altura strategica su cui montgomery aveva piazzato una divisione. Già cinque ore dopo l’offensiva si arenò. Presi sotto il fuoco della 7-a divisione corazzata e dell’aviazione del deserto, parte dei carri dell’Asse finirono in campi minati non individuati e altri si insabbiarono su itinerari che erano stati segnalati sulla carta come praticabili. I rimanenti non riuscirono ad avanzare che di una quindicina di chilometri. Il 31 agosto il generale Walther Nehring, comandante dell’Afrika-Korps, rimase ferito in un attacco aereo e fu sostituito dal colonnello Fritz Bayerlein e poi nel corso della stessa giornata dal generale Gustav von Vaerst. Il 1° settembre lo stesso feldmaresciallo Rommel scampò per un pelo ad una attacco della RAF e il 3 settembre, vista l’impossibilità di sfondare, dovette sospendere l’offensiva e ripiegare sulle linee di partenza. L’armata corazzata Afrika lamentava 2865 uomini tra morti, feriti e dispersi, oltre a 56 carri perduti. Tra i morti vi era anche il generale Georg von Bismark, comandante della 21-a divisione corazzata che nel tentativo di raggiungere Alessandria era saltato su una mina. Tra i feriti il comandante della 90-a divisione leggera, colpito durante un attacco aereo. Dal canto suo l’8-a armata britannica lamentava la perdita di 1600 uomini tra morti, feriti e dispersi e la perdita di 68 carri. L’estrema offensiva di Rommel era stata bloccata da una poderosa barriera di ferro e fuoco e con ciò l’Asse aveva perso definitivamente la possibilità di vincere la guerra nel Mediterraneo. Ora non restava che arroccarsi sulle posizioni raggiunte ed attendere il giorno x che l’avversario, ormai superiore a dismisura e padrone dell’iniziativa, avrebbe presto o tardi fissato con comodo.

[1]Come in Russia, anche in Egitto Napoleone fu più abile [o più fortunato] di Hitler, avendo occupato il Cairo il 24 luglio 1978.

[2] Alla fine di luglio Rommel ricevette di rinforzo la divisione di paracadutisti italiana Folgore e la brigata paracadutisti tedesca Ramke, entrambe originariamente destinate all’operazione ‘C3’ contro Malta che poi era stata annullata. Entrambe vennero da lui impiegate come normali unità di fanteria mentre nel corso della battaglia di fine agosto ad El-Alamein un eventuale lancio di paracadutisti alle spalle delle linee difensive britanniche avrebbe potuto costituire una mossa a sorpresa di imprevedibili sviluppi. Essa avrebbe richiesto tuttavia una elasticità mentale che evidentemente alla ‘volpe del deserto’ in questa circostanza mancò del tutto.

--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

marcejap
09-09-02, 02:57
Originally posted by Fecia di Cossato


[2] Alla fine di luglio Rommel ricevette di rinforzo la divisione di paracadutisti italiana Folgore e la brigata paracadutisti tedesca Ramke, entrambe originariamente destinate all’operazione ‘C3’ contro Malta che poi era stata annullata. Entrambe vennero da lui impiegate come normali unità di fanteria mentre nel corso della battaglia di fine agosto ad El-Alamein un eventuale lancio di paracadutisti alle spalle delle linee difensive britanniche avrebbe potuto costituire una mossa a sorpresa di imprevedibili sviluppi. Essa avrebbe richiesto tuttavia una elasticità mentale che evidentemente alla ‘volpe del deserto’ in questa circostanza mancò del tutto. [/color]

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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato [/B]



caro amico, da quel ho letto dai libri di storia, so che Rommel non aveva a disposizione aerei da trasporto e lancio paracadutisti (mandati sul fronte orientale), inoltre perchè riteneva troppo rischioso lanciare uomini nelle retrove, un rischio molto alto se non si ha la sicurezza di sfondare il fronte e ricongiungersi a queste truppe (gli alleati avrebbero perso così una brigata nella cittadina olandese di Arnheim, nel '44)
saluti
marce

marcejap
09-09-02, 02:57
Originally posted by Fecia di Cossato


[2] Alla fine di luglio Rommel ricevette di rinforzo la divisione di paracadutisti italiana Folgore e la brigata paracadutisti tedesca Ramke, entrambe originariamente destinate all’operazione ‘C3’ contro Malta che poi era stata annullata. Entrambe vennero da lui impiegate come normali unità di fanteria mentre nel corso della battaglia di fine agosto ad El-Alamein un eventuale lancio di paracadutisti alle spalle delle linee difensive britanniche avrebbe potuto costituire una mossa a sorpresa di imprevedibili sviluppi. Essa avrebbe richiesto tuttavia una elasticità mentale che evidentemente alla ‘volpe del deserto’ in questa circostanza mancò del tutto. [/color]

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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato [/B]



caro amico, da quel ho letto dai libri di storia, so che Rommel non aveva a disposizione aerei da trasporto e lancio paracadutisti (mandati sul fronte orientale), inoltre perchè riteneva troppo rischioso lanciare uomini nelle retrove, un rischio molto alto se non si ha la sicurezza di sfondare il fronte e ricongiungersi a queste truppe (gli alleati avrebbero perso così una brigata nella cittadina olandese di Arnheim, nel '44)
saluti
marce

Fecia di Cossato
09-09-02, 09:17
caro marce
l'elemento 'rischio' non può essere ragionevolmente eliminato nell'impiego di truppe aviotrasportate, in quanto se vogliamo è 'intrinseco' nelle loro stesse modalità operative. Se andiamo anzi a vedere il risultato complessivo ottenuto dalle truppe paracadustiste, sua dell'Asse sia degli Alleati, si deve constatare che il più delle volte il loro impiego, anche nei casi conclusisi globalmente con un sucesso offensivo, ha comportato perdite ingenti e financo sproporzionate in molti casi. Oltre all'azione sfortunata di Arheim si debbono ricordare la conquista tedesca di Creta, nella quale oltre un terzo degli aerei impiegati per il trasporto di truppe andò perduto, lo sbarco alleato in Sicilia, ove un'aliquota addirittura maggiore di perdite ebbe a registrasi tra aerei abbattuti per errore dalla stessa contraerea della flotta anglo-americana, alianti ammarati per errore di pilotaggio in mare o fracassatisi sulle montagne ben lontano dagli obiettivi, per finire allo sbarco in Normandia, dove la maggior parte dei paracadustisti e degli alianti toccarono terra in zone paludose con la conseguenza che per diversi anni ogni tanto da quelle paludi emergevano i cadaveri di qualcuno delle migliaia di paracadustisti che vi erano annegati.

Queste considerazioni però non incidono sul fatto che in tutte quelle operazioni l'apporto delle truppe paracadististe, anche se ha richiesto grossi sacrifici in termini di vite, è stato determinante per il successo. Del resto che senso avrebbe assumersi i costi e gli oneri necessari per creare ed addestrare truppe paracadutate se poi si rinuncia al loro impiego perchè 'rischioso'?... mai forse come nei casi prima ricordati vale il vecchio e sempre valido proverbio 'chi non risica...'.

cordiali saluti!...

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Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

Fecia di Cossato
09-09-02, 09:17
caro marce
l'elemento 'rischio' non può essere ragionevolmente eliminato nell'impiego di truppe aviotrasportate, in quanto se vogliamo è 'intrinseco' nelle loro stesse modalità operative. Se andiamo anzi a vedere il risultato complessivo ottenuto dalle truppe paracadustiste, sua dell'Asse sia degli Alleati, si deve constatare che il più delle volte il loro impiego, anche nei casi conclusisi globalmente con un sucesso offensivo, ha comportato perdite ingenti e financo sproporzionate in molti casi. Oltre all'azione sfortunata di Arheim si debbono ricordare la conquista tedesca di Creta, nella quale oltre un terzo degli aerei impiegati per il trasporto di truppe andò perduto, lo sbarco alleato in Sicilia, ove un'aliquota addirittura maggiore di perdite ebbe a registrasi tra aerei abbattuti per errore dalla stessa contraerea della flotta anglo-americana, alianti ammarati per errore di pilotaggio in mare o fracassatisi sulle montagne ben lontano dagli obiettivi, per finire allo sbarco in Normandia, dove la maggior parte dei paracadustisti e degli alianti toccarono terra in zone paludose con la conseguenza che per diversi anni ogni tanto da quelle paludi emergevano i cadaveri di qualcuno delle migliaia di paracadustisti che vi erano annegati.

Queste considerazioni però non incidono sul fatto che in tutte quelle operazioni l'apporto delle truppe paracadististe, anche se ha richiesto grossi sacrifici in termini di vite, è stato determinante per il successo. Del resto che senso avrebbe assumersi i costi e gli oneri necessari per creare ed addestrare truppe paracadutate se poi si rinuncia al loro impiego perchè 'rischioso'?... mai forse come nei casi prima ricordati vale il vecchio e sempre valido proverbio 'chi non risica...'.

cordiali saluti!...

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Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

marcejap
10-09-02, 03:31
Originally posted by Fecia di Cossato
caro marce
l'elemento 'rischio' non può essere ragionevolmente eliminato nell'impiego di truppe aviotrasportate, in quanto se vogliamo è 'intrinseco' nelle loro stesse modalità operative. Se andiamo anzi a vedere il risultato complessivo ottenuto dalle truppe paracadustiste, sua dell'Asse sia degli Alleati, si deve constatare che il più delle volte il loro impiego, anche nei casi conclusisi globalmente con un sucesso offensivo, ha comportato perdite ingenti e financo sproporzionate in molti casi. Oltre all'azione sfortunata di Arheim si debbono ricordare la conquista tedesca di Creta, nella quale oltre un terzo degli aerei impiegati per il trasporto di truppe andò perduto, lo sbarco alleato in Sicilia, ove un'aliquota addirittura maggiore di perdite ebbe a registrasi tra aerei abbattuti per errore dalla stessa contraerea della flotta anglo-americana, alianti ammarati per errore di pilotaggio in mare o fracassatisi sulle montagne ben lontano dagli obiettivi, per finire allo sbarco in Normandia, dove la maggior parte dei paracadustisti e degli alianti toccarono terra in zone paludose con la conseguenza che per diversi anni ogni tanto da quelle paludi emergevano i cadaveri di qualcuno delle migliaia di paracadustisti che vi erano annegati.

Queste considerazioni però non incidono sul fatto che in tutte quelle operazioni l'apporto delle truppe paracadististe, anche se ha richiesto grossi sacrifici in termini di vite, è stato determinante per il successo. Del resto che senso avrebbe assumersi i costi e gli oneri necessari per creare ed addestrare truppe paracadutate se poi si rinuncia al loro impiego perchè 'rischioso'?... mai forse come nei casi prima ricordati vale il vecchio e sempre valido proverbio 'chi non risica...'.

cordiali saluti!...

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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato



Caro Fecia di Cossato
Sono d'accordissimo su ciò che hai detto, però io intendevo puntualizzare una cosa: l'impiego di truppe aviotrasportate nelle retrovie del nemico deve avvenire quando si ha una ragionevole certezza che le truppe di terra possano sfondare il fronte e ricongiungersi ai camerati. A Creta vi furono moltissime perdite tedesche, ma il loro sacrificio permise la cattura di alcuni importanti porti settentrionali dell'isola su cui poi fu possibile lo sbarco delle truppe di rinforzo (eravamo noi italici, in arrivo da Atene), ed a quel punto gli inglesi sgombrarono l'isola da sud. In Normandia gli alleati, date le ingenti quantità di uomini, mezzi e materiali erano quasi certi di riuscire nello sbarco; Arnheim fu un azzardo che riusì in parte, anche dovuto alla presenza nella zona (non identificata dagli aerei da ricognizione) di truppe tedesche in zona (se non sbaglio era una divisione SS panzer).
Inoltre c'è da considerare che i parà vengono impiegati quando il nemico non ha mezzi corrazzati nelle retrovie (o comunque non mezzi corrazzati pesanti); i parà del periodo non avevano con sè armi anti-carro, ma solo armi leggere. Il loro compito era prevalentemente di interromperre le comunicazioni tra i reparti, retrovie e comando, far saltare ponti, ecc. A Creta gli si chiese qualcosa i più: occupare dei porti affinchè vi potessero attraccare i trasporti con la truppa pesante, ed infatti la maggioranza dei morti i tedeschi la ebbero in combattimento più che per abbattimento degli alianti. Ad Arnheim stessa cosa: i ponti olandesi non dovevano essere distrutti, ma occupati e tenuti in caso di contrattacco. Gli alleati non arrivarono in tempo, e la brigata polacca che teneva uno dei ponti venne completamente annientata.
In Africa fu diverso. Certamente Rommel era troppo abituato alla forza penetrante dei mezzi corrazzati per pensare di usare i parà per il loro uso naturale. Oppure, come avevo detto, semplicemente non aveva abbastanza alianti, oppure voleva la poca benza disponibile per i mezzi corrazzati e non per gli aerei da trasporto. Personalmente penso che non avesse neanche abbastanza truppe di rinforzo, e per questo usò la Folgore e la Ramke come unità di fanteria.
Bisogna anche tener conto del fatto che Rommel sapeva della forza delle fortificazioni intorno ad El-alamein. La strategia di puntare a sud prima per poi convergere a nord successivamente era buona: si poteva prendere sul fianco la 3^ brigata sudafricana. Ma il comando tedesco sapeva che vi erano varie unità di rinforzo (anche se non si era sicuri che fossero corrazzate o meno) dietro El-Alamein, ma contemporaneamente non conosceva i campi minati della zona. Si rischiava di lanciare i parà sulle mine od in bocca ad unità nemiche. Occorreva studiare un piano con molta calma, ed occorreva molto tempo ed informazioni più dettagliate. Solo allora si poteva lanciare i soldati su una zona sicura, dove potessero organizzarsi per poi tagliare le comunicazioni del nemico e prenderli alle spalle. Tempo Rommel ne aveva poco. Da Berlino e Roma gl si chiedeva di entrare al Cairo in fretta, confidando nelle sue capacità. Gli americani avevano messo una gran fretta a tutti.
In ogni caso mi sa che non lo sapremo mai come andarono le cose. Magari se la "volpe" usava i parà si riusciva a sfondare ed arrivare ad Alessandria, oppure non ci si riusciva ed a quest'ora i morti dell'asse di El-Alamein sarebbero stati molti di più.
Ho giocato ad un giochetto di strategia (da tavolo) chiamato appunto "El-Alamein", e le forze del'asse hanno davvero poche unità. Difficilissimo sfondare. Ma i giochi non sono mai realistici al 100% (forse neanche il 10%). Per altro non era neanche previsto l'uso del lancio dei parà.
Su Malta ho letto un libro interessante (Cajus Bekker, "Storia della marina del III Reich, volume I e II", edizioni Longanesi), e dice che fu l'ammiraglio Raeder ed il comando tedesco a non volere l'operazione perchè il Supermarina aveva richiesto come prerogativa una quantità di nafta enorme. Alla fine il contrasto tra i due comandi era così grande che i tedeschi lasciarono perdere. Eppure sarebbe stata un'operazione utilissima (noialtri per portare benza a Rommel usavamo addirittura le navi da guerra, mettendo i fusti sui ponti; prova di grande coragio ed abnegazione, ma che era comunque una goccia nel mare).

saluti
marce

marcejap
10-09-02, 03:31
Originally posted by Fecia di Cossato
caro marce
l'elemento 'rischio' non può essere ragionevolmente eliminato nell'impiego di truppe aviotrasportate, in quanto se vogliamo è 'intrinseco' nelle loro stesse modalità operative. Se andiamo anzi a vedere il risultato complessivo ottenuto dalle truppe paracadustiste, sua dell'Asse sia degli Alleati, si deve constatare che il più delle volte il loro impiego, anche nei casi conclusisi globalmente con un sucesso offensivo, ha comportato perdite ingenti e financo sproporzionate in molti casi. Oltre all'azione sfortunata di Arheim si debbono ricordare la conquista tedesca di Creta, nella quale oltre un terzo degli aerei impiegati per il trasporto di truppe andò perduto, lo sbarco alleato in Sicilia, ove un'aliquota addirittura maggiore di perdite ebbe a registrasi tra aerei abbattuti per errore dalla stessa contraerea della flotta anglo-americana, alianti ammarati per errore di pilotaggio in mare o fracassatisi sulle montagne ben lontano dagli obiettivi, per finire allo sbarco in Normandia, dove la maggior parte dei paracadustisti e degli alianti toccarono terra in zone paludose con la conseguenza che per diversi anni ogni tanto da quelle paludi emergevano i cadaveri di qualcuno delle migliaia di paracadustisti che vi erano annegati.

Queste considerazioni però non incidono sul fatto che in tutte quelle operazioni l'apporto delle truppe paracadististe, anche se ha richiesto grossi sacrifici in termini di vite, è stato determinante per il successo. Del resto che senso avrebbe assumersi i costi e gli oneri necessari per creare ed addestrare truppe paracadutate se poi si rinuncia al loro impiego perchè 'rischioso'?... mai forse come nei casi prima ricordati vale il vecchio e sempre valido proverbio 'chi non risica...'.

cordiali saluti!...

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http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato



Caro Fecia di Cossato
Sono d'accordissimo su ciò che hai detto, però io intendevo puntualizzare una cosa: l'impiego di truppe aviotrasportate nelle retrovie del nemico deve avvenire quando si ha una ragionevole certezza che le truppe di terra possano sfondare il fronte e ricongiungersi ai camerati. A Creta vi furono moltissime perdite tedesche, ma il loro sacrificio permise la cattura di alcuni importanti porti settentrionali dell'isola su cui poi fu possibile lo sbarco delle truppe di rinforzo (eravamo noi italici, in arrivo da Atene), ed a quel punto gli inglesi sgombrarono l'isola da sud. In Normandia gli alleati, date le ingenti quantità di uomini, mezzi e materiali erano quasi certi di riuscire nello sbarco; Arnheim fu un azzardo che riusì in parte, anche dovuto alla presenza nella zona (non identificata dagli aerei da ricognizione) di truppe tedesche in zona (se non sbaglio era una divisione SS panzer).
Inoltre c'è da considerare che i parà vengono impiegati quando il nemico non ha mezzi corrazzati nelle retrovie (o comunque non mezzi corrazzati pesanti); i parà del periodo non avevano con sè armi anti-carro, ma solo armi leggere. Il loro compito era prevalentemente di interromperre le comunicazioni tra i reparti, retrovie e comando, far saltare ponti, ecc. A Creta gli si chiese qualcosa i più: occupare dei porti affinchè vi potessero attraccare i trasporti con la truppa pesante, ed infatti la maggioranza dei morti i tedeschi la ebbero in combattimento più che per abbattimento degli alianti. Ad Arnheim stessa cosa: i ponti olandesi non dovevano essere distrutti, ma occupati e tenuti in caso di contrattacco. Gli alleati non arrivarono in tempo, e la brigata polacca che teneva uno dei ponti venne completamente annientata.
In Africa fu diverso. Certamente Rommel era troppo abituato alla forza penetrante dei mezzi corrazzati per pensare di usare i parà per il loro uso naturale. Oppure, come avevo detto, semplicemente non aveva abbastanza alianti, oppure voleva la poca benza disponibile per i mezzi corrazzati e non per gli aerei da trasporto. Personalmente penso che non avesse neanche abbastanza truppe di rinforzo, e per questo usò la Folgore e la Ramke come unità di fanteria.
Bisogna anche tener conto del fatto che Rommel sapeva della forza delle fortificazioni intorno ad El-alamein. La strategia di puntare a sud prima per poi convergere a nord successivamente era buona: si poteva prendere sul fianco la 3^ brigata sudafricana. Ma il comando tedesco sapeva che vi erano varie unità di rinforzo (anche se non si era sicuri che fossero corrazzate o meno) dietro El-Alamein, ma contemporaneamente non conosceva i campi minati della zona. Si rischiava di lanciare i parà sulle mine od in bocca ad unità nemiche. Occorreva studiare un piano con molta calma, ed occorreva molto tempo ed informazioni più dettagliate. Solo allora si poteva lanciare i soldati su una zona sicura, dove potessero organizzarsi per poi tagliare le comunicazioni del nemico e prenderli alle spalle. Tempo Rommel ne aveva poco. Da Berlino e Roma gl si chiedeva di entrare al Cairo in fretta, confidando nelle sue capacità. Gli americani avevano messo una gran fretta a tutti.
In ogni caso mi sa che non lo sapremo mai come andarono le cose. Magari se la "volpe" usava i parà si riusciva a sfondare ed arrivare ad Alessandria, oppure non ci si riusciva ed a quest'ora i morti dell'asse di El-Alamein sarebbero stati molti di più.
Ho giocato ad un giochetto di strategia (da tavolo) chiamato appunto "El-Alamein", e le forze del'asse hanno davvero poche unità. Difficilissimo sfondare. Ma i giochi non sono mai realistici al 100% (forse neanche il 10%). Per altro non era neanche previsto l'uso del lancio dei parà.
Su Malta ho letto un libro interessante (Cajus Bekker, "Storia della marina del III Reich, volume I e II", edizioni Longanesi), e dice che fu l'ammiraglio Raeder ed il comando tedesco a non volere l'operazione perchè il Supermarina aveva richiesto come prerogativa una quantità di nafta enorme. Alla fine il contrasto tra i due comandi era così grande che i tedeschi lasciarono perdere. Eppure sarebbe stata un'operazione utilissima (noialtri per portare benza a Rommel usavamo addirittura le navi da guerra, mettendo i fusti sui ponti; prova di grande coragio ed abnegazione, ma che era comunque una goccia nel mare).

saluti
marce

F.B.
10-09-02, 09:11
Salve a tutti,

mi permetto di intervenire nella disussione, molto interessante, circa l'impiego dei parà in Africa Settentrionale per questo motivo: indipendentemente dal fattore rischio connesso all'impiego di tale tipo di unità, molto specializzate e quindi molto "costose", mi risulta, almeno per la gloriosa "Folgore", che essa fu inviata in Africa Settentrionale senza i paracadute; questi furono lasciati alla loro base. Ciò mi fa pensare che per la "Folgore" fosse previsto fin dal principio un impiego da Fanteria di linea, per così dire.

Se non erro questa decisione fu accolta, tra le fila della Divisione, come un triste presagio dell'ecatombe che l'avrebbe poi vista protagonista.

Da che cosa nacque questa decisione? Fu il Comando in Africa a prenderla o essa nacque in certi ambienti degli Alti Comandi a Roma, ambienti che per tutta la durata della guerra si resero protagonisti di "decisioni" quanto meno sorprendenti?

Cordiali saluti

F.B.
10-09-02, 09:11
Salve a tutti,

mi permetto di intervenire nella disussione, molto interessante, circa l'impiego dei parà in Africa Settentrionale per questo motivo: indipendentemente dal fattore rischio connesso all'impiego di tale tipo di unità, molto specializzate e quindi molto "costose", mi risulta, almeno per la gloriosa "Folgore", che essa fu inviata in Africa Settentrionale senza i paracadute; questi furono lasciati alla loro base. Ciò mi fa pensare che per la "Folgore" fosse previsto fin dal principio un impiego da Fanteria di linea, per così dire.

Se non erro questa decisione fu accolta, tra le fila della Divisione, come un triste presagio dell'ecatombe che l'avrebbe poi vista protagonista.

Da che cosa nacque questa decisione? Fu il Comando in Africa a prenderla o essa nacque in certi ambienti degli Alti Comandi a Roma, ambienti che per tutta la durata della guerra si resero protagonisti di "decisioni" quanto meno sorprendenti?

Cordiali saluti

marcejap
21-09-02, 02:09
Originally posted by F.B.
Salve a tutti,

mi permetto di intervenire nella disussione, molto interessante, circa l'impiego dei parà in Africa Settentrionale per questo motivo: indipendentemente dal fattore rischio connesso all'impiego di tale tipo di unità, molto specializzate e quindi molto "costose", mi risulta, almeno per la gloriosa "Folgore", che essa fu inviata in Africa Settentrionale senza i paracadute; questi furono lasciati alla loro base. Ciò mi fa pensare che per la "Folgore" fosse previsto fin dal principio un impiego da Fanteria di linea, per così dire.

Se non erro questa decisione fu accolta, tra le fila della Divisione, come un triste presagio dell'ecatombe che l'avrebbe poi vista protagonista.

Da che cosa nacque questa decisione? Fu il Comando in Africa a prenderla o essa nacque in certi ambienti degli Alti Comandi a Roma, ambienti che per tutta la durata della guerra si resero protagonisti di "decisioni" quanto meno sorprendenti?

Cordiali saluti


Sono andato a cercare un pò di dati sull'argomento. La Folgore si esercitò con paracadute tedeschi, ma quando venne il momento della partenza da un controllo nei depositi ci si accorse che ne mancavano moltissimi, trafugati da chissà chi (anche l'esercitò fu colpito dalla forte corruzione tipica del regime fascista, e forse fu proprio qualche alto gerarca a prenderseli, perchè non venne neanche avviata un'inchiesta ufficiale). Invece di comprarne altri dalla Germania l'alto comando (dato l'urgenza di soldati in prima linea in quel momento) inviò i parà come fanteria di linea.

saluti
marce

Ambrogio
22-09-02, 12:33
Originally posted by marcejap



Sono andato a cercare un pò di dati sull'argomento. La Folgore si esercitò con paracadute tedeschi, ma quando venne il momento della partenza da un controllo nei depositi ci si accorse che ne mancavano moltissimi, trafugati da chissà chi (anche l'esercitò fu colpito dalla forte corruzione tipica del regime fascista, e forse fu proprio qualche alto gerarca a prenderseli, perchè non venne neanche avviata un'inchiesta ufficiale). Invece di comprarne altri dalla Germania l'alto comando (dato l'urgenza di soldati in prima linea in quel momento) inviò i parà come fanteria di linea.

saluti
marce

Piu' che di corruzione parlerei piuttosto di voluto sabotaggio e connivenza con il nemico.Non piu' tardi di una quindicina di anni fa furono ritrovati a bordo di un nostro mercxantile affondato in
Sicilia fusti che dovevano essere di benzina ed invece contenevano acqua salata..

Piu' che una guerra italo.inglese fu una guerra italo.italiana.


Un saluto

marcejap
23-09-02, 01:53
Originally posted by Ferruccio


Piu' che di corruzione parlerei piuttosto di voluto sabotaggio e connivenza con il nemico.Non piu' tardi di una quindicina di anni fa furono ritrovati a bordo di un nostro mercxantile affondato in
Sicilia fusti che dovevano essere di benzina ed invece contenevano acqua salata..

Piu' che una guerra italo.inglese fu una guerra italo.italiana.


Un saluto


Mmh, non sono tanto sicuro di ciò.
Indubbiamente si può parlare di lassismo e mancanza di coraggio da parte di molti alti comandanti delle forze armate che non approvavano la scelta del regime di schierarsi con la Germania nazista, per di più contro potenze tradizionalmente amiche come GB e Fr (in particolare certe scelte della marina, che preferiva tenere le navi in porto piuttosto che tentare scontri che potevano risultare decisivi contro le flotte nemiche, e conservarle per un dopo guerra che molti ritenevano già persa in partenza -discorso questo già ben documentato da Fecia di Cossato-).
Però... a quei tempi la benza era fortemente razionata per il popolo proprio a causa delle necessità belliche, ma per molti generali od alti gerarchi del regime non mancò mai; e non la usavano certo il dovere, ma per uso personale, così come i beni alimentari allora preziosi (zucchero e caffè soprattutto), trafugati dai magazzini dell'esercito.
Ci saranno stati anche casi di sabotaggio, ma il regime fascista fu uno dei più corrotti della storia d'Italia (se non d'Europa), ed in quella situazione casi del genere erano all'ordine del giorno. L'esercito ne fu colpito moltissimo (anche perchè molti fascisti erano ex-militari che nella prima guerra mondiale facevano parte degli assaltatori). L'aviazione e la marina si salvarono in parte perchè corpi più d'elite i cui alti membri provenivano dalla società aristocratica e dell'alta borghesia, classi che rimasero più estranee al fascismo; e poi anche per un'etica diversa dall'esercito. Non dimentichiamo l'abnegazione dei marinai che, pur di portare la preziosa benza ai carri di Rommel, arrivarono ad usare le navi da guerra, con i fusti imbarcati sui ponti dei cacciatorpediniere.

cordialmente
marce

Ambrogio
23-09-02, 09:41
Originally posted by marcejap



Mmh, non sono tanto sicuro di ciò.
Indubbiamente si può parlare di lassismo e mancanza di coraggio da parte di molti alti comandanti delle forze armate che non approvavano la scelta del regime di schierarsi con la Germania nazista, per di più contro potenze tradizionalmente amiche come GB e Fr (in particolare certe scelte della marina, che preferiva tenere le navi in porto piuttosto che tentare scontri che potevano risultare decisivi contro le flotte nemiche, e conservarle per un dopo guerra che molti ritenevano già persa in partenza -discorso questo già ben documentato da Fecia di Cossato-).
Però... a quei tempi la benza era fortemente razionata per il popolo proprio a causa delle necessità belliche, ma per molti generali od alti gerarchi del regime non mancò mai; e non la usavano certo il dovere, ma per uso personale, così come i beni alimentari allora preziosi (zucchero e caffè soprattutto), trafugati dai magazzini dell'esercito.
Ci saranno stati anche casi di sabotaggio, ma il regime fascista fu uno dei più corrotti della storia d'Italia (se non d'Europa), ed in quella situazione casi del genere erano all'ordine del giorno. L'esercito ne fu colpito moltissimo (anche perchè molti fascisti erano ex-militari che nella prima guerra mondiale facevano parte degli assaltatori). L'aviazione e la marina si salvarono in parte perchè corpi più d'elite i cui alti membri provenivano dalla società aristocratica e dell'alta borghesia, classi che rimasero più estranee al fascismo; e poi anche per un'etica diversa dall'esercito. Non dimentichiamo l'abnegazione dei marinai che, pur di portare la preziosa benza ai carri di Rommel, arrivarono ad usare le navi da guerra, con i fusti imbarcati sui ponti dei cacciatorpediniere.

cordialmente
marce

Francia e Gran Bretagna tradizionli nostre amcihe:proprio vero che DAGLI AMICI MI GUARDI IDDIO CHE DAI NEMICI MI GUARDO IO.

Ci buttarono dentro la prima guerra mondiale poi ci pagarono con dei contenziosi e loro si papparono la " polpa ". A noi didero il desero dell'Oltre Giuba.

La Marina ( nel sensi degli Ammiragli ) era dominio della Massoneria e degli Inglesi il resto viene da se' e dl resto basta vedere chje misera fimne fece a Malta.Nessuna Marina avrenne accetato un tale resa a Malta.

Corruzione fascista:nell'immediato dopoguerra Vi furono diecine di processi al rigiuardo ma ne venne fuori ben poco.Anzi ad uin certo punto il capitolo si chiuse in quanto gli approfittamenti erano stati ben poca cosa.

Vero che i sentimenti antitedeschi erano prevalenti:nessuno aveva mai detto agli italiani che senza le vittorie di Sedan e Sadowa noi non saremmo mai esistiti o al massimo saremmo durati solo dal 1861 al 1870.

Trentanni di alleanza erano stati messi sotto i piedi e alla fine la guerra all'Austria l'avevamo dichiarata noi nel 1915

Certi luoghi comuni sono duri a morire e c'e chi abbocca ancora oggi.La propaganda nemica ha lavorato bene e lavora bene tuttoggi.

NO la guerra fu sabotata dagli " amici dei nemici " quelli poi protetti dall'art.16 del tratttato di pace.

Basta vedere che cosa i tedeschi trovarono nei magazzini italiani
dopo l' 8 Settembre del 43.

Un saluto

marcejap
24-09-02, 07:25
Originally posted by Ferruccio


Francia e Gran Bretagna tradizionli nostre amcihe:proprio vero che DAGLI AMICI MI GUARDI IDDIO CHE DAI NEMICI MI GUARDO IO.

Ci buttarono dentro la prima guerra mondiale poi ci pagarono con dei contenziosi e loro si papparono la " polpa ". A noi didero il desero dell'Oltre Giuba.

La Marina ( nel sensi degli Ammiragli ) era dominio della Massoneria e degli Inglesi il resto viene da se' e dl resto basta vedere chje misera fimne fece a Malta.Nessuna Marina avrenne accetato un tale resa a Malta.

Corruzione fascista:nell'immediato dopoguerra Vi furono diecine di processi al rigiuardo ma ne venne fuori ben poco.Anzi ad uin certo punto il capitolo si chiuse in quanto gli approfittamenti erano stati ben poca cosa.

Vero che i sentimenti antitedeschi erano prevalenti:nessuno aveva mai detto agli italiani che senza le vittorie di Sedan e Sadowa noi non saremmo mai esistiti o al massimo saremmo durati solo dal 1861 al 1870.

Trentanni di alleanza erano stati messi sotto i piedi e alla fine la guerra all'Austria l'avevamo dichiarata noi nel 1915

Certi luoghi comuni sono duri a morire e c'e chi abbocca ancora oggi.La propaganda nemica ha lavorato bene e lavora bene tuttoggi.

NO la guerra fu sabotata dagli " amici dei nemici " quelli poi protetti dall'art.16 del tratttato di pace.

Basta vedere che cosa i tedeschi trovarono nei magazzini italiani
dopo l' 8 Settembre del 43.

Un saluto


Non capisco proprio questa cosa dei sabotaggi e dei tradimenti, e soprattutto questa nuova uscita sui rapporti italo-tedeschi. In italia i sentimenti non erano di odio verso i tedeschi, ma verso il loro regime. La Germania di Bismarck era ben vista nell'italia del 19° secolo perchè avevano ottenuto l'indipendenza proprio come noi nel 1860, e poi grazie anche all'alleanza che ribaltò il pessimo risultato della battaglia di Lissa (gli austriaci furono costretti a darci concessioni importanti perchè eravamo alleati del Bismarck).
I francesi ci sono sempre stati vicini per assonanza di lingua, per un certo ideale rivoluzionario mai sopito in italia e perchè anche casa Savoia è di madrelingua francese. Quanto agli inglesi, loro appoggiarono sempre l'indipendenza italiana che avrebbe tolto influenza agli Asburgo nei Balcani. Garibaldi fu portato in trionfo quando andò a visitare Londra.
Quanto alla prima guerra mondiale... fummo noi italici che ci dividemmo tra interventisti e non, e quando si attaccò decidemmo di farlo contro l'Austria perchè il vero nemico, in fondo. Poi vi fu il caso di Versailles, che vide gli alleati negarci Fiume, ma certo era più logico andare contro Vienna che contro Parigi.
Oltretutto la guerra fu dichiarata solo all'Austria. Alla Germania venne dichiarata solo nel '17. Ed era meglio se non veniva fatto, perchè furono truppe tedesche a sfondare a Caporetto.

Ambrogio
24-09-02, 10:34
Caro Marcejap ,

devo contraddirti.A seguito della prima guerra mondiale l'antipatia anzi l'odio degli italkiani era contro i tedeschi in quanto tedeschi.Gli italiani oltre al resto avevano letteralmente " bevute " panzane" tipo quelle dei bambini belgi con le mani tagliate dai tedeschi o quella del LUSITANIA.Tutti " lavoretti " della propaganda inglese ( leggere IL LUSITANIA di Colins Simpson ).

Forse ai tempi di Bismark vi era una qualche simpatia verso la Germania ( pero' Garibaldi nel 70 intervenne a fianco dei francesi )
ma e' un fatto che gli italiani in genere ignorarono sempre che senza le vittorie prussiane di Sadowa ma in particolare di quella di Sedan nel 70 ,l'iTalia l'avrebbero disfatta sul nascere e proprio i francesi che ,d'accordo con la Chiesa, se avessereo prevalso contro i prussiani di Von Moltke , avevano gia' in programma di
scendere in forze in Italia e far sputare all'Italia i territori della Chiesa che avevamo occupato nel 59.Risultato l'Italia sarebbe stata tagliata in due con un certissima ripresa della rivolta nel Sud.

FINIS TALIAE !

Quanto alla Gran Bretagna aveva ispirato con la Massoneria il
nostro Risorgimento solo e soltanto prodomo sua e cioe' noi
dovevamo destabilizzare l'area mediterraneo nuocendo contenmporaneamente a Francia ed Impero Asbrurgico

E' un dato di fatto che la sconfitta dell'Austria fu un suicidio per l'Italia cui venne a mancare l'antemurale contro il mondo germanico e contro quello slavo con in piu' un marre di contenziosi con tutti ( Aklto Adige,Slavi dell'Istria ) proprio un bel lavoretto anglo-francese per danneggiarci e non dimenticare la creazione di una Jugoslavia apposta per romperci i coglioni
ad Est.

Nel 15 ne' gli Austriaci ne' i tedeschi erano nostri nemici.La
Germania non lo era mai stata e l'Austria aveve ceessato di esserlo gia' almeno trentanni prima.Anzi avevamo con loro una
alleanza all'ombra della quale tra l'altro avevamo potuto prenderci la Libia.,

E' comunque stupefacente come ancora oggi si prendano per buone le vulgate propinateci da quellio e che si' erano invece i veri nostri nemici ed anche dell'Europa e lo sono ancora oggi,piu' che mai.

.

marcejap
29-09-02, 17:57
Originally posted by Ferruccio
Caro Marcejap ,

devo contraddirti.A seguito della prima guerra mondiale l'antipatia anzi l'odio degli italkiani era contro i tedeschi in quanto tedeschi.Gli italiani oltre al resto avevano letteralmente " bevute " panzane" tipo quelle dei bambini belgi con le mani tagliate dai tedeschi o quella del LUSITANIA.Tutti " lavoretti " della propaganda inglese ( leggere IL LUSITANIA di Colins Simpson ).

Indubbiamente la vicenda del Lusitania non contribuì certo ad aumentare le simpatie filo-tedesche, ma in generale i tedeschi non erano visti malissimo dagli italiani nel periodo pre-Igm. Da una parte erano un pò simpatici perchè ci erano alleati contro l'Austria, dall'altra un pò antipatici perchè il Bismarck attaccò poi la Francia ed il II reich cominciò ad avere atteggiamenti un pò arroganti, da grande potenza quale era diventata dopo la vittoria del '70.



l'iTalia l'avrebbero disfatta sul nascere e proprio i francesi che ,d'accordo con la Chiesa, se avessereo prevalso contro i prussiani di Von Moltke , avevano gia' in programma di
scendere in forze in Italia e far sputare all'Italia i territori della Chiesa che avevamo occupato nel 59.Risultato l'Italia sarebbe stata tagliata in due con un certissima ripresa della rivolta nel Sud.

FINIS TALIAE !

Quanto alla Gran Bretagna aveva ispirato con la Massoneria il
nostro Risorgimento solo e soltanto prodomo sua e cioe' noi
dovevamo destabilizzare l'area mediterraneo nuocendo contenmporaneamente a Francia ed Impero Asbrurgico

E' un dato di fatto che la sconfitta dell'Austria fu un suicidio per l'Italia cui venne a mancare l'antemurale contro il mondo germanico e contro quello slavo con in piu' un marre di contenziosi con tutti ( Aklto Adige,Slavi dell'Istria ) proprio un bel lavoretto anglo-francese per danneggiarci e non dimenticare la creazione di una Jugoslavia apposta per romperci i coglioni
ad Est.

Nel 15 ne' gli Austriaci ne' i tedeschi erano nostri nemici.La
Germania non lo era mai stata e l'Austria aveve ceessato di esserlo gia' almeno trentanni prima.Anzi avevamo con loro una
alleanza all'ombra della quale tra l'altro avevamo potuto prenderci la Libia.,

E' comunque stupefacente come ancora oggi si prendano per buone le vulgate propinateci da quellio e che si' erano invece i veri nostri nemici ed anche dell'Europa e lo sono ancora oggi,piu' che mai.


Troppi "se" per i miei gusti. Comunque te parli delle idee e dei programmi politico-militari. Cerchiamo invece di analizzare le idee dell'opinione pubblica del periodo. L'inglese medio, ad esempio, simpatizzava per quelle popolazioni che si ribellavano al dominio straniero rendendosi indipendenti (come noi ed i greci). Se parli degli orientamenti dei politici e dei governi, ti dò pienamente ragione. L'Austria non era un nemico infatti. Ma per l'italiano medio del periodo era ancora l'impero contro cui avevamo dovuto combattere per renderci indipendenti, e quindi un nemico ancora presente, quasi atavico (pur se solo nella testa della gente). Non a caso quando si parlava di interventismo, si indicava proprio l'Austria come il vero nemico, non la Francia.
L'Italia non aveva nessun bisogno di entrare in guerra. Bastava chiedergli i territori friulani in cambio della nostra neutralità. Vienna ce li avrebbe ceduti, e senza sparare un colpo.

Ambrogio
30-09-02, 09:08
Originally posted by marcejap


Indubbiamente la vicenda del Lusitania non contribuì certo ad aumentare le simpatie filo-tedesche, ma in generale i tedeschi non erano visti malissimo dagli italiani nel periodo pre-Igm. Da una parte erano un pò simpatici perchè ci erano alleati contro l'Austria, dall'altra un pò antipatici perchè il Bismarck attaccò poi la Francia ed il II reich cominciò ad avere atteggiamenti un pò arroganti, da grande potenza quale era diventata dopo la vittoria del '70.

[B]
Troppi "se" per i miei gusti. Comunque te parli delle idee e dei programmi politico-militari. Cerchiamo invece di analizzare le idee dell'opinione pubblica del periodo. L'inglese medio, ad esempio, simpatizzava per quelle popolazioni che si ribellavano al dominio straniero rendendosi indipendenti (come noi ed i greci). Se parli degli orientamenti dei politici e dei governi, ti dò pienamente ragione. L'Austria non era un nemico infatti. Ma per l'italiano medio del periodo era ancora l'impero contro cui avevamo dovuto combattere per renderci indipendenti, e quindi un nemico ancora presente, quasi atavico (pur se solo nella testa della gente). Non a caso quando si parlava di interventismo, si indicava proprio l'Austria come il vero nemico, non la Francia.
L'Italia non aveva nessun bisogno di entrare in guerra. Bastava chiedergli i territori friulani in cambio della nostra neutralità. Vienna ce li avrebbe ceduti, e senza sparare un colpo.

Verissimo ma tuttavia entrammo in guerra con una campagna interventista potentissima.In realta' in quel periodo il nemico era ben piu' il francese che non l'Austriaco che avrebbe mollato " parecchio " come disse Giolitti.Ando' cosi' e ci ando' malissimo.

Il gioco era comunque condotto dalla grande finanza e dalla massoneria:scopo il dominio moindiale.Iocavano molto di ricordi , di lposicologia condizoionante, come sempre del resto.Primo obbiettivo.abbattare le monmarchi conservatrici e prima tra queste i Romanoff.quindi gli Hoenzollern quindi gli Asburgo e cioe' le basi di una Europa pericolosa per le potenze marittime

Gli inglesi saranno stati anche per i popoli che si loberaravano dal
gioco straniereo pero' intanto con i Boeri inventarono....
i primi campi di concentramento.Con i diamanti non si scherza !


Un saluto.Toprno l' 8 Ottobre.

Fecia di Cossato
30-09-02, 16:09
http://utenti.lycos.it/luposabatini/Laconia1.bmp

I sopravvissuti italiani e inglesi sul ponte dell'U156

http://utenti.lycos.it/luposabatini/Laconia2.bmp

Il transatlantico inglese Laconia, al comando del capitano Rudolph Sharp


http://utenti.lycos.it/luposabatini/Laconia3.bmp http://utenti.lycos.it/luposabatini/Doenitz1.bmp

Il comandante Werner Hartenstein e l'ammiraglio Karl Doenitz

E’ risaputo fin dal tempo delle guerre puniche che la storia, quasi sempre scritta unicamente dai ‘vincitori’, assegna di solito la parte dei cattivi ai ‘perdenti’. Per cercare in qualche modo si smentire questa regola è uscito in questi giorni un’interessante opera scritta dal giornalista Donatello Belloni dal titolo Prigionieri dell’oceano. La tragedia del Laconia, edito da Sperling & Kupfer. La vicenda trattata è anch’essa ambientata nel periodo di cui si tratta, vale a dire l’estate del 1942. Il Laconia era una nave passeggeri da 19 mila tonnellate che era stata adibita al trasporto truppe durante l’ultimo conflitto mondiale. Era partita il 29 luglio del 1942 dal porto di Suez alla volta dell’Inghilterra sotto il comando del capitano Rudolph Sharp e con a bordo 2830 persone. 463 costituivano l’equipaggio, 80 erano donne e bambini, 286 erano miltari inglesi e 160 militari polacchi, e infine ben 1841 erano prigionieri di guerra italiani catturati nel corso dei combattimenti degli ultimi mesi a Bir El Gobi, Sidi Rezegh, Bir Hacheim, El Alamein. Questi ultimi erano ammassati in stive buie e rinchiusi in quattro grosse gabbie di ferro dove ciascuno aveva a disposizone solamente mezzo metro quadro di spazio. A far loro da guardia erano stati assegnati i polacchi che non esitavano a ricorrere alle baionette per mantenere la ‘disciplina’.
Il destino del Laconia doveva compiersi alle ore 11.37 del 12 settembre 1942 al largo delle coste sud-africane, quando intersecò la rotta del sommergibile tedesco U156, comandato dal CF [Capitano di Fregata] Werner Hartenstein, 32 anni, chiamato dal suo equipaggio affettuosamente ‘il vecchio’ per la sua esperienza e sangue freddo. Non appena avvistato il Laconia mentre con il suo sommergibile naviga in superficie il comandante tedesco non perde tempo, lancia due siluri e li osserva tranquillamente andare a segno. Viene intercettato il messaggio di soccorso inviato dalla nave in agonia : ‘… SSS… SSS… 04.34 sud, 11.25 ovest… Laconia silurato…’. Pur sapendo che la tripla S era il segnale convenzionale da lanciare in caso di attacco di sommergibili e pertanto in poco tempo il nemico gli sarebbe stato addosso il comandante Hartenstein decide di attenersi agli ordini che raccomandavano la cattura dei comandanti delle navi nemiche affondate e si avvicina pertanto al relitto. Dalla prima zattera si leva disperato il pianto di donne e bambini, dalla seconda arriva il gemito dei feriti e dalla terza, inaspettatamente giunge un grido in italiano: ‘aiuto!…’. Haretnstein si avvicina e subito nota dalle uniformi lacere che si tratta di prigionieri italiani. Secondo gli ordini avrebbe dovuto lasciare tutti quanti al loro destino ma egli contravviene re decide di porre in salvo prima donne e bambini e poi anche gli italiani. Da prima imbarca a bordo più persone che può, poi fa stendere un cavo per collegare tutte le scialuppe al battello ed infine invia un messaggio cifrato all’ammiraglio Karl Doenitz illustrandogli la situazione. Doenitz, contravvenendo ai precisi ordini di Hitler, organizza una incredibile operazione di soccorso ordinando ai tre sottomarini più prossimo all’U 156, comandati da Harro Schacht, Erik Wurdemann e Wilamovitz Moellendorf, di raggiungere Hartenstein e di partecipare al salvataggio dei naufraghi. La base italiana di Betasom a Bordeaux viene allertata e anch’essa ha modo di inviare nella zona il sommergibile Cappellini, comandato dal TV [Tenente di Vascello] Marco Ravedin. Contemporaneamente viene avvisato anche il quartier generale di Berlino, dal quale giunge una secca risposta che però verrà ignorata: ‘Il Fuehrer disapprova l’operazione’.
Da prima giunge in zona il 15 settembre il sommergibile di Wurdemann, il quale imbarca 130 superstiti e subito si dilegua. Il giorno dopo è la volta del comandante Schacht che recupera 153 naufraghi, 59 dei quali italiani. Il 16 settembre è la volta del comandante Ravedin che raccoglie la sua parte di naufraghi. A bordo dell’U 156 rimangono ancora 110 superstiti, di cui 55 italiani. Trainandosi dietro altre quattro scialuppe e inalberando la croce rossa a prua Hartenstein inizia un quasi disperato viaggio verso la salvezza rappresentata da alcune navi francesi di Vichy e sulla rotta sarà più volte attaccato dai quadrimotori americani incuranti della presenza sul ponte, ben visibili, di donne e bambini. Una bomba esplosa vicino causerà gravi danni allo scafo ma, per quanto incredibilmente, Hartenstein riuscirà a salvare se stesso, il proprio equipaggio e la totalità dei naufraghi imbarcati.

Un episodio che dovrebbe fare se non altro un poco riflettere quanti con facilità affermano che il tedesco è stato un alleato ‘infido’…

Saluti a tutti!…


--------------

http://utenti.lycos.it/luposabatini/stemmaitaliani.jpg Nobis ardua

Comandante CC Carlo Fecia di Cossato

marcejap
01-10-02, 03:22
Originally posted by Ferruccio


Verissimo ma tuttavia entrammo in guerra con una campagna interventista potentissima.In realta' in quel periodo il nemico era ben piu' il francese che non l'Austriaco che avrebbe mollato " parecchio " come disse Giolitti.Ando' cosi' e ci ando' malissimo.

Il gioco era comunque condotto dalla grande finanza e dalla massoneria:scopo il dominio moindiale.Iocavano molto di ricordi , di lposicologia condizoionante, come sempre del resto.Primo obbiettivo.abbattare le monmarchi conservatrici e prima tra queste i Romanoff.quindi gli Hoenzollern quindi gli Asburgo e cioe' le basi di una Europa pericolosa per le potenze marittime

Gli inglesi saranno stati anche per i popoli che si loberaravano dal
gioco straniereo pero' intanto con i Boeri inventarono....
i primi campi di concentramento.Con i diamanti non si scherza !


Un saluto.Toprno l' 8 Ottobre.


Concordo pienamente e buon viaggio

marcejap
01-10-02, 03:40
Originally posted by Fecia di Cossato

sulla rotta sarà più volte attaccato dai quadrimotori americani incuranti della presenza sul ponte, ben visibili, di donne e bambini. Una bomba esplosa vicino causerà gravi danni allo scafo ma, per quanto incredibilmente, Hartenstein riuscirà a salvare se stesso, il proprio equipaggio e la totalità dei naufraghi imbarcati.

Un episodio che dovrebbe fare se non altro un poco riflettere quanti con facilità affermano che il tedesco è stato un alleato ‘infido’…

Saluti a tutti!…


La vicenda del quadrimotore americano (se non ricordo male era un Catalina) fu dibattuta anche a Norimberga. Le autorità americane -che cercavano di condannare Donitz- dovettero ammettere che la marina tedesca in quel caso adottò un comportamento ineccepibile. Gli aviatori americani, benchè sapessero del problema dell'U-156 (erano stati informati dalla base), benchè il battello esponesse una grande bandiera bianca con la croce rossa sul ponte e malgrado i tentativi di contatto radio da parte del comandante del sommergibile, attaccò comunque il sub tedesco, costringendo questi ad un'immersione rapida, e conseguente rovesciamento di alcuni barchini di naufraghi che stava trainando. Tra l'altro i marinai tedeschi dovettero letteralmente gettare a mare i naufraghi che tentavano in tutti i modi di restare a bordo.
Naturalmente gli aviatori americani non subirono nessun processo per il loro comportamento.

Riguardo all'ultima frase... non dimentichiamo che i tedeschi non erano soltanto marinai colpiti improvvisamente da "crocerossite acuta"...