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Visualizza Versione Completa : Cronache dall'incontro massonico-panteista in salsa "cristiana" di Palermo 2002



Qoelèt
03-09-02, 20:56
Fino a domani le religioni del mondo fanno tappa a Palermo

Si è aperta ieri a Palermo l'edizione 2002 dell'incontro internazionale "Uomini e Religioni" promosso dalla comunità di Sant'Egidio.
Fino a martedì il capoluogo siciliano sarà teatro di incontri e celebrazioni cui parteciperanno 465 personalità provenienti da tutto il mondo.
Si tratta della prima volta dopo l'11 settembre per questa iniziativa che ogni anno porta lo spinto di Assisi in una città del Mediterraneo.

Il dialogo tra Islam e Occidente, la sfida dell'immigrazione, la pena di morte interrogano il mondo. Lo fanno per tre giorni, a Palermo, durante l'incontro internazionale "Religioni e culture tra conflitto e dialogo", che si svolge in città fino a domani.
Un meeting, organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio e dall'arcidiocesi di Palermo, che restituirà al Capoluogo siciliano quell'identità di cuore dell'accoglienza fra i popoli che è stato capace di guadagnarsi in migliaia di anni di dominazioni straniere. A volerlo intensamente è stato il cardinale Salvatore De Giorgi, che vede nella sua Palermo la cerniera giusta per suggellare il patto di unità fra i popoli. ''E' un evento straordinario - spiega l'arcivescovo -, che servirà a porre l'attenzione su alcuni aspetti del Concilio Vaticano II, ancora poco compresi. Parlo del dialogo ecumenico, di quello interreligioso e interculturale. Solo così sarà possibile costruire un'Europa vera, non fondata sul culto del denaro, ma sull'uomo''.

In questo Palermo darà un messaggio particolare, ''offrirà al mondo il suo vero volto, quello più autentico, che sa dialogare, accogliere, ricevere e donare''.
La città accoglie 465 ospiti illustri, tra i quali 79 rappresentanti della Chiesa cattolica (12 cardinali e 30 tra vescovi e abati), l8 rappresentanti della Chiesa ortodossa e delle antiche Chiese orientali, 18 rappresentanti protestanti, 9 dell'ebraismo, 28 dell'islam e 13 delle religioni orientali, più 57 responsabili di organismi internazionali, 19 membri del corpo diplomatico e circa 15O giornalisti. ''Un numero dì ospiti mai raggiunto prima in quindici annidi incontri precedenti nelle capitali di tutto il mondo - comunica il fondatore della comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi -. Segno che la Sicilia attira, è vista con simpatia dalla gran parte del Sud del mondo. In un momento come questo ebrei e arabi hanno bisogno di un luogo di incontro esterno per dialogare''.

Gli organizzatori stimano in almeno seimila gli altri partecipanti che a vario titolo sono coinvolti nel grande evento religioso: dai 500 volontari, ai circa 3.600 siciliani che si sono iscritti ai 24 forum in programma, fino ai duemila componenti dei diversi gruppi in cui si articola in Europa e nel mondo la comunità di Sant'Egidio.
Tutti i palermitani possono comunque liberamente incontrare i leader religiosi in sette parrocchie aperte al confronto. Saranno loro a continuare il pellegrinaggio cominciato ad Assisi nel 1986 con Giovanni Paolo II.
Riccardi ricorda la tensione respirata a Varsavia nell'89, gli input lanciati a Bucarest nell'98 in favore del dialogo tra cattolici e musulmani. La pace raggiunta in Mozambico, nel 1992. Ma dopo gli attentati di New York, la parola pace ha un sapore diverso. Non basta pronunciarla, bisogna costruirla attraverso il dialogo, la ricerca di punti di unità, il confronto. Per Andrea Riccardi, l'incontro rappresenta ''una tappa importante del nostro cammino dopo lo storico vertice di Assisi nel 1986: è il primo incontro che si svolge dopo l'11 settembre. Per molti quella data ha rappresentato il fallimento del dialogo tra religioni e culture differenti. Per noi, invece, quel giorno è caduto ogni pregiudizio. Da quella data ne deve partire uno più autentico e senza pregiudizi''.

Fonte: Avvenire

Qoelèt
03-09-02, 21:00
Foto della celebrazione eucaristica nella Cattedrale

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03-09-02, 21:06
VIDEO

31 Agosto : http://www.santegidio.org/uer/2002/vid01.htm


1 Settembre : http://www.santegidio.org/uer/2002/vid03.htm


2 Settembre : http://www.santegidio.org/uer/2002/vid05.htm

Qoelèt
03-09-02, 21:12
PROGRAMMA

Domenica 1 Settembre 2002
11.00 Cattedrale di Palermo
Celebrazione Eucaristica alla presenza dei rappresentanti ecumenici

Presiede

Salvatore De Giorgi
Cardinale, Arcivescovo di Palermo, Italia

Omelie

Salvatore De Giorgi
Cardinale, Arcivescovo di Palermo, Italia

Sunday C. Mbang
Presidente del Consiglio Metodista Mondiale

17.30 Fiera del Mediterraneo
Assemblea d’Inaugurazione

Presiede

Roger Etchegaray
Cardinale, Santa Sede

Indirizzo inaugurale

Salvatore De Giorgi
Cardinale, Arcivescovo di Palermo, Italia

Saluti

Diego Cammarata
Sindaco di Palermo, Italia

Salvatore Cuffaro
Presidente della Regione siciliana, Italia

Guido Lo Porto
Presidente dell’Assemblea Regionale siciliana, Italia

Francesco Musotto
Presidente della Provincia di Palermo, Italia

Enrico La Loggia
Ministro per gli Affari Regionali, Italia

Messaggio di S.S. Giovanni Paolo II

Relazione Introduttiva

Andrea Riccardi
Comunità di Sant’Egidio, Italia

Interventi

Bronislaw Geremek
Storico, Polonia

Pierre Buyoya
Presidente della Repubblica del Burundi

Forum

Sergio Zavoli
Scrittore, Italia

Walter Kasper
Cardinale, Santa Sede

René Samuel Sirat
Conferenza dei Rabbini d'Europa, Francia

Mohammed Amine Smaili
Teologo musulmano, Marocco


Lunedì 2 Settembre 2002

09.30 Teatro Politeama
Dopo l’11 settembre: è inevitabile un conflitto di civiltà?

Presiede

Bruno Bottai
Presidente della Società Dante Alighieri, Italia

Intervengono

Mehmet Aydin
Teologo musulmano, Turchia

Bernard Kouchner
Già Rappresentante Speciale ONU Kossovo, Francia

Diarmuid Martin
Arcivescovo, Santa Sede

Gianni Riotta
Condirettore de "La Stampa", Italia

David Smock
United States Institute of Peace, USA

Ghassan Tueni
Presidente de les Editions Dar An-Nahar, Libano

09.30 Cinema Imperia, Piazza Politeama
La penna e la pace: scrittori a confronto

Presiede

Leonardo Mondadori
Presidente "Arnoldo Mondadori", Italia

Intervengono

Sergej S. Averincev
Accademia delle Scienze, Federazione Russa

Ahmadou Kourouma
Scrittore, Costa d’Avorio

Baltasar Porcel
Scrittore, Spagna

Susanna Tamaro
Scrittrice, Italia

09.30 Cinema ABC, Piazza Politeama
Un’anima per l’Europa: cristiani a confronto

Presiede

Jean Dominique Durand
Università di Lione 3, Francia

Intervengono

Casian
Vescovo ortodosso, Patriarcato di Romania

Vsevolod Chaplin
Vice-presidente del Dipartimento Relazioni Esterne, Patriarcato di Mosca

Richard Chartres
Vescovo anglicano di Londra, UK

Manuel Clemente
Vescovo cattolico, Portogallo

Aldo Giordano
Segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee

Jukka Paarma
Primate della Chiesa Luterana di Finlandia

Jordi Pujol
Presidente della Generalitat di Catalunya, Spagna

09.30 Teatro Politeama, Sala degli specchi
La preghiera alla radice della pace

Presiede

Salvatore Martinez
Rinnovamento nello Spirito Santo, Italia

Intervengono

Athanasios
Vescovo ortodosso, Chiesa di Grecia

Ignace Moussa Daoud
Cardinale, Santa Sede

Heinrich Mussinghoff
Vescovo, Vice-presidente della Conferenza Episcopale Tedesca

Umberto Piperno
Rabbino Capo di Trieste, Italia

Ishaq Idriss Sakouta
Confraternita islamica al-Sammaniyyah, Sudan

Mohinder Singh
Rappresentante Sikh, India

09.30 Teatro Massimo
Israeliani e palestinesi: dialogo per il futuro

Presiede

Roger Etchegaray
Cardinale, Santa Sede

Intervengono

Elias Chacour
Prophet Elias College, Israele

Dan Meridor
Ministro di Stato, Israele

Sari Nuseibeh
Presidente dell’Università di Al Quds, Gerusalemme

David Rosen
American Jewish Congress, Israele

Leila Shahid
Delegata generale di Palestina, Parigi

Ehud Yaari
Editorialista della Televisione Israeliana

09.30 Teatro al Massimo, Piazza Verdi
Le tre religioni e il libro

Presiede

Mar Gregorios Yohanna Ibrahim
Metropolita siro ortodosso, Siria

Intervengono

Valdo Bertalot
Segretario generale della Società biblica e forestiera, Italia

Giuseppe Betori
Vescovo, Segretario della Conferenza Episcopale Italiana

Dalil Boubakeur
Rettore della Moschea di Parigi, Francia

Lubomyr Husar
Cardinale, Arcivescovo Maggiore di Lviv, Ucraina

Amos Luzzatto
Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

09.30 Cinema Rouge et Noir, Piazza Verdi
Cristiani più uniti in un mondo globalizzato

Presiede

Walter Kasper
Cardinale, Santa Sede

Intervengono

Salvatore Gristina
Arcivescovo cattolico, Italia

Ilarion
Vescovo ortodosso, Patriarcato di Mosca

Luka
Vescovo ortodosso, Patriarcato di Serbia

Sunday C. Mbang
Presidente del Consiglio Metodista Mondiale

Abuna Paulos
Patriarca della Chiesa Ortodossa di Etiopia

Giuseppe Savagnone
Arcidiocesi di Palermo, Italia

09.30 Teatro Massimo, Sala degli stemmi
Legge e libertà nelle religioni monoteiste

Presiede

Oscar Luigi Scàlfaro
Presidente emerito della Repubblica Italiana

Intervengono

Mohamed Abuaisha

Riccardo Di Segni
Rabbino Capo di Roma, Italia

Silvio Ferrari
Università di Milano, Italia

Mario Francesco Pompedda
Cardinale, Santa Sede

17.00 Teatro Politeama
Autocritica delle religioni

Presiede

Walter Kasper
Cardinale, Santa Sede

Intervengono

Mehmet Aydin
Teologo musulmano, Turchia

Richard Chartres
Vescovo anglicano di Londra, UK

Jean-Arnold de Clermont
Presidente della Federazione Protestante di Francia

Serafim
Metropolita ortodosso, Patriarcato di Romania

René Samuel Sirat
Conferenza dei Rabbini d'Europa, Francia

Ignazia Siviglia Sammartino
Arcidiocesi di Palermo, Italia

17.00 Cinema Imperia, Piazza Politeama
Frontiere etiche

Presiede

Vincenzo Paglia
Vescovo cattolico, Italia

Intervengono

Giuliano Amato
Vice-presidente della Convenzione Europea

Amos Luzzatto
Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Mohammed Amine Smaili
Teologo musulmano, Marocco

Mario Soares
Presidente della Fundaçao Mario Soares, Portogallo

17.00 Cinema ABC, Piazza Politeama
La guerra dei media

Presiede

Mario Marazziti
Comunità di Sant’Egidio, Italia

Intervengono

Antonio Ferrari
Editorialista, Italia

Enric Juliana
Vice Direttore de "La Vanguardia", Spagna

Giovanni Pepi
Direttore del "Giornale di Sicilia", Italia

Hermann Tertsch
Giornalista di "El Pais", Spagna

Henri Tincq
Inviato di "Le Monde", Francia

Ehud Yaari
Editorialista della Televisione Israeliana

17.00 Teatro Politeama, Sala degli specchi
Medio Oriente tra conflitto e dialogo: il caso del Libano

Presiede

Jean Claude Petit
Direttore Malesherbes Publications, Francia

Intervengono

Agop Ohannes Agop Bakradonian
Catholicossato Armeno di Cilicia, Libano

Abbas El Halabi
Comunità Drusa, Libano

Paul Youssef Matar
Arcivescovo cattolico, Libano

Mohammad Sammak
Comitato di Dialogo Islamo-Cristiano, Libano

17.00 Teatro Massimo
La cultura della violenza e le religioni

Presiede

Emile Poulat
Storico e sociologo, Francia

Intervengono

Claude Dagens
Vescovo cattolico, Francia

Emmanuel Adamakis
Vescovo ortodosso, Patriarcato Ecumenico

Gwenolé Jeusset
Frati minori, Francia

Giuseppe Laras
Rabbino Capo di Milano, Italia

Peder Norgaard-Hojen
Teologo luterano, Danimarca

Mohamed Ali Taskhiri
Ayatollah, Iran

17.00 Teatro al Massimo, Piazza Verdi
Mozambico: 10 anni di pace

Presiede

Oscar Luigi Scàlfaro
Presidente emerito della Repubblica Italiana

Intervengono

José de Castro
Negoziatore accordi di pace, Mozambico

Raul Manuel Domingos
Negoziatore accordi di pace, Mozambico

Jaime Pedro Gonçalves
Arcivescovo, mediatore accordi di pace, Mozambico

Armando Emilio Guebuza
Negoziatore accordi di pace, Mozambico

Teodato Hunguana
Mediatore accordi di pace, Mozambico

Mario Raffaelli
Mediatore accordi di pace, Italia

Matteo Zuppi
Mediatore accordi di pace, Italia

17.00 Cinema Rouge et Noir, Piazza Verdi
Monachesimo: una risorsa di fede e di dialogo

Presiede

Abuna Paulos
Patriarca della Chiesa Ortodossa di Etiopia

Intervengono

Galaktion
Metropolita ortodosso, Chiesa Bulgara

Kojun Handa
Buddismo Tendai, Giappone

Lubomyr Husar
Cardinale, Arcivescovo Maggiore di Lviv, Ucraina

Ioan
Vescovo ortodosso, Patriarcato di Romania

Josep Maria Soler
Abate di Montserrat, Spagna

17.00 Teatro Massimo, Sala degli stemmi
Le religioni tra “locale” e “globale”

Presiede

Igor Man
Scrittore, editorialista de "La Stampa", Italia

Intervengono

José Da Cruz Policarpo
Cardinale, Arcivescovo di Lisbona, Portogallo

Mohammed Esslimani
Teologo musulmano, Arabia Saudita

Gabriel Saliby
Metropolita greco ortodosso, Patriarcato di Antiochia

Pierre Morel
Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede

David Rosen
American Jewish Congress, Israele


Incontri nella città


18.30 Maria SS. Regina Pacis, Piazza IV Novembre
Le religioni orientali e l'impegno per la pace

Intervengono

Michio Matsubara
Rissho Kosei Kai, Giappone

Mitsuo Yamazaki
Scuola Oomoto, Giappone

Ryoko Nishioka
Presidente della Scuola Tendai, Giappone

Homi Dhalla
Presidente della Fondazione Mondiale Culturale Zoroastriana, India

Tep Vong
Capo del Buddismo Cambogiano, Cambogia

18.30 Caritas diocesana, Centro Agape, Piazza s. Chiara
Coabitazione tra cristiani e musulmani in Siria

Intervengono

Paul Yazigi
Metropolita greco ortodosso, Siria

Mar Gregorios Yohanna Ibrahim
Metropolita siro ortodosso, Siria

Souhaib Alchami
Teologo musulmano, Siria

18.30 Madonna dei Rimedi, Piazza Indipendenza
Fede e guarigione

Intervengono

Matteo Calisi
Rinnovamento Carismatico Internazionale

Pascal N'Kouè
Vescovo Cattolico, Benin

18.30 S.Lucia, Piazza della Pace
Dopo l'11 settembre: cristiani e musulmani in dialogo

Intervengono

Ifet Mustafic
Rappresentante del Gran Muftí di Sarajevo, Bosnia Erzegovina

Martin Lind
Vescovo luterano, Svezia

Mohammed Raoindi
Teologo musulmano, Marocco

Thomas Michel
Esperto di dialogo interreligioso, Italia

18.30 Madonna della Provvidenza, Via A. Rizzo, 68
Testimoni del Vangelo, amici dei poveri

Intervengono

Alexander Ogorodnikov
Presidente della Christian Democratic Union, Federazione Russa

18.30 S. Giuseppe a Villabate, Viale Giulio Cesare
Cristiani a confronto: il cammino dell'unità

Intervengono

Sofronie
Vescovo ortodosso, Patriarcato di Romania

Alexandru Mesian
Vescovo greco cattolico, Romania

Ramzi Garmou
Vescovo di Teheran dei Caldei, Iran

Petros
Metropolita di Aksum - Patriarcato greco ortodosso di Alessandria

18.30 S. Pietro a Bulgaria, Via Bernardo Mattarella
Il dialogo islamo-cristiano in Africa: La costa d'Avorio

Intervengono

Bernard Agré
Cardinale, Arcivescovo di Abidjan, Costa d’Avorio

Sheick El Hadi Kone Idriss Koudouss
Presidente del Consiglio Nazionale Islamico della Costa d'Avorio

Jacob Ediemou Blin
Presidente del forum delle Confessioni Religiose, Costa d'Avorio

Emile Konan Dje
Consigliere Speciale del Presidente per gli Affari Religiosi, Costa d'Avorio



Martedì 3 Settembre 2002

Tavole rotonde


09.30 Teatro Politeama
Europa e Africa: una comunità di destino

Intervengono

Christian Wiyghan Tumi
Cardinale, Arcivescovo di Douala, Camerun

Presiede

Augusto Forti
Vice-presidente di Ideasolidarité, Francia

Intervengono

Bernard Agré
Cardinale, Arcivescovo di Abidjan, Costa d’Avorio

Ahmadou Kourouma
Scrittore, Costa d’Avorio

Serge Latouche
Università di Parigi, Francia

Sunday C. Mbang
Presidente del Consiglio Metodista Mondiale

Cornelio Sommaruga
Presidente di Caux, Iniziative per il Cambiamento, Svizzera

09.30 Cinema Imperia, Piazza Politeama
Conflitti e riconciliazione

Presiede

Jean-Francois Leguil-Bayart
Centro di Studi e Ricerche Internazionali di Parigi

Intervengono

Rita Borsellino
Testimone, Italia

Frédéric Etsou-Nzabi-Bamungwabi
Cardinale, Arcivescovo di Kinshasa, Congo RDC

Sheick El Hadi Kone Idriss Koudouss
Presidente del Consiglio Nazionale Islamico della Costa d'Avorio

Bernard Kouchner
Già Rappresentante Speciale ONU Kossovo, Francia

Alfredo Luigi Mantica
Sottosegretario agli Affari Esteri, Italia

James Nicholson
Ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede

09.30 Cinema ABC, Piazza Politeama
Il Concilio Vaticano II: quale dialogo con gli altri

Presiede

Roger Etchegaray
Cardinale, Santa Sede

Intervengono

Mar Gregorios Yohanna Ibrahim
Metropolita siro ortodosso, Siria

Ron Kronish
Interreligious Coordinating Council, Israele

Thomas Michel
Esperto di dialogo interreligioso, Italia

Cataldo Naro
Facoltà Teologica di Sicilia, Italia

Lluis Martinez Sistach
Arcivescovo cattolico, Spagna

09.30 Teatro Politeama, Sala degli specchi
Occidente e America Latina

Presiede

Guzmán Carriquiry
Consiglio per i Laici, Santa Sede

Intervengono

Jesus Delgado
Arcidiocesi di San Salvador, El Salvador CA

Javier Luis Egaña Baraona
Consigliere del Presidente della Repubblica del Cile

Guillermo Leon Escobar-Herran
Ambasciatore della Repubblica di Colombia presso la Santa Sede

Juan Carlos Maccarone
Vescovo cattolico, Argentina

Katherine Marshall
Consigliere del Presidente della World Bank, USA

Jordi Pujol
Presidente della Generalitat di Catalunya, Spagna

09.30 Teatro Massimo, sala principale
Immigrazione e futuro

Presiede

Oscar Luigi Scàlfaro
Presidente emerito della Repubblica Italiana

Intervengono

Enrico La Loggia
Ministro per gli Affari Regionali, Italia

John Olorunfemi Onaiyekan
Arcivescovo cattolico, Nigeria

Daniela Pompei
Comunità di Sant’Egidio, Italia

Jean-Pierre Ricard
Arcivescovo, Presidente della Conferenza Episcopale Francese

Fouad Twal
Vescovo cattolico, Tunisia

09.30 Teatro al Massimo, Piazza Verdi
Terzo Millennio senza pena di morte?

Presiede

Marco Gnavi
Comunità di Sant’Egidio, Italia

Intervengono

Paul Lacey
Presidente American Friends Service Committee, USA

Thomas Masters
Chiesa Battista, USA

Leoluca Orlando
Presidente dell’Istituto per il Rinascimento Siciliano, Italia

Mitsuo Yamazaki
Scuola Oomoto, Giappone

Tamara Chikunova
Human Rights Organization, Uzbekistan

09.30 Cinema Rouge et Noir, Piazza Verdi
L’uomo e la donna di fronte all’Eterno

Presiede

Luciano Bux
Vescovo cattolico, Italia

Intervengono

Emmanuelle Cinquin
Suore di Sion, Francia

José Da Cruz Policarpo
Cardinale, Arcivescovo di Lisbona, Portogallo

René Samuel Sirat
Conferenza dei Rabbini d'Europa, Francia

Mohammed Amine Smaili
Teologo musulmano, Marocco

Norvan Zakarian
Vescovo armeno ortodosso di Lione, Francia

09.30 Teatro Massimo, Sala degli stemmi
L’Asia e la pace: il contributo delle religioni orientali

Presiede

Peter Shirayanagi
Cardinale, Arcivescovo emerito di Tokyo, Giappone

Intervengono

Sekkei Harada
Buddismo Soto Zen, Giappone

Gensho Hozumi
Buddismo Rinzai Zen, Giappone

Felix Machado
Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Santa Sede

Michio Matsubara
Rissho Kosei Kai, Giappone

Koremichi Miyanishi
Scintoismo, Giappone

Katsuji Suzuki
WCRP, Giappone

Hideo Yamaguchi
Tenri Kyo, Giappone

18.15
Preghiera per la Pace


19.30
Processione di Pace


20.00 Piazza Politeama
Cerimonia Finale

Qoelèt
03-09-02, 21:23
Ecco una vignetta di Forattini che ben coglie il vero spirito di questi incontri ecumenici

http://holywar.org/CART23.gif

Ed ecco alcune immagini da inserire nel pantheon ecumenico che faranno senz'altro piacere ai signori ecumenisti:

http://www.geocities.com/Athens/Parthenon/3228/buddha_s.gif

http://www.padmanet.com/milarepa/home%20page/Mila.gif

http://www.centrotenzin.org/images/monaco.jpg

http://www.padmanet.com/cv/home/Vajrapani_CV.jpg

Qoelèt
03-09-02, 21:32
http://www.hinduism.it/cope.jpg

http://www.hinduism.it/a-dattat.jpg

http://www.hinduism.it/a-tripurari.jpg

http://www.harekrsna.it/immagini/jag.jpg

http://www.harekrsna.it/il_libro_di_krishna/immagini/il_libro_di_krishna.jpg

Qoelèt
03-09-02, 22:25
Dal sito dell'UNIONE INDUISTA ITALIANA http://www.hinduism.it

Verso la religione universale... :i

INDUISTI E CRISTIANI

dall’uomo a Dio:

Ascesi indù e ascesi cristiana

Nel ringraziare per la calorosa accoglienza gli organizzatori dell’incontro interreligioso presso Grumo Appula(BA), Francesco Regina e Don Franco Vitucci, vorrei ricordare anche il vero spirito ecumenico che ha regnato in un piccolo paesino della Puglia. L’accoglienza è stata molto calorosa, aperta, ed abbiamo potuto vedere ancora le tracce di una fede che in altre parti d’Italia sembrerebbe superata, ma che invece, in questi piccoli paesi si sta rinnovando senza perdere le proprie tradizioni. In questi due giorni abbiamo non solo gustato le bellezze dei luoghi, abbiamo incontrato le autorità del paese, il sindaco, e altri responsabili, siamo entrati, accolti con calorosi abbracci, nelle parrochie, addirittura durante la celebrazione della messa. Abbiamo constatato una dimostrazione di profonda ospitalità da parte di tutti i membri della comunità cattolica. È stato veramente forte il messaggio di questi fratelli cristiani nell'aprirsi, nell’abbracciare i loro fratelli indù. Penso che questo, vuoi per il carattere delle persone, vuoi per le strutture sociali ancora semplici, sia stato l’incontro interreligioso più autentico in questi ultimi anni.
L’incontro, nell’ambito del dialogo interreligioso, è stato organizzato da Don Franco Vitucci, parroco della parrocchia Santa Maria di Monteverde, ed ha ospitato esponenti di fedi diverse, cattolici, cristiani ortodossi e indù.
In apertura del simposio, Don Franco Vitucci ha espresso la sua immensa gioia nel ritrovarsi ad un incontro interreligioso fra fratelli indù e cristiani cattolici ed ortodossi; ha ringraziato Dio e la Vergine di Monteverde, patrona e madre di tutti gli uomini, e i santi illuminati… P. Arcivescovo, il segretario per il dialogo E/I, Don Angelo Romita, il sig. Preside della scuola che ha ospitato l’iniziativa e l’intero personale docente, i genitori e gli alunni con ogni benedizione…Ringraziamenti anche a tutti i collaboratori, un saluto alle presenze interparrocchiali, ai fratelli delle diverse tradizioni cristiane… il Sindaco e l’Amministrazione comunale, i parrocchiani…

"E’ nella parola del nostro santo Concilio che ormai riconosciamo che anche "nell’Induismo, gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia" e "nel rifugio in Dio con amore e confidenza" il fratello indù cerca come noi di ascendere all’ombra delle ali di Dio.

L’India che fu pure la terra del dottor D’Aquino e della nostra Teresa di Calcutta ha il privilegio dell’induismo, così pure l’Italia certifica la presenza di questi nostri fratelli che indubbiamente arricchiscono la cultura della meditazione in un mondo di clamori e dissoluzione…Molte cose di voi sono anche nostre cose…
Caro Maestro Svami Yogananda Giri, caro fratello Ilies, vi do il mio benvenuto ed il mio abbraccio!"



Francesco Regina, responsabile del settore ecumenico

Dando anch’io calorosamente il benvenuto a questo simposio voluto da chi può anche dalle pietre far nascere figli di Abramo (cfr. Lc. 3. 17), presento i relatori che questo secondo incontro, dopo lo storico incontro del marzo scorso con i fratelli ebrei e mussulmani, vedrà per la prima volta nel nostro paese per le nostre comunità, noi cristiani e i fratelli indù…
"Benché Dio, attraverso vie a lui note, possa portare gli uomini a sé medesimo, è tuttavia compito imprescindibile della Chiesa ed insieme sacro diritto di evangelizzare" (C.C.C. 848).
In Cristo, Verbo e Principio di tutte le cose, saluto A Ilies della tradizione cristiana e ortodossa. Vorrei qui ricordare il santo G. Palamas e l’Esicamio, fiaccola dell’ortodossia, monaco dell’Athos e araldo della grazia…Mi piace ricordarlo nella sua triade e nel suo riferimento all’apparenza del sole per contemplare Dio…
Vorrei tanto che la tunica di Cristo si ricomponesse e che sorridesse soltanto di fronte a qualsiasi argomento di divisione…
La religione non sta nel proselitismo o nel primato d’una vana gloria ma nel servire la tarda umanità alla primavera di Gesù Cristo nostro redentore… Se siamo veramente cristiani, non c’è divisione! La tradizione indù è a me carissima, infatti in molti spettacoli teatrali e in parecchi interventi scritti mi sono sempre intenerito sul merito dell’ascesi indù…
Comunque è nel nome dell’unico Dio che oggi verifichiamo quanto di comune abbiamo e quanto ancora un giorno potremo avere…

Un grande santo indù, Sri Ramakrishna, diceva:

"Un lago ha diverse rive. Ad una gli indù con vasi attingono acqua e la chiamano jal, ad un’altra i mussulmani l’attingono con otri e la chiamano pani, ad una terza i cristiani la chiamano acqua. La sostanza è una con nomi differenti e perciò ognuno va ricercando la stessa sostanza, solo il clima, l’indole ed il colore creano differenze… Lasciate che ogni uomo segua la sua via".

Così Gesù Cristo Nostro Signore, maestro ecumenico ha parlato e manifestato la sua parola di messia a zeloti, samaritani, esseni, greci, romani, farisei, sadducei, a volte dicendo addirittura che in tutta Israele non aveva trovato una fede così grande come quella del centurione romano pagano… (Mt. 8-10).
Le religioni sono fiumi di uno stesso oceano e "nulla si rigetta di quanto di vero e santo, esse rappresentano" (C.V.II. N.AE.)
Il mio interesse è su quanto io possa essere unito a chi non è come me, e su come il ritorno di Cristo si possa realizzare ricomponendo l’unità di tutti gli uomini… Il cristianesimo vede l’unità di tutti gli uomini come una condizione per il messia, così rimanendo con i fianchi cinti e le lucerne accese verifichiamo con suppliche, inni e preghiere, i cenacoli dell’unico padre di tutti gli uomini del mondo…(cfr. LC.12.35-1Tess.5.17).
Anche il Mahatma Gandhi, saggio assai caro al cristianesimo, durante la sua vita non ha mai voluto distinguere per discriminare, usando con la stessa grazia la nostra Bibbia, il Corano o la Ghita indù… per pregare!
Leggendo la Ghita, ho voluto rivedere il passo "I saggi non piangono né per i morti né per i vivi" (II-11), anche Gesù, il messia, ha detto a chi voleva seguirlo "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti" (Mt. 8.22); questo passo comune alle due braccia del Padre testimonia il roveto ardente della santità…
Induismo e cristianesimo, quindi, non per il travaglio del Cristo ma per il suo ritorno glorioso auspicando la pace e il grido nel deserto.
Qui si condanna la radice della guerra e della crociata e si prega che un giorno, spero non lontano, com’è detto dal profeta Amos, "chi ara, s’incontri con chi miete".



Ariton Ilies, rappresentante del cristianesimo ortodosso

Ascesi cristiana nelle chiese orientali

Sono stato inviato per parlarvi dell’ascesi cristiana nella Chiesa orientale. Però prima di fare questo dobbiamo chiarire alcune cose, cioè cosa vuol dire "ascesi" e "Chiese orientali".
Oggi nel campo della teologia spirituale, quasi tutti sono d’accordo sull’uso della parola "spiritualità" con lo stesso senso della parola ascesi. Etimologicamente il termine ascesi significa esercizio, allenamento, e si applica sia all’esercizio fisico, che alla riflessione filosofica. Ben presto, però questa parola è venuta a significare gli sforzi mediante i quali si vuole riuscire a progredire nella vita morale e religiosa. Questi sforzi, quasi sempre sono di natura metodologica. L’ascesi spirituale da un lato impone una disciplina corporale, dall’altro presuppone esercizi di orazione mentale, sottoposti a metodi più o mento stretti. Partendo dalla necessità, per l’uomo, di uno sforzo per conseguire la perfezione, tutte le spiritualità e tutte le religioni, parlano di ascesi e di vita ascetica, quindi ogni persona spirituale deve praticare "esercizi spirituali" o allenamenti spirituali, in una parola deve fare ascesi.
Dunque anche nella vita cristiana è necessario lo sforzo umano, per cooperare alla grazia divina e disporsi a ricevere un incremento di vita spirituale, ma non basta solo questo, perché lo sforzo di purificazione e di cooperazione non è mai completo, e quindi necessariamente deve essere permanente, perciò sotto il nome di ascesi entra tutta la teologia spirituale.
Con il nome di Chiese Orientali vanno indicate tutte le chiese della parte orientale dell’impero romano insieme con le comunità sorte in dipendenza da esse, sia ortodosse sia unite a Roma, come ad esempio: le Chiese Ortodosse, la Chiesa Armena, la chiesa Copta, la Chiesa Etiopica, la Chiesa Maronita, ecc. Però, ciò che colpisce oggi più nella situazione delle Chiese Orientali è la varietà e la diversità dei riti, delle giurisdizioni e spesso anche dei dogmi. Abbiamo, invece, il contrario per quanto riguarda la dottrina spirituale, che manifesta una sorprendente unità.
La spiritualità orientale cristiana, è nata dall’ispirazione evangelica ed appare come tipicamente tradizionale. Nell’oriente cristiano non si è mai dimenticato che gli scritti dei santi padri della chiesa sono fonti principali di vita spirituale, per cui non si è sentito mai il bisogno di scrivere un manuale di spiritualità; in quanto, questa deve essere e restare una vita "in accordo con le divine scritture", come di dice spesso nelle introduzioni alle Regole monastiche, ma col termine "divine scritture", s’intende, oltre alla Sacra Scrittura, anche gli scritti dei padri e degli scrittori spirituali.
In seguito vedremo alcuni elementi specifici dell’ascesi cristiana orientale (certamente, alcuni altri gli ho tralasciati, non perché sono meno importanti di quelli che presenterò, ma perché il tempo non ce lo permette):
La spiritualità antropologica: l’uomo, nella spiritualità orientale non è visto come un microcosmo, come spesso si dice nella riflessione filosofica, ma l’uomo vero, autentico, è quello creato "ad immagine e somiglianza di Dio", solo quest’uomo è la persona capace di manifestare Dio nella misura in cui la sua natura si lascia penetrare dalla grazia deificante" (V. Losskij). L’uomo, quando dico uomo mi riferisco al cristiano, è spirituale perché lo Spirito santo fa parte della sua vita, questo Spirito viene ricevuto nel lavacro battesimale, come dice anche s. Ireneo "L’uomo perfetto è composto di corpo, anima e lo Spirito". Sulla stessa linea si trova anche un autore ortodosso russo del secolo scorso, Teofano Recluso, che riassume così l’insegnamento tradizionale, per quanto riguarda l’essenza della vita spirituale e dell’uomo perfetto: "L’essenza della vita in Gesù Cristo, della vita spirituale, consiste nella trasformazione dell’anima e del corpo e nell’introdurli nella sfera dello Spirito, cioè nella spiritualizzazione dell’anima e del corpo". Nei padri orientali la grandezza dell’uomo sta nell’essere creato ad immagine e somiglianza di Dio, e questo lo sottolinea molto bene s. Gregorio di Nissa nella sua opera Sulla creazione dell’uomo. Inoltre i padri greci distinguono fra l’"immagine" e la "rassomiglianza": per loro l’immagine è iniziale, e la perfezione sta nella rassomiglianza. Quindi l’ascesi consiste nel passare dall’immagine alla rassomiglianza. Ma alla domanda dove risiede l’immagine, essi rispondono diversamente. I padri della scuola alessandrina dicono nella mente sola, ossia nella parte suprema dell’anima. Perciò la rassomiglianza con Dio diventa perfetta nella contemplazione. Invece per i padri della scuola antiochena, l’uomo è immagine di Dio a causa della sua padronanza sul mondo, sulla natura irragionevole, sulle passioni. Però, alcuni affermano che a causa del peccato di Adamo e di ogni cristiano dopo il bagno del battesimo, l’immagine di Dio nell’uomo viene distrutta, ma i padri rispondono a questi, che il peccato non distrugge l’immagine di Dio nell’uomo, ma la copre con l’immagine del diavolo, della bestia, delle cattive passioni, come dice Origene; e per riportarla al suo splendore primitivo è necessario il bagno del battesimo per quanto riguarda il peccato di Adamo, la preghiera per conservare questa immagine nel suo splendore, e per non soccombere nella tentazione e le lacrime della penitenza una volta caduto nel peccato. Un’altra soluzione a questo problema ci è proposta da Diadoco di Foticea. Secondo lui "ogni uomo è creato a immagine di Dio, ma raggiungere la somiglianza è concesso solo a colui che sottomette la sua liberà a quella di Dio per mezzo di un grande amore".
Sempre lui dice che "allora quando arriviamo a rassomigliare a Dio non apparteniamo più a noi stessi, ma a Colui, che mediante l’amore, ci ha riconciliati con Dio".

Ho detto più sopra che per arrivare alla somiglianza di Dio abbiamo bisogno anche di pregare; perciò in seguito cercherò di esporre, brevemente, cosa è la preghiera per i padri orientali.
Secondo Teofano Recluso essa è "il respiro dello Spirito", "il barometro della vita spirituale". Però, negli scritti dei padri si possono riscontrare numerosissime altre definizioni della preghiera, le quali mettono in risalto un aspetto o un altro. Prevalgono però tre più importanti: Ascensione della mente a Dio, s. Giovanni Damasceno; Colloquio con Dio, Evagrio; Domanda delle cose convenienti a Dio, s. Basilio il Grande. Ma la preghiera per i padri non è soltanto un atto puramente intellettuale, né un ragionamento sulle cose divine, invece, è un atto vitale e personale che coinvolge tutta la persona, con tutte le sue facoltà, non sempre, però, allo stesso modo. Perciò a seconda della facoltà che prevale si possono distinguere i vari gradi della preghiera in corrispondenza alla struttura antropologica della vita spirituale: 1) La preghiera corporale o vocale, che consiste soprattutto nella recita dei testi sacri; 2) La preghiera mentale, appare come uno sforzo dell’intelligenza di capire e ponderare le verità divine; 3) La preghiera del cuore che è affettiva, in questo caso la relazione con Dio diventa un atteggiamento vitale, sentito, una disposizione costante della propria volontà alla volontà divina, come dice san Paolo "… non sono più io che vivo, ma è Dio che vive in me…"; 4) La preghiera spirituale, è il grado più alto della preghiera, e si ha quando l’attività dello Spirito che prega nel nostro cuore diventa così palese che le facoltà umane tacciono e sembrano quasi superate, in questo caso abbiamo l’estasi.

La preghiera continua, per gli asceti orientali, è stato sempre un problema alla cui soluzione difficilmente si è arrivati.

Questo problema nasceva dalla domanda: come ubbidire al precetto dell’Apostolo: "pregate senza posa"? Le soluzioni sono state diverse, ma la più accettata dagli ortodossi fu quella di Origene, cioè di congiungere alla preghiera le buone opere ("ora et labora" di s. Benedetto), quindi la vita spirituale deve essere incarnata nel quotidiano. Lo scopo della preghiera continua secondo s. Basilio è quello di conservare dentro di sé la memoria di Dio, anche nel guardare le cose del mondo, che sono "voce di Dio". Questo ricordo eccita nell’anima un affetto di gratitudine perenne. Per avere dentro di sé questo amore perenne i monaci orientali cominciarono a recitare in continuazione delle preghiere giaculatorie, come per esempio "Signore, abbi pietà di me" oppure "Glorificato sii o Signore", una di queste preghiere, che poi divenne la più famosa in oriente è la preghiera di Gesù, o del cuore: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore". Per farvi capire meglio quali sono gli effetti di questa preghiera ho riportato un brano dell’opera "Racconti di un pellegrino russo": "Ed ora eccomi pellegrino, recitando senza posa la preghiera di Gesù che mi è più cara e più dolce d’ogni altra cosa al mondo. Talvolta percorro più di settanta verste in un giorno e non mi accorgo di camminare; sento soltanto che recito la preghiera. Quando un freddo violento mi colpisce, recito la preghiera con maggior attenzione e ben presto mi sento caldo e confortato. Se la fame si fa troppo insistente, invoco il nome di Gesù Cristo e non mi ricordo più di aver avuto fame. Se mi sento male e la schiena o le gambe mi dolgono, mi concentro nella preghiera e non sento più dolore. Quando qualcuno mi insulta, non penso che alla benefica preghiera di Gesù; immediatamente collera o pena svaniscono e dimentico tutto… Per abitudine, non ho che un bisogno solo: recitare senza posa la preghiera, e quando lo faccio divento allegro. Dio sa che cosa si compie in me… ma, grazie a Dio comprendo chiaramente ora quel che significa la parola dell’Apostolo che avevo udito un tempo: "pregate senza posa".

Un altro elemento specifico dell’ascesi cristiana orientale è quello della contemplazione. Per i padri la vera contemplazione non è né la contemplazione estetica, cioè delle forme sensibili, neanche la scienza semplice che fu disprezzata dagli asceti sin dagli inizi del monachesimo, ma è la conoscenza religiosa, che scopre il "senso finale delle cose, ciò per cui esse sono state fatte, per esempio la Provvidenza che si esprime negli eventi del mondo, il "senso spirituale" nascosto sotto la lettera della Sacra Scrittura. Esso si trova non ragionando ma quasi palpando per mezzo di un’intuizione che viene da Dio. Ma per arrivare alla contemplazione è necessario incarnare alcuni doni e alcune qualità, come per esempio l’illuminazione divina e la purezza morale. Tutto questo pensiero si può riassumere in una espressione origeniana: "la pratica delle virtù è l’ascensione verso la contemplazione". Però se c’è un’ascensione, ci devono essere anche dei gradi. E questi gradi dell’ascensione verso la vera contemplazione sono: il primo ed il più inferiore è la contemplazione naturale, ossia la visione di Dio per mezzo delle creature, in quanto, secondo s. Basilio "l’universo è stato creato per essere scuola delle anime"; il secondo grado è la contemplazione delle cose invisibili, ossia, secondo Origene, quando l’anima superando le apparenze visibili, comincia a intravedere la lotta invisibile che si combatte nel mondo; il terzo grado, il più alto, è la theologia, ossia la contemplazione della Santissima Trinità, che in questa vita non può essere mai perfetta, ma può essere esperimentata attraverso i sensi.
In stretta connessione con la contemplazione e la preghiera continua sta un altro elemento specifico della spiritualità cristiana orientale, e questo è il cuore, il quale è l’organo della contemplazione. Nella ascesi cristiana orientale il cuore dice la totalità della persona, è il "luogo di Dio", secondo s. Gregorio Palamas è "la parte più interiore del corpo", è il germoglio del corpo glorificato, è la radice dell’intelletto… La funzione del cuore consiste, secondo Teofano Recluso, nel sentire tutto ciò che tocca la nostra persona, quindi non può essere mai un minuto tranquillo, è sempre in uno stato di agitazione di allarme, sembra un barometro prima di una tempesta. Nel cuore si concentra l’attività spirituale dell’uomo, qui le verità ricevono il loro timbro, le buone disposizioni hanno qui la loro radice, mentre l’opera del cuore è dare il gusto, rendere amabile ciò che si deve fare… Perciò è molto importante la formazione del cuore, perché secondo gli asceti orientali cristiani i pensieri malvagi vengono dal di fuori del cuore, dai demoni. In questo caso è molto importante la custodia del cuore, che ci permette di allontanare i pensieri malvagi, di svuotare il loro contenuto psichico, per poterlo poi offrire, con la più grande umiltà a Dio, e così il cuore che è lo "specchio dell’uomo", comincia a riflettere la luce divina. Poi, si arriva al risveglio che ci toglie dalla insensibilità spirituale, dal ciclo della sazietà e dell’avarizia, dallo stato di dimenticanza, in cui non siamo più capaci né di amare, né di ammirare. Questo risveglio si trasforma poi in vigilanza, ossia nell’attesa dello Sposo che arriva durante la notte. In questo caso il carisma maggiore è quello delle lacrime, che trasforma il "cuore di pietra", più precisamente il cuore avvolto dalla nebbia, dal fango, delle cattive passioni, in un "cuore di carne"; lo trasforma in "tempio di Dio", in una terra misteriosa, dove la luce battesimale produce frutti solo allora quando le lacrime dell’amarezza diventano lacrime di ringraziamento. Come dice s. Giovanni Climaco: "Solo colui che riveste il pianto felice e pieno di grazia come un vestito di nozze, solo costui ha conosciuto il sorriso spirituale dell’anima", e aggiungo io: solo costui potrà vivere nella purezza del cuore e nella contemplazione di Dio.

Fino adesso ho parlato degli elementi che caratterizzano l’ascesi cristiana delle chiese orientali, in conclusione, brevemente, cercherò di parlare del lato pratico dell’ascesi cristiana orientale, cioè dell’ortoprassi. Secondo gli asceti cristiani orientali, i pensieri malvagi e le cattive passioni, assalgono e penetrano nel cuore e nell’attività umana progressivamente. In questo senso essi generalmente distinguono cinque stadi: la prima suggestione al male; un "discorso" con la suggestione; la lotta contro la tentazione; il consenso al peccato; la schiavitù del peccato, delle passioni.
Il vero peccato, secondo loro consiste soltanto nel consenso; gli stadi precedenti, invece turbano la tranquillità dell’anima e della vita spirituale. Perciò l’arte dell’ascesi consiste nell’eliminare i "discorsi" interni con la loro malizia, per mezzo della sobrietà mentale, della custodia del cuore e della vigilanza; "si deve uccidere il serpente appena mostra la testa", e non permettergli di entrare nel paradiso del cuore, dicono questi atleti dello spirito. Ma come si uccidono questi pensieri malvagi? Ecco la loro risposta: introducendo nella mente pensieri salutari, e qui interviene "il discernimento degli spiriti", che è un dono dello Spirito santo, ma anche frutto dell’esperienza ascetica. Perciò il principiante, incapace di questo discernimento deve rivelare i suoi pensieri al padre spirituale. Per facilitare il discernimento degli spiriti Evagrio propone un elenco di otto pensieri generici, che sono la sorgente di ogni malizia, questi sono: gola; fornicazione; avarizia; tristezza; collera; accidia; vanagloria; superbia; questo catalogo evagriano in occidente si trasformò ulteriormente nei "sette peccati capitali". Un altro mezzo per uccidere i pensieri malvagi che assalgono il cuore del cristiano è quello della carità, che è il fine della vita pratica di ogni cristiano, è la porta della conoscenza degli altri, è la condizione della vita contemplativa, è l’unica legge universale della convivenza umana.

Per quanto riguarda l’importanza della carità, s. Massimo Confessore dice che se sparisse l’amore perverso di se stesso, in altre parole l’egoismo, sparirebbe ogni differenza nel trattare gli altri; perché le note caratteristiche della carità cristiana sono l’universalità, la perennità e l’uguaglianza.

"La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.
Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà". Prima lettera ai Corinzi



Svami Yogananda Giri, presidente dell’Unione Induista Italiana e acharya del Gitananda Ashram

Ascesi nel cristianesimo e nell’induismo

Ringrazio gli organizzatori di quest’incontro, in particolar modo Francesco Regina che ha seguito con molta cura e molta sensibilità l’organizzazione dell’incontro.
(...) Le religioni sono diverse, ma la spiritualità che le sostiene è unica. Il termine spiritualità è di ordine universale, esso tende a indicare quella vita che lentamente nasce nella parte più profonda di noi stessi e che è indefinibile perché si rinnova continuamente. Tutto ciò che si manifesta (simboli, idee, credenze) non è altro che l’involucro mutevole a seconda delle diverse dottrine e delle diverse nozioni di Dio che l’uomo elabora quando si pone il problema della sua salvezza. Ma se prendiamo la parola religione, nel significato di sforzo dell’uomo per realizzare un più alto livello di coscienza, trasformare il suo essere, allora nell’ambito delle varie visioni, per quanto diverse siano, scopriamo una vera unicità d’aspirazione, un compimento, nel senso di uno schiudersi, di uno sbocciare verso la nostra natura divina.
Non credo che il questionare sui principi o sulle dottrine abbia contribuito ad aumentare nell’uomo l’amore o la mutua comprensione, ma spesso, al contrario, ha creato barriere e divisioni.
Se invece consideriamo la vita dei grandi mistici, a qualsiasi religione essi appartengano, vediamo che in essi si compie una specie di realizzazione spirituale che li rende tutti fratelli in uno slancio di amore per l’umanità intera. Tutti questi grandi esseri e coloro che aspirano alla ricerca di Dio, hanno intrapreso quel sentiero trasformante che è l’ascesi. In sanscrito per definire l’ascesi si fa riferimento a due concetti: si parla di tapas e sadhana, termini che racchiudono l’idea della vita spirituale e della sua pratica.
Ascesi etimologicamente significa pratica spirituale, applicazione, esercizio. Tapas significa ciò che brucia, calore, aspirazione, austerità, quindi esso brucia ogni impurità e sviluppa l’aspirazione spirituale. Sadhana significa ricerca della verità, pratica, indica tutte le vie attraverso le quali si arriva a conoscere quella verità.
Infatti, a seconda dei temperamenti dell’uomo, si percorrono tre vie: la via della devozione, quella della conoscenza e quella dell’azione. Esse non sono mai isolate l’una dall’altra, s’integrano e si completano. In nessuna via sono escluse le altre.
Ricerca e purificazione sono mezzi necessari per la vera trasformazione dell’essere, per la realizzazione di uno stato di felicità e pace: quella gioia suprema che porta la conoscenza di Dio.
Ma quali sono le procedure, i metodi della sadhana, dell’ascesi per risvegliare la nostra coscienza divina?
Nell’induismo, come abbiamo detto, convergono moltissime tradizioni spirituali ognuna con la propria filosofia, teologia, liturgia e sadhana. Naturalmente, per questione di tempo, non possiamo trattarle tutte, ma ci soffermeremo su quelle più comuni e praticate.

L’orazione

Una pratica comune a quasi tutte le religioni è l’orazione che, come sapete, è una preghiera ardente per entrare in intimità con Dio. Santa Teresa d’Avila consigliava di meditare sul significato del Padre Nostro e sulla sua recitazione per scoprirne il contenuto. Tale orazione porta a diversi gradi di raccoglimento e realizza una vera trasformazione interiore.
Nell’induismo abbiamo la stessa tecnica chiamata japa. Japa significa ciò che purifica dal demerito o peccato (detto papa) e consiste nella ripetizione di formule sacre generalmente contenenti nomi di Dio. Ma vi è tuttavia qualche differenza; innanzi tutto, per ripetere queste formule, è necessaria un’iniziazione. Esistono diverse specie di orazioni: vi è quella che conferisce delle impressioni spirituali (samskara) creando certe disposizioni per la vita spirituale (in questo caso il ruolo dei sacramenti è molto importante); vi è poi quella del conferimento di una formula assieme a vari procedimenti meditativi come il mantra o formula sacra che viene trasmessa da un’autorità spirituale al devoto sufficientemente pronto. La ripetizione consapevole del mantra porta l’aspirante spirituale ad integrarsi con la divinità. L’induista crede nella presenza oggettiva di Dio nel mantra che gli è stato comunicato, presenza che, per mezzo della ripetizione, si fonde in lui e diviene con lui un’unica sostanza rendendolo più spirituale di prima.

Il rituale

Per quanto riguarda il rituale, anche se con qualche piccola differenza a seconda delle varie tradizioni religiose, esso si differenzia in rituale del tempio e rituale domestico. Il tempio rappresenta uno spazio sacro e simboleggia l’agire di Dio nel mondo e il cammino evolutivo dell’uomo verso l’assoluto. Nel rituale l’uomo si trasforma, si divinizza per elevarsi a Dio ed i mezzi consistono normalmente di sedici procedure, come le purificazioni, i mantra, le offerte, i gesti rituali, la meditazione. Si può dire che la puja, il rituale, è lo stadio in cui si realizza la nostra natura divina attraverso i simboli.
Il rituale domestico si svolge, anziché nel tempio, nell’abitazione del devoto e in tale ambito vengono celebrati i vari sacramenti. In questo caso, non è la comunità, ma l’individuo o la famiglia il soggetto dell’attività religiosa.

La meditazione

Per quanto vi siano moltissime tecniche per praticare la meditazione, essa è soprattutto uno stato della mente che naturalmente non si raggiunge istantaneamente, ma richiede un graduale procedimento suddiviso normalmente in tre stadi.
Il primo stadio consiste nel nutrire i sensi interni per imparare a ritirare la mente dal contatto con gli oggetti esterni. Un simbolo molto esemplificativo è rappresentato dalla tartaruga che ritira le sue membra dentro il proprio guscio: gli arti, la coda, la testa. I quattro arti e la coda rappresentano i cinque sensi e la testa la mente. Questa capacità di ritirare in se stessi mente e sensi, evita le fluttuazioni della mente da un oggetto all’altro e favorisce la meditazione. Il secondo stadio è fissare la mente su un punto unico, un centro sottile, un concetto o idea di Dio. Il terzo è lo stato meditativo vero e proprio, che consiste nella fusione della mente con l’oggetto della contemplazione.
Naturalmente, tutto questo avviene a livello della mente. Vi è un quarto stato trascendente la mente che si chiama samadhi, l’assoluta identità con il Supremo, puro stato di coscienza.
Nell’induismo si è data sempre grande importanza alla naturale evoluzione dell’uomo seguendolo nei vari stadi della sua esistenza comunitaria che corrispondono a quattro livelli: quello di studente (brahmacarya), di capofamiglia (grahasthya), di asceta (vanaprastha) e di rinunciatario (samnyasin).
Questa suddivisione ha permesso di istituire delle regole per ogni livello. Lo studente viene istruito non solo nelle scienze e nelle arti, che sono tutte basate e arricchite dallo studio delle sacre scritture (basti pensare che l’alfabeto è appreso associando ogni lettera ad un’espressione del Divino), ma è anche istruito a pratiche spirituali pertinenti al suo stato. Quando entra nello stato di capofamiglia, lo sposo, come la sua sposa, considera il Divino stesso nel suo consorte, com’è detto in questo dialogo tratto dalle Upanisad tra un rishi, saggio-veggente, e la sua sposa.

"Non è, mia cara, per amore dello sposo che lo sposo è amato, ma per amore dell’Atman. Non è, mia cara, per amore della sposa che la sposa è amata, ma per amore dell’Atman"

Questo vuol dire che l’amore è la nostra natura, come il profumo è l’essenza del fiore: si ama per l’amore stesso.
Gli ultimi due stadi della vita sono dedicati interamente alla realizzazione di Dio (anche se il penultimo, quello di vanaprastha, al giorno d’oggi è praticamente scomparso). L’ultimo quindi è il samnyas, la via della rinuncia, una via prettamente monastica nella quale la vita è interamente dedicata a Dio e alla realizzazione della liberazione.
Oltre alle pratiche ed osservanze etiche prescritte ad ogni particolare stadio della vita, vi è anche una sadhana, una ricerca di Dio, comune a tutti. Ogni stadio, infatti, è un processo di purificazione, non dell’anima, che è per sua natura eterna e pura, ma degli strumenti: corpo, intelletto, ego, sensi, che attraverso l’errata identificazione condizionano la nostra consapevolezza.
I mistici, ad esempio, affermano che il modo più efficace per superare la coscienza dell’ego è pensare, agire, parlare in termini di Dio. Se a Dio è permesso di risiedere nel cuore-tempio del devoto, allora ogni attitudine negativa sarà sostituita da virtù. Così anche per purificare i sensi, considerati metaforicamente come i "cinque ladroni" che rapiscono l’anima facendole dimenticare la sua vera natura divina, i saggi veggenti ci dicono:

Per purificare la vista osserva le bellezze del Signore,
per purificare l'udito ascolta le sue sacre parole, i sacri inni, i mantra.
Per purificare l'odorato odora i sacri profumi del rituale, fiori, incensi ed altro,
per purificare la parola pronuncia parole che parlino di Lui,
per purificare il tatto senti le dolci vibrazioni della sua adorazione.

La vita dell’induista è rivolta a quattro scopi: osservare le leggi universali divine, dharma; pensare al benessere proprio e della società, artha; soddisfare in modo lecito e secondo il dharma i propri desideri, kama; ed infine la liberazione o la salvezza, moksha.
Persino nel perseguire questi quattro scopi vi è una progressiva purificazione. I primi tre sono rivolti all’uomo coinvolto nel mondo che dovrà osservare attentamente il dharma nell’adempiere i propri doveri e le proprie responsabilità: è la via dell’azione, la via che insegna a compiere l’azione disinteressata, a sviluppare quella rinuncia ai propri egoismi, ad allargare il senso dell’io all’umanità intera. Questa sadhana inizia dall’infanzia, quando, i genitori prima, ed i maestri poi, iniziano il bambino all’ordine universale. Le stesse preghiere lo abituano alla contemplazione del cosmo, gli fanno aprire la mente al valore dei principi universali. L’idea dell’armonia del tutto assorbe quella della sua individualità e, come si dissolve la neve al sole, così si dissolve il suo egoismo nella vita universale. Egli impara a riconoscere il mutuo scambio della vita, impara ad usare ciò che ha; sapendo che nulla gli appartiene, ma che riceve in uso da Dio tutto, compresa la sua vita stessa.
Questa dharma sadhana è la via del laico, di coloro che vivono nel mondo e nella società, stadio in cui non è chiesto di rinunciare al desiderio, ma di soddisfarlo secondo le leggi divine e s’impara così ad utilizzare ciò che si ha per il benessere collettivo.
Nell’induismo, come già detto, non vi è posto per il profano, tutto è sacro. Ogni atto della vita quotidiana aderisce ad una funzione cosmica, ripetendola in forma minore.
L’analogia tra il piano materiale e il piano spirituale viene affermata in ogni momento della giornata e anche il modo di vivere del laico conduce in maniera naturale alla spiritualità.
Le diverse sadhana sono altrettante vie che permettono di santificare l’esistenza umana e divinizzarla: è mia convinzione, infatti, che dobbiamo divinizzare l’uomo e non umanizzare il Divino, dobbiamo essere noi ad innalzarci verso Dio per riconoscere la nostra vera natura.
A seconda del grado di evoluzione di ogni singola persona, la sadhana accompagna il graduale risveglio dell’essere fino alla completa liberazione nella quale il ruolo della rinuncia gioca un aspetto fondamentale. Nell’induismo, l’insegnamento della rinuncia, riferita alla vita monacale, non viene concesso a tutti, viene impartito in modo prudente e solo alla persona qualificata.
La parola rinuncia, molto spesso, si presta a erronee interpretazioni. Prima di tutto, rinuncia non è indifferenza, sofferenza, privazione, ma realizzazione di ciò che è utile e ciò che è inutile, ciò che è, e ciò che non è.
Come ho detto, vivere lo stato di rinuncia richiede maturazione e qualificazione che è fondamentalmente composta da qualità quali discriminazione, non attaccamento, pace, tranquillità, controllo dei sensi, distacco, pazienza, fede, concentrazione e desiderio della liberazione. Quindi, vediamo che la rinuncia non è di per sé l’unica qualificazione necessaria: da sola essa porterebbe ad un’innaturale aridità.

"Non con il tenersi lontano dall’operare può l’uomo arrivare a conquistare la libertà dell’agire; e non con la rinuncia al mondo puramente e solamente può raggiungere la perfezione" (Bhagavadgita)

In realtà è necessaria un’integrazione di azione e rinuncia, di amore e conoscenza.
Questo concetto di rinuncia, d’abbandono assoluto è presente, anzi, penso sia un punto centrale, anche del cristianesimo. Non afferma forse Matteo (VI.25 e seguente):

"Non preoccupatevi della vostra vita, di che cosa mangerete e berrete, né del vostro corpo, né di che lo vestirete... guardate gli uccelli del cielo; essi non seminano, né mietono, non ammassano nulla nei granai, e il vostro Padre celeste li nutre. Non valete voi più di loro? Chi di voi, per quanto pensi e ripensi, può aggiungere un cubito alla durata della sua vita? E perché darsi tanta pena per i vestiti? Guardate i gigli dei campi come crescono: non lavorano, né filano, eppure vi assicuro che nemmeno Salomone, in tutta la sua gloria, fu mai vestito come uno di loro... dunque non datevi pena dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Con che cosa ci vestiremo?... Cercate prima di tutto il regno dei cieli e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù".

D’altronde, a che cosa si rinuncia, quando si ha tutto? Dio è totale assolutezza, non vi è nulla al di fuori di Lui, quindi dove è la rinuncia? Si rinuncia al nulla, all’effimero, a ciò che é pura apparenza, per essere il tutto, pienezza totale, ricchezza infinita. È risveglio, amore, sapienza.
Gli ultimi stadi dell’ascesi sono rinuncia, distacco e quella notte dei sensi necessaria al compimento del viaggio dell’uomo verso Dio. Riflettiamo sui versi della Bhagavadgita e di San Giovanni della Croce: "In quella che è notte per tutti gli esseri, veglia colui che è padrone di sé. Ed è notte per il saggio veggente, ciò che per gli altri è tempo di veglia". Anche San Giovanni nel suo "Salita al Monte Carmelo" I.3.5 esclama: "Notte che mi hai guidato! O notte amabile più dei primi albori! O notte che hai congiunto l’amato con l’amata, l’amata nell’amato trasformata."
È attraverso la notte dei sensi che si arriva allo splendore della luce divina. Si conosce Dio quando Egli occupa tutto lo spazio del nostro cuore.
Nell’induismo Dio è assoluta e totale realtà, l’Uno senza secondo, tutto è in lui.
In un verso sanscrito si dichiara "L’atto dell’offrire è Dio, egli è l’offerta stessa del rituale, Egli è il sacrificatore stesso, per colui che realizza Dio nel suo operare, Dio è ciò che deve essere attinto." (Bg. IV.24)
Donare se stessi è uno dei più alti scopi, come l’atto di Dio che offre se stesso in quell’immenso sacrificio che è la creazione stessa.

"Lavora e vivi come un atto d’offerta per ottenere fama immortale e completa soddisfazione di aver vissuto una vita. Ricordati, tu sei figlio dell’immortalità e che tutta la vita non è altro che un’offerta. Non dimenticare mai che il nettare del fiore della grazia è per quelli che sacrificano e la vita offerta è la vita accettata. Lascia che la sacra fiamma del fuoco divino brilli splendente nel tuo spirito." (Atharva Veda 15-17-10)

Qoelèt
03-09-02, 22:31
Dal sito delle Missioni Consolata http://www.unimondo.org/MissCons/index.html

RISPETTO E ASCOLTO

Dal Concilio ecumenico Vaticano II, il dialogo costituisce la grande novità della missione: modifica i metodi e l'identità stessa del missionario; si traduce, a vari livelli, in ascolto, rispetto, conoscenza, collaborazione, scambio di valori ed esperienze religiose. Non è un lusso, ma una necessità, che scaturisce dalla storia d'amore che Dio ha intessuto
con ogni individuo, popolo e religione.


Il dialogo nasce dal comportamento di Dio stesso verso l'uomo. Egli entra in dialogo con ogni persona, per attuare la sua volontà di salvezza. Stabilisce una storia d'amore, non soltanto nei riguardi degli individui, ma anche dei popoli e delle religioni. A tale agire devono conformarsi la chiesa e ogni missionario, perché il protagonista della missione è lo Spirito (cfr. Redemptoris missio, 87).
In tale prospettiva, l'enciclica di Paolo VI Ecclesiam suam (1964) considera vari livelli di dialogo: con gli stessi membri della chiesa, con tutti i cristiani, con i seguaci di altre religioni, con ogni uomo (inclusi l'ateo). Il dialogo scaturisce dal rispetto per l'altro e cerca non solo i valori in lui presenti, ma anche l'azione che lo Spirito vi esercita (cfr. Redemptoris missio, 28-29).
Questo influenza tutta l'attività missionaria, che deve partire dalla situazione della gente, sia per ragioni metodologiche che teologiche. Infatti nessuna persona e nessun gruppo sono campi incolti, privi di cultura e grazia divina. Lo Spirito precede i missionari, facendo già fruttificare i suoi doni. Il missionario deve scoprire questa presenza di salvezza, per cooperare nel far crescere la novità del vangelo. Questo non indebolisce l'urgenza missionaria, ma la qualifica, esigendo discernimento nei confronti di persone e gruppi.
Il metodo dialogico deve manifestarsi in ogni azione missionaria e pastorale. Con esso può emergere una chiesa evangelizzatrice, inculturata, sacramento di salvezza, strumento di unità. Questo ha ripercussioni anche sulla convivenza civile: rende il mondo più fraterno.
In tale contesto globale si inserisce il dialogo ecumenico e quello interreligioso. Per "dialogo" non si intende solo il conversare, ma l'insieme dei rapporti fra persone e gruppi per conoscersi, apprezzarsi, collaborare, arricchirsi e, così, promuovere una maggiore unità tra popoli e religioni (cfr. Gaudium et spes, 92).

DALLA CONCORRENZA ALL'ECUMENISMO

La storia delle missioni ha conosciuto tensioni e lotte tra i missionari delle varie chiese. C'è stata una concorrenza, per arrivare primi in un posto e convertire le popolazioni. Una situazione paradossale.
Se ne accorsero per primi i cristiani non cattolici. Da questa costatazione sorse il movimento ecumenico, che diede vita nella fine del secolo XIX alle conferenze missionarie, ai movimenti ecumenici pragmatici (come Vita e azione: 1937) o teologici (come Fede e costituzione: 1927), per arrivare nel 1948 al Consiglio ecumenico delle chiese (Cec). Questo organismo ha svolto molteplici attività positive. Ha conosciuto pure delle crisi, come quella del movimento evangelico, negli anni '70, che rimproverava al Cec di interessarsi più del sociale che dell'evangelizzazione.
Tra i cattolici l'ecumenismo prese forme diverse, che vanno dalle chiese uniate (dal secolo XVI) fino ad attività che mirano all'unità delle chiese e non solo all'integrazione degli individui. Anche se non mancarono gli antesignani (come Paolo Manna), l'ecumenismo cattolico ebbe pieno riconoscimento con il decreto Unitatis redintegratio del Concilio Vaticano II e con l'istituzione del Segretariato per l'unità tra i cristiani (1960).
Nel 1995 Giovanni Paolo II, con l'enciclica Ut unum sint, fece il punto sul cammino ecumenico percorso e su quello da fare. I successi più consistenti si sono registrati a livello teologico e bilatelare, cioè tra la chiesa cattolica e un'altra chiesa tradizionale. Oggi sta facendosi strada pure un ecumenismo di base, come nell'Assemblea ecumenica europea di Graz (1997).
La presenza delle comunità è essenziale, anche se difficile, a causa di pregiudizi nazionalisti e storici. Condizione essenziale per fare ecumenismo è la fede nella divinità di Cristo salvatore e nella Trinità.

LA MINACCIA DELLE SÈTTE

Sul fronte missionario l'impegno ecumenico ha mutato tante cose: i rapporti fra le chiese sono migliorati, eliminando mutue concorrenze; si sono sviluppate numerose forme di collaborazione circa la promozione umana e la pace. Né sono mancate iniziative religiose, come le visite reciproche alle comunità: in Indonesia, ad esempio, il sacerdote o il pastore in visita alle comunità isolate incontra pure quelle dell'"altra parte". Si è sviluppato l'ecumenismo della preghiera e una conoscenza più vera degli altri credo.
Nello stesso tempo, è sorto il proselitismo destabilizzante delle s&egravette e chiese evangelico-carismatiche. La Redemptoris missio riassume la situazione così: "L'attività ecumenica e la testimonianza concorde a Gesù Cristo dei fedeli appartenenti a differenti chiese e comunità ecclesiali hanno già recato abbondanti frutti. Ma è sempre più urgente che essi collaborino e testimonino insieme in questo tempo nel quale s&egravette cristiane e paracristiane seminano la confusione con la loro azione. L'espansione di queste s&egravette costituisce una minaccia per la chiesa cattolica e per tutte le comunità ecclesiali con le quali essa intrattiene un dialogo. Ovunque possibile e, secondo le circostanze locali, la risposta dei cristiani potrà essere anch'essa ecumenica" (n. 50).
Il giudizio preoccupato e alquanto difensivo riflette l'esperienza dei missionari sul campo. D'altra parte, i proselitismi hanno favorito un ripensamento dell'azione pastorale, intensificando l'identità ecclesiale dei gruppi e promuovendo di più le piccole comunità, l'attenzione ai bisogni della gente e l'inculturazione.
Questa difficile situazione mostra il legame tra missione ed ecumenismo. Mancando questo, la missione è bloccata.

DIALOGO INTERRELIGIOSO

Il dialogo con le religioni è quello che influisce maggiormente sulla missione: incide sull'intera metodologia, che deve partire dalla vita della gente; allarga anche le finalità della missione, che deve evangelizzare per convertire e fondare la chiesa, ma anche estendere i valori del vangelo oltre i confini ecclesiali ed essere per tutti forza trainante verso il regno finale.
Il dialogo interreligioso può diventare, quindi, attività missionaria specifica: è complementare all'annuncio e alla formazione di comunità. In alcuni casi è la sola attività possibile (cfr. Redemptoris missio, 57). Questa visione del dialogo, come attività missionaria specifica, autonoma e completa, è nuova.
Ricordo che il fondatore del mio istituto, sant'Eugenio de Mazenod, ritirò i suoi missionari dall'Algeria, perché era loro proibita l'evangelizzazione diretta dei musulmani. Oggi il dialogo consente una presenza missionaria diversa, aprendo le comunità cristiane al contesto culturale e religioso.
In Asia, per esempio, i cristiani vivevano quasi in un ghetto, estraniati dalla loro cultura. In Africa si costituivano villaggi cristiani distinti da quelli tradizionali e, in particolare, il catecumenato era organizzato in luoghi separati. Ora il contatto con i credenti di altre religioni permette una testimonianza maggiormente permeabile e una progressiva inculturazione.
Il dialogo ha avuto degli antesignani, specie in Asia. Ma è con il documento Nostra aetate che è stato ufficializzato dalla Santa Sede. Paolo VI e Giovanni Paolo II ne sono stati promotori convinti attraverso viaggi, incontri con delegazioni di altre religioni e l'insegnamento. Il magistero insiste su una duplice esigenza del dialogo: apertura agli altri e approfondimento della propria identità cristiana.
Un ruolo importante di promozione ha avuto il Segretariato per i non cristiani (1964), oggi Consiglio pontificio per il dialogo interreligioso. Nei primi 20 anni ha organizzato incontri fra le varie tradizioni religiose, ha promosso tra i cattolici la conoscenza delle altre religioni e i fondamenti del dialogo stesso. Negli ultimi 15 anni ha realizzato incontri sul piano locale o coinvolgendo le singole chiese.
Però la grande svolta si è avuta con la giornata di preghiera per la pace di Assisi (1986), che ha coinvolto le chiese locali sia nella preparazione sia nell'accompagnamento delle delegazioni delle varie religioni. I documenti chiarificatori, quali Dialogo e missione (1984) e Dialogo e annuncio (1990), hanno avuto un impatto teologico e pastorale che si riflette anche nel magistero più solenne, come l'enciclica Redemptoris missio.

IL DIALOGO DELLA VITA E DELLA COLLABORAZIONE

Gli incontri non sono l'unico dialogo possibile, né il più importante. L'esperienza ne mostra una grande varietà di espressioni.
Il dialogo più comune è quello della gente nelle situazioni ordinarie dell'esistenza. È il "dialogo della vita". Si pratica nel rispetto, instaurando rapporti costruttivi, non malgrado la diversità religiosa, ma grazie ad essa. Si può così conoscere la profondità dell'esperienza altrui (quindi della sua religiosità), fino a diventare testimonianza reciproca.
Il "dialogo della vita" (necessario nel pluralismo attuale) esige l'approfondimento della propria identità religiosa, per non cadere nel relativismo. In Laos, promuovendo il dialogo durante gli anni '70, cercavo non solo di sensibilizzare le comunità cristiane in forma teorica, ma di organizzare anche conversazioni tra cristiani e buddisti.
Un'altra forma è il "dialogo della collaborazione" tra gente di varie fedi, per favorire progetti comuni di promozione umana, mutua comprensione, pace. Esso può realizzarsi tra gruppi alquanto specializzati nell'ambito scolastico, sanitario o agricolo; oppure tra persone comuni, per risolvere problemi contingenti. La collaborazione è più efficace quando le appartenenze religiose non sono "messe tra parentesi" o nascoste, ma sottolineate.
Il dialogo della collaborazione integra la dimensione religiosa con i problemi della vita e apre le religioni al bene comune. Ho constatato, in Senegal, come la cooperazione in progetti agricoli e idrici abbia permesso a comunità cristiane minoritarie di essere riconosciute e rispettate dalla maggioranza musulmana. Tale forma di dialogo esige degli iniziatori o animatori. I cooperatori laici allo sviluppo possono avere un ruolo propulsore determinante.

IL DIALOGO DELL'ESPERIENZA RELIGIOSA

Questo dialogo si manifesta nello scambio delle proprie esperienze religiose. Può esprimersi in forme solenni (come, ad Assisi, nella preghiera per la pace) o in incontri di meditazione, come avviene in India e Giappone. Ma può manifestarsi anche in gesti semplici, in occasione di nascite, matrimoni e funerali... o in segni di rispetto per quanto è sacro. Al riguardo, riporto due fatti personali.
In Laos, per conoscere il buddismo vissuto, mi misi alla scuola di un monaco-maestro e praticai un periodo di concentrazione-meditazione nel suo centro. Alla fine di una settimana, il monaco mi chiese di manifestare la mia reazione. Risposi che l'esperienza del "vuoto" mi aveva avvicinato a Dio, realtà completamente diversa da ciò che è limitato e creato. Il maestro rimase impressionato. Mi chiese di testimoniare l'esperienza alle centinaia di laici buddisti che si riunivano, la domenica, seguente per una meditazione.
Da allora fui invitato ogni mese al ritiro dei laici buddisti, dando sempre una versione cristiana al tema svolto dal maestro. Questo durò due anni, finché il governo comunista espulse noi missionari dal Laos e confinò, dopo qualche tempo, il monaco in "un campo di rieducazione".
In questo clima, nel 1974, organizzai un seminario di studio e pratica dei metodi di meditazione sia buddisti sia cristiani. Vi partecipò una cinquantina di persone di entrambe le religioni. Ne risultò un apprezzamento della preghiera meditativa nelle due tradizioni. Alcuni cristiani (e perfino missionari) adottarono tale forma di meditazione.
Talvolta il dialogo della collaborazione e dell'esperienza favoriscono quello della vita.
Nella diocesi senegalese di Kaolak, soprattutto negli anni '80, i progetti di sviluppo agricolo coinvolsero cristiani e musulmani. Si costituirono gruppi interreligiosi, ispirati alla metodologia della Gioc. Gli incontri formativi avevano sempre dei momenti centrati sull'esperienza di Dio; nella prima parte si condivideva la fede comune e, nella seconda, i partecipanti cristiani e musulmani si separavano per approfondire gli aspetti specifici.

IL DIALOGO TEOLOGICO

È importante per la mutua conoscenza. Può realizzarsi in incontri tra credenti che nutrono fiducia reciproca. È il dialogo più efficace, perché è discreto e non obbliga a "precauzioni sociali", talvolta pesanti fra i musulmani. È così che la vita si rivela in profondità. Ho avuto esperienze significative non solo con i buddisti, ma anche con i musulmani, che si sarebbero ben guardati di esprimere in pubblico certe verità.
Il dialogo teologico avviene pure con incontri formali, più o meno pubblici, sia tra esperti sia tra autorità: ha anche influsso sociale. I contenuti sono generalmente in linea con quanto si professa ufficialmente e sono "politicamente corretti", soprattutto se vi sono tensioni. I musulmani sono i più attenti a questo dialogo, perché ha sempre valenze politiche.
Il dialogo teologico è stato promosso dal Consiglio pontificio per il dialogo interreligioso e dal Consiglio ecumenico delle chiese, da università e gruppi spontanei di specialisti. Non sono mancate le esperienze negative, come è avvenuto nel 1974 durante la conferenza cristiano-islamica di Tripoli. Ma vi sono stati anche risultati positivi: le persone si conoscono; si favoriscono decisioni più aperte da parte delle autorità (è avvenuto in Libia e altrove); si approfondiscono aspetti di fede e prassi religiosa.
Il "dialogo ufficiale tra autorità religiose" ha un valore simbolico e, di regola, ne promuove altre forme. Esso si compie, per esempio, nei viaggi del papa, raggiungendo talora forme spettacolari (come in Marocco nel 1986, allorché Giovanni Paolo II parlò a 80 mila giovani musulmani). Più spesso si attua sul piano locale, con visite reciproche tra capi e rappresentanti di varie religioni, specie durante feste o in occasioni speciali delle comunità.

IL DIALOGO INTERIORE

L'incontro riesce meglio, quando esiste il "dialogo interiore".
Si sa che le persone e comunità sono influenzate dall'ambiente, anche nel vivere la loro fede, specialmente se sono gruppi minoritari o hanno abbracciato da poco una nuova religione.
Circa i cristiani, bisogna ricordare che, se giapponesi, restano condizionati da un atavico buddismo-shintoismo. Il problema si presenta anche per i fedeli che provengono dalla religione tradizionale africana.
Per questo è necessario il "dialogo interiore" di ogni persona con se stessa, con le sue radici culturali e religiose, per chiarire la propria identità cristiana. Questo può essere fatto più facilmente da chi ha maturità e capacità di valutazione.
Il dialogo interiore può essere anche comunitario, cioè di un intero gruppo. Esso diventa una necessità per inculturare la fede in un dato contesto. Ma in tale campo siamo ancora agli inizi.
Ogni dialogo ha "risvolti culturali". Non c'è religione che non sia influenzata dalla cultura, e viceversa. Non esiste, pertanto, un buddismo puro e universale, anche se ci sono verità accettate da tutti. Di fatto esiste un buddismo lao, cambogiano, srilankese, ecc. Ognuno è sintesi e simbiosi tra cultura locale e "via buddista". L'islam stesso, che cerca di diffondere con il corano una cultura unificante (araba), manifesta delle peculiarità. Si pensi all'islam africano, con le sue confraternite. Ciò vale maggiormente con le religioni tradizionali africane, che impregnano le culture etniche.
Non esiste, quindi, dialogo interreligioso valido che non sia pure interculturale.

LE SFIDE DEL DIALOGO

Una delle tante sfide che il dialogo deve affrontare riguarda il suo mutare, secondo le situazioni. Due casi, ancora sotto i nostri occhi, chiariscono tale aspetto.
In Algeria e nel sud delle Filippine i rapporti tra cristiani e musulmani erano ottimi fino alla metà degli anni '80. Poi la situazione si è rovinata... Ciò dimostra come l'evolversi del dialogo non sia lineare. Bisogna sempre attendersi delle variazioni, legate anche a situazioni sociopolitiche.
Il dialogo può diventare un "atto ecumenico", cioè essere attuato in comune accordo con le altre chiese cristiane. Tale intesa avviene al livello più alto, tra le istanze della chiesa cattolica e del Consiglio ecumenico delle chiese, che s'incontrano annualmente. Da queste consultazioni sono nati documenti orientativi comuni circa la preghiera e i matrimoni misti; sono stati organizzati incontri interreligiosi. A livello continentale (per esempio in Asia), c'è collaborazione nella riflessione. A livello di base, forse, il rapporto è meno comune e più difficile.
Il dialogo, tuttavia, non si fa con i "sistemi", ma tra "individui". Per questo si esige una costante formazione personale, per chiarire la propria identità e trovare vie di rispetto, ascolto e collaborazione con gli altri. Inoltre il dialogo esige una spiritualità progressiva, nutrita da valori e ascesi. Solo così i metodi porteranno frutti.

Cipriano (POL)
26-12-03, 12:13
Perchè incontro "masonico"?