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Visualizza Versione Completa : Sistema Presidenziale ... ricordando Randolfo Pacciardi



omorfo
21-08-02, 11:11
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg


Non vorrei dire una sciocchezza , ma visto che si ritorna a parlare di " presidenzialismo " non fu una bandiera di Pacciardi ?
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vedi anche.....:
http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?s=&postid=197714#post197714

nuvolarossa
21-08-02, 11:36
per una documentazione su Randolfo Pacciardi visita....:
http://www.cronologia.it/storia/biografie/pacciard.htm
http://www.romacivica.net/anpiroma/antifascismo/biografie%20antifascisti42.html
http://www.pir.org/main4/Randolfo_Pacciardi.html
http://www.domusmazziniana.it/vecchi/1991/91_1/Pacciardi.htm
http://www.agora.stm.it/nuova.repubblica
http://www.geocities.com/soho/den/7257/numero3/premessa.html
http://www.romacivica.net/anpiroma/antifascismo/biografie%20antifascisti101.html

hussita
21-08-02, 12:05
bella la pagina su cronologia, chissà chi l'ha scritta

:rolleyes:

nuvolarossa
02-11-02, 15:26
La schiacciante vittoria della Dc nel '48 non comportò l'automatica adesione al blocco atlantico

1949, nella NATO grazie a PACCIARDI
La schiacciante vittoria della Democrazia Cristiana nelle elezioni del 18 aprile 1948 non comportò, in politica estera, l'automatica ed immediata integrazione dell'Italia nel blocco degli Stati occidentali. I rapporti con i futuri alleati, infatti, erano in quel momento tutt'altro che idilliaci a causa di diverse questioni irrisolte: dalla sistemazione delle ex colonie alla collocazione di Trieste, ma soprattutto per la spinosa questione del trattato di pace, ritenuto ingiusto anche da diversi esponenti della compagine governativa. Nodi difficili da sciogliere, che in un primo momento impedirono ad Alcide De Gasperi di formulare una politica estera italiana decisamente filo atlantica.
La spinta repubblicana. Ma i motivi principali che spingevano De Gasperi ad assumere questo atteggiamento di grande cautela riguardavano la politica interna. Oltre alla inevitabile opposizione social-comunista, infatti, il presidente del Consiglio dovette fare i conti con larga parte dell'elettorato cattolico, schierato su posizioni neutraliste in campo internazionale. Esponenti della sinistra democristiana, come Dossetti e Gronchi, non fecero mistero della loro contrarietà alla scelta atlantica. Anche i socialdemocratici tentennarono parecchio prima di schierarsi apertamente a favore del Patto atlantico, e le divisioni interne al partito di Saragat minarono diverse volte la stabilità del governo.
In fin dei conti, il partito che spinse maggiormente, sin dall'estate del 1948, per l'ingresso dell'Italia nell'alleanza atlantica, risultò essere quello repubblicano, che all'interno del quinto Gabinetto De Gasperi occupò i prestigiosi e fondamentali dicasteri degli Esteri, con Carlo Sforza, e della Difesa, con Randolfo Pacciardi. Mentre il primo, attraverso i contatti con le ambasciate, si adoperò per eliminare le resistenze anti italiane ancora molto forti soprattutto a Washington e Londra, il secondo svolse, all'interno del Consiglio dei ministri, una proficua opera di convincimento riguardo la necessità di un rapido accordo con le potenze occidentali. È così che Pacciardi ricorda quel travagliato periodo storico: "Quando cominciai a lavorare alla Difesa, vigeva ancora il trattato di pace impostoci dopo la disfatta militare del fascismo. Un trattato profondamente ingiusto che non ci permetteva nulla, specialmente per ciò che riguardava la ricostituzione delle nostre forze armate. L'Unione Sovietica ci era apertamente nemica e le altre nazioni vincitrici non avevano alcuna simpatia per l'Italia, pur mostrando verso di noi atteggiamenti corretti ma freddi. Con l'adesione alla Nato, invece sarebbe cambiato tutto. Saremmo diventati alleati e gli anglo-americani non avrebbero avuto alcun interesse ad avere alleati deboli. Per questo io spingevo per l'adesione, pressato a mia volta da Tarchiani, ambasciatore negli Stati Uniti, che ci incitava a non perdere tempo. Altrimenti l'alleanza atlantica si sarebbe costituita lo stesso e noi ne saremmo rimasti fuori. L'unico paese a sostenere apertamente la nostra adesione al Patto Atlantico era la Francia che non voleva diventare territorio di confine. Gli americani erano moderatamente favorevoli, ma non si sbracciavano per noi. E gli inglesi erano apertamente contrari. La necessità di aderire era avvertita indistintamente da tutti i ministri, ma sentivo che c'era una certa lentezza e perplessità nella decisione e non capivo perché, dato che non c'erano contrasti apparenti. Fremevo".
De Gasperi frena ancora. Con il discorso pronunciato il 20 novembre 1948 a Bruxelles, anche De Gasperi si schierò decisamente a favore dell'alleanza militare con l'Occidente. In quella circostanza, infatti, il presidente del Consiglio ruppe gli indugi e illustrò i pericoli di una politica estera neutralista, che avrebbe portato l'Italia a un isolamento sterile e destinato a rivelarsi pericoloso, soprattutto nel caso fosse scoppiato un terzo conflitto mondiale. Nei fatti, però, De Gasperi assunse una posizione di attesa, tanto che ancora agli inizi del 1949 non era riuscito a convincere l'intera maggioranza ad aderire al fronte occidentale. Fu Pacciardi che convinse il governo ad accelerare i tempi per la scelta definitiva: "Nel gennaio 1949 decisi di fare una pacciardata. Era stato convocato un Consiglio dei ministri con all'ordine del giorno le solite cosette amministrative. Appena iniziata la seduta, mi alzo e dico a De Gasperi: ‘Presidente, domando la parola'. ‘Per che cosa'? ‘Per la nostra adesione al Patto atlantico'. ‘Ma non è all'ordine del giorno'. ‘Continuando di questo passo non ci sarà mai. Bisogna spicciarsi. Se non entriamo ora non entreremo più, perché nessuno ci vuole. Esigo che se ne discuta adesso e che si entri nell'ordine delle decisioni'. De Gasperi puliva continuamente gli occhiali con un fazzoletto, sembrava distratto, gli occhi fissi verso un punto indistinto della parete, non disse neanche una parola. Io cominciai a parlare, illustrando tutte le ragioni che militavano a favore di un nostro ingresso immediato nel Patto atlantico.
Dopo di me parlò Fanfani anche lui favorevole e poi tutti gli altri. Saragat non intervenne in quella riunione, zitto come De Gasperi. Un paio di settimane dopo De Gasperi mi mandò a chiamare. ‘Ti ricordi la riunione dell'altro giorno? Appena finita la riunione Saragat mi seguì in ufficio e diede le dimissioni da vicepresidente del Consiglio. Oggi Saragat è ritornato da me a dire che anche il partito socialdemocratico dà disco verde all'adesione alla Nato'. Poi mi dette una lezione di buon governo che accettai con piacere: ‘Vedi come siete voi giovani? Volete per forza sfasciare il muro quando lo si può aggirare. Se ti avessi dato retta avremmo avuto la crisi di governo e non saremmo potuti entrare nel Patto atlantico. Ora, invece, va tutto bene. Possiamo andare in Parlamento'". L'8 marzo Washington informò l'ambasciatore Tarchiani che l'Italia era ufficialmente invitata nell'alleanza atlantica. Il 18 marzo il Parlamento, dopo una infuocata seduta durata cinquantuno ore, dette la fiducia al governo, sicché il 4 aprile 1949 Carlo Sforza poté firmare, alla presenza di Truman, l'ingresso dell'Italia nel Patto Atlantico.
(gat)

nuvolarossa
07-12-02, 20:14
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI77.jpg

tratto da
http://www.frangipane.it/archiviox.gif (http://www.frangipane.it/index.html)

trifoglio
08-12-02, 03:17
Caro Nuvolarossa
ho visitato i siti riferiti a Pacciardi, vorrei chiederti però dove é possibile reperire degli scritti riguardanti lo stesso Pacciardi.
Ti ringrazio

nuvolarossa
08-12-02, 10:51
Per reperire degli
scritti di Randolfo Pacciardi ti allego il link complessivo degli editori italiani online ( http://www.informagiovani.it/editori.htm ) dove, con certosina pazienza, ed interrogando i vari elenchi/cataloghi di opere, potrai trovare quanto desideri .... da parte mia ti posso solo fare un ulteriore elenco di siti della rete dove si parla di lui:
http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio1999/un26/art685.html
http://capitalismo.freeweb.supereva.it/testamentoanti.htm?p
http://lanazione.quotidiano.net/chan/5/5:2057923:/2001/04/17
http://users.libero.it/mcmr/costruirerep.htm
http://www.riccati.it/ita_rep/governi/degasperi4.htm
http://www.riccati.it/ita_rep/governi/degasperi7.htm
http://www.gol.grosseto.it/puam/comgr/uffstamp/indice9.htm
http://www.lucianodecrescenzo.it/panorama/numeri/pan3898/aud/3898_editor4.html
http://ilgiorno.quotidiano.net/chan/2/3:943965:/2000/05/21
http://www.crescitacivile.it/edicola/Nuova%20Repubblica/tredici.htm

trifoglio
09-12-02, 00:44
Nuvolarossa grazie per le informazioni e
per la tua immediata risposta.
Ciao

Trifoglio 52

nuvolarossa
19-12-02, 22:41
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI88.jpg

tratto da
http://www.frangipane.it/archiviox.gif (http://www.frangipane.it/index.html)

nuvolarossa
11-01-03, 23:06
http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA//PRI97.JPG

tratto da
http://www.frangipane.it/archiviox.gif (http://www.frangipane.it/index.html)

nuvolarossa
06-07-03, 10:30
http://www.liberazione.it/images/testata.gif
65 anni fa in Spagna il successo delle truppe governative contro i franchisti

Quando l'Ebro divenne repubblicano

Un momento epico della resistenza repubblicana alle truppe franchiste; un tentativo estremo di ribaltare una situazione che, sia internamente che esternamente, era sempre meno favorevole all'esercito repubblicano spagnolo. Così può essere definita la famosa battaglia dell'Ebro, appunto una spettacolare azione bellica che in un primo momento illuse sulle possibilità della vittoria il primo ministro Juan Negrìn e tutti coloro che difendevano il legittimo governo di Madrid. Ma quale era la situazione nella Spagna del 1938? A due anni dall'inizio del conflitto i repubblicani potevano ancora contare su un appoggio evidente della popolazione. Malgrado i successi militari le truppe di Franco, che avevano separato la Catalogna dalla zona centrale repubblicana e privato Barcellona dell'energia elettrica, constatavano di persona l'ostilità della popolazione. Scrive lo storico americano Gabriel Jackson nel suo libro "La repubblica spagnola e la guerra civile" (Il Saggiatore, pp. 627, euro 10): «Come nell'Andalusia, nell'autunno del 1936, la popolazione fuggiva davanti all'invasore, dando o cercando di dare alle fiamme borghi e campagne.» Lo spirito patriottico in alcuni casi faceva breccia anche tra gli ufficiali fascisti, «irritati alle voci dei bombardamenti italiani su Barcellona.» A tutto ciò bisognava aggiungere la grande popolarità della quale godeva Negrìn, che non esitò a varare una serie di misure favorevoli alla piccola proprietà e un'amnistia generale per avvicinare così l'immagine del proprio governo a quella dei governi dei paesi occidentali, Francia e Gran Bretagna in testa, e convincerli che la loro stessa sopravvivenza era legata a quella del governo repubblicano. Insomma, secondo Madrid e tutti gli antifascisti dell'epoca, una vittoria del generalissimo avrebbe spianato la strada dell'avanzata nazi-fascista in Europa. Ma gli sforzi di Negrìn si rivelarono vani. Scrive Jackson: «Gli Stati Uniti non si smossero dalla neutralità, né l'Inghilterra dalla politica di concessioni. In Francia, dove il 3 aprile a Blum (leader socialista ndr) era succeduto Daladier (esponente radicale, l'ala più moderata della coalizione di sinistra ndr), questi era favorevole alla Repubblica benché esitasse, più del predecessore, dinanzi alle minacce fasciste e alle pressioni inglesi, e a fine maggio si ebbe di nuovo la chiusura della frontiera...»
Per tutta questa serie di ragioni il primo ministro repubblicano decise il tutto per tutto sull'Ebro. «Nella mattinata del 24 luglio - scrive lo spagnolo M. Tuñon De Lara nel suo libro "Storia della repubblica e della guerra civile in Spagna" (Editori Riuniti, pp. 742, fuori catalogo) - si riuniva il Consiglio supremo di guerra, sotto la presidenza di Negrìn. Il generale Rojo espose il piano di un'offensiva consistente nel passare l'Ebro fra Fayòn e Benifallet, verso Batea, Corbera e Gandesa.» Nella notte fra il 24 e il 25 luglio le truppe repubblicane avanzarono senza incontrare resistenza, passarono il grande fiume e penetrarono rapidamente in territorio nemico. Riporta sempre lo storico iberico: «La 50° divisione del corpo marocchino (al servizio del generale Franco in quanto quest'ultimo comandava le unità militari di stanza nel Marocco spagnolo ndr), comandata dal colonnello Campos Guereta "ripiegava con innegabile disorientamento".» Il rapido successo repubblicano gettò in un primo momento le truppe nazionaliste in un clima che poteva essere definito di disfattismo e sconforto. Una così facile avanzata non era stata prevista anche perché a luglio i fiumi sono generalmente ricchi di acqua e difficilmente superabili. Ma nel corso del tempo si capì che il successo dell'Ebro non poteva compensare da un lato le carenze presenti presso gli altri fronti e soprattutto il sempre più evidente interventismo nazifascista che risultò essere assolutamente determinante per l'esito della guerra civile. Dopo aver tenuto strenuamente le posizioni a novembre i repubblicani erano costretti a cedere: «Il 16 novembre - scrive De Lara - si ripiegò sulle posizioni di partenza del 25 luglio; si gettarono nuovamente i ponti, e sempre combattendo, le unità si ritirarono in ordine, senza perdita di materiale o di depositi. La battaglia dell'Ebro era finita.» Dopo cinque mesi, esattamente il 31 marzo del 1939, i franchisti entrarono a Madrid, mettendo la parola fine all'esperienza repubblicana in Spagna.

Vittorio Bonanni

nuvolarossa
19-01-05, 14:07
Primarie sciocchezze

http://www.repubblica.it/2004/l/sezioni/politica/proditornadue/verticeprima/ansa_5676536_49100.jpg

Porterà male, e già molto ne ha portato, questa mania di mescolare i generi istituzionali, piluccando un po' di qua un po' di la, creando mostriciattoli che non sono proporzionali e non sono maggioritari, non sono regimi parlamentari e non sono regimi presidenziali, convocando primarie senza capo né coda ....... (continua ... sotto)
(http://www.nuvolarossa.org/modules/news/article.php?storyid=572)
http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/2094

nuvolarossa
06-10-06, 13:53
Randolfo Pacciardi, eroe d'altri tempi

Il padre si chiama Giovanni, è originario di Castagneto e fa il “deviatore ferroviario” a Giuncarico; la madre è Elvira Guidoni. La coppia ha già tre figli maschi (1) quando, il primo gennaio 1899, nasce Randolfo; dopo di lui vede la luce, il venticinque settembre 1902, una bambina, che riceve il nome di Elia.
Studente alle “complementari” di Grosseto ( prenderà la licenza tecnica a Montepulciano ), Randolfo si schiera a fianco degli interventisti nell'estate del '14. L'anno seguente aderisce al Partito repubblicano e, alla fine di maggio, cerca di arruolarsi volontario, presentando i documenti di un compagno di studi più grande di lui, ma viene scoperto e rimandato a casa.

http://www.geocities.com/soho/den/7257/numero3/img/paccia.gif

Richiamato alle armi nel '16, frequenta, a Parma, un corso per allievi ufficiali e, dopo Caporetto, va al fronte. Ufficiale dei bersaglieri, si guadagna due medaglie d'argento ( “Una delle medaglie d'argento - scriverà ultraottuagenario - era stata proposta dal generale Fara come medaglia d'oro sul campo per avere attraversato per primo il fiume Livenza, gettandomi da un ponte in fiamme e attaccando il nemico con pochi bersaglieri, che mi avevano raggiunto” ), una di bronzo e una croce militare inglese, la “Military cross”.
Congedato al principio del '19, si iscrive alla Facoltà di lettere, poi, su consiglio dell'avv. repubblicano Giovanni Conti, passa a quella di legge e si laurea in due anni. Collaboratore, dal '20, dell'“Etruria nuova”, il settimanale repubblicano di Grosseto, si occupa ripetutamente, sulle sue pagine, dello squadrismo, denunciando la passività delle forze dell'ordine verso i seguaci di Mussolini.

Nell'articolo intitolato: “Le giornate fasciste a Grosseto”, scrive: “Centinaia di fascisti erano a Grosseto convenuti da paesi lontani. Bella prova di solidarietà indubbiamente: ma con quali mezzi si è potuta effettuare? La questura era preventivamente informata di ogni arrivo e la questura ha a disposizione truppa, carabinieri, mitragliatrici, autoblindate. Perché non ha fatto un solo atto per scongiurare così grave calamità alla nostra cittadina?”
Trasferitosi a Roma nel '22, viene sfidato a duello - per motivi politici - dal segretario del fascio di Grosseto, Umberto Pallini che lo affronta in uno scontro alla sciabola, il sei aprile del '23, alla Pescaia. Uno dei padrini del Pallini è lo squadrista Dino Castellani, il maggiore responsabile della strage di Roccastrada, che continua a girare indisturbato per la Maremma.

Il duello viene sospeso perché Pacciardi, colpito da alcune “piattonate” al braccio destro, non è in grado di continuare.
Tornato nella capitale, Randolfo fonda, insieme a Giovanni Conti, Raffaele Rossetti, Fernando Schiavetti e Cino Macrelli, il movimento antifascista “L'Italia libera” e il ventiquattro giugno del '23 interrompe, in piazza Venezia, un discorso di Mussolini, gridando: “Viva l'Italia libera, viva la libertà”. Segretario generale del movimento, mantiene l'incarico fino al suo scioglimento, disposto dal Governo fascista il tre gennaio 1925.

Autore di un opuscolo su Mazzini, che firma con lo pseudonimo di Libero, Pacciardi difende, insieme a Giovanni Conti, la “Voce repubblicana”, che è stata querelata dal capo della milizia fascista, Italo Balbo. Il gerarca era stato accusato dal quotidiano democratico di essere il responsabile morale dell'assassinio di don Minzoni per aver invitato gli squadristi a impartire all'uomo di chiesa una “bastonatura di stile”. Il Tribunale assolve il giornale e condanna Balbo al pagamento delle spese processuali.
Colpito da mandato di cattura, dopo l'approvazione delle leggi eccezionali, e assegnato al confino per cinque anni, Pacciardi espatria clandestinamente in Svizzera alla fine del '26 e si stabilisce nel Canton Ticino, dove svolge un'intensa attività pubblicistica, collaborando assiduamente al quotidiano antifascista di Lugano, "La libera stampa".

Schedandolo il diciassette settembre 1927, il prefetto di Grosseto ricorda che “ha sempre professato principi repubblicani dei quali, sin dal 1920, ha fatto attiva propaganda anche mediante conferenze. Nel 1923 si trasferì da Grosseto a Roma in via Gregoriana n.48, int.5, ove si pose subito in evidenza, quale fervente repubblicano e propagandista attivissimo contro il Governo nazionale. Sostituto dapprima dell'ex deputato avv. Giovanni Conti, prese sempre parte a Roma a tutte le riunioni della Sezione del partito, incitando i componenti di essa all'organizzazione ed alla resistenza anche armata contro i fascisti. Nel 1924 organizzò con altri elementi del partito i gruppi combattenti Italia Libera, di cui divenne segretario generale nonché direttore del giornale settimanale l'Italia libera, che si pubblicava in quell'epoca, periodico quasi sempre sottoposto al sequestro per gli attacchi violentissimi contro S.E. il Capo del Governo ed il regime fascista.

Alla testa degli aderenti a tali gruppi capeggiò la dimostrazione a Piazza del Popolo in occasione dell'anniversario della Vittoria, dimostrazione che provocò gravi disordini ed a cui parteciparono Peppino Garibaldi ed altri esponenti dell'opposizione. Disciolta l'associazione Combattenti Italia libera, continuò la propaganda settaria contro il governo nazionale....” E' “organizzatore temibile ed in più occasioni ebbe a manifestare il deliberato proposito di commettere atti diretti a sovvertire violentemente l'ordinamento nazionale”.
Negli anni seguenti Pacciardi mantiene, in Svizzera, stretti rapporti con Egidio Reale, Luigi Delfini (2), Edoardo Blesio ed altri mazziniani. Accusato dalle spie dell'Ovra di preparare un attentato contro Mussolini, viene incluso, nel '33, dalla Prefettura di Grosseto, nella prima categoria dei nemici del fascismo, insieme agli anarchici Angiolino Bartolommei, Liberato e Smeraldo Cignoni, Aggio Simoncini, Settimio Soldi, Biagio Cavalli, Ruggero Gonnelli, Gioacchino Bianciardi e Pilade Grassini, ai comunisti Giuseppe Maggiori, Domenico Marchettini, Robusto Biancani, Garibaldo Nannetti, Albano Innocenti, Mino Pagliuchi, Gualtiero, Orlando e Goffredo Bucci, ai massimalisti Antonio Gamberi e Adolfo Catoni e ai repubblicani Primo e a Vittorio Wongher, e la dicitura:
“Attentatore” è stampigliata a grandi caratteri sui suoi fascicoli, al Casellario politico.

Il suo nome figura già nella Rubrica di frontiera e sul Bollettino delle ricerche, “supplemento dei sovversivi”, con tanto di fotografia. Nello stesso anno viene espulso dalla Svizzera, che lo accusa di aver “investigato” sulle spie fasciste, che, nel Canton Ticino, si erano infiltrate fra gli esuli. Passato in Francia insieme alla moglie Luigia Civinini, riceve nell'estate del '36, nei giorni successivi al sollevamento dei generali spagnoli, una lettera di Carlo Rosselli, il quale gli scrive che ci “sarebbe forse la possibilità di costituire rapidamente a Madrid il primo nucleo di una eventuale formazione italiana o sezione di una legione internazionale. Vorremmo sapere se, nel caso, potremmo contare sul tuo concorso al quale terremmo particolarmente e se, a giro di corriere, puoi indicarci con i dettagli del caso, elementi utilizzabili”.

Diversamente da altri repubblicani (Angeloni, Buleghin e Minguzzi, che combatteranno nella Colonna Italiana), Pacciardi non aderisce alla proposta di Rosselli (3) e soltanto il ventisette ottobre del '36, dopo “laboriose trattative”, firma a Parigi un accordo per la formazione di una Legione antifascista italiana (“Comunisti e socialisti, d'accordo con elementi vicini al governo di Madrid, patrocinavano - scriverà nel '37 - piuttosto l'invio di tecnici e di materiale. I repubblicani italiani, memori delle antiche tradizioni, volevano la Legione italiana. Non la Legione di un partito o a servizio di un qualsiasi partito spagnolo: la Legione unitaria autonoma alle dipendenze dello stato maggiore dell'esercito repubblicano”) “sotto il patronato politico dei partiti socialista, comunista e repubblicano e col concorso delle organizzazioni aderenti al comitato italiano pro Spagna. La Legione si organizza autonomamente e si pone al servizio del governo repubblicano di Spagna... I volontari prendono l'impegno di arruolarsi per un tempo minimo di sei mesi. Il comandante della Legione italiana per designazione dei tre partiti che costituiscono il Comitato politico, è il cittadino Randolfo Pacciardi”.

La legione è intitolata a Garibaldi e partecipa, sotto il comando di Pacciardi, alla difesa di Madrid, battendosi prima al Cerro de los Angeles, alla Puerta de Hierro e nella Città universitaria, e poi a Pozuelo e a Boadilla del Monte. Verso la fine dell'anno lo scrittore comunista tedesco Gustav Regler, volontario delle Brigate internazionali, riferisce le seguenti parole di Pacciardi: ““Diglielo - insiste il comandante italiano, capo attivo e, fino all'avvento di Mussolini, avvocato repubblicano - diglielo che noi non siamo un esercito di disperati, venuti qui perché non avevamo più niente da perdere. Circa il 50 per cento dei miei uomini ha più di quarant'anni, avevano trovato un nuovo pane nell'emigrazione, hanno abbandonato il lavoro, gli affari e la famiglia, hanno pensato solo alla libertà della Spagna quando sono partiti, non hanno pensato che a sparare in faccia a Franco.
Quando vanno lassù credono di combattere vicino a Firenze o a Roma, per il proprio popolo” (4).

Alla testa del Battaglione Garibaldi a Mirabueno e a Majadahonda, Pacciardi viene ferito, nella battaglia sul fiume Jarama, a una guancia e a un orecchio, quindi partecipa alle ultime fasi della battaglia di Guadalajara, dove i fascisti, mandati da Mussolini ad aiutare i ribelli, si accorgono, a loro spese, che la Spagna non è l'Abissinia e vengono clamorosamente battuti dagli esuli italiani del Battaglione Garibaldi, dagli antifascisti francesi della “Commune de Paris”, dai “tedeschi rossi” dei Battaglioni Thälmann e Edgar André e dai miliziani spagnoli di Líster e del “Campesino”.
Pacciardi resta alla guida dei volontari fino al mese di giugno del '37, quando il Battaglione Garibaldi si trasforma nella XIIª Brigata internazionale, e partecipa agli scontri di Huesca e di Villanueva del Pardillo, poi, in dissenso con i comunisti sulla “mancata realizzazione di una Legione completamente italiana” e contrario all'uso della Brigata Garibaldi contro gli anarchici, lascia la Spagna nell'estate del '37, dopo aver assistito alla commemorazione di Carlo Rosselli, nel Cinema Coliseum di Barcellona (5).

Nello stesso anno pubblica a Lugano il volume "Il battaglione Garibaldi" e tiene numerose conferenze in Francia e il dodici dicembre 1937 fa sapere ai genitori, che, ora, abitano a Livorno, in via Garibaldi: “Carissimi, sempre bene e nulla di nuovo. Fra pochi giorni vi faremo pervenire un centinaio di lire come nostro regalo di capo d'anno. A noi non fa scomodo mandarvi questa sommetta perché possiate bere alla nostra salute e ricordarci. Nell'anno nuovo verrete a farci visita e saprete quel che vi interessa sapere. Tanti baci. Dino Aspettiamo domani Teresa. Per lei vi manderò una lunga lettera. Baci cari. Gigina”.
Al principio del '38 Pacciardi si reca negli Stati Uniti, su invito delle organizzazioni democratiche e repubblicane, e pronuncia molte conferenze e discorsi in varie città americane. Tornato in Europa, è ancora in Francia, insieme a Giorgio Braccialarghe e a Arturo Buleghin (6) nella primavera del '40, allorché i nazisti occupano Parigi. Rifugiatosi nell'Africa settentrionale, raggiunge, dopo non poche peripezie, gli Stati Uniti, dove fonda la "Mazzini Society", insieme a un gruppo di giellisti, di repubblicani e di antifascisti democratici, tra cui Lionello Venturi, Gaetano Salvemini, Michele Cantarella, Aldo Garosci, Carlo Sforza, Alberto Tarchiani e Max Ascoli. L'associazione pone al primo posto la pregiudiziale antimonarchica, il suo organo di stampa è il giornale "Nazioni unite".

La “Mazzini Society” è contraria all'accordo stipulato a Tolosa fra comunisti, socialisti e giellisti e ad ogni esperienza unitaria con il P.C.d'I. e Pacciardi è, con Sforza, uno degli organizzatori del Congresso delle organizzazioni antifasciste delle due Americhe, che si tiene a Montevideo il 17 agosto 1942 (senza che egli possa parteciparvi). Gli intervenuti ribadiscono la necessità di sopprimere la monarchia, riaffermano l'esigenza di dar vita, nella nostra penisola, alla Repubblica e sottolineano la proposta di eleggere un'Assemblea costituente, che dia all'Italia una costituzione democratica.
Rimpatriato nel '44, Pacciardi diventa, l'anno seguente, segretario nazionale del Partito repubblicano, poi assume - alla fine del '47 - la carica di vicepresidente del Consiglio dei ministri, quindi viene nominato ministro della Difesa. Avverso al centro-sinistra, è espulso dal P.R.I. nel '64 e fonda un movimento di indirizzo presidenzialista, al quale dà il nome di "Nuova repubblica", poi, alla fine degli anni Settanta, rientra nel P.R.I., restandovi fino alla morte.

1)Il primo figlio dei coniugi Pacciardi, Alcesio, era nato a Castagneto Carducci il 30 aprile 1890. Il secondo si chiamava Egidio ed era nato a Gavorrano il primo settembre 1895. Il terzo - di cui non conosciamo il nome - morì nella grande guerra ed era ricordato nella lapide esposta, fino a qualche mese fa, all'interno del Palazzo comunale di Gavorrano.

2)Luigi Delfini nacque a Velletri (Roma) il diciassette giugno 1906 e aderì al P.R.I. nel '23. Emigrato in Svizzera nel '29, si legò alla “Concentrazione antifascista” e a “Giustizia e libertà”. Rientrato clandestinamente in Italia, “varcando i monti del Ticino, in seguito a un concertato complotto, per accompagnare un anarchico fuoruscito”, che gli era stato raccomandato - scriverà nel 1984 - “da Pacciardi, Rosselli, Lussu, Tarchiani ed altri della Concentrazione antifascista di Parigi”, fu arrestato a Roma il due marzo 1931 e selvaggiamente picchiato per trenta giorni dal questore di Roma e da una squadra di funzionari e agenti dell'Ovra, fra cui i marescialli Pizzuto e Gerardi, decisi a fargli confessare come si era disfatto della bomba e della rivoltella che aveva ricevuto dal Belloni. Falliti i tentativi di farlo parlare, venne deferito al Tribunale speciale per “associazione sovversiva e tentata strage” (si tentò anche di provare che era collegato al gruppo terroristico di Domenico Bovone) e fu condannato a trent'anni di carcere il venticinque luglio 1931. Altri due imputati - Pietro Meloni e Ersilio Belloni - ebbero trent'anni di reclusione, mentre Giuseppe Germani se la cavò con dieci anni e Alberto Tarchiani, Emilio Lussu, Gino Bibbi, Albero Cianca, Carlo Rosselli e Randolfo Pacciardi - tutti esponenti di primo piano dell'antifascismo - furono “stralciati dal processo perché latitanti”.
Detenuto nei reclusori di Terni, di Civitavecchia e di San Gimignano, Delfini evase dal carcere senese con l'aiuto dei partigiani della Val d'Elsa e combatté contro i nazifascisti in Toscana fino all'estate del '44. Nel dopoguerra diventò segretario del P.R.I. a Grosseto e nel '58 fu candidato alla Camera da repubblicani e radicali (Delfini, Luigi. Anche sull'orlo della tomba l'uomo inalbera la bandiera della speranza, in: Monumento al fascismo / a cura dell'Associazione toscana Volontari della libertà, sezione di Grosseto, Grosseto: Tipo-lito Europa, 1984, p.43-52; Dal Pont, Adriano. Carolini, Simonetta. L'Italia dissidente e antifascista: le ordinanze, le sentenze istruttorie e le sentenze in Camera di consiglio emesse dal Tribunale speciale fascista..., Milano: La pietra, 1980, vol.1, p.528-529; Etruria nuova, n.u., mag. 1958).

3)Un breve cenno al mancato accordo fra Pacciardi e Rosselli nell'estate del '36 si trova nel “Diario” di Braccialarghe: “L'antifascismo italiano in Spagna ha già sofferto dei dissensi tra Pacciardi e Rosselli, dissensi che hanno permesso la creazione di due formazioni, a dimostrazione una volta di più che neanche nei momenti più difficili sappiamo restare uniti” (Braccialarghe, Giorgio. Terra di nessuno e Diario spagnolo, cit., p.89).

4)Regler, Gustavo. L'assalto alla Casa verde, in: Garibaldini in Ispagna, cit., p.134-135.

5)Sui contrasti, che opposero l'esponente repubblicano ai comunisti in Spagna, oltre ai ricordi di Pacciardi e agli scritti di Braccialarghe, si veda la comunicazione di Antonio Roasio: Dal Battaglione Garibaldi alla Resistenza italiana, La Spezia, 8-9 maggio 1971, p.11-12.

6)Arturo Buleghin nacque a Treviso il 2 dicembre 1905. Frequentate le scuole complementari, fece l'impiegato di una ditta privata e divenne amico del deputato repubblicano Guido Bergamo, successivamente aderì al P.R.I. e collaborò al giornale democratico “Alla riscossa”. Nel '29 aprì a Milano un negozio di apparecchi radio e nell'agosto del '36 espatriò in Svizzera, approfittando di una gita a Campione. Raggiunta la Spagna, si arruolò nella Colonna Italiana e combatté a Monte Pelato (?) e a Almudévar. Passato nel Battaglione Garibaldi, prese parte alle battaglie di Brunete, Villanueva del Pardillo e Huesca e venne ferito per due volte. Promosso tenente e aiutante maggiore, fu iscritto dalle autorità fasciste nella Rubrica di frontiera e nel Bollettino delle ricerche “per il provvedimento di arresto” e venne schedato il ventitré marzo 1937. In autunno lasciò la Spagna insieme a Randolfo Pacciardi e ad altri repubblicani e tornò a Parigi, dove fu segnalato, a fine anno, tra i frequentatori del caffè “A Paris”, “noto ritrovo di sovversivi”. Collaboratore del periodico repubblicano “La giovane Italia”, diventò membro della direzione del P.R.I. il dodici dicembre del '38 e il tre gennaio del '39 intervenne alla festa organizzata, dagli anarchici e dal Comitato della “Solidarité internationale antifasciste” nella sala “Le petit vergeat” di Parigi.
Arrestato dai nazisti a Parigi nella primavera del '41, fu incarcerato alla Santé e deportato in Germania. Consegnato ai fascisti al principio del '42, venne confinato a Ventotene. Quando giunse la notizia della caduta di Mussolini, “Buleghini - ha scritto Giorgio Braccialarghe - sembrava impazzito. Dal suo fertile cervello sprizzavano motti di spirito, barzellette, caustiche definizioni del regime abbattuto. In Spagna, dov'era stato l'aiutante maggiore di Libero Battistelli e in Francia, nell'immondo buco pomposamente definito Hôtel che ci ospitava entrambi, era stato per me l'amico carissimo nel quale troviamo comprensione e incoraggiamentoquando la vita diventa un troppo grave fardello” (Braccialarghe, Giorgio. Nelle spire di Urlavento..., cit., p.92; ACS, Roma, CPC, b.890, fasc.125983).

tratto da http://www.geocities.com/soho/den/7257/numero3/paccia.html

nuvolarossa
09-10-06, 18:53
Pacciardi: un leader di tutti i tempi/Il battaglione spagnolo e l'esperienza negli Usa
Impegno di un repubblicano per l'Italia in Occidente

di Mauro Mita

"Randolfo Pacciardi: un eroe di altri tempi". E' il titolo che il numero di maggio-agosto 2006 del "Pensiero Mazziniano" dedica al repubblicano maremmano in una biografia, frutto di un lavoro di gruppo di studiosi grossetani della rivista telematica La Risveglia, antico foglio di battaglie radical-democratiche fondato nel 1872. Gli autori del lungo articolo di quattro pagine, Fausto Bucci e Rodolfo Bugiani, ripercorrono il lungo itinerario del futuro comandante del battaglione Garibaldi, chiamato da Carlo Rosselli nell'estate del '36 in difesa della Repubblica spagnola allo scoppio della guerra civile.

Pacciardi, pluridecorato della Prima guerra mondiale, esule in Francia dopo essere stato espulso dalla Svizzera su pressione del regime fascista, è il comandante dei volontari antifascisti che a Guadalajara, nella primavera del '37, infliggono alle truppe inviate da Mussolini per difendere Franco, quella che il corrispondente del New York Times, Herbert Mattews, paragona alla sconfitta di Ballien subita da Napoleone. Guadalajara, scriverà Renzo De Felice, "fu per Mussolini l'inizio della fine". Ed è il battaglione Garibaldi che Ernest Hemingway prese a modello, facendolo passare come battaglione spagnolo nel film Tierra de Espana. "L'occasione per conoscere Hemingway venne presto", scriverà Pacciardi in un libro di "Incontri e ricordi" del 1972.

"In una serata di riposo della brigata avevamo invitato i giornalisti e gli scrittori stranieri presenti a Madrid. Faceva gli onori di casa il poeta Alberti che ci rallegrava con le sue improvvisazioni poetiche facilmente orecchiabili, come una parodia della ‘Cucaracha'; ed erano presenti molti scrittori spagnoli e stranieri. Hemingway si presentò con una giornalista di rara bellezza, Martha Gellhorn, anch'essa corrispondente di altri giornali americani".

Sul Corriere della Sera di mercoledì 4 ottobre il corrispondente da Washington, Ennio Caretto, ha fatto un resoconto di un volume di 531 pagine edito dalla Henry Holt, che la biografa inglese Caroline Moorehead ha dedicato alla più celebre delle mogli di Ernest Hemingway. Il volume, scrive Caretto, "è uno spaccato dei feroci conflitti europei e mondiali, dalla Spagna al Vietnam e degli eventi precedenti e successivi – la Gellhorn era nata nel 1908 e morì nel 1998 - ed è un ritratto intimo dei leader politici e culturali del tempo da Franklin ed Eleonor Roosevelt, da H. G. Wells a Leonard Bernstein. Ma è soprattutto una condanna dell'autore di Addio alle armi, che lei finì per detestare dopo la passione iniziale e un tempestoso matrimonio di quattro anni".

Nell'epistolario appena pubblicato, scrive Ennio Caretto, la Gellhorn non dice quale ruolo ebbe Pacciardi nella sua vita. Ma si ispirò a lui per il protagonista del romanzo The house of another (La casa di un altro) e lo rivide spesso, anche nelle vesti di ministro della guerra a Roma dopo la liberazione, "ma con discrezione, perché i ministri debbono essere cauti con le bionde".

Dell'incontro romano con Martha Gellhorn Pacciardi parla nel libro Cuore di battaglia, pubblicato nell'autunno del 1990 intervistato da Giuseppe Loteta. Nel 1948, dice Pacciardi, Martha venne a Roma per adottare un bambino. Proprio in quei giorni si trovava a Roma anche Hemingway, "ma non venne a trovarmi, anche se me l'aveva promesso. Lavorava al romanzo Di là dal fiume tra gli alberi ambientato a Venezia, nel quale mi cita più volte. Mi scrisse una lunga lettera da Cortina d'Ampezzo. Annunciava fra l'altro: ‘Martha e io ci siamo separati fin dal 1944. E' una donna veramente coraggiosa e bella, ma era diventata troppo ambiziosa per me, mentre io ho bisogno di una donna che vada bene a letto e non per altre cose'". E concludeva: "Per te Martha è stata sempre un'amica leale".

In una lettera del suo epistolario, datata Cuernavaca, 1950, la Gellhorn così scrive: "La volta che amai Ernest, e lo amai davvero, fu a casa di Pacciardi. Lo incontrammo a Valencia in abiti civili. Il governo aveva sciolto le Brigate internazionali, lasciandolo senza soldi e documenti, senza un futuro, apolide e spiantato. Gli si spezzava il cuore ma non si lamentò, non pronunciò parola. All'improvviso sentii Ernest piangere, appoggiato al muro. Prima non lo avevo mai visto piangere. Piangeva per Pacciardi che aveva odiato come rivale in amore. ‘Non posso farlo', diceva, ‘non posso trattare così un valoroso'".

E' il patriota che già, nel giugno '37, trasformato il battaglione Garibaldi in brigata internazionale, rompe con i comunisti perché si rifiuta di marciare su Barcellona contro gli anarchici. E' l'uomo che al principio del '38 – tornando alla biografia del Pensiero mazziniano – si reca negli Stati Uniti su invito delle organizzazioni democratiche e repubblicane per una serie di conferenze in varie città americane. Torna in Europa, e dalla Francia di Vichy, raggiunge dall'Africa settentrionale di nuovo gli Stati Uniti, dove fonda la "Mazzini society": altri soci fondatori sono Sforza, Salvemini, Toscanini, Borgese, Tarchiani, Garosci. Vi aderirà anche Don Sturzo. La Mazzini society è contraria all'accordo stipulato a Tolosa tra comunisti, socialisti e giellisti e ad ogni esperienza con il P.C.d'I.

Rimpatriato nel '44, Pacciardi diventa l'anno dopo segretario nazionale del Partito repubblicano, che diventa la punta di diamante per l'avvento della Repubblica, seguito in questa scelta dagli azionisti e dai socialisti.

Dopo lo scioglimento del Partito d'azione, il Pri apre le sue porte a uomini del calibro di Ferruccio Parri, Ugo La Malfa, Oronzo Reale. Vicepresidente del Consiglio e ministro della Difesa nei governi De Gasperi, Pacciardi è il leader politico che impegna l'unanimità del mondo repubblicano a battersi per l'adesione dell'Italia al Patto atlantico, tanto da essere tacciato dalla sinistra social-comunista – non da Saragat dopo la scissione di Palazzo Barberini - "oltranzista atlantico". E' Ugo La Malfa che dalla tribuna del 33° congresso nazionale di Roma del giugno '78 – Pacciardi è ancora fuori del Pri – parla del vecchio antifascista, fondatore negli anni '20 di "Italia libera" in questi termini: "E che cosa non hanno fatto per l'Europa Pacciardi, Sforza e altri quando si gettavano le basi dell'ingresso dell'Italia nell'Europa?".

Aggiungeva La Malfa in quel discorso che la politica estera è "il contenitore della politica interna". Allora, più che mai oggi.

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tratto dal sito del Partito Repubblicano
http://www.pri.it

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nuvolarossa
07-12-06, 18:06
PACCIARDI BIOGRAFIA

Con note in rosso di Renato Traquandi

Nasce nel 1899 a Giuncarico, vicino a Grosseto. Fin da ragazzo, da vero mazziniano quale era, si distinse per la fede democratica e repubblicana.
Animato da questi sentimenti, a sedici anni, falsifica i suoi documenti e combatte, come volontario nella prima guerra mondiale; questo conflitto, nelle speranze di molti democratici, avrebbe dovuto essere l'ultima lotta del Risorgimento. Sul campo, conquista varie decorazioni, e tuttavia, a motivo delle sue idee politiche, non ottiene la medaglia d'oro. Finita la
guerra, "l'insulso avvocatino di Grosseto", come lo definisce Mussolini, fonda, insieme a Raffaele Rossetti, "Italia Libera" il movimento degli ex-combattenti antifascisti. Fino al '22 si impegnò nella lotta su due fronti, al fascismo ed al socialismo massimalista, in favore della Repubblica Democratica; ma dopo la marcia su Roma, la lotta al fascismo divenne prioritaria. Con i suoi compagni sfilerà anche sotto il balcone di Mussolini; dopo questo atto di coraggio fu invitato ad un incontro con Gramsci; la proposta del leader comunista era di unire le forze antifasciste Poco dopo Gramsci fu arrestato e Pacciardi venne espulso dall'Italia ('26), così il progetto cadde e non fu più ripreso. Aderì, come indicava il partito repubblicano, a "Giustizia e Libertà". Da allora rimase sempre un convinto
fautore del fronte comune antifascista. Durante il suo esilio si adoperò per "esportare" l'antifascismo nell'opinione pubblica estera e per dimostrare agli italiani che gli antifascisti continuavano ad esistere e a combattere, nonostante la stampa fascistizzata li considerasse ormai completamente annientati. Fu lui, ad esempio, a scrivere i manifesti antifascisti lanciati da Bassanesi su Milano. Allo scoppio della guerra di Spagna ('36), fu tra i primi militanti antifascisti a recarsi a combattere contro Franco. Quando si formarono le brigate internazionali, Pacciardi, grazie alla sua grande abilità militare, divenne il comandante del battaglione Garibaldi, alla cui guida, nel marzo del '37, sconfisse le truppe fasciste a Guadalajara. Fu la prima sconfitta del fascismo.
In Spagna conobbe e strinse amicizia con Hemingway e Malraux, oltre che con molti giornalisti. Il personaggio Pacciardi, grazie agli scritti di questi giornalisti e scrittori, fece il giro del mondo; fioriscono gli aneddoti su quel periodo, e non tutti di natura militare: pare, ad esempio, che il film Casablanca sia stato ispirato a Curtiz proprio dal "Leone di Guadalajara", come venne soprannominato. Il suo impegno sul fronte spagnolo si interruppe quando Stalin ordinò la repressione degli anarchici e dei comunisti dissidenti del POUM. Pacciardi si oppose a questa decisione e dovette abbandonare le brigate internazionali e, di conseguenza, la lotta in Spagna.
Non si esaurì, tuttavia, la sua azione di antifascista. In Francia ('38/'39) fu il direttore di un settimanale, "Giovane Europa", di ispirazione mazziniana, che propugnava la lotta antifascista ed antinazista unitamente ad un forte europeismo. Nel '41 giunse negli Stati Uniti, dopo un viaggio avventuroso, iniziato a Casablanca, a bordo del piroscafo Serpa Pinto. Qui propose la formazione di una legione di volontari italiani da impiegare poi sul fronte tedesco contro Hitler -ma non contro gli italiani di Mussolini- a fianco degli U.S.A. Il progetto fallì -nonostante adesioni importanti, tra cui Sforza, Sturzo, Salvemini, Toscanini e, in generale, tutta la Mazzini Society- per l'opposizione del governo statunitense. Dopo lo sbarco in Sicilia, non accettò alcun compromesso con Badoglio e con la Monarchia; per la sua intransigenza fu osteggiato da Churchill, e non poté rientrare in Italia. Terminata la guerra Pacciardi, finalmente in patria, divenne dirigente del partito repubblicano e dal '48 al '53 ricoprì la carica di segretario politico; fu eletto alla costituente e più volte in parlamento.
Fu nominato vicepresidente del consiglio ('47/'48) e ministro della difesa (dal '48 al '53), con De Gasperi. In quegli anni si vennero radicalizzando le sue posizioni anticomuniste e atlantiste; risalgono a quel periodo le prime polemiche con i socialisti, i comunisti e persino con alcuni esponenti del suo stesso partito: non venivano tollerati i suoi metodi autoritari,
generalmente a danno di scioperanti o manifestanti.

Caro Paolo, fino a questo punto il file che tu hai riportato per amore della verità, ritengo che possa andare, anche se un po’ troppo stringato per essere la biografia di un personaggio come il Vecchio Leone.

E’ di questo periodo un altro attacco alla sua onorabilità: si tratta del fango che gli fu buttato addosso per aver investito dei risparmi nell’acquisto di terreni in quel di Fiumicino.

La sua scaltrezza e la sua audacia ( questa volta in affari) furono denunciati come combine ( oggi si direbbe conflitto di interessi); senza prova alcuna fu detto che Pacciardi sapesse in anticipo della realizzazione dell’Aereoporto e ci avesse speculato sopra ...

Solo accuse, nessuna prova, prosciolto dopo accurata indagine ...

In seguito ('60/'64), si oppose fortemente alla formazione dei governi di centrosinistra.

All'interno del suo stesso partito si delineò così un violento contrasto con Ugo La Malfa, che del centrosinistra fu tra i più convinti fautori.

Lo scontro giunse al suo massimo nel '61 quando Pacciardi malmenò La Malfa.

( è una colossale panzana, smentita da Maria Luisa e Giorgio La Malfa perfino)

Con la vittoria della formula di centrosinistra Pacciardi venne, di fatto, cancellato dal panorama politico italiano. Tutta la classe dirigente italiana era ormai su posizioni lontanissime dalle sue.

Nel '63 fu espulso dal P.R.I. ( in contemporanea figurano le sue dimissioni)

Da allora, le sue lotte non furono mai condivise dai partiti di governo e il rapporto coi repubblicani, nel periodo successivo, venne ulteriormente deteriorandosi.

Pacciardi ('64), ormai su posizioni apertamente di destra, ( altra fesseria, il suo postulato caso mai si basava sul superamento degli odi, retaggio della guerra civile, in nome del Mazzinianesimo)

chiese al capo dello stato di sciogliere le camere e
di nominare un governo di salute nazionale, per scongiurare una supposta minaccia comunista.

Questo governo sarebbe dovuto essere composto da
militari e tecnici. Dopo questa proposta, discutibilissima e certamente ai limiti della Costituzione, lo strappo con gli organi di potere divenne insanabile e la sua esclusione dal mondo politico fu pressochè totale.
Nello stesso anno, aveva fondato un movimento, denominato "Unione popolare Democratica per una Nuova Repubblica", che si proponeva di modificare

( dimentichi di dire: tramite referendum propositivo)

l’ordinamento istituzionale italiano in favore di una repubblica presidenziale -proposta che portava avanti coerentemente fin dal '22- secondo l'insegnamento mazziniano e l'esempio americano; il nuovo movimento era nettamente orientato a destra, e nelle sue fila si inserirono parecchi neofascisti.

La sua idea politica era quella di rendere il governo più indipendente dal parlamento, guardando anche al modello presidenziale applicato da De Gaulle in Francia, e, per conseguenza, di limitare i poteri del parlamento stesso, ossia delle segreterie dei partiti e delle clientele.
E inoltre sosteneva che nelle repubbliche presidenziali "la sovranità popolare è effettiva, non è finzione, come nella nostra repubblica", infatti tutte le cariche istituzionali più importanti, eccetto quelle giudiziarie,vengono elette direttamente dal popolo.

Le sue critiche alla Costituzione, che pure aveva contribuito a scrivere, si fecero sempre più ampie: oggetto dei suoi attacchi, quindi, fu il numero esagerato di parlamentari, come pure eccessiva gli appariva la maggioranza del 75% necessaria per modificare la Costituzione. Le sue proposte, assai radicali e formulate quando, forse, non erano ancora maturi i tempi, gli provocarono una sostanziale esclusione dalla vita politica. Fu anche accusato di aver cospirato contro la repubblica per eliminare i comunisti, e, in particolare, di aver partecipato
al tentativo di colpo di stato ideato da Edgardo Sogno ('74).

( Sogno non ha mai organizzato ne pensato alcun colpo di Stato, ma solo e soltanto operato per una democratica modifica istituzionale)

Secondo il progetto di Sogno, Pacciardi sarebbe diventato ( è più corretto dire sarebbe potuto diventare, qualora eletto…..) il futuro presidente forte della Repubblica "riformata".
Molto tempo dopo ( nel 1980) fu riaccolto nel partito repubblicano, che aveva ormai fatto proprie molte delle battaglie di Pacciardi, a partire dal presidenzialismo.

A novantadue anni, nel '91, è morto a Roma.

Per chi vuole conoscere chi sia veramente Pacciardi Randolfo, a Roma, in Via Sant’Anna n. 13, è collezionata una raccolta di articoli da Lui scritti sul settimanale Nuova Repubblica e su L’Italia del Popolo, due testate da lui stesso fondate.

Questa è la verità.

Renato Traquandi

tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/10627

nuvolarossa
08-12-06, 12:59
Testimonianza di Traquandi

Con note in rosso di Renato Traquandi

Caro Enzo, l’iniziativa che stai portando avanti è positiva e irrinunciabile. Ciascuno di noi nel percorso della nostra vita ha l’occasione di incontrare ogni genere di persona; alcuni tra questi vengono ascoltati con attenzione, per le cose che dicono e come le dicono. Questa facoltà di interagire con gli altri esseri umani è dotata di un filtro, io credo di base istintiva, quindi naturale, altri pensano fornito da nemesi divina; fatto si è che l’attenzione può essere positiva oppure negativa, formativa oppure fuorviante rispetto ai fatti e ai concetti esternati.Questo enigmatico signor FDC (in prima battuta, se fossi un comico alla Crozza o alla Guzzanti e alla Luttazzi, queste iniziali mi fornirebbero la facile battutaccia irriverente di Faccia di….. Ca….) è indubbiamente un navigatore internettiano e come tanti ha reperito nei siti più variegati questo articoletto spazzatura. Lo stile è di quello sovietico, o meglio dai sovietici perfezionato, e trasferito alla Villa delle Frattocchie: viene dagli esperti in materia chiamato “ lo specchio deformante”. Si tratta in sintesi di prendere un qualcosa, immagine, scritto, filmato, et similia, e farne uno spezzatino, ricomporre il tutto nel modo desiderato e servire alla utile clientela.
Ecco perché ritengo doveroso fornire la mia testimonianza; dacchè per molti di quegli avvenimenti io c’ero, oppure ho sentito con le mie lunghe ed attente orecchie viva testimonianza.

Orbene:

“Pacciardi Randolfo*

Nel dopoguerra Randolfo Pacciardi ricopre per lungo tempo l'incarico di ministro della difesa. è iscritto al PRI, del quale rappresenta la corrente di destra.

( TRATTASI DI GLOSSOLANA STUPITAGGINE Pacciardi si iscrive al PRI giovanissimo, mi pare nel 1920, praticante avvocato nello studio di Giovanni Conti ).
Gli interventi e le iniziative promosse contro il Partito Nazionale Fascista, prima e dopo la Marcia su Roma e l’incarico governativo a Mussolini, la fondazione di Italia Libera e il comando del Battaglione Garibaldi a difesa del democraticamente eletto governo spagnolo del 1936, questo cosi detto documento a pià pari li salta)

In quel periodo diventa intimo amico di Carmel Offie.

Nell'Ottobre del '48 afferma che: "...al momento opportuno occorrerà arrestare 300 comunisti e socialisti per neutralizzare la sinistra..."

( Nell’ottobre del 1948 nelle cellule italiane del Partito Comunista italiano, in Emilia Romagna ed un altre Regioni, migliaia di militanti armati aspettano l’ordine di Mosca per insorgere e prendere il potere occupando Municipi, Prefetture e Tribunali, dopo aver messo agli arresti i membri del CLN dissenzienti e gli esponenti più recalcitranti della loro stessa organizzazione politica e sindacale, socialisti compresi); ci si aspettava forse che i democratici porgessero tutte e due le guance!

(Nel Giugno 1950 emana la circolare n. 400 sull'impiego delle Forze Armate nei servizi di ordine pubblico, che recita: "... in ogni caso il fuoco non va mai impiegato a scopo intimidatorio. Il fuoco sarà diretto contro gli elementi più facinorosi e contro coloro che commettono gravi violenze o incitano a queste contro le forze dell'ordine...".

Questo virgolettato non è uscito dalla bocca del Vecchio Leone: Ogni ufficiale militare sa bene che queste parole fanno integrale parte di un manuale militare usato in tutto il mondo allorché truppe vengano usate contro ogni genere si sommossa anti governativa, simile a quelle del 1956 a Budapest e del 1978 a Praga)

Il primo Marzo 1964 fonda l'"Unione Popolare Democratica per una Nuova Repubblica", in cui confluiscono molti fascisti di Avanguardia Nazionale e di altre organizzazioni simili.

SENZA COMMENTI. AI FRUITORI DELLA VERITA’ INDICO LA LETTURA DEL “MANIFESTO PER LA NUOVA REPUBBLICA” E LE FIRME ALLEGATE IN CALCE.

Il 10 Maggio dello stesso anno Pacciardi durante un comizio all'Adriano di Roma invita esplicitamente allo scontro fisico con le sinistre, mentre il 6 Giugno chiede che il presidente della repubblica componga un governo di salute pubblica sciogliendo il Parlamento.

Io c’ero e testimonio che non di salute pubblica o altre reminiscenze girotondine si trattò ma di governo eletto dal popolo, plebiscitario, laicamente democratico e forte nel consenso come nelle capacità decisionali.

Il 5 Luglio Durante un altro comizio Pacciardi e Ruspali

( è vero c’era pure colui, ma con ruolo di ospite spettatore di rango ed in quanto principe di pungolo ad una causa prettamente repubblica, tant’è che non si fece più vedere)

chiedono la fine del centro sinistra ed un governo di salute pubblica.
Partecipa al comizio anche Stefano Delle Chiaie.

( sulla presenza di questo individuo nulla da eccepire, il Vecchio Leone era famoso per la tolleranza e per il desiderio di superare la barriera dell’odio; di più era parecchio incavolato con il potere del momento che gettava a piene mani fango su di lui)

Il 14 Marzo 1971 si svolge a Roma una manifestazione degli "Amici delle Forze Armate" promossa da Gino Ragno, appartenente ad Ordine Nuovo e legato alla Aginter Press, aderiscono il MSI, il PDIUM, Randolfo Pacciardi ed i deputati DC, Ciccardini e Greggi.
Il 23 Agosto 1974 la magistratura di Torino scopre il complotto facente capo a Edgardo Sogno , Randolfo Pacciardi ed altri fra cui il braccio destro di Junio Valerio Borghese. Il golpe era previsto per ferragosto e aveva come obiettivo di forzare l'intervento dei militari a favore di una repubblica presidenziale.

CARO FDC, DOPO DUE ANNI DI TORMENTI E DI GOGNA PUBBLICA, DI ACCUSE INFAMANTI E VERGOGNOSE, LUCIANO VIOLANTE, FIRMATARIO E BENEFICIARIO IN CARRIERA DI COTANTA ACCUSA, ARCHIVIO’ IL TUTTO CON UN BEL NON LUOGO A PROCEDERE PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE.

che baluardo della democrazia... uno che se la faceva con Borghese (che con la sua X MAS si rese autore di CRIMINI CONTRO L'UMANITA' durante l'occupazione italiana in Jugoslavia) e Delle Chiaie...

Per questa chiusura rivolgersi al signor Sergio Denti, ottuagenario eroe intervistato da Romano Battaglia alla Versiliana .

FDC

Renato Traquandi

tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/10635

kid
20-03-07, 19:07
ho trovato il discorso di Pacciardi che commemora la morte di Ugo La Malfa. il 26 marzo è l'anniversario. Lo pubblico sul forum per ragioni ovvie di pubblica utilità. Il discorso è privo dei primi due capoversi in cui Pacciardi ricorda i contrasti con Ugo:

"Un'alta scuola democratica come quella repubblicana, a cominciare dai suoi sommi maestri, ebbe come sempre grandi contrasti che il tempo ha obiettivizzato se non composto. Come essi non incidessero nel rispetto e nella stima reciproca llo constatò Bertani quando vide piangere Mazzini all'annunzio della ferita di Garibaldi nell'Aspromonte. Fra l'idealismo religioso di Mazzini, il positivismo di Cattaneo e l'ateismo di Bovio c'era scarsa parentela eppure noi discepoli li consideriamo tutti creatori del nostro patrimonio intellettuale e morale e tutti necessari e complementari nel complesso di dottrine che hanno formato il nostro spirito e hanno guidato la nostra esistenza.
Tutti sanno che fui io che sollecitai l'adesione di La Malfa, di Parri e di Reale al partito repubblicano dopo lo scioglimento del partito d'Azione. Lo feci superando i noti contrasti con un amico e maestro a cui tutto devo, Giovanni Conti, perchè in loro riconoscevo alte coscienze democratiche, benchè non formate, eccetto Reale, alla nostra scuola.
Per molti anni la collaborazione con La Malfa fu perfetta. Nelle idee fondamentali la collocazione dell'Italia nel mondo occidentale fra le democrazie moderne, la unità europea, l'adesione al patto atlantico, fummo sempre d'accordo. Comunque anche l''ansia di governare questa nostra repubblica. Ci dividemmo per l'operazione di centrosinistra. Non è che l'idea di allargare la sfera del governo ai socialisti fosse in sè malvagia, ma i socialisti provenivano da una lotta ad oltranza contro il patto atlantico. Nenni difendeva ancora il sofisma dell'unità di classe, Lombardi imponeva come premessa la nazionalizzazione dell'energia elettrica. Non mi pareva un'operazione, la quale, in fondo consisteva in un connubio clerico socialista, che potesse interessare molto il partito repubblicano. La Malfa era di parere opposto, MA HA POI ONESTAMENTE RICONOSCIUTO CHE L'ESPERIENZA FU DISASTROSA. Qualche cosa di analogo avvenne, successivamente, con le dichiarazioni sulla ineluttibilità del compromesso storico. NON E' UN DELITTO CREDERE IN BUONA FEDE ALL'EVOLUZIONE DEMOCRATICA DEL PARTITO COMUNISTA. E' A MIO PARERE UNA INGENUITà, NON UN DELITTO. Quel che mi sembrava incomprensibile era da una parte questa fiducia nel partito comunista e dall'altra l'accettazione di Giovanni Agnelli nelle liste del partito repubblicano. Cosa che all'ultima ora non avvenne per l'ingresso di Umberto Agnelli nella democrazia cristiana. A un vecchio repubblicano come sono io poteva disturbare l'affermazione di Biasini, che La Malfa ha modernizzato il Pri portandolo ad occuparsi non di nuvole ma di problemi concreti. Forse Ghisleri non si occupava di problemi del Mezzogiorno? E Chiesa non si occupava del Bilancio e dell'Economia? E Conti non si interessava di liberalizzazione degli scambi e dei problemi dell'agricoltura? E Facchinetti non si era specializzato nei problemi di politica estera, senza parlare del concretissimo Colajanni? Davvero il partito repubblicano storico non ha niente da dire nel dibattito attualissimo per la ricerca istituzionale di una migliore repubblica o si identifica in questa? Davvero pensa che il sistema capitalista sia definitivo e tutto strarebbe nel dirigere bene questo strumento? Non c'è niente di definitivo nei sistemi economici e sociali. Aristotele credeva definitiva la schiavitù. Vico credeva definitivo il feudalesimo ed il suo servaggio. Mazzini (come si fa a dire che è superato?) sognava una società di liberi produttori associati, redenti dalla schiavitù del salario. Ci debbono insegnare i socialisti quale è la migliore repubblica o quale è la terza via fra il capitalismo e la società socialista di Breznev? Riconosco ed invidio in La Malfa la sua capacità di far parlare del partito che effettivamente era troppo chiuso nella società che ha visto l'avvento di massa e delle comunicazioni di massa. Era il partito discendente dalle società segrete e qualcosa gli era rimasto di questa origine che lo metteva in difficoltà in una società moderna che vive di pubblicità e di pubbliche relazioni, anche se spesso vacue e frastornanti. La Malfa lo ha tolto dalle spelonche tradizionali caratteristiche delle sezioni romane e gli ha dato un'attrezzatura di sedi ed organizzazioni moderne. Questo è vero, ma se c'è una scusa per la vecchia generazione repubblicana, alla quale appartengo è che essa non aveva a disposizione mezzi statali o privati o li respingeva. Si ricordi la famosa lettera di Bovio a banchieri francesi o la sdegnosa ripulsa di Conti delle modeste offerte del conte Vaselli che pur si diceva repubblicano. Che un partito di questo genere riuscisse a fondare un suo quotidiano e lo mantenesse con i suoi sacrifici è già un miracolo. Questi rielievi non agiografici ma rispettosi non tolgono nulla credo alla figura di La Malfa, che pur non uscendo dalla nostra scuola, ha conquistato al partito repubblicano e a se stesso un posto rilevante nella storia tormentata dell'Italia d'oggi. Che lo volesse o no, il rigore economico e morale che portava nella vita pubblica era di stampo mazziniano.

kid
20-03-07, 19:12
ps per me all'epoca era una ingenuità, oggi è un delitto!

jmimmo82
28-09-07, 20:25
Pacciardi: NON E' UN DELITTO CREDERE IN BUONA FEDE ALL'EVOLUZIONE DEMOCRATICA DEL PARTITO COMUNISTA. E' A MIO PARERE UNA INGENUITà, NON UN DELITTO.

ps per me all'epoca era una ingenuità, oggi è un delitto!
Un delitto perpetuo...

nuvolarossa
28-09-07, 20:50
(...) La Malfa lo ha tolto dalle spelonche tradizionali caratteristiche delle sezioni romane e gli ha dato un'attrezzatura di sedi ed organizzazioni moderne. Questo è vero, ma se c'è una scusa per la vecchia generazione repubblicana, alla quale appartengo è che essa non aveva a disposizione mezzi statali o privati o li respingeva. Si ricordi la famosa lettera di Bovio a banchieri francesi o la sdegnosa ripulsa di Conti delle modeste offerte del conte Vaselli che pur si diceva repubblicano. Che un partito di questo genere riuscisse a fondare un suo quotidiano e lo mantenesse con i suoi sacrifici è già un miracolo. (...)
http://www.regione.toscana.it/memorie_del_900/images/it1_carrara_alberica.jpg

... dalle mie parti c'e ancora chi ricorda Piazza Alberica ... gremita come un uovo ... con diecimila persone ... che ascoltavano Pacciardi comiziare ... era uno spettacolo ... altro che Beppe Grillo !!

kid
02-10-07, 16:30
mi sto leggendo i discorsi parlamentari di Randolfo. Formidabili. Appena posso li trascrivo. Cari miei sbagliammo tutto con il centrosinistra e con i socialisti.

kid
03-10-07, 17:35
la profezia di Pacciardi su Moro:


"Questo vostro incedere con passo felpato, onorevole Moro, fra Cristo e Satana, avrà ripercussioni che forse voi non immaginate, anche più gravi di quelle che io vi dico". dicorso di fiducia 12 dicembre 1963

jmimmo82
03-11-07, 17:27
mi sto leggendo i discorsi parlamentari di Randolfo. Formidabili. Appena posso li trascrivo. Cari miei sbagliammo tutto con il centrosinistra e con i socialisti.
Sono molto interessato alla politica sociale. Echiesa sa tutto e fa il misterioso. :fru

Gradirei (se ti è possibile, quando hai tempo) anche solo accenni, frammenti di discorsi parlamentari o di altri ambiti.

Fraterni Saluti

kid
05-11-07, 11:23
per la verità ho solo letto interventi politici. in particolare i giudizi di Pacciardi sul centrosinistra, formidabili e lungimiranti, ma ora dispongo solo de discorso alla camera del 12 dicembre 63 e appena posso vi parlo di questo.

nuvolarossa
03-01-08, 12:22
CESENA: SI E’ SPENTO MASSIMO SIROTTI GAUDENZI

(Sesto Potere) - Bologna - 2 gennaio 2008 -Lo scorso 31 dicembre si è spento Massimo Sirotti Gaudenzi, uno dei personaggi più noti di Cesena.
Nato nel 1936, Sirotti Gaudenzi è stato uno dei protagonisti del boom economico del dopoguerra.
Rappresentante di una delle più antiche famiglie italiane (la madre era ultima discendente del Cid Campeador e il padre era marchese del Sacro Romano Impero), era conosciuto per i suoi interessi poliedrici e per la sua partecipazione alla vita mondana negli anni cinquanta. Geometra e imprenditore nel settore dell’edilizia aveva progettato e realizzato numerose opere, partecipando ad attività di innovazione urbanistica in tutta Italia. In particolare, aveva realizzato le ville di numerosi uomini dello spettacolo. Nel corso della sua vita aveva intrattenuto rapporti con i maggiori rappresentanti della cultura e dell’arte mondiale (i suoi quadri sono conservati in varie collezioni in tutto il mondo).
Riconosciuto come uno dei maggiori esperti di numismatica in Italia, fu attivo nel mondo dell’associazionismo e del volontariato e fu uno dei fondatori della Round Table in Italia.
Partecipò al movimento mazziniano e repubblicano e fu un esponente di spicco di “Nuova Repubblica”, movimento fondato da Randolfo Pacciardi.
Nel corso della sua vita, aveva viaggiato in tutto il mondo, principalmente per svolgere attività di volontariato. Parlava sei lingue ed era stato un propugnatore dell’esperanto.

tratt da http://www.sestopotere.com/index.ihtml?step=2&rifcat=110&Rid=147172

pergola2000
22-04-08, 03:13
Caro Simoncelli sono solo rilevazioni non numeri.

per Lincoln e Red Cloud ,capisco in parte le vostre preoccupazioni, ma io penso sempre a Pacciardi.

Non perchè sembrava che ad un certo punto fosse risucchiato dalla destra, ma perchè seppe con il suo coraggio indomito ritornare al PRI , dopo che non c'era più la Malfa però.


Della sua esperienza non se ne trovò più traccia, ma il suo ritorno fu un sollievo al cuore per tutti i democratici, certo la sua figura non è minimamente paragonabile con le figurine sarde di oggi, ma osiamo pensarlo. anche perchè passato Berlusconi, bisognerà che i repubblicani si possano riunire, Pacciardi lo fece dopo più di ventanni, anche perchè fu aiutato dalla biologia ( fece in tempo).
Nel frattempo dobbiamo pensare a proporre cose nostre , forse una nostra battaglia del passato può essere ripresa , come l'abolizione delle province e delle comunità montane.
Battaglia in cui ci si possa trovare tutti uniti?
Speriamo.

roberto fantoni
22-04-08, 11:16
Pacciardi non è mai stato risucchiato dalla destra.E sempre stata una polemica del cocomero messa in piedi dai lamalfiani, grandi compratori d'uomini. Il mio Vecchio ha commesso un errore fondamentale: diceva nel 62 quello che Veltroni dice oggi! E in politica i tempi contano. Purtroppo.......

nuvolarossa
22-04-08, 11:55
Da Anfuso e Tambroni a Fini

I favolosi anni '50 furono, dal punto di vista politico, piuttosto drammatici. A partire dal 1953 fino al '60 nella Democrazia Cristiana e nei suoi partiti alleati del cosiddetto “quadripartito” si sostenne una lotta senza esclusione di colpi allo scopo di stabilire i confini di una nuova maggioranza: infatti il “quadripartito”aveva perso la maggioranza assoluta a partire dalle elezione del 1953 che non fecero scattare per lo 0,2% la legge maggioritaria.

http://www.fpct.ch/ricerche/images/spagna_4_s.jpg

( Pietro Nenni e Randolfo Pacciardi )

Le due fazioni che si contrastavano e che avevano il loro incerto confine all'interno della Democrazia Cristiana erano formati da coloro che volevano allargare la maggioranza ai Socialisti (il famoso centrosinistra) e, dall'altra parte, da coloro che invece volevano consolidare una maggioranza di destra anticomunista. Dietro a queste posizioni c'era il contrasto tra grandi interessi economici perchè il primo punto non eludibile del programma del centrosinistra era la nazionalizzazione dell' Industria Elettrica, la quale essendo uscita non particolarmente danneggiata dalla guerra aveva potuto sfruttare prima di tutti gli altri la ripresa economica (in quegli anni il PIL arrivò sino al 6%) e stava accumulando risorse finanziarie con le quali tendeva ad espandere il proprio potere comperando anche altre società particolarmente nel sistema finanziario. Era urgente per i democratici di sinistra riuscire a bloccare questo processo, sostanzialmente di concentrazione capitalistica, prima che esso prendesse il controllo dell'economia italiana, posto che le altre grandi aziende non avevano una solidità finanziaria che assicurasse la loro autonomia: in particolare la Fiat che voleva fare il salto di qualità fordiano per produrre grandi quantità di automobili utilitarie a basso prezzo, aveva la necessità di una espansione dei salari e la costruzione di autostrade, provvedimenti che non potevano essere presi se non da governi che avessero buone relazioni con la sinistra. Per questa ragione la Fiat, per quello che poteva, appoggiò, per esempio, la scissione di Villabruna, deputato di Torino, dal Partito Liberale e la costituzione del Partito Radicale che allora si presentava come un partito di concentrazione democratica (Liberali di Sinistra, ex azionisti, ecc). Nel piccolo Partito Repubblicano le posizioni di Randolfo Pacciardi, incontrastata icona di quel partito ma favorevole a soluzioni di destra, furono a poco a poco erose dalla coppia Oronzo Reale e Ugo La Malfa. Nel Partito Socialdemocratico fù lo stesso Saragat a guidare la ricostruzione dei rapporti con il Partito Socialista e con Nenni in particolare (incontro di Pralonian).
Ma il problema vero, dove si giocavano tutte le carte dell' operazione di centrosinistra era nella Democrazia Cristiana, dove la maggioranza, dopo alterne fortune di Fanfani, era detenuta dal correntone dei “dorotei”. Tra costoro, il confine di coloro che erano favorevoli o meno al centrosinistra era continuamente oscillante attraverso posizioni articolate e caute sortite, improvvisi tentativi di compromessi verbali. Fanfani era per il centrosinistra, anche se non sempre esplicito, perchè il numero due della sua corrente, Forlani, era, probabilmente, contrario. Moro, nominato segretario del Partito solo perchè sembrava debole e fiacco, era cauto ma era da sempre fortemente contrario alla destra che a Bari e sui suoi giornali lo attaccava personalmente. Un rancore forte e consolidato, mai espresso in modo esplicito ma sempre presente nella sua esperienza politica. Recentemente alla radio il segretario di Moro, Corrado Guerzoni, ha tenuto una serie di trasmissioni per raccontare tutta la vita di Moro naturalmente con particolare riferimento alla sua fine cioè al rapimento e all'assassinio da parte delle brigate rosse. Ma rievocando un periodo precedente, la fine degli anni '50 e il governo Tambroni, Guerzoni ricorda come Moro agisse con decisione contro il tentativo, portato al massimo della pressione in quegli anni, di spostare a destra la Democrazia Cristiana particolarmente con l'assorbimento delle destre politiche ivi compreso il Movimento Sociale. Infatti sono di quel periodo le iniziative di alcuni esponenti del MSI che, con l'assenso del segretario Michelini, tentavano di raggiungere con Tambroni, che aveva la benedizione di Gronchi, un sostanziale assorbimento della destra (MSI, Monarchici e Liberali) nelle file della Democrazia Cristiana per la costituzione di un vasto fronte anticomunista: tutto ciò avrebbe permesso di avere una larga maggioranza in Parlamento e, probabilmente, anche alle prossime elezioni.
Il principale teorico di questa operazione era una figura oggi al quanto dimenticata: Filippo Anfuso già ambasciatore della RSI a Berlino ma prima grande amico e capo gabinetto di Galeazzo Ciano. In questa veste, nell'immediato dopoguerra, era stato processato dal Tribunale speciale per l'epurazione e condannato a morte in relazione alle sue responsabilità nell'assassinio dei fratelli Rosselli. Per la stessa ragione era stato processato anche in Francia dove si era rifugiato alla fine della guerra e tenuto in carcere quasi due anni. Poi inopinatamente rilasciato per non luogo a procedere e non consegnato alla giustizia italiana. Dalla Francia si era poi rifugiato in Spagna ma appena in Spagna Anfuso riprese in mano i suoi contatti sia coi fascisti italiani che stavano fondando clandestinamente il Movimento Sociale sia con i filonazisti arabi con cui in modo diretto e indiretto aveva avuto rapporti durante la guerra; si trattava di rapporti che sarebbero divenuti da lì a pochi anni molto interessanti perchè facevano capo a Nasser e Saddat cioè i generali che avrebbero preso il potere in Egitto e attraverso di loro tutti i capi della resistenza araba antioccidentale e antisraeliana. Nel '49 Anfuso tornò in Italia e venne, dopo pochi anni, eletto deputato del MSI che era stato fino allora governato dall'ala estremista antiamericana e antidemocristiana con a capo Giorgio Almirante. In pochi anni Almirante fù messo in minoranza, i filonazisti seguaci di Julius Evola furono cacciati dal Partito e con l'elezione di Michelini e la buona affermazione elettorale del 1953 iniziò una nuova fase per l'estrema destra che si valeva a quel punto di ottimi rapporti con i petrolieri (per esempio Moratti) per via delle relazioni che aveva con il mondo arabo e altrettanto buoni rapporti con l'Eni di Mattei. A questo punto il MSI incominciò a partecipare in via diretta al potere in Italia per esempio determinando coi suoi voti in Parlamento le elezioni di Gronchi contro quella prevista di Merzagora e influendo su molte leggi soprattutto nel campo dell'energia. Gronchi aveva come suo fedelissimo, come si sa, Tambroni, per alcuni anni Ministro degli Interni e organizzatore dei servizi segreti affidati poi al generale dei carabinieri De Lorenzo e, a questo punto, tutto si tiene.
Paradossalmente il Congresso di Genova del Movimento Sociale doveva essere il congresso in cui si affermava questa linea entrista del Partito anche in polemica con altri partiti di destra come i liberali di Malagodi che invece volevano conservare una loro autonomia e che, soprattutto, mantenevano una sensibilità antifascista. Sensibilità che né Gronchi che era stato un deputato eletto nel listone del '24 né Tambroni che aveva ricoperto addirittura delle cariche nel PNF si sognavano di avere, come del resto gran parte dei notabili democristiani e dei loro quadri intermedi, fatto salvo, per esempio per Scelba, il quale era stato come seguace di Don Sturzo fortemente antifascista e perseguitato nel ventennio: Scelba era certamente un moderato e anticomunista favorevole al binomio “legge e ordine” ma su di una linea democratica e come si è detto sturziana.
La città di Genova, per il Congresso del MSI, era certamente mal scelta ma si voleva evitare di fare il congresso in una città (per esempio Trieste) dove Almirante avrebbe potuto mobilitare a suo vantaggio giovani e maneschi neosquadristi. D'altronde peggio scelto era il Presidente del Congresso, Emanuele Basile, ex moschettiere del Duce ma soprattutto Prefetto repubblichino di Genova con forti responsabilità nella deportazione di operai e patrioti. Basile era sicuramente, come del resto Anfuso, coinvolto nelle tragiche vicende della RSI però era un uomo che era stato portato a certe scelte dalla sua vanità di tipo d'annunziano e dalla sua acefala fede in Mussolini. Ma in quella occasione era stato scelto perchè aveva un passato ultra fascista che gli avrebbe valso il rispetto degli almirantiani, pur essendo strettamente controllato da Anfuso.
Come si sa le cose non funzionarono come si voleva probabilmente perchè i comunisti che avevano qualche informatore nei servizi segreti (Tambroni da Ministro degli Interni li aveva potenziati e praticamemte ricostituiti assumendo uomini che avevano introduzione nell'estrema sinistra ma proprio questo, probabilmente, aveva lasciato qualche varco alla segretezza delle informazioni. Non si dimentichi che i comunisti erano riusciti già durante la guerra ad inserire loro uomini nel SIM che erano stati salvati poi per un pelo dal massacro delle forze ardeatine) erano già da tempo in allarme poiché sapevano che un governo di “grande destra” avrebbe avuto tra i suoi obbiettivi quello di metterli prima o poi fuori legge, conoscevano perfettamente i maneggi e le manovre della DC e non sottovalutavano i rapporti e la preparazione del nuovo gruppo dirigente del MSI: fecero così scattare, e non fù difficile date le caratteristiche storiche e sociali della città di Genova, una rivolta in grande stile che a poco a poco, data la resistenza del MSI a cambiare sede o a rinviare il Congresso, si diffuse in tutta Italia e raggiunse punte tragiche a Reggio Emilia dove la polizia sparò e uccise due dimostranti. Tutta l'Italia settentrionale a quel punto era in rivolta perchè ai comunisti si erano uniti i socialisti e altre espressioni della sinistra anche facenti parte della stessa maggioranza di governo. Le forze dell'ordine non erano più in grado di spostare i battaglioni mobili da una città all'altra, a Roma si dovette far uscire lo squadrone dei carabinieri a cavallo comandato da Dinzeo che era allora la massima espressione sportiva dei concorsi ippici. Insomma malgrado le dichiarazioni del generale De Lorenzo la situazione stava diventando ingovernabile. Aldo Moro chiese più volte a Tambroni di dimettersi, questi finalmente lo fece ma il Presidente Gronchi lo rinviò alle Camere. La destra democristiana ebbe paura e non osò sostenere più a lungo il braccio di ferro, i liberali si erano svincolati da tempo, tutti gli altri partiti erano per un cambio di governo. Tambroni cadde e con esso il progetto, andato avanti più di quanto non si è mai creduto, della creazione con la DC, come si direbbe adesso, di un grande blocco alternativo antisinistra.
Filippo Anfuso morì il 13 dicembre 1963 (era nato nel 1901). Stava pronunciando un discorso alla Camera, fù colto probabilmente da infarto e morì sui banchi del Parlamento.
Dopo qualche anno anche Michelini scomparve e Almirante potè riprendere il controllo del partito in una situazione politica generale molto deteriorata e cominciò ad animare alla fine degli anni '60 vere e proprie spedizioni squadristiche. Gli amici di Anfuso (De Marzio, Romualdi e pochi altri) riuscirono solo nel '74, sotto la guida dell'ammiraglio Birindelli, ad organizzare una scissione dal Movimento Sociale che però ebbe poco successo. Da allora il Movimento Sociale fù guidato da Almirante che lo teneva su una posizione di autonomia rispetto a tutto il resto nelle forze politiche italiane, sostituendo con elementi giovani e spesso giovanissimi i quadri dirigenti del paritito.
Al Congresso Nazionale del MSI del 1982, dove nessun partito democratico partecipava ancorchè invitato, andò a portare il suo saluto, a nome del Partito Radicale, Marco Pannella, che essendo anch'egli isolato nel contesto politico italiano e perdendo a frotte i deputati che aveva guadagnato nelle elezioni del '79, cercava voti nelle borgate e negli ambienti della protesta antipartitica. Almirante, che sospettava di questo, prima di dargli la parola per il saluto, invitò l'Assemblea a riflettere sul fatto che Pannella avrebbe detto loro che i veri fascisti in quel momento erano i partiti costituzionali e, nel linguaggio del capo radicale, di regime ma, proseguì Almirante non è vero perchè noi siamo e restiamo come ha detto poco fa il segretario della Federazione Giovanile i fascisti di sempre. Val la pena notare che il segretario dei giovani missini era Gianfranco Fini.
La concorrenza dei gruppi all'interno del Movimento Sociale che progressivamente si stringeva dal punto di vista elettorale fù dunque fino al '92 tra forze contrastanti, spesso molto articolate, che si contendevano la purezza degli ideali a cui tradizionalmente si rifacevano. Rauti, non più giovane e reduce da una vita movimentata, sosteneva tesi spesso al confine col nazismo, Fini si avvaleva della protezione della famiglia Almirante (dopo la morte di Giorgio della moglie Donna Assunta) che controllava i resti del reducismo repubblichino. All'inizio della crisi di “Mani Pulite” il MSI adottò una tattica frontale di attacco ai partiti cercando di
assemblare le proprie file con un giustizialismo d'assalto ma quando Berlusconi dichiarò che avrebbe votato Fini alle elezioni amministrative per il Sindaco di Roma questi, quasi senza alcuna resistenza tra “i colonnelli” del partito, accettò di entrare nella coalizione politica che il sorridente industriale lombardo stava costituendo con la Lega Nord ed ebbe un improvviso ed imprevisto successo elettorale che ai missini non giungeva più da moltissimi anni. A quel punto il progetto Anfuso si realizzava alla perfezione anche se furono necessari alcuni anni di tempo per metterlo a punto: si costituì una nuova grande democrazia cristiana (Forza Italia) con base catto-moderata e liberal-conservatrice fortemente anticomunista ma poiché i comunisti non esistevano più soprattutto antisinistra. I missini già trasformati in Alleanza Nazionale ma del tutto uguali nelle stesse persone a quelli di prima ancor più degli ex comunisti si presentarono lieti e sorridenti a sostegno e partecipazione ai governi berlusconiani, poi, ed è storia degli ultissimi tempi, confluirono addirittura, come era il sogno di Anfuso e Tambroni, nel grande partito del Popolo della Libertà. Il gioco dopo più di quarant'anni era fatto. Alcuni dicono che è una razionalizzazione del sistema politico, per adesso possiamo costatare che nel grande listone del 1924, i deputati propriamenti definibili come fascisti erano una minoranza, pure i risultati furono quelli che si conoscono. Qualcosa di diverso c'è per fortuna poiché alla testa di questo schieramento non c'è un uomo spregiudicato, astuto, violento e determinato come c'era nel '24 ma un industriale brianzolo furbo, imbonitore, interessato soprattutto ai suoi affari ma, forse, incapace di palingenesi feroci.

di Giacomo Properzj

Tratto da http://www.terzarepubblica.it/articolo.php?codice=2013

pergola2000
25-04-08, 01:01
ho scritto sembrava non ho scritto era stato...
comunque fondò un partito con alcuni esponenti della destra e con la proposta della repubblica presidenziale.
Dire che pacciardi diceva quello che oggi dice Veltroni me lo devi spiegare un pò meglio, perchè non riesco a capire e ad interpretare il pensiero di pacciardi , che era stato ferocemtne anticomunista in quanto aveva collaborato con loro e li aveva visti all'opera, ma questo in un altro contesto.
Oggi non credo che si sarebbe alleato con gli ex comunisti, questo si.
Fammi sapere se l'alleanza con lo sdi ha dato successi.

Era anche ferocemente contro il cs, come poteva essere veltroniano ante litteram, se diciamo che Veltroni è un anticomunista in quanto ha usato il voto utile per far fare bella figura al suo pd, forse si.
Ma nelle giunte locali è tutto con rifondazione, quindi?

roberto fantoni
28-04-08, 11:40
L'unico elemento di destra in Nuova Repubblica fu Giano Accame. Personaggio molto osannato ancora oggi che a me non piace ne punto ne poco. Perchè non si parla di Smith, il fondatore del comunistissimo giornale Paese Sera o di quella splendida figura di anarchico che fu Giorgio Braccialarghe?E potrei farti un lunghissimo elenco di personaggi di tutto l'arco costituzionale. Ma gli azionisti lamalfiani dovevano tirare merda addosso ad un eroe e quale modo migliore che dargli del fascista? Per quanto riguarda l'accordo a Massa Carrara non è con lo sdi ma con tutti i socialisti non a caso il miuo amico Barani ha giocato rimpiattato per essere riconfermato alla Camera come PDL. I risultati sono stati buoni come ti ho già risposto da un'altra parte ma non è questo il progetto politico sul quale dobbiamo puntare. Dobbiamo fare l'ELDR prima che ce lo freghi Di Pietro!. Su Veltroni scusa ma è così palese: è dichiaratamente un Presidenzialista!Fraternamente RF

nuvolarossa
28-04-08, 12:27
http://img175.imageshack.us/img175/4991/prilogodp2.jpg



... Su Veltroni scusa ma è così palese: è dichiaratamente un Presidenzialista! ...Io non farei similitudini di questo tipo tra Pacciardi e Veltroni solo per concomitanza di una unica caratteristica ... che se fosse solo per il "presidenzialismo" c'e da ricordare che uno veramente convinto in tal senso e' anche Gianfranco Fini ... molto prima che lo fosse il buon Veltroni che di posizioni politiche, come un funambolo, ne cambia un paio ogni sei mesi ...
Io direi invece che con Veltroni avrebbe affinita' solo nel fatto di aver operato per far scomparire i socialisti dal Parlamento ... ecco ... in questo credo che il Pacciardi avrebbe esultato perche' fu acerrimo nemico dell'entrata dei Socialisti nel Governo della Repubblica ... tanto da uscire dal Pri salvo poi rientrarvi nel 1979 ... e nel vedere come Veltroni ed il Pd hanno saputo "giocare a zona" per far scomparire la Sinistra ed i Socialisti ... avrebbe senz'altro esultato ...
Analoga esultanza non avrebbe invece avuto nel vedere che, in terra di Apuania, zona per lui affettivamente cara, suoi eredi politici, avrebbero porto una ciambella di salvataggio al mondo socialista ... oscurando nel contempo la visibilita' dell'Edera Repubblicana ...

nuvolarossa
28-04-08, 12:49
... Ma gli azionisti lamalfiani dovevano tirare merda addosso ad un eroe e quale modo migliore che dargli del fascista? ...Roberto, io andrei con i piedi di piombo nel fare dichiarazioni di questo tipo ... a me non risulta proprio che ci sia stata un'azione di delegittimazione di questo tipo ...
Accanimento invece, verso Pacciardi, c'e stato da parte di Andreotti e Taviani che fornirono a Luciano Violante, all'epoca Giudice Istruttore di Torino, all'inizio degli anni '70, le carte per inquisirlo ... operando una di quelle tante operazioni di fusione di interessi catto-comunisti che ancor oggi coesistono e che addirittura trovano una loro forma partitica nel neonato Pd ...
Sul nostro Forum abbiamo, gia' dal 2002, dedicato un thread alla figura di Randolfo Pacciardi dal titolo: Sistema Presidenziale ... ricordando Randolfo Pacciardi ... clicca qui per raggiungerlo ... (http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=21492)

Monsieur
28-04-08, 13:25
la profezia di Pacciardi su Moro:


"Questo vostro incedere con passo felpato, onorevole Moro, fra Cristo e Satana, avrà ripercussioni che forse voi non immaginate, anche più gravi di quelle che io vi dico". dicorso di fiducia 12 dicembre 1963
Questo a me pare più inquietante che profetico...
Comunque ricordo che il PRI fu tra i massimi sostenitori del centro-sinistra e Pacciardi fu contro l'uscita del PCI dalla maggioranza, tant'è che inizialmente il PRI ritirò addirittura la delegazione governativva per protesta contro la decisione di mandare il PCI all'opposizione

nuvolarossa
28-04-08, 13:42
... Pacciardi fu contro l'uscita del PCI dalla maggioranza ...Ma si puo' sapere di quale periodo stai parlando ? e quale film hai visto ?
Randolfo Pacciardi, per la precisione, usci dal Pri nel 1963 e vi rientro' nel 1979 ...

nuvolarossa
28-04-08, 13:49
ho trovato il discorso di Pacciardi che ...
.... Ci dividemmo per l'operazione di centrosinistra ...
... Non mi pareva un'operazione, la quale, in fondo consisteva in un connubio clerico socialista, che potesse interessare molto il partito repubblicano. La Malfa era di parere opposto, MA HA POI ONESTAMENTE RICONOSCIUTO CHE L'ESPERIENZA FU DISASTROSA. Qualche cosa di analogo avvenne, successivamente, con le dichiarazioni sulla ineluttibilità del compromesso storico. NON E' UN DELITTO CREDERE IN BUONA FEDE ALL'EVOLUZIONE DEMOCRATICA DEL PARTITO COMUNISTA. E' A MIO PARERE UNA INGENUITà, NON UN DELITTO ...Credo di indovinare con chi sarebbe alleato oggi il buon Randolfo ...

Nullo
28-04-08, 14:10
Qualche particolare, ovviamente di parte, sulla lotta interna al PRI lo ha dato lo stesso Pacciardi nel volumetto Cuore da battaglia (1990) ed alcune circostanze non sono propriamente edificanti (Pacciardi parla addirittura dell'intervento del SIFAR per corrompere alcuni delegati al congresso provinciale di Ravenna (se la memoria non mi inganna).
Di sicuro l'atteggiamento del Partito nei confronti di Pacciardi fu molto duro (io ho in mente una vignetta molto cattiva pubblicata sull'Almanacco repubblicano del 1966).
Credo però importante il rientro di Pacciardi nel PRI e la calorosa accoglienza dei repubblicani che lo ha accompagnato negli ultimi anni della sua vita. E' stato uno dei nostri; tra i nostri è stato uno dei migliori!

roberto fantoni
28-04-08, 16:15
Vedi amcio mio, negli anni 70 ero giovane e pensavo più a rincorrere le sottane che alla politica. Ma la diaspora, quella vera, io l'ho vissuta dentro alla famiglia di NR e posso assicurarti che ne sono successe di tutti i colori. Il nostro grande errore, come repubblicani, è stato proprio quello di non aver mai avuto il coraggio di riaprire quella ferita e toglierci tutto il pus che vi era rimasto dentro. Devo farteli io i nomi degli azionisti che hanno dominato il PRI dopo aver tradito il mio Vecchio? E se avesse vinto Lui, oggi il PRI sarebbe in queste condizioni? Ma ormai è tardi.....pensiamo a costruirci il futuro visto che qualche amico si è già arreso sull'ELDR....

Lincoln (POL)
28-04-08, 17:28
Vedi Fantoni,
Siccome ti piacevano ed immagino ti piacciano ancora le sottane,per farmi capire meglio da te userò una metafora in tema;
se la sottana(e cioè l'ELDR) che io rincorro,mi dice e mi fa capire che è interessata alla corte ed alle attenzioni che gli rivolge un poco di buono(e cioè Di Pietro)mettendo le sue attenzioni in competizione con le mie,io la sottana la lascio al suo destino perchè so che non mi perderei nulla.
Naturalmente,fuor di metafora,non credo succedera mai che l'ELDR possa avere un simile atteggiamento nei nostri riguardi.

IX Febbraio
29-04-08, 10:13
L'argomento che non va bene il progetto ELDR italiano(idea promossa anche dal PRI mi sembra..) perchè al Parlamento Europeo c'è Di Pietro mi sembra molto debole. Pensiamo e proviamo a costruirlo perchè l'alternativa è sciogliersi nel PDL. Su Pacciardi direi che chi conosce la storia del PRI ravennate sa come andarono le cose in quel famoso congresso. La scissione di Nuova Repubblica fu una gravissima perdita per il PRI perchè con Pacciardi il PRI perse un po' quell'anima popolare e mazziniana. Ed è vero che su Pacciardi volarono fango e insulti, quando invece egli rappresentò il meglio che il PRI produsse insieme a Ugo La Malfa e a Spadolini nel dopoguerra. In un "paese normale" tutti conoscerebbero e ammirerebbero Pacciardi come un eroe nazionale, ma si sa com'è l'Italia purtroppo...

nuvolarossa
29-04-08, 10:38
... perchè al Parlamento Europeo c'è Di Pietro ....Di Pietro, che di mentalita' e' piu' a destra di Storace, se in Europa aderisse al gruppo "Unione per l'Europa delle Nazioni", lo farebbero perlomeno segretario.
Potrebbe cosi' organizzare una tournee assieme a Grillo ... per diffondere il qualunquismo nazional-popolare sulle piazze di tutta Europa ...

Lincoln (POL)
29-04-08, 11:07
Se davvero l'alternativa per il PRI all'abbraccio in Italia con Di Pietro e quello che rappresenta fosse lo sciogliersi nel PDL,io scelgo l'alternativa.
Ma per fortuna non mi pare che siamo di fronte ad un dilemma angoscioso di questo genere.Smettiamola di fantasticare ed atteniamoci alla realtà.

roberto fantoni
29-04-08, 11:40
Atteniamoci alla realtà: la lista PRI alle elezioni per il comune di Roma ha preso lo 0,2%........RF

IX Febbraio
29-04-08, 15:29
e quale futuro auspichi caro Lincoln per il PRI in vista delle prossime Europee del 2009? qualche candidato nel PDL(solo candidati perchè alle Europee ci sono le preferenze..) o una lista autonoma?
e poi smettiamola di associare il progetto ELDR italiano lanciato dal Convegno organizzato a Milano dal PRI con Di Pietro perchè non c'entrano nulla e lo sappiamo benissimo tutti....

Lincoln (POL)
29-04-08, 15:51
Sei tu che hai tirato in ballo Di Pietro associandolo al discorso ELDR e l'amico Fantoni ci ha addirittura comunicato che se non ci muoviamo,Di Pietro starebbe addirittura per sottrarci le grazie dell'ELDR.Quindi ditemelo voi cosa avete in mente per le europee.

IX Febbraio
30-04-08, 10:06
Forse Lincoln mi sa che non ci siamo capiti(sicuramente scusami ma mi sarò spiegato male io..). A me che Di Pietro faccia parte oggi del gruppo ELDR sinceramente interessa poco(come che ne facciano parte ad oggi MRE e Radicali Italiani..) per quello che penso debba essere lo sviluppo del progetto iniziato con il convegno di Milano sulla Costituente Liberaldemocratica. Per quello che mi riguarda credo che il PRI per le prossime Europee dovrebbe sviluppare concretamente questo progetto, allargandolo ovviamente ai liberali e che quindi bisognerebbe presentare una lista PRI-PLI allargata anche a tutti coloro che si sentono ancora laici, liberali e repubblicani legata all'ELDR. Tu Lincoln cosa ne pensi in merito?

Lincoln (POL)
30-04-08, 20:35
Cosa vuoi che ti dica?
In linea di principio sono d'accordo,bisognerà vedere la sua percorribilità politica.

G. Simoncelli
01-05-08, 20:38
0, + 0, = ...Senza l'ombrello del cavaliere...

nuvolarossa
18-12-08, 20:45
La biografia di Randolfo Pacciardi

a cura di Renato Traquandi

leggere il tutto al link ...
http://www.primarche.org/randolfopacciardibio.html

nuvolarossa
21-12-08, 12:17
A carte scoperte

1963 – 2008, la differenza matematica risulta, come diceva la prof. di matematica, quarantacinque.

Avevo dunque solo ventidue anni quando, in pieno boom economico italiano globale e la lira guadagnava l’oscar dell’economia, dalla Francia gollista e dalle Americhe prima di Kennedy di metodo presidenzialista si tornò a parlare.

Dopo le brevissime dissertazioni in sede costituzionale, dopo Ruini ( il politico, non il prete) e Calamandrei, di questo metodo di governo volle fortemente tornare a discuterne l’avvocatino insulto di Grosseto, classe 1899, Randolfo Pacciardi, di cui il primo gennaio ricorre il centodecimo anniversario della nascita.

Approfitto dell’occasione per ringraziare pubblicamente l’amico Giuseppe Gambioli che ha quasi interamente pubblicato la biografia, da me scritta su di lui, sul sito del Partito Repubblicano delle Marche, e al quale rimando gli amici che vogliono erudirsi in merito.

In quei tempi….. come si usa dire da oltre duemila anni per divulgare altre leggende…. il cattolicesimo, se pur litigioso ( morotei, dorotei, ecumenici o meno), era egemone nella cultura e nelle politiche ufficiali. Uno dei temi caldi era il rapporto con la sinistra, la quale, se era atea nel metodo e nell’apparire, era timorosa di Dio e dei suoi apparati nell’intimo, che di Bepponi della bassa in Italia ce ne furono quanti se non più di ora.

Tuttavia la lotta per il potere è tale e tanta che chi stava per avvicinarsi alla “stanza dei bottoni”, infilando l’Italia nel buco nero delle decisioni sbagliate, inanellate una dopo l’altra negli ultimi decenni ( nucleare, infrastrutture, economia, salute, relazioni internazionali, che ci hanno fatto relegare le posizioni faticosamente conquistate nel dopo guerra nell’armadio dei bei ricordi), trovò abili scudieri, pronti a costruire la loro personale fortuna, erigendo il rogo destinato agli eretici su cui far ardere lo scopo di vita del mitico Comandante del Battaglione Garibaldi in Spagna nel 1936, nonché Ministro della Difesa nei primi governi De Gasperi.

Il metodo presidenziale non è quello descritto dall’ascaro Violante sulle pagine dei capi d’accusa che ci hanno rovinato l’esistenza intera ( certe ferite mai si rimargineranno, che il perdono non fa parte della nostra natura), ma un modo di intendere e di volere sano, giusto, corretto, opinabile sì certo, ma mai anti democratico ed assolutista.

I fini linguisti hanno gioco facile a scambiare e far intendere con la parola “cesarismo” la capacità di prendere salutari decisioni innovative nel più breve tempo possibile; come usare l’espressione “ anticamera della dittatura” nel riuscire ad accelerare pratiche che richiedono urgenti soluzioni, senza le lungaggini di chi vuole restare in tribuna a spaccare il capello in quattro.

Essere presidenzialista significa dividere il potere democratico di promulgare leggi, dal potere di chi quelle leggi deve metterle in pratica; significa dar modo agli elettori di scegliersi un capo a maggioranza relativa, affidare a questi ed al suo staff, per un certo periodo, il mandato di rappresentarlo e di mettere in pratica quanto il ramo legislativo, che deve essere eletto con un metodo più rappresentativo possibile, avrà promulgato: potere esecutivo con metodo maggioritario e potere legislativo con metodo diverso, vuoi per collegio geografico o per numero di abitanti.

E’ un bene che Silvio ne sia tornato a parlare….. credo di sì, adesso stiamo a vedere l’effetto che fa!

Certo è che il vecchio Randolfo da sopra le nuvole, sorride, sornione.

Renato Traquandi

tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/17790

nuvolarossa
22-12-08, 11:33
Quando la sinistra predicava la "guida forte"

di Angelo Mellone

C’è un tic che persiste nel dibattito politico italiano: quando Silvio Berlusconi parla di riforme istituzionali, scattano subito, pavlovianamente, barricate preventive. Ancora peggio, se Berlusconi parla di elezione diretta del capo dello Stato, le barricate si fanno ancora più irte e minacciose, perché inevitabilmente gli avversari politici, e qualche volta non solo gli avversari, pensano che il premier stia immaginando una riforma da cucire addosso al proprio futuro politico.
E infatti ieri, per dire, Eugenio Scalfari ha accusato Berlusconi di volersi confezionare «un plebiscito in suo nome» completando così «il disegno che da tempo porta avanti di uno stravolgimento costituzionale culminante nel cesarismo», tradizionale categoria weberiana in questo caso utilizzata per infilzare il nemico. E così il livello della caciara si alza, si abbandona subito il tono di un confronto serio su cose serie per tuffarsi nella melina dell’antiberlusconismo mascherato con il vestitino ricamato, erudito e nobile della difesa della Costituzione repubblicana.
Eppure, come sempre accade, c’è qualcosa che non quadra. Se si lasciasse da parte l’acrimonia del partito preso, sarebbe sufficiente uno sguardo all’estero per constatare che tutte le democrazie parlamentari contemporanee stanno sperimentando quello che gli studiosi definiscono un processo di «presidenzializzazione»: i regimi parlamentari stanno diventando più presidenziali senza che, nella maggior parte dei casi, cambino le regole formali del loro tipo di regime. I primi ministri accumulano risorse di potere personali per indirizzare i processi politici, rendendosi più autonomi dalle Camere e dai condizionamenti del proprio partito o coalizione di provenienza, anche in conseguenza della forte personalizzazione delle campagne elettorali che stabiliscono un legame forte e diretto tra corpo elettorale e premier.
Dal 1994, anche in Italia, le campagne elettorali si sono trasformate in competizioni tra leader per la conquista del governo, tant’è che i nomi dei candidati premier sono stati inseriti, come un elemento di presidenzializzazione di fatto, direttamente nei simboli delle coalizioni e dei partiti già dal 2001. L’ha fatto Berlusconi, ma l’hanno fatto anche con Prodi e Veltroni, e persino Casini (senza contare l’«Emma for President» escogitato dai radicali alle elezioni europee del 1999). Sulla base di queste osservazioni da anni discutono costituzionalisti e politologi, da quando cioè l’avvento della seconda Repubblica e del maggioritario hanno rivelato il passo lento delle nostre istituzioni rispetto al processo di modernizzazione politica già avvenuto in Italia, che ha portato maggiore enfasi sulla necessità di dotare anche il nostro Paese di riforme per costruire una «democrazia che decide», lontana dal parlamentarismo acefalo della prima Repubblica. La classe politica non è sempre stata sorda rispetto a queste sollecitazioni, consapevole che la grandissima maggioranza dell’elettorato è favorevole a un rapporto immediato con il capo del Governo, nello scambio simbolico tra responsabilità e rappresentatività. Così, da ipotesi coltivata solo a destra o dal piccolo gruppo di Randolfo Pacciardi negli anni della prima Repubblica, la questione della legittimazione popolare del capo dell’esecutivo è diventata una materia di riforma trasversale a schieramenti e culture politiche.
Chi oggi s’adonta contro Berlusconi sa che un progetto compiuto di semipresidenzialismo è stato presentato non alla conferenza stampa di sabato scorso, ma undici anni fa, quando il testo presentato dall’ormai lontana commissione bicamerale D’Alema previde l’elezione «a suffragio universale e diretto» del capo dello Stato che «rappresenta l’unità della Nazione e ne garantisce l'indipendenza». E sa pure che dopo quella proposta si sono avvicendate le ipotesi più disparate, dalla formula del «sindaco d’Italia» al modello israeliano di elezione diretta del premier, dall’adattamento a livello nazionale del sistema in vigore per le Regioni al premierato forte previsto nella riforma costituzionale approntata dal centrodestra nel 2004, fino al rafforzamento dei poteri del premier previsti la scorsa legislatura dalla commissione Violante.
E da cronache non troppo lontane spunta fuori un’intervista di inizio gennaio di Dario Franceschini, futuro candidato vicepremier del Pd con Veltroni, che sosteneva esattamente lo stesso concetto espresso da Berlusconi. Osservando che «il sistema istituzionale italiano è troppo lento, non funziona più in questo mondo così veloce», Franceschini fu molto chiaro: «Bisogna avere il coraggio di passare all’elezione diretta di una persona che abbia la forza di decidere e di guidare il Paese», aggiungendo che «io penso al presidente della Repubblica come in Francia, ma si può discutere anche di una figura più simile al Sindaco d’Italia».
Ecco, allora: dov’è il problema?

tratto da http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=316199&PRINT=S

nuvolarossa
30-12-08, 13:38
Randolfo Pacciardi: l'antifascista mazziniano dimenticato (volutamente o meno)


Randolfo Pacciardi (1899 - 1991) fu politico e partigiano del Partito Repubblicano Italiano di cui troppo si tende a dimenticare.
Rarissime se non quasi nulle sono le pubblicazioni a lui dedicate.
Eppure fu audace eroe antifascista della Guerra di Spagna al comando di una Brigata Garibaldi e della Resistenza; nonché fiero anticomunista specie dopo aver conosciuto i massacri contro i repubblicani e gli anarchici operati dai comunisti europei su ordine di Stalin.
Guidò il PRI nel primo dopoguerra e fu Ministro della Difesa dal 1948 al 1953. Si oppose alla formula di Centrosinistra e quindi ad Ugo La Malfa che purtroppo lo espulse dal partito negli anni '60.
Celebre la frase di Pacciardi quando gli si chiedeva il motivo per il quale egli preferiva i governi centristi con la DC, piuttosto che un'alternativa di sinistra con il PCI : "Meglio una messa al giorno piuttosto che una messa al muro".
Una volta espulso dal PRI, Pacciardi fondò il movimento politico Unione Democratica per la Nuova Repubblica, con posizioni schiettamente presidenzialiste e forse per questo fu sospettato ingiustamente di simpatia fasciste e golpiste (proprio lui che aveva combattuto il nazifascismo !) e di aver appoggiato il cosiddetto Piano Solo che avrebbe dovuto portare ad una svolta autoritaria nel nostro Paese.
Niente di più falso e vergognoso fu detto su di un personaggio al quale la Repubblica e la democrazia italiana devono moltissimo.
Randolfo Pacciardi fu riammesso nel PRI negli anni '80 e Repubblicano rimase sino alla morte.
Così questo blog vuole ricordare una grande figura del mazzinianesimo (di cui l'amico partigiano Aldo Chiarle mi parla spesso, anche per averla conosciuta personalmente).
Una figura da approfondire certamente.
Alla faccia dei calunniatori di ogni colore politico.

Luca Bagatin

tratto da http://lucabagatin.ilcannocchiale.it/2008/12/26/randolfo_pacciardi_lantifascis.html

nuvolarossa
31-12-08, 13:05
Domani, 1º gennaio, ricorre l'anniversario della nascita di Randolfo Pacciardi ... il Leone di Guadalajara ... nato appunto il 1º gennaio del 1899 a Giuncarico in provincia di Grosseto ...

nuvolarossa
01-01-09, 13:13
Il centodecimo anniversario della nascita di Pacciardi

Oggi, 1 gennaio 2009, ricorre il centodecimo anniversario della nascita di Pacciardi.
Nel mio piccolo gli ho dedicato una biografia, che gente più istruita di me e più professionalmente preparata, ha giudicato valida ed esaustiva.
A quella biografia ho aggiunto un compendio di articoli da lui scritti su Etruria Nuova, settimanale politico repubblicano pubblicato in Grosseto dal 1920, 1921, 1922, 1923.
Ho compilato anche un estratto di articoli da Folla e Nuova Repubblica, dagli anni 1964 al 1980, settimanali da lui fondati nel periodo della U.D.N.R., quando fece, perdendola, la lotta a favore del presidenzialismo.
Dal 1980 al 1990 fondò, una volta rientrato nel P.R.I. L'Italia del Popolo, ed anche di questo periodico ho stillato una decina di articoli.
Ho ancora molto lavoro da fare: il periodo che va dal 1925 al 1944, quando visse esule in Svizzera e Francia, la sua grande presenza durante la Guerra di Spagna dal 1936 al 1938, il suo anti comunisto ante litteram ... il Marocco, gli Stati Uniti ed il rientro in Italia.
C'è poi il lavoro più impegnativo: la raccolta ed il compendio degli articoli da lui scritti (sono alcune centinaia) su La Voce Repubblicana dal 1924 al 1925, dal 1944 al 1963 e dal 1980 al 1990; ed infine il lavoro di riassumere gli interventi parlamentari e di governo.
Mi è caro, mi sarà caro, sarò interessatissimo al destino futuro del P.R.I.
Purchè non si vada fuori dal seminato e ci si voglia dimenticare questi valori ... di quanto Randolfo ci ha voluto trasmettere.

Renato Traquandi

tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/17873

Nullo
01-01-09, 19:39
Il centodecimo anniversario della nascita di Pacciardi

Oggi, 1 gennaio 2009, ricorre il centodecimo anniversario della nascita di Pacciardi.
Nel mio piccolo gli ho dedicato una biografia, che gente più istruita di me e più professionalmente preparata, ha giudicato valida ed esaustiva.
A quella biografia ho aggiunto un compendio di articoli da lui scritti su Etruria Nuova, settimanale politico repubblicano pubblicato in Grosseto dal 1920, 1921, 1922, 1923.
Ho compilato anche un estratto di articoli da Folla e Nuova Repubblica, dagli anni 1964 al 1980, settimanali da lui fondati nel periodo della U.D.N.R., quando fece, perdendola, la lotta a favore del presidenzialismo.
Dal 1980 al 1990 fondò, una volta rientrato nel P.R.I. L'Italia del Popolo, ed anche di questo periodico ho stillato una decina di articoli.
Ho ancora molto lavoro da fare: il periodo che va dal 1925 al 1944, quando visse esule in Svizzera e Francia, la sua grande presenza durante la Guerra di Spagna dal 1936 al 1938, il suo anti comunisto ante litteram ... il Marocco, gli Stati Uniti ed il rientro in Italia.
C'è poi il lavoro più impegnativo: la raccolta ed il compendio degli articoli da lui scritti (sono alcune centinaia) su La Voce Repubblicana dal 1924 al 1925, dal 1944 al 1963 e dal 1980 al 1990; ed infine il lavoro di riassumere gli interventi parlamentari e di governo.
Mi è caro, mi sarà caro, sarò interessatissimo al destino futuro del P.R.I.
Purchè non si vada fuori dal seminato e ci si voglia dimenticare questi valori ... di quanto Randolfo ci ha voluto trasmettere.

Renato Traquandi

tratto da http://it.groups.yahoo.com/group/Repubblicani/message/17873
Mi permetto di suggerire anche lo spoglio del periodico (credo quindicinale) "Lettera repubblicana" pubblicato nei primi anni Novanta e molto vicino alle posizioni e alla figura di Pacciardi, anche se non ricordo suoi articoli (però ne ricordo molto bene uno intitolato grosso modo "Un congresso per che fare?" firmato da Roberto Balzani nel quale si criticava pesantemente la scelta di La MAlfa, subito dopo votata a Carrara, di dar vita ad Alleanza Democratica).