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Visualizza Versione Completa : Repubblicani nel MONDO



nuvolarossa
20-08-02, 03:55
http://www.nuvolarossa.org/modules/xgallery/cache/albums/01-Album-di-Enzo/LOGOFORUM03BIG.sized.gifhttp://www.casentinomusica.net/Spartiti/Midi/H/Hendrix,Jimi%20Castle%20made%20of%20sand.mid

per avere una piccola panoramica
della famiglia repubblicana mondiale......
vi segnalo alcuni link.....interessanti.........:

http://users.skynet.be/rikir.wallonie/crw/
http://repflanders.tripod.com/frans.html
http://home.online.no/~vlaenen/questions_flamandes/qustf20.html
http://www.republikk.no/
http://www.republikeinen.org/
http://smaug.nti.se/~wbd0108100be010/Jamtland/index2.html
http://www.izqrepublicana.es/
http://www.erc-cat.org/
http://www.republique-canadienne.ca/nous_contacter.html
http://www.geocities.com/republicanalliance/
http://www.republic.org.au/homepagehtml.htm
http://www.republic.org.nz/involve.htm

:-0003t

** Repubblicani in EMILIA e nella ROMAGNA (1)
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=1645
Repubblicani in TOSCANA
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=2306
Una informazione sui Repubblicani alla provincia di Napoli
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=103466
Il Partito della Democrazia a Carrara
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=11856
Repubblicani in UMBRIA
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=13513
Coordinamento nazionale di repubblicani e liberali di centro sinistra, a Napoli
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=124808
CALABRIA Repubblicana
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=25994
** Repubblicani in EMILIA e nella ROMAGNA (2)
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=123375
Repubblicani in CAMPANIA
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=3776
SICILIA Repubblicana
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=5028
Repubblicani nel LAZIO (1)
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=8665
Repubblicani in ABRUZZO
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=5932
Repubblicanesimo nelle MARCHE (2)
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=13463
I Repubblicani di MASSA
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=29318
LOMBARDIA Repubblicana
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=11893
Repubblicani nelle MARCHE (1)
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=4016
I Repubblicani della Lombardia, prima e dopo il 43° congresso
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=15032
Lettera aperta.........più che aperta al segretario politico della Lombardia
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=22794
Repubblicani in GARFAGNANA e LUCCHESIA
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=7688
Azione politica dei Repubblicani in Lombardia
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=15034
Repubblicani in FRIULI VENEZIA GIULIA
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=21099
Repubblicani in BASILICATA
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=21096
PUGLIA Repubblicana
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=9805
il P.R.I. nel Lazio (2)
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=34132
Repubblicani in SARDEGNA
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=349794
Repubblicani in VALLE D'AOSTA
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=146341
Repubblicani nel MONDO
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=21389
Repubblicani nel VENETO
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=18382
Repubblicani in TRENTINO ALTO ADIGE
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=13942
I Repubblicani in Lombardia ...
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=118662
Assemblea a S. Benedetto del Tronto ... Repubblicani nelle Marche
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=15286
Massa e Ravenna
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=115408
Il Dovere della Verita' a Salerno ... Repubblicani in Campania
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=9958
.... e in Lombardia son scintille!
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=117288
Repubblicani a RIETI
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=1705
Repubblicani in Piemonte
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=12451
BRASILE Repubblicano
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=20482
Repubblicani in MOLISE
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=21107
Repubblicani in IRLANDA
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=15945
Repubblicani in LIGURIA
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&threadid=17078

nuvolarossa
20-08-02, 03:59
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nuvolarossa
24-08-02, 08:56
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MAZZINI TRA GLI INGLESI
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
di Emilia Morelli

Giuseppe Mazzini sbarca in Inghilterra il 12 gennaio 1837:
ci va malvolentieri e ci vive male per parecchi anni non solo
materialmente, ma, soprattutto, moralmente. il popolo inglese
è molto lontano dalle sue idee; è abituato a guardare alle cose
da un punto di vista suo proprio, diverso da quello di ogni al-
tra Nazione, e perciò non si presta all'opera di affratellamento
universale che l' Apostolo va predicando. il Mazzini compren-
de subito che lo stesso partito radicale non ha nulla in comu-
ne con le sinistre continentali; ma egli non può far nulla per
aiutare questo movimento del quale, d'altro lato, non sente la
vastità travolgente. Ad un forestiero non è lecito occuparsi di
politica interna, allo stesso modo che ad un semplice cittadino
britannico non spetta interessarsi di quella estera, per la quale
ci si affida ciecamente ai governanti. il popolo si commuove e
si rivolta solo per ottenere riforme alla ricerca, non della li-
bertà, che crede possedere, ma dell'uguaglianza.
Poiche questo è, nei primi anni del suo soggiorno, il con-
cetto politico che il Mazzini ha del Regno unito, si capisce co-
me egli non pensi che ad isolarsi, non solo perche le preoccu-
pazioni materiali lo attanagIiano, ma perche si sente schiaccia-
to dall'ambiente. Londra stessa non gli piace ed egli sogna
sempre la tranquilla pace riposante, il biancore immacolato
delle Alpi. Gli stessi esuli italiani del 1820- '21, quelli che lo a-
vevano commosso giovinetto, avevano ormai trovato una
tranquilla sistemazione e non erano disposti a rituffarsi nella
battaglia. Fra le mura di una piccola casa disadorna Mazzini
scrive tutto il giorno, tentando di procurarsi qualche possibi-
lità di guadagno per mezzo della stampa. Ma qui cominciano
le vere disillusioni e i disinganni amari, che contribuiranno a
tinteggiare di nero il quadro che egli si fa dell'Inghilterra. Arti-
coli rifiutati con un sorriso, promesse di pubblicazione non
mantenute e, più che tutto, censure su quelle idee che costitui-
vano la sua fede e la sua certezza. Nulla v'è che lo sollevi, se
non il trepido affetto materno, ma troppo lontano per dare ca-
lore alla sua vita: continui sono i dissapori con i Ruffini, ormai
spiritualmente distaccati, e la devozione muta di Angelo Usi-
glio non gli può offrire quell'appoggio del quale la sua anima
scossa ha bisogno. Affonda i suoi tristi pensieri nella nebbia,
della quale sente la malinconica poesia, per sognare la Svizze-
ra, l’Italia, Genova. La realtà materiale si affaccia prepotente: le
crisi economiche si susseguono e con esse i debiti che lo co-
stringeranno a impegnare persino l'anello di sua madre,l'oro-
logio, i libri, il cappotto. Per accondiscendere ai Ruffini, che si
uniscono alle proteste paterne, tenta anche imprese commer-
ciali. Ma l'olio arrivato da Genova non si può vendere che fia-
sco per fiasco, perdendoci; i salami, che sembravano introva-
bili a Londra, arrivano quando la città ne è tutta piena; e così
la pasta ed i pizzi.
E l’Ita1ia? Abbandonata completamente l'azione, il Mazzi-
ni vede tutta la sua organizzazione sfasciarsi, gli amici tradir-
lo, mentre nei pochissimi fidi non sente che affetto personale.
Ma la sua è fede operante ed in essa trovala forza per rico-
minciare la lotta e riprendere la Giovine Italia: siamo alla fine
del 1839.
Per quanto, apparentemente, la vita dell'esule a Londra
continui uguale, pure un'amicizia rischiara ora la monotonia
delle sue giornate -quella che strinse con i Carlyle. Thomas
Carlyle stimò profondamente l'ingegno del nostro esule, ma
fin da principio mostrò decisa avversione alle sue idee politi-
che. Le continue discussioni, che pur furono benefiche per
l' Apostolo, il quale finalmente si trovava di fronte un uomo
con il quale valeva la pena di parlare, finirono col raffreddare i
loro rapporti. Una simpatia profonda, che il Mazzini riuscì a
contenere nei limiti di una amicizia affettuosa, sorse, invece,
per lui nell'animo scontento e bizzarro di Jane Welsh Carlyle.
Essa ebbe il grande merito di strapparlo all'isolamento, di
portarlo lontano da pensieri sempre egualmente tristi e sfidu-
dati, per farlo vivere come uomo.
I soli esuli con i quali il Mazzini era stato in costante con-
tatto, erano i Polacchi, già suoi compagni nella spedizione di
Savoia. Fu ad una riunione in onore di un loro martire che l' a-
nimo gli si aprì di nuovo alla speranza: le sue parole avevano
ancora valore, se pochi giorni dopo alcuni operai italiani gli si
presentavano e gli chiedevano guida e consiglio. Per la prima
volta l' Apostolo poteva iniziare quell'educazione che aveva
sognata come unico mezzo per portare l'individuo alla co-
scienza della sua missione politica e lavorare col popolo, non
solo pel popolo, al fine di staccarlo dal materialismo per incul-
care in esso principii religiosi e morali. L' Apostolato popolare
sarà l'organo di un sezione della Giavine Italia: l'Unione degli
operai italiani.
Ma a Londra vivevano tanti Italiani poveri, che avevano
dimenticato la lingua materna, che non sapevano ne leggere
ne scrivere. Per essi si aprì la Scuola italiana gratuita. Il 10 no-
vembre 1841 le porte di Hatton Garden, 85 accolgono bambi-
ni che tutto il giorno hanno girato per la città con un organet-
to o con qualche-topo ammaestrato, ragazzi che hanno impa-
stato gesso creando per gli Inglesi immagini fedeli dei nostri
capolavori, donne che vogliono imparare la lingua dei loro
mariti e dei loro figli. Filippo Pistrucci, Luigi Bucalossi, Cele-
stino Vai sono col Mazzini i tenaci sostenitori di questa gran-
de opera di bene, insieme ad alcuni Inglesi. Qui il Mazzini
dimentica le noie, le amarezze, i dispiaceri in mezzo alla de-
vozione entusiasta del suo popolo, e la sua intima gioia è tan-
to grande che mai affiderà ad altri l'incarico della conferenza
domenicale, neppure quando l'orizzonte politico si sarà ri-
schiarato ed egli sentirà intorno a se, a Londra, stima ed affet-
to. Anche se il suo nome non appare pubblicamente, è Maz-
zini che organizza concerti, lancia sottoscrizioni per racco-
gliere fondi, prepara la festa annuale per l' anniversario della
fondazione. Non valgono ad amareggiarlo le noie che gli
procurano i preti della Cappella sarda e i pastori protestanti.
Egli trionfa, il numero degli allievi aumenta rapidamente, i
patroni, quasi tutti appartenenti al circolo Carlyle, sono gene-
rosi nelle offerte.
E' attraverso questa istituzione benefica, perfettamente
consona alla spirito inglese, che Giuseppe Mazzini viene co-
nosciuto a Londra. E' proprio fra coloro che lo videro in mez-
zo ai suoi poveri che egli troverà difensori nel periodo imme-
diatamente successivo, quando, nel 1844 accuserà il governo
di avergli aperta la corrispondenza e di averne comunicato il
contenuto a potenze estere provocando la misera fine dei
Bandiera. Fin dal Natale 1843 egli aveva avuto sentore che le
sue lettere venivano aperte, ma, non avendone prove suffi-
cienti, aveva dovuto attendere un anno prima di denunciare
la cosa alla Camera dei Comuni. Il risultato conseguito, che
servì a fargli comprendere come fosse giusto il mezzo di lotta
scelto dalle sinistre inglesi, fu superiore alla sua stessa aspetta-
tiva. Commissioni di inchiesta nei due rami del Parlamento,
adunanze pubbliche, tutta una letteratura su giornali politici
ed umoristici, riuscirono in breve ad imporre il silenzio a quei
pochi che avevano tentato di difendere le misure governative,
giustificandole con la necessità di controllare i rivoluzionari
che avevano trovato asilo nell'isola ospitale. Personalmente,
fu un trionfo, per l'esule, che si impose definitivamente a Lon-
dra, soprattutto quando si fu convinti che egli si occupava u-
nicamente della sua Patria, astenendosi rigidamente dalla par-
tecipazione alla politica locale. Proteso tutto verso l'ltalia, e
consacrato alla causa che la morte dei Bandiera rendeva anco-
ra più sacra, egli non pensò a se, non si curò neppure delle ri-
trattazioni che Sir James Graham, ministro dell'Interno, fu co-
stretto a fare in Parlamento; si amareggiò, invece, per la scarsa
diffusione che ebbe il suo opuscolo “Italia, Austria e il Papa”, per
mezzo del quale aveva sperato far nota la vera situazione del-
la Penisola. Ma l' Apostolo, che conosceva ormai bene gli In-
glesi, si rendeva conto che troppo poco era stato fatto da noi,
perche essi potessero persuadersi ad aiutare materialmente la
causa italiana. Si preparò, perciò, ad un lavoro internazionale,
aiutato dalle molte conoscenze che gli aveva procurato lo
scandalo dell'apertura delle lettere. E non più solo amicizia,
come aveva avuto dai Carlyle, ma collaborazione e compren-
sione trovò allora nei Taylor, nei Shaen, nei Molner Gibson e,
soprattutto negli Ashurst.
Il popolo inglese, sempre pronto a criticare e a combattere
il suo governo in politica interna, non s'interessava, come s'è
detto, di quella estera. Se soccorreva gli esuli, se assisteva alle
loro adunanze, lo faceva per uno spirito di solidarietà umana,
non già perche i casi della Polonia, della Francia o dell'ltalia
potessero aver peso su decisioni che gli Inglesi basavano sol-
tanto sul proprio interesse insulare. Far comprendere la situa-
zione di altri popoli, spingere a rendersi conto dei diversi
punti di vista, guardare a tutta la politica europea di fuori del
campo visivo britannico, fu costante preoccupazione del Maz-
zini. Per questo, pur non essendogli graditi tutti i membri del-
l' Associazione, cercò di potenziare al massimo la Lega internaz-
zionale dei popoli, sorta durante un comizio contro la violenta
soppressione della repubblica di Cracovia, il 16 dicembre
1846. Era la prima volta che gli si offriva il modo di far inten-
dere pubblicamente la questione italiana, pur associata a quel-
le di altre nazioni schiave. La Lega ebbe vita breve e stentata,
tanto che l' Apostolo non la ricorda neppure nelle Note auto-
biografiche. Gli avvenimenti del '48 sommersero questa atti-
vità, che pur non va trascurata, perche Scuola Italiana, Giovine
Italia, Lega internazionale dei popoli, costituiscono .i gradini
della scala che, nella concezione mazziniana, doveva portare
al graduale progresso dell'individuo, della Nazione, dell'U-
manità.
Quei dieci anni di lotta del primo soggiorno erano serviti a
dirozzare, a preparare, a creare quell'atmosfera di simpatia
che, ritornato in Inghilterra il 27 rnaggio 1850, coll'aureola del
Triumnvirato romano, cercherà di sfruttare praticamente, ora
che gli Italiani avevano dimostrato di meritare l'indipendenza
e gli Inglesi, dopo il periodo burrascoso di lotte interne che a-
veva caratterizzato la prima metà del secolo XIX, si prepara-
vano a godere i frutti delle riforme ottenute.
Nella birreria di James Stansfeld, marito di Carolina A-
shurst, si torna a riunire il clan mazziniano. Esso ha accolto
con entusiasmo il suo capo, ed è felice di potergli dimostrare
praticamente la sua devozione. E il Mazzini non perde tempo
perche deve mantenere vivo l' entusiasmo suscitato dalla Re-
pubblica romana e smantellare il castello di calunnie che ad
arte avevano costruito i giornali bonapartisti per giustificare
l'intervento francese a Roma.
Il 15 marzo 1851 si riuniscono per la prima volta gli Amici
d'Italia, la sola Società indiscutibilmente, fra le tante che in
quel periodo ebbero vita in Inghilterra in nome della fratellan-
za universale dei popoli, che avesse, e il merito era del Mazzi-
ni, un programma chiaro e preciso. I nomi stessi dei consiglie-
ri ci indicano quanto si fosse allargata la sfera d'azione dell' A-
postolo. Non più soltanto esuli o esponenti di idee politiche a-
vanzate, ma scrittori, deputati, professionisti, impiegati, per i
quali aiutare la causa italiana è divenuto quasi un sacro dove-
re. Ed essi scrivono tengono comizi e conferenze per gli Ingle-
si, mentre preparano cordiale accoglienza agli Italiani che per
ragioni commerciali, per visitare l'Esposizione per esempio,
vengono a Londra, evitando così di imprimere un colore e-
sclusivamente politico all'associazione. Uno dei punti sui qua-
li insisteva il Mazzini era, infatti, questo: un'Italia divenuta in-
dipendente e forte coll'appoggio britannico avrebbe costituito
un mercato sicuro, contribuendo a controbilanciare l'influenza
francese nel Mediterraneo. I fondi sono raccolti con sottoscri-
zioni a quote minime per riuscire a penetrare colla propagan-
da nelle più povere classi sociali. La guerra di Crimea e l' al-
leanza austro-inglese costringevano la società a sospendere i
suo lavori, senza che gli amici più fidati, tuttavia lasciassero
cadere del tutto la propaganda. Questa era ripresa nel 1856 e
si spingeva anche in provincia. Ricordiamo le conferenze di
Jessie White Mario, che sono proprio di questi anni, e i Comi-
tati sorti un po' dovunque per il Fondo per l'Emancipazione
Italiana, quelli stessi che serviranno a dare tangibile aiuto al-
l'impresa dei Mille. Tesoriere di Garibaldi in Inghilterra sarà
William Ashurst.
In questo periodo, in cui il Mazzini poteva giustamente
essere orgoglioso del frutto di tante fatiche, la sua elevatezza
d'animo ebbe modo di brillare di una luce più alta e più ful-
gida. L'Inghilterra veniva, diremo così, attaccata da due for-
ze: quella sarda nelle sfere politiche più alte, nei circoli con-
servatori, quella mazziniana nell'opposizione e nelle sfere
più umili. Mentre continui, violenti, personali furono gli at-
tacchi contro di lui, dalla sua penna non uscì mai una frase
che potesse direttamente ostacolare, in terra straniera, la poli-
tica sabauda. Egli comprendeva che questa serviva a influen-
zare quelle alte personalità alle quali egli aveva sempre sde-
gnato rivolgersi, ma che rappresentavano una forza viva e o-
perante. Le due propagande procedettero, perciò, parallele,
finche non trovarono un punto di accordo nel nome trascina-
tore di Giuseppe Garibaldi. Così soltanto si spiega l'acco-
glienza trionfale che, insieme, aristocrazia e popolo, dopo a-
verlo aiutato con tanta generosità nel periodo di preparazio-
ne, tributarono all'Eroe nel 1864.
Mazzini rimaneva nell'ombra, e conosceva, proprio allora,
momenti di grande amarezza. Il giorno stesso in cui Garibaldi
sbarcava a Southampton, James Stansfeld doveva dimettersi
dalla carica di sottosegretario alla Marina, perche non aveva
voluto sconfessare l'amicizia che da diciotto anni lo legava al-
l' Apostolo. Si era creduto di potere incolpare l'esule di com-
plicità nell'attentato che Greco aveva preparato contro Napo-
leone III e si era trovato che uno degli indirizzi di cui Mazzini
si serviva a Londra per eludere la censura era quello di James
Stansfeld. Poteva sedere al banco del Governo un amico di
Giuseppe Mazzini? Posta così, la questione provocò discussio-
ni vivaci durante le quali, se da un lato si andavano ripetendo
i soliti luoghi comuni anti-rivoluzionari dall'altro non solo gli
amici, ma conoscenti che il Mazzini aveva perso di vista e
Gladstone stesso, pronunciarono parole di ammirazione, di
devozione, di gratitudine per colui che aveva profuso per tan-
ti anni in ogni campo l'attività del suo ingegno e del suo cuo
re con generosità e disinteresse.
La vita politica di Mazzini in Inghilterra finisce con questo
episodio, perche gli appelli che egli lanciò successivamente
per Venezia e per Roma non procurarono che risultati insigni-
ficanti. Come all'inizio della sua propaganda, non poteva pre-
tendere offerte da stranieri, quando in Italia nessuno dava.
Giuseppe Mazzini appare ora piuttosto nella luce di Mae-
stro, di Apostolo di una fede consolatrice, e a lui si rivolgono
anime angosciate ed incerte, Algernon Charles Swinburne,
Harriet Hamilton King, Emilia Ashurst Venturi. Profeta del-
l'Europa futura, nella sua stanzetta di Fulham Road passa u-
na folla diversa, soggiogata tutta da un'impressione incancel-
labile di grandezza e di bontà. Questa stessa che aveva ispira-
to al Meredith, nel romanzo dedicato al nostro Quarantotto,
questo significativo ritratto: «un uomo di statura media, ma-
gro, quasi fragile: aveva la carnagione e l'aspetto dello studio.
so. Le spalle e la testa che si curvavano nell'osservare, il pa-
strano abbottonato che gli stringeva il petto, l'espressione che
prendeva come di uno che attende ed ascolta, tutto faceva
pensare ad un'energia unicamente contemplativa, finche non
si erano visti i suoi occhi, finche non si era sentito il suo sguar-
do. Fin quando, cioè, l' osservatore non si era reso conto che
quei morbidi, enormi, meditativi occhi neri, si erano impos-
sessati di lui. In essi non v'era il languore astratto dello studio.
so, in essi non v'era il riflesso di una lampada solitaria; una si-
cura forza ammaliatrice riempiva quello sguardo penetrante.
Fissandoli, ci si sentiva all'improvviso trascinati in mezzo alle
mille ruote stridenti che formano una mente vasta e vigorosa,
pronta e ragionatrice insieme, un intelletto acuto che lavora
impiegando tutti i suoi mezzi, dei quali ha assoluto il posses-
so: mente poliedrica, con una filosofia sua propria, che arriva
al colpo di scure con passi logici, una mente molto meno a-
dattabile di quella di un soldato; tutto fuorche quella di un
Amleto. I suoi occhi erano neri come è nero il margine di una
foresta, non come è nera la notte. Sotto certe luci divenivano
marrone, del bel marrone ricco della castagna o piuttosto co
me quello orlato di nocciola dei tramonti sui nostri fiumi del-
l'ovest durante le piene invernali, quando la notte comincia a
stendere la sua ombra. Il suo profilo era espressione di bellez-
za classica come si può ammirare raramente ai nostri giorni
nelle terre classiche e altrove. Era severo; la tenera serenità
della piena curva degli occhi lo risollevava,…il suo sorriso era
limpido, e compariva dolcemente come un circolo nell'acqua.
Sembrava scorrere coi suoi pensieri e trapassarli, essere una
parte delle sue emozioni e spiegarle quando per un istante
brillava nella sua pienezza",», Quel sorriso che sorgeva, ce lo
dice il Mazzini stesso, dalla sua seconda anima «che ama e
sente ancora, cui piacciono i fiori e le semplici canzoni popola-
ri, che,,,,,,è sempre giovane, sognante, un po' poetica o per lo
meno amante della poesia, che è triste, ma, pur sapendo che
quaggiù non v'è felicità, alle volte sorride come se la felicità
fosse vicina» , dalla sua seconda anima che, come la prima è
dedicata all’Italia, è, invece, dell'fughilterra, patria del suo lo
individuale.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Anita
26-08-02, 13:36
rientrando dalle VACANZEEEEEEE!!
un bacio a tutti i repubblicani
sparsi per il globo terracqueo.

kid
26-08-02, 15:19
ragazzi il vostro calvin parte per la Costa d'Avorio! Se tutto va bene torno per il dieci settembre. Incrocio le dita e saluti repubblicani a tutti. Viva la repubblica.

vacanze romane
27-08-02, 15:29
Originally posted by Anita
rientrando dalle VACANZEEEEEEE!!
un bacio a tutti i repubblicani
sparsi per il globo terracqueo. ...cioè ben 27 persone...

echiesa
27-08-02, 15:38
Con Calvin in Costa d'Avorio 28
saluti
echiesa:fru
ehehehehehe

Gino dal Sacco
27-08-02, 23:59
Visto che siamo in 28.

Ha ragione una M....da mia di amico (socialista di quelli alleati con Nr, che non è Nuvola Rossa ma Nuova Rep.) che prendendomi in giro senti chi parla, dice che insistenti voci Romane, danno come per certo che il prossimo congresso del Pri si terrà nei giorni stabiliti nella sala da pranzo della residenza romana del Segretario Nucara. Sarà vero?
Caro Calvin, sappiamo che sei ben allenato a combattere contro belve feroci e serpenti, forse il tuo viaggio nel continente nero, nasconde un ulteriore perfezionamento delle tue tecniche di difesa contro certi soggetti ?
Scherzi a parte buone vacanze, attento a non fare come l'On. Martelli a Malindi, le canne fattele tutte laggiù.

Saluti Gino di Tacco:lol

Garibaldi
28-08-02, 10:54
una volta si diceva che i cobgressi li tenevamo dentro ad un ascensore?!!
Se siamo pasati ad un appartamento e' grande cosa?!?!?!
da quattro gatti a 28 mi sembra un bel successo??!!?

kid
09-09-02, 13:09
Qua vi ho annnunziato che partivo per l'Africa occidentale e qua annuncio il mio rientro. Ma quali canne, andiamo! In Africa ero per organizzare un po' di reportage e guadagnare qualche lira. Certo che piuttosto che fare una guerra nel partito io preferisco andarmene in Africa. Mi sa che ci torno. Saluti a tutti.

kid
09-09-02, 13:09
Qua vi ho annnunziato che partivo per l'Africa occidentale e qua annuncio il mio rientro. Ma quali canne, andiamo! In Africa ero per organizzare un po' di reportage e guadagnare qualche lira. Certo che piuttosto che fare una guerra nel partito io preferisco andarmene in Africa. Mi sa che ci torno. Saluti a tutti.

Garibaldi
10-09-02, 08:23
Era ora che tornavi?!?!?!?!!?

Garibaldi
10-09-02, 08:23
Era ora che tornavi?!?!?!?!!?

Garibaldi
12-09-02, 13:50
ma del viaggio in africa non ci racconti proprio niente!!!11

Garibaldi
12-09-02, 13:50
ma del viaggio in africa non ci racconti proprio niente!!!11

kid
13-09-02, 09:58
Davvero vi interessa il mio viaggio? Non è che mi fate assomigliare a Veltroni che sta' tre giorni in Africa e se pavoneggia come Lawrence d'Arabia.

kid
13-09-02, 09:58
Davvero vi interessa il mio viaggio? Non è che mi fate assomigliare a Veltroni che sta' tre giorni in Africa e se pavoneggia come Lawrence d'Arabia.

G. Oberdan
13-09-02, 10:04
e ci interessa sinceramente.

Però non è che adesso prendi un bambino africano in braccio e scrivi un libro dove dici che "forse Dio è morto"?

G. Oberdan
13-09-02, 10:04
e ci interessa sinceramente.

Però non è che adesso prendi un bambino africano in braccio e scrivi un libro dove dici che "forse Dio è morto"?

G. Oberdan
13-09-02, 10:06
Agli amici romani o che possono rispondermi.

Mi è venuta una curiosità che da Lucca non posso togliermi: come sta Lavorando W. Veltroni a Roma?

Un grazie anticipato a chi appagherà la mia sete di notizie

G. Oberdan
13-09-02, 10:06
Agli amici romani o che possono rispondermi.

Mi è venuta una curiosità che da Lucca non posso togliermi: come sta Lavorando W. Veltroni a Roma?

Un grazie anticipato a chi appagherà la mia sete di notizie

kid
16-09-02, 11:15
Dopo il colpo di Stato la Costa d'Avorio non da l'idea di essere rientrata in un regime di legalità e stabilità, che sicuramente sono gli obiettivi che la classe politica di quel Paese si prefigge e persegue. E' vero piuttosto che rispetto a molti altri Stati africani la C.d'A. si trova in una condizione migliore, per la ragione che ha mantenuto un rapporto privilegiato con la Francia di cui è pure stata colonia. L'indipendenza nazionale della Costa d'Avorio non ha avuto uno scarto traumatico, la Francia le ha sempre fornito assistenza tecnica commerciale ed il Paese dispone di un'industria del cacao e del legno che producono reddito. In più c'è uno sviluppato centro finanziario ad Abjdjan, le Palateau che se lo guardi di notte sembra di stare a New York. Le condizioni comunque sono difficili. Ma è un'Africa privilegiata con delle possibilità turistiche di primo ordine.
Infrstrutture e servizi, chiaramente, fuori dai grandi alberghi ed in alcuni centri cittadini sono a zero. Il censo è l'unico diritto acquisito e se non hai soldi, sei fregato ed il reddito non mi pare ben redistribuito. Il nuovo governo è filo occidentale e ha stretti rapporti con Israele che sembra prossima impegnarsi per sviluppare le infrastrutture primarie. Ma si parla anche di cooerazione militare e di importazioni di armi. Mi pare che la Costa d'Avorio difenda i suoi interessi militari e quindi quelli occidentali nei paesi limitrofi. La Francia ha ancora basi e soldati e certo deve avere avuto una parte nel colpo di Stato che ha mandato a casa gli eredi del partito democratico del vecchio dittatore Hupuagnè Boygni - non mi ricordo mai come si scrive il suo nome - filo marxista, per favorire il partito popolare oggi al governo. Boygni sicuramente ha rappresentato molto per l'indipendenza del suo paese ma se poi vedi cosa ha fatto a Yossoumkro, ti metti le mani nei capelli. Youssomkru è la ex capitale fatta di avenue gigantesche che non portano da nessuna parte e sorvegliata da un mausoleo, tipo San Pietro, dove Boigni si è fatto seppellire. Lì si vedono bene i segni della crisi, perchè molti esercizi, tutti quelli di un certo richiamo sono stati chiusi e la miseria si respira persino per strada. In Africa ti accorgi che la miseria ha un odore. La costa orientale è cosa completamente diversa. Gli alberghi della vecchia capitale coloniale, Grand Bassam, sono degni di quelli occidentali e le spiagge sono sicuramente meglio. Dormi sorvegliato da guardie armate perchè evidentemente la situazione non è ancora sotto controllo, ma la popolazione sta sicuramente meglio. La molteplicità di farmacie e di ospedali fa comprendere che un processo sanitario si è comunque svolto positivamente. Piuttosto, è inquietante l'inquinamento dei centri urbani per lo scarico delle auto. L'aria di Abjdjan è irrespirabile, ma anche quella della piccola Sassandra e di San Pedro. Il problema non è certo la deforestazione ma la necessità di importare marmitte catalitiche!
Ecco per il momento mi fermo qui, ma ci ritorno più nel dettaglio fra qualche giorno.

nuvolarossa
20-09-02, 22:38
Golpe in Costa d’Avorio
Centinaia di morti Ucciso il capo dei ribelli

Scontri in tutto il Paese. Tra le vittime anche il ministro dell’Interno

Intrappolato con i compagni in un albergo di Bouake, nel centro della Costa d’Avorio, il portiere della nazionale del Senegal Kalidou Cissoko è riuscito a parlare alla radio: «Siamo circondati». Ancora ieri sera Bouake, la seconda città del Paese, era in mano ai rivoltosi. Sospesa naturalmente la Wafu Cup, con le squadre di Senegal (rivelazione del Mondiale 2002), Gambia e Sierra Leone possibili ostaggi dei militari ammutinati. «Hanno preso il ministro dello Sport», dicevano i calciatori alle agenzie di stampa. Alle otto della sera, 15 ore dopo l’inizio degli scontri, uno speaker della tv ammetteva: «Hanno tentato un colpo di Stato». Il giornalista ha annunciato un servizio con le immagini del cadavere dell’uomo che avrebbe organizzato la rivolta: il generale Robert Guei, per gli amici «Le Boss», già autore di un golpe nel 1999, poi deposto e sconfitto alle elezioni del 2000 dall’attuale presidente Laurent Gbagbo. Ex sindacalista, 57 anni, Gbagbo è in visita ufficiale in Italia: ha trascorso le ore più drammatiche della sua presidenza all’albergo Excelsior di via Veneto a Roma. Il bilancio di ieri è di guerra: 90 morti e almeno 150 feriti tra le forze lealiste. Venticinque ribelli uccisi solo ad Abidjan, la capitale economica del Paese.
L’ATTACCO - Le tre di notte (le 5 in Italia): una quindicina di uomini armati irrompono in un posto di polizia ad Abidjan uccidendo dieci agenti. Esplosioni e raffiche in altre parti della città. Colpi di mortaio e scontri per tutta la mattina. I rivoltosi non indossano uniformi, alcuni sono mascherati. Le prime notizie, date dal premier Affi N'Guessan, parlano di «ammutinamento»: 800 ufficiali messi a riposo che vogliono essere reintegrati. Ma il ministro della Difesa Moise Lida Kouassi alla France Press ipotizza «un colpo di Stato». Kouassi dice che la sua casa e quella del ministro dell’Interno sono state attaccate all’alba: «Mia moglie è stata rapita, non so più nulla di lei». Al ministro dell’Interno Emile Boga Doubou va peggio. La sua morte viene confermata poche ore dopo. La Francia, ex potenza coloniale che ha nel Paese centinaia di soldati, per bocca del suo ministro degli Esteri Dominique de Villepin si dice pronta a intervenire: «Seguiamo la situazione molto da vicino».
IL GOLPISTA - Gli scontri divampano in altre città. A Korhogo, nel Nord, e a Bouake. La capitale è deserta, chiusi l’aeroporto, il porto, le ambasciate. Posti di blocco della polizia nelle strade. Proprio a uno di questi, sarebbe stato ucciso il generale Robert Guei. Secondo la versione ufficiale, la polizia ha aperto il fuoco sulla sua auto che non si è fermata a un checkpoint nel centro di Abidjan. Guei è rimasto al potere dal ’99 al 2000, quando proteste popolari lo costrinsero a indire nuove elezioni in cui fu sconfitto da Laurent Gbagbo. E’ stato proprio un consigliere del presidente, Alain Toussaint, a dichiarare ieri pomeriggio da Roma che «Le Boss» sarebbe stato la mente della rivolta. Guei fu l'autore del primo colpo di Stato in Costa d’Avorio. Fino a tre anni fa, questo Paese grande come l’Italia, primo produttore di cacao (40% del totale mondiale), era una storia africana di successo. Un paradiso, rispetto a vicini come la Liberia dilaniati dalla guerra civili.
CACAO E POLITICA - La Costa d’Avorio è un Paese in bilico. I contrasti politici tra leader corrono su binari etnici e religiosi, tra il Sud (in gran parte cristiano) del presidente Laurent Gbagbo (etnia Betes) e l’opposizione di Alassane Ouattara (tribù Oula) che ha le sue roccaforti nel Nord musulmano (ieri truppe governative hanno sfondato i cancelli della sua abitazione). Tra giugno e luglio, violenti scontri erano scoppiati in occasioni di elezioni locali. Adesso, le prove di colpo di Stato. Un Paese in crisi. Per capirlo, basta seguire il colore dei soldi e del cacao. Ieri i prezzi sono saliti a livelli mai raggiunti dal 1986. C’era la paura che la violenza bloccasse la polvere di cioccolato. Ma la stagione della raccolta è appena all’inizio. E il porto di San Pedro, da cui passa metà del cacao ivoriano, golpe o non golpe ha funzionato anche ieri.

Michele Farina

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kid
23-09-02, 11:02
ma non riesco a postarvelo!

agaragar
23-09-02, 11:16
Mazzini è una figura locale e provinciale,
se si paragonano le sue idee a quelle,p.es., di uno stuart mill, sembra di leggere il catechismo della parrocchietta.

Nulla è rimasto nel mondo di idee inesistenti,
Le uniche cose sono giorgio che si soffia il naso, e la foto segnaletica di del pennino...

Garibaldi
23-09-02, 11:37
vedo bene che per essere uno che "dubita sempre"
spari delle verita' che assurgono al carisma di dogmi.
Dette da te passeranno alla storia!!!!!!!!

Peccato che non ci sia "blob" su questo Forum!!!!

nuvolarossa
03-11-02, 15:49
REPUBBLICANI IN TURCHIA

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IL MATTINO Online 3 novembre 2002

di MICHELE GIORGIO

Oggi 42 milioni di turchi si recano alle urne per rinnovare il Parlamento (550 deputati) e, soprattutto, per decidere il futuro politico del loro Paese che aspetta di poter entrare nell’Unione Europea e che, tra qualche mese, potrebbe ritrovarsi a partecipare ad un attacco militare statunitense all’Iraq. Le operazioni di voto si svolgeranno dalle 6 fino alle 15 nelle 32 province orientali e dalle 7 fino alle 16 nelle 49 province occidentali. La partecipazione si prevede elevata, come in passato, anche perchè la legge elettorale turca prevede sanzioni per coloro che non vanno a votare.
I sondaggi indicano un ritorno al potere degli islamici ed alcune clamorose sconfitte. Lo sbarramento del 10% rischia di impedire l’ingresso in Parlamento di tre partiti eletti soltanto tre anni fa: il Dsp del premier Bulent Ecevit, il Mhp (i Lupi Grigi, destra estrema) e l’Anap (il partito dell’ex premier Mesut Yilmaz). Queste incognite, unite alla frammentazione del panorama politico e alla crisi economica, hanno contribuito a rendere ancora più incerto l’esito di queste elezioni seguite con attenzione da Europa e Stati Uniti. A dormire con più tranquillità in questi ultimi giorni è stato soltanto Recep Erdogan, 48 anni, sindaco di Istanbul e leader del partito «Giustizia e Sviluppo» (Akp) nato l’anno scorso dalle ceneri del disciolto partito islamico «della virtù» che potrebbe raggiungere il 30%. Erdogan si è presentato all’elettorato affermando di essersi «ravveduto» dal suo radicalismo islamico ed ora definisce il suo partito «laico, democratico e consevatore di destra». Su di lui tuttavia pende un processo per illecito arricchimento e, soprattutto, per istigazione all’odio religioso e quindi rischia di venire escluso dalla carica di primo ministro. In ogni caso l’Akp non potrà governare da solo e quasi certamente dovrà bussare alla porta di altre forze politiche, forze anche del suo principale rivale quel partito repubblicano del popolo (Chp) di Deniz Baykal, 64 anni, che si definisce un continuatore del «padre della patria» Mustafa Kemal Ataturk. I sondaggi attribuiscono al Chp oltre il 20% dei favori popolari ma potrebbe riuscire ad ottenere in extremis il voto degli indecisi (oltre il 20%) e quello dei tanti che temono l’ascesa neoislamica.
L’outsider è Cem Uzan, un magnate titolare di un impero del mondo bancario e delle telecomunicazioni che nell’estate scorsa ha fondato il «partito giovane». Uzan è un populista che fa l’occhiolino allo stesso tempo all’islamismo e al nazionalismo e si presenta più come una star del mondo dello spettacolo che come un uomo politico. È ostile all’Europa e al Fondo Monetario Internazionale e, grazie ad una campagna elettorale costata centinaia di milioni di euro, riuscirà probabilmente a superare la soglia del 10%; ma è imputato negli Stati Uniti in un processo per sottrazione di oltre 3 miliardi di dollari alla Motorola e alla Nokia. Un macigno che rischia di schiacciarlo proprio all’inizio della sua carriera politica.
Unica tra i leader tradizionali a poter superare lo sbarramento appare l’ex premier, signora Tansu Ciller, leader del partito della «Vera Via». A sinistra soltanto il Dehap, nato dall’alleanza del partito filo curdo Hadep e del partito del lavoro Emep, e in grado di conquistare seggi in Parlamento. Da domani in Turchia si apre un nuovo scenario politico che, tutti prevedono, non sarà meno complesso di quello precedente.

nuvolarossa
04-11-02, 21:49
LA TURCHIA AL VOTO
Al 20% il Partito repubblicano del popolo. I curdi falliscono l’obiettivo di entrare in Parlamento Ankara ora corre sulla via dell’Islam Trionfa (35 per cento) il partito di matrice religiosa: «Andremo in Europa»

Ankara. Le previsioni della vigilia sono state rispettate in pieno. Il partito filo-islamico «Giustizia e Sviluppo» (Akp) ha trionfato nelle elezioni politiche più importanti della storia della Turchia. È di gran lunga il primo partito del Paese con circa il 35 per cento dei suffragi e se i primi dati e le proiezioni verranno confermati alla fine dello scrutinio, avrà la maggioranza assoluta dei seggi del parlamento (si parla di circa 350 sui 550 disponibili) e potrà governare da solo. Situazione per certi versi paradossale visto che la stessa esistenza del partito è ancora contestata dalle istituzioni di Ankara e sulla sua legittimità deve esprimersi la Corte costituzionale entro la metà di novembre. Inevitabile l'entusiasmo dei leader dell'Akp. «In base alle prime cifre sembra che potremo formare un governo da soli», ha commentato a caldo Abdullah Gul, numero due del partito. Il numero uno, Recep Tayyp Erdogan, fondatore e capo dell'Akp ed ex sindaco di Istanbul non ha potuto presentarsi candidato perchè dichiarato ineleggibile e interdetto alla politica a causa di una condanna penale inflittagli negli anni Novanta per istigazione dell'odio religioso. Nonostante questo è stato lui a guidare la trionfale campagna elettorale e a fare ieri le affermazioni più forti dopo la vittoria. «Siamo pronti a governare e ad assumerci le nostre responsabilità per accelerare il processo per l'integrazione della Turchia nell'Unione Europea e per integrare la nostra economia in quella mondiale». Insomma, braccia aperte all'Occidente.
Anche se gli osservatori internazionali attendono di conoscere quale sarà la posizione dell'Akp sulla guerra che gli Usa stanno mettendo a punto contro il vicino Iraq di Saddam Hussein nonchè quella sul problema dei curdi le cui organizzazioni hanno denunciato ieri intimidazioni nelle operazioni di voto. Al di là dei proclami, Erdogan si è preoccupato di rassicurare il mondo finanziario ed economico spiegando che un esecutivo monocolore sarebbe pronto, se necessario, a discutere con il Fondo monetario internazionale qualsiasi eventuale cambiamento al programma di aiuti per 16 miliardi di dollari.
Tornando ai dati elettorali, al secondo posto dietro l'Akp, con circa il 20 per cento dei voti, c'è il Partito repubblicano del popolo (Chp).
Seguono il Partito della Vera Via dell'ex premier Tansu Ciller ed il partito nazionalista Mhp, entrambi con circa il 9 per cento e, quindi, più staccati, il Partito giovane di Cem Uzan e il partito filocurdo Dehap, rispettivamente con il 6 e il 5 per cento ben al di sotto della soglia del 10 per cento necessaria per ottenere seggi in Parlamento.
Al centro delle elezioni legislative in Turchia c'è comunque un percorso europeo che porta al vertice di dicembre a Copenaghen, e alla possibilità di fissare per Ankara la data di inizio dei negoziati di adesione all'Ue. A Bruxelles, fonti comunitarie non nascondono «che c'è attesa per l’esito delle urne e ancora di più, per la composizione del futuro governo».
Del resto, mai come ora i leader europei hanno lanciato segnali positivi nei confronti di Ankara. Lo stesso cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, pur restando prudente, ha incoraggiato il processo di avvicinamento all'Ue della Turchia, che a suo parere «è di un passo più vicino all'Europa, anche se solo un passo, non di più». A Bruxelles gli osservatori si interrogano però ora su due grosse incognite: ossia il futuro di Cipro, e l'impatto che potrebbe avere la presenza predominante in Turchia di un partito con forti radici islamiche.

nuvolarossa
05-11-02, 15:26
Dopo la vittoria islamica in Turchia
i timori per uno Stato confessionale

È confermato: alle elezioni tenute in Turchia la compagine islamica «Giustizia e sviluppo» - ha ottenuto il 34,4 per cento dei voti e avrà la maggioranza dei seggi (363 su 550).
All'opposizione andrà invece il Partito repubblicano del popolo che, guidato dal leader moderato Deniz Baykal, ha raggiunto il 19,49 per cento delle preferenze.
Le perplessità non mancano: Erdogan, ex sindaco di Istanbul e uno dei fondatori del partito islamico, è stato condannato nel 1998 per «incitazione all'odio religioso». La natura confessionale di «Giustizia e sviluppo» è vista con estremo sospetto non solo all'estero, ma in primo luogo dagli stessi guardiani della laicità dello stato turco, fra cui spiccano militari e giudici.

nuvolarossa
06-03-04, 20:55
SPAGNA, MORTO L'UOMO PIU' VECCHIO DEL MONDO: 114 ANNI

06/03/2004 - 13:20

Joan Riudavets Moll viveva a Minorca

Roma, 6 mar. (Apcom) - E' morto questa notte nella sua casa di Minorca Joan Riudavets Moll, considerato dal Guinness dei Primati l'uomo più vecchio del mondo, avendo compiuto 114 anni lo scorso 15 dicembre.

Come riferisce il quotidiano catalano El Periodico, Joan - che risiedeva nel paesino baleare di Es Migjorn Gran - aveva nove fratelli. Restano in vita Pere, di 104 anni, e Josep, di 98. Di professione calzolaio, era stato assessore e sindaco facente funzioni quando Es Migjorn Gran non era ancora un comune indipendente, e si definiva repubblicano.

Nelle due ultime estati Joan aveva ricevuto la visita del presidente del governo spagnolo José Maria Aznar, che trascorreva le proprie vacanze a Minorca.

copyright @ 2004 APCOM
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI216.gif
la gif dei 108 anni e' datata 2003

nuvolarossa
24-02-05, 20:56
L’eredità mazziniana/Estratto dall’incontro che si è tenuto a Roma lo scorso 9 febbraio

Pensatore politico che appartiene alla storia europea

di Roberto Balzani*

Innanzitutto, grazie, per l’impostazione soprattutto di questo bicentenario fatta qui a Roma, in particolare in questa data memorabile. Io credo che l’operazione di Salvo Mastellone sia una operazione molto importante, perché ci consente finalmente di "secolarizzare" Mazzini.

Cosa voglio dire? Voglio dire che fino ad oggi Mazzini, un po’ per ragioni ideologiche, un po’ per genealogie immaginarie che si sono sovrapposte nella storia di questo Paese è stato considerato uno strumento della lotta politica. Inutile negare, da parte di tanti, e anche dai repubblicani, è stato considerato uno strumento della lotta politica. E secondo me è un errore, perché la grandezza di Mazzini è la grandezza di un pensatore politico che appartiene non soltanto a un partito o a uno schieramento, ma appartiene alla storia di questo paese e alla storia d’Europa. E quindi la ricerca di Salvo Mastellone ci consente di storicizzare Mazzini e allo stesso tempo di secolarizzarlo.

Faccio un esempio molto semplice. La prima confisca e la prima genealogia immaginaria è quella del nazionalismo, che all’inizio del ‘900 si impadronisce dell’immagine di Mazzini fondatore presunto del nazionalismo italiano. E’ una lettura molto forte, ideologicamente fortissima, che rimane anche dopo la Seconda guerra mondiale, perché, chiunque abbia studiato nei libri di scuola degli anni ‘50 e ancora degli anni ‘60, sa che di Mazzini si sottolineava il fondatore della nazione italiana: Dio, patria e famiglia, cioè esattamente la lettura fascista di Mazzini.

Questo è stato; e contro questo poi reagisce la prima lettura, quella di Togliatti degli anni ‘30, che a sua volta ribalta il cliché fascista e dice: allora, se Mazzini è questo, dunque noi siamo fuori, noi lo respingiamo completamente. Dall’altra parte Gramsci fa di Mazzini a sua volta una sorta di feticcio nei suoi "Quaderni dal carcere", perché Mazzini non capisce, secondo Gramsci, appunto, la rivoluzione agraria, la possibile rivoluzione agraria.

Naturalmente anche questa è una lettura politica, è una lettura ovviamente ideologica e non storica, perché la rivoluzione agraria non l’ha fatta nessun Paese nel 1800, non c’è stata nessuna rivoluzione agraria in nessuna democrazia mondiale. Ecco, quindi stiamo di fronte a un mito politico che è importante all’interno di una ideologia, quella comunista, ma che naturalmente non ha una base di tipo storico, è un mito politico.

E credo che questo sia stato in parte anche un errore dello stesso movimento repubblicano che ha confiscato, diciamo in esclusiva, la lettura di Mazzini, ergendosi in qualche modo a difensore di un patrimonio, come una cosa sua propria, e in questo modo ne ha fatalmente circoscritto il successo, perché l’ha reso in qualche modo un emblema, un logo di partito. E quindi gli altri partiti poi si sono sentiti in dovere di non considerarlo come pensatore europeo o come personaggio internazionale.

Questo è il primo punto che volevo trattare. Il secondo punto che mi pare importante, fra ciò che ha detto Salvo Mastellone, è che noi non possiamo domandarci se Mazzini sia socialista o sia liberale. Mazzini è un pensatore politico originale, il che significa che egli è all’origine di una corrente politica e di un pensiero politico. Vale a dire che sotto questa radice non c’era prima niente, perché egli è un uomo che inventa la politica: quindi con Mazzini siamo all’origine di una proposta democratica assolutamente nuova, questo è il punto, una proposta politica che dialoga a destra e a sinistra, che mette i suoi paletti ma che è completamente nuova. E quindi è irriducibile a uno schematismo classico di tipo "o socialismo o liberale", che è il classico modo con cui è stato fino adesso affrontato Mazzini, schiacciandolo su una parte o su un’altra. Invece qui siamo di fronte a una proposta democratica, democratica pura, rivoluzionaria per l’epoca. E’ inutile negarlo, in quell’epoca là Mazzini era l’estrema sinistra. Questo è chiaro, è quasi inutile discuterne. E’ un’origine di tipo democratico purissima e assolutamente non comprimibile. Quindi siamo alla fonte di una delle idee germinali della democrazia, e siccome è l’unica forma di democrazia che il nostro Paese abbia elaborato nella prima metà dell’800, e anche nella seconda metà, non mi pare tutto sommato una cosa da poco.

Terzo punto che volevo toccare molto rapidamente: e cioè la questione del linguaggio. Se voi prendete i "Pensieri sulla democrazia" che Salvo ha tradotto, vi rendete conto che questo signore scrive in una lingua modernissima, usa dei concetti assolutamente moderni, parla di dictatorship per dire la dittatura comunista, la chiama dittatura, e usa per primo nella storia del pensiero politico mondiale il termine dittatura per qualificare quella che secondo lui sarà la deriva fatale di un certo tipo di visione comunista della democrazia. E noi restiamo abbagliati. Non è tanto la traduzione di Salvo Mastellone, che pure è bravissimo, è proprio il fatto che Mazzini scriva così. E allora, che cosa significa questo? Che Mazzini che scrive in inglese, in francese, e legge più lingue, e dialoga in Francia con i sansimoniani e con i fourieristi, in Inghilterra con i cartisti e con i comunisti, usa codici linguistici diversi. E quindi è chiaro che, se noi prendiamo gli scritti in italiano, fatti per un pubblico di analfabeti, che non aveva nessuna idea di che cosa significassero i termini democrazia, repubblica, middle class etc etc, è chiaro che quest’uomo deve parlare di dogmi, di fede, di queste cose qui, perché altrimenti il codice linguistico non c’è, la gente non capisce quello che dice. Questo è il punto: non avrebbero capito, in Italia, se lui si fosse espresso in maniera diversa. Però quest’uomo, quando parla in inglese, parla con la sua testa moderna e si esprime molto chiaramente; quindi è un uomo che usa abilmente i vari codici linguistici ed è questo uno dei motivi per cui anche sotto questo aspetto Mazzini va secolarizzato, perché va in qualche modo confrontata la lettura in francese e in inglese delle sue idee con quella italiana, per depurarla di tutto quell’arsenale misticheggiante che c’è nella versione italiana, ma che è indubbiamente in qualche modo legato al pubblico, alla ricezione che ci doveva essere in Italia di questo pensiero.

I cerchi concentrici

Altro punto: la questione della strumentalizzazione di Mazzini è legata anche al fatto che il suo pensiero è un pensiero non sistematico, e legato fondamentalmente a cerchi concentrici. Il primo cerchio, quello più largo, è il tema nazionale, l’idea di nazione. Mazzini evidenzia il discorso pubblico nazionale, che fino ad allora era stato un discorso culturale, pochissimi l’avevano elaborato in termini politici. Egli è il primo che dice c’è una piattaforma, che è quella della battaglia per l’Italia unita: e su questo discute in termini politici, non in termini culturali come faceva anche Foscolo. Questo era già stato fatto nel Settecento, ma qui si parla in termini politici. Per discutere di questo - sostiene Mazzini - io chiamo nella Giovine Italia tutti quelli che hanno - 1831 - meno di 40 anni, perché quelli che ne hanno di più non capiscono niente, perché sono nati prima della Rivoluzione francese, vale a dire il "vecchio mondo". E’ dunque inutile, sostiene, che stiamo a parlare con loro, perché questo è un mondo nuovo che si apre. Tanto è vero che questo atteggiamento non lo ha reso molto popolare fra i vecchi carbonari, come potete immaginare. Ma Mazzini è infatti il fondatore del discorso pubblico nazionale.

A questo punto è chiaro che tutti quelli che si riconoscevano in questo problema dovevano passare di fatto per la Giovine Italia che, fino al 1837, è l’unica agenzia di dibattito nazionale che ci sia nel nostro Paese. Ecco perché Gioberti è passato anch’egli da quella esperienza, visto che, se si voleva parlare di Italia unita in termini politici, o eri mazziniano negli anni ‘30, oppure stavi fuori, perché non c’era altra tribuna. E questo spiega perché tanti in qualche modo sono stati mazziniani in gioventù: è per questo motivo.

Poi in Mazzini c’è il secondo cerchio, più stretto, che è il tema democratico - repubblicano, ed è chiaro che, essendo questa una proposta di estrema modernità, per forza di cose l’uditorio è più limitato, è più limitato il pubblico di riferimento, ed è prevalentemente un pubblico di esiliati, prevalentemente un pubblico di persone che stanno fuori dell’Italia o che comunque hanno avuto un’esperienza d’esilio. Perché sono quelli che sono entrati in contatto con questo nuovo aspetto concettuale della democrazia in senso più moderno.

E poi, ulteriore cerchio interno: il tema religioso, e lì sono ancora di meno, pochissimi; direi che si contano sulle dita quelli che sono davvero mazziniani. Uno di questi è Aurelio Saffi, sicuramente, perché in questo stadio il tema religioso è un argomento di estrema sofisticazione intellettuale. Mazzini sosteneva, sostanzialmente, che per unire l’umanità (che era il suo obiettivo politico, come è chiaro) bisognasse superare anche gli steccati non solo delle nazioni, ma anche delle religioni, tema modernissimo, e che quindi bisognasse fare una sorta di "grande spremuta" delle religioni, togliendo tutti i dogmi, ma lasciando quelle massime universali che ogni religione ha portato al senso comune dell’umanità, all’etica dell’umanità. E quindi bisognasse costruire una grande religione delle religioni di tipo umanitario, sulla quale si potessero incontrare tutti gli esseri umani. Ecco perché Dio in questo senso non è certamente il Dio dogmatico: è il Dio di una grande visione etica dell’umanità che poteva affratellare il genere umano.

Mazzini e le considerazioni sul marxismo

Ultime due considerazioni, rapidissime. La prima. Vivente Mazzini, Mazzini è una persona che fa di fatica ad essere strumentalizzata, se non c’è naturalmente una volontà politica di farlo, perché è uno che i paletti li ha messi per conto suo: li mette nel 1846 a sinistra, con il marxismo. Ed è chiaro che cosa dice del comunismo, prima ancora che sia scritto "Il manifesto". L’altro paletto lo mette nel 1871, ed è con il nazionalismo. Scrive sulla "Roma del Popolo" nell’ottobre del 1871 un articolo intitolato "Nazionalità e Nazionalismo". In quella sede sostiene: sia ben chiaro che la mia idea di nazione non ha nulla a che vedere con l’idea di nazionalismo che in questo momento sta emergendo negli Stati europei e che li sta dividendo su una base di tipo razziale, etc etc., perché noi pensiamo che la nazione sia uno strumento per unire l’umanità e non per dividerla.

Quindi quest’uomo i suoi paletti li ha messi per proprio conto, nettamente, e non c’è bisogno di dare una lettura esterna dei confini della sua visone. E, ultima cosa. Ma perché Mazzini ci è contemporaneo? Secondo me Mazzini ci è contemporaneo perché è inattuale, è inattuale perché il suo disegno democratico fallisce negli anni ‘50, ma anche nei primo anni ‘60. Nonostante i suoi estremi tentativi, che sono quelli di pensare che la democrazia si costruisce insieme all’interno e all’esterno: cioè la democrazia non è un prodotto di una pura trasformazione interna di un Paese, è uno strumento che si gioca dentro il Paese e nelle relazioni internazionali. Le due cose stanno insieme, e questa è stata sempre la sua battaglia, sempre. Se una delle due manca, la democrazia in un solo Paese a lui personalmente non interessa, non gli interessa. E quindi, quale è stato uno dei limiti a lui fatali? Che quando finisce la prospettiva rivoluzionaria democratica a livello europeo, è chiaro che anche la prospettiva del mazzinianesimo perde appeal, perché non riesce più a camminare, non ha più una delle gambe per affermarsi, così diventa una forma di dottrina, se vogliamo. Una teoria dello Stato di tipo democratico che sopravvive, ma limitata, ma fortemente limitata: questo è il punto. E quindi in quegli anni Mazzini perde questa opportunità e noi dobbiamo essere consapevoli di questa inattualità - fino ad oggi - del pensiero mazziniano. Ma sapere che questa inattualità è anche la sua contemporaneità, perché oggi noi siamo perfettamente consapevoli che le democrazie non stanno in piedi soltanto dentro i singoli Stati ma bisogna costruire dei processi democratici di livello internazionale o mondiale, e le due cose sono assolutamente legate, non possono funzionare una senza l’altra.

E quindi sotto questo profilo io credo si possa dare una risposta a questo bicentenario: però, ripeto, bisogna che tutti voi ci aiutate in questa diffusione. Aiutate il professor Mastellone in primo luogo, ma anche chi, come me, da professore universitario, cerca di fare questa battaglia, che è quella appunto di ridare a Mazzini una dimensione che fino a questo momento purtroppo è stata a lungo sacrificata.

*Professore ordinario di Storia Contemporanea, Università di Bologna
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/SAPOREDIMARE.mid

nuvolarossa
07-01-08, 13:45
Francesco Nucara in visita a New York/Da Dario Papa alla Mazzini Society
Indissolubili i legami tra i repubblicani italiani e la democrazia degli Stati Uniti d'America

di Francesco Nucara

Ero partito per gli Stati Uniti d'America con la mia famiglia pensando di passare un breve periodo di vacanza durante le feste di fine anno. Una volta sul posto, il richiamo della politica mi ha travolto, ed ho cominciato con una telefonata a Maurizio Molinari, giovane - vecchio redattore de "La Voce Repubblicana". La mia vacanza si è così trasformata, a metà, in lavoro politico.

Si è iniziato con il visitare la statua di Mazzini a Central Park. Non nascondo che sono

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stato colto da profonda commozione nel vedere che quel monumento è tenuto in maggiore considerazione di quanto non lo sia in Italia ed in particolare a Genova, la sua città natale.
Come tutti sappiamo, Mazzini è stato l'ideologo delle guerre d'indipendenza italiane: il suo pensiero e le sue opere hanno contribuito in maniera fondamentale all'unità d'Italia ed alla Repubblica. Noi ci siamo liberati dai dominatori europei: spagnoli, austriaci, francesi, ecc.; ed anche gli americani, ancora prima che Mazzini nascesse, hanno combattuto per la loro indipendenza. Le loro teorie federaliste ante litteram le rileviamo nel pensiero di Carlo Cattaneo, uno dei grandi pensatori risorgimentali, la cui intuizione federalista ha trovato applicazione nel si stema dei poteri e dei contropoteri.

"La libertà - scriveva Cattaneo - non deve piovere dai santi del cielo, ma scaturire dalle viscere dei popoli. Chi vuole altrimenti, è nemico della libertà". In questo scaturire dalle viscere del popolo sta l'essenza della democrazia americana. Negli Usa vige tutt'oggi il principio che la democrazia si attua - come diceva John Adams, "un governo di leggi e non di uomini" - con buona pace delle maggioranze parlamentari.

Vorrei, però, ritornare ai legami tra la democrazia negli Usa e la democrazia repubblicana. Uno dei fondatori del Partito Repubblicano Italiano, Dario Papa, verso la fine dell'800, in un suo saggio, rafforzò la sua convinzione di federalismo democratico trasferendola poi dentro il dna del Partito Repubblicano, in seguito ad un'esperienza proprio a New York. Egli esalta la vittoria di Lincoln sui secessionisti del Sud.

E come non ricordare l'amicizia tra Lincoln ed il padre di tutti i repubblicani italiani, Giuseppe Mazzini; e il fatto che lo stesso Lincoln avrebbe voluto affidare il comando dei soldati nordisti a Giuseppe Garibaldi?

Queste sono le premesse che portano generazioni di Repubblicani a stringere un legame profondo con la democrazia americana.

Sulle basi di questi profondi legami nacque a New York la leggendaria Mazzini Society. Fu qui che gente come Carlo Sforza e Randolfo Pacciardi, assieme ad altri italiani, decisero di battersi a fianco degli alleati, che per loro erano gli Stati Uniti e non la Germania nazista. Dalla collaborazione con gli Usa, dal piano Marshall al Patto Atlantico è partita la rinascita dell'Italia, di quell'Italia seppellita sotto le macerie della dittatura nazifascista.

Ho sottoposto queste mie riflessioni alle personalità che ho avuto modo di incontrare. Mi riferisco soprattutto alla comunità italo-americana, dalla Neaf alla Columbus Foundation. Alcuni di loro sono emigranti di terza generazione, con scarsa possibilità di interloquire in italiano; e comunque "sono" italiani a tutti gli effetti, come il presidente della Columbus, Louis Tallarini.

Sono stati questi i primi contatti. Altri - non so se più importanti o meno - ce ne sarebbero stati se il periodo festivo non avesse portato in vacanza molte personalità del mondo politico americano.

Questo è stato solo l'inizio di un percorso, che probabilmente proseguiremo a marzo con una delegazione ufficiale del Pri.

tratto da http://www.pri.it/4%20Gennaio%202008/NucaraNewYork.htm