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jeronimus2002 (POL)
09-08-02, 02:09
Ho trovato due articoli, che mi paiono interessanti. Voi che ne dite?
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INGermania si stanno moltiplicando le dimissioni spontanee di politici, ministri compresi, per scorrettezze di comportamento in facilitazioni di viaggio e per compensi impropri. «Peccati veniali » - si ammette da parte di tutti. Ma per un politico tedesco è diventato intollerabile il venir meno o anche solo l'appannarsi del rapporto fiduciario con gli elettori, sia pure per motivi non gravi. Soprattutto non c'è bisogno che si muova il magistrato. Basta la denuncia di un giornale. E non vale la giustificazione che
«lo fanno tutti». Da qui le dimissioni di un ministro socialdemocratico, del viceborgomastro postcomunista di Berlino, di deputati verdi e democristiani.
Rinunciamo ad un confronto con situazioni italiane similari (al di là del merito degli abusi di viaggio) che ci porterebbe a conclusioni sconfortanti. Chiediamoci invece se quanto sta accadendo in Germania è solo una questione di stile e di etica pubblica, radicata nel costume e nella cultura nazionale, o non segnali qualcosa di nuovo e di più specifico.
Nella stessa Germania non mancano voci che considerano esagerata la reazione dei politici interessati e sospettano che l'operazione di denuncia da parte di qualche giornale sia politicamente mirata. Infatti, anche se le accuse sono generalizzate a uomini di ogni colore, non c'è dubbio che la vittima principale del nuovo clima è la coalizione rosso-verde e quindi il governo Schroeder.
Un'operazione di sostegno elettorale dunque in previsione del voto di settembre che - secondo i
sondaggi - già si presenta sfavorevole all'attuale coalizione?
Naturalmente non si può scartare questa ipotesi. Ma suona un po' troppo «italiana». Credo che
l'iperreazione dei tedeschi risponda a due altre esigenze: il tema onestà, trasparenza, affidabilità
sta diventando decisivo per le nostre democrazie, accanto al criterio della competenza. In rapporto
inverso alla ideologizzazione e alla politicizzazione generica, secondo cui ciò che conta è «da che parte stai», anche se sei poco onesto e poco competente.
La seconda esigenza è che la politica attivi rapidi ed efficaci meccanismi autocorrettivi, pubblici, in caso di corruzione – ancor prima e a prescindere dall'intervento della magistratura. Già il caso Kohl tempo fa si è svolto e risolto tutto dentro a questi meccanismi.
Non è stato affatto - come erroneamente si è detto -
una variante tedesca dellaTangentopoli italiana. Purtroppo il nostro paese rimane il cattivo esempio
di come non si combatte e non si corregge la corruzione politica, piccola o grande che sia.

Gian Enrico Rusconi (La Stampa del 3/8/2002)

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mi paiono del tutto condivisibili le riflessioni espresse da Gian Enrico Rusconi nell´editoriale di ieri a proposito della «differenza di stile e di etica pubblica» tra i politici tedeschi e quelli italiani. In Germania molti di loro si stanno addirittura dimettendo da parlamentari solo perché avrebbero utilizzato i «punti millemiglia» accumulati in viaggi di servizio per acquistare biglietti non per fini di servizio. All´epoca persino Kohl si dimise e si ritirò a vita privata perché aveva dato l´avallo alla pratica dei finanziamenti illeciti. In Italia non solo non ci si dimette mai ma, anzi, si sceglie la «carriera parlamentare» come strumento per assicurarsi maggiore impunità o per permettere a veri e propri «riciclati politici» di rifarsi immeritatamente una verginità. Non è un´esagerazione: basta ricordare il caso di Gianstefano Frigerio e quello dell´on. Alfredo Vito. Il primo, già potente segretario regionale lombardo della Dc, pluricondannato con sentenze passate in giudicato, è stato candidato ed eletto in un collegio proporzionale della lontana Puglia per evitare di finire a S. Vittore. Il secondo (più noto come mister centomila preferenze), anch´esso condannato e reo confesso che si ripresenta e viene eletto in Campania. E che dire di tal Rocco Salini, che dopo essere stato condannato definitivamente per corruzione si era fatto eleggere consigliere regionale dell´Abruzzo nonostante la legge vieti alle persone condannate di potersi candidare alle regionali? Dopo essere stato espulso dalla carica di consigliere regionale per indegnità si è candidato al Senato ed ora si ritrova lì a godersi il nuovo ruolo. Come loro, tanti altri (in Parlamento ci sono una novantina di deputati e senatori con precedenti penali o con processi in corso e diversi stanno pure al governo, come Bossi e Berlusconi). Il «guaio» è che a tale «pratica» (la ricandidatura di persone condannate) hanno fatto e fanno ricorso entrambi gli schieramenti (cito a titolo di esempio il caso del parlamentare della Margherita Enzo Carra e quello del senatore Rollandin dell´Unione Valdôtaine). Proprio tale «uniformità di comportamento» ha provocato l´«assuefazione» del sistema politico alle inchieste penali e - peggio - la rinuncia a fare un salto di qualità sulla questione morale. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. I cittadini non hanno più fiducia nella classe politica ed ogni giorno si allontanano persino dalla voglia di andare a votare. Il decadimento morale è palpabile ad ogni livello della Pubblica Amministrazione. A Potenza sono stati arrestati o inquisiti politici di destra, di centro e di sinistra. A Torino, l´indagato Odasso non ha difficoltà ad ammettere che si lasciava corrompere per avere i soldi necessari per acquistare «tante tessere» e così meritarsi qualche incarico o candidatura di prestigio. Ad Agrigento un esponente politico locale partecipa a summit di mafiosi in cui viene eletto il boss locale. Nei ministeri romani girano strani personaggi che portano droga a loro dire ad esponenti di governo. In questo stato di cose, come si può pretendere che gli altri - tutti i cittadini comuni - rispettino la legge? Non si può chiedere agli elettori di tenere un comportamento eticamente più corretto di quello che dimostrano di avere i propri rappresentanti istituzionali. Eppure, bastava (e basterebbe ancora) una legge di un solo articolo e due commi per invertire l´ordine di tendenza. Eccolo. Primo comma: «Coloro che sono stati condannati con sentenza passata in giudicato non possono essere candidati». Secondo comma: «Coloro che sono già stati rinviati a giudizio per reati contro la Pubblica Amministrazione, non possono assumere incarichi di governo locale o centrale». Una norma semplice e chiara che d´un colpo solo indicherebbe al Paese che si ha davvero voglia di «cambiare registro». Perché allora - insieme alla (o meglio, al posto della) legge sul «legittimo sospetto» - non viene approvata una norma di civiltà giuridica e politica di tal genere? E´ questa la proposta che mi sento di poter fare per rispondere positivamente all´esortazione di Rusconi a porre in essere al più presto «meccanismi autocorrettivi» che moralizzino la vita pubblica ancora prima dell´intervento della magistratura. Altrimenti, mentre nelle altre democrazie occidentali il tema della «trasparenza politica amministrativa» viene risolta al meglio (vedi Bush a proposito dell´inasprimento delle pene per gli scandali finanziari d´oltreoceano), in Italia finiremo tutti per essere contagiati dal «virus» della politica degli interessi personali, sicché alla fine torneremo ad essere il paese della lottizzazione e del malaffare di Tangentopoli memoria. Antonio Di Pietro