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Tomás de Torquemada
03-09-02, 00:25
L'arte rupestre di Campanine di Cimbergo (Valcamonica) alla luce delle nuove scoperte: presentazione preliminare dell'area (ricerche dal 1990 al 1997)
di Umberto Sansoni e Silvana Gavaldo

L’area di Campanine di Cimbergo e la contigua area di Figna, situate sul versante orografico sinistro del fiume Oglio ad una altezza media di 500 metri slm, sono state oggetto di studio da parte del ns. Dipartimento a partire dal 1990. In questi anni sono state studiate circa 60 superfici incise che costituiscono il patrimonio artistico archeologico della zona: l’analisi dei contesti è ora in corso di approfondimento, anche perché i risultati del Campo Archeologico di quest’anno (area del Bosc del Vicare) sono stati inaspettati: le caratteristiche istoriative dell’area appaiono complesse e il rapporto con le contigue aree di Naquane e Foppe di Nadro sembra stretto e articolato.

L’area di Campanine, ben delimitata morfologicamente, sembra essere stata utilizzata in modo non omogeneo nelle varie epoche: vi sono varie rocce "principali" ed è intuibile una serie di "sottoaree". In particolare nella zona bassa sono emerse negli ultimi anni varie superfici, alcune molto estese, con incisioni di notevole interesse che sul piano crono-tipologico sono in parte autonome rispetto a Campanine alta e relativamente più vicine a Naquane e Foppe di Nadro; dal nome di una parte di quest’area definiremo l’insieme come "Bosc del Vicare". La superficie principale è in prossimità di una sorgente perenne e questo ha plausibilmente influito sul valore cultuale dell’area: Campanine è in genere povera di acqua, e comunque non è da dimenticare il ruolo di questo elemento in tutte le tradizioni religiose. Comincia qui a delinearsi una specifica suddivisione dell’area di Campanine, a seconda dell’epoca e della tipologia, in nuclei dai confini sfumati e a volte sovrapposti: lo studio dei dati, tuttora in corso, porterà certamente a meglio definire le diverse funzioni e caratteristiche.

Un elemento notevole della ricerca è anche la possibilità di ridisegnare almeno parte della rete antica dei sentieri, a lato dei quali (o sullo stesso piano di calpestio!) si rinvengono le superfici incise; il recupero della rete viaria è un importante momento di ricostruzione della storia del territorio, tenuto conto che solo questo secolo sono state abbandonate le tradizionali attività economiche legate al bosco e le antiche vie di comunicazione col fondovalle.


A) le fasi preistoriche

La fase più antica, probabilmente neolitica, comprende grandi figure femminili schematiche collegate a più piccoli oranti (la cosiddetta "Grande Madre" di Campanine), coppie uomo-donna con linee di coppelle, scene corali con oranti schematici (come a Naquane, rocce 1 e 32). L’incidenza delle figure femminili è notevole e le incisioni presentano caratteri di arcaicità: per il periodo corrispondente allo stile II, Campanine mostra una tale ricchezza di scene, non solo quantitativamente ma soprattutto per contenuti e valori, che la pongono sicuramente alla pari con Foppe di Nadro e Naquane.

La maggioranza delle figure antropomorfe sono comunque dell’età del Ferro, soprattutto media e tarda: prevalentemente armati, con qualche orante piuttosto insolito (notevole un orante dinamico associato ad un’ascia e a una coppella). Di rilievo è anche un grande personaggio armato di recente scoperta, strettamente associato ad un canide selvatico (volpe?) e confrontabile con le grandi figure presenti a Naquane (R 50) e a Paspardo: un eroe o una figura mitologica.

Gli zoomorfi sono raffigurati a partire dall’età del Bronzo finale, con quattro scene di caccia al cervo con l’arco; nell’età del Ferro il tema continua sporadicamente, come anche gli equini e i cavalieri. Piuttosto significativo il recente rinvenimento di 7 uccelli acquatici, finora rari, che portano la zona di Bosc del Vicare ad essere più aderente alle tematiche di Naquane. Le figure sono curate, associate a guerrieri e sottoposte a capanne. In un caso il volatile (un trampoliere) ha il corpo decorato; un altro uccello appare cavalcato (il che fornisce interessanti aperture verso elementi di mitologia). In linea generale è abbastanza accertato il valore connesso al funerario dell’uccello acquatico, capace di passare da un mondo all’altro e analogicamente guida o mezzo di questo passaggio.

Per quanto riguarda gli oggetti, Campanine conserva due scene di aratura: una, conosciutissima, con bucrani aggiogati, databile al Calcolitico se non ad una fase finale del Neolitico; l’altra è attribuibile all’età del Bronzo. Da notare, infine, una figura di telaio, l’unico esempio di questo soggetto fuori dalla roccia 1 di Naquane.

Una composizione topografica complessa, l’unica nel suo genere per questo versante a Sud del corso del torrente Re, e altri pochi elementi topografici sono ascrivibili anch’essi al Calcolitico.

Le capanne sono particolarmente numerose a Campanine e presentano alcune peculiarità: di frequente sono raffigurate a coppie impostate su uno stesso asse verticale e presentano spesso ornamentazioni anomale del tetto, come ad es. "dischi solari" pieni, circondati da un semicerchio, elemento che si caratterizza come specifico di quest’area piuttosto ristretta. È ipotizzabile la valenza funeraria della figura di capanna, laddove le differenze e le ricorrenze tipologiche potrebbero spiegarsi, oltre che con le varie fasi cronologiche, con caratteristiche peculiari di diverse famiglie, clan, gruppi umani.

Le armi non impugnate sono presenti solo nell’età del Ferro. Precedentemente bisogna scendere a Figna per trovare due spadini della fase finale dell’antica età del Bronzo. Figure di ascia del VI sec. a.C. in date non calibrate caratterizzano alcune superfici tra le più importanti e assumono in molte scene, in cui sono associate con capanne, guerrieri, oranti, impronte di piedi e un labirinto, un evidente valore simbolico. È in corso di studio un approfondimento su questo particolare soggetto. Da notare, in tale contesto, una scena con armati davanti ad un personaggio frontale più grande, armato di ascia a lama quadrata, probabilmente una precisa cerimonia di fronte ad una divinità.

Il richiamo ad una divinità è ipotizzabile anche per le figure di ruote a raggi interni: questo simbolo, attestato anche a Naquane e, in misura minore, a Foppe di Nadro, nel mondo celtico è collegato al dio celeste Taranis (Giove nell’interpretatio romana); la possibile individuazione di un culto a questa divinità è confortata dalla più tarda iscrizione latina IOVIS sulla R 5, già valutata come dedica della superficie, se non dell’area intera, dopo la ridefinizione latina dei culti. È quindi possibile cominciare ad individuare come durante l’età del Ferro media e tarda vi siano precise tendenze cultuali che caratterizzano le diverse aree di incisioni: la presenza del Kernunnos e dei cervi a Naquane, Esus a Carpene di Sellero e ora, probabilmente, Taranis a Campanine; ancora in corso di studio è il rapporto cronologico tra le incisioni di Campanine e il Taranis celtico, così come le associazioni e le scene connesse con le incisioni di ruote raggiate.

Tra le figure simboliche sono piuttosto importanti due labirinti. Il più visibile si accompagna ad incisioni di asce a lama quadrata e ad un ornitomorfo cornuto e fallico, evidentemente una figura mitico-simbolica.

All’interno dei simboli è da rilevare la presenza di una anomala "rosa camuna" a tre "petali", corretta in quattro; un’altra "rosa", ben delineata e associata ad un tardo antropomorfo, è emersa da poco, poco distante da curate figure di stelle a cinque punte: questi elementi sono eccezionali per l’area e, come anche le impronte di piede, avvicinano Campanine bassa a Foppe di Nadro.

Nell’area di Campanine si trovano anche alcune iscrizioni in caratteri nord-etruschi, sia pubblicate che sconosciute, alcune delle quali particolarmente ben curate nella fattura epigrafica. Per la maggior parte si collocano nella zona bassa e sovente si associano ad impronte di piedi e capanne, o capanne e guerrieri.

Ultima particolarità della zona di Campanine - Figna sono due pitture preistoriche: la prima raffigura una ruota raggiata; la seconda presenta un caprino di difficile lettura. Entrambe sono state eseguite con colore rossastro.


B) Le fasi storiche

Il "capitolo medievale", straordinariamente ricco, offre figure sia filiformi che martellinate e costituisce un’eccezione nel panorama istoriativo della Valcamonica e dell’intera Europa. Tra i simboli cristiani di vario genere, nei quali oltre alle svariatissime croci è doveroso menzionare le chiavi (simbolo cristiano di vita e di liberazione dal peccato) e i "Nodi di Salomone" (presenti nell’arte rupestre fuori da Campanine solo in due esemplari, uno a Foppe di Nadro e uno al passo del Maloia), troviamo antropomorfi semplici e armati, cavalieri, castelli turriti, patiboli, balestre, scritte e date, di cui le più antiche risalgono ad un periodo compreso tra il IX e il XIV secolo. Di recente scoperta alcuni antropomorfi martellinati e spesso armati e figure reticolate, forse rappresentazioni del territorio; è inoltre da notare un recinto turrito e un cerchio doppio che racchiude figure di carattere religioso.

Questi caratteri cominciano a delineare le valenze rituali, i tempi privilegiati di frequentazione e quali culti venivano praticati nelle diverse aree con arte rupestre; il futuro della ricerca sull’arte rupestre camuna non può prescindere dalla necessità di conoscere, con precisione, le caratteristiche peculiari delle singole aree se si vuole avere una visione globale del fenomeno Valcamonica. Soltanto dopo che saranno pubblicate le descrizioni monografiche, potremo riuscire a scendere in maggiore profondità con un’opera di sintesi dei dati: in questo progetto si colloca l’imminente pubblicazione del corpus integrale di Campanine di Cimbergo.

Umberto Sansoni - Silvana Gavaldo
Dipartimento Valcamonica e Lombardia
del Centro Camuno di Studi Preistorici, piazza S. Maria 8 25040 Braone (BS) ITALIA
voice-fax +39-364-433.621

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Tomás de Torquemada
01-03-03, 00:31
ARTE RUPESTRE
Tracce preistoriche

Le incisioni rupestri rappresentano la più cospicua documentazione della presenza umana antica in val Pellice. La prima opera di sistemazione cronologica è di Sivio Pons, durante gli anni trenta. Sono gli anni in cui vengono pubblicati anche i primi lavori sulle incisione della val Camonica da parte di Battaglia, Graziosi e Marro; quelli sulla valle delle Meraviglie, di Bicknell, sono anteriori di pochi decenni. Con il Pons e successivamente con il lavoro di alcuni suoi colleghi, amici ed allievi (P. Barocelli, O.Coisson, F. Jallà, G. Jallà ), veniva raccolto un corpus delle incisioni, con un primo tentativo di definizione cronologica. Oggi, tali scoperte fanno di questo territorio una delle zone meglio documentate dell'intero arco alpino per quanto riguarda la cosiddetta "arte rupestre".
Le incisioni rupestri sono segni di carattere per lo più simbolico, più raramente descrittivo, prodotti dall'uomo su vari tipi di rocce con strumenti di pietra o punte metalliche. I segni venivano eseguiti con varie tecniche: a martellina diretta, cioè colpendo direttamente con un incisore di pietra, di metallo o di osso la superficie da incidere; a martellina indiretta, con un percussore da usare sull'incisore; mediante sfregamento di punte sulla roccia, ottenendo segni filiformi. I distretti alpini che contengono rilevanti concentrazioni di queste raffigurazioni sono, oltre alle più famose Valcamonica e valle delle Meraviglie, nelle Alpi francesi, le montagne della Savoia e della Val d'Aosta. Tra le rappresentazioni più significative si menzionano scene di aratura, armi, figure umane e animali, abitazioni, recinti e simboli geometrici. La raffigurazione di particolari oggetti, come lame triangolari, pugnali, lance ecc., noti in contesti archeologici ben definiti, ha permesso di attribuire tali incisiono a vari periodi della preistoria, soprattutto a partire dal neolitico, con la comparsa delle prime comunità agricole alpine, fra il III^ e il IV^ millennio a. Cristo.


Le coppelle

Anche nelle Alpi Cozie si segnalano incisioni rupestri. Esse tuttavia sono generalmente di un tipo più uniforme, rappresentato da incavi emisferici poco profondi ( da alcuni millimetri a pochi centimetri ), definiti "coppelle" ( piccole coppe ). Compaiono anche impronte di piedi, figure simboliche di uomini, cerchi raggiati, coppelle collegate con canali, croci, conche rettangolari. Rarissime sono le immagini zoomorfe. Eccezionali sono le due pietre isolate incise agli Enversin di Lusernetta, che rientrano nella tipologia delle statue-stele preistoriche.

Le incisioni sono talora isolate su rocce, spesso sono raggruppate sulla stessa superficie o su superfici vicine. In diversi casi si trovano su rocce caratteristiche, in posizione dominante, oppure lungo i sentieri. Non mancano esempi di concentrazione di rocce incise all'interno o nelle immediate vicinanze di alpeggi ( Gard, sul Vandalino ) o foresti ( Lausas, in val d'Angrogna ).

Va osservato che nessuna di queste immagini, considerate sulla base dell'elemento rappresentato, contiene elementi decisivi per una attribuzione cronologica o culturale. Poiché in altre zone delle Alpi, e in altri contesti databili, le coppelle furono attribuite alla preistoria, fu formulata l'ipotesi, da parte dei primi scopritori delle incisioni nelle Valli, che anche in questo caso si trattasse di raffigurazioni di età preromana. Va comunque ricordato che in anni recenti nelle Alpi Occidentali diversi ricercatori hanno sottolineato l'impossibilità di giustificare un'età preistorica per tutte le coppelle, la cui esecuzione si è certamente protratta fino ad anni recenti, soprattutto nelle zone di alto pascolo. In particolare, nella val Pellice, nonostante la notevole massa di documentazione raccolta sul terreno, è stato impossibile definire criteri evolutivi di un qualsiasi tipo all'interno di queste raffigurazioni.

Nonostante questi limiti oggettivi, le incisioni hanno un'importanza non secondaria come manifestazione spirituale delle popolazioni illetterate cha hanno abitato la Valle. Il rapporto uomo - pietra, che altrove ha trovato manifestazione nella costruzione di piramidi, statue, cromlech e menhir, da noi si esprime nelle semplici incisioni. La pietra ha il carattere di libro aperto a tutti, a cui si affida un messaggio che attraversa le generazioni e che mantiene ancora oggi, benché siano mutate le condizioni materiali e spirituali, tutta la potenza espressiva che possono trasmettere simboli enigmatici, traccia anche di una possibile scrittura.

In realtà, se incerti sono i dati cronologici, altrettanto elusive sono le ragioni e i significati delle incisioni. Generalmente, esse vengono riferite a un più vasto capitolo dell'antropologia preistorica, quello dell' "arte rupestre". Se le coppelle possano essere considerate o meno manifestazioni artistiche, dipende dal significato funzionale ad esse attribuito forse erroneamente. Noi possiamo vedere in queste forme, ad esempio, manifestazioni estreme di stilizzazione e un uso complesso di simboli, laddove potevano avere una funzione essenzialmente pratica e legata esclusivamente ad attività materiali, che oggi ci sfuggono totalmente.

Fra le varie ipotesi, che attribuiscono un significato mistico - rituale alle coppelle, esiste l'idea che potessero servire per la raccolta di sangue di una vittima, la sacralizzazione di una roccia (roccia altare), un luogo rituale per le processioni notturne, riempite d'olio e incendiate, una sorta di " via sacra" per la raccolta dell'acqua piovana, dono della divinità, per dissetare i defunti o per contenere offerte rituali. Inoltre si pensa rappresentino simboli celesti (costellazioni), soprattutto quando sono associate a cerchi raggiati (rappresentazioni solari), mentre ipotesi di carattere non religioso attribuiscono alle coppelle altre funzioni: limitare il pascolo; indicare sorgenti d'acqua, di capanne, di ripari; raccogliere sale per le capre; fornire indicazioni geografiche e topografiche.

Molto lavoro resta da fare sulle rocce incise. La documentazione non è completa, e il lavoro sul terreno va proseguito sulle linee di quanto già fatto nei decenni passati. Calchi e documentazione fotografica vanno incrementati, così come approfondito deve essere lo studio della tipologia delle incisioni e della tecnoca impiegata per la loro esecuzione. Dopo episodi recenti di distruzione più o meno accidentale di rocce incise, è fondamentale l'impegno di conservare queste tracce che, almeno in parte, provengono dalla nostra preistoria. La scoperta di incisioni, che chiunque può fare osservando con intelligenza il terreno, va segnalata e documentata oportunamente. Solo a queste condizioni un patrimonio storico comune potrà essere trasmesso alle generazioni future.


.............in val Pellice

Fra gli altri, Osvaldo Coisson fornisce un ricco elenco di incisioni in val Pellice, è interessante cercarle per costruire degli itinerari d'arte preistorica.

Un bel giro di mezza giornata parte da Pra del Torno (Angrogna), sale alla borgata Fau andando verso Barma Monastir: su questo ultimo tratto si incontra un complesso roccioso inclinato verso l'alto, scoperto nel 1985 da Mauro Cinquetti, dove sono incise figure zoomorfe e simboli schematici in due gruppi est e ovest, eseguiti con la tecnica a " mantellina ". Questo complesso di incisioni ha una particolare importanza in quanto è il secondo nell'arco alpino occidentale dopo la Balsiglia, in cui sono presenti figure zoomorfe in associazione a simboli geometrici.
Di qui si può raggiungere Barma Monastir, gruppo singolare di case costruite a ridosso della roccia e proseguire per l'Eigardoou e l'Arvura, quindi scendere a Cacét e seguire il sentiero neolitico della Rocciaglia che si snoda nel bosco fino agli Eyssart. Lungo questo sentiero si trovano sei punti dove sono raggruppate coppelle e figure antropomorfe spesso coppellate.
Da Cacet, a una decina di minuti di cammino, si raggiunge una casa isolata, " lou Bèc ", e dopo un centinaio di metri, dominato dallo sperone roccioso del Bec, si trova la prima roccia incisa, esposta ad est, con incisione antropomorfa, coppelle ed una croce. Nella figura antropomorfa gli abitanti della zona vedevano l'immagine del diavolo: la testa è il corpo triangolare, mentre il fallo ha proporzioni esagerate, forse in ragione di un culto della procreazione.
Proseguendo, a circa 40 metri, sulla destra, si trova una roccia coppellata. A questo punto il sentiero risale un costone roccioso, qualche metro dopo il quale, a sinistra, si trova una roccia con tre croci di cui la centrale é iscritta in un cerchio.
Dopo una decina di minuti di cammino, subito dopo una piccola casa abbandonata, ci si ritrova su di una grossa roccia le cui incisioni sono scarsamente evidenti, meglio osservabili a luce radente.
Segue la piccola casa di Chiò Gautìe, da cui si discende e poi si risale un pò sotto una parete rocciosa. Qui si trova una lunga roccia coppellata con due croci.
Trecento metri dopo, in località Baisafountana, si trova una roccia piatta con una decina di croci ed una figura antropomorfa. Qualche metro prima, quando si esce dal sentiero, si trova una pietra con una croce singola e quattro piccole croci coppellate, una croce più grande, un gruppo di piccole coppelle e una incisione vagamente antropomorfo.
Si termina l'itinerario giungendo nell' abitato degli Eyssart.
Un altro giro di mezza giornata si trova nel Comune di Torre Pellice: Bonnet - Costiera di Castelluzzo - Sea di Torre.

Il complesso di incisioni dei Bonnet, sotto l'abitato, nei pressi dell'antico sentiero, uno è uno dei più caratteristici della valle. E' costituito da un primo gruppo, sull'antica mulattiera, da un secondo gruppo su di un monolito molto ricco di coppelle e di vaschette rettangolari, alcune collegate da canali e da un terzo gruppo, più a ovest, sull'orlo di una parete rocciosa.
Il monolito centrale, posto al centro di una piccola valletta e circa a metà strada fra gli altri due blocchi incisi, pare quasi avere un significato religioso di altare centrale.
Risalendo poi all'abitato dei Bonnet, ci si porta sulla mulattiera per Champas (una decina di metri prima dell'ometto di pietra: roccia coppellata; altra coppella isolata al Ciampas su di una roccia presso alla casa) e si prosegue per Castelluzzo (una coppella presso la casa di Castagnie); passando poco sotto le case di Già Baudin si trova una roccia riccamente incisa.
Proseguendo si arriva ad un trivio: il sentiero centrale sale a Castelluzzo, quello di sinistra è la variante che in pochi minuti conduce al Bars d'la Taiola, famoso rifugio roccioso valdese, interessante da visitare.
Si riprende poi per Castelluzzo e sulla parete est si può cercare la Peá dar Diau, dove una leggenda racconta che il diavolo abbia lasciato le impronte cadendo in verticale.
Da Castelluzzo si prosegue per un sentiero fino a Bo del Tourn, dove si trova un masso coppellato vicino alle rovine dell'antico abitato: questo luogo è indicato come altare protostorico.
Si scende infine a raggiungere il sentiero GTA ( Grande Traversata Alpi ) che porta alla Sea di Torre e quindi a Torre Pellice.


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Dal sito http://www.valpellice.to.it/vpellice/indice.htm

Tomás de Torquemada
27-06-08, 22:19
Monte Baldo - Le incisioni rupestri

Sulla sponda orientale del Lago di Garda, ai piedi del monte Baldo, esiste un significativo e interessante complesso d’arte rupestre preistorica che, per importanza, va collocato subito dopo i famosi centri della Val Camonica e di monte Bego. Le pendici del Baldo, che sembrano tuffarsi nelle azzurre acque del lago, furono modellate in età quaternaria dai ghiacciai alpini che si spingevano fino alla pianura Padana.
Oggi queste rocce, di natura calcarea, si presentano lisce e polite, solcate da segni e scanalature prodotti dai ciottoli glaciali; su queste pietre, localmente chiamate "laste" o "liscioni", affioranti dal terreno, l'uomo ha lasciato il segno della sua presenza e del suo passaggio, dalla preistoria fino ad oggi, forse senza soluzione di continuità.
Le prime rocce incise furono segnalate nel 1964 nella zona di S. Vigilio, ma ben presto le ricerche si estesero a tutta la sponda veronese del lago. Fino ad oggi sono state catalogate e schedate più di 250 rocce istoriate e almeno 3.000 figurazioni, ma queste cifre tendono ad aumentare. I comuni più interessati da questo fenomeno d'arte rupestre sono Garda, Torri del Benaco, Brenzone e, marginalmente, Costermano, S. Zeno di Montagna, Malcesine, per una superficie complessiva di circa 40 chilometri quadrati.
Alcune rocce istoriate si trovano quasi al livello del lago, mentre le altre, a quote più elevate, non superano i 600 metri s.l.m. Esse sono disposte generalmente lungo sentieri e mulattiere che anticamente collegavano i vari centri lacustri e pedemontani.
L'importanza di questo complesso d'arte rupestre è molteplice, sia per la sua posizione orientale ed eccentrica rispetto agli altri complessi d'arte rupestre, sia per l'unicità di un simile fenomeno nel Veneto, ma soprattutto per la tematica e la tipologia delle raffigurazioni incise.
Di grandi dimensioni ed eseguite quasi esclusivamente con la tecnica della martellinatura queste incisioni rappresentano figure umane generalmente stilizzate (a "phi", a braccia alzate, sessuate) personaggi a cavallo, animali (cavalli, cani, serpenti, volpi), croci ed un vasta gamma di cruciformi, coppelle isolate o raggruppate anche geometricamente, varie forme di cerchi (i cosiddetti "simboli solari"), figure quadrangolari e figure geometriche varie, fra le quali assai frequente il gioco del filetto o "merler".
Ma l'elemento che caratterizza e nello stesso tempo maggiormente avvalora le incisioni, è la presenza d’alcune rocce istoriate in forma "monumentale" che raffigurano armi e uomini armati, cioè gli elementi più preziosi ed utili per considerazioni di carattere cronologico. Possiamo citare a proposito la pietra di Castelletto di Brenzone, ora conservata presso il Museo Civico di Storia Naturale di Verona, che reca incisi, fra l'altro, otto pugnali e 73 accette: esso è ascrivibile, nel complesso, ad un periodo della media e tarda età del bronzo. Le asce raffigurate, non tutte coeve, presentano una lama piuttosto espansa e sono quindi facilmente confrontabili con le numerose asce bronzee rinvenute negli abitati palafitticoli del basso lago, dell'anfiteatro morenico e del lago di Ledro. Il fattore più interessante di questa roccia è dato dalla disposizione stessa delle accette (sovrapposte e contrapposte) che richiama inevitabilmente analoghe raffigurazioni della Val Camonica, di Valtournanche (Val d'Aosta), di monte Bego, della Svezia e dell’antropomorfica statua stele di Lagundo (Bolzano).


http://www.hotelturismo.it/img/gallery/verona_garda5.jpg
Monte Baldo - Immagine tratta dal sito http://www.hotelturismo.it/

Un'altra roccia d'inestimabile valore è quella denominata delle "Griselle" (Torri del Benaco) raffigurante daghe, spade di varia foggia, una lama triangolare, guerrieri armati e personaggi "itifallici" che, nonostante le varie discordanze, possiamo ascrivere ad un’età compresa fra il bronzo finale e la prima età del ferro.
Fra le incisioni a tecnica lineare (i veri graffiti) vanno segnalate quelle del riparo del "Bocca del Trimelò" (Garda) comprendenti una scena di guerrieri armati di spada, scudo rotondo ed elmo a calotta, affiancati da un’iscrizione a caratteri nord-etruschi, non ancora decifrata ma probabilmente retica.
Altrettanto importante e spettacolare è la roccia delle "Senge di Marciaga", la quale reca incisi, oltre ai soliti filetti, croci e coppelle, una processione di figure umane, uomini a cavallo e guerrieri armati che trovano un valido raffronto con analoghe incisioni del lV stile camuno, equivalente, grosso modo, all'età del ferro.
Se per le rocce e le istoriazioni citate abbiamo una certa garanzia d’arcaicità, per le altre migliaia di figurazioni del Garda, la cronologia diventa incerta e difficile, anche perché i metodi per una valutazione cronologica sono ancor oggi alquanto aleatori, in quanto non esiste, se non in casi eccezionali, quell'elemento scientifico fondamentale che è la stratigrafia. Alle incisioni preistoriche si sovrappongono comunque quelle più recenti, ora medioevali, ora moderne se non contemporanee, a testimonianza di un tradizione artistica popolare dei "senza storia" che non tende a scomparire.
Da una visione complessiva del nostro fenomeno sembra evidenziarsi un certo schematismo, una certa rigidità delle figure indipendentemente da considerazioni cronologiche: se ne deduce che la natura stessa della pietra calcarea non consente un'esecuzione accurata, quindi naturalistica e descrittiva, delle figure.
Circa l'origine di quest'arte, non abbiamo molti elementi per stabilire quali genti o popoli abbiano inciso le rocce del Garda, anche perché, nell'area interessata, fra Garda e Malcesine, non sono mai stati trovati significativi reperti archeologici, anche se le zone limitrofe brulicano d’insediamenti preistorici.
Notiamo comunque che il territorio in questione, fortemente scosceso e impervio, non favorisce insediamenti di tipo agricolo, mentre i terreni, adattati in epoca storica alla coltivazione dell'olivo e della vite, erano un tempo ricoperti di fitte boscaglie e radure. Possiamo quindi arguire che le incisioni furono eseguite da cacciatori e pastori che transitavano per questa zona. La tipologia delle figurazioni sembra, infatti, convalidare quest’ipotesi, anche perché le nostre incisioni sono disposte lungo quei sentieri che fin dal passato collegavano i paesi del lago con i pascoli montani del monte Baldo.
A questo punto qualcuno potrebbe domandarsi il motivo e lo scopo per cui gli uomini della preistoria abbiano inciso le rocce levigate dai ghiacciai. I motivi sono sicuramente diversi e molteplici. In ogni caso è ancora troppo presto per rispondere a simili interrogativi.

http://guide.travelitalia.com/it/guide/Monte_Baldo/1144/

Dal sito http://guide.travelitalia.com/it/guide/Monte_Baldo/1144/